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“L’UNIVERSITA’ DI SAN COSTANZO DEI NONZOLI … A SAN BASEGIO DI VENEZIA.”

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“Una curiosità veneziana per volta.” – n° 120.

“L’UNIVERSITA’ DI SAN COSTANZO DEI NONZOLI … A SAN BASEGIO DI VENEZIA.”

Avete mai provato l’ebrezza di suonare con le mani un campanone vero ? … Ma non un“sonello” o una campanella argentina attaccata a una cordicella dentro a un campaniletto. Intendo uno di quei campanoni massicci e pesanti capaci di suonare a distesa e farsi sentire possenti fino ai confini della Laguna dentro a una grande torre: un“campanòn grando”, “una granda o una mezàna”, o la pesante “Vecia” ?

Io l’ho fatto più volte … e vi garantisco che è stata una “figàta”impensabile, pazzesca ! Un’esperienza singolarissima che probabilmente non riuscireste neanche a immaginare. E’ stata una sensazione che oggi non si può più provare, perché sono scomparse le corde della campane grosse come un pugno e lunghe decine su decine di metri che scendevano dentro alle canne dei campanili fino ad acciambellarsi sul pavimento. Oggi si schiaccia un bottoncino e via, e tutto lo scampanio s’accende canterino e sonoro spargendosi ovunque nell’aere col suo bel effetto allegro e chiassoso ... Non è rimasto niente di quel “divertimento spassosissimo” a cui tenevamo tanto.

Sapeste quante volte durante la mia prima giovinezza l’abbiamo provato insieme ai miei amici: tante volte e più tante. Era una sensazione piacevolissima e davvero molto divertente … ma non solo per il fatto di suonare i campanoni in se, ma soprattutto perché accettando d’essere un po’ spericolati e disposti a rischiare, si poteva “giocare” per davvero con le corde delle campane compiendo veri e propri equilibrismi arditissimi.

Quello che forse vi potrà sfuggire è che esisteva in quel caso una specie di “il rinculo” e di possente “trazione di ritorno” della corda della grossa campana avviata a suonare in cima al campanile capace di issarti “di peso con tutto il corpo” alzandoti per più di una decina di metri e oltre verso il soffitto interno della torre. La corda tirata e ritirata ci sollevava di continuo portandoci più e più volte altissimi dentro alla base del campanile ... e poi essendo sconsiderati tanto quanto e di più del nostro giovane maestro, ci lasciavano prendere dall’idea divertentissima (e pericolosissima) di camminare e correre sui muri interni del campanile passeggiandovi in salita al ritmo della campana.

Una “figàta pazzesca” ! … oltre che un’ebrezza rischiosissima. Mille volte ci siamo lasciati tirare su e penzolare e calare, e i più abili di noi sapevano perfino compiere anche una capriola in volo attaccati al lungo canapone delle corde.
Si faceva perfino a gara a chi trascorrevamo più e più minuti sollevato in alto, e a chi correva più in alto lungo i muri facendo il segno col gesso sulle pareti ... Lo so … Eravamo un po’ pazzi … Ma a chi importava in quei giovani anni?… Allora ci divertivamo anche così, come si poteva … e poi, a non tutti era dato di poter fare quella cosa.

Aggiungo solo, che se lo avessero saputo e scoperto il Piovano o il Sacrestano: ossia il Campanaro titolare della chiesa, ci avrebbero di certo dato“un bel rebuffo e un grosso cicchètto”… ossia una lavata di testa indimenticabile.
Ma non accadde … e quello rimase uno dei nostri “divertimenti segreti”… La cosa insomma è andata così, e adesso sono ancora qui a raccontarvelo vivo e vegeto, sebbene forse con le spalle un po’ rovinate a suon di farsi “strappare in su” dalla potenza di quei “sonori battòcchi” che hanno rimbombato a lungo sopra le isole della Laguna di Venezia … facendoci divertire come matti.

Perché vi ho raccontato tutto questo ?

