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Arsenalotti e poveri Marineri Capotèri e Strazzaroli de Venessia

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#una Curiosità Veneziana per volta – n° 196

Arsenalotti e poveri Marineri Capotèri e Strazzaroli de Venessia


E’ di sicuro sorprendente, e quasi commovente rileggere la famosa relazione sullo Stato della Repubblica che il Doge Tommaso Mocenigo lesse nel 1421 in Maggior Consiglio: “… ogni settimana vengono da Milano ducati 17.000 – 18.000, cioè in un anno ducati 900.000 entrano in questa città, e introduciamo nel ducato di Milano merci per 1.610.000 ducati d’oro all’anno…di là vengono 90.000 pezze di panni l’anno, che valgon ducati 900.000 …assai si vantaggia pure coi Sali, la cui tratta è cagione di far navigare tante navi in Soria, tante Galee in Romania, tante in Catalogna, tante in Fiandra, in Cipro, in Sicilia e in altre parti del mondo per modo che Venezia riceve, tra provigioni e noli, 2 ½ - 3 %; sensali, tintori, noli di navi e galere, pesatori, imballatori, barche, marinai, galeotti e messeterie (mediatori) procacciano altri 600.000 ducati ai nostri di venezia senz’alcuna spesa e ne vivono migliaia di persone grassamente…Verona compra ogni anno 200 pezze di broccato d’oro, d’argento e di seta; Vicenza 120, Padova 200, Treviso 120, il Friuli 50, Feltre e Cividal di Belluno 12; carichi 400 di pepe; fardi 120 di cannella; zenzeri di tutte sorta molte migliaia e altre spezie assai; migliaia 100 di zuccari, 200 pani di cera … Per la pace la nostra città manda 10 milioni di capitale ogni anno pel mondo con navi e galee, per modo che guadagnano tra mettere e trarre: 4 milioni ... Abbiamo navigli 3000, d’anfore da 10 tonnellate fino a 200, con marinai 19.000, navi 300, che portano uomini 8.000; fra galere grosse e sottili ogni anno 45, con marinai 11.000, abbiamo 16.000 marangoni… avete 8 capitani da governar 60 galere e più, e così le navi: avete tra balestrieri, gentiluomini che sarebbero sufficienti padroni di galere e navi, e saprebole guidare, avete 100 uomini usi a governar armate, pratici per togliere un’impresa; e compagni assai per 100 galere, periti e savj, galeotti assai per 100 galere…….La nostra Zecca batte ogni anno ducati d’oro 1 milione e d’argento 200.000 tra grossetti e mezzanini e soldi 800.000 all’anno ...I Fiorentini mandano ogni anno panni 16.000 finissimi, fini e mezzani in questa terra; e noi li mandiamo nell’Apulia pel reame di Sicilia, per la Barberia; in Soria, in Cipro, in Rodi, per l’Egitto, per la Romania; in Candia per la Morea, per l’Istria….Ed ogni settimana i fiorentini conducono qui 7000 ducati, cioè 364.000 all’anno per comprar lane francesi, catalane, cremisi e grana, sete, oro, argento, filati, cere, zuccheri e gjoie, con beneficio della nostra terra ….”

In sintesi: il Doge Mocenigo disse che Venezia aveva 38.000 Marinai impegnati su 3.345 navi ... che più che spesso partivano per il Mediterraneo e l’Atlanticoin flottiglia o Mude di 3-4 navi-Gallee impiegando 600-800 uomini d’equipaggio in tutto.

La pittoresca schiera della popolazione degli Arsenalotti Veneziani sentiva quasi sue creature quelle Galee che creavano, facevano nascere e allestivano sugli scali dell’Arsenale … In un certo senso esisteva una specie di connubio e passamano fra Arsenalotti e Marineri che prendevano in consegna quei gioiellini navali portandoli un po’ dappertutto per mare per facendo ricca e prospera Venezia Serenissima… Entrambi, sia Arsenalotti che Marineri, sebbene in maniera diversa, erano devoti e a servizio di quella stessa causa, e quasi si confondevano e sovrapponevano l’uno negli altri nel lavorare a servizio della Patria Repubblica quasi “domatrice”e di certo Dominatrice del grande e insidiosissimo Mare da cui proveniva tanto bene come a volte: altrettanto male.


La forza navale della Repubblica era costituita da Galee e Galeazze, cioè dall’Armata Sottile che navigava soprattutto a remi, e dall’Armata Grossa formatada Barze e Galeoni muniti di pesanti cannoni di grosso calibro, che navigavano soprattutto a vela … La costruzione di una Galea Grossa veniva a costare alla Serenissima qualcosa come 55.000 ducati: manodopera, armi e munizioni, ancora, vele e cordami compresi, mentre un Galea Sottile ne costava circa 16.000 tutto compreso.

Le Galee Grosse più massicce e robuste venivano impiegate soprattutto per l’Oceano Atlantico, le Fiandre e l’Inghilterra, e via via lungo i secoli vennero studiate ed equipaggiate per sfruttare al massimo gli spazi di stiva, e per portare maggiore carico-tonnellaggio: 200 migliaia di libre grosse o anche 500 botti (circa 90 tonnellate) … In seguito Venezia adottò le “navi cocche da carico” che giunsero a portare 1000 botti cioè circa 750 tonnellate.

Nel 1577 la Flotta da Guerra Veneziana era composta stabilmente da 100 Galee Sottilie da 12 Galee Grosse sempre pronte e in attività ... Per fare un paragone: nel 1583 il corsaro Uluç Alì PasciàOcchialicioè il Calabrese Giovan Dionigi Galenidetto “il Rinnegato”disponeva di 70-80 Galee.

Come dicevo, quelle veloci, leggere e manovrabilissime navi venivano costruite nella Casa dell’Arsenale, che nel 1570-73 era come un città nella città di Venezia dove si contavano all’opera quasi 5000 lavoranti fra Marangoni (1.283), Calafati  da Figger e da Maggio(1069) e Remèri (157) che lavoravano dalla campana del lunedì mattina a quella del sabato a mezzogiorno … Nel 1575 anno di peste, cosa curiosa: gli Arsenalotti con le loro famiglie scamparono all’epidemia di peste isolandosi a vivere nell’Arsenale ... Il loro numero rimase quasi immutato nonostante il contagio imperversasse in tutta la città mietendo numerose vittime … Gli Arsenalotti lavoravano 270 giorni annui, e più di qualche volta finivano certi mesi per lavorare solo 11 giorni per colpa delle ricorrenti feste cittadine, e dei numerosi funerali ai quali erano tenuti a partecipare in massa … Venivano pagati per un valore di 48 soldi al giorno ricevendo denaro, vino e legna che asportavano per un valore di 7-10 soldi dall’Arsenale a fine giornata riducendola in “fascio di stelle”: cioè legname di scarto … Fu questa un’usanza che molto spesso diede addito ad abusi e furti di materiali celati all’interno del legname, anche se i controlli della Serenissima erano capillari e metodici ... Le Maestranze dell’Arsenaleinoltre godevano del privilegio di ottenere lo sconto di un quarto sul prezzo degli affitti delle loro case che poteva arrivare fino a un massimo di 20 ducati annui.

A quel popolo di abili Artieri Specializzatisi aggiungevano 40 donne Velere che per 14-16 soldi al giorno “tagiàvano e pontàvano” le vele delle Galee già cucite e decorate dalle giovani accolte negli Ospizi-Ospedali dei Mendicanti e degliIncurabili sotto il controllo stretto di una Mastra delle Vele … Per allestire le vele di una Galea Grossa si spendevano 2.400 ducati, 909 per una Galea Sottile ... Le Velere usavano tele daViadana-Mantova non esenti dazio acquistate da Venezia a lire 100 la libbra, oppure fustagni bianchi prodotti dai Bombaseri di città comprati fra 1637 e 1643 in 500-2000 pezze spendendo 300-12.000 ducati … oppure utilizzavano per 6 ducati Canovazzi Vercellesi acquistati nel 1639-1642 in 12-50 miare l’anno spendendo fino a 6450 ducati …
Oltre alle corpulente Velere, si aggiungevano alle Maestranze Arsenalotte anche i Bombardieri, i Segadòrie Tagièri (spesso montanari e boscaioli Trentini) che lavoravano a tariffa del segato secondo misure … C’erano ancora i Marangoni da Bosco per l’Arsenale, Garzoni, Fanti e circa 300 Bastazi cioè Facchini-Manovali generici addetti alla movimentazione dei carichi e ai lavori di fatica, utilizzati più d’inverno che d’estate per scaricare burci e navi, tirare su dall’acqua i legnami, depositare i roveri e  trasportarli alle seghe.

L’Arsenale era una Cittadella autonoma ed efficientissima, febbrile, quasi mai doma e spenta, provveduta in ogni materiale: canapa e cordami, legname, artiglierie, ferramenta, vettovaglie e velature ... I documenti d’inizio 1500 raccontano, ad esempio, di come che qualche volta in Arsenale si raddoppiava o triplicava il salario da 3 a 6 ducati al mese a “ … Mastro  Thomasin … Proto Mastro de la polvere da bombarda … considerato che con ducati 3 al mese che ha de salario et provisiò, el dicto non se puol sostentar …”

Le Cronache Veneziane del febbraio 1543, dicono ancora:“E’ necessario che domattina l’Officio nostro all’Armamento habbia danari per satisfar le ciurme delle fuste venute a disarmar, quale ogni mattina cridano et molestano alle porte del Collegio nostro …”

Nel giugno1601 scoppiò perfino una rivolta fra gli Arsenalotti: un tale Antonio de Zuane remèr incitò i compagni a protestare davanti al Provveditore dell’Arsenale Tommaso Duodo che distribuiva le paghe ... L’Antonio de Zuane gridava: “Si deve far presente che i danari havevano tochati allora erano pochi, et che ne volevano et meritavano di più.”… Il peggio fu che il Remer non si limitò a protestare ma buttò il denaro della paga in faccia al Provveditore Duodo: “… biastemando chi li aveva dati li denari, et chi più serviria la Caxa del Arsenal.”
Oltre alla protesta ci fu quindi l’oltraggio alla Pubblica Autorità che la Serenissima considerò la cosa peggiore, perciò l’Artiere venne condannato a morte “procedendo con misericordia verso gli altri Arsenalotti”.

