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ANCORA SULLA FOSSA GAMBARARIA, DOGALETTO E MALCONTENTA.

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“Una curiosità veneziana per volta” – n° 143.

ANCORA SULLA FOSSA GAMBARARIA, DOGALETTO E MALCONTENTA.

Non è poi così povera di storia e notizie la zona della Fossa Gambarària, Dogalètto, Malcontentae Sant’Ilario di Fusina” come dicevamo qualche giorno fa, e come si potrebbe pensare.
Continuando ancora a “scannocchiare” dentro alle pieghe e ai meandri della Storia della Serenissima, ecco spuntare fuori altri dettagli, fatti e vicende degni di curiosa attenzione. C’è stato più di qualche movimento in quella “zona di confine” della Serenissima, poco discosta da Venezia ... e chissà quant’altro si potrebbe raccontare.

San Giovanni Battista di Balleèllo o Balladèllo di Gambarare, ad esempio, si trovava nei pressi di quello che era il territorio e la giurisdizione dell’Abbazia di Sant’Ilario di Fusina. “Balledèllo” sembra poter derivare dal latinizzato “Vallatèllum”che significherebbe: “luogo rialzato”, mentre il toponimo “Gambaràre”sembrerebbe derivare quasi ovviamente dal “Gàmbero” l’animaletto presente anche nello stemma del Comune ... ma gli storici si sono sbizzarriti sopra a questi nomi ingegnandosi a trovare i significati più strampalati … cambia poco.



Già nel lontano ottobre 1129 a Chioggia presso Johannes Presbiter Plebanus Ecclesiae Sancti Martini Minoris Clugie et Notarius: Carlo Prete e Piovano di San Matteo Apostolo di Chioggia Minoreconcesse a Pietro Carnello Giudice et ai di lui nipoti Tèuzo e Domenico due saline della detta chiesa nel Fondamento di Gambaràriaper annui quattro giorni di sale di canone.

Nell’ ottobre 1192, invece, Speronellabeneficò la chiesa di Balladello con 20 “sòlidos”, e quattro anni dopo Papa Celestino III dovette intervenire per rimettere d’accordo Vidòtto Presbiter titolare di San Giovanni Battista di Balladelloe i Monaci dell’Abbazia di Sant’Ilario(da cui ancora non dipendeva) circa le “Decime”da riscuotere sulla zona.

Era il 1213 quando l’Orefice Tedesco Bernardo Teotonico residente nel Confinio di San Bartolomio di Rialtoa Venezia ricordava nel suo testamento l’Ospedale di San Leone di Sant’Ilario in Bocca Fluminis. Forse era l’uomo più ricco presente a Venezia in quell’epoca, secondo solo al potente Doge Pietro Ziani che fece un prestito di 15.000 ducati alla Serenissima, e possedeva un patrimonio alla morte stimabile in 27.000 ducati. Da quella fortuna prelevò in vita una cospicua somma che dispensò a tutti i Monasteri Veneziani … eccetto però San Lorenzo e Sant’Ilario di Fusina… che non vennero da lui né ricordati nè beneficati … chissà perché ?
In ogni caso si rifece “in morte” nel 1228, quando lasciò per testamento a San Leone in Bocca Fluminis una cifra pari alla metà di quanto aveva già lasciato Bernardo Teotonico… Boh ?

Nel 1219 San Leonardo di Fossamaladipendeva già da Sant’Ilario di Fusina, e venne beneficato per testamento da Vidòta moglie di Tancredi Stabile residente nella Contrada di San Moisè a Venezia,che lasciò al villaggetto -Monastero collocato sul bordo della Laguna: un legato di 10 Lire Venete ... Nel 1232, invece, il Priore Ambrogio di San Leone in Buca Fluminis, dove c’era l’Ospizietto,fu autorevole testimone e garante in un importante trattato fra Venezia e Padova che già erano entrambe importanti, e si batibeccavano di frequente fra loro.

Esattamente dieci anni dopo, Clarius Priore dei Crociferi ottenne da Leone Abate di Sant’Ilario di Fusinalo stesso Priorato di San Leonardo di Fossamala consenziente Bomo Priore di San Gregorio di Venezia ... Trascorsi altri vent’anni, ossia nel 1268, il Priore Nicola rilasciò quietanza per un legato a favore di San Leonardo agli esecutori testamentari di Biagio Bollani, e due anni dopo ancora, ne rilasciò un’altra per lo stesso motivo agli esecutori testamentari di Basilio Basiliolo della Contrada di San Giovanni Crisostomo di Venezia... L’anno seguente, Salomone e Nicolò Valier nipoti di Pietro Cocco, tutti gente ormai ricca e Nobile di Venezia, s’impegnarono a corrispondere ad Albertino Morosini(altro Nobile) un canone annuale per utilizzare il Lago di Vico, una peschiera sul Volpàdego, e a pagargli le decime su  cento passi di terra a lato del fiume verso il solito San Leonardo di Fossamala nei pressi di Sant’Ilario di Fusina.

