“Una curiosità Veneziana per volta.” – n° 158.
“La cesètta della Madonna dell'Arsenale.”
Stavolta vi dico proprio poca ròba, “quatro àche”, “Butèmo l’òcio su l’argomento”… e niente di più ... Come sempre senza pretese.
La chiesetta della Madonna dell’Arsenaleè un tipico “caso Veneziano”, e la sua breve storia riassume alcune notizie proprio caratteristiche e secondo me curiose della Storia di Venezia.
Tutto iniziò nell’animato e vissutissimo Sestiere di Castello presso la “Caxa dell’Arsenal” un po’ prima della metà del 1500. Nel giugno 1537 il Senatodecretò che le numerosissime elemosine che pervenivano alla Chiesetta della Madonna “miracolosa” venissero destinate all’Ospedale della Pietà che si trovava in difficoltà economica.
Perché si decise così ?
Perché nella Contrada proprio accanto alla Porta dell’Arsenal stava accadendo ormai da un certo tempo un progressivo concorso di popolo, e si stava celebrando un gran numero di Messe, tanto da preoccupare seriamente il Piovano Antonio Contarini e il Capitolo della Contrada di San Martin di Castello(chiesa per antonomasia degli Arsenalotti per via della sua vicinanza con l’Arsenale) che vedevano diminuire le loro rendite ed elemosine a causa di “quel grande abuso esercitato in casa loro a loro insaputa e senza il loro permesso”.
Venezia non era affatto nuova a situazioni del genere … anzi ! … Ma i soldi erano soldi … E che diamine ? … Cos’era quella novità ? … Un danno di certo ai Preti di San Martin ... e siccome il fenomeno non sembrava volersi arginare, ancora quasi vent’anni dopo, intervenne di nuovo e perfino Vittore Putrolano Vicario del Patriarca di Venezia Gerolamo Querini che passò a misure più severe promettendo la scomunica e una multa di 10 ducati d’oro a chiunque avesse osato ancora celebrare Messe davanti “a quell’immagine miracolosa dell’Asenal” senza il permesso (e la percentuale dovuta) del Piovano e del Capitolo di San Martin.
Accipicchiolina ! … A ciascuno il suo ! … No ?
Come capitava di solito a Venezia e altrove, era spuntata presto anche un’immancabile Leggendache narrava di un antico affresco della Santa Vergine Madonna(andato perduto) dipinto su una lesena esterna del muro di cinta dell’Arsenale, che venne ricoperto da una nuova pittura raffigurante San Marco. Il giorno dopo il restauro e la ridipintura, il dipinto con l’effigie di San Marco risultò sorprendentemente svanito, ed era ricomparsa la solita immagine della Madonna di sempre. Ci fu perciò tutto un accorrere di Veneziani fedeli e no per vedere dal vivo quel “prodigio”, e fu così che … “da cosa nasce cosa”… venne a crearsi una nuova “devozione” che generò ovviamente anche un consistente flusso di offerte ed elemosine tale da poter permettere l’edificazione di un’apposita chiesetta sul posto dedicata alla Madonna dell’Arsenale.
Figuriamoci i Preti del Capitolo di San Martin ! … furibondi ... oltre che risentiti, e per nulla arresi a rinunciare ai loro “diritti”.
Infatti, ancora nel successivo 1562, era ben noto a tutti i Veneziani che nella Ciesèta della Madonna dell’Arsenale non si poteva assolutamente celebrare Messa per rispetto alle severe disposizioni della Curia Patriarcale ... I Preti di San Martin l’ebbero vinta solo a metà: niente Messe a pagamento su quel posto troppo accanto al loro, ma la Chiesetta della Madonna Miracolosasorse lo stesso proprio appiccicata, sulla Porta da Mar, la sontuosa Porta d’Acqua dei Leonidell’Arsenale(i Leoni collocati fuori dell’Entrata dell’Arsenale provengono dalla Grecia e mostrano alcune antiche quanto misteriose scritte runiche interessantissime), presso le Torri di Levante della Caxa dell’Arsenal dei Veneziani… e non fu poco.
In alcune vecchie mappe e stampe di Venezia, compresa quella famosissima del De Barbari la chiesetta dell’Arsenale non appare affatto, e ci sono stati celebri pittori e vedutisti Veneziani che nelle loro opere giovanile non la “visionarono e dipinsero”, mentre in quelle successive realizzate verso l’ultimo quarto del 1500, la rappresentarono puntualmente. Sembra di poter dire quindi che la chiesuolaè stata costruita in concomitanza con l’ampliamento e la costruzione dell’Arsenale Nuovissimo, al tempo in cui si edificarono le grandi Tese(tettoie) dette “Gaggiàndre”(Tartarughe), quando si provvide anche a riqualificare tutta l’area prossima all’Entrata Ufficiale dell’Arsenale.
In quella stessa occasione vennero rifatte anche le Due Torri laterali (1574) su cui s’incardinavano i grandi cancelli lignei che proteggevano e permettevano l’entrata delle navi oltre il Ponte del Rastrello, dove c’era il Ponte levatoio rappresentato in molte vedute e stampe famose, e Antonio Da Ponte provvide a sistemare e ampliare i luoghi delle Corderie soprannominate “la Tana”(1579-91).
A differenza di quanto si dice spesso: la Cièsetta della Madonna dell’Arsenalenon fu affatto un Santuario, ma solo una chiesetta, anzi: un Oratorio dedicato alla Beata Vergine, posto sotto la custodia dello Spedale della Pietà, e sotto la diretta Giurisdizione del Primicerio di San Marco, ossia alle dirette dipendenze del Dogedi Venezia in persona.
Vi potrà sembrare quasi impossibile, e comunque sorprendente sapere, che ancora nel 1718 e nel 1727, quando si inaugurò dentro l’Arsenale un nuovo altare, e si voleva fondare per gli Arsenalotti una nuova Confraternita-Sovvegno-Schola-Suffragio nella Cappella dell’Arsenale, ci fu ancora il solito Capitolo dei Preti di San Martin di Castello che presentò istanza direttamente al Consiglio dei Dieci lamentandosi delle perdite economiche che avrebbe subito “a causa di quell’improvvida novità” ... Così come poco dopo ci furono anche le proteste della Schola del Santissimo di San Martin(ovviamente), che chiese e ottenne l’intervento dello stesso Consiglio dei Dieci segnalando irregolarità e abusi economici della Schola dell’Assunta della Madonna dell’Arsenalea danno di quella del Santissimo di San Martin.
In entrambe le occasioni il Consiglio dei Dieci, immagino spazientito e un po’ scocciato, ribadì la Giurisdizione Dogale sul “Tempietto dell’Arsenal”, e la destinazione irreversibile di tutte le elemosine raccolte in quel posto all’Ospedale della Pietà, e intimò al Capitolo dei Preti e alla gente di San Martin di evitare ingerenze negli affari della Madonna dell’Arsenale. Questo per dirvi che ancora dopo secoli, non s’era spenta quella brama d’intascare e governare non solo il denaro, ma anche le attenzioni e il flusso devozionale ininterrotto del popolo dei Veneziani che aveva procurato e generato quella Madonnina dell’Arsenale.
La chiesuola, a dire il vero, era un po’ modesta e spoglia in se, come tutte le chiese di Stato di Venezia, e presentava di fuori un profilo pomposetto classicheggiante affacciato sul Campo dell’Arsenale. Nell’intenzione del progettista e realizzatore scopiazzò lo stile e immagine di un Tempietto Greco-Romano, con timpano sovrapposto alla facciata, e finto portichetto laterale a lesene affacciato proprio sul Rio dell’Arsenale, che allora si chiamava, invece, proprio: Rio della Madonna. In cima alla facciata si posero ovviamente un paio d’Angeli e l’immagine della Madonna dell’Arsenale, mentre all’interno si realizzò un unico altare ornato da una pala-tavola dipinta da Bartolomeo Scaligero che realizzò una “Madonna con San Giovanni Battista”(ora conservata alle Galleria dell’Accademia di Venezia).
Oltre a quell’opera, sulle pareti interne della chiesuola non c’era granchè: solo un paio d’opere prodotte da Pietro Antichio: ossia una “Natività” e una “Presentazione al tempio di Maria”... Non c’era altro.
Quel che è interessante, invece, era che la facciata esterna della chiesetta era tutta decorata da stemmi Veneziani e da immagini classiccheggianti forse di figure mitologiche, ma soprattutto da un evidentissimo e massiccio “Leòn andante de San Marco”o forse “un Leòn in molècha” che era il Logo, il tipo, quasi il marchio di fabbrica vistosissimo dell’appartenenza alla Serenissima.
Se ci fosse stato ancora qualche dubbio per qualcuno: quella plastica visione glielo toglieva del tutto. Lì ci si trovava in faccia all’Arsenale: la “Caxa de Veneziani”, il “Luogo dell’immenso lavoro”, il "Cuore dello Stato Veneto"come lo definì il Senato della Repubblica in una legge del 1520 … Non era affatto poco.
Sapete bene che l’Arsenale contava tantissimo per i Veneziani e la Serenissima. E non soltanto perché era in se una cittadella nella città che finì con l’occuparne quasi un quarto, ma perché era: CASA di tutti, ossia indicava l’appartenenza a una corporeità cittadina unica ed espansa. Venezia Serenissima era di tutti, e veniva formata e inventata e potenziata e difesa da tutti. Nell’Arsenale, come in altri luoghi di Venezia, si riassumevano le aspirazioni che stavano più a cuore dei Veneziani, lì dentro Venezia si giocava una parte importante di se stessa.
Gli Artieri dell’Arsenale, gli Arsenalotti, era quindi fra i protagonisti che avevano inventato la Storia di Venezia, quasi dei cofondatori della Repubblica. Non erano, infatti, un caso che fossero stati rappresentati e riassunti visibilmente negli Arconi della Basilica Dogale di San Marco: perché nei secoli dei secoli tutte le generazioni dei Veneziani vedessero e sapessero.
