Quantcast
Channel: #unacuriositàvenezianapervolta
Viewing all articles
Browse latest Browse all 357

“LA POLENTA PORPORINA … NELLE PROVINCE VENETE NEL 1819.”

$
0
0

“Una curiosità veneziana per volta.” – n° 129.

“LA POLENTA PORPORINA … NELLE PROVINCE VENETE NEL 1819.”

L’episodio viene raccontato anche da Fabio Mutinelli nei suoi “Annali delle Province Venete dall’anno 1801 al 1840” pubblicati presso la Tipografia di G.B.Merlo a Venezia nel 1843: “L'avvenimento di cui ora imprendo a narrare la storia, siccome è stato il suggetto di grandissima curiosità, così avvenne eziandio che più persone ci furono, le quali si diedero a studiarlo, procacciando di conoscere onde traesse origine la singolarità di quel fenomeno …”

Tutto accadde nella calda estate del 1819, precisamente all’inizio di agosto, quando si diffuse la notizia che a Legnaro nella campagna della “Bassa Padovana”, paesetto di poco più di 3.000 persone, era accaduto “un fatto miracoloso quanto inquietante”.

L’Ispettore di Sanità e Medico condotto, poi Provinciale, e poi Regio: Vincenzo Sette da Saonaraautore in seguito di autorevoli studi sulla Pellagra e sul Vaiolo, nel 1823, appena dopo i fatti, descriveva in una sua “Memoria storico naturale …” le campagne del borgo agricolo di Legnaro: “… sono coltivate per otto decimi a Frumenti, Frumentone e Fagioli, e gli altri due ad Avena, Miglio, Melliga e Panico, tutte popolate di Noci, Aceri, Olmi e Viti disposte a filari … Le abitazioni rurali sono per due terzi formate d’argilla cott’al sole e coperte di cannucce, il resto di mattoni con tetti in tegole … poco avvertite si tengono le cure di politezza, e generalmente il bestiame e i letamai giacciono in vicinanza colle camere degli uomini …”

Nella vecchia casa del contadino Antonio Pittarello nel centro del paese erano comparse misteriosamente delle “macchie di sangue” sopra la solita polenta preparata con Frumentone, acqua e sale … Da gialla s’era trasformata in polenta rosso vermiglio porporino ... “Rosso sangue !” dissero tutti … e la notizia della “Polenta Porporina” si diffuse ovunque in un attimo parlando quasi subito di “contagio” perché nei giorni seguenti iniziò ad apparire anche nelle abitazioni vicine … La sorpresa quindi si trasformò in inquietudine.

Come sempre l‘animo dei “popolani semplici” cercò a suo modo di dare una giustificazione plausibile a quel fenomeno, e non trovò di meglio, viste le radici ataviche della loro cultura, di attribuire il fenomeno a un’azione demoniaca. Ovunque nel paese si parlava di quel fenomeno ingigantendolo: in piazza, in osteria, al mercato, per la strada e nei campi non si parlava d’altro: i Pittarello dovevano aver per forza compiuto qualcosa di gravemente peccaminoso e losco se era apparsa in casa loro quella “polenta diabolica di natura infernale”.

E sapete com’è … la fantasia non ha confini, perciò sui Pittarello si finì col dire e sospettare di tutto e di più ... anche perché venne fuori un’altra storia: “… di un pollo mezzo cotto e mezzo crudo trovato grondante di sangue chiuso dentro a una madia …” La “cosa” insomma andava crescendo.

I Pittarello erano contadini benestanti un po’ più degli altri perché possedevano più di 40 campi sparsi nelle varie frazioni di Legnaro: Ronchi, San Fidenzio, Scarane, Abbà e Vescovo. Perciò probabilmente l’invidia del “volgo locale” nei loro confronti era alta e si pensò subito che quello strano fenomeno della “Polenta Rossa Satanica” doveva essere la punizione divina per il Frumentone che i Pittarello avevano occultato e non dato ai contadini affamati durante la recente carestia del 1817.

“Le malelingue non hanno briglie né finimenti …” obiettò il Piovano del paese, ma intanto in giro si finì per supporre di tutto ... e ci fu chi non perse l’occasione per iniziare a vendersi “sottobanco” alcune fette di “Polenta Rossa” a ricordo di quello strano fenomeno storico imbarazzante quanto singolare.