Con sentimenti contrastanti quindi, quasi indecisi e fluttuanti fra odio e amore verso la Repubblica, gli Arsenalottilavoravano perfino in trasferta nei Boschi da rèmi della Serenissima, svolgevano funzioni di sorveglianza accompagnando il Doge nelle uscite pubbliche o proteggendolo quando si trovava “a Palàsso”, oppure intervenivano in giro per le Contrade Veneziane in caso d’incendi traendo acqua da pozzi e canali, e trasformandosi all’occorrenza anche in opportuni “Marangoni da case” ... Nel 1597, ad esempio, alcuni Arsenalotti ebbero l’ordine di acconciare: “strade e ponti di Rialto”, ma anche: “ … le strade di Portogruaro e Cordovato, per le quali transitano persone e mercanzie che vanno e vengono di Germania …”

Sulle Galee da Guerra e di Mercato Veneziane s’imbarcava sempre: un Marangòn, un Calafàtoe un Remèr… La storia degli Arsenalotti inanella una serie di vicende fatte di disciplina e paternalismo dello Stato Veneto, ma anche di ribellioni e repressioni durissime nei confronti di quegli Artieri e delle loro famiglie tutto compreso dediti “anima e cuore” alla causa della Serenissima Repubblica.

Per costruire una Galea Grossa si spendevano 17.680 ducati in legname, e 3.534 per una Galea Sottile ... Ogni anno l’Arsenaleordinava il taglio di 1500-2500 remi da Galia Sottil e 300-600 remi da Galia Grossa: “Si ordinano: Fàgari per remi da Alpago e Carnia; Nògheri ossia Noci e Olmi per timoni e bolzelli dal Mantovano; Ròveri da Rovereto e Trento, Cadore, Carnia, Friuli o dall’estero ossia Toscana e Napoletano.”5.000 roveri si trovavano stabilmente depositati in Arsenale di cui 1.000 erano ancora buoni secondo una relazione del Molin del 1633: “… a volte sono lasciati tagliati nei boschi o sulle rive dei fiumi per anni per cui vengono condotti non buoni e valgono solo a occopar e non servir la Casa (l’Arsenale)…”

La Casa dell’Arsenalera gestita e organizzata dalla Banca cioè daiPatroni dell’Arsenalche erano la mente direttiva e di governo della grande cittadella navale Veneziana … Questi “Capi”sovraintendevano alla costruzione delle Galee, alle Corderie e alle fabbriche d’armi … Erano dei Nobili Veneziani scelti dal Maggior Consigliocon un incarico solitamente di 32 mesi, avevano obbligo di risiedere nelle vicinanze della“Casa”, percepivano uno stipendio di 100-130 ducati annui“esenti da angheria”(tasse), ed erano coadiuvati da 2-3 Provveditoriscelti dal Senatocon incarico di 16 mesi ... Gerarchicamente inferiori e a diretto servizio degli stessi Patroni dell’Arsenale c’erano i Visdomini della Tanae gliAmmiragli, e una piccola folla di Capitani e Capi d’Opera, Revisori e Stimadori dei lavori eseguiti dalle Maestranze, e poi di: Proti e SottoProti dei Marangòni, dei Calafàti, dei Remèri, degli Alborànti, dei Tagjèri e Segadòri, dei Fabbri e dei Mureri… Tutti erano tenuti ad appuntare ogni gesto e attività su appositi Libri, Giornali e Quaderni dei Lavoriverificati mensilmente dai Patroni e dalle autorità della Serenissima.

Oltre a quella specie di “dirigenza dell’Arsenale” esisteva di supporto un’altra numerosa squadra di: Nodari, Scrivani, Scontri(controllori) di Cassa, Portoneri dell’Arsenale, e Appontadori e Despontadori delle Maestranze che segnavano chi entrava e usciva dal lavoro, e i singoli lavori assegnati ed eseguiti,e Sopramasseri agli Armizi, Masseri dei Piombi, del Sego e delle Micce, Ragionati Appontadori, Soprastanti alle Navi in entrata e uscita e all’imbarcato e sbarcato, Pesadori e Misuradori, Sorveglianti dei Magazzini, Deputài all’Arsenal Vecchio, alla Ferramenta grossa o minuta, alle pegole, e Custodi delle tele e fustagni consegnati e predisposti dalle Velere.

La formidabile“macchina”dell’Arsenale veniva a costare nel 1587:489.320 ducati; nel 1594: 628.328 ducati, e 722.603 ducati nel 1602comprese le spese per le paghe delle Maestranze, e “le robbe” cioè il Ferro grezzo proveniente con esenzione dal dazio soprattutto dalle miniere austriache di Villak; la Stoppada Bologna comprata nel 1632 in quantità di 52 miara; la Pegola Dura da Valona e la Pegola Tenera dal Cattaro con esenzione del dazio e pagamento alla consegna … Si utilizzava anche: Sevoper impalmare le galee acquistato in Ponente esente dazio; Vino di Vasto e Ortona comprato al pubblico incanto in quantità di 300 anfore annue da consegnare a rate in 10 mesi;  Canapa per corde comprata primaa Bolognadistinguendola in Mocàdi e Sorte(di qualità inferiore), e poi dal macereto di Montagnana che ottenne una concessione dallo Stato di 400 campi a Palù di Prova con l’obbligo di produrre la canapa in esclusiva per la Serenissima inviandola alle Corderie e al Canevo della Tana dell’Arsenale dove venivano realizzate le corde; e Salnitri e Artiglierie per l’armamento delle Galee; e il “panBiscotto”per alimentare l’ArmàdaVeneziana da Mar.



Quando tutto era allestito e pronto, le Mude Veneziane(squadra navale) salpavano “secondo Justa consuetudine” salutando tre volte la chiesa di San Antonio Abate di Castello, o rientravano in Laguna salutando allo stesso modo San Giorgio e San Marco ... con grida entusiaste e colpi di cannone.
La Muda di Ponente partiva ogni volta da Venezia per arrivare nelle Fiandre, Germania e Inghilterra giusto in tempo per partecipare alle grandi  Fiere annuali … Esisteva la Fiera dell’Anno Nuovo a Lipsia; la Fiera di Sant’Agnese a Leopoli in gennaio; la Fiera della Candelora a Lublino in febbraio; la Fiera delle Ceneri a Jaroslaw all’inizio della Quaresima, e quella di metà Quaresima a Breslavia, e di fine Quaresima prima della domenica delle Palme a Francoforte sul Meno… 8 giorni dopo Pasqua si teneva la Fiera di Pasqua a Linz seguita da quella di Lipsia, e dalla Fiera di Pentecoste di nuovo a Lublino… In giugno si organizzava la Fiera di San Giovanni a Breslavia, mentre in agosto c’erano le Fiere dell’Assunta a Jaroslaw e di San Bartolomeo a Linz… Il 9 settembre di ogni anno si teneva la Fiera d’Autunno a Francoforte sul Meno seguita dalla Fiera della Santa Croce a Breslavia, e da quella famosissima e molto frequentata di San Michele a Lipsia… A fine ottobre c’era la Fiera dei Santi Simone e Giuda a Lublino, a metà novembre la Fiera di Santa Elisabetta a Breslavia, e a fine mese la Fiera di Sant’Andrea a Jaroslawche chiudeva la stagione … e poi si ripartiva ricominciando da capo di anno in anno.

Dall’altra parte del Mediterraneo, cioè verso il Levante, prima della Guerra di Cipro(durante la quale gli Inglesi si presentarono direttamente a Zante, Cefalonia, Cipro. Smirne e Costantinopoli saltando l’intermediazione commerciale Veneziana), e in seguito fino a fine secolo, 42 grosse navi da carico Veneziane facevano la spola ininterrottamente col Mercato di Aleppo in Siria(dove erano presenti 100.000 mercanti di ogni provenienza che si assommavano alla comunità autoctona di 200.000 abitanti). Aleppo era uno dei capolinea della Via della Seta, e come precisava il Console Veneto li residente:“Aleppo era ricco di molte Nazioni presenti con grande quantità di merci di valore: sete, spezie, endeghe, gottoni, pannilani, seta d’oro ed altre infinite cose.”… Di conseguenza la Muda faceva affluire a Venezia: cotoni di Cipro, olio di Candia e Puglia, uva di Zante e Cefalonia spedita in Inghilterra, cera dalla Turchia e zucchero dall’Egitto …”

Per diversi secoli ogni anno a Venezia accadeva “l’incanto” cioè il noleggio delle Galee di Mercato di Stato cioè “da Comun” per il Ponentee il Levante che navigavano in parallelo alle navi di libera organizzazione naviganti “per divisum”, cioè da privati e a proprio rischio e pericolo ... Singole “Compagnie di Galea” fornivano il capitale necessario per noleggiare ed equipaggiare ogni Galea: di solito si trattava di Fraterne Familiari di Nobili Mercanti e Armatori abituati a mercanteggiare di generazione in generazione.

