“Una curiosità veneziana per volta.” n°56.
“LAZZARETTO NUOVO … DOMENICA.”
Sarà un po’ per il fatto che Ebola sta bussando in giro per il mondo … o forse di più perché Venezia nella sua storia ha sempre avuto a che fare con pestilenze e dintorni … Ebbene, son tornato volentieri a rivisitare l’isola del Lazzaretto Nuovo adagiata nel cuore della laguna Veneziana.
Redentore, Salute, Santa Maria del Pianto, San Rocco, San Sebastiano, San Cosmo e Damiano, Santa Maria in Boccalama, San Lazzaro degli Armeni, Poveglia, e tutti gli altri … Venezia ha inventato i Lazzaretti. E’ stata sua l’idea dell’isolamento, della contumacia, degli spurghi delle merci, della quarantena delle navi, dei marinai e dei foresti …
Venezia nei secoli passati è stata una vera esperta in materia tanto da essere presa d’esempio ed imitata dagli altri governi Europei e Mediterranei. Esiste un’intera letteratura al riguardo, e sono curiosissimi i documenti che testimoniano i provvedimenti e le procedure via via adottate dalla Serenissima con i suoi Procuratori, Medici, operatori e Magistrati della Sanità.
Venezia in tempo di pestilenza metteva e chiudeva i “rastrelli” ai suoi confini, e pattugliava le bocche di porto e le sue lagune per impedire l’entrata e la diffusione dei contagi. Cercava di individuare e isolare il morbo, di prevenirne la diffusione, di liberarne le “malearie” spurgandole, tonificandole, purificandole, dilavandole, bonificandole così come meglio poteva e le riusciva facendo proprio il patrimonio culturale più efficace conosciuto in giro pe il mondo. Tuttavia la gente moriva a grappoli, e raramente si riusciva a mitigare la devastazione di morte che ogni volta la “mortilenza”seminava e distribuiva fin in ogni angolo remoto della laguna di Venezia.
All’apice supremo dell’infuriare del morbo, cronache storiche raccontano della laguna inondata dal fumo delle pire in cui si bruciavano cose e persone come nebbia diffusa e fitta … Raccontano di persone sepolte in terra a strati come “lasagne”, mentre i “Pizzegamorti” facevano da padroni sul territorio devastando, saccheggiando, violentando e derubando, e buttando gente ancora mezza viva nelle fosse …
Altri tempi … Però è curioso rivederne ancor oggi le tracce, ripercorrerne la memoria e calpestarne il suolo lasciandovi l’impronta. Sono tornato perciò dopo tanti anni all’antica “Vigna murata” dei pingui e austeri (non sempre) monaci Benedettini lagunari. Troppi anni sono trascorsi, mi è quasi sembrato di non esserci mai stato …
Ancora nel 1437 i Monaci Benedettini di San Giorgio Maggiore nella figura di don Honorado e don Zuane Priore ed Economo affittarono per anni 3 a 28 ducati la vigna con la chiesetta di San Bartolomeo, la casa-monastero, l’orto e il pozzo a Prete Nicolo’ della Contrada di Santa Marina di Venezia.
Il 24 settembre 1506, invece, con Decreto del Senato della Serenissima si dichiarò inopportuno concedere paga doppia in tempo di peste ai Priori e agli altri salariati dei Lazzaretti “… per el qual i desiderano che la peste perseveri aut al manco sempre ne resti sospetto …” Si concede, invece, un unico conveniente salario annuale. Per il Priore del Lazzaretto Nuovo il salario era di 80 ducati e l’uso della Vigna, 14 ducati per ogni dipendente, e 8 soldi giornalieri per il vitto dei contumacianti ospitati nell’isola.
Il Lazzaretto Nuovo è uno di quei posti sfuggenti, talmente ricchi di contenuti che non riesci a comprenderli e apprezzarli quanto basta. Un insieme quindi sfuggente, ridondante di architettura, storia, archeologia, naturalistica floro-faunistica lagunare, tradizione, vicende insediative, poesia che lascia esterrefatti e un po’ con la voglia di saperne di più. Venezia col suo isolario è sempre la stessa, non si finisce mai di scoprirla, ammirarla, gustarla e di rimanere a cullarsi dentro alle sue bellezze e le sue recondite vicende. Una vecchia isola è come una donna illustre e pomposa … ma un po’ sfiorita, meno procace e ammaliante di un tempo, ma pur sempre con un certo suo fascino accattivante.