“… lo schiamazzo fu levato grandissimo in casa di Pittarello di Legnaro dove fu osservato la prima volta (il fenomeno),e non tardò troppo a vedersi l'arrossamento spontaneo in più altri luoghi … Sicchè essendo questo lo sragionare del popolo, avvenne che del Pittarello furono dette cose non buone nè lodevoli: il perchè oltre il romore ch'era levato grandissimo, lo spargere che era fatto di queste ingiuriose dicerie, mosse le pubbliche autorità a indagare l'origine di quel fatto, potendosi anche sospettare che ci fosse nascosta l'opera studiata di qualche torbido ingegno.”

Come avete bene intuito, in quegli anni si era ben lontani dall’abitudine odierna di cercare, trovare e dare una spiegazione scientifica ai fenomeni fisici e naturali che accadono dentro e intorno al nostro vivere quotidiano. Diciamo che “i tempi non erano ancora maturi”, e si cercò ciascuno a proprio modo di giungere a dare una plausibile spiegazione al “Miracolo della Polenta Porporina”.

Vista la situazione e temendo il peggio, si allertò subito l'Autorità Religiosa provvedendo “… a strappare la larva della superstizione e del fanatismo popolare”, anche perché nei giorni seguenti oltre alla “Polenta Sanguigna” anche la minestra di Riso e il pane bollito iniziarono a presentare lo stesso colore. Oltre al Piovano di Legnaro che corse subito a benedire la casa e tutto il resto, s’inviò prontamente sul posto anche l’Abate Padre Pietro Melo esimio Botanico e Giardiniere che indagò in profondità su quella possibile "infestazione diabolica".
Fosse stato un secolo prima, più di qualcuno sarebbe finito “col farsi male” andando a cadere di certo dentro alle “ampie spire indagatorie” della Santa Inquisizione … ma i tempi erano ormai cambiati.

“Quel Pittarello dovrà almeno confessarsi e sottoporsi a una notevole dose di penitenza …” si continuava intanto a dire in giro per il paese e tutta la campagna.

L’Abate Melo “disse e non disse” spiegando che secondo lui quel fenomeno era dovuto all'aria calda e umida, a una “grande svaporazione con esalamento di putridi vapori”, e alla particolare abbondanza capitata in quell’anno che avrebbe potuto influire su quella particolare manifestazione della Polenta.
Spiegò inoltre che quel fenomeno non doveva essere stato causato: “né da un bissus polveroso sconosciuto, nè da mucor, nè d'aegerita crustacea …”, e che non c’era nulla di “sovra naturale, e nessun operamento diabolico” tale da dover ricorrere paurosi e tremanti “agli auspizj de' sacerdoti e delle preci loro”.  Bisognava, invece, stare attenti a tutti quei pettegolezzi messi inutilmente in giro dalla gente ignorante delle campagne: “ …la scoperta di quel fatto era servata all'ignoranza del volgo; ed è propriamente da dirsi all'ignoranza: perchè se una vana superstizione, se un ridicolo timore non avesse scosso l'animo e turbata la fantasia della popolare credulità, per cui fu levato un turbamento e un romore grandissimo, la manifestazione più cospicua di quel fenomeno saria restata sepolta nell'oscurità popolare: e forse in modo incerto e dubbioso non si sarebbe, se non molto tempo appresso, udita la narrazione di quel caso, alla quale si sarebbe prestata quella credenza ch'è usato prestarsi alle novellette del popolo...”

In ogni caso Padre Melo fece vincere il buon senso, e concluse pur senza sapere spiegare il fenomeno che quello non doveva essere riconosciuto come “Sangue malefico e satanico”, ma più semplicemente come l'effetto di una qualche fermentazione.
In un certo senso aveva intuito giusto … e la sua conclusione fu più che sufficiente per acquietare i semplici contadini lasciando ai “Fisici e ai Dotti” l’impegno di provare a dare una spiegazione chiara e plausibile che mettesse definitivamente tranquilli gli animi di tutti.