Dopo un’altra ventina d’anni, e stavolta siamo nel 1283, il Nobile Veneziano Pietro Minotto già in contenzioso da tempo col Comune di Venezia, litigò aspramente con Giovanni Brustolàdo per la gestione dell’isoletta di Pignìgo lontana ben 695 metri dai 20 metri dalla sua concessione dove faceva girare dei mulini su entrambe le sponde del fiume: “dalla “palàda alle paludi del fiume Oriago”. Alla fine per incrementare l’attività delle sue “ròde da molin” gli venne concesso di chiudere due laghi siti accanto al fiume, uno dei quali era denominato: “Lago Tèrgola”.

Pare che in quegli stessi anni la “giesèta di Baladèlo” lasciata in grave stato di abbandono fosse soggetta al Vescovo di Treviso ... ma già nel 1290 l’Abate Ilariano Prando si comprò metà del paese e tutte le terre intorno acquistandole dagli eredi di Giovanni Natichiero da Vigonza, e chiese allo stesso tempo a Prosavio Vescovo di Treviso di cedergli anche la chiesetta con tutti i suoi diritti e pertinenze. Il Vescovo di Treviso acconsentì … soldi erano soldi, e l’Abate di Sant’Ilario pagò incamerando la chiesetta di Balladello.



Il 20 giugno del 1306 si terminò finalmente dopo 15 anni di restauri e lavori la ricostruzione in stile Romanico di San Giovanni Battista di Balleèllo di Gambarare riutilizzando e riciclando materiali, pietre e colonne tratti dal sito del Abbazia-Monastero di Sant'Ilario di Fusina.
La nuova chiesa venne consacrata su delega di Ramperto Vescovo di Castello-Olivolo di Venezia da Agostino Vescovo di Cittanova(Eraclea)insieme ad altri 6 Vescovi, che posero la nuova Cappellania sotto la giurisdizione del Vescovo Castellano Veneziano e quindi dell’Abbazia di Sant’Ilario di Fusina … Quel giorno le cronache veneziane raccontano che si cresimarono tantissimi uomini, donne e bambini, e che i Vescovi concessero moltissime Indulgenze. Fu grandissimo, invece, in quella stessa occasione il disappunto del Vescovo di Treviso che s’era pentito della cessione di quel luogo, e continuava a pretendere di riaverlo per se … Nel 1313 l’Abate Frediano di Sant’Ilario di Fusina(residente in Venezia) si comprò quasi tutta Gambarare per lire 9.000 di Denari Veneziani di piccoli. Come si sa, in quello stesso territorio avevano interessi ed erano affittuari e locatari di terre e mulini le Nobili Famiglie Veneziane dei Candiano, Valièr, Falièr e Marcello, nonché: Jacopo da Sant’Andrea, e Manfrèdo quondam Gucèllo di Monfùmo.

Nel 1328 come siete bene a conoscenza, e come confermato da un testamento dei Nobili Falièr, tutto il territorio delle Gambarare rimase infruttuoso e non si potè coltivare per quattro anni perché fu teatro delle battaglie fra Padovani e Veneziani … Era il 1333, invece, quando Caterina vedova di Francesco Valièrconcesse quattro ruote di mulino sul Volpàdego a Francesco Delle Barche, ed erano trascorsi altri dieci anni circa, quando venne confermato alla stessa il possesso dei soliti “cento passi di terra ab illo latere fluminis versus Sanctus Leonardus de Fossa Mala”. (Più di cento anni dopo, nel 1461-1466, quando si eresse l’ultimo tratto dell’arginatura a difesa dalle acque e a protezione del Monastero di San Leonardo di Fossamala sacrificando una parte dei suoi stessi possedimenti, nei documenti si accennò che nelle vicinanze continuava imperterrita l’opera del mulino degli intramontabili Nobili Valier.)

