Quantcast
Channel: #unacuriositàvenezianapervolta
Viewing all articles
Browse latest Browse all 357

“LA “DOMUS CILIOTA” e SAN ROCCO e SANTA MARGHERITA A SAN SAMUEL … A VENEZIA OVVIAMENTE.”

$
0
0

“Una curiosità veneziana per volta.” – n° 127.

“LA “DOMUS CILIOTA” e SAN ROCCO e SANTA MARGHERITA A SAN SAMUEL … A VENEZIA OVVIAMENTE.”

La domanda sarà più o meno sempre la stessa: “Che è ? … Ma dov’è ?”… perché San Rocco e Santa Margherita non è un posto di Venezia facile, di quelli di cui si parla sempre. Magari penseremo alla Scuola Grande di San Rocco e al famoso Campo Santa Margherita oggi così silenzioso, tranquillo e sempre disertato e deserto soprattutto di sera e di notte (seh ?... magari).
Invece no … San Rocco e Santa Margheritaè un’altra cosa, e si trovava, anzi quel che ne resta si trova ancora oggi, dall’altra parte di Venezia: nella Contrada di San Samuel vicino a Campo Santo Stefano nel Sestiere di San Marco. San Rocco e Santa Margherita è stato un Monastero di Monache che oggi non esiste più … ma che c’è ancora.
A dire il vero, se oggi andrete a cercare in quel posto di ieri vi troverete di fronte: la “Domus Ciliota”, ossia quel che è diventato oggi dopo vari passaggi quella realtà Veneziana di ieri che si chiamava: San Rocco e Margherita”.
La “Domus Ciliota”è oggi un Bed & Breakfast confortevole situato in fondo alla Calle delle Botteghe a Santo Stefano, dove svoltando a sinistra ci s’immette in Calle delle Muneghe. In Internet si può leggere: “… una “casa per ferie” centrale sorta sulle mura di un antico convento, soluzione perfetta per vacanza a Venezia, in camere luminose e confortevoli con splendida corte, piacevole area relax ideale per la prima colazione o per un romantico aperitivo al calar della sera.”
San Rocco e Santa Margheritaè diventata un altro di quei posti di Venezia che “ci sono e non ci sono”, una delle infinite proposte turistiche della Venezia di oggi, in un angolo della Contrada di San Samuel in cui sembra non sia cambiato niente e che tutto sia rimasto com’era secoli fa. Non fatevi però ingannare dall’apparenza tranquilla e quasi anonima, in quel posto ameno e “coccoletto”è accaduta un’altra porzione di quella che è stata la poliedrica e inesauribile Storia di Venezia, anche se un po’ offuscata dalle vicende della vicina realtà molto più grande e prestigiosa che è il chiesone e Convento di Santo Stefano un tempo in mano ai Frati Agostiniani.
“Fino a qualche decennio fa l’ombrosa Calle delle Botteghe era un luogo di Venezia vivissimo e animatissimo ... Era appunto piena di botteghe … uno di quei luoghi verso cui si convergeva da ogni parte di Venezia sapendo che li c’era un po’ di tutto, e si poteva trovare qualsiasi cosa di cui si potesse aver bisogno”.
Oggi quell’arteria Veneziana pur rimanendo ancora vitale è solo pallida immagine di quel che è stata un tempo, così come non esistono più “quei tanti Veneziani” che convenivano là per tanto tempo … per secoli.
Ne rimane però come il sapore nell’aria, una sorta di vaga possibilità mista a nostalgia del tanto che c’è stato, delle tante iniziative, arguzie, trovate e modi d’essere che un tempo caratterizzavano quella tipica Contrada Veneziana. Da un lato all’altro della stretta Calle c’era tutto un susseguirsi di negozietti d’alimentari per gli usi quotidiani, e poi i negozi di stoffe, quelli degli artigiani e delle manifatture d’ogni genere. C’erano le immancabili Osterie, le Locande, gli spazi per gli Artisti, e i luoghi che ospitavano le realtà straniere residenti stabilmente in città ormai da secoli. Incassati dentro al tessuto della Contrada c’erano le sedi delle Schole d’Arte e Mestiere: la Schola dei Calegheri Tedeschi con suo Ospizietto, e poco distante c’erano anche la Schola dei Mureri e molto altro ancora.
