“Una curiosità Veneziana per volta.” – n° 186.
“INCONFESSI, SCOMUNICATI E INSORDESCENTI
... A SAN MARCUOLA”
(decima parte)
Già nelle precedenti Visite Pastorali si era messo a verbale che nella Contrada di San Marcuola c’era la presenza inquietante di alcuni “Inconfessi, Scomunicati e Insordescenti”… Stavolta il Piovano alla Visita del 1821 del Patriarca Pirker se ne stava seduto a capo chino e composto di fronte a “sua Eminenza” in visita, e sottovoce terminò di elencare e dire: “… e in più ci sono cinque o sei prostitute che vivono in Contrada, con forse una decina d’Inconfessi …”
Lo disse però quasi con un sussurro, e come con un senso di liberazione finale.
“Quanti ha detto Reverendo ?” replicò prontamente il Patriarca austerissimo osservandolo impassibile da sopra gli occhialetti dorati che teneva appollaiati sul naso.
“Sono tre o quattro Eminenza … forse una decina in tutto.” ripetè di nuovo a mezzavoce il Piovano avvampando in viso … Stavolta il numero parve un lamento.
“Così pochi ? … Ma li ha per davvero contati Signor Arciprete ?”
“Lei dovrà scusarmi e compatirmi Eminenza Reverendissima, ma credo sappia già quale sarà la mia risposta …. No … Non li ho contati … Anzi: è da un bel po’ che non riesco ad annotarli … Mi limito solo a qualche pubblico avvertimento o richiamo di qualcuno per strada, ma non so affatto quanti siano gli “Inconfessi” e gli “Scomunicati” che vivono della mia Parrocchia e nostra Contrada …”
“E neanche il numero degli “Insordescenti” … immagino conosca …” aggiunse stavolta il Patriarca togliendosi l’occhialetto e appoggiandolo sul tavolo mostrando uno strano sorrisetto enigmatico. Poi lasciò per un attimo d’osservare le carte dei verbali sulla Contrada, lasciò anche di guardare il Piovano e i Preti che gli stavano seduti accanto … e andò a perdersi con lo sguardo lontano … fuori dalla finestra aperta.
Là nello spazio esterno della Contrada le Rondini gridavano in cielo tutta la loro disperazione … o forse era una sguaiata risata ? … mentre quasi con prepotenza l’intenso odore dei Gelsomini che riempiva Venezia come un’invisibile nube onnipresente entrò dentro alla stanza spingendosi fino a solleticare le stimatissime quanto preziose narici dell’Illustrissimo Prelato in Visita Pastorale a San Marcuola. Non visibili ma poco distanti si avvertivano anche il chiacchericcio pettegolo delle donne per strada, e l’allegro vociare dei bimbi e delle bimbe della Contrada che si rincorrevano e giocavano fra calli e campielli.
“Sono mortificato Eminenza … Questa nostra attuale condizione …”
“Lasci stare Reverendo … Non si crucci nel cercar spiegare cose e situazioni più grandi di lei … Lei non ha particolari colpe, né è diverso da tanti altri … E’ questo nostro mondo che si è rovesciato … e quell’Albero, quella Quercia robusta e antica che credevamo imbattibile e capace di resistere a tutto e tutti, forse adesso sta mostrando al sole le sue radici che non sanno più trattenerlo al suo posto di sempre … Sono: “Mala Tempora” Reverendo … Mi creda: Mala Tempora …” e per un attimo il tono del Pastore di tutti i Veneziani sembrò quasi trasformarsi in un singhiozzo … Ma fu solo una sensazione transitoria perché il volto del Prelato tornò subito ad essere ieratico, impenetrabile e dall’aspetto di pietra ... lo sguardo quasi torvo e minaccioso. Fu come un attimo d’incertezza e d’inattesa debolezza, e il Patriarca tornò subito ad indossare l’immagine “determinatissima e fiera” di sempre.
“Il prossimo autunno Reverendo lascerà a qualcun altro la cura di questo povero gregge e di questa Contrada sfortunata.” sibilò come in un alito liberatorio il Patriarca senza alzare a sua volta lo sguardo e tornando per un attimo a guardare fuori e lontano. Poi, detto questo, con un gesto quasi irritato chiuse bruscamente il registro ricoperto di cuoio dorato che gli stava davanti … abbandonò sul ripiano del tavolo penna e calamaio, s’alzò di scatto allontanando la sontuosissima sedia posta dietro e sotto di se, e inseguito dal piccolo seguito “scondinzolante”dei suoi, uscì dalla stanza senza attendere che qualcuno gli aprisse la porta … “Sparato”poi, quasi volando a qualche centimetro da terra, scese lesto le scale buie dell’Archivio di San Marcuola addobbato a festa per l’occasione, e si precipitò in strada e poi subito dopo in chiesa per un’ultima visita conclusiva di San Marcuola.
“Deo gratias !” mormorò fra se e se il Piovano asciugandosi il sudore che gli colava copioso dalla fronte con un fazzoletaccio intriso, appallottolato e consunto ... anche sulla schiena sentiva scorrere un rivolo bagnato ... Fu però solo un brevissimo attimo liberatorio il suo, un misto di soddisfazione, emozione e smarrimento insieme, perché si ritrovò subito a rincorrere il Patriarca e i suoi riprendendo a sfoderare ancora una volta il suo migliore sorriso, e mostrandosi compiaciuto a tutti i parrocchiani che gli si paravano di fronte. La gente di San Marcuola alla vista del Patriarca per strada si prostrò immediatamente in ginocchio baciandogli riverenti la mano anulata, mentre quelli del seguito non smisero un attimo di pararsi intorno impettiti, e l’ultimo della fila “non visto dall’Eminenza”, non smetteva un attimo di far segno a tutti di applaudire al passaggio del loro Pastore. Ne venne fuori come un continuo applauso strozzato e incerto, quasi rubato, fatto come da pochi dentro a un teatro vuoto … ma non aveva importanza: la Storia stava facendo ugualmente il suo corso, e sopra a tutto e tutti continuava a sovrastare quello stridore intenso delle Rondini, festose pure loro, mentre in lontananza si distinse chiaramente nell’aria e giunse all’orecchio di tutti il suono della collana d’improperi e “saràcche”provenienti da un gruppo di Gondolieri del vicino Stazio e Traghetto in riva intenti a litigare fra loro e con un improvvido e prepotente passeggero da traghettare.
