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“UNO STRANO INQUISITORE DA INQUISIRE … A VENEZIA NEL 1629.”

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“Una curiosità veneziana per volta.” – n° 119.

“UNO STRANO INQUISITORE DA INQUISIRE … A VENEZIA NEL 1629.”

L’ho già detto diverse volte: la Storia e le tradizioni di Venezia Serenissima sono una miniera di notizie e informazioni, un pozzo senza fondo da cui estrarre curiosità quasi all’infinito. A Venezia lungo i secoli è capitato sempre di tutto e di più, a volte anche le cose più inverosimili e inaspettate … come quella dell’Inquisitore della Santa Inquisizione che bisognava inquisire perché troppo gravemente indegno del suo stesso ruolo.

Ma veniamo ai fatti e alle vicende storiche accadute così da farvi comprendere che cosa è successo a Venezia fra 1628 e 1629 circa.

Mentre in fondo all’Italia, nel Sud e nelle isole, il Santo Uffizio di Palermo dell’altrettanto Santa Inquisizione issava sopra al rogo perfino bambini accusati di “Anomale storie notturne con donne misteriose vaganti dentro alla notte, dette anche: “Le Matrone”, “Le Maestre”, “Le Bone Signore Greche”, “Le Sapienti”, “Le Regine” o “Le Patrone de Casa”; di sopra nel Nord dell’Italia, dalla parte dell’arco Alpino e delle montagne, l’Inquisizione non è che stesse solo a guardare e con le mani in mano: si dava parecchio da fare.

Una vecchia di montagna “in deliquio” sognava di volare insieme a Herodiana: la “Dea del Bon zògo” ? ... Bum ! … Subito l’Inquisizione s’interessava della faccenda, e non certo solo per curiosare e spettegolare. C’era poco da scherzare e indugiare: si trattava dei residui degli antichissimi culti pagani alla “Dea Richella dalla mano pelosa e fredda” con la quale alcuni “sprovveduti senza Dio” stringevano “un contratto” il cui valore consideravano valesse anche dopo la Vita e la Morte … Roba da distruggere !
Anche in questo caso si trattava di una Dea dai molti nomi e dai tanti aggettivi vistosi e appellativi votivi: “… il solo nominarla e invocarla è già crederle e affidarsi a Lei …” si continuava a dire fra le montagne.

“Sono cose aberranti da cancellare ! … culti Demoniaci decrepiti e folli da distruggere.” s’affrettò a dire l’Inquisizione. In realtà erano solo pratiche rituali seguite ancora da pochi in qualche angolo remoto della Val di Fassa.
“… sacche di malizie e di perversi spiriti resistenti all’unica apertura interiore capace di donare Salvezza.” precisò ancora il Santo Uffizio dell’Inquisizione. Perciò il Vescovo-Conte di Bressanone ordinò più volte: “… d’estirpare quell’immonda vergogna e di abiurarla … Ma quei villici erano ostinati, tignosi e ignoranti, e continuavano a fare offerte e venerare impunemente quelle Dee tanto fasulle quanto indemoniate ...”

Perciò il Santo Uffizio continuò strenuamente a intervenire, indagare, ricercare, catturare, carcerare, processare, torturare, condannare e mandare in fumo quei “pervertiti, ossessi e dannati” accendendo fumosi, odorosi quanto macabri roghi … cosa che accadde puntualmente più e più volte.

E a Venezia e in Laguna ?

Lì la faccenda era diversa perchè la pur sempre Santa Inquisizione pur essendo sempre presente sembrava un po’ aver perso le unghie e avere armi spuntate. Pareva non sapesse funzionare a dovere a causa delle resistenze e delle opposizioni dei Veneziani libertini e del loro Governo Serenissimo. Venezia insomma risultò essere quasi un’isola felice e immune dove il Santo Uffizio pur essendo attivo e agguerrito dovette accontentarsi di dare la caccia ai venditori di Libri, censurare in maniera preventiva i “Libri Pericolosi”, passare a setaccio le Librarie della città lagunare, e bruciare pubblicamente in maniera spettacolare “tutta quell’immondezza diabolica e proibita” sopra al Ponte di San Domenico di Castellouna volta all’anno, a metà primavera.