Perché suonare le campane era un tempo una delle tante mansioni riservate ai Campanari e ai Nonzoli, in altra maniera chiamati anche:“Sacrestani o Sagrestani”, ma anche “Scaccini”, “Santesi”e “Mansionari”.

Erano una categoria sociale di persone che praticamente oggi non esiste più, o di cui è rimasta solo una vaga immagine e un ricordo sbiadito. Fino al secondo dopoguerra mondiale, invece, quel genere di persona esisteva in gran parte di Venezia e delle sue Lagune … ma anche altrove, ovunque, ed erano spesso, a dire poco, dei “tipi un po’ singolari”.
Durante la mia esistenza ho avuto la fortuna di conoscerne più di qualcuno, forse gli ultimi di quella “covata originale”, e vi posso garantire che da loro ho imparato tantissimo: sia nella capacità d’arrangiarsi in tante incombenze pratiche servendosi di un buon “fai da te”, che dal punto di vista dell’interscambio umano e del contatto con gli altri.

Giungo a dirvi che in questo momento vedo scorrere dentro alla mia mente un’intera sequenza di nomi e volti, dai quali “a conti fatti” ho ricevuto davvero “tanto”, e che sono riusciti a incidere in qualche modo sulla mia esistenza in maniera duratura.

Come dicevo, quella dei Nonzoli o dei Sagrestani è sempre stata una categoria di persone per certi versi originalissima. Conducevano quasi sempre una vita austera, difficile, modesta, quasi al confine con la povertà. Molto spesso erano spinti interiormente da “un’affezione potente” che provavano per “le cose di Chiesa”, una specie di “molla quotidiana irrittenibile” che li obbligava ad agire, vivere e comportarsi in una certa maniera. Altre volte, invece, quello che più semplicemente li spingeva era il bisogno di procurarsi di che vivere in qualche maniera, perciò si prestavano a compiere un’infinità di mansioni che noi oggi neanche ci sogneremmo d’intraprendere.

Vi dico anche che ne so qualcosa personalmente di tutto quello “strano servizio”, perché per diversi anni ho partecipato anch’io a quel genere di vita provando a provvedere in quella maniera a finanziare la mia retta scolastica degli “studi da Prete”(“carriera” che poi ho puntualmente intrapreso per ben 5 splendidi anni a Venezia).
“Far da Sacristi e Nonsoli” significava spesso trascorrere gran parte della propria giornata dentro all’edificio della chiesa e nei suoi dintorni. Fino a qualche decennio fa le chiese si aprivano ogni giorno all’alba e si chiudevano al tramonto, e il suono delle loro campane scandiva, quasi marchiava dandone il senso, la giornata e il lavoro di tutti. La gente si riversava in chiesa molto e molto più di adesso, e “far da Sacrestano” non consisteva solo nel tenere a bada l’orda dei turisti o “la manolonga” di qualche “gallinaccio rubaelemosine” che circola in giro per la chiesa ancora adesso, ma in tutta una lunghissima serie di compiti a volte complessi, a volte anche difficili e faticosi, oltre che noiosi da raccontarvi.

A farla breve, dico che da sempre in Venezia e in Laguna i Sagrestani organizzavano “i riti e le funzioni di chiesa”. Per farlo ogni volta bisognava “vestire, svestire e apparecchiare ogni altare e fino a ogni panca e colonna dell’intera chiesa” come se fosse quasi una persona viva da accudire.
Il mio vecchio Piovano mi ripeteva sempre: “La chiesa è come una splendida e leggiadra sposa che non si è mai terminato di preparare.”  … ed era vero, non si finiva mai di trafficare e arrabattarsi in chiesa.

A Venezia e dintorni poi, è sempre esistita la tradizione d’allestire nelle chiese grandi apparati scenici, imponenti luminarie, e “grandi parècci” per sottolineare visivamente e plasticamente l’entità, quasi “il volto, la facciata” di certe celebrazioni e di certe ricorrenze annuali. Si paravano le chiese come fossero il “salotto buono di casa”: “a lutto”, “a Festa”, “da Feria”, “per i Funerali e i Matrimoni de Prima, de Seconda, de Terza”, “da Quaresima”, “da Nadàl e da Pasqua”, “da Quarantore”, “par i Santi e par i Morti” e non si finiva mai. Era tutto “un fa e dèsfa”, e più di qualche volta l’intera chiesa cambiava del tutto fisionomia nel giro di poche ore: “Che sfadigàe indimenticabili !”

