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Veneranda Porta e Stefano Santini ... amanti omicidi Veneziani del 1780

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#una Curiosità Veneziana per volta – n° 195

Veneranda Porta e Stefano Santini ... amanti omicidi Veneziani del 1780

Giuseppe Tassini nel suo: “Alcune delle più clamorose condanne capitali di Venezia” edito a Venezia dalla Premiata tipografia di Giovanni Cecchini nel 1866 racconta fra i tanti episodi quello raccapricciante di Veneranda Porta e di Stefano Santini suo amante …
L’orrendo delitto venne dai due portato a compimento nella notte del 12 giugno 1779, e accadde così che verso mezzogiorno del 14 giugno seguente una donna attingendo acqua da uno dei pozzi accanto alla chiesa della Contrada dei Santi Gervasio e Protasio nel Sestiere di Dorsoduro … cioè San Trovaso ... trasse fuori a fatica un busto insanguinato d’uomo con le braccia … Qualche ora più tardi spuntarono gambe e piedi da un altro pozzo in Corte del Basegò in Contrada di Santa Margarita vicino alla Fondamenta di Cà Renier o del Malcanton.
E non fu tutto … La mattina dopo un gondoliere colpì con un remo una testa che galleggiava nel Canale di Santa Chiara verso il Purgo nel Sestiere di Santa CroceIl Purgo era un terreno realizzato fino dal 1661 nella Contrada della Croce verso Santa Chiara (Piazzale Roma di oggi) composto da una serie di gallerie e canalette in cui si pulivano e lavavano lane e panni con acqua corrente ... La Camera del Purgo era poi: “Il Magistrato Veneziano composto soprattutto da Lanaiuoli che giudicava liti e contrasti in materia di Lanificio, e vegliava perchè i proprietarii delle fabbriche avessero cognizioni e patrimonio sufficienti per poter dirigerle, e perchè i lavori riuscissero perfetti.”
Nello stesso giorno verso mezzogiorno si recuperarono in acqua alcune interiora umane “in faccia al quartiere dei Zaffi da Barca sulle Zattere”nel Canale della Giudecca verso il Monastero dell’Umiltà verso la Dogana da Mar (la Punta della Salute).


Come potete immaginare, il clamore, lo stupore e lo sconcerto furono grandissimi in tutta Venezia, e la Serenissima si sdegnò non poco di fronte a così spavaldo, macabro e spettacolare delitto tanto che diede subito ordine d’iniziare le indagini … Per prima cosa vennero letteralmente raccolti “i pezzi” della vittima che erano stati abilmente tagliati, e dopo un’accurata analisi anatomopatologica si espose il cadavere maschile al Ponte della Pagliavicino a Palazzo Ducale: luogo abituale dove si esponevano gli annegati sconosciuti perché qualcuno potesse provare a riconoscerli.