“Buon Dio !” esclamò uno di loro concitatissimo … “Ghe xe el Patriarca ! … Tasè fradèi ! … Ch’el ne spedisse tutti all’Inferno !”
Il Patriarca bonario finse di non udire nulla e sorrise amabilmente salutando tutti con la mano … I Gondolieri e la piccola folla del Traghetto si assieparono a salutarlo a loro volta aprendosi e collocandosi parte a parte del passaggio del Pastore. Tutti si tolsero di testa il cappello di testa in segno di rispetto … Quasi tutti si segnarono devotamente quando il Patriarca impartiva “a raffica” le sue benedizioni tagliando a fette l’aria di continuo prima verticalmente poi orizzontalmente: “Viva el Patriarca !”gridò una voce femminile sporgendosi da una finestra spalancata in alto sopra nella calle.
“Viva el Pastor de Venessia !” tuonò un Gondoliere del gruppo facendosi forza … e stavolta scrosciò per davvero l’applauso, mentre il Patriarca s’infilò senza fermarsi dentro alla porta della chiesa di San Marcuola, che non mancò di cigolare e sventolare sui cardini quasi fosse stata la porta di un Saloon da Far West.
Il potente “uomo rossovestito e immerlettato” non fece a tempo a entrare in chiesa, che l’organo di San Marcuola riempì subito l’aula della chiesa con le sue solennissime, rotonde, virtuose e possenti melodie … Trombe, trombette, tromboni, corni e pifferi soffiarono all’unisono, mentre i bassi potenti dei pedali fecero vibrare l’intero edificio del Sestiere di Cannaregio… Allo stesso tempo le campane si ribaltarono in gruppo su nell’esile campaniletto “a vela” piazzato sull’angolo del tetto della chiesa … e in ogni angolo della Contrada ci fu di nuovo tutto un accorrere, un ciabattare e un intenso trafelato correre su e giù per i ponti e per le calli per convergere dal Patriarca che stava portando finalmente a conclusione la sua Visita alla Contrada durata più di una settimana.
“Andèmo … Andèmo alla benedisiòn del Patriarca ! … El ne darà l’Indulgenza, el Perdòn Grando.” gridò letteralmente come da un moderno altoparlante una delle solite zitelle ossute e nerovestite … “Quanta Gràssia Sant’Antonio ! … San Pancràssio !” le fece eco un’altra donnetta allampanata e consunta che pareva “la Morte in vacanza”.
“Dai ! … Andèmo in cièsa dal Patriarca !” sgomitarono fra loro due zaghetti sbrindellati di strada intenti a giocare … “Cusì dopo el Piovan ne darà a mancia …”sghignazzò uno dei due ... Le Rondini intanto avevano ripresero di nuovo il loro gridare sovrastate da un paio di Gabbiani che gridavano rauchi sopra alla scena e alle teste di tutti.
“Andè voàltri … che mi gho altro da fàr.” borbottò uno dei Gondolieri dello Stazio di San Marcuola perplesso … Da tutti era conosciuto come uno degli “Inconfessi-Scomunicài”della Contrada ... Era un rèprobo, un zàrlatàn, un concubin impenitente, un Insordescente risaputo da tutti ... e per questo un po’ messo da parte.
Che parole strampalate e fuori moda ! … “Inconfesso, Scomunicato, Insordescente”… Sono parole che forse oggi ci fanno in gran parte sorridere un po’ tutti … Ci sembrano contenuti ormai obsoleti, dizioni fuori luogo, soprattutto riferimenti ad “armi spuntate” divenute finalmente innocue … Ed è qui che volevo portarvi col mio discorso.
Un tempo nella considerazione dei Veneziani della maxi Contrada allargata di San Marcuola (come in tutte le altre Contrade di Venezia) non era affatto così. Quelle parole possedevano un “peso”, uno “spessore” e soprattutto un “senso”davvero importante, quasi incredibile. Non credo di esagerare nel dirvi che: facevano tremare i Veneziani e le Veneziane.
“Inconfesso”, “Scomunicato” e “Insordescente” non erano affatto: “Ròba de cièsa” e vocaboli dizioni solo da Preti, da Sacrestia, e da fanatici bigotti, ma erano terminologia comune usata da tutti i Veneziani … Erano parole che generavano di certo un certo spavento, e forse erano anche sinonimo di qualche maniera penosa di vivere che metteva in apprensione gli abitanti della Contrada: uomini o donne, vecchi e giovani che fossero.
“Esagerato !” vi verrà forse da dirmi … Può darsi, perché credo abbiamo ormai perso la memoria di certi significati … Ma ascoltate un poco quanto sto per dirvi.
“Inconfesso”, “Scomunicato” e “Insordescente” riassumevano in un certo senso un intero mondo e modo di vivere che coinvolse per generazioni su generazioni i Veneziani … credenti e no … per secoli su secoli.
Non credenti ? … Beh … oggi l’indifferenza verso la Religione ci potrà sembrare una cosa un po’ ovvia e scontata … normale … Una volta non era affatto così: in certe stagioni storiche non fu affatto facile essere “non credenti”perché tutti lo dovevano essere ... Non esserlo poteva diventare un grosso rischio, oppure indurre a vivere un’esistenza piuttosto scomoda e travagliata. Per diversi secoli Venezia, come buona parte dell’Europa, fu perfettamente Cristianizzata fino alle midolla … e non c’era respiro che non fosse “benedetto”, suffragato dall’azione e dalla presenza e dalle Dottrine della Chiesa. Non accadeva nulla nella società che non fosse secondo i dettami e le regole della Chiesa ... (della Chiesa eh ! … Non ho detto del Signore e del Vangelo, ma lasciamo perdere …)
Tutti insomma, e tutto il vivere personale e sociale erano come “etichettati e bollati” dal“timbro” invisibile e visibilissimo della Cristianità, e non c’era gesto comune quotidiano che non finisse con l’essere considerato un “gesto devoto” compiuto secondo i Precetti della Chiesa ... che corrispondevano anche, spesso e più che volentieri con quelli dello Stato… e infine pure del Padre Eterno.