Concretamente tutto quel lavorare significava issarsi per lunghissime ore su e giù per le paraste e le colonne della chiesa con lunghe scale barcollanti, stendere chilometri di velluti e damaschi su ogni panca, srotolare pesantissimi e polverosissimi tappeti immensi, distribuire e appendere un po’ ovunque “soprarizzi”, arredi sacri, Reliquiari, piante ornamentali, un’infinità di ceri di tutte le misure … e addobbi, gonfaloni, insegne, paramenti, candelieri, torce, fanali, panche, cuscini, poltrone, paliotti … sarebbe lungo elencarvi tutto, mi servirebbero diversi fogli di carta.

Voglio dirvi, insomma, che non era mai finita, e che più di qualche volta con i miei amici rimanevamo lì dentro per l’intera giornata tornando a casa a sera per davvero “cotti” dalla fatica ... ma era anche divertente, perché accompagnavamo il tutto con un immancabile goliardia e spensieratezza, oltre che col miraggio di racimolare qualche piccolo utile per le nostre tasche sempre vuote e bucate.

I Sacrestani comunque non sono stati solo questo, sono stati ben di più. Hanno esercitato un’attività a tempo pieno che spesso ha caratterizzato tutta la loro esistenza. Hanno vissuto in maniera diversa da quelli che ho incontrato negli ultimi anni. Di recente si sono inventati spesso in questo ruolo di “pura guardiania e sorveglianza” qualche anziano dalla modesta pensione, o qualche studentello bisognoso di racimolare. Ho conosciuto, invece, impegnati in quei frangenti anche uomini che “scappavano di casa” per rimanere lontani dalle grinfie di qualche moglie in preda alle esagitazioni incontrollate della menopausa ... Qualcuno è finito col fare il Sacrestano per intraprendere una “salutare fuga” dalla prigionia del gioco, dell’osteria e del vino, del fumo, del “vizio delle donne”, e perfino per vincere la depressione, la noia del non saper che cosa fare, e il vivere a spese d’altri. Altre volte ancora, ho conosciuto gente che ha svolto quelle particolari mansioni per pura simpatia per la Religione e i suoi “dintorni”, oppure per amore verso l’Arte e i monumenti della nostra città singolare di Venezia … C’è stato perfino chi ha fatto da “Nonsolo”per una certa nostalgia verso un modo e una maniera di vivere fondata su“certi sani e ordinati principi tradizionali reduci dei tempi andati” che vedevano come riassunti e incarnati in quel “sostare a lungo” dentro alle chiese.

Altri hanno “servito” per riconoscenza verso il Clero che aveva accolto nelle proprie file il figlio come Prete, o la figlia come Monaca … e c’è stato perfino chi ha ricoperto quel ruolo per la semplice possibilità d’incontrare qualcuno con cui scambiare quattro chiacchiere che non fossero “le solite parole del Mercato o dell’Osteria”.

A volte il mondo e le persone sono belli, proprio perché sono vari e sorprendenti.

Come vi dicevo, andando però a ritroso nei tempi precedenti, la figura di questi “Nonsoli da chiesa”è stata più ricca e significativa. I Sagrestani o Nonsoli erano a volte persone che fungevano da “longa manus, orecchio e occhio”dei Preti, Frati e Monaci. Così com’erano efficienti gregari, serventi, messaggeri e puntuali informatori e rappresentanti delle Monache. In cambio ottenevano spesso solo un tetto sopra alla testa, un piatto caldo, un fiasco di vino, un po’ di carbonella per scaldarsi, o quattro stracci vecchi lasciati da qualche Prete o Monsignore morto per vestirsi riattandoli come potevano.