Un motoscafo è sfrecciato quasi come un proiettile lanciato e sparato dal suo potente motore fuoribordo. Un uomo maturo corpulento e pettoruto lo guidava credendosi un novello esperto nocchiero … L’acqua violenta dell’onda ha aggrampato e morso le rive sfatte e rovinose, il pesante vaporetto ha “ballato” a destra e sinistra, la barca a vela candida di fronte beccheggiava e sussultava in mezzo alla laguna … Sembrava galleggiare sul niente, quasi scivolare planando sul pelo d’acqua che da immoto diventava improvvisamente turbolento e burrascoso, squassato e indomabile ... Pochi giri di lancette secondi dopo, tutto è ridiventato immoto e quieto come prima … Il motoscafo furibondo era già lontano e correva incontro a Venezia accucciata e distesa sullo sfondo dell’orizzonte.
Davanti ai miei occhi si distendevano le barene, fosse, canali, isole, acque poco profonde, bassi fondali fangosi che facevano da spartiacque fra quel mondo irto di campanile e quei luoghi riservati e quasi appartenenti ad un altro cosmo arcano ... Un paio di colpi di fucile da caccia hanno spaccato subito l’incanto e il silenzio incombente dei luoghi spalancati vestiti da fiaba.
Una gatta è corsa a nascondersi sotto a una carriola con gli orecchi issati all’insù. Si è piegata goffamente facendosi piccola nell’erba, ed è rimasta immobile in attesa degli eventi. Un cane legato col guinzaglio al cancello, invece, si è messo ad uggiolare inquieto e nervoso, tirando il legaccio e guardandosi intorno. La padrona è accorsa in fretta, l’ha coccolato, rassicurato, e l’ha rasserenato accarezzandolo.
Per fortuna da un po’ di anni si sta invertendo la tendenza di buona parte degli autoctoni lagunari. Speriamo sia passata del tutto la stagione in cui le isole abbandonate venivano sistematicamente violate, saccheggiate, profanate, derubate fin delle pietre. Si bruciavano gli infissi, si strappavano gli arredi e le opere d’arte, perfino i pavimenti … Si sventravano le pareti, si sfondava vetri, si scaricava incontrollati ogni sorta d’immondizia e pattume, si bruciava, s’insozzava liberamente, si nascondevano droga e armi, si vandalizzava per il solo gusto di sfasciare e rovinare qualcosa.
Colpa imperdonabile in gran parte anche di chi per primo avrebbe dovuto preservare, conservare, vigilare … Sarebbe lunga la lista: Stato, Militari, Regione, Comune, Curia Patriarcale, Beni Culturali … Ognuno ha di certo la sua buona parte di responsabilità per lo stato pietoso in cui si è lasciato ridurre l’Isolario veneziano.
Quand’ero bambino ricordo che i ragazzini del mio paesucolo lagunare andavano a giocare con i resti umani dell’Ossario di Sant’Ariano incustodito … C’era il Viceparroco preoccupatissimo che accorreva su una piccola barchetta a raccogliere i teschi che galleggiavano in giro per i canali della laguna divertendo i ragazzini e spaventando e inorridendo le vecchierelle del paese … Ricordo anche che qualche anno dopo uno sponsor americano ricco e famosissimo s’era offerto di provvedere a un grande restauro di una famosissima chiesa di Venezia.
“Non sarà mai che la sacralità di questo luogo venga deturpata da una scritta con i simboli di una marca commerciale ! … La Chiesa non ha bisogno di nessuno !”
tuonò il Rettore del luogo, e per quel esagitato orgoglio e autosufficienza vuota non se ne fece nulla … anzi, si continuò fino all’ultimo giorno prima di chiudere a raccogliere il povero obolo degli ultimi devoti veneziani impotenti.
Poi più nulla, tutto chiuso e silenzioso, abbandonato … Che disdetta !
Ancor oggi tanti luoghi illustri si preferisce vederli chiusi e cadenti, perché menti ottuse pensano maggiormente al tornaconto e al guadagno più che alla conservazione di tanti beni preziosi che ci hanno lasciato i Veneziani dei secoli. Se potessero gridare certi morti e certi devoti che hanno voluto, costruito, abbellito, vissuto e popolato certi monumenti … li sentiremmo urlare di disprezzo e di vergogna verso di noi fino ai piedi delle Alpi ... e forse anche ben oltre.