Nel 1344 la “Gièsia e tutta la Fossa Gambararia”apparivano come dipendenze della Pieve di Santa Maria di Borbiago, ossia era sotto il controllo del Vescovo di Treviso(ce l’aveva fatta !)… e a fine secolo il Nobile Giacomo di Paolo Paruta ottenne dai Carraresi di Padova il diritto di permuta di alcuni beni in Gambarare stimati 400 ducati d’oro, con cui fece  una donazione a Santa Maria di Vanzo appartenente ai  Canonici Regolari di San Giorgio in Alga di Venezia … Nel 1400 Gambarare dipendeva, invece,  da Mira… e nel 1425, da Salzano… Nel luglio 1451 il Patriarca di Venezia Lorenzo Giustiniani fu indotto a intervenire per sospendere il Prete Marino da Venezia che era stato querelato dai fedeli delle Gambarare perché ne combinava di tutti i colori, e incaricò l’Abate di Sant’Ilario, Benedetto e Gregorio di Venezia di eleggere un nuovo e più adatto successore.

I fratelli Rigàzo nel 1495 ricordarono nei loro scritti commerciali le operazioni meritevoli condotte da quelli di Gambarare nei decenni precedenti “… in redùre le loro acque, paludi e cuore (?) a bòne terre…” piantandovi 1.720 fra alberi e viti.

Con la Bolla Papale del 1504 Giulio II ribadì a tutti per togliere ogni dubbio, che Gambarare dipendeva da Venezia(il Vescovo di Treviso doveva rassegnarsi)… Con la Bolla del 27 marzo 1508, invece, lo stesso Papa concesse ai Capifamiglia di Gambarare di potersi scegliere ed eleggere il proprio Parroco a piacimento (diritto molto frequente nelle chiese del Veneziano e delle isole). Si dice in giro che tale diritto sia rimasto attivo a Gambarare fino al 1998, quando i capifamiglia vi rinunciarono formalmente ottenendo in cambio dal patriarca di Venezia il titolo di Duomo per la chiesa, e quello di Monsignore per il Parroco considerato anche Canonico Onorario della Basilica di San Marco di Venezia. Non sono così certo che siano accaduti per davvero questi scambi e automatismi (forse sarà accaduto “ad personam”, ma potrei sbagliarmi). Certa è, invece, la concessione nel 1917 da parte della Santa Sede del titolo Arcipretalea Gambarare: “per l’antichità eminente del luogo di Culto e Religione”.

Secondo frammenti e documenti degli Archivi di San Giovanni Battista di Gambarare risalenti al 1200 e ricorrenti fino al 1748, 1707, e 1806, sembra che il territorio “delle Gambarare” fosse gestito e guidato fin dall’antichità da un Provveditore Veneziano. Fu, invece, nel 1516 che il Maggior Consiglio della Serenissima istituì il Provveditore della Comunità di Gambarareche aveva raggiunto ormai i 2.500 abitanti. Il primo Provveditore di Gambarare fu il NobilHomo Bertuzzi Emo che percepiva 200 ducati annui di stipendio e un palazzo per abitare, e non aveva alcun obbligo di mostrare i conti alla Serenissima, ma solo quello d’amministrare “la Giustizia Civìl, Penàl et Criminàl”.

Nel 1523-24 s’istituì a Venezia perfino una Lotteria sulle Porte dei Moranzani. Chi vinceva si prendeva il gettito del “passaggio delle Porte” che si diceva potesse arrivare anche fino a 500 ducati. Il primo a vincere il premio di quella Lotteria fu il Nobile Marco Antonio Contarini residente in Campo San Filippo e Giacomo a Venezia, che per l’occasione fece gran baldoria e offrì una cena a tutti i suoi amici della Compagnia della Calza detta “degli Eterni”. Quello che non sapevano i più a Venezia, era che in realtà il “Dazio delle Palàde, delle Chiuse e delle Porte” fruttava alla Serenissima più di 2.000 ducati annui ... quindi si poteva benissimo sacrificare una parte di quel profitto incassando al suo posto il grosso guadagno delle numerose giocate dei Veneziani (che avevano la mania, anzi l’ossessione del gioco … Ieri come oggi: non è cambiato niente dopo secoli).

Nel 1528-40 quando Marco Muriano era Notaio di Gambarare, le Ville costruite dai Nobili Veneziani in zona erano in tutto 7, di cui due in “Contrà del Bosco”(San Pietro in Bosco di Oriago) i cui proprietari erano guarda caso: Julio e Andrea Valier… Verso fine secolo, quando come Notaio di Gambarare c’era, invece: Francesco Juriàco, le Ville costruite a Gambarare erano diventate 13, e si decise anche di ricostruire la chiesa.

