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“SANT'ARIAN … ISOLE … ISOLE …”

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“Una curiosità veneziana per volta.” – n° 65.

“SANT'ARIAN … ISOLE … ISOLE …”

Parlar di isole per i Veneziani fa un po’ sorridere, perché sull’argomento ne sappiamo un po’ tutti … chi più e chi meno. Molti di noi stanno vivendo da una vita intera in un’isola, come è vero che Venezia è una “isola di isole”, e la nostra storia accade tutta dentro a un Isolario che nel mondo ha poco paragone e somiglianza.

A riprova di questo, se vi dico: “Murano !” mi risponderete subito: “Vetro !”… così come se vi dirò: “Burano !” mi direte immediatamente: “Campanil storto, colori e merletti …” Quanti di noi non sono mai andati a San Erasmo e alle Vignole: “ … i celebri orti ameni di Venezia”… E chi non si è perso almeno una volta in vita spingendosi fino in fondo alla laguna Nord sostando almeno per qualche ora a Mazzorbo, o nell’arcaica Torcello semiabbandonata e fascinosa, o nei silenzi contemplativi di San Francesco del Deserto ?

Non conoscete per caso San Michele: “l’isola dei Morti ?”… di sicuro. Mentre non conoscerete molto dell’isola di San Cristoforo che in San Michele è stata inglobata e assorbita fino a perdere ogni traccia.

In molti starete accennando di “sì” con la testa … Posti belli, e un po’ovvi, isole famose e conosciutissime.

Le nostre conoscenze, invece, caleranno un po’ di consistenza e tono se inizieremo a citare isole diverse come quelle storiche della peste e delle contumacie: i Lazzaretti Vecchio e Nuovo, San Lazzaro degli Armeni… o Povegliain questi ultimi tempi tornata alla ribalta.
Annuiremo ancora un po’ diventando però curiosi quando parleremo della collana di isole delle segregazioni, della pazzia e degli isolamenti sanitari più recenti: San Clemente, San Servolo, Sacca Sessola e Santa Maria delle Grazie ... mentre diverremo interessati quando nomineremo altre isole ancora, sempre “corpose” ma ormai semidimenticate, come San Giorgio in Alga, San Angelo delle Polveri, San Giacomo in Paludo, Santo Spirito… la lista sarebbe certamente lunga.

Di altre isole ancora avremo appena sentito parlare, o citare appena il nome: San Secondo, Madonna del Monte. Di alcune è rimasto poco o niente, come l’isola di San Andrea della Certosa, oppure sono rimaste delle solitarie rovine appena emergenti dall’acqua … o forse peggio solo delle motte fangose emergenti dalle acque ricorrenti della marea.

Di sicuro avremo sentito parlare della Salina di San Felice, di Caroman, Crevan, Buel del Lovo, La Cura e Santa Cristina. Chi non ha mai sentito parlare almeno qualche volta delle famose isole scomparse di Ammianae Costanziaca? … e delle isole di Boccalama ?

Ogni estate guide provette ed entusiaste conducono in laguna a visitarne i resti, identificarne i contorni, ascoltare mille storie, e ad apprezzare le poche spoglie e vestigia che talvolta solo la fantasia riesce a dare un qualche volto. Conoscete bene ad esempio il “Centro Studi Torcellani” solo per citare qualcuno, o le iniziative di “Isole in rete”
Sapete ancora bene dell’esistenza dei numerosi “Ottagoni”sparsi per la laguna (più o meno bene conservati o abbandonati), delle antiche “Batterie e Polveriere”reduci del 1800 e delle Guerre Mondiali, come delle varie “Motte” ossia quelle piccole emergenze sparse che però hanno anche loro un nome e qualche spicciolo di storia.

E se improvvisamente vi dicessi ed elencassi le isole di: Aleghero ? Sgomento … “Che è ? … Dov’è ?” vi chiedereste … E se aggiungessi le isole: Albiola, Basegia, Castrasia, Centranica, Falconera, Gajada, Marcelliana, Olivaria, Verni… e altre isole ancora.