Fu proprio in quel contesto vispissimo che si collocò l’ennesima chiesetta e Monastero di Monache di Venezia, andando quasi a nasconderlo e incastonarlo fra calli, case, corti, campielli e callette.
Prima che esistesse il Monastero di San Rocco e Margherita la zona che non godeva affatto di gran bella fama, c’era solo un Oratorietto cadente e rovinoso dedicato a Santa Susanna. Buona parte della Contrada di San Samuel era, infatti, abitata notoriamente da prostitute, e potete immaginare quali erano le situazioni che si venivano a creare in quel contesto di giorno e di notte. Come confermano gli Atti dei Signori di Notte della Serenissima, in quella Contrada c’era tutto un andirivieni di ruffiani, gente “da tramacci”, approfittatori, personaggi lochi, usurai, violenti e uomini a caccia d’avventure ed espedienti. Un postaccio pieno di postriboli, insomma, da cui girare alla larga soprattutto di notte … (salvo che non si fosse interessati “all’argomento”).
Fu per questo che verso la fine del 1400 l’altisonante Scuola Grande di San Rocco, che era una delle realtà fra le più potenti e ricche di Venezia, decise di comprarsi tutti le casupole e i terreni della zona cacciando via le prostitute e provando a: “Nobilitare la Contrada rimuovendo quel vergognoso degrado morale.
Tanto per incominciare la Schola Grande piantò sul posto una specie di sua succursale: una Scoletta di Devozione dedicata a San Rocco così da dare un input, un’impronta diversa a quelle che erano state le abitudini tradizionali del posto. Quasi nello stesso tempo, la stessa Schola Grande di San Rocco prese un’ulteriore iniziativa offrendo in gestione parte della zona alle Monache Cistercensi del cadente Monastero di Santa Margherita di Torcello sperso in fondo alla Laguna. Costoro ormai da tempo mandavano in giro per Venezia una delle loro Converse in cerca di un nuovo sito più salubre in cui trasferirsi.
Ed ecco perciò spuntare il nome del nuovo posto: “San Rocco e Margherita” ... ma poi non se ne fece niente, perché le Monache di Torcello si ricredettero e preferirono restare dov’erano riattando il loro vecchio Convento preferendo la quiete discosta della Laguna al chiasso clamoroso della vispissima Contrada Veneziana di San Samuel.
Il progetto di “riciclo ambientale” pensato e voluto dalla Scuola Grande di San Rocco sembrò naufragare o perlomeno rallentare … perchè ci pensò una certa Stella vedova di Marco Balanzan ad accettare la proposta della Schola Grande mettendo a disposizione anche i suoi beni personali. Si avviò così nella Contrada di San Samuel una nuova esperienza Monacale “sotto la Regola di Sant’Agostino”… e la vedova Stella divenne la prima Badessa del nuovo Monastero di San Rocco e Margherita.
L’introduzione delle Monache nella Contrada si realizzò in maniera spettacolare e con grande concorso di popolo Veneziano. Le Cronache dell’epoca raccontano che ci fu un’inaugurazione in pompa magna, grandi celebrazioni, e si pensò che il Monastero doveva diventare un’iniziativa di grande successo.
Si dice che il giorno dell’inaugurazione del Monastero, che era un Venerdì Santo di Passione, il Padre Agostiniano Benedetto Signori originario di Genova mise in piedi un’azione eclatante nella vicina chiesa di Santo Stefano dove stava predicando. Improvvisamente a metà Messa, smise di predicare, scese i gradini dell’altare, imbracciò un gran Crocefisso sotto gli occhi meravigliati di tutti, e se ne uscì per strada “vestito da Messa e col Crocefisso in spalla”. Tutti i Frati e la gente che riempiva la chiesa gli corsero dietro sorpresi, e seguito da quella folla improvvisata il Frate portò tutti fino al luogo dove stava per essere insediato il nuovo Convento delle Monache … “Fu un grande spettacolo, e tanto grande fu l’approvazione e il consenso da parte di tutti i Veneziani”.