L’Arsenale quindi con il suo popolo Veneziano che quotidianamente lo faceva vivere, era non solo un “fiore all’occhiello”, un orgoglio della Serenissima, ma anche un punto di forza, un angolo magico della città attraverso il quale Venezia s’impadroniva del Mare. L’Arsenale era lo strumento espanso che generava la sua flotta e il suo predominio Mediterraneo. La Serenissima ha sempre saputo bene di non possedere e di non essere l’Invincibile Armada, ma era consapevole che con le sue Mude Commerciali Armate che pendolavano fra Mediterraneo, Oceano, Africa, Europa e Oriente lei poteva essere“padrona” dell’Universo di allora.
In caso di necessità l’Arsenale della Serenissima sapeva “sfornare” una Galìa perfetta e armata di tutto in meno di un giorno soltanto. E quello era un successo e un vanto: un punto di successo e forza che faceva invidia e generava imitazione dell’Europa intera ... e anche oltre.
Venezia è sempre stata pratica e concreta, ha sempre guardato a vincere e guadagnare combattendo battaglie su piani e secondo prospettive diverse.
E poi c’era anche un’altra cosa plasticamente riassunta ancora una volta nella visione di quella Cièsetta dell’Arsenale: il connubio funzionale di Sacro e Profano che a Venezia funzionava. In un luogo col “logo-Leòn” che sponsorizzava San Marco ci stava e riconosceva sia il potere del Doge e della Signoria, che la “manina Santa e Protettiva della Chiesa”, che così benediceva, e poneva sotto alla protezione Celeste e della Madonna tutto quanto succedeva dentro a quel benedetto Arsenale: e non solo remi, barche, vele e cannoni … ma anche le intenzioni, i propositi e i progetti che lì dentro scaturivano in nome dello Stato Serenissimo, ma anche della Religione. (pensate, solo ad esempio, all’apporto navale che Venezia ha dato alle Crociate e a tutto il movimento dei Pellegrinaggi da e per la Terrasanta).
L’Arsenalealla fine era per davvero, per i Veneziani e non solo: Porta del Paradiso, passaporto per uscire da ogni Inferno, e saòvacondotto per evadere o scansare ogni Purgatorio. L’Arsenale della Serenissima quindi, è stato per secoli un gran capolavoro, non solo architettonico e d’ingegno, ma anche uno splendido esempio di suggestioni e consapevolezze Veneziane.
napoleone, che stupido non era, anche se a guardare ciò che ha fatto a Venezia sembrerebbe proprio di si, intuì per bene che quella piccola chiesetta aveva un particolare significato per i Veneziani. Quella facciatina accanto all’Arenale celava qualcosa d’importante e simbolico: sintetizzato ciò che era e voleva essere Venezia Serenissima. Infatti, non ci pensò su due volte, e tirò giù la chiesètta fra le prime cose che decise d’abbattere in Laguna con la scusa che serviva allargare lo spazio per le manovre e il passaggio delle navi (cosa non vera visto che non venne realizzato alcun slargo se non quello della riva vuota accanto al ponte). Si era consapevoli, invece, che con quel semplice gesto si infliggeva un altro colpo all’orgoglio dei Veneziani. Quella cancellazione fu di certo anche un gesto punitivo, l’ennesima privazione-scalpellazione di un segno della memoria, di quell’insegna Civico-Religiosa che riassumeva e rappresentava l’idea di San Marco e della Serenissima.
La chiesètta della Madonna dell’Arsenale venne spazzata via per ridurre, minimizzare e cancellare i segni dei secoli gloriosi vissuti dalla Repubblica Serenissima. Fra il 1808 e il 1809, infatti, la chiesetta fu presente nella lista dei “luoghi sacri inutili” da chiudersi e abbattersi. Tutti gli arredi sacri e le opere d’arte contenute nella Madonna dell’Arsenale vennero trafugati e dispersi: una statua di Gerolamo Campagna venne traslocata presso l'Abbazia de la Misericordia in Contrada di San Marcillan nel Sestiere di Cannaregio, giusto dall’altra parte della città … Dopo si abbattè il Tempietto dell’Arsenale, e si cambiò perfino l'antico nome del rio che le passava accanto, che divenne così ancora odierno Rio de l'Arsenal.
Ma chi è che frequentava e utilizzava maggiormente quella chiesetta quando c’era ?
Era una chiesetta soprattutto degli Arsenalotti, delle Maestranze dell’Arsenale ... e delle loro famiglie.
Il termine Maestranze dell’Arsenale era un titolo che riassumeva in se molte figure e Arti, cioè ne faceva parte un gran numero di persone. Per secoli su ogni nave da guerra veneziana doveva sempre viaggiare tre Màstri: un Marangon da Nave, un Calafàto e un Remèr… Sempre per secoli gli Arsenalottimontarono per antico diritto la guardia indefessa al Doge e al suo Palazzo Ducale, lo portavano “in pozzetto” a spalla e in giro per tutta Piazza San Marco il giorno dell’elezione perché munifico beneficiasse la folla dei Veneziani … Lo accompagnavano nei cortei e nelle sfilate fornendogli barche, security e sostegno, e puntuali scandivano con la loro presenza ogni evento della Repubblica Serenissima ... Gli Arsenalottiinoltre furono per secoli il Pronto Intervento, i Pompieri di Venezia che spesso principiava ad ardere come un fiammifero, erano i primi Soccorritori in caso di necessità, calamità naturali e annegamenti … All’apice dell’efficienza della storia e della vita dell’Arsenale, i circa duemila, ma anche tremila-quattromila addetti svolgevano funzioni che andavano anche oltre le mura della Caxa dell’Arsenal: nel marzo 1597, ad esempio, gli Arsenalotti ricevettero l’ordine di “riacconciare strade e fondamente di Venezia, i ponti e il Ponte di Rialto”, ma anche di “ … recarsi ad operare fino a Portogruaro e Cordovato, per le quali transitano persone e mercanzie che vanno e vengono di Germania …”
Ve li immaginate gli Arsenalottie le Arsenalottedi Venezia ?
Vivevano in buona parte stretti e accorpati nelle vicinanze dell’Arsenale costituendovi intorno una vera e propria cintura protettiva (andate a vedere le caxette degli Arsenalotti e delle Maestranze dell’Arsenale nella Contrada di San Martin de Castello, in Campo de le Gorne, proprio a ridosso delle antiche mura merlate dell’Arsenale. Sull’architrave di certe porte si possono ancora riconoscere incise sulla pietra le destinazioni all’uso riservato del “CAPPO M.RO ALLE SEGHE", o al Proto dei Segatori ... Così come in zona c’erano i loro Ospizi e Hospedaètti riservati ai vecchi Marineri e agli Artieri dell’Arsenale), ma vivevano anche sparsi in ogni Contrada della città, fino alle più periferiche dalla parte opposta dell’arcipelago Veneziano.
Schola e aggregazioni di Arsenalotti sono stati ospitati nella chiesa Conventuale dei Carmini a Dorsoduro, o nell’altrettanto Conventuale chiesa e chiostri degli Agostiniani di Santo Stefano, o nella chiesa Domenicana dei Santi Giovanni e Paolo ossia San Zanipolo, nelle quali si associavano e partecipavano spesso anche i Magistrati, i Proti e Patron dell'Arsenal.
Intorno all’Arsenale sorgevano come a corona protettiva, a “salvagente e presidio avvolgente”, e per “protezione Celeste sulla Caxa di tutti” un cospicuo numero di chiese e Monasteri che di fatto quasi abbracciavano l’area dell’Arsenale da ogni parte: le Benedettine di Sant’Anna, le Cistercensi della Madonna Celeste ossia la Celestia, le Monache Agostiniane delle Vergini, i Canonici di Vienna di Sant’Antonio Abate, i Francescani Minori Osservanti e Mendicanti di San Francesco della Vigna, i Paolotti o Minimi di San Francesco di Paola(nell’attuale Via Garibaldi di Castello proprio a pochi metri dalle mura dell’Arsenale e dalle Corderie), le Canonichesse di San Daniele, i Padri Domenicani di San Domenico di Castello(sede dell’Inquisizione Veneziana) solo per citarne alcuni e non tutti.
Proprio lì attaccata all’Arsenale, appena fuori delle sue porte, c’era perfino la Contrada e la Casa del potente Vescovo di Olivolo di San Pietro di Castello, il cui campanile veniva utilizzato come faro marittimo (oltre che per indirizzare il contrabbando acqueo organizzato nelle vicine Contrade). Il Vescovo poi Patriarca con tutto il suo Clero era di fatto anche lui “casa-bottega”, e non solo di nome, con le strutture dell’Arsenale, e pure nel suo territorio vivevano buona parte degli Arsenalotti.
Erano quelli i luoghi che frequentavano di continuo e ogni giorno gli Arsenalotti… oltre a qualche bella Osteria o Magazèn da Vin, e qualche bella donnina in qualche angolo di Venezia, e i piccoli e grandi affari sotto ai portici di San Marco e dell’Emporio di Rialto.
Quasi come api operose gli Arsenalotti s’affollavano nelle zone e contrade circostanti l’Arsenale già fin da prima dell’alba e fin parecchio dopo il tramonto col termine del lavoro. Possedendo sensibilità e bisogni ben diversi dai nostri di oggi, s’intrattenevano a lungo nelle chiese che ospitavano le loro Schole d’Arte e Mestiere prima del suono della Torre della Campanelladell’Arsenaleche dava inizio e fine al lavoro degli Arsenalotti. Suonava due volte al giorno: alla mattina e nel primo pomeriggio per chiamare gli artigiani disponibili a lavorare a giornata, mentre l’altra metà giornata era scandita da distribuzioni di vino, paghe e legname ai lavoratori.