I Nonsoli erano laici che finivano per gravitare e vivere giorno e notte nell’entourage delle chiese e dei Conventi svolgendo funzioni paraliturgiche e di contorno di tutti i tipi. Sorvegliavano i luoghi aprendoli e chiudendoli, allestivano tutti gli apparati delle cerimonie liturgiche, suonavano le campane, partecipavano ai riti cantando e salmodiando con un loro “latinorum”approssimativo e talvolta comico, sporgevano al celebrante gli oggetti, i libri e i “vasi sacri” durante i riti (per questo erano detti anche: Sacristi), raccoglievano le offerte e le elemosine, smanacciavano e rifornivano le chiese di cere di ogni tipo e misura … e anche di ostie per le Messe, e del “Vin Santo”… contenuti sui quali da sempre si sono congetturate gag e barzellette di ogni sorta.

Oltre a tutto questo, più di qualche volta i Sacristi s’industriavano accanto al Clero e nei pressi dei Religiosi e delle Suore come abili ortolani, barcaroli, pulitori e factotum della chiesa e dei Conventi. Più di qualche volta sapevano inventarsi ed esercitare da piccoli sarti, taglialegna, lucidatori di lampade, lampadari e ottoni, argenterie e oreficerie di ogni tipo … e altre volte ancora facendo tutto questo erano anche capaci di trovare una loro complementarietà con alcune figure femminili come le Perpetue, le domestiche, le cuciniere, le “lavandere” e serve di CasaCanonica e dei Preti con le quali finivano con l’essere anche amici, mariti, conviventi e compagni.

Giusto sul ciglio delle mie memorie, ricordo uno degli ultimi Sagrestani della Basilica della Madonna della Salute di Venezia (quella famosa del voto della Peste). Se ne avrete occasione provate a recarvi nel Coro dietro all’Altare Maggiore, noterete che in alto sulla sinistra ci sono ancora oggi alcune finestre “accecate” e coperte da vecchie tende rosse polverose. Lì dentro e in alto abitava il Nonzolo della Salute, in fondo alla “Calle della Piavola”,che era il braccio terminale dell’ala del palazzo del Seminario confinante con la Basilica. Dietro a quelle finestre oggi oscurate e dimenticate esisteva un vero e proprio “Buco di stanza” a cui si accedeva anche da dentro la chiesa salendo su per la scaletta dell’organo e poi contornando in modo aereo le pareti del Coro sopra un breve passaggetto. Non so oggi, ma un tempo in quella stanzucola c’era un armadio a muro contenente una finestrella da cui si poteva guardare “giorno e notte” direttamente in chiesa … Lì in quella specie di loculo asfittico ha vissuto per molti anni uno degli ultimi Nonzoli della Salute con la sua “fida mulièra”, e ogni giorno si recava all’ora di pranzo dalle Suore che accudivano il Seminario con la “sua pignatella” per ottenere quanto gli spettava “di diritto” per mangiare. Di soldi, stipendio, contributi, pensione ? … Neanche l’ombra … solo qualche offerta “una tantum”, qualche “strenna”… e il “buon cuore” di qualche Prete o Santo Monsignore.

Fra gli altri suoi numerosissimi compiti c’era anche quello di recarsi nel campanile per “far danzare le campane dettando a tutti la giusta regola del Tempo da spaccare a fette in dì di Festa e di lavoro”… Era quasi fiabesco il suo attaccamento alla “Causa della Chiesa e dei Preti”, come a quella del suo mitico “fiaschetto del buon vino fresco e dolcerello della Santa Messa” di cui era vero esperto e intenditore … Vestiva rigorosamente di nero e smunto, al confine col lacero, portava un’inseparabile calottina scura in testa, inseparabili guanti alle mani tagliati sulle dita, vecchie galosce sonore, sciarpe di lana odorose avviluppate attorno al collo “dall’autunno alla Passion de Pasqua”, pastrani e vecchie zimarre improbabili nei giorni di gelo, manicotti bisunti e coperti di cera, e abiti rivoltati mille volte e stretti sulle gambe con lacci o provvidenziali elastici.