Dal Censimento del 1606 risultò che a Gambarare vivevano: “396 famigli, 1.025 homeni fra 18-50 anni, 14 Preti, 205 vecchi da 50 anni in su, 1.173 putti fino 18 anni, 1.215 donne e 1.172 putte da marìdarse o munegàrse”.
Nel 1663 Dominicus Contarinus Dei Gratia Dux Venetiarum in un documento precisò una volta per tutte quali dovevano essere i confini ufficiali delle “Parròcie delle Gambarare di Venecia”.

Nel febbraio 1676 il Senatodecretò l’ennesimo “escavo exstraordinario” della Laguna di Venezia e di tutti i suoi canali. Diede disposizioni perchè i fanghi di risulta venissero smaltiti tramite “burchielle”: “… al di là del Sovrabondante oltre le Porte del Moranzàn, e dalla parte opposta verso Malamocco di sopra le Portesine del Bondante.” I Patroni dell’Arsenale riferirono in seguito ai Magistrati alle Acque della Serenissima che il costo di: “lire 7 a Burchiella per almeno 10.000 Burchielle” era uno sproposito per le magre casse di Venezia, ma che era una spesa indispensabile da affrontare assolutamente. Così ancora nel 1719 si continuava ancora a scavare e scaricare fanghi della Laguna e di Venezia nella zona di Dogaletto, al Bondante e al Sovrabondante.

I Nobili Sagrèdo nel maggio 1679 possedevano al Bottenìgo una proprietà che si estendeva di fronte alla Villa dei Nobili Trondella Colombara, di qua dallo scolo Brentèla, e in direzione della Strada Regia Padova-Fusina. Confinava con gli arativi di proprietà dei Nobili Malipiero e dei Reverendi Padri della Carità di Venezia eredi di un lascito della Nobildonna di Oriago Concetta Moro. In realtà quel terreno stretto e lungo era parecchio infelice, sottoposto a frequenti impaludamenti nonostante si fossero fatti diversi lavori di scolo e sopraelevazione.
Marco Sagredo e fratelli quondam Zaccaria senza specificare niente affittarono quel terreno a Valerio e Andrea Pasqualòtti e a un loro fratello Anzolo dopo averlo affittato per numerosi anni a Domenico Biancolini che era morto, e non avendo voluto suo figlio Giovanni Francesco continuare l’affittanza ... chissà perché ?



Ecco buona parte del contratto d’affitto: “… essa possessione è piantàda et videgàta, che al loro partire doveràno riconsegnarla ben all’ordine … Che li suddetti Pasqualoti siano obbligati piantare d’anno in anno tutti gli albori che gli saranno consegnati, senza alcuna spesa od aggravio mio … Debbano tener buona custodia di tutte le piante che si ritrovano in esser al presente e di quelle che doverano in avvenire allevare, onde, se per loro mancamento anderano a male, siano tenuti al risarcimento … Non possano in alcun modo tagiàr qualsiasi sia alboro né vivo né morto senza espressa mia licenza … Restino inoltre … obbligati a far li cavìni, et fossi, conforme all’uso, et statuti Padovani, dichiarando che tutto quello non fosse espresso nella presente locazione, si debba in tutto e per tutto regolarsi alli statuti predetti ... Durar debba la presente affittanza anni cinque, da principiàr questa Santa Giustina prossima ventura et terminar a Santa Giustina 1684; si che essi Pasqualoti cinque intieri affitti paghino, et cavino cinque intieri raccolti … Per affitto debbino essi Pasqualoti pagàr ogni anno: formento ben secco et neto stara quaranta, misura de Venezia, et la giusta metà del vino, et pagàr ogni anno a tempi debiti: capponi quattro, galline quattro, polastri quattro et ovi cento … Siano essi Pasqualoti obbligati condur le mie entràde sino dieci miglia lontano dalla possessione senza alcun mio aggravio, come più mi piacerà … Se succedesse il caso di tempesta, che il Signor Dio tènghi lontana, quando eccedesse più del terzo del raccolto in danni, il raccolto predetto doverà essere diviso per metà in conformità del praticato; ma quando il danno non eccedesse, come si è detto il terzo, non possino essi Pasqualoti pretendere alcun risarcimento o bonificazione alcuna, ma siano obbligati corrispondere d’affitto detti stara quaranta di formento intieramente et della metà del vino, et regalie … Io Domenego Zaninelli fui presente … Io Gian Domenico Cappellari fui presente a testimonio ...”