Infatti, accanto all’Autorità Religiosa si attivò subito dopo anche l’Autorità Pubblica“che veglia pel quieto reggimento de' popoli adoperando ogni cura e diligenza per venir in chiaro dei fatti …”.
Si chiamò per studiare il fenomeno: Domenico Martinati “Uomo di scienze” di Pontecasale, e s’inviò dai Pittarello il Medico Condotto di Piove: Vincenzo Sette che mise subito sotto chiave la “Polenta Rossa” e l’intera credenza che la conteneva. (Il Medico in seguito studiò per cinque anni il caso al microscopio chiamando il microrganismo: Zoogalactina inetrofa, concludendo che si trattava di una “muffa buona per tinture” che si sviluppava di norma in ambienti caldi ed umidi).

Risultato: tutti gli alimenti contenuti nella credenza divennero “Rossi” anch’essi, … “e le voci in paese s’accrebbero ancora di più” ... anche perché la “Polenta Porporina” aveva iniziato a comparire anche in casa dei Brunazzo a Pontelongo, e poi dei Podrecca ad Abano… e anche a Corezzolanel palazzo dei ricchi Melzi d’Eril… ormai quella della “Polenta Porporina” era diventata un’epidemia !

Il 15 agosto seguente s’inviarono altri illustri Professori della Regia Università di Padova: “… acciocchè la mercè degli esami fatti nel luogo stesso e di alcuni sperimenti che fossero operati, venisse anche veduto se la cosa fosse stata veramente spontanea e naturale, come avea già assicurato il dott. Sette; e non ci fosse quindi da temere l'opera nascosta di qualche turbatore della quiete pubblica o peculiare malevolo della tribolata famiglia ...”
Sopra la Polenta Porporina s’iniziò a produrre tutta una seria di esperimenti e osservazioni che vennero in seguito pubblicati nel numero 190 della“Gazzetta Privilegiata di Venezia” dell'anno 1819.
Si provò a collocare un pezzetto di “Polenta Rossa” dentro a una campana di vetro appoggiata su un piatto ricolmo d’acqua: “… la quale posai sovra un piatto, nel quale c'era dell'acqua, e ciò fatto in modo, che il pezzetto di polenta fosse lontano dall'acqua per lo spazio di circa un pollice e mezzo. Ora nel dìvegnente alle undici prima del mezzogiorno ho cominciato a vedere che quel pezzetto di polenta rosseggiava qua e là in alcuni punti; i quali allargandosi a mano a mano e tingendo sempre più la superficie dell'alimento, come fu in sulla sera il rosseggiare era veduto esteso e notabile; cotalchè non valicarono quarantott'ore che tutto quel pezzetto era tinto di bellissimo color porporino…”

E ancora: “Ho preso, come dianzi, un pezzo di polenta, e la ho sospesa in luogo dov'era aria umida (un cesso), e mettevano anche continuamente putride esalazioni: ma avendo io osservato, che l'aria comechè fosse ivi umida assai, nondimeno il rinnovarsi della medesima che si faceva continuo, portava un notabile asciugamento alla superficie della polenta, così di tempo in tempo andava umettandola con acqua di cisterna, acciocchè fosse impedito l'asciugamento. Operando in questo modo, non tardarono troppo a manifestarsi i primi punti o macchiette porporine sulla superficie, le quali dilatandosi con molta rapidità, si vide tingersi di bellissimo e vivace porpora tutta la superficie dell'alimento sperimentato ...”

Si giunse così a diverse conclusioni e ipotesi sulla spiegazione del fenomeno: forse era colpa “dell’aria infetta e cattiva” e delle “esalazioni putride”: “Qui adunque ci sembra abbastanza chiarita la cagione di quel singolare arrossamento, la quale vuol essere certamente un'aria umida e calda, e via meglio se infetta da putride esalazioni; le quali paiono essere una circostanza efficacissima per la produzione del fenomeno. Anzi pensando io che nell'aria ci sono sempre esalazioni organiche mi sembra di poter credere, ch'esse vogliano essere una cagione essenziale per dar origine a quel curioso arrossamento: e tanto sono fermo in questa idea, che oserei promettermi, che in un'aria secca e purissima (nella quale se ci sono vapori organici, non sono certamente di putrida qualità) non seguirebbe il fenomeno…”