“Ferma ! Ferma ! … Dove ? Come ? Quando ?”mi direste di sicuro, perché certi nomi per molti di noi vengono a suonare nuovi o poco familiari. Infatti è così. 
Certe isole sono andate perdute per sempre, o quasi del tutto. Di certe rimane appunto un nome, qualche leggenda, o il titolo di una Valle salmastra o di un ampio spazio acqueo sperduto in un angolo nascosto e dimenticato della Laguna. Solo certi anziani pescatori, isolani o “valleggianti” hanno dimestichezza con certi posti, con certe vicende e certe zone … Così come certi studiosi e appassionati “topi d’archivio” sanno scovare informazioni e ricostruire eventi in modo da mettere un qualche confine fra storia reale accaduta e fantasiosa leggenda.

Detto questo, solo per curiosare un po’ nelle pieghe del tempo … ricordo che quand’ero adolescente il giovane Viceparroco della mia isoletta di Burano quasi impazziva preoccupatissimo accorrendo in fretta dopo un annuncio di qualche pescatore dell’isola. Certi “goliardici e sacrileghi giovinastri” della zona s’erano divertiti a scavalcare il muro di cinta dell’Isola Ossario di Sant’Ariàn … e avevano lanciato in acqua e sparso per la Laguna: crani, ossa e cose simili con l’intento di spaventare e divertirsi alle spalle di qualche passante o di qualche vecchierella affacciata sulla “Fondamente e Rive” dell’isola di Burano. Il povero Prete ebbe il suo bel da fare a raccattare quei poveri resti con l’aiuto di qualche volonteroso, e rincrebbe non poco quel gesto “esagerato e spudorato” che offese la sensibilità delle genti delle lagune. I giovanotti forse si divertirono in quel modo … ma forse non tutti, soprattutto quelli che vennero in seguito identificati.

L’Isola di“Sant’Arian dei Morti”o di“San Adriano di Costanziaco e di Torcello”, a noi Veneziani di oggi ricorda e suggerisce ben poco.
Era diverso per i Veneziani di qualche secolo fa, perché anche se si ricorda e se ne scrive poco, i Veneziani di Venezia centro storico erano soliti recarsi ogni anno un’intera giornata in pellegrinaggio dalle loro Contrade e Parrocchie proprio fino all’isola di Sant’Arian. Era una ricorrenza amena, per certi versi molto simile a una “gita fuoriporta”, ma conservava di fondo ancora quello scopo devozionale di un tempo legato al Suffragio dei Morti di Venezia.

A differenza di oggi in cui l’isola di Sant’Ariàn è un’isola-ossario chiuso e dimenticato, cinto da un certo muro e cancello rugginoso, fin dal 1700 i Provveditori alla Sanità autorizzarono la formazione in moltissime Contrade di alcune Compagnie di San Adriano i cui unici iscritti erano autorizzati a sbarcare nell’isola omonima. Ogni Compagnia poteva ricevere al massimo 33 iscritti, “… a ricordo degli anni di Nostro Signor Gesù Cristo …”, pagavano ciascuno lire 15 e soldi 12 annui, e potevano recarsi in isola rispettando un rigoroso turno stabilito dai Provveditori in una determinata domenica d’estate e fino all’autunno inoltrato.
Giunti in isola, i devoti celebravano alcune “Messe lette”, o una “Messa Esequiale”più solenne, recitavano insieme l’Ufficio dei Morti, compivano una processione intorno all’isola con una specifica benedizione ad ogni angolo, finendo infine recitando o cantando il famoso “De profundis”.
Fatto questo si consumava un pranzo con “modico cibo” per il quale non si doveva spendere più di 20 ducati, e ciascuno si doveva portare da casa tovagliolo e posate, seguiva “un conveniente riposo”, e quindi si ripartiva in barca per Venezia compiendo un’unica sosta nell’isola della Madonna del Monte. Lì si recitava una “terza parte del Rosario” e si cantavano “le Litanie della Madonna”e un altro “De Profundis”… giungendo infine a Venezia cantando in coro un bel “Te Deum”.