Era “un numero” insomma, come si diceva di solito a Venezia … e la sua “silenziosa e quasi anonima consorte”era la sua ombra perfetta (con aggiunta dello scialle infeltrito e dello scaldino a carbonella sotto alla gonna), il pendant in versione femminile del suo portamento. Il mondo di quell’uomo era ogni giorno saturato da mille genuflessioni sgangherate, raffiche di giaculatorie interminabili, preci e litanie … e talvolta improperi dedicati a tutti i Santi e le Madonne dell’intero Calendario. A suon di bazzicare fra Riti, Funzioni e Liturgie aveva persino forgiato un linguaggio e un vocabolario quotidiano tutto suo: “da Sacrestia”. Per cui certe cose si potevano fare “in un sicutère”, per altre serviva, invece, “il tempo di un Pater Noster … di un GloriaPatri o di un’AveMaria”, o se si andava di fretta bastava “un GesùMaria” che tutto si faceva in un attimo. Funzionava tutto così.

Ma c’è dell’altro …

Oltre a uno degli ultimi “Nonzoli della Salute”, la lunghissima quanto inesauribile Storia di Venezia non ommette di raccontare vicende di Nonsoli-Sacrestani che furono anche personaggi popolari e talvolta pittoreschi. Spesso i Nonsoli erano conosciuti da tutti nelle Contrade cittadine, non erano solo persone dedite “alla causa della Chiesa”,ma anche dei punti di riferimento comuni, persone di fiducia con cui confidarsi, gente onesta e caritatevole, disposta a prestare qualche buon consiglio e qualche aiuto pratico all’occorrenza. Erano perciò figure benvolute e aggiornatissime su tutto e tutti, delle specie di “Pizie e Oracoli da Contrada” da consultare al bisogno, e personaggi in grado di avere in qualche modo in mano “la temperatura e la situazione” di intere piccole zone di Venezia.
Se poi a fine giornata finivano dentro a qualche bettola o osteria poco distante dalla chiesa in preda “alla balla franca” … ne venivano fuori di tutti i colori, e spesso erano“dolori per tutti”... perchè da certe “grandi squacquarate” e pettegolezzi derivavano risate, risse, guai, sorprese e canzonature per tutti.

I Sacrestani e Nonsoli in un certo senso sono stati come dei veri e propri “Traghettatori fra Sacro e Profano”, ma non solo. Le Cronache Veneziane raccontano anche di gente “furbetta, sveglia e un po’ traffichina”. Si dice, ad esempio, di quei Sacrestani corsi a vendersi nottetempo e in fretta i reperti preziosi rinvenuti dentro alle tombe scoperchiate dei Dogi e dei Nobili Senatori e Cavalieri della Serenissima aperti e provvisoriamente scoperchiati dentro al grande Pantheon dei Dogi di Venezia ossia il chiesone dei Santi Giovanni e Paolo ossia San Zanipolo… Sono stati immediatamente “presi e beccati”, ancora con le mani nel sacco, e hanno dovuto restituire “il malloppo” loro malgrado.

Detto questo non meraviglierà affatto sapere che a Venezia fra le tante Schole Piccole di ogni sorta, esisteva anche quella dedicata ai Nonsoli e ai Sacristi-Sagrestani. Si trattava dell’ “Università di San Costanzo dei Nonsoli”con sede presso la oggi non più esistente chiesa di San Basegio o Basilio verso le Zattere nel Sestiere di Dorsoduro.

A dire il vero, la Schola dei Nonsoliera un po’ un’associazione a numero chiuso, riservata ai soli Sacrestani che prestavano funzioni presso Cappelle e Altari delle più rinomate e onnipresenti Schole del Santissimo o del Venerabile (le uniche che verranno risparmiate in seguito da napoleone a Venezia). Più che “Schola” quella dei Nonzoli veniva addirittura definita: “Università” ossia un’aggregazione, una società di maggiore dignità e rispetto a confronto con tutte le altre Schole qualsiasi di Venezia.
Si raccontava, infatti, che quella “Congrega”esisteva già nella città Lagunare fin dal 1300 (anche se le Schole del Santissimo non sorsero prima dell’inizio del 1400 o 1395 … Boh ?).