Ma come accade spesso nella Storia, “non tutte le ciambelle riescono sempre bene e con buco”, così che la vita e le attività del nuovo Monastero dopo l’entusiasmo iniziale si raffreddarono non poco … anzi: parecchio. A poco valse il sostegno e l’interesse dimostrato anche dall’autorità pubblica del Maggior Consiglio che anche nel luglio 1533 donò alle Monache una “galia grossa innavigabile da mazza” per il loro sostentamento e in segno d’apprezzamento.
Le Monache iniziarono a litigare con la Schola Grande di San Rocco e con la Scoletta che la rappresentava per la gestione delle elemosine e delle spese (chissà perché ci sono sempre i soldi di mezzo): “… per consuetudine et pato tra le Venerande Madri di questo Monasterio et la nostra Schola…loro Madri pagano le trombe de una delle nostre feste … mentre il Gastaldo e la Banca della Schola coprono quelle per “i concieri della festa”

Paga tu che non pago io e viceversa, oltre a questo le Cronache raccontano che la vita delle Monache del San Rocco e Margherita divenne sempre di più: “così così” ... ossia il Monastero divenne: “… uno fra i Monasteri di Venezia più libertini, scanzonati e indecorosi”.
A cavallo fra 1500 e 1600 il Monastero ospitava ben 52 Monache da Coro di cui una ventina erano figlie di Nobili e illustri Patrizi di Venezia ...Figuriamoci che stile di vita potevano avere ! … e che convinzioni ed entusiasmi spirituali, o predisposizioni a vita d’austera penitenza.
Le Monache ne combinavano “di cotte e di crude”… perciò nel gennaio 1572 il Patriarca di Venezia Giovanni Trevisan recatosi in Visita al Monastero ordinò: “… del mandato del Patriarca di Venezia sia commesso a tutte le Madri Abbadesse, Prioresse et Monache di cadaun Monasterio … che in virtu’ de Sancta Obbedienza et sotto pena de escomunicatione debbino obbedir al mandato del Patriarca del 11 genaro 1565 altre volte intimidatorio: di non ammetter né permetter che nelli Parlatori si habbi a disnàr, né mangiàr per alcuna persona sii di che condizion e grado si voglia, né padre, né madre, né fratelli, né sorelle, né admetter maschere, buffoni, cantori, sonadori et de simili sorte persone sotto niuno pretesto, né modo, che immaginar si possa, né permetter che in essi parlatori si balli, né si canti né si soni per alcuna persona sii che si voglia…”

Come reagirono le Monache ? … Se ne infischiarono del Patriarca, lo lasciarono dire e basta procedendo “alla loro maniera” ... La figura Ecclesiastica allora tornò alla carica per la seconda volta, e in quest’occasione fu il Patriarca Priuli ad ordinare alle Monache anziane di visitare ogni cella dopo il suono della campana della notte … “e che le Monache non condividano le celle, non mettano chiavistelli e serrature private … e che si debba tener tutta la notte accese le candele nei dormitori” ... Inoltre (lo immagino incazzatissimo) il Patriarca condannò duramente il fatto che le Monache trascurassero le devozioni personali per dedicarsi troppo a profitti personali:“… le Monache del San Rocco e Margherita facevano gran lavoro di cucito, ricamavano vestiti, fazzoletti e accessori che poi andavano a vendere fuori dal Monastero, ovunque in giro per tutta Venezia ... con grande scandalo della popolazione.”

Stavolta le Monache si adeguarono ? … Macchè ! … Niente di niente … Continuarono ancora alla loro maniera.

Alla fine fu il turno dell’Inquisizione di Venezia a intervenire. Andò a bussare alla porta del Monastero chiedendo conto, investigando, e portando buona parte delle Monache a processo. Finirono sotto inchiesta tutta una serie di “Usi e costumanze delle Muneghe … e financo le visite frequenti di un certo Frate troppo presente sia nel Monastero di San Rocco e Margherita che in quello di Santa Chiara della Zirada”.
Alla fine del processo il Patriarca fu determinatissimo, e dispose perfino che le Monache “troppo riluttanti anche al Capitolo delle Colpe” chiudessero anche i fori di ventilazione delle latrine del Monastero per evitare che si sporgessero a guardare nella Calle sottostante.
Le Monache “vennero così imbrigliate e s’acchetàrono alquanto”… La minaccia dell’Inquisizione di Venezia fu palese: “la volta seguente si useranno col Monastero modi e maniere alquanto diverse e più decise”.

