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“SAN ANGELO DI CONCORDIA … ALLA GIUDECCA.”

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“Una curiosità veneziana per volta.” – n° 54.

“SAN ANGELO DI CONCORDIA … ALLA GIUDECCA.”

Qualche giorno fa ci siamo lambiccati in diversi, quasi per scherzo, nel provare a riconoscere da alcune vecchie foto altrettante chiese veneziane dimenticate o scomparse. Ne sono uscite delle belle … e dopo diversi tentativi abbiamo riconosciuto in alcuni di quei vecchi “biancoenero” le poche tracce della chiesetta di San Angelo di Concordia alla Giudecca in Venezia.
C’è subito da dire che esiste un po’ di confusione nei documenti e nei testi, perché in molti confondono la chiesuola della Giudecca con l’isoletta di San Angelo delle Polveri o di Caotorta che sta dietro e in fondo verso il Lido e Malamocco. In questi giorni si parla molto di quest’ultimo nome, perché è anche quello del canale omonimo che si vorrebbe allargare e scavare per far passare in laguna le Grandi Navi dirette alla Marittima di Santa Marta evitando il bacino di San Marco e appunto il Canale della Giudecca.

Oggi l’intera grande isola veneziana è di fatto gestita dall’isola di San Giorgio Maggiore (dove sopravvivono pochi Monaci Benedettini, solo pallido riflesso dell’antica prestigiosa Abbazia di un tempo), fino a Sacca Fisola di fronte alle banchine del Porto di Venezia dai soli Frati Cappuccini del Redentore che prestano il loro servizio religioso a tutti i Giudecchini e gli abitanti di Sacca Fisola.
Le ultime parrocchie di San Eufemia e San Gerardo Sagredo sono resistite come hanno potuto fino a qualche anno fa. Ora la carenza cronica di Preti e la diminuzione vistosa della frequenza religiosa hanno indotto la Diocesi di Venezia ad accorpare e riorganizzare le poche forze rimaste tentando una gestione d’insieme più consona con i tempi che viviamo ... e col ridottissimo numero dei fedeli e delle risorse vantate dalla Chiesa (?).

Un tempo non fu così.
Fino all’arrivo del solito micidiale Napoleone & C, la Giudecca al pari di tutte le altre Contrade veneziane era ricchissima di chiese, monasteri, oratori e istituti religiosi ed assistenziali di varia natura. E’ interessante elencarli e provare a riconoscerli nelle scarse tracce rimaste di alcuni o in quelle più vistose rimaste di altri.
Partendo appunto da San Giorgio Maggiore, subito dopo il taglio del canale che porta in laguna aperta, dove oggi sorge la Caserma della Guardia di Finanza, esistevano la Chiesa e il Monastero di San Giovanni Battista. Poco distante sorgevano Chiesa e Convento di San Giacomo di Galizia o Santa Maria Novella gestita dai Frati Serviti, e poco più avanti il complesso delle Zitelletutt’ora rimasto in piedi. Poco prima della grande chiesa devozionale e votiva per la peste del Redentore sempre condotta dai Frati Cappuccini, sorge ancor oggi seppure dimenticata e quasi non vista, la Chiesa e Monastero delle Monache Benedettine della Santa Croce, oggi Casa di Lavoro Circondariale Femminile (se non sbaglio). Dietro al Redentore, verso la laguna sul retro dell’isola c’era San Angelo di Concordia, mentre più avanti, subito dietro alla Parrocchiale di San Eufemia o San Femia, sorgevano altri due monasteri: quello delle Monache Benedettine di San Cosma e Damiano, e quello sempre di Monache Benedettine di San Biagio e Cataldoche sorgeva dove oggi c’è il rinato Hotel ex Mulino Stucky.
Fra l’uno e l’altro, in seconda fila, sul canale interno della Giudecca, sorge ancora oggi l’altro complesso di Santa Maria Maddalena delle Convertite da molto tempo diventato Penitenziario Femminile. E infine, dopo il lungo ponte moderno, sull’estrema punta della Giudecca fra i palazzi della relativamente neonata Sacca Fisola, sorge la chiesa moderna di San Gerardo Sagredo.