La “Congrega dei Nonsoli” si chiamò anche “Pia Unione di San Costanzo”, e di quella forma associativa si conservano ancora oggi: un “Libro cassa”, uno “Squarzo dei fratelli Nonzoli”, il “Libro Mastro” per l’iscrizione dei Sacrestani, un “Libro de’ riceveri” per il pagamento delle loro tasse alla Schola, un “Libro delle Messe”, un “Libro de amalati” e perfino un “Libro de’ Capitoli”.

All’atto degli ultimi sbadigli stanchi della Storia della Serenissima, nel 1771, la Schola-Università dei Nonsoli era ancora viva e vegeta e riconosciuta ufficialmente dal Governo di Venezia. Ridotta alla fine a piccola società riservata di mutuo soccorso, napoleone la spazzolò via indifferente con tutto il resto delle associazioni simili classificandola con la dizione: “Schola inutile, priva di significato: da abolirsi e sopprimersi”(così come vennero definite fin troppe altre cose in maniera analoga).
Il Protettore della categoria dei Nonsoli, il Patrono dell’“Arciconfraternita o Compagnia dei Nunzii eraSan Costanzo d’Ancona le cui spoglie furono trasportate in tutta fretta nel 1865 nella chiesa di San Trovaso al momento della demolizione di quella di San Basegio prossima alle nuove rive del Porto della Marittima di Santa Marta.

Nella giungla d’indicazioni, decreti e norme con cui la Serenissima ha avvolto per secoli Venezia per governarla in tutte le sue espressioni, c’è stato spazio anche circa le mansioni dei Nonsoli.
In alcuni decreti del 1643-1654 si può leggere:“… in pena di tratti 3 di corda … (i Nonsoli) non lascino questuare poveri per le chiese … tenuti a discacciare dalle chiese li poveri questuanti … non possa essere fatta loro grazia … e presentar al Magistrato i nomi dei disobbedienti”… e qualche anno dopo: “… in relazione a giudici e spazii de Consigli, Nonzoli soltanto delle Scuole del Santissimo vestino, portino e seppelliscono li morti; destinati espressamente a tali funzioni. Testificata povertà di alcuno, eseguiscano quanto sopra senza alcuna ricognizione.”

E più di cento anni dopo sempre circa la stessa funzione dei Nonzoli: “… siano tenuti portar notizia al Magistrato di qualunque morte repentina … al caso conseguissero cos’alcuna dalle famiglie de poveri ascritti nelle Fraterne per la tumulazione defunti, obbligati esborsar soldi 10 alli custodi de cimiteri e riffonder nelle Fraterne suddette il più che avessero estorto …”

E oltre i due terzi del 1700: “… tosto ricuperato un sommerso, facciano portare lo stesso in qualche stanza chiusa o in qualche Ostaria senza aspettare che sia licenziato, avvertano Medico e Chirurgo della Fraterna o il più vicino, facciano portar l’istrumento inserviente al ricupero che attrovasi nelle Spezieri indicate…si prestino con tutto l’impegno al soccorso di tali persone … in pena mesi 3 di camerotto, tenuti a rifferire al Magistrato il nome di quelle femine che col nome di qualche comare approvata presentassero bambini alla fonte et il nome ancora della comare…”

Infine verso lo scadere della Repubblica, nel 1781: “… Nonzolo e bassi serventi della chiesa di Santo Stefano visitino giornalmente li Claustri di quel convento, riferiscano al Magistrato immediate ogni volta che trovassero scattole con aborti ne’ soliti luoghi ...” e infine: “… I Nonsoli veglino anche sugli spazzini affinché siano mantenuti puliti il circondario della chiese, la locazione e la pubblica strada ...”