E corse via così un altro secolo … Alla fine del 1700, “mentre andavano spegnendosi le sorti della Serenissima”, il Monastero di San Rocco e Margherita era ancora impegnatissimo spendendo più di 7.000 ducati in tutta una serie di spese e abbellimenti. Le “polize di restauro”pagate ai Mureri: Anastasio Albini, Costa Giovanni, Doni Daniele, Volpe Domenico, Visentin Antonio, Prestin Giovanni Maria, Pisto Giovanni Maria e Domenico e Bagattella Domenico, e ai Tagjapiera: Bettini Santo e ai fratelli Bon Domenico, Lorenzo e Piero parlano chiaro ricordando come a più riprese le Monache fecero:“metter man al Coro delle Monache, ai Dormitori, al Portal e sul Presbiterio della Ciesa …”
“Con una certa moderatezza”le Monache continuavano la loro vita: Furlanetto e Galuppi musicarono le cerimonie di vestizione di alcune nuove Monache Professe … nel Monastero vissero come “educande a spese” fino al matrimonio Lucrezia di Marin Badoer dell’Anzolo, Agnese Dieda Maria di Piero Alvise Barbaro della Maddalena, e Marsilia Acerbi di cui s’inventariarono accuratamente tutte le biancherie, gli ori, gli argenti e gli abiti ...  Nel San Rocco e Margherita c’era anche tutto un intenso movimento di ricerca e caccia di “grazie e vitalizi buoni per sposarsi o monacarsi”… le Monache andavano a chiedere denaro e a supplicare un po’ tutti: Cancellieri, Nobili, Schole, Cavalieri, Procuratori di San Marco e Senatori … così come si attivavano di continuo per vendere e comprare immobili e terreni in varie Contrade di Venezia e in Terraferma, gestire eredità, lasciti testamentari e rendite d’affitto come raccontano i loro “Libri dei Conti”.

Il Monastero era ricco d’opere d’Arte: la chiesetta aveva ben cinque altari di marmi fini, e dipinti di Girolamo Pilotti e Matteo Ingoli ... I pezzi forti della chiesetta che provocavano l’invidia degli altri Monasteri di Venezia erano: l’“Assunta con San Rocco e Santa Margherita” del Montemezzano collocata sull’Altare Maggiore, e “l’Immagine di Nostra Signora la Madonna Ortocosta” coperta d’argento dorato proveniente dalla Cattedrale di Laconia presso Sparta in Grecia … Oltre a questo, il Monastero piano piano aveva messo insieme un bel “impasto di Sante Reliquie” che ostentava a tutta Venezia. Le Monache del San Rocco e Margherita si vantavano d’essere le uniche a possedere: “alcuni Capelli della Madonna”, parte del “Legno della Vera Croce”, una “Spina della Corona di Gesù Cristo”, i “Precordi di San Filippo”, un’“Arteria di San Gregorio Barbarigo”, le “Ceneri di San Francesco di Sales e di San Lorenzo”… e numerose altre Reliquie di Sant’Annae di San Bartolomeo, e perfino gli interi “Corpi dei Santi di San Felice, Sant’Eugenio e San Faustino”… e chi più ne ha più ne metta. A noi di oggi queste cose forse faranno un po’ sorridere, ma in quei tempi come nei secoli precedenti i Veneziani ci tenevano tantissimo a quel genere di cose, e possederle era motivo di grande onore e grande prestigio … nonché fonte di grande interesse devozionale … e di cospicuo guadagno.

Ancora nel luglio 1751 i Notatori” del Gradenigo ricordavano di una grande processione annuale realizzata per tutta la Contrada di San Samuele e per tutto il Campo e fin dentro alla chiesa di Santo Stefano, e organizzata dalle Monache del San Rocco e Margherita: “… con gran concorso di Clero e Popolo”.