Comunque quel che è fatto è fatto … indietro non si torna. L’importante è fermare questo sfregio, e soprattutto continuare a smascherarlo e non permettere che si ripeta.
Per fortuna quindi è iniziata ormai da tempo l’epoca felice di uomini e donne volontari meno avidi di successo, privilegi, potere ed interessi. Persone dedite a salvaguardare, recuperare, quasi coccolare e difendere quel poco che è rimasto in Laguna, provando a farlo parlare e respirare di nuovo.
Non voglio osannare eroi improbabili in queste semplici righe, ma di certo apprezzare l’attivazione provvida di qualcuno, e forse imitarne l’opera passionale, prolungarne l’intenzione, condividerne lo spirito e calpestare nel mio piccolissimo le stesse orme lasciate in questa impresa faticosa.
Ma al di là delle manfrine dialogiche, rieccomi al Nazzaretum o Lazzaretum … Improvvisamente, eccolo lì ! Perfettamente mimetizzato sullo sfondo delle Vignole e di San Erasmo. Guidati dall’encomiabile dedizione del Dott. Fazzini che ci guidava ho messo i piedi sul soffice vialone verde dei gelsi dell’isola assieme ad altri che hanno rivisto il Tesone dopo 30 anni. … Si sente che la nostra guida avrà ripetuto certe cose un’infinità di volte … ma si percepisce anche che è per davvero appassionato di quello che va facendo e dicendo. Per fortuna ci sono persone come lui … Un tempo l’isola era tutta pavimentata e aperta, senza vegetazione per poter meglio spurgare e arieggiare ogni cosa. Serviva disperdere la “mala-aria”, vaporando, fumigando, provando a mitigare i miasmi di quella contaminazione ignota ma concentrata e presente tanto da “accoppare ogni cosa sulla faccia terracquea”.
Maestoso ciò che rimane del Tesòn Grande … Quelle scritte rosse impresse sui muri traboccano di storie vissute, spiritosaggini, memorie e ricordi, amori, intrighi e complicazioni … Tutte quelle cose di cui può essere impastata la vita comune e quotidiana di ogni epoca. Soprattutto di quell’epoca di pestilenza e calamità diffusa.
Rimane ben poco dell’antico “castello” dell’isola dai 100 camini alla veneziana … Bisogna fantasticare parecchio per immaginare come poteva essere il Lazzaretto veneziano … Aiutano un po’ le stampe antiche e i video, l’abile spiegazione della guida …
"Qui c’era la chiesetta di San Bartolomeo … i forni del pan biscotto … la casa del Priore col pozzo … le cucine … le ultime casette rimaste …"
Al di là delle mura che circondano il Lazzaretto a tratti apparivano i panorami mozzafiato della laguna … Abbiamo percorso l’isola intera lungo il fangoso e suggestivo vialetto di ronda oggi sentiero naturalistico fra canneti e arbusti … La barena e la laguna si sono rivelate ancora una volta per quel sono mostrandoci di nuovo le intimità più recondite e spettacolari della distesa acquea veneziana … Al nostro passare seguendo l’esile traccia aperta e precaria era tutto un ronzare, frullare, sbattere d’ali … S’intravedevano negli angoli remoti gazzette candide che sbeccolavano eleganti nel fango, gabbiani rauchi che volteggiavano alti, altri uccelli capitombolanti in aria che s’inseguivano trillando, frullando, fischiando canzoni misteriose e sorprendenti insieme … Mi piacerebbe conoscerle di più ... Lontano lo spettacolo delle isole di sempre in prospettive insolite, sfasate … Burano, San Giacomo in paludo, San Francesco del Deserto, Mazzorbo, Madonna del Monte … come tante sorelle da chiamare a tiro di voce fra nugoli immensi d’insetti … e l’esuberanza della Natura che trapelava sotto al sole svogliato e languido dell’autunno lagunare.