Insomma la vita degli Arsenalotti e delle Arsenalotte era in gran parte tutto un dentro e fuori dall’Arsenale e dalle Schole e chiese che c’erano nei paraggi … ed erano parecchie, per tutti i gusti.
Presso la chiesa e Convento di Sant’Anna di Castello, a soli due passi dall’Arsenale, era ospitata la Schola de Sant’Anna e San Gioachìn delle Maestranze dell’Arsenale che associava parte dei Compagni attivi nella “Caxa”, ossia i Marangoni da Nave, i Calafàti, i Remèri e i Segadòri ... I Calafài e i Marangoni da Nave costituivano circa l'80% delle Maestranze dell’Arsenale.
Inizialmente il Capitolo degli Arsenalotti venne ospitato provvisoriamente nella chiesa di San Silvestro presso l’Emporio di Rialto, e lì approvò la spesa per finanziare la Festa dei Santi Gioachin e Anna, e la costruzione di un nuovo pulpito nella chiesa di Sant’Annadi Castello, che era stato demolito proprio per fare spazio al loro nuovo altare (1621) che divenne quello Maggiorecon pala dipinta rappresentante i Santi Protettori degli Arsenalotti: Sant’Elisabetta Patrona dei Marangoni da Nave, i Santi Marco e Foca Patroni dei Calafàti, San Bartolomeo Patrono dei Remèri, e Sant’Isidoro Patrono dei Segadòri.
Subito dopo gli anni della Peste che decimò Venezia (1636) si costruì: "nell'ultima parte del rio, nel proprio recinto, vicino alla chiesa nuovaanche una sede per ospitare la Schola delle Maestranze dell’Arsenale … con due soleri (piani) all’interno: uno per la Sala Capitolare, e l'altro per la Sala dell'Albergo ... e si decretò sulla Mariegola di far cantare una Messa Solenne ogni seconda domenica del mese con Processione degli Arsenalotti lungo tutta la Contrada”.
Ancora nel maggio 1765 le Monache del Sant’Anna supplicarono i quattro Gastaldi delle Arti dell’Arsenale: “acciò accettino nella loro Cappella due brazaletti dorati et a loro spese facciano la seconda lampada di ottone”... Le Arti ovviamente accettarono all’unanimità.
Nella chiesa di Sant’Antonio Abate, invece, accanto alla quale sorgeva l’Ospedàl di San Nicolò dei Poveri Invalidi Marineri, trovò spazio fin dalla fine del 1600 il Sovegno d’Arte e Mestiere di San Giuseppe e Sant’Antonio dei Marangoni da Nave dell’Arsenale: la solita statistica del 1773 contava la presenza in città di circa 700 Marangoni da Nave.
Sempre nella stessa chiesa dei Reverendissimi Padri Canonici di Sant’Antonio di Castello (che non esiste più, abbattuta dai Francesi per fare i Giardinetti pubblici) ebbe storia e vicende l’antica Schola della Madonna del Soldo degli Arsenalotti, ossia la Schola del Santissimo Nome di Maria, cioè la Confraternita degli Schiavi della Beata Vergine delle Maestranze dell’Arsenale… Sempre e ancora loro: gli Arsenalotti !
La Mariegolatarda, del 1711, dopo aver accuratamente elencato i Guardiani e i Cappellani della Schola, racconta le origini e le aggregazioni dell’agosto 1685 realizzate dagli Arsenalotti: “… L’anno 1685, alli 5 di agosto, per un furioso vento e tempo subitaneo accaddero nella nostra città di Venezia diverse rovine, tra le quali nella Cattedral e Patriarcal Contrada de Castello cadde un muro in seco marina che segnava il confine del Monastero delle Reverende Monache di Sant’Anna, che rovesciandosi sopra d’una imagine (Anconeta) di Maria Vergine fitta in un capitello del detto muro, fu cavata illesa et intatta da un tal Piero d’Agostin, detto il Zotto Tabacco, solito a visitar con pubbliche orazioni simili imagini o capitelli fitti nei muri per le strade, e quello con gran devotione, accompagnato da lunga schiera de fanciulli, huomini e donne, processionalmente la depositò sopra un altare della chiesa di Sant’Antonio di Castello, dove ogni giorno concorrevano molti a venerarla. Così che, crescendo sempre più la detta divotione per opera et assistenza del detto Zotto, s’unirono diverse Maestranze dell’Arsenale ivi vicine, chiamandosi tutti Fratelli sotto la protezione della Vergine, offerendo quotidianamente oglio, candele et elemosine, assistevano con tutto cuore al mantenimento di quell’altare.
La fama di questa miracolosa imagine arrivò per tutta la città, che a maggior Gloria di Dio e della Vergine Santissima tutte le Maestranze dell’Arsenal, persuase dal sopradetto Zotto, formormo veramente una Schola di devotione sotto il titolo e protezione del Santissimo Nome di Maria. Intanto il Nobil Homo Ser Bortolamio Ruzini, allhora Eccellentissimo Patron dell’Arsenale, con contento e religiosa cura si esibì Fratello e Protettore, intraprendendo l’assunto di stabilir perpetue Leggi e Regole per fondar detta Schola. Perciò le dette Maestranze giurorono di unitamente tutti ascriversi, e qualunque in eterno che per l’avenire entrassero come Maestranze dell’Arsenale; e che per il mantenimento di essa Schola lascieranno un soldo per uno alla settimana della sua paga che tirrano dal Prencipe.”
Qualche anno dopo gli stessi della neonata Schola della Madonna del Soldostrinsero un accordo con il Capitolodi Sant’Antonio de Castelo che concesse loro in uso l'Altare delle Reliquie, un'arca per la sepoltura dei Compagni, e l'anno seguente si fece Mariegola approvata da 119 Calafàti“de parte” (favorevoli) e 26 “de non” (contrari), 81 Marangoni da Nave(Carpentieri)“de parte” e 80 “de non”, 51 Remèri“de parte”e 12 “de non”, 63 Segadòri “de parte” e 0 “de non”… per un totale di 439 iscritti votanti della Schola del Soldo.
Perché del Soldo?
Semplicemente perché gli Arsenalotti si autotassavano offrendo settimanalmente un soldo alla Schola per garantirsi un po’ di assistenza in caso di vecchiaia e malattia, e per sovvenzionare la concessione di “doti” alle proprie figlie per maritarsi o monacarsi (un po’ improbabile la seconda in quanto era quasi esclusiva delle famiglie Nobili).
Solo nel 1771 il Consiglio dei Dièse autorizzò la Schola a trasferirsi nella chiesa di San Biasio dei Forni(sull’attuale Riva dei Sette Martiri), ma quelli della Schola si pentirono subito della scelta, e chiesero di ritornare a Sant’Antonio di Castello offrendosi anche di comprarsi la propria vecchia sede. Nel frattempo, però, la Serenissimaaveva messo all’incanto il Convento di Sant’AntonioAbatecon i vicini edifici sacri, e l’offerta della Schola dovette risultare insufficiente perché nel 1781 la Schola si rassegnò a rimanere a San Biagio dei Forni costruendovi un proprio altare, e pagando per far costruire “nuovi segnali e aste”con sulla sommità le insegne e le miniature degli strumenti delle Quattro Maestranze de la Caxa dell’Arsenal.
Sempre in San Biagio dei Forni sul Molo di San Marco venne ospitata anche la Schola-Sovvegno della Croce dei Caneveri o Cordovanèri o dell’Arte dei Cardatori della Tana dell’Arsenale(a Venezia in antico s’importava la canapa dalla foce del fiume Don detto anche Tanà o Tanài). L'Arte dei Conzacanevi associava gli Arsenalotti che fabbricavano cordami, gomene e sartiame per le Galee della Serenissima nei grandi ambienti delle Corderie ossia della “Tana dell’Arsenale” sotto l’egida dei Visdomini della Tana.
Inizialmente l’opera della Tana delle Corderie con l’Arte dei Filacaneve si trovava nella Contrada di San Geremia nel Sestiere di Cannaregio dall’altra parte della città. Un’altra “Tàna o Casa del Cànevo” o altra Schola simile, si trovava fin dal 1233 presso la Contrada di San Giovanni in Bragora di Castello. Era la Schola di San Bernardino dei Filacanevi o Filatori di Canape della Tana: una fra le più antiche e durature Arti Veneziane, che ancora nel 1797, sul baratro della fine della Serenissima, contava 379 iscritti quasi tutti Mastri, e una cinquantina di Garzoniche operavano oltre che nell’Arsenale anche in 210 botteghe sparse per tutta Venezia.
Le monumentali “Corderie della Tana dell’Arsenale" arrivarono e sono lunghe tutt’oggi oltre 300 metri di lunghezza, e nei suoi soppalchi s’immagazzinava la canapa grezza utile per produrre le gomene delle navi, corde di ogni tipo, e fino alle funicelle delle balestre da combattimento.
Presso le Canonichesse di San Daniele Profeta, invece, aveva sede la Schola dei Marineri o della Madonna della Marina… Peregrinante per tutta Venezia fin dal 1307 (San Bartolomio di Rialto dove andandosene vendette il suo altare alla Schola del Santissimo per 1800 ducati, San Giovanni Elemosinario in Ruga a Rialto, San Mattio a Rialto e San Francesco di Paola a Castello), c’era la Schola di San Bartolomio dei Remèri dell’Arsenàl che lavoravano nella Càxa dell’Arsenale guidati dai segnali della Marangòna(la campana dell’Arsenale).