La Compagnia di San Adriano più famosa di Venezia era quella delle chiesuola di San Gallo vicino a Piazza San Marco. Era organizzatissima con tanto di Gastaldo, 2 Consiglieri, 2 Cassieri, 2 Sindaci, 2 Scodidori e 1 Conservatore delle Leggi. Facevano celebrare ben 33 Messe di Suffragio per ogni Confratello iscritto e Defunto, per il quale ogni Confratello era tenuto a recitare personalmente: “33 Pater Noster e 33 Ave Maria”. Nel corso dell’anno la Compagnia faceva recitare altre 10 Messe il 2 agosto, 2 il giorno “del Transito di San Giuseppe”, altre 2 il 2 novembre dopo le quali entro 8 giorni ne dovevano seguire altre 22 più un Esequiale solenne; 3 Messe ancora in gennaio il giorno di San Pietro Orseolo con panegirico ed Esposizione Solenne del Santissimo … una trafila immensa di celebrazioni insomma.
A questa Compagnia era toccata in sorte la seconda domenica di giugno per recarsi all’isola di San Ariano con tre barche dei i 33 iscritti e con l’aggiunta di altri 10 sacerdoti e 1 chierico. Lì eseguivano tutto quanto era previsto per il pellegrinaggio in isola.

Una Compagnia di San Adriano detta “di Valverde” esisteva anche nella Contrada e chiesa di San Zulian. Secondo il turno si recava in isola la terza domenica di agosto usando “4 peate”spinte ciascuna da 4 vogatori. Passavano per Murano e facevano tappa al Monastero di Valverde di Mazzorbo dove prelevavano e poi riportavano una loro speciale “reliquia della Croce”conservata dalle Monache.

Un’altra Compagnia di San Adriano era presente a San Biagio di Castello, ma questa si recava in pellegrinaggio alla più vicina isola di Santa Maria delle Grazie dove “l’oste della Rizza” preparava loro anche un buon pranzetto. Un’altra ancora era presente nella Contrada di Santa Ternita, Santa Marina(turno: prima domenica di settembre), San Lio, e Santa Maria Formosa nel Sestiere di Castello; San Giovanni in Oleo, San Bartolomeo che andava poi a Santo Spirito in isola, San Gimignano, San Vidal(turno: prima domenica di giugno), San Angelo, San Beneto (turno: domenica agosto), San Paternian(turno: terza domenica di giugno), San Luca, San Salvadore San Fantin nel Sestiere di San Marco. Quest’ultima si recava agli Incurabili o a Santa Croce della Giudecca invece che in isola, e negli ultimi anni era segnalata “… come dai costumi molto rilassati …”tanto da venir soppressa.
A Cannaregio una Compagnia di San Ariàn si trovava in Contrada di San Geremia, Santa Fosca, Santa Maria Nova. A San Polo ce n’era una a San Tomà, San Stin, Sant’Aponal… A Santa Crocenell’omonimo Sestiere.

Dopo il 1750 alcuni Veneziani preferirono recarsi per le loro devozioni di Suffragio dei Defunti in isole della laguna più vicine a Venezia, come Santa Maria delle Grazie e Santo Spirito, oppure in alcune chiese cittadine … e infine nel 1785, siccome certe gite in barca fino a Sant’Ariano finirono per diventare: “… occasione di bisboccia e mangia e bevi … contravvenendo allo spirito iniziale di tale peregrinaggio …” due decreti del Consiglio dei Dieci chiusero tutto e proibirono ogni accesso all’isola.