Nel 1700 nella zona delle Gambarare c’erano attive alcune fornaci di calce, mattoni e tegole appartenenti ai Nobili Lipomano e Foscari, utili per tenere in “cònso” le loro numerose fabbriche, case e palazzi.

Fra 1837 e 1856 si accenna all’esistenza di alcune fabbriche nella stessa zona del Bosco Piccolo e Bottenighi”. Nel 1867 sembra che: “ai Sabbioni, sulla riva sinistra della Brenta Magra” ci fosse in attività un’altra fornace con forno a carbone ed essiccatoi, collocata poco distante da una fabbrica o Contarìa di perle. Di entrambe era proprietario Girolamo Scarpa da Venezia, a cui subentrò prima un certo Genovese, e a inizio 1900 prima della Grande Guerra il Commendator Peràle che abitava a Venezia, aveva sulla Zattere il suo Ufficio di vendita e rappresentanza, e utilizzava tre burci per portare avanti e indietro i suoi prodotti fra Gambarare e Venezia. Secondo le ultime testimonianze rimaste, i suoi 100 operai lavoravano, impastavano e cuocevano l’argilla scavandola a tre-quattro metri di profondità per 10-12 ore al giorno, e producevano 15.000 mattoni quotidiani. Alcuni come i due “fochisti”, che s’alternavano in turni giornalieri di 12 ore compresi i giorni festivi e Natale e Pasqua, abitavano con la famiglia dentro ai luoghi della fabbrica, mentre la maggior parte veniva licenziata ogni volta in autunno e riassunta in primavera. La fabbrica rimase in attività fino al 1964, e prima che, come disse “el paròn Commendatòr arrabbiato”: “… i Sindacati guastàsse tutto con e so insulse pretese”, si organizzava ogni anno una grande festa aziendale con pranzi, giochi e balli e musica che coinvolgeva e invitava perfino tutti i Preti di Marghera e Gambarare e perfino i Frati Cappuccini di San Carlo di Mestre.



Verso la metà del 1700 il viaggio da Venezia a Padova per Fusina, attraverso:“la cònca, la Bastia o Bastiòn, la Palàda dei Moranzani o del Moranzàn che faceva entrar nella Brenta passando dalla Brenta sàlsa alla Brenta dòlse”, durava circa 12 ore, e ne servivano altre cinque per tornare a Venezia in carrozza. In genere si definiva Moranzàntutto il territorio percorribile a cavallo nei dintorni di Fusina.

Nel 1740 circa: i Nobili Van Axel-Castelli, commercianti originari delle Fiandre, possedevano 450 ettari di terra a Montebelluna e a Mansuè di Oderzo, altri 180 ettari a Candiana e Cittadella, le Ville ad Altivole, Ponzano e Montebelluna, e anche 100 ettari a Gambarare e Mirano. Secondo l’Estimo di quegli stessi anni, Gambarare era diventato il luogo preferito dai Veneziani sia per la dimora estiva della “Villeggiatura”, che per gli acquisti alimentari e commerciali. Le Ville Veneziane costruite in zona divennero 89: 5 alle Giàre, 6 alle Bàstie, 1 a Quarto Bàstie, 25 a Mira Quarto, 14 a Mira Gambarare, 29 a Bosco e 8 al Bottenigo.

Nel 1743-1744 accadde il curioso episodio in cui il celebre scrittore e filosofo Francese Jean Jacques Rousseau cercò di far il furbetto incappando nel Dazio della Palada dei Moranzani. Presentatosi come “Sagratàrio dell’Ambassador de Franza a Venèsia”, fornì un certificato alterato con una marca falsa, e cercò di non pagare dazio facendo passare quattro sacchi di farina e una botte di vino. Gli Zàffi della Serenissima non ci cascarono, e lo incastrarono sequestrandogli tutto.

Nel 1764 quando Gambarare contava 3.819 abitanti, la “Gazzetta d’Italia” scriveva ricordando che la Ditta Veneziana Bèggio distribuiva lavoro ormai da 40 anni nel Padovano e Vicentino, e che ogni martedì “spiccàva”(partiva) da Venezia una gran barca carica di cotoni diretta a Gambarare, dove il giorno seguente era “dì de mercato”. Un incaricato della ditta avrebbe dispensato come sempre alle filatrici il “lavoro da fàr” ricevendo in cambio “el lavòro zà filàdo” della settimana che veniva pagato. Per le donne che abitavano troppo distanti, alcuni uomini della Ditta avrebbero portato il cotone da filare a domicilio. “… Il Siòr Beggio in questa maniera fa filar ogni anno 100.000 libbre di cotone alimentando un considerevole commercio che arriva fino alle piazze della Lombardia e oltre”.