Viceversa, non esisteva gesto “fuori norma e inadempiente delle Regole” che non venisse considerato come “Peccaminoso” e meritevole di condanna. Tutta l’esistenza veniva vissuta all’ombra incombente del apocalittico Giudizio Finale che riassumeva “In bene e in male” ogni cosa, e nascere, crescere, vivere e morire si declinavano e finalizzavano soltanto in attesa dell’Eternità e di un “dopo o Aldilà” che poteva significare esclusivamente: Paradiso, Inferno e Purgatorio… Si viveva tutti come con una mannaia incombente sopra alla testa che accompagnava dalla nascita e fino alla morte … e anche dopo … Non si scappava: tutto il vivere sociale era organizzato in quel modo: precetti, Regole da rispettare, e la lunga lista delle inadempienze, delle mancanze o peccati distinti fra “veniali o mortali”… Tutta la vita e in ogni luogo e circostanza erano come “tappezzati”da quella specie di consapevolezza incombente … Tutto poteva essere occasione buona per peccare e meritarsi il “Castigo o il Premio Eterno”.
Era un mondo intriso e pervaso da intenso fanatismo Cristiano… Vedete … Non è cambiato niente: il fanatismo di un colore o di un altro è sempre esistito nella Storia, così come la voglia di perseguire gli inadempienti, i “diversi”, gli Infedeli e i Pagani … L’Umanità non ha mai imparato dai propri errori.
Era così insomma … I Veneziani erano chiamati a vivere “devotamente”, ed erano talmente assuefatti a quella maniera d’essere, che non ne avvertivano l’estrema pesantezza, né sentivano il bisogno impellente di vivere diversamente … Anche perché non c’era alternativa: si doveva essere così per forza ... Si rischiava la vita …. e così, infatti, fu praticamente dall’anno 313 d.C., nel Medioevo, e via via fin quasi ai giorni nostri.
Ci sono stati in particolare alcuni secoli: il 1500-1700 maggiormente, soprattutto dopo “la stretta morale, dottrinale e socio-politica” del Concilio di Trento, in cui s’inasprì e radicò ancora di più e forse del tutto quel certo modo d’essere e di vivere … Certe “prescrizioni” divennero ancora più assillanti per la società e i singoli, quasi un’ossessione ... e: “Inconfesso”, “Scomunicato” e “Insordescente” furono “paroline” adatte a “marchiare e individuare” il grave stato d’inadempienza che vivevano certe persone verso la Legge della Religione.
Si arrivò perfino a un’epoca, i cui Preti dei Capitoli e Piovani delle chiese e Contrade furono tenuti a registrare nei Registri dello Stato d’Anime la coerenza o meno delle singole persone che stavano sotto la loro tutela. Ossia ad ogni Veneziano e Veneziana corrispondeva un giudizio scritto e aggiornato di “idoneità o meno” circa la sua condotta Cristiana. Preti e Confessori in genere erano dei veri e propri “Vigilantes dell’Intimità e dello Spirito” autorizzati e deputati a “segnare lo status dell’Animo di ciascuno” ... La Comunità Ecclesiale, insomma, e nella fattispecie la vita di ogni singola Contrada Veneziana dovevano essere “l’anticipazione e l’immagine terrena” di quel che sarebbe stato il futuro Paradiso-Inferno e Purgatorio che ciascuno si sarebbe in seguito meritato … In Contrada cioè, si veniva iscritti fra i“Beati e i Santi” oppure fra i “Condannati e Reprobi” valutando e soppesando attentamente lo stile di vita che si perseguiva interiormente e nelle azioni spicciole della vita quotidiana.
A differenza di oggi, tutta la “comunità sociale” era soggetta a continua e stretta “verifica” tramite lo strumento della Confessione davanti a Preti e Frati a cui tutti erano tenuti di frequente … Ma vi dirò ben di più: in certi tempi (secoli)dall’esito di quella Confessione spesso veniva a dipendere l’andamento di tutto il resto della propria esistenza. Passare indenni attraverso il Confessionale divenne come una “Forca Caudina, una password obbligata” che permetteva più o meno di poter vivere decentemente e serenamente.
Per chi non superava indenne “lo sbarramento” della Confessione, spesso poteva iniziare un incubo.
Sapete meglio di me come per secoli: Papi, Vescovi, Preti e Frati hanno esercitato un controllo pressochè totale sulla società, quasi spasmodico, avvalendosi spesso dell’aiuto della “mano o braccio Secolare-Civico”. Non si viveva, né lavorava, trafficava né tutto il resto se non si possedeva “l’Imprimatur”e l’approvazione della Chiesa. Il destino di tutti era soggetto al rispetto delle sue regole per poter agire e vivere ... Sottrarsi diventava non solo un grande problema, ma poteva portare anche a grandi turbamenti personali, fino a risoluzioni estreme ... pensate a coloro che vennero considerati Eretici o Streghe: bene che fosse loro andata sarebbero finiti internati a vita nei Manicomi dell’Inquisizione … “Peccato e Diversità” venivano considerati alla stessa stregua “di una malattia tanto inguaribile quanto perniciosa … come una Peste, un bubbone da estirpare, un untume da epurare con fuoco”.
Tramite il Santo Uffizio dell’Inquisizione e l’apparato giurisdizionale dei Vescovi e dello Stato tutti erano perfettamente sotto controllo e osservati attentamente in ogni istante della loro esistenza. La “Dottrina e i Precetti erano: la Dottrina e i Precetti”: non era permesso “sgarrare” e atteggiarsi diversamente, e ciascuno poteva venire indagato assiduamente fin nel più intimo della coscienza, e fin dentro alle mura domestiche dove si arrivava con vere e proprie fisiche irruzioni per controllare, indagando fin nei dettagli più spiccioli e personali del vivere quotidiano di ciascuno … La Chiesa governava strettamente tutto e tutti: perfino influendo dentro alle scelte concrete dentro al letto di ciascuno.