La Muda poteva comprendere sia Galee che Navi Tonde, che si registravano in anticipo versando una cauzione di 10 soldi per milliarium, e un pegno di 2000 libbre per garantire la propria partenza … Il capitale impegnato su ogni nave della Muda era suddiviso in 24 Carati o partecipazioni secondo il modello della nave utilizzata, il tipo di merci, e gli azionisti o Parcenevoliche anticipavano le spese avendo diretta influenza sul Patron della Galeao Nave considerato quasi un dipendente … Questo non valeva però per il Capitanio della Serenissima che era un supervisore generale al diretto ed esclusivo ordine dello StatoVeneto... Di solito un Parcenevole sborsava e anticipava circa 7.000-8.000 ducati, e ogni Compagnia di Galea privata cercava di far concorrenza alle altre riducendo al minimo le spese, accaparrandosi i migliori clienti e carichi, e provando a riservarsi il migliore profitto … Un’unica Compagnia era capace di movimentare anche 20.000 ducati d’oro … Di solito le Compagnie di Galea si formavano nei mezzanini dei Fondaci o dei Palazzi Nobiliari di Venezia, e si definivano e concretizzavano meglio davanti a un buon boccale di vino in qualche osteria, o nei pressi della Securtà dell’Emporio Realtinodove si assicuravano le merci e il viaggio, e si progettavano rotte, tappe e scali, vendite e acquisti consultando “occhi in su” le Mappe Dipinte che affrescavano buona parte delle volte dei Portici di Rialto.

Era il Senato della Serenissimain ogni caso, che avendo partecipazioni dirette nel capitale imbarcato e investito nella Muda, a scegliere il Capitanio che doveva guidare le navi “in nome di San Marco”… Lo stesso Senatodecideva il numero delle Galee ammesse al convoglio, mentre il suo Capitanioaveva il compito d’ispezionare il carico presenziando al caricamento delle merci e annotandole: “Se fosse stato il caso il Capitanio avrebbe anche frugato nella paglia per controllare che non ci fosse qualcosa di nascosto … Avrebbe tenuto chiuso a chiave i boccaporti nei momenti in cui non erano presenti lui e lo scrivano della nave.”Finchè avevano spazio a disposizione era tenuto a caricare tutte le merci presentate, pena una multa di 5 libre per balla, e di 10 libbre per cantàro rifiutato ... Non poteva chiedere però ulteriori denari per noleggiare la nave ... Doveva imbarcare ogni Mercanteche avesse caricato almeno 10 balle di merci, o che avesse pagasse almeno 20 soldi di noleggio, concedendogli uno spazio largo 2 piedi, e consentendogli di portare a bordo senza sovraprezzo una coperta e un materasso di peso non superiore a 30 libre, un baule, una valigia, ed eventuali armi per se e un suo servitore ... E ancora: conteggiavale razioni alimentari, e controllava e organizzava gli equipaggi le cui operazioni d’arruolamento, cioè il “Ponere Bancum”, avveniva in Piazzetta di San Marco: sul Molosotto i Portici di Palazzo Ducale ... In quell’occasione veniva fornito ai Marineri un anticipo sulla paga che era di 2 soldi di grossi al giorno.

Una Galea Grossa di Mercatocaricava in stiva un peso lordo di 140-250 tonnellate, alle quali si sommava lo spazio del ponte e l’equipaggio, che per legge era costituito da 212 Marinaicompreso un Cuoco e un Medico ... A metà 1400 la Repubblica di Venezia possedeva circa 35 Galee del tràffego insieme a una flotta di 300 navi tonde più capienti, e spediva ogni anno in giro per Levante e Ponente circa 1000-2000 tonnellate di mercanzie e prodotti del valore di 100.000 Zecchini ciascuna ... Era sempre il Senato a decidere se le navi dovevano viaggiare in convoglio e su quale rotta, e decideva anche se dovevano “attaccare o disimpegnarsi” in caso di conflitto qualora la spedizione avesse avuto anche scopi militari, cosa frequentissima … A volte la Muda era “militare” all’andata, e “commerciale” al ritorno o viceversa o entrambe, e le Galee erano tenute a navigare almeno a due a due o in flotta perlomeno fino alla Morea e Corone… dovevano fermarsi un giorno se qualcuna avesse avuto bisogno di scaricare a Corfù o a Chiarenza, e si dovevano riunire di nuovo in carovana a Modone o a Corone per il ritorno a Venezia.

La navigazione del Golfo di Venezia per il Levante cioè lungo il Mare Adriaticoaccadeva “Sottovento” cioè toccando i porti d’Ancona, Manfredonia, Barletta, Trani, Bari e Monopoli, oppure “Sopravento”toccando la sponda oltremare di Spalato, Fiume, Castelnuovo, Bojana, Durazzo e Valona ... Anche il commercio e la navigazione verso il Ponentesi distingueva per “Alto Ponente” cioè passando per: Tolone, Marsiglia, Alicante, Cartagena, Lisbona, Inghilterra e Olanda, o lungo il “Basso Ponente” cioè per: Gallipoli, Taranto, Messina, Palermo, Napoli, Civitavecchia, Livorno e Genova avendo come meta il Mar Jonio con Corfù, Cefalonia, Zante, la Morea e Tinooppure il Mar Egeo con Scio, Mitilene, Smirne e Costantinopoli oppure si percorrevano le rotte del Mar Sirio facendo scali a: Cipro, Tripoli, Alessandra e Damietta.

Di solito la Muda di Levantetrasportava: vino, spezie e sete per gli Inglesi, miele per gli Sciti, zafferano, olio, lino in Siria, Persia, Arabia e Armenia, Legna alla Grecia e all’Egitto, eriportava dalla Siria: spezie e cotone in giugno-luglioLa Muda di Ponente, invece, portava da Londra e Bruges: stoffe, pannilana Francesi e stagno.
Una Muda andava in febbraio in Siria, fra inizio e metà marzo un’altra andava a Tunisi e Tripoli, e fra metà aprile e l’inizio di maggio un’altra ancora il cui incanto era stato eseguito a gennaio costando ogni volta quasi 2000 ducati, alzava l’ancora per la Barberia e Acque Morte.
Fra metà marzo e metà luglio partiva la Muda di almeno sei navi armate per le Fiandre, le Città Anseatiche, Londrae i Mari del Nordnel Ponenteil cui carico valeva circa 250.000 ducati ...Trasportava più di 1200 uomini, e poteva viaggiare anche un anno, anche se spesso tornava a Venezia per Natale o fine anno, o nella primavera dell’anno seguente toccando: Francia, Lisbona, Cadice, Alicante e Barcellona dove si compravano sete gregge ... I Mercanti Veneziani caricavano zucchero in Sicilia, passando lo Stretto di Gibilterrarifornivano i Marocchini di: ferro, armi, panni e utensili domestici, e compravano altri prodotti che permutavano strada facendo nei porti di Barberia con frumento, frutta secca, sale, avorio, schiavi e polvere d’oro che portavano a Venezia.

Nel 1319 lo scalo della flotta a Southamton in Inghilterra provocò una rissa così grossa tra equipaggi Veneziani, cittadini, mercanti e portuali Inglesi che lo scalo nei porti inglesi venne sospeso per 5-6 anni ... I Veneziani in giro per il mondo non erano sprovveduti, né santerelli, né allegri buontemponi, ma ritenuti da tutti: avveduti, furbi e scaltri.

Verso la fine di luglio partiva ancora da Venezia l’imponente Muda armata da Comun per la Romania: Mar Nero, Costantinopoli, Grecia e Trebisonda che poteva contare e mettere insieme fino a 25 navi ... A un certo punto stabilito della navigazione del Golfo (Mar Adriatico), la grande squadra si divideva in tre: una parte costeggiava il Peloponneso andando a vendere a Costantinopoli merci Veneziane o acquistate in Grecia; una seconda parte di navi si dirigeva a Sinope e Trebisondadove andava a caricare prodotti asiatici arrivati dai Fasi e dalla Cina; e una la terza parte della flotta entrava nel Mar d’Azof e nei porti di Caffa dove andava a caricare: pesce, ferro, antenne da nave, grano e pelli.

A fine luglio e inizio agosto partiva da Venezia un’ulteriore Muda per la Siriadisarmata con navi a vela ... A fine agosto un’altra Muda andava a Beirut, e un’altra ancora ad Alessandria d’Egitto dove c’era il grande mercato di Tauris, e poi proseguiva per l’Oltremareossia: Palestina, Tunisia, Sicilia, Isole Baleari e porti dell’Atlantico… Il viaggio era relativamente breve: da 3 a 6 mesi, ma si trasportavano carichi di grande valore fino a 500.000 ducati … Si trattavano e vendevano anche schiavi e schiave provenienti dalla Georgia e dalla Circassiabarattandoli di solito con derrate del Mar Rosso e dell’Etiopia … persone in cambio di cibo ... Però ???