C’è da aggiungere che nell’sola situata a nord di Torcello e a Nord-Est di Burano e a circa 11 Km da Venezia, un tempo forse fin dal VI secolo sorgeva un Monastero di Monache Benedettine. A Est l’isola oggi ossario era delimitata dal Canale della Dolce che la separava dall'isola della Cura e dalle barene, ed è raggiungibile percorrendo il Canale Bisatto, Scomenzera e San Giacomo.

E’ del 1160 il primo documento che parla della fondazione del Monastero Femminile di Sant’Ariano di Costanziaco da parte della Beata Anna Michiel moglie del Beato Nicolò Giustiniani del Monastero di San Nicolò del Lido ritornato Monaco dopo aver generato con lei 9 figli. Accolse tra le sue mura numerose nobili veneziane e godette di molte rendite. Durante il 1200 Sant’Arian venne beneficato per testamento dal Doge Pietro Ziani, e da Maria vedova di Giacomo Gradenigo … nel 1289 una figlia Bartolomea della Beata Anna si fece monaca con la madre e dopo aver vissuto con lei tornò a Venezia per fondare il Monastero di Santa Caterina.

L’anno 1349 fu, invece, terribile per la storia del Monastero di Sant’Arian perché il Nobile Marco Barbaro denunciò al tribunale della Quarantia Criminal che sua figlia Cantaruta fattasi Monaca in Sant’Adriano di Torcello, era stata rapita e violentata dal Nobile Franceschino Loredan che venne condannato a 1 anno di carcere e a una pena di 300 ducati, mentre il suo aiutante Vittore Dolfin venne assolto ... nello stesso mese di giugno, anche Donozoli da Verexelo venne imputato e condannato a 2 mesi di carcere e multa di 200 ducati per aver rapito un’altra Monaca del Sant’Adriano ... in ottobre il Nobile Pietro Grioni venne condannato a 2 mesi di carcere per aver fatto irruzione nello stesso Monastero baciando la monaca Viza Zen e scambiandosi insulti con la Badessa.

Il Monastero di Sant’Ariano venne soppresso dal Papa a causa dell’aria malsana e delle serpi che infestavano l’isola nel 1438 quando una sua casa con terreno posta in Lio Minor passò in proprietà alle Monache di Sant’Angelo di Zompenigo di Torcello a cui fu unificato, e poi a quelle di San Girolamo di Venezia nel 1549.

In quella stessa epoca i Monasteri di Sant’Ariano e San Giovanni di Torcello assieme a Santa Caterina e San Maffio di Mazzorbo possedevano centinaia di campi di bosco a Musestre e a Meolo nella così detta Zosagna di Sotto del Trevigiano dove un certo Nobile Simone Valier era proprietario di:“… campagna magna inculta et vigra” ... ossia possedeva a Melma 2 poste da mulino con 11 ruote e “… unum batirame non completum, sed inceptum de novo…”, una sega e un mulino a Nerbon sulla Melma, un mulino a Spercenigo sul Sile, un mulino a 4 ruote e 1 follone con 8 pile sul Sile a Cendon, dove possedeva un centinaio di campi.

Alla fine del 1400 il Priore commendatario Giovanni Giusto di Ossero diede ancora in affitto alle Monache di Sant’Adriano di Costanziaca il Monastero di San Cornelio e San Cipriano di Burano, mentre all’inizio del 1500 le rovine dell’isola erano spesso covo di ladri che venivano sgomberati a forza dai Fanti della Serenissima ... nel 1517 i Quaranta condannarono a 2 anni di carcere e pena pecuniaria “Valerius ingenierus advocatus monachinus” entrato in monastero per incontrare una certa Monaca Filipa ... nel 1544 le Monache del Sant’Ariano litigarono per una questione d’immobili con quelle del Monastero di San Zaccaria di Venezia ... Pochi anni dopo le acque dolci del Sile e di altri fiumi furono fatte sfociare in mare deviandole dalla Laguna di Venezia diventata insalubre ... il Sant’Adriano di Costanziaca con le sue pertinenze di Sant’Angelo di Zampenigo di Torcello si unì e trasferì al Monastero di San Girolamo di Venezia a Cannaregio.