Dal Concilio di Trento in poi, furono soprattutto un paio gli argomenti che sembrarono stare maggiormente “a cuore” negli interventi legislativi e repressivi della Chiesa: l’Eresia e il controllo dell’Unione Matrimoniale ovverossia la “sacralità e legittimità”dell’attività sessuale delle persone. Incredibilmente dall’elenco di queste “fisse”della Chiesa rimasero fuori argomenti scottanti come l’usura, ad esempio, ma anche molti altri significati importanti come potevano essere l’Onestà, la Verità, la Carità, la Povertà, la Sinceritàe molto altro ancora ... forse perché erano le cose in cui la Chiesa si ritrovava maggiormente inadempiente e compromessa.
Sembrava che certi principi per la Chiesa potessero essere considerati secondari, mentre altri vennero considerati come irrinunciabili ed essenziali, quindi meritevoli di “grande forza” nell’esigerne l’assoluta applicazione e rispetto, nonché meritevoli di persecuzione in caso di palese inadempienza.
La Chiesa e lo Stato, infatti, non si accontentarono solo di un lavoro di mera concettualità astratta giuridica e legale, ma s’impegnarono lungamente e assiduamente per vigilare“prepotentemente” sulle proprie “pecorelle”giungendo a inventarsi meccanismi sofisticatissimi e repressivi che portarono a un controllo sociale esasperante e quasi perfetto.
Usando parole più esplicite: chi non rispettava fino in fondo nella propria vita i dettami della Chiesa veniva “tagliato fuori” da tutte le opportunità del vivere sociale. Si diventava quindi dei veri e propri esclusi, dei reietti estromessi dalla società Civile e Religiosa, si veniva privati della possibilità di un vivere “normale”. E questo era un grosso guaio perché si arrivava a perdere il lavoro, la famiglia, la possibilità di rapportarsi con gli altri, di esercitare una qualche attività, e di godere di considerazione e rispetto come persona dalle altre persone.
A differenza del nostro vivere societario moderno di oggi in cui chi vive in un condominio spesso non sa dopo trent’anni chi gli vive di fronte sullo stesso pianerottolo, un tempo si viveva molto “insieme, di fuori e per strada”. La convivenza sociale e la capacità spicciola di condividere e rapportarsi con i vicini e gli altri, cioè “quelli della piazza o della corte o campiello” era “un po’ tutto” anche a Venezia. Si viveva in un modo un po’ obbligato, spalla a spalla e nel confronto-incontro-scontro continuo … la propria era come una carta d’identità e una patente pubblica necessaria per vivere: si era conosciuti, e si faceva parte di un certo ambiente ristretto come la Contrada e la Chiesa.
Visto poi che non ci si muoveva più di tanto dal posto o dalla Contrada in cui si nasceva, e dove spesso si finiva per trascorrere gran parte se non tutta l’esistenza, l’esserne privati, banditi ed espulsi era la peggior cosa che potesse capitare a qualcuno/a.
Ecco allora il significato pregnante di “Scomunica”: cioè l’essere estromessi, lo “star fuori dalla Communio del vivere”non solo religioso da Messa e banco di chiesa, ma dalla totalità dell’opportunità sociale: era una grandissima disgrazia insomma. Chi veniva escluso o espulso era come un’anticipazione della Dannazione Eterna, si diventava rifiuti umani privati di ogni diritto e di ogni affidabilità … Non doveva essere affatto un bel vivere ... Per qualcuno poteva diventare “la fine e il fallimento”della propria esistenza.
Comprenderete quindi la grandissima valenza di quell’imposizione e di quel controllo di cui era capace la Chiesa: poteva “segàrti la vita” da un momento all’altro seguendo l’antica logica del dettame “Chi non è con me è contro di me … Chi non è con me: disperde … Chi non è con me è destinato alla Damnatio Aeterna.”… Da brividi ! … pensando che c’erano in gioco le vite e il destino delle persone spesso ignare, inermi e indifese ... oltre che innocenti molte volte.
Precisato questo credo vi potrà sembrare forse più chiaro, o perlomeno più intuibile quanto fosse “pesante” il valore del marchi: “Inconfesso”, “Scomunicato” e Insordescente”… Quando a qualcuno/a veniva affibbiato quel titolo da Piovani o uomini e donne della contrada … si era nei guai, se non peggio.
Mi spiego meglio ancora: c’è stato un tempo in cui si è addirittura giunti a indurre le persone a confessarsi di frequente dai Preti e Frati per poter esplicitare pubblicamente il proprio stato di fedeltà ai Precetti della Religione. Ciascun Confessore, pur mantenendo il “Segreto Confessionale” sui particolari di quanto ascoltavano circa le Coscienze, rilasciavano alla fine un Atto Confessorio, cioè una Patente scritta d’Assoluzione senza della quale non si poteva accostarsi a ricevere la Comunione … Proprio così: chi risultava “affetto” da certi peccati gravi che non poteva “lavare e togliere” tramite la Confessione veniva “disabilitato” al vivere sociale … Ed era plateale per tutti quella situazione, perché all’interessato non veniva permesso di accedere alla Comunione … Niente Patente di Perdono… niente Comunione pubblica in Chiesa … Bastava andare a guardare chi era ammesso o meno alla Comunione per sapere chi era in regola o meno con la Giustizia Divina e con la Comunità … Dietro al rifiuto di concedere il permesso di far la Comunione da parte della Chiesa ci poteva essere di tutto: un “Inconfesso” poteva essere un ladro, un mentitore, un eretico, un concubino, un perverso e chissà cos’altro ancora.
Certi “peccati gravissimi” poi erano anche “riservati”al Vescovo, cioè “non assolvibili” dal comune Confessore: aborto, convivenze clandestine, omicidio e altro ancora … Chi non veniva assolto in Confessionale poteva aver combinato di tutto, ed essere quindi particolarmente inadatto al “vivere sociale” oltre che Ecclesiale … Lo spartiacque del Giudizio di solito stava a Pasqua quando si era tenuti all’obbligo del Precetto Pasquale… Chi non otteneva la Certificazione del Confessore da presentare previamente al Piovano: “era fuori”. Chi “faceva Pasqua” in Chiesa, invece, “era dentro” cioè poteva vivere e agire tranquillamente, era considerato persona attendibile e onesta, per bene …
Immaginatevi se una famiglia vedeva il promesso sposo di sua figlia“non ammesso” alla Comunione Pasquale … Gliela avrebbe ancora concessa in sposa secondo voi ? … Quello era di certo un delinquente o qualcosa del genere ... e quindi succedevano casini, e non pochi.