E poi arrivava l’autunno a Venezia: periodo in cui la Città Lagunarefibrillava ancor auna volta di grande attività e aspettative per via degli imminenti ritorni della Muda… Prima dell’inverno tornavano di solito le 3 flotte partite per il Levante, le navi partite per la Siria in estate, e quelle di Barberia e Acque Morte che rientravano dopo un anno … Venezia girava a mille, e in città c’era di tutto: carichi e merci di ogni sorta: spezie, stoffe preziose e tutto il resto, ed era stagione di grandi vendite, permute, scambi, riscossioni e pagamenti, ma anche di ulteriori nuovi progetti, impegni e spedizioni che si protraevano fino a febbraio quando le nuove Mude tornavano a riprendere il mare dopo l’obbligatoria sosta invernale.

Nello stesso tempo si riaprivano anche i passi alpini, e quindi si riattivavano i commerci e gli scambi via terra con Germania, Est Europeo e Nord Europa … In tarda primavera tornavano le Galee di Fiandra e ancora quelle di Siria partite a fine inverno … Fin dal 1180 esisteva a Venezia la grande e partecipatissima Fiera della Sensa durante la quale si trovava, trattava, vendeva e comprava di tutto per otto giorni … Papa Alessandro III aveva arricchito quell’evento concedendo la possibilità di lucrare specifiche Indulgenze nei giorni della Fiera, cosa che calamitava puntualmente la grossa schiera dei Pellegriniprovenienti da tutta l’Europa, che raggiungevano Venezia impegnandosi sulle grandi Vie di Pellegrinaggio tradizionali verso San Jacopo di Campostela, la Terrasanta, Roma, San Michele del Gargano, Assisi, la Madonna di Loreto e molto altro ancora … Ogni anno con la Fiera della Sensadi Venezia si avviava la nuova intensa stagione commerciale estiva che culminava a luglio-agosto con le nuove partenze delle Mude sempre più ricche e consistenti.

Venezia commerciava con almeno trenta città italiane e con una cinquantina di città estere raggiungendo la Persia, il Turkestan, l’India e la Cina impegnando ogni anno un capitale circa di un milione di ducati …  Nel 1490, ad esempio, nonostante due guerre contro i Turchi e una contro il Duca di Ferraraentrarono nelle casse del tesoro della Serenissima: 1.200.000 ducati, cioè il doppio di quanto gestiva lo Stato di Milano,e un ¼ di quanto disponeva il Regno di Francia… Venezia quindi fungeva da protagonista sul palcoscenico del Mediterraneo Europeo, e aveva più che buoni motivi per proclamarsi Sovrana dell’Adriatico  Per questo obbligava al contributo le navi che lo percorrevano, e si considerava ed era “Difensore della Cristianità Occidentale” da Pirati, Corsari e Musulmani sotto l’egida degli Stati Italici ed Europei, e con le abbondanti benedizioni Papali.

Tutto questo gran discorso per dirvi quanto facevano, e in quale ampio scenario e mondo commerciale s’impegnavano a lavorare per una vita intera i Marineri Veneziani … C’era da movimentare tutto quel grande “ben di Dio”, e la Serenissima sapeva abilmente governare le situazioni cavalcando le onde del Mediterraneo e dell’Atlantico destreggiandosi fra “felice commercio”e interminabili quanto sanguinose e micidiali guerre.

I Marineri Veneziani vivevano quasi un’intera “vita per mare”, ed erano personaggi-figure attivissime che sapevano “dar vita” a Venezia quando si trovavano in Laguna, ma sapevano soprattutto sfidare la Sorte e la Fortuna vagabondando e rischiando su e giù per i mari portandosi dietro il loro prezioso fagotto da mettere “sotto al trasto e al banco da remi della nave”… Lì racimolavano quanto potevano “di buono” facendo piccoli affari in ogni porto, arrotondando così la magra paga fornita dalla Serenissima.
I Marineri Veneziani non viaggiavano di certo per diletto, né tranquillamente: ogni partenza era come una scommessa, un “terno al lotto da accalappiare”Si sapeva come e quando si partiva con le Mude Commerciali e da Guerra della Serenissima, ma non si poteva sapere con certezza se e quando e in quale stato si sarebbe tornati … La vita da Marineri era un“gioco” rischiosissimo: se andava bene c’era bottino e qualche denaro, se andava male non si tornava a casa, o si rientrava a Venezia feriti e invalidi … pronti però per essere considerati “eroi della Patria”.

Marineri e Arsenalottiformavano quindi due corporazioni e categorie molto coese e solidali fra loro, anche se a se stanti … Erano accomunati dalla stessa smania di partecipazione, e dallo stesso “Amor Patrio”: per Venezia davano tutto ... Bastava che suonasse una campana in città, che era tutto un accorrere all’unisono … anche se nell’intero bacino del Mediterraneo i Veneziani furono sempre noti per essere: “Popolo di Mercanti e Marinai criticoni, sagaci, furbi, ironici, satirici, senza peli sulla lingua, e non del tutto entusiasti del loro Governo Serenissimo.”

Voglio dirvi però …

Che alla fine tutto quel mondo ambizioso, iperattivo e un po’ da sogno sfumava, e buona parte dei tanti Marineri Veneziani si ritrovavano con i piedi a terra in Laguna, cioè indotti a sbarcare per un’ultima volta perché inabili al lavoro, per l’età avanzata, o per via di malattie o ferite di guerra ... Diventavano quindi Marineri quiescenti e congedati … e Venezia: “punto di partenza e d’arrivo d’ogni cosa” assumeva per loro un volto diverso e alternativo in cui spesso dovevano ridursi a sopravvivere modestamente.

E’ curioso notare come Venezia sapeva essere allo stesso tempo Repubblica Sovranadei Mari lanciata alla conquista del mondo di allora, ma anche “Patria di ricovero e riposo” che sapeva accogliere il suo popolo quando terminava la “Stagione del Mare”.

I Marineri Veneziani non avevano alcuna fretta di pensionarsi … Anzi ! … Le Cronache Veneziane erano colme di racconti di uomini indomiti e inesauribili, Capitani da Mar e Dogi che combattevano ad oltranza sulle navi perfino in ciabatte se sofferenti di gotta … ma c’erano anche storie di Marineri finiti schiavi dei Turchi e costretti a vivere di stenti e sudditanza, o partiti e non più tornati con le Crociateo le grandi Esplorazioni fino in Scandinavia e Groenlandia, o viaggiatori sulle Vie della Seta,dell’Incenso e dell’Ambra… o forse anche scopritori per primi dell’America prima che ci fosse l’America.

Alla fine però, “all’ultimo”, quando proprio non ce la facevano più, i Marineri tornavano a sbarcare a Venezia un’ultima volta: vivi … anche se più di qualche volta: “un fià ròsti e cotti, malcònsi, a tòchi e boccòni e solo con la vita in tasca”.

Iniziava allora per i Marineri Veneziani un tempo per provare a riciclarsi risiedendo in Laguna … Non era di sicuro facile impiegarsi a Venezia trovando alternative al proprio ruolo … Ogni settore del lavoro in città era strettamente irregimentato e regolamentato … Anche i così detti “lavoretti” per tirare a campare non erano di facile reperibilità, e spesso si doveva agire di nascosto rischiando contro la legge … Perfino la pesca, la manovalanza e il facchinaggio, “la strasseria” erano prerogativa ed appannaggio esclusivo di apposite Schole d’Arti e Mestieri o degli inossidabili e onnipresenti Ebrei.

Rimaneva ben poco da fare per i Marineri “in pensione”, che di conseguenza diventavano soliti a portarsi in giro per Venezia di osteria in osteria, stazionare sui Moli di San Marco, negli Squeri e nei pressi dell’Arsenale per assistere e quasi accompagnare arrivi e partenze, e partecipare nostalgici alle manifestazioni ricorrenti della vita pubblica Veneziana che non mancavano mai … In qualche modo cercavano di curare e prolungare quell’ “Amor di Patria” che li aveva portati in giro per il mondo per tutta la vita, e s’ingegnavano intanto in qualche infima attività per “sbarcare il lunario” nel più assoluto anonimato ... Eccoli là quindi ! … Immaginateli quei Marineri Veneziani un po’ avanzati nell’età, e un po’ dimessi nell’aspetto portarsi da una parte all’altra di Venezia, soprattutto nelle zone del Sestiere di Castello e dell’Arsenaledove risiedevano maggiormente, ma anche sparsi in tutte le Contrade Veneziane … I Marineri erano spesso considerati Capoteri e Strazzaroli”:più di aspetto che di mestiere, perché erano: “incappotài, vestii de stràze, intenti a viver de niente e de miseria” … ma pur sempre fieri e ricchi di memorie vissute, e soprattutto orgogliosi d’essere ancora parte integrante della Repubblica Serenissima.

Venezia e i Veneziani non dimenticavano quella schiera così nutrita di persone che l’avevano servita per quasi tutta la vita. Lo StatoVeneto sapeva farsi carico di “quei persi in nome di San Marco”, si preoccupava per loro, e in qualche maniera provvedeva al loro ricovero e sostentamento assistendoli e ponendo un tetto sopra le loro teste.