E’ questo, quindi, il quadretto della presenza religiosa nei secoli nell’isola della Giudecca. Sarebbe strepitoso soffermarsi su ciascuno di questi siti, perché ciascuno possiede mille storie e curiosità da raccontarci, purtroppo spesso quasi dimenticate, o perlomeno lasciate all’attenzione dei così detti “studiosi e addetti ai lavori”.

Ritornando e soffermandoci, invece, e solo per un attimo, semplicemente e senza pretese, su San Angelo di Concordia, bisogna dire che si è rivelato essere nel suo piccolo un microcosmo non privo di sorprese curiose … almeno per me.

Era situato all’estremo limite della Giudecca di allora, dove forse si trovava uno stazio o tragetto di barche e di gondole.
Sembra che San Angelo sia stata così denominata dalle tre sorelle della famiglia Zuccato, che furono le prime a vestire la così detta “concordia” dell’abito di San Benedetto nel monastero fondato da Angelo Zuccato loro padre ... o più facilmente si chiamava forse così per la figura d'un angelo scolpita sulla facciata del Convento e ritrovata in precedenza sul posto.

Dopo alterne vicende un po’ vaghe che ricordano periodi di probabile benessere economico con annessioni di proprietà e di lasciti, il Convento di San Angelo fu rifabbricato nel 1600 e la chiesa consacrata da Raffele Iviziato Vescovo di Zante e Cefalonia col titolo di “Gesù Cristo nostro Salvatore” pur mantenendo il vecchio nome di San Angelo di Concordia.

Quel che è certo, è che nel maggio 1635 i Carmelitani Scalzi dell’Ospizio di San Canciano di Cannaregio passarono in questo chiostro e fondarono il nuovo Hospitale di Santa Teresa di Venezia adattando il convento a piccole celle con officine, oratorio e orto-giardino. Il Conventino però non doveva navigare molto nella prosperità economia e nell’agiatezza, perchè nel luglio 1643 il Priore fu costretto a chiedere aiuto alla Signoria Serenissima di Venezia per indurre la Congregazione Mantovana dei Carmelitani di appartenenza a versare i contributi necessari a mantenere in vita il monastero veneziano. L’immediata esortazione Ducale non deve aver sortito però grande successo, perché cinque anni dopo i Carmelitani si trasferiscono a San Gregorio lasciando solo qualche religioso a San Angelo della Giudecca.

Qualche anno dopo, in un lunedì di febbraio1666, il conventino tornò ad apparire nella cronaca dei fatti di Venezia perché alcuni Frati di San Angelo della Giudecca si ferirono a coltellate fra loro lasciandone uno moribondo.
Nel 1697 i Frati di San Angelo erano 8, e all’inizio del 1700 Marco Ferrando, “scorzer” di mestiere, eresse a sue spese un nuovo altar maggiore. Costui ebbe un figlio di nome Zuane, anch'egli “scorzer” che secondo gli Anagrafi Sanitaria morì il 5 aprile 1767 alle ore 18 a 67 anni: “… spasmodico e chachetico con febbre … assistito dal Medico Zuccharelli di Sant’Eufemia”.

Secondo una mappa del 1763 il piccolo complesso di San Angelo di Concordia, costruito in pietra e in parte in tavole di legno, si estendeva per cica 30 passi di fronte alla laguna sul retro della Giudecca su cui aveva un suo pontile privato per le barche. Dalla parte di terra era quasi circondato dalle proprietà di Antonio Venerando. Possedeva un ampio orto con frutteto, e 4-5 stanze per lato e un ampi dormitori per parte sorgevano intorno a un chiostrino lastricato di masegni col pozzo in mezzo. Alla chiesetta che possedeva un suo bell’organo, si accedeva lungo una Fondamenta con lo stesso nome e attraversando un suo campiello antistante. La chiesetta doveva essere essenziale ma non tanto brutta, aveva tre altari con dipinti di Odoardo Fialetti e il soffitto con due dipinti del Petrelli: “Paradiso” e “Madonna che da l’abito a San Simone Stoch”.