Esiste un documento del Sansovino del 1576 che mi è ogni volta caro rileggere perché mi procura una certa mestizia e tenerezza insieme, descrive gli appestati al Lazzaretto Nuovo allo stesso tempo come abitanti del “Paese di cuccagna” … ma anche come persone giunte al capolinea della “Porta dell’Inferno della vita da attraversare …”
“Nel corso della pestilenza si trovavano ... in osservazione circa diecimila persone e nelle acque circostanti più di tremila imbarcazioni, fra grandi e piccole, che assumevano qua l'aspetto d'una armata che assediasse una città di mare … a questi si aggiungevano: serventi, ministri e la truppa. Da 8000 a 9000 persone ogni giorno venivano alimentate dalla Repubblica durante questa calamità ... Magazzini immensi di medicine e di viveri, sacerdoti, medici, chirurgi, farmacisti, levatrici, tutto era qui pronto …cento camere et con una vigna serrata … E con ordine ogni cosa veniva distribuita ...I presenti per lo più poveri venivano sfamati a spese dello Stato. Ogni giorno all’impressionante città galleggiante si aggiungevano 50 barche. I nuovi arrivati venivano accolti gioiosamente con applausi e a loro veniva detto “…che stessero di buono animo, perché non vi si lavorava, et erano nel paese di Cuccagna…”
Allo spuntare dell’alba arrivavano i “visitatori” che scorrendo l’isola, il lido e la flotta, s’informavano minutamente sullo stato di ciascuno per far trasferire al Lazzaretto Vecchio gli appestati ... Non molto dopo arrivavano altre barche con ogni sorta di commestibili da essere dispensati in ragione di 14 soldi per bocca ... A queste barche seguivano quelle dell’acqua tolta dal Sile e sorto il sole tutto si metteva in quiete perché in mezzo al Lido si celebrava la Messa davanti a questa flotta ancorata al Lido.
Al tramonto le turbe divise in due cori cantavano le Litanie e i Salmi, mentre di notte ogni cosa rimaneva in alto silenzio e non era permesso il minimo rumore ... Un immensa quantità di ginepro raccolto in pire si faceva ardere notte e giorno sul lido spargendo l’odoroso fumo a grande distanza sulla laguna e sul mare ... A certe ore del giorno veniva permesso a parenti ed amici di recarsi dai congiunti, discorrere con loro da lontano e regalare vivande e rinfreschi ... Ogni giorno giungevano 50 o 60 barche e lunghi applausi accoglievano i partenti…”
Sempre le cronache antiche ricordano che chiunque era sospettato di peste veniva condotto qui, e se non aveva mezzi sufficienti si alimentava per 22 giorni a pubbliche spese. Se si dimostrava infetto veniva trasportato al Lazzaretto Vecchio, altrimenti trascorsi i giorni poteva tornare a casa.
Nell’isola si costruirono grandi case di legno e si ancorarono all’isola vari vascelli dismessi o galere sfornite d’armamento sui quali si costruirono altre case. Nel corso degli anni l’isola della Vigna Murata non fu più sufficiente allo scopo, e perciò si allestirono nella vicina isola di Sant’Erasmo nuove abitazioni e si ancorarono altre vecchie galere vicino al Lazzaretto Nuovo in cima ad uno dei quali sventolava una bandiera che indicava il limite invalicabile oltre il quale non bisognava avvicinarsi. A scoraggiare eventuali trasgressori era stata eretta una forca, monito per coloro che avessero osato disobbedire agli ordini dei Provveditori sopra la Sanità ...”
Mi piacerebbe rimanere e sostare per qualche giorno in un’isola come il Lazzaretto … almeno nell’idea mi piacerebbe. Ma subito un visitatore mi smonta la poesia in quattro e quattrotto: “Ho visto d’estate i ragazzini quattordicenni dei campi scuola sotto il sole cocente rimanere a strappare erbacce, fittoni ancorati nel terreno e radici … Oppure li ho visti prestarsi a sbadilare faticosamente per aprire un sentiero calpestabile fra i rovi …. Che cosa volete che s’impari a restaurare in una settimana e a quell’età ? … Tanto la Natura con i suoi elementi si riprenderà velocemente tutta l’isola, infesterà e ricoprirà presto quegli scavi scoperti con tanta fatica … E’ lei la vera padrona della laguna … Più che archeologia vera e propria qui si fa un po’ di restauro e ricerca perché mancano come sempre i fondi e i finanziamenti … Il destino della Laguna di Venezia è stato ormai segnato da tempo …”
Grande ottimista della domenica … Ho incrociato le dita … spero si sbagli del tutto … Ma sono tanti a pensarla così … forse troppi.
Ancora nel 1789 Sebastian M.Rizzi Priore del Lazzaretto Nuovo scriveva ai Sopraprovveditori e Provveditori alla Sanità dello “…stato rovinoso e sconsolante del Lazzaretto…il muro di cinta sostenuto da puntelli…buona parte degli edifici in rovina o pericolanti…canali di accesso inservibili, i pozzi inquinati…urgente è l’intervento.”