Giunto il 1772, il Nobile Nicolò Tron che abitava in un Palazzo sul Canal Grande a Venezia, diseredò il suo primogenito Andrea che non voleva assolutamente saperne d’interrompere la sua relazione con la Nobile poetessa Caterina Dolfin(già sposata con Marcantonio Tiepolo del Ramo di San Tomà), che viveva con lui in continua villeggiatura nella Villa dei Tron a Monigo nel Trevisano. Il Nobile lasciò gran parte dell’eredità al figlio secondogenito Francesco Tron che aveva sposato la Nobile Cecilia Zen, al quale andarono: una fabbrica di panni a Schio, 1.000 ettari di terra fra Cittadella e Carmignano, quasi tutta la campagna di Trepalade sul basso Sile, la Villa di Mira Vecchia sul Brenta, la Villa a Mareno di Piave, le terre del Vicentino, e la tenuta di Anguillara fra Adige e Gorzone. Le proprietà più consistenti della famiglia vennero però intestate a Loredana Tron sposata con Antonio Priuli che si ritrovò a possedere anche 100 ettari a Gambarare, e altri 355 ettari a Ca’ Tron di Musestre e a Civràn.
Andrea Tron, il figlio diseredato, non si scopose e rattristò più di tanto, non sarebbe di certo morto di fame. Fu, infatti: Ambasciatore di Venezia a Parigi, Vienna, Aja, Madrid e presso la Corte Pontificia, e in seguito ricoprì a Venezia i ruoli e le cariche importantissime di: Savio agli Ordini, Savio alla Mercanzia, e Consigliere dei Dieci ... per poco non divenne pure Doge … a Venezia tutti lo chiamavano “el paròn”.  Non doveva di certo mancargli in tasca qualche spicciolo per tirare avanti.



Nella stessa chiesa di Gambararedove per secoli ebbero sede anche le Schole di San Francesco dei Cordigèri (quelli che trainavano le barche lungo il Brenta), la Schola San Giovanni Battista(attiva di certo nel 1748), la Schola dei Cento, e la Schola della Madonna del Rosario(sorta nel 1600), dal 1933 sorse anche la tradizione della Processione della Madonna dei Cavalli che viene celebrata ancora oggi l’8 dicembre di ogni anno.

Fu bruttina, invece, la situazione che si venne a creare “alle Gamberàre” quando finì la Serenissima, e durante la sucessiva dominazione Francese. Fino a quegli anni, fra 1798 e 1806, Giovanni Antonio Cicogna e Celestino Piave erano ancora i Pubblici Notai di Gambarare. Quando il Patriarca Flangini si recò in Visitanella parrocchiale di Gambarare dal 29 luglio 1805 e nei giorni seguenti, fece scrivere nella relazione giuridica: “… molti Oratori Pubblici della zona risultano essere ancora in funzione: “vivi e vegeti” sebbene “provati” dall’ondata dissacratoria dei Francesi ... Sono attivi gli Oratori Pubblici di Taglio di Mira sostenuto dalla famiglia Battagia, quello delle Giàre, di San Pietro in Bosco Grande, del Redentore sostenuto dalla famiglia Campagnon, e al Botteghin, mentre sono stati tutti dichiarati: “sospesi, rovinati e disastrati” gli Oratori Privati dei Nobili: Barbarigo, Moro, Balbi, Da Riva  e Bembo. Sono, invece, “da sistemare”, i vari Oratori dei Nobili: Correr, Contarini, Bettoni, Sografi, Stella, Tron, Zanetti e Zoglio, nonché gli Oratori alle Pallade e di Fusina ... In tutto nella zona si contano 4.000 abitanti incirca, nella zona detta del “Botteghìn” ce sono 387 fra i quali poche famiglie stabili ... La gente del luogo è piuttosto cattiva … Gli adulti non sono ancora preparati alla Prima Comunione, pochi assai frequentano ai Sacramenti … La popolazione che a riserva di un qualche numero di donne si vede appena a Pasqua: sono gente torbida ... Ci sono “disordini” alla Messa della Viglia di Natale … La chiesa vive con le rendite della carità dei fedeli: percepisce dalle 100 alle 200 lire al mese di elemosine amministrate dai Massari della chiesa (sono 5 del Comune: uno dei quali è “Trasportatore di biave macinate per barca”; un altro è “Passadòr al Taglio di Mira”; un altro è “Lavoradòr de campi”, un altro Murèr  ed infine un altro è: “Lavorante de campagne”). Le elemosine dei contadini sono tutte impiegate per pagare la celebrazione delle Messe a Gambarare, al Botteghin e a San Pietro in Bosco ...  Nella Parrocchia durante le Rogazioni e l’Ottavario dei Morti si fa la “Cerca”... Il Parroco percepisce 500 ducati annui circa di rendita (che un tempo ascendevano a 1.000 perché i proventi delle cerche erano più abbondanti). Le rendite del Piovano provengono dall’affitto di un pezzetto di terra alle balie, da “incerti di stola che sono ridotti perché scarseggiano i parrocchiani, i Battesimi, i Morti e i Matrimoni e anche le offerte”, e dalle “cerche” ossia: 19 stari di frumento, 24 di formentone, 20 mastelli di vino e 25 carra di legna ... Secondo la dichiarazione del Parroco Giuseppe Manetti di anni 64: “… a volte i Cappellani tralasciano di celebrare la Messa, bevono con poca moderazione, e si fanno ridicoli sull’altare ... Non si può parlare loro dopo il pranzo, nelle Funzioni cantano male ... Sono piuttosto prepotenti, ingordi e avidi nelle cerche, attendono alle persone che hanno e posseggono qualche cosa, per gli altri danno loro i Sacramenti e poi li lasciano: guardano l’uno e lasciano i novanta …”