Per essere “approbàto Remèr dell’Arsenal” bisognava essere capaci di realizzare perfettamente un remo in Faggio da Galea, ed essere capaci di allestire timoni, fòrcole e pennoni da nave … I Remèri lavoravano in numero di più di 200 nelle Officine dei Remi situate in due Tezoni dell'area sud-ovest dell’Arsenale in prossimità del Piazàl de Campagna, mentre un’altra Officina dei Remi sorgeva poco distante dalla Officina delle Armi ... Ogni anno la Serenissima ordinava il taglio di 1500-2500 Remi da Galia Sottil, e 300-600 Remi da Galia Grossatramite i Marangoni da Bosco dell’Arsenale. Si ordinavano: “Fagari per Remi da Alpago et Carnia; Nògheri ossia Noci e Olmi per Timoni e Bolzelli dal Mantovano; Roveri da Rovereto e Trento, Cadore, Carnia, Friuli o dall’estero ossia Toscana e Napoletano”.
Per costruire una Galea Grossa si spendevano 17.680 ducati in legname, e 3.534 per una Galea Sottile ... 5.000 Roveri erano stabilmente depositati in Arsenale, di cui 1.000 erano ancora buoni nel 1633 secondo una relazione del Molin: “… a volte sono lasciati tagliati nei boschi o sulle rive dei fiumi per anni per cui vengono condotti non buoni e valgono solo a occupàr e non servir la Caxa.”
Ancora nel 1604 a Venezia, quando ci si lamentava che i remi di riserva nelle Galee Veneziane erano troppo pochi, e venivano realizzati troppo sottili quindi non capaci di resistere alle burrasche, esistevano 20 Remèri de Fuòra che producevano remi per le gondole e barche per il trasporto di merci cittadine in 19 botteghe, e 120 Remèri da Dèntro ossia dell'Arsenal che provvedevano ai remi e agli accessori delle Fuste e delle Galee dell’Arsenale ... Nel 1773, invece, i CapiMastri Remèri erano 213, e i Garzoni Remèri: 31, mentre la Schola dei Remèri per comodità teneva le sue riunioni periodiche o nella chiesa di Sant’Antonin de Castello, o nell’Ospedàl dei Veci Marineri di Sant’Iseppo(San Giuseppe) sempre di Castello.
I Remeri dell'Arsenal in quanto “Maestranze Pubbliche” erano esentati dal pagamento delle tasse, compravano fuori di Venezia il legname di faggio per i remi, metà del quale veniva messo a disposizione dell'Arte, mentre l'altra metà veniva distribuito per l’uso personale ... Il giorno della Festa del Patrono: "… tuti del Mestier che sia in stà tera, debia venir al cancelo a tuor el so pan e pagare la luminaria …”(1461)… Nel 1500 i Rematori protestarono col Senato della Serenissima che venne così a sapere che alcuni Ufficiali della Flotta si appropriavano della legittima quota del bottino dei Rematori battendoli e ingiuriandoli. Gli Avogadori da Comun stabilirono che gli Ufficiali colpevoli venissero esclusi da ogni incarico per 5 anni, e ripagassero i Rematori di quanto sottratto aggiungendovi un ulteriore 25% come rimborso per le offese subite.
Un’altra Fraglia e Aggregazione degli Arsenalotti: la Scuola dei Marangoni da Nave in proprio o dell'Arsenal o "Schola Marangonorum Navium de Venetiis" venne fondata sotto il simbolo dell’Ascia nel lontanissimo 1260 trovando un primo spazio presso quella che divenne la Schola Granda de la Carità nel Sestier de Dorsoduro ... Visto comunque il numero e la diffusione in città degli Arsenalotti Marangoni da Nave, si utilizzarono arche per le loro sepolture collocate in diversi posti di Venezia, ad esempio nella chiese di Sant’Anna,San Piero, in San Martin, San Domènego de Castèo dove esisteva un apposito Sovegno per i Poveri dell’Arsenale, a San Giacomo de la Zuèca, nel chiostro dei Francescani di San Francesco de la Vigna, in San Francesco di Paola, in San Biagio dei Fornisul Molo di San Marco, alla Carità e ai Carmini a Dorsoduro, e ai Santi Filippo e Giacomo nei pressi di San Marco.
I Marangoni da Nave o Appontadòri dell'Arsenale erano esentati da servizio nella Milizia da Mar, ma dovevano imbarcarsi in due su ogni nave per provvedere alle riparazioni durante la navigazione Mediterranea o oceanica. I Marangoni da Nave potevano esercitare anche in proprio, ma dovevano recarsi tutti i giorni in Arsenale dove un’assenza superiore a 8 giorni, fosse stata anche per malattia, comportava riduzione dello stipendio ed anche l’espulsione.
Nel 1317, quando secondo la Promissione Dogale del Doge Giovanni Soranzo i Marangoni da Nave avevano l’obbligo di fornire dei Mastri Marangoniper lavorare per tre giorni alla costruzione e riparazione del Bucintoro e altre imbarcazione di palazzo avendo in cambio solo da mangiare e da bere, la Schola dei Marangoni da Navesi trasferì presso la chiesa e Convento dei Carmelitani Calzati(Carmini presso Campo Santa Margherita a Dorsoduro) dove oltre ad essere resi partecipi dal Provinciale dei Carmelitani di Lombardia dei “Benefici Spirituali dell'Ordine Carmelitano”, ottennero anche la possibilità pagando un affitto rinnovabile ogni 29 anni, di organizzare le loro cene sociali in occasione della Festa Patronale, di usufruire della Sala del Capitolo dei Fratia pianoterra per tenere le proprie riunioni, e di costruire alcune tombe per seppellire i Compagni della Schola in due aree apposite. I Frati Carmelitani in cambio s’impegnarono a cantare solennemente per i Marangoni da Nave una Messa Conventuale e un Vespro in caso di Funerali di ciascuno Confratello, anche se la sepoltura fosse avvenuta altrove, e una Messa Solenne il giorno della Festa Patronale utilizzando i paramenti messi a disposizione dalla stessa Schola.
Nel 1405 l’Arte dei Marangoni da Nave, che prevedeva per i propri iscritti infermi un risarcimento economico, e un compenso per chi li assisteva, si divise dal gruppo dei Segadòri dell’Arsenale, che costituitisi in Compagniapropria andarono a trovare sede nella chiesa di San Martino di Castellodopo essere passati per Sant’Apollonia e Santo Stefano dove avevano un altare "desolato et cadente".
Nel 1607 anche il gruppo degli Squerarioli di San Trovaso litigò con Marangoni da Nave e Calafàti o Pegolotti mettendosi in proprio ... Tuttavia nel 1797 “al scadèr de la Repubblica”, in città c’erano ancora circa 800 Marangoni da Nave iscritti alla Schola dell’Arte, mentre erano circa 500 i Calafàti o Pegolotti.
Come accadeva di frequente a Venezia, i Marangoni da Nave finirono col contrastare con i Frati dei Carmini giungendo “ad arbitrato” nel 1563 per via delle spese sostenute per costruire un Albergo della Schola “in una porzione del Convento affacciata sul Campo dei Carmini confinante da un lato con la Schola dei Compravendi pesse e dall'altra con l'entrata dello stesso Convento”. All’interno dell’Albergo della Schola dei Marangoni da Nave c’erano inoltre un Altare con Pala dell’Arte, alcuni dipinti, sedili attorno alla stanza "soazati di noghera", un soffitto "soazado a quadri, dipinto in rosso, con le sue ruòse", e nel Campo prossimo dei Carmini c'era un "abate di pièra per metter el penòn de la Schola".
La categoria dei Marangoni da Navecomprendevano pure una trentina di Mastri agli Albori o Alboranti che realizzavano e riparavano gli alberi delle Galee e delle altre navi lavorando nei quattro tezòni bassi a l'Isolotto che si trovavano nell'area est dell’Arsenale confinanti con i Tezoni de le Gagiandre; gli addetti ai Pennoni delle Navi ossia i Penòni o Mastri Pennini, nonché il gruppo dei Tagèri addetti alle carrucole per le manovre delle barche e delle navi.
Quando lasciarono i Carmini, i Marangoni da Nave si spostarono nella chiesa e Convento di San Zanipolodall’altra parte della città, ossia presso i Domenicani Inquisitori e Predicatori dei Santi Giovanni e Paolo, nel Refettorio dei quali tennero Capitolo per trent’anni, fino a quando vennero fermamente invitati ad andarsene “per l’uso indebito e disonesto che facevano del luogo”. Si rifugiarono allora in un altro locale dell’amplissimo Convento degli stessi Domenicani, ma vennero ugualmente sfrattati nel 1641 perchè la loro sede ostacolava il passaggio della Processione della Festa del Rosario quando si teneva nei chiostri a causa del cattivo tempo ... Per secoli, il giorno della ricorrenza della Visitazione della Madonna a Santa Elisabetta Patrona dell'Arte, i 600 Marangoni da Nave dell’Arsenale tennero la loro spettacolare Processione in giro per tutte le Contrade del Sestiere di Castello.
Quando nella catena-filiera della costruzione delle Galee i Marangoni da Nave avevano ultimato la realizzazione dello scafo, entravano in azione i Calafàti o Calafài o Pegolòttiche applicavano “stròpe (stoppe) nei chimenti o comissure dei legni” prima d’impeciarle rendendole stagne.Costoro erano consociati nella Schola e Sovegno della Beata Vergine della Purificazione e San Marziàl dei Calafati dell’Arsenale, e si distinguevano in: “Calafài da fìgger o ficcàr” ossia: che inchiodavano, e “Calafài da màgio o calcadùra” ossia: “ristoppadòri de navigli”che riempivano le fessure delle navi provvedendo poi a impeciarle.