Si provò a ripetere l’esperimento anche a Gazzo, piccola terra umidissima della Bassa Vicentina circondata da ampie risaie: “… quivi l'effetto seguì con tale prontezza e vivacità di coloramento da potersi uguagliare a quello che mi tornò l'anno prima la Quando furono fatte queste sperienze la temperatura era a 21 gradi circa del termometro di Reaumur ... mercè delle putride esalazioni: sicchè la condizione di un'aria cattiva sembra necessaria per la buona produzione del fenomeno. Cotalchè io credo, che se in que' luoghi nei quali esso si manifestò spontaneamente, si fosse badato bene alle qualità peculiari delle abitazioni, e alle circostanze in cui erano, si avrebbe trovato da per tutto la condizione di un'aria ... “

Ma c’era ancora qualche dubbio su quelle spiegazioni che non convincevano tutti: “… mi restava il dubbio, che quel facile e pronto arrossamento che seguì mettendo la polenta in umida atmosfera, e all'influsso di putride esalazioni, non fosse così da attribuirsi alle circostanze menzionate, quanto e via più alla cosa di aver avuto poco prima nelle mani e in propria casa di quella polenta arrossata. Conciossiachè quando quel color porporino fosse stato opera di una muffa, è già noto di quale sterminata e indicibile fecondità sieno dotati quei minimi esseri; sicchè un nugolo di quelle esilissime sementi potea essersi diffuso per l'aria, e quindi appiccandosi all'alimento, sovra il quale ho  sperimentato, dar origine al fenomeno, per ciò solo che furono portati i semi nell'aria: d'onde ne tornava dubbio e incertezza sovra la sincerità delle cagioni che mi erano parute le produttrici di quell'effetto ... Per cavarmi adunque nella dubbiezza, ho scritto incontanente a un mio amico di Mestre, certo signor Agostino Manocchj, giovane di lucido intelletto, pregandolo, che volesse quivi ripetere le mie sperienze; sicchè avendo egli fatto di presente tutto quello, di cui io lo chiedeva, l'effetto seguì in quel modo che fu prodotto qui con le sperienze più sopra descritte: d'onde fu ribadita la conclusione, che quell'arrossamento della polenta era veramente l'opera di un'aria non solo umida e calda, ma altresì infetta come chessia da putride esalazioni ...”

Per capire meglio quello “strampalato fenomeno” si provò un po’ di tutto: si sottopose la “Polenta Rossa” a temperature di 120 °, a suffumigazioni con vapori di canfora, vapori di olio di trementina, e fumo di tabacco per provare ad uccidere eventuali “animaluzzi infusori” che potevano trovarsi dentro all’alimento porporino. Col vapore del zolfo scomparve finalmente ogni “arrossato” decomponendo la materia porporina proveniente forse da un essere vegetabile (per forza ! Si bruciò tutto … qualsiasi cosa vivente avesse potuto contenere la polenta.) ... ma non si giunse a una successiva spiegazione del tutto plausibile.

Ci pensò infine Bartolomeo BizioDocente dell’Università di Padova a chiarire ogni cosa e far luce finalmente sullo strano fenomeno della “Polenta Porporina”. Fu lui a ricercare “sapientemente e con successo” la causa di quella colorazione sanguigna della “Polenta Rossa” giungendo a darle una completa e chiara spiegazione scientifica.

“Sperienze mostrano che la sostanza porporina è un essere organico ... mettendo un briciolo di polenta rossa in contatto con di quella preparata di fresco, questa comincia prestissimo a porporeggiare in più punti; sicchè essendo brevissimo il tempo che bisogna per aver questo effetto, mostra che non sia opera della fermentazione, ma anzi lo sprigionamento di un essere organico …”

Dopo aver coltivato “il batterio” su di un terreno solido di coltura, lo trasportò da un terreno all'altro descrivendone la formazione e lo svilupparsi delle colonie. Dimostrò che “il batterio” resisteva all'essiccamento, e che riusciva a vegetare per anni ripresentandosi quando s’avveravano le stesse condizioni favorevoli a suo sviluppo. Bartolomeo Bizio osservò anche che alcune muffe riuscivano ad impedire la crescita delle colonie di “Serratia Marcescens” producendo così un’efficace reazione antibiotica sulla “Polenta Rossa”, perciò nel 1823 pubblicò una "Lettera al chiarissimo Canonico Angelo Bellani sopra il fenomeno della Polenta Porporina" spiegando che la causa non era “una materia bruta figlia della fermentazione”, ma “un essere vegetale e organico solubile in alcool” che produceva il fenomeno d’origine parassitaria e batterica. 