I “non ammessi a far Pasqua e alla Comunione” poi, finivano spesso col diventare: “Scomunicati” cioè estromessi per motivi diversi dalla Comunità Sociale e soprattutto Ecclesiastica … cioè venivano privati anche della possibilità di conseguire la Salvezza Eterna nella Vita Futura ... Sapete meglio di me quanto timore avessero gli antichi dell’Aldilà, e come facessero celebrare infinite Messe e Suffragi per potere “Salvare la loro Anima”… A differenza di noi di oggi, quelli e quelle di ieri, Veneziani compresi, avevano un vero e proprio terrore di questa cosa. Essere privati dell’Aldilà era qualcosa di pestifero e mortale … era un po’ come morire in anticipo e per sempre, visto soprattutto che si “Viveva di qua” in prospettiva e meritandosi l’Aldilà… La vita era considerata come trampolino di lancio, l’occasione per meritarsi “l’Aldilà”, cioè il “dopo Vita”, che si pensava essere l’unica cosa che contava per davvero … Oggi siamo più “possibilisti”, e abbiamo forse una visione delle cose un po’ più elastica e speranzosa.
Non era quindi un giochetto quella volta l’essere esclusi … Si trattava proprio di una questione “di Vita e di Morte”.
C’è stato quindi un tempo in cui in certi luoghi il Nonzolo-Sacrestanoo l’addetto della chiesa e del Confessore passava o non passava casa per casa per consegnare o meno i Certificati di Abilitazione alla Comunione ... e di rimando al vivere e guadagnarsi l’Aldilà … Immaginate ancora una giovane donna che non avesse ricevuto quel “salvacondotto”… Come sarebbe stata considerata dalla Comunità e dalla sua famiglia ? … Che cosa avrà combinato di nascosto ? … Erano drammi … O pensate a un bottegaio non ammesso alla Comunione: di quale colpa “immonda” si sarà forse macchiato ? … Era forse un disonesto, un imbroglione, un indemoniato ? si chiedevano in Chiesa tutti curiosi ad indagare davanti all’altare … E la vita della Contrada viveva spesso anche di queste “novità”.
Pensate poi e ancora agli “Inconfessi, Scomunicati e Insordescenti” che non potevano ottenere l’accesso alla sepoltura nei Cimiteri nè tantomeno nelle Chiese e nei Chiostri … Non si sapeva più dove andare a collocare i “Morti Scomunicati” ! … Ho letto di alcuni casi in cui dei Veneziani non sapendo più dove andare a collocare i loro Morti ormai in avanzata decomposizione, risolsero col bruciarli nottetempo disperdendo le ceneri in Laguna.
Di certo non fu facile per molti vivere in quella maniera … Si era sempre all’erta, “sul chi vive” ... Qualsiasi cosa, tutto, poteva diventare un problema … A volte bastava anche una “comune” bestemmia o improperio per finire “fuori e al margine”, o se si era protagonisti di un’accusa di: “Propositi Ereticali” si poteva incorrere poi chissà in quali pene e fino alla scomunica ... Bastava a volte sparlare un attimo in qualche Osteria o sotto ai portici di un mercato, o dimostrarsi irrisori e denigranti verso le Dottrine della Chiesa e verso il Clero, che si veniva etichettati subito come “conniventi con Male”, e assimilati agli Eretici e agli inadempienti: si era cioè “correi di peccato” ... qualcuno che approvava atteggiamenti e modi di vivere sbagliati ... meritevoli di indagini, punizioni e tutto il resto.
Non pensate poi che si trattasse solo di saltuarie accuse o banali e rare delazioni e denunzie: piovevano le accuse, e poi le indagini, le pene e le condanne … Eccome che fioccavano ! … e la loro entità e applicazione non erano affatto banali e insignificanti … Si viveva indubbiamente in un clima di paura e talvolta di terrore, perché bastava un niente per essere denunciati e additati ai Preti. Si finiva così negli elenchi dei sospetti, dei “richiamati e ammoniti”, e dei possibili “emendabili”. Immaginate quindi in quale clima si poteva vivere nello “stretto” di una Contrada Veneziana, o più ancora di un’isola o paesetto da dove spesso si finiva col muoversi quasi mai. Se ci si giocava per qualche motivo perdendola la carta e l’immagine della “Credibilità Onestà” si finiva col compromettere l’intera esistenza o gran parte del proprio futuro.
Vi lascio intendere e immaginare poi quale influsso possono avere avuto in quel contesto le invidie, le attese, i pettegolezzi, le vendette e sentimenti simili capaci di far pervenire all’orecchio attento della Chiesa certe insinuazioni e denunce. La maggior parte delle volte si riusciva a mettere in moto quel meccanismo di sospetto e indagine che portava ad essere inquisiti, ridotti in carcere, torturati, processati e condannati … Il resto poi veniva da se: se andava bene ci si salvava, altrimenti …
Giunti al 1603 si giunse a peggiorare ulteriormente la situazione arrivando a un vero e proprio inasprimento di quell’ “atteggiamento indagatorio e punitivo” della Chiesa: si avviò una vera e propria caccia scatenata contro Concubinato ed Eresia sotto ogni forma.
Per essere più esaustivo e rendervi l’idea: per la condotta di Bestemmia, “sospetta Eresia”, o “Propositi Ereticali”(che non significava pronunciare Dottrine contro la Fede, ma anche solo contro i dettami della Chiesa), si poteva finire con la lingua perforata, e poi condannati a multe, carcere per anni, o voga in Galea ... Che provassero poi quello/a con la lingua perforata a dire e spiegare le proprie ragioni !
La condanna, invece, per il Concubinato-Convivenza, cioè le prestazioni sessuali prematrimoniali “more uxorio” (come da maritati), e per l’adulterio delle donne era sempre esemplare: da pesantissime pene pecuniarie a pene corporali (a seconda delle finanze della famiglia), al carcere, e a spettacolari rasate di testa con esposizioni a ludibrio pubblico davanti alla chiesa di domenica all’ora della Messa, e con un “cappello d’urinale” in testa … Chissà perché le donne erano sempre loro le “adultere” perseguibili, mentre per gli uomini si reputava sempre che fossero indotti a seguire una loro pulsione istintiva e ingovernabile ?