Nel 1569 e nel 1577 il Senato della Repubblicaconcesse prima un premio di due soldi al giorno ai 237 Marangoni da Navee ai 790 Calafàti dell’Arsenale, e poi un secondo di ben 1.500 ducati perché col loro pronto intervento avevano spento subito un incendio nella “Caxa de l'Arsenal”, e un altro a Palazzo ducale… Nel 1605 furono ammesse alla Schola anche le mogli dei Calafàtti a patto che pagassero la prevista “Tassa di Luminaria”, in cambio venivano accompagnate a sepoltura da tutti quelli della Schola … Sessant’anni dopo la Schola finanziò la costruzione di un altare nella chiesa di Sant’Iseppo di Castello, mentre nel 1682 acquistò una lampada d'argento per l'Altare della chiesa di San Martino dove ogni giorno i Calafati se recavano a Messa di mattina presto prima di recarsi a lavorare pagando al Capitolo dei Preti per una Mansioneria Perpetua di Messe Quotidiane, e dove nel 1722 la stessa Schola dei Calafài chiese e ottenne dal Capitolo dei Preti di finanziare e gestire l’acquisto e la distribuzione dell’Olivo Benedetto nella Domenica delle Palme, nonchè la benedizione e distribuzione delle candelette nella Festa invernale della Madonna Candelòra del 2 febbraio … Nel 1752, invece, i Calafati provvidero ad aiutare economicamente il Capitolo della chiesa di San Biasio dei Forni sul Molo di San Marco che intendeva ricostruire la propria chiesa, chiedendo in cambio anche lì un'arca per seppellire i propri Compagni Morti.
I Segadori dell’Arsenale o da Legna viceversa, misero su la Schola e Fraterna di Sant’Isidoroprima a San Biagio dei Forni e poi ai Santi Filippo e Giacomo nei pressi di Piazza San Marco dove nel 1586tennero un tribolato Capitolo Generale dei Segadòri criticando aspramente “l'utilizzo malsano” delle risorse economiche della Schola. Vennero cacciati via, perciò iniziarono a tenere le loro riunioni un po’ ovunque dove capitava: nell'entrata della "Canonica del Primicerio di San Marco", nella chiesetta di San Zuane dei Furlani, o nell’Oratorio di Santa Scolastica… I turbolenti Segadòrierano circa 200 e quasi tutti di origine Trentina. Di solito non erano ben pagati, e lavoravano a due a due nell’Arsenale prima “a còttimo”con tariffe che variavano secondo la qualità, la misura, e la durezza del legname da trattare, e poi “a ròdolo”(alternanza settimanale di lavoro all’Arsenale o privato)insieme ai Marangoni da Nave per i quali segavano e preparavano i tronchi e fornivano e acconciavano tavole di legno ... Il Gastaldo dei Segadòri teneva un Libro Mastro con la lista dei legni usati in Arsenale elencandone di volta in volta: provenienza, data e uso a cui erano destinati … L’utilizzo “delle legne dell’Arsanà” era controllato da due Provveditori alle Legne eletti dal Maggior Consiglio per 24 mesi e da altri due Sopraprovveditori eletti dal Senato per 12 mesi … Nel 1499 alcuni Segadòri dell’Arsenale disoccupati, nonostante fossero stati ammessi sebbene “Forèsti” alla Schola-Corporazione dei Segadòri ed esentati dal pagare la Benintràda di 20 ducati dell’iscrizione, erano così poveri che andavano questuando in giro per Venezia. La “Banca della Schola dei Segadòri” stabilì che ogni Mastro Segadòr assumesse un Lavoranteo versasse un corrispettivo per i coinvolti in quella trista situazione … Nel 1635 subito dopo la Grande Peste gli “Addetti Segadòri dell’Arsenal” erano ridotti solo a 6, però nella famosa statistica del 1773 se ne contarono circa 205 (il loro numero variò molto fra trenta e il centinaio).
Oltre ai Marangòni da Nave, ai Segadòri, ai Calafàti, ai Remèri, agli Alborantie ai Penniniesistevano anche altre mansioni nell’Arsenale: c’erano i Fabbri, i Bombardieri, secondo la stagione c’erano 150-250 Bastazi o Facchini che percepivano 12-16 soldi al giorno per scaricare zattere e burci, tirare su dall’acqua i legnami, depositare i Roveri e trasportarli alle seghe lavorando in supporto agli Artieri.
Esisteva inoltre un gruppo di circa quaranta donne operaie: le Velère, che tagliavano e fabbricavano vele, mettevano rinforzi, e facevano riparazioni per le Galee e le navi lavorando di taglio e cucito su tessuti pesanti detti Felzidalla tramatura spessa e fitta, e su tele provenienti da Viadana-Mantova, fustagni bianchi prodotti dai Bombasèri Veneziani, o su Canovàzzi Vercellesi. Secondo un dato del 1639, le Velère percepivano: 16 soldi al giorno d’inverno e 18 soldi d’estate, e venivano pagate misurando il lavoro quotidiano, o contando il numero delle ferze o pezze di tela trattate.
Onde evitare promiscuità, contatti, e scandali le Velère lavoravano isolate lontano dalle altre Maestranze dell’Arsenale sotto la sorveglianza di un Ministro, e soprattutto di “un assiduo cane da guardia”: la Maestra delle Velère.
Terminato il lavoro delle Velère, tutto il materiale delle scotte, terzaroli, antimoni, mezane, trinchetti e papafighiveniva inviato presso gli Hospeali dei Mendicanti o degli Incurabili dove le ragazze ospitate provvedevano a completare la rifinitura delle vele. Infine tutto veniva riportato nell’Arsenale, dove le vele venivano bagnate in acqua marina per impedire la formazione di muffe e umidità, poi venivano stese ad asciugare, e quindi immagazzinate nei magazzini delle Veleriedove erano attivi altri 40 Velèri maschi.
Secondo un Libro dei Conti della cucitura delle Vele per l’Arsenale(1625-1669), allestire le vele per una Galea Grossa veniva a costare: 2.400 ducati, mentre ne servivano 909 per armare una Galea Sottile.
Quel che è di certo curioso notare nei vari documenti storici circa gli Arsenalotti e le Arsenalotte, è che ogni giorno prima di recarsi al lavoro e dopo esserne usciti passavano per chiese e Schole per compiere le loro Devozioni, offrire elemosine, e ascoltar Messe.
Ve li immaginate i Metalmeccanici, gli Infermieri, i Marinai o i Camionisti di oggi fare una cosa del genere prima o dopo il turno di lavoro ? Li vedete recarsi ogni giorno a Messa, passare per le chiese, tirare qualche “parte del Rosario”, e preoccuparsi quotidianamente delle elemosine ai poveri o di soccorrere quelli della loro stessa categoria ?
Improbabile no ? Sono davvero cambiati molto i tempi ... oltre al fatto che perfino molte chiese oggi sono spesso “chiuse da notte”, o seguono orario d’ufficio, o aprono solo per i turisti.
Tornando brevemente alla nostra Ciesèta della Madonna dell’Arsenale, va ricordato che anche al suo interno si esprimevano e organizzavano gli Arsenalottie le Arsenalotte. Già vi ho accennato alle numerose elemosine che confluivano in quel posto calamitando gli appetiti del Capitolo dei Preti di San Martin, ma c’è stato anche dell’altro.
Il Tempietto della Madonna dell’Arsenale era un po’ la chiesa di riferimento del “Corpo degli Arsenalotti”, e per questo al suo interno trovarono spazio in tempi diversi ben due importanti Schole fondate, frequentate e gestite dagli stessi: il Sovvegno di Santa Maria Elisabetta delle figlie dei Remèri dell'Arsenale fondato nel 1599, e la più tardiva Scuola della Beata Vergine Assuntadegli Arsenalotti iniziata solo nel 1728 quando ormai la Serenissima stava arrancando verso la sua fine.
Sono entrambe molto interessanti quelle due Fraglie degli Arsenalotti: la prima perché gli Arsenalotti versavano o 26 lire in un’unica contribuzione, o due soldi ogni sabato per cinque anni con lo scopo di finanziare il matrimonio o la monacazione delle figlie dei Remèri. Tramite un apposito Scrivano o Scodidòr raccoglievano i fondi che venivano conservati dentro a una Cassa Armata, uno Scrigno posto in chiesa chiuso da tre serrature. Tre Procuratori della Schola conservavano le tre chiavi, e ogni volta che si raggiungeva la cifra di 100 ducati si provvedeva a versarli in deposito nella Zecca della Serenissima, o nei Monasteri di San Giorgio Maggiore o della Carità impegnandoli come capitale. L’usufrutto-rendita di quegli investimenti procurava la spartizione delle “dote per le figlie” da 10 ducati concesse solennemente nella chiesa di San Bartolomioa Rialto alle figlie dei Remèri regolarmente iscritte in un apposito Registro dal quale erano escluse “le fiè” nate prima dell’iscrizione alla Schola. Le “Grazie” potevano essere distribuite solo fra i Remèri iscritti alla Schola da almeno quattro anni e in regola con i pagamenti ... Chi per qualche motivo era inadempiente, ritardatario nei pagamenti, o si ritirava dalla Schola: perdeva tutto … Se c’era un esubero di “figlie da maridàr” ? … Avevano la precedenza quelle che stavano ormai per sposarsi.
E chi non aveva figlie ?
Gli Arsenalotti che non avevano figlie da sposare o monacare ricevevano in cambio la garanzia della celebrazione di una serie di 33 Messe Gregoriane che valevano 30 soldi l’una il giorno del proprio Funerale.
Le Messe Gregoriane erano un fenomeno e accorgimento singolare (mi dicono che si celebrino e utilizzino ancora oggi). Furono un’istituzione, un uso liturgico-funerario di stampo soprattutto Monastico inventato parecchio tempo fa: si dice nel lontanissimo 600 d.C… quindi sono una tradizione molto antica. Si trattava di una serie di 30 Messe consecutive che si dovevano celebrare in stretta sequenza giorno dopo giorno (qualche volta le celebravano “a raffica”nello stesso giorno utilizzando più Preti “altaristi”), col risultato di ottenere la garanzia di una completa esenzione dal Purgatorio per colui che era il destinatario di quella particolare forma di Suffragio.
Non so se cogliete chiaramente la valenza di quella convinzione: colui o colei per il quale si celebrava quella raffica di Messe aveva la garanzia di andarsene dritto dritto in Paradiso, oltre che scansare di sicuro il Purgatorio oltre che l’Inferno.