Nel 1793, invece, con l'istituzione del Lazzaretto di Poveglia il Lazzaretto Nuovo perdette di fatto la sua funzione. Con l'avvento dei Francesi il Ministero della Guerra destinò l'isola a funzioni militari: il Tezòn Grando murato divenne polveriera, si demolirono le contumacie “al Prà’”, “all’ortolazzo”, “ai barcaroli”, “alla campagna” e la vecchia chiesetta di San Bartolomeo.
Rallento il passo, mi volto un attimo e mi fermo … Vedo passare nella penombra della sera che avanza le ombre lunghe degli appestati … No … Sono dei custodi … Odo il tintinnare di chiavi del Priore che apre e chiude la grande tesa … Lungo uno dei muri di cinta marinai inoperosi in contumacia scrutano immobili la loro nave ormeggiata prigioniera del morbo e dell’isola … Guardano lontano fumando la pipa e sorseggiano lentamente un boccale di vino aspro.
Poco più in là, dentro alla notte, tre figure senza volto parlottano sommessamente nel buio ma in maniera animata. Sono il Priore del Lazzaretto, un Bastazo-facchino e il mercante di una grossa nave alla fonda accanto all’isola. Discutono, contrattano, considerano … Alle loro spalle intravedo la nave ancora carica di merci, lievemente piegata sul fianco. E’ appoggiata sul fondo del piccolo canale poco profondo prospicente l’isola … c’è bassa marea in laguna, come sempre verso l’alba ... I tre si scambiano un fascio di carte e un paio di sacchetti di monete contandole una per una sotto il chiarore flebile della Luna. I soldi luccicano, baluginano saltando sulle dita esperte, sembrano nuovi di Zecca … A un certo punto una moneta oscilla in aria, tintinna, scappa fra le mani che provano ad afferrarla, rimbalza sopra alla manica di un braccio proteso e finalmente cade e scompare dentro e sotto l’acqua scura.
Verrà ritrovata ossidata e mangiata dalla salsedine secoli dopo ... Ora se ne sta in bella mostra insieme ad altre nelle vetrinette sotto al Tesòn Grande. Raccontano storie passate, come le anfore poco più in là che un tempo portavano vino, olio, profumi, grano e chissà quali altri cose dagli angoli più disparati del Mediterraneo, dell’Africa e del Levante ... come le ossa allineata, gli attrezzi rugginosi, le stampe antiche, le terracotte usurate …
Annuso l’aria, e avverto il profumo che non c’è del pane appena cotto dai forni dell’isola. Si sente la fragranza del panbiscotto appena sfornato … Si mescola con l’odore aspro della salsedine, e con quello degli umori che esala la laguna, il verde selvatico e la barena trapunta di fiori lacustri, salicornie, canne ed erbe selvatiche ...
Un giovanotto in salute seduto su di una panca nel buio ancor prima dell’alba fuori della chiesetta di San Bartolomeo … Piange in silenzio sommessamente … è l’unico rimasto della sua famiglia tradotta al Lazzaretto Vecchio e non più tornata … per sempre.
Poco discoste, solo al chiarore di una flebile lucerna in terracotta, alcune donne formose dalle gonne larghe e lunghe rimestolano l’acqua tratta faticosamente dal pozzo, e smanacciano indaffarate mucchi di panni sporchi soffocandoli nell’acqua dentro a grossi mastelli di legno.
Voltandomi ancora dalla parte dell’ingresso vedo un pescatore che ha appena accostato la sua barchetta carica di pesce guizzante alla riva. Sempre come ombra nel buio lo vedo scambiare con uno dei guardiani muti dell’isola che gli porge una moneta argentata e un grosso cesto di frutta colorata e verdura odorosa ... In fondo al viale dei gelsi, distinguo appena nella penombra il trenino austriaco caricato all’inverosimile di munizioni, pronto per andare a rifornire la Batteria della Torre Massimiliana sulla spiaggia che controlla la bocca del Porto di Venezia.
“Che provasse qualcuno ad entrare da quella parte !”
Sta arrivando il vaporetto di ritorno … Riapro gli occhi e fuoriesco dal sogno … La visita al Lazzaretto Nuovo è terminata … Venezia “solita” ma sempre nuova, mi sta aspettando per le “solite cose” di sempre … Tornerò ancora al Lazzaretto Nuovo … di certo.