Sempre leggendo la stessa relazione si può continuare ad evincere: “… il Parroco beve oltre il bisogno, e siccome mangia poco rimane facilmente alterato ... Dicono di lui: “E’ poco assiduo alla cura d’Anime, predica tutte le domeniche ma pronuncia solo quattro parole e per lo più raccomanda solo l’elemosina. Confessa poco, non partecipa alla Dottrina, non assiste convenientemente gli Infermi ... La di lui vita è stare a casa in quiete … E’ troppo buono e si dirige come un puntello, lascia fare ai Cappellani ciò che vogliono …  Il Cappellano del Quarto delle Giàre è Don Bontempi che ha rendite per 300 ducati annui dalla Mansioneria e dalla cerca consueta del frumento, uva e formentone. E’ fedele alla Dottrina Cristiana: è lui che l’ha raddrizzata … Il Cappellano Don Gaspari, invece, tiene attività commerciali di vario genere, fa denari e ne da “a prò”, ma fu burlato d’assai, e perciò da qualche tempo è in questo più misurato ... Il Cappellano del Quarto di Taglio della Mira: Don Francesco Colpi è stato eletto dal Comune, abita a Ca’ Correr, e ha da 13 anni 300 ducati di rendita dall’offerta della Messa (“se arrivano”, affermò lui stesso negli interrogatori) e dalle cerche compresa quella del fieno; Il Cappellano del Botteghin è Don Nicolini che ha 400 ducati dall’offerta della Messa e dalla cerca; Il Cappellano del Bosco Grande è Don Andrich che è l’unico di cui si parla bene, e di cui si dice “tenga una buona vita” ...”

Lo scenario trasmesso dalle parole si commenta da se.

“I 10 Sacerdoti in tutto celebrano anche diverse Messe avventizie: molte nella zona di Taglio e poche al Botteghin e alle Giàre ... Celebrano rare Messe Cantate, i Vespri tutte le domeniche, le Esposizione del Santissimo nel pomeriggio delle prime domeniche del mese, fanno le Processione nel mattino delle terze, le funzioni del Redentore, la recita del Rosario al Botteghin, e tengono la “Cassella per i Morti” ... Fanno inoltre la Predicazione a tutte le feste e il Quaresimale, la Dottrina per i fanciulli e le fanciulle nella Parrocchiale, a Cà Battagia, alle Giàre e al Botteghin con scarsa presenza per la distanza, e a San Pietro con generale sufficiente concorso quando le strade sono buone e la stagione lo permette.”

E’ molto interessante questa relazione, perché oltre allo “status”dei Preti mostra indirettamente quello della zona e delle attività e abitudini della popolazione che viveva in quel posto.



Nel gennaio 1815, nella lunghissima “Lista delle vigne, orti, beni da affittarsi dalla Direzione del Demanio di Venezia nei giorni d’asta 12 e 16 febbraio seguenti”, c’erano segnate fra tutto il resto: “… una possessione di Campi: 37.2.39 a Gambarare affittata con casa ed adiacenze a Marcantoni Antonio per: Formento Sacchi: 54, Polli numero: 4, Capponi numero: 4, oche numero: 1, ovi numero: 200 e contanti lire 317,241 appartenente al Convento di santa Maria Gloriosa dei Frari.”… e: “una possessione di Campi: 17.3.33 a Gambarare affittata a Megiolara Giuseppe per lire 269,655 appartenente al Monastero di Sant’Alvise e San Giuseppe di Venezia”… e: “un pezzo di terra a Malcontenta affittato a Vani Bernardo per Lire 25:5:94 appartenente al Monastero di Santa Caterina di Venezia”.