Certo non era la stessa cosa bruciare libri invece che persone, ma era pur sempre qualcosa, perché i libri, si diceva, erano l’innesco di ogni eresia, oggetti pericolosi come la Peste, “una radice da cui possono nascere frutti su rami di menti umane bacate dagli influssi nefandi del Demonio”.

A dire il vero, il timore del “potere dei libri” era una fissa Europea diffusa ovunque, perché a Laon nella PiccardiaFranceses’era giunti perfino a ordinare pubblicamente di chiudere ogni pertugio delle case onde evitare che emissari Svizzeri buttassero dentro testi eretici come untori capaci di deviare le menti. Si diceva che i libri erano in grado di confondere oltre che incuriosire, e se lasciati agire potevano giungere a far convertire al Male le persone.

Per questo l’Inquisizione di Venezia diede la caccia ai Libri e ai Librai con lo stesso zelo e la stessa determinazione con cui nel resto dell’Europa Cristiana (o presunta tale)si davano torture e fiamme alle persone.

“Venezia Serenissima non permette facilmente di bruciare la gente per le idee, la filosofia e la Religione … ma ogni tanto se indirizzata e consigliata adeguatamente è capace di compiere qualche eccezione …” commentò un Nunzio Papale residente a Venezia negli ultimi anni del 1500.

Nel 1596 Antonio Maria Graziani Nunzio Papale residente a Venezia ribadiva il concetto: “Li libri stanno rinchiusi nelle camere, e non si conosce il danno che fanno se non quando si trova poi che li animi infetti danno fuori il veneno e la peste contratta da questi libri …”

In realtà i “Libri Proibiti” a Venezia venivano venduti tantissimo, più che altrove e più di tutti gli altri libri, e più venivano proibiti più erano appetiti da moltissimi, e non solo dai Nobili, ma anche da coloro che per primi avrebbero dovuto vietarli e distruggerli. Si sa bene che il gusto del proibito aumenta negli uomini la voglia di provarlo e possederlo, in tal caso leggerlo.

A Venezia si raccontava apertamente che passando in segreto di casa in casa e di mano in mano il valore dei libri raddoppiava, triplicava e talvolta quadruplicava di prezzo, così che la proibizione procurava l’effetto contrario di venderli, comprarli, noleggiarli, ristamparli, e addirittura copiarli a mano facendo talvolta arricchire più di qualcuno. Il mercato del Libro era florido, sparso e radicato, sebbene ricchissimo solo per pochi ... anzi: pochissimi. Anche perché tanto per cambiare la Serenissima vigilava su tutto e tutti … seppure a modo suo.

Ma quali erano questi libri così proibiti e pericolosi ?

“I Colloquia” e tutte le opere di Erasmo da Rotterdam, ad esempio. Oppure i Libri e le pergamene di Cabala Ebraica come “Arbor di Cabalà” comprati spesso nel Ghetto di Venezia dove c’erano Ebrei ritenuti esperti di Magia che facevano affari d’oro vendendo presunti testi magici e di esperimenti.

O ancora i libri nascosti dentro a un cassone portato a Venezia in gran segreto da Fra’ Bonaventura, personaggio un po’ burrascoso di cui vi dirò fra poco, aiutato da due barcaroli-fruttaroli dei Tolentinie nascosto insieme ad altre robbe in casa di un altro Fruttarol: Ser Polo Da Rivache stava in Contrada di San Basegio. Nel cassone c’erano diversi libri rubati dall’Archivio dell’Inquisizione di Padova (forse più di 100). Fra questi c’era:

--“Libri del Macchiavello”.
--“Libri dell’Aretino” fra cui: “L’Humanità del Christo Figlio di Dio” per il quale si voleva ben 10 ducati.
--“Libri di Ciecco d’Ascoli” fra cui: “Fera del Sacrobosco” di cultura negromantica.
--Il “De occulta philosophia et de elementi magici” di Cornelio Agrippa Von Nettesheim: un’enciclopedia magica contenente scongiuri, orazioni e brani per rituali magici.
--La“Clavicula di Salomòn.”: il prontuario negromantico più apprezzato a Venezia che circolava perfino in copie manoscritte.
--La “Magia”, “Geomantia”, il “Latrum”, l’“Elucidarium necromanticum”, l’ “Heptameron”, l’ “Annulorum experimente” di Pietro d’Abano: “che contenevano secreti diversi et gran cose”.
--La “Steganographia” di Giovanni Tritemio.