“Le Monache Agostiniane di San Rocco e Santa Margherita vestono e ricoprono la loro Madonna Annunziata di molte vesti, con parapetti di seta e argento, e con numerosi gioielli di notevole valore, manini, catenelle d’oro, granate, corone d’argento con fili di perle incastonate del valore di più di 15 ducati.”

E vennero i “guastafeste” Francesi con napoleone … contro i quali le Monache del San Rocco e Margherita provarono “ad alzare la cresta” resistendo sul posto e rifiutando di venire concentrate nei Monasteri di Sant’Andrea della Zirada e di Santa Giustina nel Sestiere di Castello. I Francesi non si scomposero affatto, e costrinsero allora le Monache del San Rocco e Margherita ad ospitare nel loro Monastero altre comunità di Monache una più indigente e sprovvista di mezzi dell’altra. Alla fine “le economie” di cui tanto si vantava il Monastero andarono giù a precipizio, e come tocco finale i Francesi trasferirono tutte le Monache senza alcun preavviso e in fretta e furia nel Monastero di San Girolamo a Cannaregio portandosi dietro solamente ciò che avevano addosso. L’ex Monastero di San Rocco e Margherita serviva al nuovo Governo di Venezia per aprire un nuovo Casino Filarmonico.
Fu questa la fine del Monastero di San Rocco e Margherita … che dopo qualche anno si ritrovò ad essere un luogo abbandonato … oltre che depredato e spogliato di tutto.

Solo dopo un bel po’ di anni, il Sacerdote Pietro Ciliotta riuscì a comperare e recuperare quanto restava dell’immobile convertendolo in “Casa d’Educazione Femminile”… Il buon Prete Ciliotta affidò l’ex Monastero alle Suore Minime del Sacro Cuore, che poi vennero sostituite dalle Suore Dorotee Maestre, e poi dalle Suore di Maria Bambina ossia “Gerosa e Capitanio” che fino a tempi recenti hanno gestito sul posto un Asilo-Scuola Materna-Educandato-Collegio e infine: Pensionato.
Moltissimi Veneziani e soprattutto Veneziane di mezza età residenti nella Contrada s’illuminano ancora oggi sentendo parlare dell’Istituto e Patronato Ciliota perché in tanti vi hanno trascorso dentro tante ore piacevoli e istruttive della loro infanzia e adolescenza in compagnia delle Suore.
In tempi ancora più recenti fin oltre il 2000, le Suore e la Parrocchia di Santo Stefano riciclando e mettendo insieme le risorse di tutta una serie d’appartamenti, “antichi Ospizietti per vedove e poveri” gestiti dai Frati Agostiniani e dalla Fabbriceria di Santo Stefano, e altre caxette abitate dalle Pizzocchere delle Contrade di Santo Stefano e di San Samuel, hanno dato vita alla “Casa e Residenza dello Studente: Domus Ciliota” dove si sono ospitate tranquille studentesse universitarie nelle ex celle delle Monache, negli spazi, nel cortile, nei luoghi del Monastero e nella ex  chiesetta delle Monache del San Rocco e Margherita.

“Si trattava di una proposta d’ospitalità educativa rivolta a ragazze per bene appartenenti in gran parte a un certo ceto sociale, e disposte anche a percorrere un qualche cammino interiore di tipo Cattolico. La proposta era catalizzata, coordinata e racchiusa nella Pastorale Universitaria del Patriarcato di Venezia che ha coinvolto in una specie di “Circuito Veneziano” una dozzina di Collegi, Case Studentesche e d’Accoglienza, Domus, Istituti, Foresterie e Pensionati Femminili e Maschili coinvolgendo gli studenti in un percorso d’esperienza e condivisione religiosa.”

Infine un ulteriore clic storico: il passaggio al servizio turistico più asettico, disimpegnato e informale di Bed & Breakfast “Domus Ciliota”: casa per ferie … e forse niente di più. Di tanta Storia sono rimasti solo “fantasmi e memorie” … ombre incerte che s’arrampicano e afflosciano salendo e correndo lungo i muri dell’antica Contrada e del Monastero che oggi non esistono più.




Viewing all articles
Browse latest Browse all 357

Trending Articles



<script src="https://jsc.adskeeper.com/r/s/rssing.com.1596347.js" async> </script>