Capite allora come a tante donne furono arrecati danni indicibili: per molte fu la fine viste le scarse risorse che possedevano e la ridotta capacità di difendersi e imporsi su un meccanismo così consolidato e formidabile.
Infatti, correndo ancora gli anni, s’inasprì ulteriormente la pena per la convivenza e per l’attività sessuale “impropria” soprattutto da parte delle donne ... Leggendo i documenti storici si ha come l’impressione di trovarsi di fronte a una grande mente contorta e bacata, affetta da turbe maniacali … Dal 1563 la scomunica delle donne portò al loro immediato bando dalla Societas: il Braccio Secolare le accompagnava fino al confine dello Stato e le espelleva malamente … E’ quasi inutile ribadire che la Chiesa si è dimostrata essere sempre estremamente maschilista lungo i secoli, applicava due pesi e due misure nel condannare maschi e femmine. Sembrava nutrisse una certa acredine e gusto vendicativo nei riguardi delle Donne e della Femmina ... Forse perché Eva(la donna) era “la colpevole” della perdita del Paradiso, la “causa prima d’ogni male” … Alle donne veniva inferto più facilmente e con grande umiliazione la “Scomunica” con la cacciata fuori della Contrada, della città o della Diocesi in cui viveva. Il peso e la considerazione di cui godevano l’onore e la figura delle donne erano proprio modesti … Più di qualche volta finirono con l’essere considerate tutte alla stregua di prostitute.
L’uomo, il maschietto laico o Religioso che fosse, invece, se la cavava con molto meno: innanzitutto gli si concedeva un annetto per ripensare e ravvedersi dalle sue colpe lasciandolo “come in sospeso” e in ripensamento … A lui era concesso d’incorrere in una debolezza, di sbagliare … Fino ad oltre il 1547 bastava astenersi da rapporti sessuali, ad esempio, per quattro-sei mesi uscendo da una qualche “relazione impropria o pericolosa”, che tutto diveniva “perdonabile” visti i buoni propositi. I Governatori Spagnoli, ad esempio, dividevano sempre le coppie clandestine che individuavano, cacciando via e lontano uno dei due partner: la donna di solito … mentre permettevano all’uomo di tornare alla vita di prima, o di rifarsi o dedicarsi a un’altra esperienza consona con la Legge.
Se “irredenti” e peccatori “incallito e impenitenti” radicati nel proprio status e ruolo, si arrivava in seguito allora vera e propria condanna di Scomunica ... E se uno o una, alla fine, si disinteressava e rimaneva indifferente anche di fronte a quella, allora veniva definito: Insordescente, cioè: sordo e refrattario a tutto, irrecuperabile, perso che più perso non si poteva.
Ecco spigato allora anche l’altro termine: l’Insordescente... cioè il Peccatore Cronico inguaribile, quello che vive di qua con già un piede dentro all’Inferno dell’Aldilà.
Ma la gente di Venezia come si atteggiava e reagiva di fronte a questi veri e propri “gravi soprusi” esercitati dalla Chiesa con la connivenza dello Stato ?
Semplice … La Storia racconta che nella maggior parte dei casi “i rei”, Nobili o Popolani che fossero, se ne fregavano altamente dei Precetti della Chiesa … Anzi: continuavano a vivere la loro vita secondo il loro stile, e mantenevano le loro convivenze di sempre rimanendo “inconfessi e nello spregio della Religione”. A conti fatti servì ben poco che le donne venissero etichettate come “Concubine”, nè assimilate a Prostitute o Meretrici pur non essendolo affatto ... Erano reiette ufficialmente si ... ma fino a un certo punto. Diciamo che a Venezia quel meccanismo così fiscale e severo non fece mai presa né trovò mai abbastanza consenso … Anzi: iniziò ben presto “a far acqua” da ogni parte: molti Veneziani di ogni categoria e classe sociale vissero la loro esistenza “in barba ai precetti della Chiesa” (per fortuna mi verrebbe da dire).
Servì ancora meno segnare i “peccatori inadempienti”nei Registri e negli Elenchi della Parrocchia nonché segnalarne la “scomoda presenza” nei verbali delle Visite Pastorali. Non che questa segnalazione non avesse esito … perché quelle indicazioni diventavano spesso terreno fecondo per l’azione indagatoria e repressiva della Santa Inquisizione ... In conclusione potremmo giungere a dire che per vari motivi quel “mirabile progetto e organismo perfetto” finì col l’incepparsi e smettere di funzionare come avrebbe voluto.
Primo fra tutti i motivi: Preti, Frati e Piovani s’impegnarono davvero in maniera “soft” ad applicare fino in fondo quelle “esclusioni” e successive “sanzioni”che avrebbero dovuto imprimere. Non si applicarono soprattutto perché loro stessi non navigavano in “buone acque”, ossia avevano loro per primi molto da farsi perdonare nel loro comportamento. Il Clero di Venezia, nella fattispecie, non era affatto “esemplare e coerente”nel suo stile di vita, perciò non poteva pretendere che altri: Nobili o Popolo che fossero, rispettassero prescrizioni difficilissime che lui stesso non viveva né considerava a sufficienza.
Preti, Frati, Monaci e Monache Lagunari e Veneziani furono, infatti, famosi per secoli per le loro “impenitenze, intemperanze, scappatelle e marachelle”… Non erano affatto nè Santi nè Sante … anzi ! … Furono proprio tut’altro.
Un paio di esempi a caso: nel lontanissimo luglio 1288 a Murano negli Atti di un processo contro Prete Zano della chiesa di Santa Maria di Murano si legge di come abbia brutalmente violentato una domenica la giovane Girardina quindicenne figlia della fu Contarina. Durante una festa di nozze con un pretesto la adescò portandola in un luogo solitario … e qui vi risparmio i dettagli di quanto raccontato dai protagonisti negli atti del processo, perché ne verrebbe fuori un racconto pornografico a luci rossissime.