Non so voi … ma questi titoli a me, salvo pochissimi dicono ben poco o niente. Per noi di oggi ad essere sincero sono libri uggiosi e pesantissimi in tutti i sensi, libri che non si scriverebbero mai ai nostri giorni, e che li leggerebbe ancora meno persone. Ma in quei secoli si pensava e scriveva diversamente … Quelli erano libri considerati molto importanti, ed erano capaci di creare veri e propri “casi complessi e clamore grandissimo” ... tanto è vero che l’Inquisizione era in continuo affanno per starci dietro.

Per Venezia di “Libri proibiti” ne giravano tantissimi … Riuscirete mai a leggere tutta questa lista ? (è solo una piccolissima parte di un elenco in se lunghissimo che veniva di continuo aggiornato e allargato).

--“Artis divinatricis” del Parisio.
--“Centuriae IX memorabilium utilius” di Antonio Milaldo.
--“De immortalitate Animae” di Antonio Rocco.
--“De occulta philosophia”.
--“De secretis mulierum” di Alberto Magno: opera a carattere magico-esoterico.
--“Desideri Erasmi Roterodami-Colloquia Familiaria”.
--“Dichiarazione dei Salmi di Davide a Panigarola”.
--“Gli scongiuri di Sant’Elena, San Daniel, di Santa Marta e di Sant’Orsola”.
--“I Salmi di Davide” di Pellegrin Heri Modonese.
--“Iddio operante” di Tomaso Roccabella.
--“Il Cortegiano” del conte Baldessar Castiglione: opera letteraria.
--“Il duello del mutio Justinopolitano”.
--“Il duello” di Andrea Alciato.
--“Il Parlatorio delle Monache”: “libro dishonestissimo”.
--“Il Salterio secondo la Bibbia”.
--“La sferza invettiva”, l’ “Adone”,  la “Murtoleide”di Giovan Battista Marino.
--“Medico zirizeo de la complessità” e “Similitudinum ac parabolarum a Levino Lemnio” di Levinio Lennio.
--“Opus Merlini Cocaii” ossia Teofilo Folengo.
--“Testamentus Raymundi Lulli”, “Quinta essentia”, e “De secretis” di Raymondo Lulli: opere appartenenti al Nobile Francesco Grimani dalla Contrada di Santa Fosca, o mandate a rilegare insieme a un’altra decina di libri dallo Spicièr della Maddalena.
--Il “Pasquino in estasi”: di Celio Secondo Curione: testo di polemica Protestante AntiCattolica che trattava “di tutte le persone del mondo” ... ma che in realtà trattava di ben altro in maniera ironica.
--L’“Alcorano”: “avuto per vendere da un Frate Carmelitano dei Carmini di Venezia”.
--L’ “Anema” e il “Corrier svaleggiato”: “libro infamissimo” di Ferrante Pallavicino.
--La“Bibbia” in lingua volgare o in Tedesco.
--La “Catastrofe del Mondo”.
--La “Demonomania degli Stregoni”di Jean Bodin.
--La“Lucerna” di Francesco Pona.

Molti di questi testi erano considerati eretici, e vennero a più riprese sequestrati anche nella bottega del Libraio Salvatore De Negri a San Rocco accanto alla chiesa e Convento di Santa Maria Graziosa dei Frari.

Ve ne siete accorti ? Uno dei titoli era l’“Alcorano” che altro non era che il “Corano”:libro già fin da allora considerato proibitissimo e pericoloso. Musulmani, Islam, “simil lsis” e dintorni erano una realtà ben presente, attiva e temuta già molti secoli fa … A ben pensare: già fin da prima dei tempi delle Crociate … Ma non è di questo che intendo dire, scrivere e parlare.