Inoltre il “Commosso Governo a così fiero caso, ordinò che si esponesse la Beata Vergine Nicopeia per otto giorni nella Basilica Ducale di San Marco, ed il Venerabile Santissimo in tutte le chiese Veneziane sia per espiazione, che per ritrovare i colpevoli.”
Nessuno seppe dare un’identità a quello sventurato cadavere, e infruttuoso fu anche rivolgersi a Dio, Madonna e Santi, per cui si diede ordine di seppellire quel corpo eccetto la testa che venne imbalsamata ed esposta ai Veneziani fuori dell’Uffizio dell’Avogaria infilzata su due picche.
Ci fu comunque un indizio curioso che apparve … I capelli di quella testa erano acconciati con grossi riccioli laterali: “Solevano nel secolo trascorso gli uomini di basso stato lasciar cadere, al pari delle donne, dai lati della fronte due ciocche di capelli, le quali, perchè prendessero il riccio, involgevansi di notte in due rotoli di carta, chiamati rolò”... L’uomo cadavere s’era fatto quella notte i “rolò” sulla testa con la carta di una vecchia lettera che fortunosamente mostrava ancora alcune iniziali della firma finale: V. F. G. C.
La Giustizia della Serenissima quindi pubblicò nelle Gazzette il racconto del delitto accaduto e fece riferimento alle misteriose iniziali ...“e volle il caso che una delle gazzette cadesse fra le mani d’un Giovanni Cestonaro nativo di Vicenza ma domiciliato in Este, agente dei NobliHomini Leonardo Nadal e Roberto Boldù.”
Si trattava del fratello dell’uomo ucciso, totalmente inconsapevole dell’accaduto.
Costui riconosciute le proprie iniziali: Vostro Fratello Giovanni Cestonaro”, cioè V.F.G.C. contenute in una lettera che aveva scritto al fratello in precedenza, corse a Venezia il 26 giugno 1779, e si recò all’Avogaria da Comun riconoscendo nella testa sfigurata i connotati del proprio fratello Francesco a cui aveva scritto ... Presso l’Avogaria della Serenissima prese allora a spiegare che suo fratello Francesco era un uomo che aveva “sortito dalla natura una tempra irrequieta, erasi assentato dalla casa paterna per emigrare in esteri paesi, ove esercitò diversi mestieri fra cui l’arte ora del parrucchiere, ora del famiglio o maestro di casa, e che, reduce da Cefalonia, sposò a Corfù la vedova trentenne Veneranda Porta da Sacile: donna un po’ zoppa e bruttina, già madre di due figlie: una delle quali abitava con lei, mentre l’altra stava presso parenti a Sacile ...”
Raccontò anche che il fratello aveva messo incinta una donna olandese abbandonandola poi al suo destino, e che si era recato pure in Sicilia a Catania(dove aveva conosciuto Veneranda bella vedova originaria di Sacile ? … C’è un po’ di confusione nei resoconti della storia: era bella o brutta Veneranda ? … Boh ? … Non si sa bene.)
Il fratello aggiunse ancora che Francesco aveva avuto da Veneranda un’altra figlia affidata pure lei in custodia a uno zio di Este, e che da circa quattro anni abitava con quella donna e la figliastra in Contrada di San Barnaba a Venezia non lontano dal Campiello degli Squellini.
Come ultima cosa: “egli fece cadere i sospetti dell'assassinio sopra la cognata Veneranda Porta, e sopra Stefano Santini, raccontando come l'estinto fratello erasi spesso lagnato per lettera della tresca che il Santini manteneva colla Veneranda.”
Stefano Fantini o Santini da Udine oltre ad essere l’amante della donna, era Staffiere o Servitor da Casàda del NobilHomo Angelo IV detto Antonio Dolfinabitante sulle Zattere in Contrada di San Basilio o Basegio nel Sestiere di Dorsoduro a Venezia.
Dopo tali deposizioni lo stesso giorno Veneranda venne arrestata e condotta davanti ai Magistrati del Tribunale di fronte ai quali provò a comportarsi con disinvoltura, arguzia e straffotenza: “Essa sulle prime pareva disposta a deludere il vero, ma tutto ad un tratto incominciò a chiedere pietà: “Pietà! … Misericordia! … Raccomando le mie creature! … Chiedo impunità! … Parlerò tutto! … Dirò la verità ecc. dicendo che il marito dopo un alterco voleva ammazzare lei ed il Santini, e che quest’ultimo, senza che ella c’entrasse, uccise con vari colpi di mazza la notte del 12 giugno il Cestonaro, e con un coltello lo tagliò a pezzi per gettarli il giorno seguente a più riprese nei luoghi ove con raccapriccio dell’intera città erano stati scoperti.”
Una tradizione popolare attribuita al Negri riferisce che in realtà Veneranda non confessò nulla finchè dopo l’ennesimo colloquio infruttuoso le venne mostrata la testa del marito ... Nel vederla: “allora ella proferì le parole: nol gha più della so somiglianza !”… ma tradizione dice ancora che la testa del morto posta sul tavolo riaprì gli occhi guardandola: La donna allora cadde in deliquio, senza aggiungere cosa alcuna alle confessioni antecedenti…”
Il giorno 27 novembre si rinvenne e arrestò il Santiniin una casa vuota in Rio Marin in Contrada di San Simeon Grando nel Sestiere di Santa CroceMesso alle strette confessò il delitto: “ma attestava che la donna l’aveva sedotto, che era stata essa in quella notte fatale a gettarsi addosso al ferito turandogli la bocca con una gonna perché non gridasse, che, non ben sicura della di lui morte, voleva che gli fossero dati altri colpi: “Per l’amor de Dio ! … Per l’amor de Dio ! … Dèghene ancora ! … No sentì cossa ch’el ziga ?” … che con un rasoio lo ferì nella gola, e che finalmente da lei era partita la sollecitazione di fare a pezzi la vittima: “Ma bisogna farse coragio, e scomenzar perchè vien tardi, e distrigarse !”
“Die 27 luglio 1779: Fatto estrar dalle carceri e condur in officio avanti Sua Eccellenza Avogador Minoto scortato, un uomo di statura ordinaria, occhio nero, di barba scura, e cappelli […]” 
E arrivò a testimoniare di fronte al Tribunale della Serenissima: Vittoria la figliastra dell’ucciso che  affermò: “essere stata presente di nascosto ed aver visto tutto al misfatto … nonché da altri mezzi di prova appariva chiaramente che tanto Veneranda Porta, quanto Stefano Santini erano andati d’accordo nel togliere di mezzo il misero Francesco Cestonaro, e che anche prima avevano tentato per ben tre volte d’avvelenarlo affine di poter contrarre insieme novelli sponsali ...”
Secondo i Necrologi Sanitarii Veneziani, alla fine del processo: Stefano di Andrea Santini da Udine d’anni 30 venne  condannato con sentenza della Quarantia Criminal del 10 gennaio 1780, e decapitato e squartato il 12 Gennaro seguente: “ed apesi li quarti nei soliti luoghi d’ordine dell’Eccelso Consiglio di quaranta al Criminal” ... Veneranda Porta relicta (vedova) del quondam (defunto) Francesco Cestonari da Sacil d’anni 37 fu decapitata d’ordine dell’Eccellentissimo Consiglio di Quaranta al Criminal di San Marco ... A nulla valse l'invocazione della legittima difesa per le angherie subite dal marito, che aveva minacciato di morte sia lei che l’amante provando anche ad assassinarli … amante e marito erano spesso venuti alle mani …
Alcuni raccontarono che Veneranda domandò ai Giudici d’essere la prima a subire il supplizio, ma che non le venne concessa quella grazia … Leggenda aggiunse ancora che Veneranda disse al Giudice: “E’ sconveniente Eccellenza appendere in alto una donna con le gonne …”
“Mia cara … Vorrà dire che le presterò i miei pantaloni per l’occasione …” le avrebbe risposto il Giudice.

La casa di Veneranza Porta in Calle della Madonna venne demolita, e sulla sua area ancora oggi esiste un orto-giardino ... Si diffuse pure la storiella che fosse stata la Madonna a permettere di risolvere quel caso contorto facendo rinvenire ai Giudici quella lettera nascosta ... Per questo la calle venne dedicata alla Madonna Celeste in segno di gratitudine … Peccato che questo non sia vero in quanto la Calle già si chiamava così per via di alcune case lì presenti di proprietà del Monastero delle Monache Cistercensi della Celestia di Castello.



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