All’inizio del 1500 si contavano in Venezia approssimativamente quasi duecento caxe e caxette gestite dalle Procuratie de San Marco de Citra. Costituivano una sorta di rete assistenziale e protettiva che dava asilo e supporto alle porzioni più deboli della società Veneziana, compresi gli ex MarineriIl numero di quelle caxette era quasi pari a quello delle Osterie, dei Bastioni, dei Magazzini da Vin, delle Malvasie e Furatole, e dei Bordelli e delle Locande che ospitavano spesso per“una sera o qualche ora”quella moltitudine polivalente e multicolore del popolo deiMarineri.
Di alcune di quelle unità assistenziali è rimasta solo la memoria, poco più che un nome, di altre si sa qualcosa di più … Si sa ad esempio che esisteva l’Ospedale della Scuola Grande di San Marco sito in Calle della Testa nei pressi dei Santi Giovanni e Paolo … L’istituzione era nata nel lontano 1347 nel Sestiere di Santa Croce, ma venne trasferita lì nel 1495 in una “casa da stazio” donata da Bernardo o Leonardo Contarini per accogliere 4 poveri affidandoli a un Priore eletto dalla Banca e Zonta della Scuola Grande di San Marco ... Ad ogni povero veniva distribuita un’elemosina annuale di 22 ducati, e altri 18 ducati venivano dati a un Sacerdote per l’assistenza spirituale dei ricoverati che dovevano indossare cucito sulle vesti il simbolo della Schola Granda di San Marco ... Chiuso una prima volta nel 1768, venne riattivato venti anni dopo prima d’essere demolito all’inizio del 1800.


Potremmo elencarne molti di quei curiosi Ospedaletti e Ospizi Veneziani: ognuno con una storia e memorie curiosissime da raccontare … Santa Caterina dei Templari a Castello… l’Ospedale di San Domenico in Secco Marina e Calle delle Furlane a Castello con “camera e cusina” per i poveri … ma rimaniamo a parlare dei Marineri.

Cinquantacinque di quelle caxette appartenevano all’Ospeal del Prete Zuanedestinato esclusivamente ai Marineri in congedo… Altre diciotto caxette erano riservate alla stessa Marinarezza che aveva servito sulle navi dello Stato ... Si trattava d’immobili pervenuti allo Stato attraverso lasciti e donazioni di privati, e in parte costruiti appositamente a spese pubbliche ... Nel 1566, ad esempio, viste le necessità dei Marineri, si decretò di costruire altre caxette in Corte Colonne, anche se poi non tutte vennero destinate allo scopo per cui erano state edificate, cioè come supporto degli Ospizi per i Marineri.
L'assegnazione dei posti in quelle piccole realtà ospitativo-assistenziali erano rigorosamente legati a specifici bandi di concorso, e disciplinati da appositi regolamenti che organizzavano la piccola comunità esclusiva e composita dei Marineri.


Scriveva G.N.Doglioni nel 1613: “Poche città puono eguagliarsi alla città di Venezia nella pietà et nel mantenir con elemosina i poverelli et specialmente che si ritrovano né luoghi dedicati  ad Opere Pie ... Che, tralasciando le tanti e tanti Monasteri di Frati e di Monache Mendicanti, ecco i bambini nati di nascosto et abbandonati da padre et madre hanno luogo comodo per allevarsi nell’Hospitale della Pietà. Gl’infermi di mali incurabili con piaghe et tumori han l’Hospitale dell’Incurabili a ciò deputato ... Quegli altri poveri, non con tanto male, sono soccorsi nell’Hospital di San Giovanni e Paolo. Li meschini Marineri malamente feriti han lor ricovero in San Pietro e San Paolo. Quelle donne che dal mal fare si rimettono e si danno al far bene sono raccolte nel Monasterio delle Convertite. Le giovanette già da marito che stanno in eminente periglio di cadere in peccato son levate da alcune matrone primarie della città et anco a forza condotte et chiuse nel Luogo delle Citelle. Quelle donne che maritate, non però voglion vivere caste, si conservano ben guardate nel Soccorso ... Vi sono anche altri Luoghi Pii et Fraterne …”
Nel 1335 il Mazor Consejo affidò ai NobilHomeni Giustiniano Giustinian e Andrea Morosini l’incarico di realizzare un apposito Hospitale sive domus communis” cioè un Ospizio per Poveri e Vecchi Marineri infermi o divenuti impotenti per cause di servizio utilizzando una cospicua somma di denaro lasciato per tale scopo nel 1300 da un certo Prete Zuane ... La costruzione doveva sorgere in un terreno da loro scelto fra la chiesa di San Biasio ai Forni e l'Isola de Santa Lena(Sant’Elena) avendo a nord come limite il Rio de San Domenegode Castèo e a sud il Canal de San Marco… La lunghezza dell'edificio inoltre non avrebbe dovuto oltrepassare la misura di 140 passi veneti.

E l’edificio venne realizzato alla Marinarezza di Castello dove in Corte Colonne tutto rimase poi immutato e funzionante per tre secoli … Nel 1645 si costruirono per i commercianti della zona del Molo di San Marco dei nuovi magazzini fronte laguna, proprio "davanti a le rughe de caxette de l'Ospeal de Comun"(il complesso dell’Ospedaletto con le sue caxette limitrofe quindi c’era) … Nel 1688 con i soldi ancora disponibili della stessa Commissaria del Prete Zuane vennero costruite altre quattro caxette che si aggiunsero alle quattro che formavano l'Ospissio … Si completò così il grande edificio un tempo prospiciente sulle acque e l’arenile del Canal e Bacino de San Marco al quale si accedeva attraversato due profondi fornici destinati a consentire il passaggio delle barche e navi degli squeri (quel che rimane dell’antico complesso "della marinarezza"è stato definitivamente allontanato dall'acqua quando venne interrata la spiaggia nel 1930 per creare la Riva dell'Impero oggi Riva dei Sette Martiri)… Nello stesso periodo col Piovan della chiesa e Contrada di San Lunardo del Sestier de Canaregio si decise la realizzazione in Calle Da Mosto o dei Colori  (dove c’era già un edificio-ospedaeto fondato dalla Nobildonna Cecilia Bernardo-Pisani per ricoverare almeno tre povere donne dando loro trentasei ducati annui ciascuna, una botte di vino, legna e altri generi di prima necessità) di una dependance dell’Ospissio del Prete Zuane da destinare ai Reduci Marineri del Sestiere di Cannaregio.


Ma non è tutto …

Cancellati dalla lista dei Marineri in servizio attivo, si poteva venire iscritti in quella dell’Ospedale di San Nicolò Protettòr dei Vèci Marineriattiguo all’Ospedal de Messer Gesù Cristo di CastelloNel 1419: i Procuratori di San Marco de Citra trattarono di vendere alcuni possedimenti in Papozze confiscate ai Nobili Querinidurante la Congiura Bajamonte per poter dotare l’Ospitale dei Marineri di Castello, che secondo gli inventari delle masserie dell’epoca era capace di ospitare 12 Marineri ... Il Consiglio dei Dieci bloccò però quella transizione perché intendeva valutare meglio a chi destinare l’usufrutto di quei beni ... Nel 1471 tuttavia il Senato deliberò: “… per tramite della florida Cassa dei Provedadori al Sal si costruisca una gran baracca in legno in Campo Sant’Antonio Abate di Castello allo scopo di dar ricovero a 12 poveri che, privi di casa, dormono sotto il Portego e i Volti della chiesa di San Marco e di Palazzo Ducale.”

Nel 1653 il lascito da parte di Marc'Antonio Ridolfi di una caxetta posta in Palùo in Calle del Cristo sotto el portego a Castello venne utilizzato per finanziare ulteriormente l’Ospissio dei Vecchi Marineri posto in Palùo de Sant’Antonio Una terminazione esecutiva dei Provveditori all’Armar recitava ancora il 10 settembre 1783: “Un vecchio Marinaio viene cancellato dal ruolo di quelli in servizio attivo e ascritto obbligatoriamente alla Schola di San Nicolò, e accolto, invece, nell’Ospedale degli Invalidi Marineri dedicato allo stesso Santo situato a Sant’Antonio di castello ... Questo si affermava in riferimento al caso dell’ex Marinaio Antonio Gislenni quondam Giovan Battista che servì sopra pubblici bastimenti come dagli autentici attestati prodotti e letti a sue Eccellenze cogl’altri legali requisiti prima della sua elezione … Verrà inserito nell’apposito rollo della Veneranda Schola e inizierà a percepire un mensuale assegnamento di ducati quattro vita sua durante dalle leggi fissato circa tali individui, col trattenimento però delle Luminarie delle quali fosse per avventura in difetto, con quei riguardi di carità che convengono … Doverà il detto Gislenni essere soggetto a tutte quelle pie regole e discipline che sono proprie del luogo medesimo, non essere molesto alli suoi compagni, né andar vagabondando per la città specialmente per questua od altro che potesse reccar incomodo alla società, in penna di essere cassato in caso di trasgressione a tenor delle leggi.”

Nel gennaio 1718 un decreto della Serenissima ordinò alle famiglie numerose Veneziane di fornire obbligatoriamente Mozzi per la flotta commerciale e militare Veneziana … I Mozzipotevano essere imbarcati sulle navi fin dall’età di dieci anni ... A quindici diventavano Marinai a tutti gli effetti, e a diciotto potevano iscriversi alla Schola-Fraterna di San Nicolò dei Marineri la cui sede si trovava presso la chiesa di San Nicolò di Bari (uno dei complessi distrutti nel 1807 da napoleone Insieme all'Ospeal dei Pelegrini, la chiesetta-Convento delle Capuzine, e chiesa-Convento di Sant’Antonio Abate de Castelo per realizzare i Giardinetti Pubblici di Castello).