Tornando ai Libri e all’Inquisizione di Venezia nel 1624, sentite un po’ queste notizie.
Innanzitutto come già sapete ci furono la caccia ai Libri, le perquisizioni, i sequestri dei Libri, le accuse, i processi, e le condanne di alcuni Librai Veneziani o residenti a Venezia. Il caso di certo più clamoroso fu quello di Pietro Longo Libraio ed Editore, che a Venezia nel 1575 e 1576 lavorò da solo e in società con Gaspare Bindoni il Vecchio servendosi della tipografia di Cristoforo Zanetti. Vi potrà stupire, ma il Longhi era libraio internazionale che pur risiedendo a Venezia frequentava di continuo la Fiera di Francoforte fin dal 1569. Venne arrestato dall’Inquisizione nel 1587 con l’accusa di simpatie per il Protestantesimo e soprattutto per traffico, contrabbando, e importazione di libri proibiti: “cose per la quale non andava molto per il sottile” ... e siccome la Serenissima non era tanto dolce in quel periodo con ogni forma di contrabbando, evasione dei dazi, e intrallazzi in genere, finì con l’essere giustiziato per annegamento il 31 gennaio dell’anno seguente.

Annegato e ucciso ? … Sì … Proprio così. Fu una di quelle deroghe a quella larga tolleranza di cui spesso Venezia andava fiera. Credo che Longhi non sia stato ucciso in quanto Libraio, ma per essere stato inteso come comune criminale.

Oltre a questo, ci furono altri casi come quelli dei Librai: Francesco Valvasense, Gregorio Facchinetti, Giacomo Batti e Francesco Piccininofinito condannato a cinque anni “di voga in Galea con i ceppi ai piedi”. Ci fu anche un altro caso curioso, anzi per me curiosissimo, che riguardò un altro Libraio: Salvatore De Negri originario dalla Pugliache tenne bottega per quasi tutta la vita a San Rocco dietro al famoso Coro della nobilissima Ca’ Granda dei Frari dei Frati Conventuali Minori Francescani … Fatalità, spesso proprio quei Frati Conventuali Francescani erano come i Padri Domenicani a Capo dell’Inquisizione delle grandi città compresa Venezia.

Salvatore De Negri, fra l’altro era padre di 6 figli (due maschi e quattro femmine), aveva perciò famiglia da mantenere col suo lavoro, e forse era questo il motivo di fondo del suo operare. Venne denunciato più volte al Santo Uffizio dell’Inquisizione di Venezia dai suoi stessi clienti, da quelli che gli portavano i libri a rilegare come lo Speziale Antonio Donati della Contrada della Maddalena, o da quelli che andavano da lui per noleggiarli e poi copiarseli a mano in privato, da quelli glieli ordinavano, da quelli che glieli avevano venduti in precedenza clandestinamente, o glieli portavano per essere venduti come facevano alcuni Nobili bisognosi di un po’ di liquidità.
L’Inquisizione dal 1628 al 1661 lo inquisì e processò, se non vado errato, per ben sei volte … Iniziò ad avere a che fare col Santo Uffizio di Venezia che aveva 21 anni, e finì l’ultima volta descritto da Giuseppe Deleidis Aromatario “Alle due fontane” presso il Fondaco dei Turchi di San Stae come: “Homo vecchio e malridotto intento a vendere libri vecchi come lui”, quando aveva più di 54 anni e venne fatto ufficialmente abiurare in Tribunale per chiudere definitivamente il suo caso.

Bisogna dire però che al di là delle ammonizioni e condanne che si prese rimanendo più volte “carcerato a lungo fra casa e bottega” col solo permesso di uscire per andare a Messa a San Rocco, e multato di 100 ducati per i quali il Mercante Ippolito Coletti da San Simeon Profeta gli fece da garante come pagatore, il Libraio De Negri non smise mai di comprare e vendere continuando tranquillamente con i suoi traffici incurante dell’attività repressiva esercitata dall’Inquisizione nei suoi riguardi. Indomito, dopo ogni nuova perquisizione e sequestro di libri, dopo ogni testimonianza a suo sfavore, e ogni volta che ricompariva convocato in udienza e a processo, fingendosi un po’ tonto e inconsapevole faceva finta di non essere a conoscenza del valore e della pericolosità di quanto vendeva … anzi … Lui era innocente del tutto, non sapeva mai niente di niente circa quanto gli veniva addebitato ... e andava avanti così, anche perché aveva famiglia da mantenere.