Ci fu poi quel famoso Prè Agostin del 1300, quello sospeso nella “chèba”(la gabbia)appesa al campanile di Piazza San Marco. Famosissima oltre alla sua condanna e pena fu anche la derisione e il ludibrio pubblici a cui venne sottoposto: i bimbi, gli adolescenti e i Veneziani in genere andavano a insultarlo e deriderlo tirandogli addosso di tutto … e lui denudato e indifeso dentro alla gabbia non trovava altro modo di allontanarli se non pisciando loro addosso dall’alto … Non una gran bella figura di Prete messa in mostra … Poi pietosamente le Monache di San Zaccaria provvidero caritatevoli a farlo coprire, e ancora rimase lì sospeso a gridare nel vuoto e chiamare soccorso quando tentò di evadere dalla gabbia calandosi con una fune improvvisata tratta filo dopo filo dal suo “gabàn” ... Aveva calcolato male le misure per scendere di sotto … La corda era risultata troppo corta, e perciò era rimasto bloccato a penzolare nel vuoto dalla parete del campanile … Un altro capitolo di un’unica storiaccia insomma, un Prete e uomo impenitente capaci delle peggiori cose, che la Serenissima si affrettò prima a spedire in prigione e poi a bandirlo da tutti i suoi territori.
Potrei andare avanti a raccontarvi molto altro ancora, ma mi fermo … Intendo solo dirvi come Preti e Piovani di Venezia non furono affatto in grado per il loro comportamento di imporre controlli severi alla vita dei Veneziani ... Pochi Veneziani e Veneziane, infatti, giunsero ad essere scomunicati ufficialmente e altrettanto pochi subirono le angherie dell’Inquisizione soprattutto per motivi di Concubinato, Adulterio e “Inconfessione, Scomunica e Insordescenza” ... Ci fu solamente qualche “caso esemplare” ogni tanto e lungo i secoli … ma fu quasi niente a confronto con altre realtà Italiane e Europee … Preti e Piovani Veneziani avevano come tutto il resto del Popolo di Venezia “le loro belle gatte da pelare e proteggere”, perciò la maggior parte delle volte non si attivarono fingendo di non vedere e sapere … Soprattutto tacquero e registrarono ben poco ... e denunciarono all’Inquisizione, al Patriarca, al Dogee alle Magistrature della Serenissima ancora meno. Al massimo, come vi dicevo, giunsero a rispondere genericamente al Patriarca di fronte alla domanda diretta circa il numero degli “Inconfessi, Scomunicati e Insordescenti”presenti in Parrocchia-Contrada ricordandone l’approssimativo numero ... Tanti Piovani tacquero poi del tutto al riguardo … Avevano problemi di memoria al riguardo.
La Serenissima poi, sapete meglio di me quanto con i suoi Nobili e nei suoi Vertici di Governoè stata tutt’altro che integerrima e poco in regola circa l’osservanza dei “Precetti della Chiesa”… Anzi: fra Nobili, Doge e quelli che contavano di più a Venezia capitò di tutto e di più ... Figuriamoci quindi quanto si fu più che propensi a chiudere un occhio o tutti e due su tante “scappatelle” dei Veneziani e delle Veneziane in barba ad ogni principio Etico e Morale, Laico o Religioso che fosse … A Venezia, ad esempio, esisteva l’abitudine che una volta firmato il Contratto di Matrimonio e stabilita la Dote fra famiglie contraenti davanti a un Notaio, i nubendi potevano liberamente convivere del tutto fra loro “more uxorio”(come marito e moglie) in attesa della celebrazione pomposa e ufficiale della festa del Matrimonio che poteva accadere diverso tempo dopo per motivi logistici e di gestione dei patrimoni ... anche anni dopo.
A Venezia non si è mai avuta alcuna paura delle scomuniche e degli anatemi del Papa e della Chiesa ! … La Chiesa, invece, fu indirettamente costretta ad adeguarsi e correre ai ripari nei confronti dell’atteggiamento dei Veneziani. Un po’ arrampicandosi sugli specchi, iniziò, ad esempio, a distinguere giuridicamente le configurazioni del peccato della Convivenza Abusata suddividendolo in: “convivenza stabile a tempo indeterminato”, e “convivenza transitoria” in attesa del Matrimonio … La prima era considerata “peccato gravissimo contro Dio e la Chiesa”: inassolvibile e imperdonabile, mentre la seconda era considerato un “peccato meno pesante, quasi più veniale” per non dire quasi accettabile, di fronte al quale la Chiesa poteva “portàr pasiènza e seràr un òcio … al massimo fàr pagar una bòna elemosina”.
Finchè alla fine certe limitazioni e proibizioni vennero ignorate ed evitate del tutto e di continuo un po’ da tutti … Si sa bene poi, come la Serenissima nel suo insieme riuscì quasi sempre “ad imbrigliare e limitare”le azioni tendenzialmente sempre “prepotenti ed eccessive” della Santa Inquisizione Veneziana … Sappiamo poi di come Venezia scelse sempre“sapientemente”di persona e fra i suoi Nobili più meritevoli il suo Vescovo-Patriarca, e di come pretese sempre dal Clero Veneziano“la giusta morbidezza e tolleranza” verso tutti i Veneziani, così come Doge e Patriarcain mille occasioni si sono affrettati a difendere e proteggere il “buon nome” del Clero e dei Regolari Lagunari … Più e più volte si finse di non sapere e riconoscere, e si evitò di smascherare apertamente diverse inadempienze soprattutto dei figli e delle figlie dei Nobili … Perché infierire ?
A Venezia quindi le temibilissimi definizioni di: “Inconfessi”, “Scomunicati” e “Insordescenti” ebbero poca considerazione e scarso effetto finendo con l’essere quasi sempre un numero di approssimativa statistica o poco più. Solo in sparuti casi a Venezia gli addetti della Parrocchia e ei Confessori passarono di casa in casa per consegnare “Patenti di Confessione” adatte a poter conseguire la Comunione Pasqualina… Così come ben poco i Piovani Veneziani si spinsero a dichiarare le persone di Venezia “a posto e in regola” con i precetti di Dio, della Chiesa e della Società o viceversa.
Non accadde a Venezia, salvo qualche raro caso episodico, l’applicazione pedissequa e ossessiva di quel truce “meccanismo ecclesiale” repressivo come avvenne, invece, in altre parti d’Italia dove si suscitarono veri e propri vespai. Famose furono, ad esempio, le sollevazioni dei Nobili contro il Clero e i Vescovi a Siracusa nel 1588, quando s’insorse in massa contro le decisioni e le azioni del Santo Uffizio ... Famoso fu anche il contesto di Napoli dove i Preti conosciuti per le loro superstizioni e per stare facilmente a cavallo fra càbala, stregoneria, uso di “libri proibiti”, pratiche magiche e sortilegi di ogni sorta ... a trent’anni dalla celebrazione del Concilio di Trento convivevano tranquillamente con donne sopportati senza replica alcuna da parte di gran parte dei Napoletani.