La Schola-Fraterna-Fraglia dei Marineri di San Nicolòera nata fin dal 1403con lo scopo fra gli altri di educare in primis i giovani Marineri Veneziani, e secondo di supportare e soccorrere i Marineri feriti, anziani, soli o in difficoltà.
Per soccorrere i Marineri la Schola si serviva dell’Ospedale da Comun dei Feriti dei Santi Pietro e Paolo di Castello che lei stessa sovvenzionava. Usufruiva poi per le vedove dei Marineri del vicino Ospizio di Sant’Anna, e di altri piccoli Ospedaletti-Ospizi siti in Contrada di Sant’Iseppo di Castello e in Contrada di Sant’Antonin dove presso la chiesa esisteva fin dal 1500 un altro Ospissio destinato ai Marineri vecchi e impotenti al lavoro … Come dicevamo, la stessa Schola dei Marineripossedeva anche l’altro Ospedale della Confratenita dei Marineri alla Ponta e Fondamenta di Sant’Antonio Abate di Castello… Gusto nelle vicinanze della stessa Schola sorgeva poi l’Ospedale-Ospizio de Messier Gesù Cristo: Ospeàl dei Marineri pure quello, capace di 25-30 postiletto distribuiti in 34 stanze. L’Ospizio era sottoposto a diretto Juspatronato Dogale tramite la Procuratia di Supra per la Commissaria dell’Ospedale di Messer Jesu Cristo… La prima pietra venne posta nel 1476 unitamente dal Patriarca Gerardo e dal Doge Vendramin su un terreno libero tra la chiesa di San Nicolò de Castelo e quella di Sant’Antonio Abate ... Lì per Legge del Maggior Consiglio dell’11 marzo 1503, si dovevano accogliere sobriamente esclusivamente Marineried altri che si fossero “resi benemeriti allo Stato” o fossero diventati inabili per vecchiaia: “devono essere di età superiore ai 60 anni, non coniugati o vedovi, e con obbligo di vivere stabilmente nell’istituto”… I redditi per sostenere l’Ospizio-Hospedaletto provenivano dai contributi degli iscritti all’annessa Schola di San Nicolò dei Marineri, e soprattutto da un “PRO” di 36.103 ducati depositati in Zecca da pii testatori insieme a ori e gemme:“in rendimento di grazie all'Altissimo per la vittoriosa liberazione di Scutari dai Turchi del 1474”(in ricordo della benefica fondazione dell’Ospedale e della liberazione di Scutari il Doge visitava annualmente in maniera solenne l'Ospeal il 17 gennaio: ricorrenza della Festa di Sant’Antonio Abate)… In quell’occasione affluì in Laguna dal Levante un elevato numero di soldati e Marineri Veneti gravemente mutilati, feriti e infermi … Ai finanziamenti pubblici si aggiunsero i privilegi concessi dai Papi Sisto IV e Innocenzo III che conferivano Indulgenze Plenariedi 20 anni a chi avesse espressamente fatto elemosine a favore dell’Ospedàl dei Marineri.

Le solite Cronache Venezianeraccontano che nel 1489 la chiesa dell’Ospedal era ancora in legno … L’anno seguente si lavorarono gli scaloni e si portano pietre per la porta dell’Infermeria ... Poi s’incominciò a tirar su la chiesa in pietra, e si lavorò la volta della Sacrestia … Nel 1497 il complesso non era ancora ultimato:“L’Ospedale aveva due entrate e una grande sala a 15 finestre nella quale si erano creati dei divisori con tramezzi di legno, e possedeva pure un altro salone superiore sempre diviso con tramezzi, con tre camini e un altare ugualmente di legno ... Ciascuna stanzetta possedeva un camino proprio, e ingresso e cucina indipendenti ... All’interno della chiesa si pose in seguito una “Maria Annunziata” di Francesco Vecellio, e un “Cristo Risorgente” di Pietro Ricci …”



Nel 1503 l’Ospedale degli Invalidi o di Jesù Christo fu finalmente pronto all’uso, si consacrò la chiesa, e si affidò la conduzione a un Cappellano ... Un “cittadino di buona coscienza” venne impiegato come Priore per “sorveglianza e per alimentare e governar i poveri.” Si dotarono gli ambienti di letti e mobili, si assunse un Cuoco, due Massere, un Famiglio, un Fornaio, un Medico e un Barbiere ... All'Ospeal venne assegnato a titolo perpetuo il contributo di un ducato che doveva essere versato all'atto della nomina da tutti coloro che assumevano cariche statali, posti di comando, e impieghi nelle Pubbliche Amministrazioni della Serenissima come: Rettore, Podestà, Ufficiale, Capitano, Padrone di Galee Grosse, Magistrato, Notaio, Scrivano, Ragionato, Massaro, Fontegher, Sensale del Fontego, Stagier e altro.

Fin dal 1573 la Fraterna dei Marinericelebrava una Messa partecipatissima una volta al mese processionando con tutti i Marineriattorno alla chiesa di San Nicolò de Castèo… Con scadenze regolari e frequenti gli stessi Marineri si congregavano in Capitolo all'interno della stessa chiesa ... Nel 1659 a proprie spese i Marinerifecero costruire un loro altare: “facendo attenzione a non arrecar danni agli altri altari già presenti in chiesa”…. Si trattava di “un altaròn grando” dedicato a Messer Gesù Cristo, che però assunse il nome della Schola di San Nicolò … I Marineri vi giustapposero una pala raffigurante il Redentore, San Nicolò e San Giuseppe”, e vi collocarono anche una Madonna dei Marinerifinita ora nella chiesa delle Zitelle alla Giudecca(nella prima cappella a sinistra)All’inizio del 1700 i Marineri  fecero stampare perfino un libretto con i "Capitoli et ordini stabiliti dagl'Illustrissimi et Eccellentissimi Signori Provveditori all'Armar per la buona regola della Schola de Marineri".

Per poter partecipare ai Capitoli dei Marineri era strettamente necessario oltre essere stati autentici Marineri Veneziani, essere anche iscritti da almeno due anni alla Schola, ed essere in perfetta regola con i versamenti previsti … Nessuno dei Marineri iscritti poteva rifiutare se veniva nominato le cariche direttive dell’organigramma della Schola: pena 200 ducati di multa se rifiutava l’incarico di Guardian o Gastaldo della Schola, o di 50 ducati per altre cariche minori della Schola ... Alle stesse sanzioni erano soggetti i Sindici dei Marineri se avessero permesso Capitoli non autorizzati, o ammesso all’iscrizione persone che non fossero stati Marineri autentici ... Solo i "Parcenevoli" (cioè i proprietari di navi)potevano essere iscritti alla Fraterna pur non avendo mai navigato, ma ottenevano in cambio unicamente benefici di ordine spirituale e l’onoranza del funerale organizzato e partecipato da tutti i Marineri della Schola(solo nel caso i Parcenevoli fossero finiti economicamente in severa disgrazia potevano accedere ai sussidi della Sch Sovegno … a patto che costoro fossero in regola con i versamenti previsti dai regolamenti della Schola).

Nel 1589 il Senato era intervenuto limitando l'accoglienza nell’Ospeal dei Marineri: “… a coloro che essendo privi di moglie ed avendo raggiunto o superato i 60 anni di età avessero servito la Repubblica come Ammiragli di Galea Grossa o Sottile, Padroni di nave, Nocchieri, Comiti di Galee Grosse o Sottili, ovvero Timonieri di mare … Solo in mancanza di aspiranti con questi titoli era concesso ai Procuratori di accogliere altre persone, comunque resesi particolarmente benemerite verso la Serenissima.”

Tre anni dopo, parte dei luoghi dell’Ospedale de Messier Gesù Cristo, al quale si poteva accedere anche dal Campo di Sant’Iseppo di Castello, vennero consegnati ai Padri Somaschi per ospitare il Seminario dei Preti del Doge, cioè il Clero che esercitava nella Basilica Dogale di San Marco (prima i Chierici del Doge studiavano ed erano ospitati presso la chiesa dei Santi Filippo e Giacomo … I Padri Somaschi avevano l'obbligo di prestare servizio d’assistenza spirituale ai Marineri ospitati nell’Ospizio).

Nel 1595 i ricoverati nell’Ospedal dei Marineri erano 30, e a ciascuno di loro veniva dato quotidianamente: due pani di buona farina di frumento del peso ciascuno di 10 once; ½ libbra di buon vino; due scodelle di minestra buona e ben condita; due soldi in denaro per comprarsi il companatico che il Priore aveva l’obbligo di far cucinare, e c’erano due donne destinate ad accudirli e a tenerli “netti e mondi” Nei tre mesi invernali la Procuratia forniva legna a ciascun Marinaio, e:  “se qualche Marinaro si fosse ammalato gli veniva fornitaassistenza medica gratuita, vin, minestra e gazetta, e si doveva comprargli vitello o ver pollo, ova freschi si come del suo medico sarà ordinato”.
Esattamente cento anni dopo, l’Ospedale degli Invalidi o di Gesù Cristodi Castello ospitava solo 12 posti “de Poveri Marineri”, perciò le parti dell’Ospedale rimaste libere e vuote vennero affittate a Veneziani qualsiasi, oppure cedute.

Nel 1716 il Capitolo dei Marineri definì che oltre al servizio del consueto Spezial della Contrada di San Biagio(farmacista) che si occupava stabilmente di rifornire e sussidiare i Marineri, fossero abilitati a fornire medicinali prescritti dal medico anche le Speziere e le botteghe della Giudecca, e quelle dei Sestieri di Canaregio e Santa Croxe ... Quattro anni dopo, e ancora nel 1739, lo stesso Capitolo dei Marineri deliberò più volte circa la Festa di San Nicolòproibendo le spese eccessive per accompagnare con la Musica la Festa, ma autorizzò altre spese per la Processione Straordinaria per la Contrada,e per onorare la preziosa Reliquia del PatronoSanto Nicolòdonata alla Schola da un privato Veneziano ... Deliberò anche circa i rapporti che la Schola dei Marineri avrebbe dovuto tenere con i bastimenti esteri approdati o salpati da Venezia magari bisognosi di soccorso.