“Salvatore De Negri fu “la rovina di Venezia in materia de’ libri proibiti”, uno dei tanti nodi di una fitta rete di scambi e commerci di libri proibiti. Per decenni poté vendere, noleggiare, prestare e smerciare testi messi all'Indice, e per decenni il Sant'Uffizio di Venezia lo stette ad osservare raccogliendo informazioni e denunce, ingrossando un fascicolo processuale che avrebbe chiuso solo nel 1661 con una blanda condanna.”

Ma non è ancora tutto … Devo dirvi dell’Inquisitore da inquisire.

Quello che più mi ha sorpreso e incuriosito, infatti, è stato riscontrare che fra quelli che dovevano inquisire personaggi “colpevoli e immorali” come i Librari c’era, invece, ben di peggio. Ossia gli stessi Inquisitori non brillavano di certo per onestà, fedeltà e coerenza del loro stesso ruolo … Non tutti s’intende, anzi: bisogna dire che la maggior parte degli Inquisitori erano degli uomini integerrimi e fedelissimi … Ecclesiastici e Religiosi tutti di un pezzo capaci di fare pelo e contropelo a chiunque in nome della Fede e della sue regole morali (o presunte tali)… e ci riuscivano eccome terrorizzando e a volte strapazzando parecchio gran parte dell’intera Cristianità ... anche di Venezia.

C’erano quindi anche fra gli Inquisitori “delle mele marce”, e proprio a Venezia ce ne fu un esempio eclatante che ebbe proprio a che fare col Libraio De Negri dei Frari e Campo San Rocco.

Si trattava di un Frate Francescano Conventuale, tale Fra Bonaventura Perinetti da Piacenzagià Vicario del Santo Uffizio dell’Inquisizione di Padova e di recente nominato come nuovo Inquisitore di Belluno.

Ed ecco i fatti che giunsero all’orecchio dell’Inquisizione di Venezia, e poi per suo tramite direttamente all’Inquisizione di Roma … nonché ai “grandi orecchi” della Serenissima:
Si raccontò che venerdì 30 giugno 1628 Angelo Dana Orefice Veneziano con bottega “Al segno della Luna”nella Crosera della Contrada di San Pantalon, andò a denunciare alcuni fatti davanti al Padre Domenicano Girolamo Zappetti da Quinzano Inquisitore di Venezia ormai da tre anni.

Essendo Angelo Dana incallito e sfortunato giocatore d’azzardo, per di più soverchiato da diversi debiti, andava in giro per Venezia a raccontare i suoi insuccessi, a cercare nuovi finanziamenti nonché qualche buon espediente per riuscire nel gioco della Bassetta e delle Carte. Raccontò all’Inquisitore Zappetti che andando in giro capitò anche dal Libraio De Negri di San Rocco che riuscì a vendergli un “anello quadrato considerato magico e dal potere segretissimo capace di farlo vincere e rifarsi dalle sue perdite di gioco”. L’anello l’aveva dato al Libraio un Frate del confinante Convento della Ca’ Granda dei Frari: un certo Fra’ Bonaventura da Piacenza ... che guarda te … era di passaggio a Venezia dopo essere stato eletto come nuovo Inquisitore di Belluno dopo aver lasciato l’incarico di Vicario dell’Inquisitore di Padova che era appena defunto.

L’anello in questione era piccolo e sottile, portava incise tre lettere GMGossia: Gesù, Maria e Gabba, ed era considerato molto potente perchè l’Inquisitore Perinetti in cambio di 15 lire vi aveva celebrato sopra 15 Messe per fortificarne il potere intrinseco dicendo d’averci imprigionato dentro “uno spirito”. Il Libraio Salvatore disse all’Orefice Angelo che “regola dell’anello” da parte chi lo indossava nella mano destra durante il gioco delle carte “… dopo aver pigliato tre punti di spade delle carte da giocar …”,era dire: “Queste spade te passino il core”diretto contro colui con cui si giocava.
Angelo aggiunse che il Libraio gli aveva inoltre consigliato di regalare al Frate “un presente” in segno di riconoscenza consistente in almeno: “… doi cochiari, et doi pirono d’argento”.