Nella chiesetta di San Angelo di Concordia erano presenti ed attive ben tre Scuole Piccole di Devozione. La Compagnia di San Alberto fondata nell’agosto 1739 contava 50 Confratelli nel 1760, e pagava i Frati perché venisse celebrata 1 Messa cantate e da 5 a 12 “Messe basse o lette” per i propri associati. La Compagnia faceva pagare ogni anno agli iscritti della Schola: 3 lire + 10 soldi raccogliendo in totale il piccolo capitale di 21 ducati e 21 grossi da spendere per le funzioni dell’Associazione. Infatti contribuivano ai Frati di San Angelo di Concordia: 15 ducati e 12 grossi annui e nella sacrestia della chiesetta giunsero a conservare 478 once d’argento in oggetti sacri fino alla soppressione della Compagnia che avvenne nel 1754.

La seconda Schola ospitata dai Frati di Sant’Angelo di Concordia in Fondamenta della Palada era quella della Beata Vergine Rosario, un’Associazione di devozione dei pescatori della Giudecca, che fino al 1758 celebravano ogni anno una festa pomposa con una solenne processione in giro per l’isola. I Giudecchini entusiasti cantavano e sparavano per far festa colpi di moschetto in aria … ma in quell’anno venne ucciso un bambino con un colpo accidentale.

La terza e ultima Schola di devozione presente in Sant’Angelo di Concordia fin dal luglio 1607 era quella della Beata Vergine del Carmelo, che dopo la chiusura della chiesetta si trasferì presso la chiesa di Sant’Eufemia nel 1784. La Schola accoglieva al massimo 200 iscritti-confratelli che pagavano annualmente 20 soldi. Commissionava una Messa mensile al Frati ogni prima domenica del mese, oltre alla grande festa annuale del Carmelo del 16 luglio, e pagava 80 lire a uno o più persone perché andassero in pellegrinaggio ad Assisi o a Loreto per far celebrare Messe in suffragio e per le Anime dei Confratelli.
Gli associati della Schola erano molto affezionati alla loro chiesetta, per la quale sotto il Guardiano D.Francesco Baldio Procuratore e Compagni, fecero fondere due nuove campanelle  … Ed erano anche molto gelosi delle loro “cose di chiesa”, e non volevano che si prestassero ad altri: “ … né la croxe, né i candelieri d’argento e la paxe della Schola ...”

Solo nel 1762 il Capomastro Pietro Fabbris e il Tagiapjera Martino Cossetti eseguirono per lire 9.905 di piccoli un restauro radicale della chiesetta di Sant’Angelo di Concordia. Fatalità poco prima che il Convento venisse soppresso e indemaniato nel settembre 1768.

Venne anche depredate, dispersa e svenduta la Libreria dei Frati di Sant’Angelo, ossia la Biblioteca della Congregazione Riformata dei Carmelitani di Mantova residenti nel Convento di Sant’Angelo di Concordia alla Giudecca. Contava poco più di 350 opere di valore divise tra latine e volgari con una discreta scelta di scrittori classici e di edizioni Basileesi e Parigine dei Padri della Chiesa. Conservava inoltre una copia dell’Istitutio Catholica del Gropper, diversi volumi di letteratura ascetica tradizionale del tempo, un settore di libri di oratoria sacra, diversi volumi della Scolastica Spagnola, e ... UDITE UDITE !