Il rapporto fra la Schola dei Marineri e lo Stato era spesso conciliante e di collaborazione e integrazione: la Schola prestava una specie di servizio di supporto generale a favore della Categoria dei Marineri Veneziani, anche se Doge e Signoria non erano molto propensi ad assecondare le tradizionali esuberanze dei Marineri … Nel 1581, ad esempio, il Doge Francesco Erizzonon fu molto delicato con un gruppo di Marineri Veneziani consociati con un gruppo di Arsenalotti inferociti ... Ci fu un certo Buongirolamoche finì con l’istigare i compagni a fuggire da Venezia portandosi via 120 misure di farina dal Deposito dei Grani di San Marco… Il Doge s’inviperì, e pochi giorni dopo l’Arsenalotto venne arrestato e giustiziato insieme a un Calafato, mentre altre sette persone fra cui alcuni Marineri vennero condannati “al remo”, cioè a vogare “a vita”sulle Galee dello Stato ... L’intero Arsenale per l’occasione venne fermato del tutto calandovi al suo interno un insolito silenzio, mentre il Consiglio dei Dieci proibì alla Schola dei Marineri perfino la possibilità di dare onorata sepoltura al Buongirolamo ... Era tosta la Serenissima quando si metteva a far sul serio.

Sempre la stessa Schola-Fraterna dei Marineri elargiva ogni anno dodici "grazie" di 10 ducati ciascuna per maritare o monacare altrettante figlie di Marineri che avessero navigato per almeno 10 anni, e che ovviamente fossero in regola con i versamenti previsti dalla Mariegola della Scholadei Marineri…. Per coordinare le votazioni sulle doti si sceglieva ogni anno un povero Vecio Marinèrscelto fra tutti quelli che fossero inabili al servizio, e gli veniva corrisposto un ulteriore sussidio di 30 soldi alla settimana … Ancora nel 1795 le “doti per le fiòle dei Marineri” erano 24, ed esisteva un apposito “ròdolo” su cui erano scritte ed elencate più di 31 Figlie Nubili dei Marineri(c’erano elencate anche alcune figlie di Marinai Greci e Dalmati) meritevoli di ricevere eventualmente qualcuna di quelle “Grazie dotali” soggette “a bòssolo”(ad estrazione) secondo un’apposita terminazione del Magistrato all’Armar della Serenissima.

Curiosa una certificazione spuntata fuori da quel “ròdolo” delle doti delle Figlie dei Marineri… Si trattava di una dichiarazione attestante che Elena figlia di Santo Scalabrin quondam Antonioera stata estratta per una dote in data 11 gennaio 1794 contandole 10 ducati in valuta di piazza “una tantum”, usufruibili dall’interessata per maritarsi o monacarsi anche entro vent’anni, periodo oltre il quale il mandato sarebbe stato ritenuto nullo e revocato se non usufruito … In calce alla dichiarazione però si può notare un’aggiunta del 19 giugno 1799: “ancora Nubile la giovane dell’età di 21 anni è morta d’etisia come dichiarato dalle fedi allegate prodotte dalla chiesa di Santa Maria Assunta di Malamocco.”… Triste destino di una giovane donna Veneziana di fine 1700.

Sempre nella stessa chiesa di San Nicolò di Bari del Sestiere di Castello era ospitata durante il 1700 … guardacaso … anche la Schola dei Greci Capotteri e Strazzaroli… Si trattava soprattutto di un’associazione di Marinai Veneziani e Greci che fabbricavano pastrani di lana e pesanti mantelli col cappuccio … L’Associazione nel 1773 contava ben 162 iscritti, e distingueva 12 Capimastri e 150 “Mistri Marineri” impiegati nel lavoro.


Ho quasi finito … Tenete duro a leggere ! … se siete coraggiosi …

Nel 1811 a favore della Cassa degli Invalidi della Marina il Governo Austriaco impose una ritenuta del 1% su tutti i pagamenti eseguiti della Marina … Il Governo Italico la elevò al 3% su ogni tipo di spesa, stipendio, titolo e guadagno proveniente dalla navigazione ... Nel 1857 la stessa Cassa degli Invalidi della Marina possedeva un patrimonio di 794,580 Lire Austriache, mentre il capitale investito rendeva 35,526 lire, la ritenuta sulle paghe dei Marinai del Circondario Marittimo di Venezia era di lire 27,362, e lire 10,363 provenivano dal Circondario Marittimo di Chioggia, lire 600 provenivano da multe inflitte per contravvenzione delle Leggi Marinare, e con quei soldi durante lo stesso anno si sussidiarono: 2 Capitani, 5 vedove di Capitani, 20 Padronidi Nave o Ufficiali Marinaie 28 Marinai Semplici di Venezia.

Altre piccole realtà integravano e ampliavano e supportavano ulteriormente nel Sestiere di Castello l’attività assistenziale e di protezione dei reduci Marineri ... Non distante dalla Marinarezza sorgeva, ad esempio, anche l’Ospizio Morosini in Calle dell’Ogio in Contrada di Santa Ternita: una delle Contrade più povere e periferiche di Venezia … Con testamento redatto nel 1508, il Nobilomo Marco Morosini Cavalier e Procurator de San Marco, dispose che alla sua morte venisse realizzato un Ospissio per Marineri destinando a tale scopo alcune caxette raccolte intorno alla Corte Morosini posta all'angolo fra le attuali Calle de l'Ogio e Calle Malatin.


Secondo le disposizioni della Commissaria Morosini, l’anno seguente le caxette vennero assegnate "gratis et amore dei" prima di tutto a Poveri Marineri soli o con moglie, e in mancanza di questi ad altre persone bisognose ... I Commissari provvedevano a mantenere sempre l'edificio "in conzo e in colmo" così che le stanze potessero essere assegnate ininterrottamente senza che cadessero in rovina. L'Ospissio Morosini era formato in tutto da quattordici appartamentini su due piani, dotati di camera e cucina, indipendenti fra loro, e raccolti attorno a una corte chiusa dove convergevano la maggioranza degli ingressi delle caxette ... In seguito la Commissaria Morosinipassò ad essere amministrata direttamente dai Procuratori de San Marco de Suprae fu in quell’occasione che l’Istituzione si venne a chiamare: Ospissio de Santa Ternita(ancora nel 1834 dava ricovero a 14 famiglie di Poveri Marineri).



Sempre a pochi passi dall’Ospedale dei Marinerisorgeva fin dal 1418 in Fondamenta Sant’Annavicino al ponte l’Ospizio Foscolo o “Pio Loco dito de l'Ospissio de le done de la Schola dei Marineri de San Nicolò"... Sopra il portone d'ingresso c’è ancora oggi una larga architrave decorata che introduce in quella che è stata l'antica Corte de le Donne … Nella lunetta in anni recenti è stato posto un “Busto della Maternità” con una donna che allatta un bambino in quanto il luogo ha ospitato l'OMNI: un Consultorio Pediatrico Pubblico che tutelava bimbi e maternitàL'Ospizio Foscoloè statoinstituito per via di un lascito di alcune caxette nella non lontana Calle de l'Anzolo voluto dalla Nobildonna Lucia Foscolo … In seguito le caxette vennero permutate con altre di proprietà dei Padri Domenicani Inquisitori di San Domènego de Castèosite in Fondamenta Sant’Anna ... Le caxette accoglievano sedici povere vedove di Marineri che avevano l'obbligo di versare "una tantum" quaranta ducati se alloggiate al primo piano, o venti se in una stanzetta al pianterreno ... Il pagamento doveva essere fatto alla Commissaria Foscoloche gestiva la manutenzione dell'intero Ospissietto ... Le ospiti erano dette “cameriste”, e concorrevano tutte all'elezione della carica di Commissaria che gestiva l’Ospizzietto. La prescelta veniva poi confermata dai Proveditori sora gli Ospeali, Lochi Pii e per il Riscatto de li Schiavi… Oggi sono rimaste solo sei casette delle dodici caxette originarie in quanto ci sono state nel tempo certe annessioni abusive da parte dei proprietari confinanti.