Mica male come “trovata”per andare incontro alle convinzioni delle persone, e anche ai Veneziani di alcuni secoli fa. Diciamo che era una scelta “tattica” molto utile per alcuni/e … e redditizia per altri.
E’ doveroso aggiungere che si provò ad estirpare quell’usanza popolare delle Messe Gregoriane già col Concilio di Trento durante il 1600, ma si ottenne scarso successo perché si trattava di una tradizione molto radicata nel microcosmo Cristiano-Cattolico, e soprattutto costituiva un’entrata sicura e molto redditizia per l’ambiente Ecclesiastico ... una delle tante.
La seconda Schola, invece, presente all’interno della chiesetta della Madonna dell’Arsenale, ossia la Schola della Madonna Assunta fondata nel giugno 1728, è interessante pure lei per un altro aspetto. Col voto favorevole dei Sette Governatori dell’Ospedale della Pietà e l’approvazione delSenato della Serenissima un gruppo di devoti Veneziani avviò la Schola con lo scopo di Recitare quotidianamente il Rosario nella Cappella dell’Arsenale: “… perché si preghi a favore della Patria, perché Dio benedica le navi e le armi che si fabbricano nell’Arsenale.” … I Capitoli della Schola si tenevano nella chiesa di San Martino o di San Giovanni in Bragora di Castello… Ogni iscritto poteva indossare una particolare “cappa col Leòn de San Marco”… e ogni elemosina raccolta nello stesso luogo doveva andare ancora a favore delle “Putte dell’Ospedale della Pietà”.
Ecco che torna ancora lo scopo e il significato della chiesètta della Madonna dell’Arsenale: la Patria, le navi, e le armi dell’Arsenale ... Lascia un po’ perplessi noi di oggi l’abbinata Dio, armi, Patria e guerra … ma allora si usava così, anche a Venezia.
La Caxa dell’Arsenal per via del basso pescaggio e dei bassi fondali Veneziani ha prodotto praticamente quasi sempre: Galee Sottili Armate facilmente manovrabili, o in alternativa Galee Grosse da Merchado, oltre a un ridotto numero di Galee Bastarda e Capitane(a metà tra Grosse e Sottili, riservate al Capitano Generale da Mar o ai Capi da Mar), e Galeotte e Fuste: imbarcazioni leggere impiegate in battaglia e per il pattugliamento e ricognizione Lagunare e Adriatica. Dall’Arsenale sono uscite le varie Galee: “Trona", "Marcella", “Marsigliana”, "Moceniga", “Soranza”, “Zarattina”, “Pisana” o “Contarina” che erano navi lunghe 50 m, strette e basse (7 m), a vela latina, fornite di circa 180 rematori e 500 uomini d’equipaggio arruolati di solito dalla Magistratura della Milizia da Mar.
Nell’Arsenale di Venezia non si è quasi mai prodotto altri tipi di navigli utilizzati di solito per trasporti commerciali e la navigazione oceanica, come: Cocche e Caracche, Barze e Barzoti, o Galeoni, e in seguito: Vascelli e Fregate.
La stessa Caxa dell’Arsenal era un luogo frequentato di continuo da una piccola folla-esercito di Capi d’Opera, Appontadòri e Despontadòri, Portonèri, Stimadòri, Nodàri e Scrivani, Suprastanti, Deputati, Sorveglianti, Supervisori e SopraMasseri, Sopraintendenti, Provveditori (Provveditore Generale da Mar, all’Ordinario, all’Armata o Armàr, all’Artiglieria, alle Biade, all’Arsenal), Proti e SottoProti (dei Marangoni, dei Calafati, dei Remeri, degli Alberanti, dei Tagjeri, dei Fabbri, dei Mureri, dei Segadori), Capitani, Savi, Sopracòmiti, Revisori, Visdomini, Ammiragli, e Patròni Eccellentissimi(organi direttivi e di governo dell’Arsenale, Corderie, Fonderie e Fabbriche d’Armi, incaricati di stabilire e supervisionare a rifornimenti, progettazione, contabilità, controlli incrociati su qualità ed efficienza.
Tutto il materiale che entrava ed usciva dall’Arsenale veniva attentamente inventariato, gestito, pesato, misurato, pagato e controllato: legname, gomene, sartie, corde, piombi, sego, micce, ancore, vino, ferramenta, pece, tela, fustagni … e tutto quanto veniva sbarcato e imbarcato … e furtato … comprese le persone di ogni sorta che andavano e venivano, entravano e uscivano.
Il costo di costruzione e allestimento di una Galea Grossa Veneziana, fra manodopera, scafo, armamenti di golene, vele e ancora, armi e munizioni, veniva a costare qualcosa come: 55.000 ducati, mentre un Galea Sottile veniva a costare meno della metà: circa 15.000 ducati. Per costruire una Galea Grossa servivano 2.800 ducati di ferro grezzo, e 800 ducati per una Galia Sotìl… Il minerale proveniente soprattutto dalle miniere Austriache di Villak con esenzione del “Dazio al Mercante” veniva lavorato direttamente dai Fabbri dell’Arsenale ... La stoppa, invece, proveniva soprattutto da Bologna o veniva prodotta riciclando sfilacci di vecchie corde. Per una Galea Grossa si spendevano in stoppe: 450 ducati e 150 per una Galea Sottile ... La “Pègola”per impeciare le Galee si distingueva in Pègola Tenera(proveniente dal Cattaro) e “Pègola Dura o da Valona”. Per una Galea Grossa si spendevano 300 ducati in pece, e 120 per una Galea Sottile ... Si utilizzava poi il Sevo o Sègo per impalmare alberi, fasciame e pennoni delle galee acquistato in Ponente che le rendeva talvolta lucide e nere o talvolta di un inteso rosso scuro … Nel grande laboratorio del Cànevo dell’Arsenaledetto anche: “Tana” realizzato già nel 1300, si utilizzava la Canapaper realizzare sartiame, funi e gomene, e tutto il cordame da nave per l’uso del quale si spendeva per allestire una Galea Grossa: 5.031 ducati, e 1.397 per una GaleaSottile ... Si usavano inizialmente “Mocadi e Sorte di Canapa da Bologna”, poi si usò in esclusiva la Canapa di Montagnana che veniva coltivata su 400 campi a Palù di Prova, e comprata totalmente dal Provveditore ai Càdevi o Cànevi assistito dal Proto della Tana e dai tre Visdomini del Cànevo ... Infine faceva parte della spesa e dell’armamento di una Galea anche il Vino di cui si comprava al pubblico incanto 300 anfore annue a Vasto e Ortona da consegnare ratealmente a Venezia durante 10 mesi.
Non vi nascondo che per me è appetibile curiosare nelle vicende dell’Arsenale: già verso il 1104 sorse nella parte orientale di Venezia, nei pressi di due isole gemelle: “Zìmole o Gèmini”, la “Caxa Arsenal de la Serenissima” che divenne fin da subito un grande Squadro o Squero, ossia un cospicuo insieme di cantieri intorno a un ampio bacino centrale ricco di specchi acquei, e fornito di numerosi scali, e “tèse e vòlti” scoperti e coperti protetti da un recinto di solide mura.
Il sito divenuto strategico comunicava direttamente tramite un Rio col Bacino e i Moli di San Marco, e con la via acquea che portava alle bocche di Porto di San Nicolò, Malamocco e Chioggia che immettevano alla navigazione nel Golfo Adriatico. Come sapete meglio di me, il termine Arsenale o Arsanà deriva dal greco o dall’arabo e indica semplicemente: “approdo o darsena” oppure “luogo d’industria arginato”, “posto dove costruire barche”, “rimessaggio e luogo di manutenzione per navi”.
Fu nel febbraio 1302 che Dogee Consiglio della Serenissima decretarono il divieto l’allestire Galee Comunali fuori dal Pubblico Arsenale dove c’erano già Officine di Remi e alcune Fonderie ... Nel 1426: Enrico di Barbante o di Brabante venne “trascinato a coda di cavallo” e poi squartato perché aveva tentato di dare fuoco all’Arsenale su mandato di Filippo Maria Visconti ... In quegli anni l’Arsenale di Venezia era considerato: “… il migliore che ci sia nel mondo … una fabbrica molto digna et onorevole”… Solo a titolo d’esempio: nel 1464 la Serenissima spese “per le maestranze e le ròbbe dell’Arsenale”: 73.280 ducati pari al 6,55% del totale delle sue entrate, ossia: 1.117.800 ducati.
Circa dieci anni dopo, si allargò ulteriormente l’area dell’Arsenale aggiungendovi l’ “Arsenale Nuovissimo” con nuovi magazzini del legname, e 32 forni per il Pan Biscottocapaci di rifornire una flotta di 100 Galee e più … Nel primo anno del 1500 si raddoppiò e triplicò il salario degli Arsenalotti portandolo da 3 a 6 ducati al mese: “ … a Mastro Thomasin Proto Mastro de la polvere de bombarda … considerato che con ducati 3 al mese che ha de salario et provisiò, el dicto non se puol sostentar .”… Nel 1521 il Consiglio dei Dieci ordinò di strangolare in carcere un Veneziano che tentava d’assumere per conto della Marina del Papa alcune Maestranze dell’Arsenale.