I Nonzoli-Sacrestani avevano quindi un ruolo ben preciso e riconosciuto dentro a Venezia, ed eseguivano curiose mansioni di pubblica utilità. Ma accadde anche dell’altro:“… nell’ottobre 1624, Marietta Mori cercando di evitare le procedure del Santo Uffizio dell’Inquisizione di Venezia raccontò direttamente al Patriarca di Venezia di aver “usato carnalmente” con un Sacrestano della chiesa di San Pantalon: Orazio Cino. Lei era sposata, ed era stata solo “una distrazione” perché in cambio il Sacrestano le aveva promesso di regalarle “uno spirito da portare sempre con se” se lei avesse accondisceso a “donare l’Anima al Diavolo”.
Per ottenere “lo spirito” Orazio aveva aperto per ben tre volte consecutive un libro di Pietro d’Abano che era in suo possesso. Quel libro si doveva aprire solo in particolari occasioni pena un mucchio di guai. Si diceva, infatti, che la volta che l’aveva aperto impunemente era scoppiata la polveriera di Verona e un fulmine gli aveva quasi bruciato la casa, mentre in una seconda occasione a Padova s’era scatenata una tempesta.
Marietta inizialmente era curiosa di vedere “serpenti seguiti da un carro trionfale col Diavolo sopra”, perciò dopo aver inizialmente rifiutato la profferta di Orazio lo accolse in casa sua ... e il gioco fu fatto.
In realtà Orazio l’aveva raggirata per bene, fingendo anche di resuscitare “con i poteri del Libro” il campanaro morto di San Pantalon: Gregorio Manzino suo complice nella burla.
Alla fine il Sacrestano col complice finirono a processo, e l’Inquisizione di Venezia non fu proprio tenerissima con lui...”

Giungendo quasi all’oggi, è triste ricordare come in tempi abbastanza recenti i Sacrestani siano stati in negativo anche veri e propri conniventi e complici nell’ “alienamento e svuotamento incontrollato”accaduto in tante chiese grandi e piccole di Venezia, della Laguna e della Terraferma … Diversi di loro hanno contribuendo insospettabili e impuniti a rifornire, goccia dopo goccia, mercatini di Sestiere e Antiquari di dubbia qualità spesso con la tacita partecipazione degli stessi Preti, Monache e Frati. Erano tempi diversi da oggi, quando ancora non esistevano catalogazioni sistematiche, inventari ben precisi, e sorveglianze accanite delle Sovraintendenze dello Stato ... Quindi è accaduto un po’ di tutto, e quello che non poteva e non doveva uscire ufficialmente dalla porta a volte capitava che se ne andasse agevolmente fuori dalla finestra rimasta inspiegabilmente o furbescamente aperta.

Io stesso qualche anno fa sono riuscito a comprare sulle bancarelle del Mercatino dei Miracoli dei “Libri da Morto” che hanno accompagnato mille funerali dei Veneziani, o un “Libro da Adorazione del Santissimo” su cui hanno pregato chissà quanti Preti, Monache e Fedeli … Il tutto era “scappato fuori come vecchiume” dalla porta sul retro di qualche Sacrestia di Venezia in cambio di qualche magro spicciolo facile ... ma questa è un’altra storia.