Sempre a tal proposito, vanno ricordate, invece, le “rampogne”e i pesanti richiami a cui furono sottoposti certi Vescovi rei d’ospitare nel loro territorio donne e uomini “Inconfessi, Scomunicati e Insordescenti”espulsi dalle loro città d’origine ... Secondo i dettami dell’Inquisizioneil bando e l’esclusione dovevano essere il più totali possibile: non doveva bastare travalicare un ponte, un monte o un fiume entrando in una Comunità-Diocesi diversa per poter tornare a vivere quasi “normalmente”.
“L’Inconfessione, la Scomunica e l’Insordescenza debbono sempre essere Peccati che gridano e richiamano la vendetta di Dio come di tutti gli uomini e le donne di buona volontà.” ebbe a scrivere un giudice dell’Inquisizione Veneziana … Ma chi lo ascoltava ?
Di Venezia, invece, si ricorda soprattutto il fatto di un Patriarca che per ben due anni negò il diritto alla sepoltura di “un sconfessato”appartenente a una famiglia Nobile. Il Papa si decise alla fine a richiamare lo stesso Patriarca inducendolo a soprassedere al problema e “… concedere così quell’estremo gesto dovuto a una persona umana oltre che a una Nobile Famiglia che per generazioni s’è sempre dimostrata essere di buoni credenti rispettosi delle volontà e dei principi della Santa Chiesa”.
Infine i numeri degli “Inconfessi, degli Scomunicati e degli Insordescenti”a Venezia divennero “pesanti”: cioè in certe epoche risultarono esserci centinaia di “Inconfessi e Impenitenti” per ogni Contrada, tanto che si vennero a creare veri e proprio “partiti” di persone contrapposte: “quelli di Chiesa-Confessati e abilitati alla Pasqua” e quelli esclusi: “Inconfessi, Scomunicati e Insordescenti”tagliati fuori dalla vita della Comunità Ecclesiale oltre che da quella sociale … La Serenissima dimostrava di gradire sempre meno che si levasse l’indice accusatorio contro tanti dei suoi sudditi … Diversi Veneziani e Veneziane perciò continuarono a fare la loro vita, a conservare le loro convivenze, e a protrarre le loro scelte mantenendo “i loro stili di vita particolari”… Chiesa e Stato avevano altro a cui pensare.
C’erano poi nelle Contrade molti uomini e donne qualunque che “giocavano”di continuo a ricredersi e pentirsi per non incorrere nelle severità della Chiesa: promettevano d’abbandonare le loro situazioni “fuorilegge” in occasione delle Confessioni Pasquali, ma poi riprendevano a vivere le loro situazioni come sempre senza che in realtà nulla cambiasse … Esisteva insomma un intero mondo di persone borderline e doubleface, sempre “dentro e fuori e sul confine” che vivevano un continuo “saliscendi” nei riguardi della Chiesa e delle sue prescrizioni … e questo valeva molto anche per tutto il variopinto mondo degli Ecclesiastici e dei Religiosi.
C’era a volte come un rispetto “a tempo” di certe prescrizioni, regole e indicazioni di vita in funzione di Pasqua e Natale: date spartiacque temibili ricchi d’inquietanti e minacciose prescrizioni e conseguenze da evitare il più possibile ... L’anno soprattutto nelle chiese e nei Monasteri ruotava ufficialmente intorno soprattutto alla cesura di Pasqua, e c’erano i “Pasqualini in regola”, cioè coloro che “ce l’avevano fatta a superare l’ostacolo della Confessione-Comunione” conservando il loro “buon stato”: “Costoro erano come una schiera di “puri” provvisori che sopravalevano gli “impuri” per qualche tempo.”
A Venezia però tutto fra calli e campielli finiva alla fine coll’incrociarsi e confondersi … e ogni volta era agevole ricominciare sempre tutto da capo … Pasqua dopo Pasqua ... Venezia era Venezia insomma … una specie di monumento storico alla duttilità e alla tolleranza, un posto dove tutti potevano convivere pacificamente e bellamente insieme finendo talvolta in un cacciaroso, quanto spensierato, libero e gaudente Carnevale … L’importante a Venezia era vivere e sopravvivere … Credere e considerare Dio, la Chiesa con i suoi precetti supportati dallo Stato Serenissimo … serviva, era utile, ma veniva dopo.
Concludo comunque ricordando come certi retaggi sociali legati ancora a certi atteggiamenti comportamentali distinti e riconosciuti dalla Chiesa sono sopravvissuti incredibilmente almeno fino agli anni ’90 del 1900.
Avete capito giusto: anni ’90 del 1900, quando ancora ho visto con i miei occhi le raccomandazioni scritte da parte dei Piovani Veneziani che certificano il “buon comportamento e la buona condotta” di qualche giovane parrocchiano o parrocchiana da presentare al Direttore di qualche Bancao Istituzione di Stato o privata che intendeva assumerlo/a.
Forse adesso e oggi questi atteggiamenti sono finalmente trascorsi e sono “acqua passata” ? ... Mah ? … forse.
Alla Visita del Patriarca Domenico Agostini nel 1888 alla maxiContrada allargata di San Marcuola, così come a quella successiva del Patriarca Aristide Cavallarinel 1902 si contarono in Parrocchia: 4.500 “Anime da Comunione” distribuite in 1.050 famiglie … Il numero però degli “Inconfessi, degli Scomunicati e dei Insordescenti” risultò essere diventato “uno sproposito”: 2.500 ! … quasi metà dell’intera Parrocchia e Contrada … e non accennava affatto a diminuire … Era meglio smettere di contarlo.
Evidentemente un intero mondo e modo d’essere e fare dei Veneziani era di fatto indubitabilmente “scoppiato”, e s’era ormai spenta un’epoca e una maniera di vivere irreversibilmente … per fortuna !
(fine della decima parte/continua)