In seguito l’Orefice Angelo era tornato a giocare con l’anello perdendo sempre, così come aveva perso sempre anche il suo fratello più giovane: Giacomo a cui l’Orefice aveva prestato l’anello ... Spazientito e deluso, alla fine, Angelo bisognoso di soldi aveva venduto per poco prezzo “quell’anello inutile” a un altro Orefice: Battista Badoer, che gli aveva offerto “un real o un soldo” in tutto.

E ancora … La storia dell’ “anello fasullo di Fra’ Perinetti” non era tutto, perché i Frati del Convento dei Frari chiamati a comparire davanti all’Inquisitore o presentatisi spontaneamente rivelarono anche dell’altro. Fra’ Eleuterio da Crema Conventuale Baccelliere della Ca’ Granda dei Frari rivelò che Frate Bonaventura Perinetti da Piacenza quando era Vicario del Santo Uffizio di Padova prima di partire da quella sede s’era impossessato perfino delle lenzuola, dei materassi, di altri oggetti e soprattutto di molti libri proibiti rubandoli dall’Archivio di deposito dell’Inquisizionedi Padova. Li aveva in parte subito venduti nella stessa Padova presso “il Bo” al Libraio Bernardino Bressano, mentre con molti altri aveva riempito un gran cassone che si era portato dietro fino a Venezia dove poi aveva cercato di rivendere diversi di quei “Libri proibiti” chiedendo in cambio cifre notevoli.

Dopo tutto questo lo stesso Frate Eleuterio precisò davanti all’Inquisitore che Frate Perinetti godeva dentro al Convento dei Frari della strenua protezione di Frate Andrea Berna Guardiano Grando della Ca’ Granda dei Frari. Lo stesso Guardiano aveva invitato lui stesso a tacere sui fatti ed andarsene subito dal Convento di Venezia minacciandolo di farlo mettere in prigione, e aveva inoltre minacciato e obbligato a tacere anche i Frati Maestri Guglielmo da Mondaino, Ottavio da Monte dell’Olmo e Francesco Maria Gnochi ... Infine era andato anche da sua madre perché lo inducesse a tacere sulla storia dell’anello minacciandolo di farlo perseguire, picchiare e torturare dall’Inquisitore di Cividale famoso per non essere affatto tenerissimo.

E non era ancora tutto, perché venne fuori anche che Frate Bonaventura aveva una donna di nome Giustinadalla quale aveva avuto un figlio, e che ogni mattina partiva dalla casa della donna di Venezia dove aveva dormito per recarsi a celebrare Messa passando attraverso la chiesa di San Rocco, e lo faceva senza andarsi mai a confessare … e che tale cosa la sapevano tutti nel Convento della Ca’ Granda dei Frari … E ancora: Frate Bonaventura era dedito al gioco delle Carte, e quando invitava altri ad andare a giocare con lui era solito dire: “Andiamo a dir l’Officio”intendendo andare a giocare a Carte, e aggiungeva: “Se quel San Martin a cavallo mi volesse agiutàr questa volta.” riferendosi ai cavalli delle Carte.

A far la questione ancora più grande si aggiunse che i alcuni Frati del Convento che appoggiavano o coprivano Fra’ Perinetti non erano affatto dalla condotta esemplare. Si rivelò che il Frate Bacelliere Paolo Piazza divenuto di recente Guardian Grando della Ca’ Grande dei Frari, era molto attaccato al patrimonio del Convento e dei Frati tanto che quando morì nel 1671 Fra’ Girolamo Zaltieri Priore a Mestre lui corse nottetempo e in gran segreto senza convocare il Capitolo dei Frati a impossessarsi “della miglior parte delle di lui robbe assieme con il denaro et argenti d’uso di tavola ... Frate Zaltieri possedeva molti beni perché aspirando a gradi decorosi andava aumentandosi di facoltà, e specialmente in apparati ecclesiastici, mobili di casa, suppellettili necessari e denaro bisognevole …”
Frate Paolo Piazza venne perciò denunciato da Fra’ Ottavio Vicentini da Venezia al Provveditore Sopra ai Monasteri della Serenissima che lo convocò a processo chiedendogli di rendere conto dello spoglio che aveva effettuato a Mestre. Alla fine gli fu chiesto di risarcire il Convento di Mestre di tutto ciò di cui si era impossessato indebitamente.