Durante gli anni ottanta del Novecento, quando vivevo da Prete a Venezia, mi è capitato di accogliere in Confessionale la curiosissima confidenza penitenziale di uno degli ultimi Sacrestani della Laguna di Venezia, di quelli “alla vecchia maniera” (inutile ipotizzare chi fosse: è ormai morto da un bel pezzo). Dentro al segreto riservatissimo del Confessionale venne a rivelare mortificatissimo davanti “al Cristo Misericordioso capace di perdonar quasi tutto”(così si espresse, lo ricordo ancora bene come fosse ieri), che era stato lui l’autore di quell’occhio nero procurato al Capo del Partito Rosso della Contrada del suo paese.
Era stato lui in una sera di vento e pioggia invernale ad incontrare mentre rientrava a casa dall’Osteria quell’uomo fanfarone e borioso: “che offendeva e derideva troppo spesso il Piovano, la gente, i valori, e le Dottrine della Chiesa.” Quella notte, forse alticcio (senza forse), non aveva saputo resistere all’ennesimo sfottò e a un sorriso sardonico e provocatorio di troppo che quell’uomo troppo laico, laido e dissacratore gli aveva rivolto.
Accadde tutto in fretta, in un solo attimo … Mi disse che non ricordava bene quale parola o gesto precisamente avesse fatto accendere la miccia nella sua testa. Era accaduto però che gli montasse dentro improvvisamente una rabbia incontenibile … che senza alcun preavviso o discorso lo spinse ad agire in maniera violentissima. Inatteso, andò a picchiare “di brutto e in pieno” direttamente l’occhio del malcapitato antagonista che gli stava di fronte incredulo.
L’omone grande e grosso, davvero massiccio e in carne, e tutt’altro che sprovveduto venne preso del tutto alla sprovvista. Al vederlo sembrava uno “spaccateste cafone incontenibile”, ma era rimasto impotente di fronte a quel pugno micidiale sferrato con violenza inaudita da quel Nonsoletto mingherlino, basso di statura e ossuto ritenuto quasi capace di niente.

Il Nonsolo quella volta mi è sembrato davvero mortificato nel raccontarmi la vicenda, ed era pentitissimo per quel suo gesto tanto che il giorno seguente era andato prontamente a scrivere all’altro uomo un riservatissimo e sincero biglietto di scuse al quale aveva aggiunto anche una bottiglia di “buon vin da Messa” che gli aveva offerto un Monsignore di Roma “per usarlo in circostanze particolari”.

“E’ stato quasi un brindisi per la sua vittoria !” ho provato a dirgli provando a stemperare la tensione … ma lui non ha sorriso affatto.

Pur dovendo conservare il segreto totale sui dettagli di quell’episodio, il giorno seguente mi sono sbellicato dalle risate venendo a sapere che il Capo di quel paese andava a dire in giro d’essere stato assalito nottetempo da un’intera squadra di Fascisti reazionari che l’avevano assalito da ogni parte … ai quali aveva anche contraccambiato con una buona dose di botte rimediando solo quell’occhio pesto e nero.

“Ma quali Fascisti e squadra ? … E’ stato il Nonsolo Mingherlìn !” mi sono detto. Anche così “giravano”tempo fa le “cose del mondo” intorno a Venezia.

Ancora oggi i Nonsoli e i Sagrestani possiedono i contratti lavorativi e sindacali più bassi d’Italia, e non c’è volta che non vengano assimilati a puri volontari generosi, o pagati “a bonus”, o più semplicemente in nero. Si sa bene: i Preti e i Religiosi in genere sono sempre stati “stitici”e con certe difficoltà nell’applicare le dovute spettanze e misure contributive e di prevenzione. Su certi argomenti, come il fisco e le contribuzioni ad esempio, hanno sempre avuto “la manina un po’ corta” … mentre per altre circostanze. Comunque non voglio generalizzare … Oggi esistono anche molte situazioni perfettamente e correttamente gestite.

Concludo raccontando che ho conosciuto anche un altro ultimo Nonsolodi Venezia: era una persona squisita, sebbene un uomo comune e qualsiasi, quasi senza nome. Per più di trent’anni ha assistito puntualmente e tutti i giorni “in zitto silenzio” una donna anziana e vedova che teneva a casa presso di se un figlio disabile spesso arruffato e agitato.

“Che ci vuole ?” diceva semplicemente, “Una mano lava l’altra.”

Perciò non c’è stato giorno: vento e pioggia, acqua alta e neve, caldo o freddo, estate e inverno, festa o giorno lavorativo, che quell’uomo fra una campana e una Messa e l’altra non si sia recato a casa di quei due sfortunati nascosti a prestare la sua opera amabile in cambio di un solo miserissimo caffè. Esemplare ! … Uomo e Nonzolo esemplare.

Venezia è costellata da un’infinità di Storie … e anche quelle dei Nonsoli hanno fatto parte di esse. Ho provato a ricordarlo un poco …



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