La bibliotechina dei Frati di San Angelo conservava anche testi di eretici e poco ortodossi: un testo gioachimitico: “l’Expositio in Apocalypsim” dell’Abate florense, i “Libri de Secreti” e la “Magia Naturalis” del Della Porta con reminiscenze del Platonismo rinascimentale, e i “Problemata in Scripturam Sacram” di Francesco Zorzi.  A noi forse questi titoli suggeriscono ben poco … ma vi posso garantire che l’Inquisizione di Roma del tempo avrebbe fatto un bel falò in piazza e trascinato in galera qualcuno … ma ci si trovava a Venezia ...e a certe cose non badava quasi nessuno.

E siamo già alla fine della breve storia della Chiesa e del Conventino della Giudecca che vennero chiusi e venduti all’asta nel 1806.
Ancora nel 1840 la chiesetta e i luoghi erano proprietà di Alvise Cogo che la riaprì al culto come Oratorio non sacramentale benedetto dal Patriarca Jacopo Monego col titolo di Santa Maria del Carmelo. Proprio accanto, sui luoghi dell’ex Convento, il Cogo attivò un capannone per la fabbricazione di cordami.
In seguito la chiesetta passò di proprietà in proprietà con diverse chiusure e riaperture al culto, finchè nel 1867 la ditta Battisti istallò nell’ex convento un’officina di vetri e conterie.
Nel 1900 l’ex Convento di san Angelo di Concordia era deposito e cantiere dei pompieri di Venezia, mentre otto anni dopo la chiesetta venne comperata dalla Parrocchia di Sant’Eufemia della Giudecca per merito e finanziamento di Giovanni Stuky. Di nuovo venne chiusa e riaperta, e poi nuovamente richiusa finchè nel 1933 l’ultimo proprietario l’Ingegner Giancarlo Stucky la donò in perpetuo al Piovan di Sant’Eufemia don Antonio Poloni che cinque anni dopo, in seguito a un radicale restauro, la riaprì per l’ennesima volta al culto.
Fu l’ultima, perché nel febbraio 1943 la chiesetta venne ceduta allo stabilimento Junghans del Ministero della Guerra che doveva allargarsi per costruire armi, bombe e spolette. Venne subito abbattuta, e i tre altari di marmo, le iscrizioni e le suppellettili liturgiche rimaste furono depositate nella chiesa di Sant’Eufemia.

Infine, nel 1980 risultavano ormai da tempo scomparsi i due angeli dorati provenienti da San Angelo di Concordia posti accanto all’altar maggiore di San Eufemia, e ancora visibili collocati al loro posto nelle nostre vecchie foto. Ma questa è la storia di tante chiese veneziane, che pezzo dopo pezzo, chiusura dopo riapertura perdono sempre più i loro tesori, le cose preziose …  e con le nebbie del tempo e della dimenticanza anche i ricordi della Storia.

Mi piace terminare questa post citando uno scritto famoso di Sansovino.
“Ora tutti i narrato luoghi sacri, come di chiese come di ogni altro sacrario edificato in questa città, è impossibil cosa a narrare, quali ricchezze habbiano et in quanta copia per amministrar gli offici che s’appartengono a sua Divina Maestà. Oltra che tutte le chiese, per picciola che sia, hanno il campanile, l’organo, et la piazza o per fianco o dinnanzi. Et ogni piazza ha il suo pozzo pubblico…Sono parimenti in tutte le chiese, sacerdoti secondo al convenienza del luogo, i quali assiduamente attendono al carico loro. Et tutte le cere che si consumano dal clero per qual si voglia occasione, sono bianchissime come neve, et le gialle non sono in conto alcuno. Appresso questo ogni chiesa ha qualche provento, chi più, chi meno, et i piovani d’esse sono creati da cittadini et popolani che posseggono stabili nelle contrade, per via di suffragii et approbati et confermati dal Patriarca. In somma la qualità delle ricchezze et del governo loro è di così fatta maniera che ogni chiesa di Venezia può dirsi con ogni ragione un picciolo vescovado …”

Conventino e chiesetta di Sant’Angelo di Concordia alla Giudecca erano un po’ così …



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