In quelle stesse circostanze processuali dell’Inquisizione di Venezia, si venne a sapere inoltre che erano coinvolti in tutto quel “gran giro di Libri” anche altri Preti di Venezia oltre che Nobili in gran vista. Si fecero fra tutti i nomi del Chierico tonsurato ventenne Antonio Freghetta di San Silvestro che faceva anche il pittore, e se ne stava a copiare tutto il giorno “Libri proibiti” in un suo cubicolo foderato di legno accanto alla Sacrestia della chiesa di San Silvestro. Costui s’interessava “d’Arti Magiche, carte superstiziose, incanti e segreti d’Alchimia”, e prestava e vendeva libri ad altri Preti e a figli di Nobili Veneziani.

Antonio Freghetta venne sottoposto a perquisizione da parte degli uomini del Santo Uffizio e dovette comparire davanti all’Inquisizione perché trovato in possesso di alcuni “Libri proibiti” fra cui il “Libro della Verità della Religione Christiana” di Filippo Mornais, e il “De occulta Philosophia” di Cornelio Agrippa, oltre che di 16 stampe contenenti “ritratti di donne nude lascive et inhoneste con atti inpudici” comprate in Piazza San Marco da altri pittori.  Venne condannato agli “arresti domiciliari”.

Dopo il Chierico di San Silvestro venne fuori anche il nome di Prete Bernardino Romani dalla Basilicata abitante in Contrada di San Mattio di Rialto, e quello dei Nobili Venier che però non si osò minimamente coinvolgere. Toccare certi Nobili a Venezia era cosa pressochè impossibile e imprudente anche da parte della stessa Inquisizione.

Come andò a finire tutta la faccenda secondo voi  ?

Frate Bonaventura Perinetti chiamato da tutti nel Convento della Ca’ Granda dei Frari: “L’Inquisitore della Fede” venne accusato ufficialmente, indagato, processato e punito come si meritava per la complessa serie di mancanze e i misfatti che gli venivano attribuiti ? 

Anche se non mi potete rispondere credo di conoscere già quale potrebbe essere la risposta di molti di voi, cioè: no.

Infatti andò proprio così: l’Inquisizione mise tutto sotto silenzio, stracciò sempre dai fatti le colpe di Frate Perinetti che odorata “la mala aria” se ne partì bel bello per andare a fare l’Inquisitore a Belluno. Lì le cronache raccontano che esercitò la sua “professione inquisitoriale” secondo il suo consueto stile chiedendo di continuo rimborsi alla Santa Sede di Roma e diversi permessi (che ottenne sempre) per andarsene in giro a “concionare e predicare”… almeno così diceva.

Solo anni dopo, quando l’intera storia fu palese a tutti, e la figuraccia dell’Inquisizione era diventata troppo evidente almeno quanto la sua poca coerenza e credibilità, un decreto partito da Roma privò Frate Perinetti del proprio Incarico di Inquisitore di Belluno sostituendolo con Padre Bernardino da Lusignano.

Sembra che Frate Bonaventura sia tornato a rifugiarsi nella sua Piacenzadove di lui si persero le tracce per sempre dopo la presentazione delle sue ultime richieste di rimborso fatte ancora una volta al Tribunale dell’Inquisizione di Roma che non lo degnò neanche di una risposta.

Così andarono le cose fra Librai e Inquisitorinella Venezia Serenissima fra 1629 e 1661 circa ... e queste sono solo briciole di tanti e tanti fatti che ci sarebbero da ricordare.



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