Capite insomma che quell’area del Sestiere di Castello era organizzata quasi come una piccola Cittadella Sanitaria-Assistenziale allargata e sparsa sul territorio, ed era ad ogni effetto punto di riferimento comune dei Veneziani Marineri ed Arsenalotti: cioè dei quiescenti del mestiere.
Proprio dirimpetto all’Ospizio Foscolo delle Donne, giusto al di là del ponte, sorgeva anche l’Ospedale da Comun o dei Feriti detto dei Santi Pietro e Paolo e de San Gioachin… Anche quell’Ospedale possedeva un’estensione di caxette: le caxette Avanzo che sorgevano proprio in continuità con l’Ospedale stesso fondato nel lontano 1081 per curare:“Soldài e Marineri de Galea malài e ferii”Poco dopo la fondazione, ai tempi delle Crociate, l’Ospizio venne destinato anche ad ospitare Pellegrini diretti in Terrasanta provando a tenerli sotto controllo e concentrarli “a parte”, cioè  distinti dal resto della popolazione Veneziana con la quale la Serenissima non voleva si frammischiassero più di tanto … Nel 1348 al tempo del Priore Marco Bonaldo, vista la significanza del complesso, l’Ospedale venne posto sotto il diretto Juspatronato Dogale, eampliato col denaro di una cospicua donazione di Francesco Avanzo o D’Avanzo che oltre alle caxette lasciò un ingente capitale investito nel Monte Novissimo, le cui rendite dovevano essere assegnate all’Ospedaletto dato in gestione a una Confraternita Laica guidata da un Gastaldo … Probabilmente in quell’epoca si allargarono le prestazioni assistenziali che oltre ai Marinai e ai Pellegrini di passaggio interessarono anche i comuni malati e poveri indigenti dell’area Veneziana attorno all’Arsenale.
Per amministrare meglio quel piccolo nosocomio si affiancarono cinque Procuratori al Prior(tre dovevano essere Nobili, e due Cittadini Originari)… Dallo stesso 1368 l'Istituzione Sanitaria Veneziana venne considerata un Ospeàl Mazor della città lagunare: e divenne il più grande fra quelli allora esistenti a Venezia, avendo la capacità di accogliere fino a cento degenti o ospiti … Una spada verticale che incrocia due chiavi orizzontali era il simbolo del Ospedaletto che stava bene economicamente, tanto è vero che nel 1379 al tempo del Doge Andrea Contarini e degli“imprestidi allo Stato per la Guerra contro i Genovesi” offrì alla Repubblica: lire 1.000 per combattere la guerra.
Dal 1487 al 1536 il Collegio dei Fisici e dei Chirurghidi Venezia tenne nell’Hospeàl di San Piero e Paolo dei Mutilati le sue lezioni annuali di anatomia con dissezioni ricordate da Nicolò Massa nel suo “Liber Introductorius anathomiae”stampato a Venezia nel 1536 … e nel 1558 si nominò Francesco da Castellochirurgo dell’Ospedal… Fra 1573 e 1593, su 131 decessi accaduti: 23 erano dovuti a ferite e fratture di guerra, mentre la rimanenza dei decessi coincideva soprattutto con maschi adulti Soldati o Marineri de Galèa, salvo 2 ragazzini di 14 e 12 anni.


Nel 1418 accanto all’Ospedaletto venne fondato per volontà testamentaria di Elena Marchi un’altra Casa con Oratoriodedicato a San Gioacchin trasformati e ampliati a metà secolo per ospitare liberamente alcune Terziarie-Pizzocchere Francescane che vivevano in simbiosi con l’Ospedaletto spendendosi nell’assistenza dei malati … Nel 1438 Maddalena moglie di Nicolò CarrettoPriore dell’Hospedale da Comun dei Feriti lasciò per testamento un capitale interamente depositato presso la Camera dei Imprestidi le cui rendite dovevano andare a favore dello stesso Ospedale, e un insieme di altre 4 caxette sempre in zona di Sant’Anna di Castelloper dare asilo ad altre quattro donne povere … L'Ospissietto era posto ad angolo con Calle Salamon con la porta d'ingresso in Calle va al Ponte Sant'Ana oggi chiamata Calle Crosera: “Al pé pian (pianoterra): la porta d'ingresso immette in un piccolo atrio d’accesso a quattro locali con focolare e finestra prospicente su piccola corte interna e chiusa ... Da qui una scala esterna sale al soler, ovverossia al primo piano, dove in un sottotetto s’erano ricavati altri due piccoli locali con finestrella”...Primo Commissario dell’Ospizio Carretto fu lo stesso marito della donna, e dopo la sua morte, la gestione venne affidata a Procuratori Pro Tempore eletti per amministrare l'Hospealetto che possedeva come patrimonio anche circa 150 campi a Postioma nel Trevigiano … Nel 1455, infatti, Bortolo quondam Stefano da Casale dichiarava nella sua polizza fiscale di lavorare 59 campi: di questi 42 erano in affitto in quanto appartenevano all’Ospedale dei Santi Pietro e Paolo di Venezia, alle Monache di Sant’Antonio di Torcello e all’Abate dei Santi Filippo e Giacomo di Venezia...mentre altri tre campi di terra arativa piantata erano di sua proprietà insieme a 15 campi di bosco confinanti con altre proprietà di Veneziani.


Nel 1441 Papa Eugenio IV tramite il Patriarca Lorenzo Giustiniani concesse all’Hospedaletto in fondo all’attuale Via Garibaldi, che una volta era un canale, un Cappellano fisso residente, mentre nel 1590 Papa Pio IV concesse allo stesso Ospedaletto: “tutti i privilegi ed indulti goduti dagli Ospedali dell’Urbe” ... L’Ospedaletto aveva attorno 8 caxette che venivano concesse in uso ad altrettante famiglie indigenti … La planimetria originale del palazzo è stata stravolta in epoca recente aggiungendovi il secondo piano … Al piano terra, invece, si possono facilmente riconoscere i tre antichi ingressi: a sinistra l’ingresso dell’antico Convento delle Pizzocchere Terziarie Francescane che prestavano assistenza gratuita e continuativa ai circa 100 degenti Nel 1615 Procuratori Pro Tempore dell’Ospeàl insieme al Priore disposero di allontanare quattro donne Veneziane che convivevano abusivamente da diverso tempo con altrettanti uomini nell’Ospizio Carretto annesso all’Ospedale ... Durante l’epidemia di peste del 1630: tutte le Terziarie Francescane dell’Ospedale morirono a causa del morbo, ad eccezione di Domenica Rossi, che in seguito raccolse nuove compagne che ripresero a dedicarsi alla stessa missione assistenziale caritatevole e gratuita impegnandosi la vita intera … (che donne !!!) … La porta centrale dell’edificio corrispondeva all’entrata vera e propria dell'Ospeàl dei Feriti, mentre quella più a destra era quella che introduceva nell'Oratorio di San Gioachin.
Sentite da un documento del 05 febbraio 1648: “Metodo con cui si governavano gli ammaladi nell’Ospitale dei Santi Pietro e Paolo di Castello a Venezia”: “Capitando si spoglino nudi, levate immondizie se gli danno camicie lenzuili netti, si riscaldino e si pongano a letto, vengano tosti confessati e visitati dal Medico … Qualor prendano medicina si dà loro un ovo fresco, pan in brodo, un poco di polastra o vitello … Non potendo masticare, sostentansi con brodetti di ova fresche, pesti di polastra, o ristori secondo la gravità dei mali … Nella convalescenza e liberi da febre, giusto agl’ordini del Medico, si dà loro minestra d’orzo, riso o pan grattato, un pezzo di carne di manzo, qualche pomo o pero cotto, pane e vino sino alla partenza …”

Nel 1724 l'Hospeàl dei Feriti di Castellogodeva ancora di una rendita annuale di circa 3.000 ducati proveniente soprattutto dalla gestione d’immobili di sua proprietà … Tre anni dopo, le Terziarie-Pizzocchere Francescane si congregarono in comunità … Sull’edificio nel 1750, quando l’Ospedaletto godeva ancora di 2.500 ducati annui di rendita venne posta una lapide dai Procuratori con un'epigrafe andata smarrita e consumata dagli agenti atmosferici … Recitava:

PIETATEM NICOLAI ET MAGDALENE JUGALIUM CARRETTO - QUI HAEDES HAS PRO FEMMINARUM DOMICILIO EREXERUNT - MARMOREE AETERNARI MANDARUNT - CURATORES LOCI EX ORDINE PATRITIO JOHANNES PETRUS PASCALICO, GEORGIUS CONTARENO EQ. COMES. IOPFE, FLAMINIUS CORNELIO, JOSEPH AGAZZI, FRANCISCUS DE NIGRIS CIVES, ANDREA SPINELLI PRAESIDE - ANNO SALUTIS M D C C L.

Ho finito sul serio stavolta: nel 1797 con la caduta della Repubblica, l'Ospissio Carrettointernamente tutto diviso da tramezzi, scale e pavimenti in legno facilmente adattabili e modificabili, passò prima sotto la giurisdizione dell'Ospedale Civile, poi dopo numerose discussioni alla Congregazione di Carità alla quale rimase fino alla demolizione avvenuta per problemi di viabilità” all’inizio 1900 … Viceversa all’inizio 1800quando Francesco Papale aveva fondato e avviato nell’Ospedale da Comun dei Feriti anche una Scuola di Chirurgia, un certonapoleone soppresse e incamerò tutto:i ricoverati vennero trasferiti agli Incurabili sulle Zattere, le Terziarie-Pizzocchere Francescane vennero concentrate con quelle di San Francesco della Vigna, e i locali incamerati dal Demanio vennero smembrati e venduti a privati per farne eventualmente abitazioni … Solo in seguito vennero acquistati dall'Ordine delle Suore di Maria Ausiliatriceche usò gli ambienti come Patronato per ospitare Ragazzi Vagabondi, poi il complesso divenne Asilo Infantile e Casa d’Accoglienza… Solo di recente le Suore hanno venduto l’edificio dell’ex Ospedal da Comun dei Feriti al Comune di Venezia, che a sua volta l’ha ceduto all’Università trasformandolo in residenza per studenti …

Buonanotte: è finita la Storia dei Marineri Veneziani.



Tutto questo lungo dirvi e raccontare ancora una volta di come la Serenissima sapeva prendere, motivare e infiammare i Veneziani sparandoli in capo al mondo per tutta la vita, e alla fine quando tornavano esausti in Laguna sapeva offrire loro assistenza e qualche ultima possibilità come ricompensa per i meriti di servizio conseguiti lavorando nella flotta, e per aver combattuto con onore nel nome di San Marco.



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