Curioso sono anche alcuni dati del Censimento Austriaco del 1820. Annotando la “Quantità delle famiglie e degli animali efficienti”, si precisava: “Ogni famiglia che lavora terreni non è completamente priva d’animali, tutti ne tengono in numero non corrispondente ai terreni lavorati:
___nella Frazione di Bosco Piccoloci sono: 97 famiglie, 21 delle quali con animali per agricoltura; 126 bovi; 28 vacche; 30 vitelli; tori: nessuno; 18 cavalli (impiegati nei trasporti e non sui campi); 07 asini; muli: nessuno; 40 pecorini (il Comune di Gambarare di solito ospitava fino a 3.000 pecore di Comuni diversi in partenza per la transumanza); caprini: nessuno; e 169 suini.
___nella Frazione del Bottenigo ci sono: 123 famiglie, di cui 20 con animali per agricoltura; 134 bovi; 60 vacche; 45 vitelli; tori: nessuno; 23 cavalli; asini: nessuno; muli: nessuno; 50 pecorini; caprini: nessuno; e 43 suini.

“… Il Frumento e l’Uva sono destinati alla vendita e al pagamento dell’affitto. Rimangono solo il Granoturco che garantisce la polenta accompagnata da un po’ di pesce fresco o salato, formaggi, erbe crude o cotte, e un po’ di carne o maiale nei giorni di festa. Il tutto viene innaffiato da “vino piccolo” ossia annacquato. Pellagra e scorbuto sono in queste terre all’ordine del giorno ...”

Secondo un’altra inchiesta Austrica di sei anni dopo, quelli di Gambarare rifornivano di foraggio quelli di Doloche avevano grande abbondanza di bestiame, e quelli in cambio pagavano di solito dando: letame.

Nel 1821, alla nuova Visita del Patriarca di Venezia Pirker si relazionò nei verbali stavolta in maniera più succinta: “San Giovanni Battista di Balleello di Gambarare conta: 4.000 “Anime” quasi tutti villici lavoratori di campagne per conto altrui ... Nella Parrocchia si contano: 7 Sacerdoti che celebrano 480 Messe di pubblica sovvenzione; la Fabbriceria della chiesa si sostiene con le offerte spontanee dei parrocchiani ... L’ArciPrete Parroco-Piovano percepisce una congrua di 500 Franchi, l’uso della canonica, e pochi “incerti di stola”, “… e si làgna dei pochi mezzi per cui non è in grado di fare il suo dovere” ... I Preti Cooperatori, invece, hanno particolari “contratti” coi parrocchiani ... Nei pressi della chiesa di Gambarare sorge una Scuola elementare con un Maestro Comunale; funzionano gli “Oratori Pubblici” di San Pietro in Bosco e del Santissimo Redentore al Botteghin, e anche gli “Oratori Privati” con Rosario e Messa quotidiana presso le famiglie: Battagia e Gregorina, alla Valmarana o “Crocefisso” che ha solo la Messa festiva; all’Acqua e Brochi che hanno Messa festiva e Dottrina ma Mansionario di Messa quotidiana “non mantenuto”; ai Marini o San Girolamo, ai Puiati o “Gesù nell’Orto” con Messa quotidiana, agli Azzo o “della Natività” con obbligo di qualche Messa, ai Chiggiato e ai Lippomano con la sola recita del Rosario quotidiano, e ai Da Riva o “Madonna delle Grazie”, Dubois o “Madonna”, Franchini, Corner, Van Axel, Bressan, Miotti, Polese, Mangilli, Legrenzi, Turrini, Costantini, Perdetti, Maruzzi e Cappellis ...”

Niente male nell’insieme ... Era quanto sopravvissuto al passaggio “innovatore e liberatore” dei Francesi nella zona delle Gambarare.

E’ interessantissima, infine, un ultima nota del 1848: il Parroco di Gambarare Don Eugenio Bortoloni si mise alla testa di 400 uomini armati di Gambarare, e presero in ostaggio il locale Commissario Distrettuale degli Austriaci per difendere le loro ragioni.

Forti quelli di Gambarare !






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