Negli anni ’30 del 1500 di fronte all’incalzante minaccia Turca di Hayreddin Barbarossa, la Serenissima si determinò ad affrontare un grande sforzo produttivo bellico, e fece costruire diverse Fuste in Darsena Nuova, e un centinaio di Galee Sottili armate da migliaia di cannoni in altri Squeri e Darsene dell’Arsenale ... Si ricostruirono i Magazzini dell'Ammiraglio; si risistemarono i Depositi delle Artiglierie, “el magazen da le bombarde e Sala da i archibugi e schioppi … e otto o nove magazeni nelle quali le ruote, o letti dell’artiglieria si mettono …” (si trattava del “Deposito intangibile” o “Il Giardino di ferro” che ospitava un gran numero d’artiglierie, corazze e armi di rappresentanza e parata in gran parte materiale obsoleto o mai attivato destinato alla rifusione). In ogni caso l’Arsenale era una vera e propria macchina da guerra con un gran numero d’artigiani specializzati: Fabbri, Balestrieri, Costruttori di scudi, Carrai, Maestri d'armi, Fabbricanti di corazze, Raffinatori di salnitro, Fabbricanti di polveri e Fonditori d’artiglieria e di bombarde.
Nello stesso tempo si edificò ancora: un Tezònnòvo(capannone)dei legnami destinandolo alla conservazione del legname da stagionare; si aprì un "lago del legname"(un bacino artificiale per immergere i Roveri in acqua marina); si scelse un’area nuova: “un campàzzo … longo 133 passa verso la marina, da l’altra banda simile largo il fronte opposto alla marina, 34 verso San Francesco e 49 passi verso l’Arsenale in tutto passi 349” da adibire a esercitazioni con armi da fuoco e “prova de moschetti da zuògo, de falconetti, de’ falconi e in generale d’artilleria di piccolo calibro”; si edificarono depositi e costruzioni “de fuora sopra l’Isolotto per li salnitri e le polveri compresi i depositi di esplosivi serati de muro con le porte di ferro et coperte di piombo et separati l’uno dall’altro” per la lavorazione delle polveri da sparo a debita distanza da fonderie e artiglierie traendolo dalla vigna e orto delle Monache della Zellestria o Celestia; e si scavarono canali tutto intorno all’Arsenale per isolarlo e proteggerlo del tutto … Il Nobile Mastro e Proto Vincenzo Vitturi gestiva l’Arsenale Vecchio, mentre l’Arsenale Nòvo venne affidato al Proto Francesco Zotto da Corfù, entrambi coadiuvati dall’esperto navale Vettore Fausto.
In quegli anni ci fu un’innovazione che portò a un incremento della velocità navale: si iniziò a vogare “a scalòccio” ossia utilizzando tre vogatori a manovrare un unico grande remo invece che tre piccoli remi distinti come s’era fatto fino ad allora. ... Nel 1537 avvennero degli atti di sabotaggio in Arsenale: si trovarono sulle Galee delle falle ossia delle “proforattùre” provocate da qualcuno che rimase tuttavia anonimo … Giunto il 1569, invece, l’Arsenale esplose per aria a causa di un incendio che alla fine fece meno danni di quel che sembrava ...
Un manifesto affisso per le strade di Venezia spiegò: “L’incendio dell’Arsenale è punizione divina per le ingiustizie et tirannie del Doge e dei Senatori Veneziani.” … Il Senatodecretò tempestivamente: “… nel predetto nostro Arsenal non si possa più per modo alcuno tenir polvere di sorte alcuna né grossa né fina […] ma solamente si habbiano a lavorare nel predetto Arsenale dove meglio parerà, li materiali separati, che intrano a far la polvere, et quando occorrerà che quelli debbano essere uniti per far essa polvere, questo effetto sia fatto in altri luoghi fuori dell’Arsenal, cioè nelle isole che sono in questa laguna […] circa il modo et forma della fabrica che si doverà fare per l’esercitio della predetta polvere, le quale come saranno di tempo in tempo lavorate debbino essere subito portate et divise nelle torri fatte per questo effetto in diverse isole di questa laguna sì che siano sempre tenute divise in più luoghi che si potrà.”
Nel giugno 1537 quando Solimanoattaccò l’Albania e la Puglia assediando Corfù, la Serenissima diede ordine di costruire altre 50 Galee su cui imbarcare Balestrieri della Poppa e Bombardieri oltre che Marinai Veneziani… La spesa per l’Arsenale della Serenissima salì a 222.037 ducati annui … Vent’anni dopo si varò un “Gran Galeòn nuovissimo … bellissimo e superbissimo legno, una macchina di stupenda grandezza et artifizio” … L’anno seguente però fu colto da burrasca appena uscito dal Porto di Malamocco, e si rovesciò colando a picco per lo spostamento improvviso di tutte le artiglierie su di un fianco. Si provvide con una “macchina speciale” realizzata da Bartolomeo Campi a recuperarlo perché intasava l’entrata-uscita del Porto ... Quella fu anche l’epoca del massimo successo di alcune imbarcazioni ideate da Vettore Fausto, per questo chiamate: Faustine o Fustine o Fuste dal suo nome. La Flotta Veneziana contava allora su 124 Galee Sottili e 6 Galee Grosse, più 39 altre unità di supporto.
Per realizzare quel piccolo “capolavoro militare”, in Arsenale erano presenti e attivi quasi 2.000 Marangoni da Nave, 1.000 Calafàti e 146 Remèri, cioè: 2.346 Artieri in tutto, quando la Popolazione di Venezia assommava a 156.867 persone …. Nel febbraio 1543 però: “… E’ necessario che domattina l’Officio nostro all’Armamento habbia danari per satisfar le ciurme delle fuste venute a disarmar, quale ogni mattina cridano et molestano alle porte del Collegio nostro …”
Doveva essere un po’ “sfigàto”quel Vettore Fausto realizzatore di navi, perché nel 1571, proprio alla vigilia della famosissima Battaglia di Lepanto contro gli Ottomani, la sua famosa e sorprendente Quinquereme“Navis Praetoria e Capitana da Mar”della Flotta della Serenissima, guidata da Marco Antonio Colonna, venne colpita da un fulmine all’albero maestro nei pressi di Ragusa, e a seguito dell’incendio che ne conseguì saltarono per aria tutte le munizioni, e tutta la nave andò bruciata ... L’equipaggio si salvò per miracolo.
Durante la Grande Battaglia di Lepanto comunque, i Veneziani dopo aver sbarcato dalle Galee diversi operai specializzati dell’Arsenale rimandandoli a Venezia perchè la Caxa era rimasta quasi sguarnita, si recarono in Dalmazia per “interzare”la voga delle navi (ossia aggiunger un terzo vogatore per ogni remo), poi andarono a posizionarsi all’interno dello schieramento navale degli Alleati largo 10 chilometri sperimentando con successo un’altra loro innovazione militare. Si trattava delle nuove 6 Galeàzzemolto grandi e potenti, stabili ma pesanti e massicce tanto che avevano bisogno d’essere trainate fino in mare aperto da due Galee normali ciascuna. Le Galeàzze furono le corazzate dell’epoca: navi d’alto bordo con casseretto e castello, tre alberi a vele latine, e con imbarcate batterie di 36 cannoni di grosso calibro capaci di sparare in ogni direzione ... Per i Turchi Ottomani non ci fu scampo: fu una “tempesta di fuoco”.
Dopo quell’epico e storico evento, si affidò a Gerolamo Campagna la sistemazione della "Porta Magna dell’Arsenale" dove si posizionò una statua di Santa Giustina con due “vittorie alate”; si decise la ricostruzione dei grandi depositi delle Corderie, e si riassunse in 100 Galee Sottili e 12 Grosse e 15 unità “par la guardia ordinaria” la disponibilità navale Veneziana, oltre a una flottiglia di 117 navi di pessima qualità abbandonate in Arsenale, bottino di guerra sequestrato al Turco … Nel 1583 il Corsaro Occhiali disponeva ancora di 70-80 Galee … Mentre di fatto la Marina Veneziana pur rimanendo potente s’era fermata e messa in disarmo sotto alle volte dell’Arsenale limitandosi a conservare efficienti le vecchie unità navali che possedeva … Nel 1591, tuttavia, si registrarono 120 nuove assunzioni di Arsenalotti, e sullo scadere del secolo, la Serenissima spese 201.410 ducati annui per l’Arsenale, ossia il 9,59 % dell’intero suo PIL che ammontava a 2.098.315 ducati.
Durante il primo anno del 1600, in giugno, scoppiò la rivolta di Antonio de Zuane Remèr, che incitò i Compagni a protestare davanti al Provveditore dell’Arsenale Tommaso Duodo mentre distribuiva le paghe. Si gridò: “… che i danari havevano tochati allora erano pochi, et che ne volevano et meritavano di più …” L’Arsenalotto Antonio non si limitò a protestare, ma gettò il denaro in faccia al Nobile Duodo: “…biastemando chi li aveva dati li denari, et chi più serviria la Caxa del Arsenal …”
Venne condannato a morte … “ma si procedette con misericordia verso gli altri”.
Negli anni seguenti, quando Doge e Collegio erano obbligati alla visita trimestrale dei cantieri dell’Arsenale: “… nel dettaglio le spese per l’Arsenal: per Maistranze, e per robbe, salnitri e artiglierie, Galie Grosse, paghe e Biscotto per l’Armada erano in totale di 722.603 ducati.”… Il numero degli Arsenalotti sceso sotto al livello di guardia in quanto molti erano imbarcati nelle Galee o lavoravano in proprio o fuori sede, o erano diventati vecchi e invalidi cioè dispensati per grazia del Senato dalla presenza in servizio dentro alla Caxa dell’Arsenal. Dei 707 Marangoni da Nave che risultavano iscritti all’Arte ne lavoravano di media solo 450, e dei 133 Remèri solo 80 erano effettivamente attivi e presenti … Più o meno negli stessi anni, (1629, in prossimità della Grande Peste che decimò Venezia) s’istituì il Libro d’oro delle Maestranze dell’Arsenale, i cui figli legittimi avevano diritto al posto di lavoro nella “Caxa” dopo essersi dimostrati: “… essere ben disciplinati, ed aver ben appreso l’Arte loro.”