Battezzò l’agente del fenomeno come "Serratia Marcescens"in onore di Serafino SerratiFisico Fiorentino che non era affatto un Biologo ma un Capitano di Marina (il primo a brevettare un battello con propulsione a vapore). Serafino Serrati studiando il fenomeno aveva trasferito la polenta in un recipiente chiuso umido e caldo notando che dopo 24 ore la superficie si ricopriva di un colore rossastro. Aveva perciò concluso che il fenomeno era dovuto all’azione di un microrganismo “Marcescens”che giungendo a maturazione produceva il pigmento rosso, decomponendosi velocemente in seguito in massa viscosa, mucillaginosa e fluida fino a scomparire.

Bartolomeo Bizio era nato nel 1791 a Costozza di Longare sui Monti Berici di Vicenza da famiglia modesta in cui suo padre Giovanni faceva il sarto. Bartolomeo, invece che delle forbici, del cucito e delle stoffe era affascinato dalla Chimica, perciò andò a studiare a Padova prima presso la Farmacia Zanichelli e in seguito all’Università dove divenne Assistente del Fisico e insegnante Abate Cicuto diplomandosi e laureandosi in Farmacia.
Pur essendosi comprata la Farmacia “Ai Santissimi Gervasio e Protasio” in Contrada di San Trovaso a Venezia, Bizio continuò a studiare, ricercare e scrivere opuscoli e libri. Analizzò prodotti naturali come alcuni tipi di cereali, la corteccia del Melograno e la Noce Americana, e andò a caccia in particolare dei segreti della “Fisica dei Colori” divenendo membro di diverse Accademie e Società Scientifiche Italiane e Internazionali, e anche Presidente dell’Ateneo Veneto di Venezia. Fu lui a scoprire che dal Caffè si poteva trarre una sostanza colorante, una “Lacca verde” resistente adatta ad essere usata come colorante nella tintura dei tessuti … e fu ancora lui a scoprire che “il rosso” della Porpora degli antichi era dovuto alla produzione dei Molluschi Murici… e che la colorazione “verde” di alcune parti dei molluschi non era dovuta a coloranti organici come alghe o prodotti assimilati da altri esseri viventi, ma dalla presenza dentro agli animali del Rame intaccato dall’Ammoniaca … e molto altro ancora.

Grande scienziato quindi Bartolomeo Bizio !

Peccato che il fenomeno della “Polenta Rossa o Porporina” venne studiato anche fuori dall’Italia … Vennero alla mente di molti anche le varie storie di Ostie Eucaristiche che avevano “sanguinato” in successione lungo i secoli a: Parigi, Berlino, Sternberg, Wilsnach, Bolsena e Bruxelles… così come si ricordò che anche Alessandro Magno durante l’assedio di Tiro del 332 a.C. aveva visto comparire “sangue” sul pane dei suoi soldati … In ogni caso s’indagò ulteriormente sull’effetto di quello strano “Germe Rosso” che Julius Friedrich Cohnheim s’affrettò a identificare col nome di: Micrococcus Prodigiosus, mentre Gonfried Ehrenberg lo classificò come: Monas Prodigiosa. Da meno non volle essereCarl Georg Friedrich Wilhelm Flügge che classificò l’agente della “Polenta Porporina” come: Bacillus Prodigiosus togliendo in ogni caso a Bartolomeo Bizioil merito della sua originale scopertache avocarono a se stessi.

Così andarono le cose nelle Province Venete nel 1819 … e anche altrove.




Viewing all articles
Browse latest Browse all 357

Trending Articles



<script src="https://jsc.adskeeper.com/r/s/rssing.com.1596347.js" async> </script>