Nel 1565 il Senato della Repubblica eresse il grande ossario con piccola chiesa sulle rovine dell’isola rimasta deserta per raccoglier i resti provenienti dai numerosi cimiteri soppressi che sorgevano spesso intorno alle chiese di Venezia nei così detti Campi ... Non fu una buona idea, perché ancora nel 1612 gli Esecutori alle Acque relazionarono alla Serenissima affermando:

“… si vide il canal di Sant’Arian intestato da una parte con palificata, con una porta sopra et dall’altro capo con grisuole a foggia di valle, nel quale luoco hanno anco fabbricato un cason di legname …”

E anche un secolo dopo i cadaveri erano ancora ammassati alla rinfusa nell’isola e lasciati allo scoperto.
Nell’agosto 1664 si decretò finalmente:

“… cadaveri insepolti siano sotterati, spese vengano supplite da colpevoli che si rileveranno dal processo, sia eretta nel luogo una croce di legno. Sopra piè de stallo in cui venga scolpito un San Marco e le armi de Provveditori … Si portino nel luogo li scopacamini ... Scavino una fossa fonda, in essa ripongano i pezzi de’ cadaveri insepolti ben soterrandoli. Le ossa arride siano stivate. Eseguito lavoro, avvertano Magistrato per essere soddisfatti …”

L’anno dopo il Senato approvò il progetto del Magistrato alla Sanità di costruire un muro di cinta lungo tutto il circuito dell'isola per nascondere i cumuli di molti cadaveri ancora insepolti. Per far questo s’istituì una tassa di 10 ducati ciascuno da far pagare ad ogni Piovano di Contrada, Abate e Badessa di Monasteri, Priori di Conventi e Guardiani di Scuole Grandi.
Per tutto il resto del 1600 e l’inizio del 1700 si obbligò a versare settimanalmente per ogni morto una contribuzione nella cassa di Sant’Ariano per celebrare lì ogni giorno una Messa per tutti quei morti lì raccolti e per le suppellettili della chiesetta.

“… per cadaun morto sepolto con capitolo siano riscossi soldi 32, con mezzo soldi 18 di volta in volta al caso di licenziarli… cassa suddetta per conto capitoli e mezzi capitoli sia saldata di mese in mese da reverendi pievani in pena di ducati 10 da essergli irrimissibilmente levata…”

Nel 1751 si decretò:“… permesso a Confratelli Compagnie, che ogni anno si portano alla visita chiesa suddetta, riparare alla di lei rovine, dilatare anche il recinto. Rimesse nell’uso funzioni sacre et ufficiatura solite Mansionarie …”

Nel 1776 si stipulò un accordo per 10 anni con Giorgio Trapolin e Valentin Valentini per provvedere di “terra da saponeri” e “viva calce” i 4 cimiteri pubblici e per il trasporto delle ossa e ceneri all’isola di Sant’Ariano che nella Podesteria di Torcello era considerata ancora Abbazia secolare con Cappellano Curato a cui erano soggetti i 100 abitanti delle isole di Santa Cristina e della Cura.


Passati secoli nel 1933, nell'isola venivano ancora portate le ossa in esubero del cimitero di San Michele … Nel 1980 si asportò dalla Cappellina dell’ossario un fregio romanico … L’isola venne a lungo frequentata da cercatori d’ossa per le Facoltà di Medicina di Padova con remunerativo ritorno economico ... Infine nel recente 1997, furono restaurati la Cappellina, il muro di cinta, le lapidi, quanto rimane dell’antico ossario e dell’imbarcadero a spese dell’Arciconfraternita di San Cristoforo e della Misericordia di Venezia … mentre tutto quanto è accaduto in quel posto diventa sempre più smunto e cancellato dal tempo.


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