Durante la Grande Morìa, il numero degli Arsenalotti e delle loro famiglie rimase quasi immutato nonostante il contagio imperversasse in tutta la città. Dopo la Grande Peste, comunque, fra 1633 e 1643, le Maestranze dell’Arsenale si dimezzarono perché si ridusse pure la produzione dell’Arsenale la cui Flotta venne ridotta a sole 50 Galee Sottili e 6 Galee Grosse “di deposito”.
In una relazione del Nobile Polo Contarini del 1641 circa la Caxa dell’Arsenale, si rilevò che era di 2.239 il numero complessivo delle persone “scritte in apposito ròllo, compresi i Garzoni” che entravano a lavorare nell’Arsenale pagate in moneta, e vino e legna per un valore di 48 soldi al giorno ... Il 53,95% di costo apparteneva alle Arti Maggiori: “Gli Arsenalotti e i Mastri a fine giornata asportano dalla Caxa dell’Arsenale un “fascio di stelle” ossia legname di scarto asportandone giornalmente per un valore di 7-10 soldi ... E’ questo spesso motivo di abusi e di furti celati all’interno del legname.”
Fra 1716 e1771 si costruirono in Arsenale 35 Vascelli Leggeri e alcune Corvette, ma se ne comprarono altri 31 all’estero, e in Istria e Dalmazia ... Le navi di “primo rango” e le Fregate a motivo del basso pescaggio dell’Arsenale e del Bacino di San Marco uscivano attraverso il Rio della Madonna dell’Arsenale solo parzialmente alberate e attrezzate. Venivano poi portate verso Malamoccoe l’Isola di Poveglia, e ancorate nel Canale Spignòn dove una flotta di servizio di Arsenalotti e barche le “acconciava” e caricava e riforniva di viveri, artiglieria e ricambi accompagnandole poi fuori dal Porto per almeno 6-8 miglia dove venivano ulteriormente armate, zavorrate ed equipaggiate del tutto ... Era tutto un immenso lavorio, ed era evidente per tutti che la Serenissima col suo Arsenale scricchiolava e vacillava vistosamente: la Repubblica non era più quella di un tempo … Pietro Gradenigo nei suoi “Notatori”segnò: “Nel 1457 qualche ignoto nella notte del 10 aprile 1749 spezzò la testa marmorea col simbolo di San Marco posta sopra alla Porta dell’Arsenal ...”
Perché e con quale scopo rammentare quel fatto antico ormai dimenticato ?
Si voleva “mettere il dito sulla piaga”, cioè confermare e sostenere che Venezia era ormai decadente … e i fatti lo dimostravano.
Nell’aprile 1793 gli Arsenalottivararono il Vascello di primo rango “Vulcano” che giunto a mezzogiorno all’altezza dei Forni di San Biagiosul Molo di San Marco appena fuori dall’Arsenale, andò a incagliarsi e si dovette procedere con l’alleggerirlo della zavorra di palle d’artiglieria demolendo perfino un tratto della Fondamenta dirimpetto ai Forni su cui si era appoggiato ... Il mese seguente avvenne un altro incidente simile, e la nave Medèa appena fuoriuscita dall’Arsenale dovette essere urgentemente ricoverata di nuovo al suo interno ... Indubbiamente Arsenale e Arsenalotti non erano più quelli di una volta ... in ogni senso.
Nel luglio 1796 il Senatoaumentò di 400 unità le Maestranze dell’Arsenale, precettò tutti i Fabbri di Venezia mettendoli a fabbricare “rampegòni e punte”,richiamò pure in servizio tutte le Velère, e fece costruire e cerchiare numerose botti per realizzare una nuova serie di galleggianti ... Si nominò il Nobile Giacomo Nani a Provveditore alle Lagune facendolo coadiuvare dai Nobili Tommaso Condulmer e Zaccaria Vallaresso ... Il Magistrato alle Biade fece incetta di frumento riempendo tutti i Granèri e i Fonteghi(magazzini)di San Biagio e di Sant’Elena dove si misero all’opera senza sosta i 38 forni … Negli stessi giorni avvenne l’ultima esibizione in Laguna della flotta navale Veneziana che stazionava nei pressi dell’Isola di Murano: uscirono dall’Arsenale 30 barconi da guerra armati ciascuno con 2 cannoni, e 4 “galeggianti”che fecero diverse “evoluzioni a fuoco” facendo accorrere su barche una nutrita folla di Veneziani curiosissimi … Intanto “Barche leggere volanti” condotte da 10 Nicolotticiascuna, e armate sulla prua da un pezzo d’artiglieria pattugliavano tutta la Laguna con l’ordine di non lasciare uscire ed entrare nessuno in città identificando chiunque incontravano … L’Isola di Poveglia era base delle operazioni marittime e caserma di 600 soldati Morlacchi comandati dal Capitano Martinovich. Da lì uscirono: l’Almirante Leonardo Correr col Governator da Nave Antonio Zorzi e il Nobile Angelo Grassi a difendere le entrate del Porto del Lido, Malamocco e Chioggia con le loro navi, e sempre da Povegliapartirono altre galleggianti e una flotta di 40 “legni armati” comandati da Patrizi che sfilò attraverso il Bacino di San Marco andando alla fonda e a difesa di Fusina, Marghera e Campalto insieme alle Feluche e gli Sciabecchi comandati dal Nobile Pietro Venier… Intanto si erano richiamate anche le 4 Galee da guerra della Flotta del Golfo guidava dal Nobile Benedetto Trevisan, ed era rientrate pure la Galeotta del Sopracomito Nicolò Pasqualigoe la Galea di Francesco Muazzo destinate pure loro alla guardia del Lido e di Chioggia insieme a un’altra “Galeotta di conserva” ... Si attendeva anche il rientro della Fregata da guerra di Andrea Corner Governadòr de Nave ... e s’inviarono 6 Felucòni a Chioggia dove si sequestrarono tutti i forni e si misero a far pane tutti i Fornai disponibili perché si stava già segnalando l’arrivo dei Francesi a Cavarzere: si era ormai quasi inconsapevolmente giunti all’epilogo della gloriosa Storia della Serenissima Repubblica.
Nel gennaio di due anni dopo, le truppe Francesi occupanti Venezia entrarono nell’Arsenaledove distrussero a colpi d’ascia tutta la copertura del Bucintoro del Dogeche non c’era più. Portarono poi la nave dietro l’Isola di San Giorgio Maggioredove ne bruciarono in gran parte le decorazioni, l’allestimento e il fasciame, e il nudo scafo ribattezzato “Prama Hydra” venne trasformato prima in prigione galleggiante ormeggiata in spregio al centro del Bacino di San Marco, e poi in piattaforma galleggiante per cannoni posta a guardia dell’entrata del Porto del Lido… Nel 1824 avvenne la distruzione definitiva del Prama Hydra, e del vecchio Bucintoro Dogale si conserva oggi solo un portello dorato al Museo Navale, e una vela dorata col simbolo di San Marco al Museo Correr.
Basta mi fermo … Si potrebbero aggiungere ancora infinite altre cose sull’Arsenale e gli Arsenalotti di Venezia ... esiste solo l’imbarazzo della scelta nel dire, scrivere e raccontare.
Ricordo un mio ex compagno Buranello delle Elementari e delle Medie finito “di Marina e di stanza nell’Arsenale di Venezia” durante la Leva Militare: “E’ stato un tedio, una noia infinita.” mi ha raccontato, “Non sapevamo mai che fare dalla mattina alla sera … A volte trascorrevamo il tempo lanciando letteralmente delle secchiate di pittura grigia addosso al naviglio della Marina da ridipingere ormeggiato nell’Arsenale … Quel posto era un paese desolato, guardato a vista, ma morto … senza prospettive, e soprattutto senza una vera e propria utilità … Come una specie di cimitero storico, un monumento alla memoria sparso su tanto spazio affacciato sull’acqua ... Mi faceva tristezza vivere laggiù … e non ho visto l’ora di poter tornare alla vita normale fuori da quelle mura obsolete e cadenti lasciate in mano a “comandoni pomposi e nostalgici” privo però di vero potere e genuina capacità d’azionev... L’Arsenale è un posto morto, non esiste più.”
Che differenza con quando c’erano gli Arsenalotti …e la Caxa dell’Arsenal era come un paese pulsante dentro a Venezia … una Piazza d’Acqua affollatissima e vivissima in cui i Veneziani armeggiavano e trabaccavano da mattina a sera !
In parte l’Arsenale di oggi è ancora così: una grossa parte di Venezia ferma lì in standby, una vasta superficie di circa 478.000 m2 di cui 136.380 m2 coperti, 224.620 scoperti e 117.000 m2 di spazi acquei spartiti fra Comune di Veneziae Marina Militare che ne governa 2/3 … L’Arsenale è un mastodonte, un mostro oltre che un grosso spicchio di Venezia forse in attesa d’essere liberalizzato e aperto non ai Veneziani, che purtroppo non ci sono quasi più, ma alla grande folla dei turisti sempre pronti a riconoscere ed approfittare di un’altra attrattiva di Venezialand … Tanto per intendere: ogni anno si spendono 100.000 euro per la sola manutenzione dei coppi(tegole) che ricoprono le infinite tese, costruzioni, magazzini, torri, cantieri, officine, e gli spazi espositivi dell’Arsenale utilizzati in parte dalla Biennale, da musei ed edifici storici, o da iniziative di studio, culturali e imprenditoriali.
Tra le pieghe recondite però di quel “bestione storico”, in qualche angolo, su qualche riflesso d’acqua, e dietro a qualche ombra effimera, ho visto un fuggevole Arsenalotto che forse non c’è … La Caxa dell’Arsenàl de Venezianirespira e per fortuna resiste e s’abbarbica ancora a qualche vecchia notizia, e ha tante storie da dire a chi è disposto a fermarsi un attimo per sentirsele raccontare … L’Arsenale ha come una sua “pelle coriacea e antica”, un vissuto prezioso lasciato là, che volendo si può sfiorare, palpare e toccare … e in un certo senso incontrare.