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“Le Mùneghe de Sant'Anna de Castèo.”

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#una Curiosità Veneziana per volta – n° 200


“Le Mùneghe de Sant'Anna de Castèo.”

La Zona di Sant’Anna, che non era Contrada a se del Sestiere di Castello, ma solo Monastero incluso nella Contrada di San Francesco di Paola e soprattutto confinante con la Contrada del Vescovo, cioè di San Pietro di Castello, era comunque una zona popolarissima piena ospedaletti e microcittadelle assistenziali dove vivevano artieri e reduci Marineri e Arsenalotti.


Il nome di Sant’Anna in se sarebbe stato qualcosa di altisonante perché indicava la Madre della Madonna considerata da sempre come  compatrona di Venezia … C’è poco da dire però: la fama del Monastero di Sant’Annaè stata lungo nei secoli, soprattutto in certe epoche, una dei peggiori di tutta Venezia per via della scadente qualità della vita delle Monache, e soprattutto della bassa Moralità dei loro costumi … Diciamolo pure: è stato uno dei Conventi peggiori … Durante il 1500 per via della monacazione forzata che i Nobili Veneziani imponevano alle loro figlie per non disperdere il patrimonio familiare, il Sant’Annadivenne famoso per la “Sagra continua delle Monache”, era uno dei Monasteri in cui accadeva maggior cronaca rosa, ma anche fatti di ogni sorta e colore, tanto che un cronista arrivò a dire esprimendo il sentimento popolare dei Veneziani: “Le gambe delle Monache del Sant’Anna sono più spalancate del portone di una chiesa nel dì di Festa.”… e non esagerava affatto il cronista, perché, anche se non sto qui a riportarvi tutto per filo e per segno, bisogna dire che realmente le Monache del Sant’Anna di diedero “parecchio da fare” con Nobili, Monachini, e Veneziani d’ogni sorta ... Famosa era la Caneva delle Monache con la “stanza dei tinazzi” dove capitava di tutto, e le porticiole quasi nascoste dietro alla legnaia e all’orto del Monastero (ora cortile dietro al complesso di Sant’Anna) che davano direttamente sull’esterno aprendosi nell’anonimo canale da dove arrivava e partiva di tutto e di più per intrallazzare con l’intero Convento.


Non fu di certo un caso se il Patriarca Priuli durante una Visita ispettiva più che pastorale, viste le storie di cui era venuto a conoscenza, ordinò che fossero: “chiusi con chiavi e catenazzi le porte e i cancelli, le cui chiavi dovevano esser custodite dalla Badessa in persona” Il Sant’Anna insomma era considerato uno dei Monasteri “più rilassati” di tutta Venezia.

Se ne avrete voglia: andate pure a vedere i documenti negli Archivi, di sicuro troverete un’enorme quantità di cose capaci di esaurire ogni vostra curiosità ...Sugli Agostiniani e le Monache Benedettine di Sant’Anna di Castelloè rimasto un Archivio con ben 65 buste e 13 pergamene che riferiscono puntualmente di quel microcosmo:“mondo nel mondo Veneziano” quasi sospeso nella Storia fra 1207 e 1804 ... Esistono poi un’infinità di Processi inerenti quanto è accaduto nel Monastero lungo i secoli: c’è di che perdersi volendo.

Il Monastero intitolato, ad essere precisini, a “Sant’Anna e Santa Caterina” occupava l’area che correva a est lungo l’antico Rio di Castello(ora Rio di Sant’Anna) dal Ponte di Quintavalle sul Rio de San Piero(che allora non esisteva) fino alla Calle Larga Secco Marina che si chiamava Rio Secco. Ad ovest, viceversa, il confine correva lungo il Rio Secco che correva anche a sud, mentre a nord seguiva la Fondamenta omonima di Sant’Annafino al Rio di San Domenico oggi non più esistente (scomparso, incassato e interrato per far posto alla Via Garibaldi) ... La chiesa originaria col campanile era divisa in tre navate, e aveva l’abside prospicente sul Canale de San Piero de CastèoFu Fra Giacomo da Fano della Congregazione dei Brittini Eremitani di Sant’Agostino a stabilirsi per primo in quel posto nel 1242: acquistò un terreno paludoso in Contrada del Vescovo di proprietà di Milania vedova di Pietro del Pozzo della Contrada di San Martin di Castello, lo bonificò e interrò col permesso di Pino Vescovo Castellano, e costruì: chiesa, campanile, Convento e cimitero cingendo di mura una grande porzione rimanente di ortaglia … Terminato tutto, nel 1297 lo cedette a sei Monache Benedettine della Badessa Maria Zotto, che arrivarono nel 1304 mantenendo la proprietà del luogo fino alla soppressione definitiva del 1807.

Il passaggio di consegne fra gli Eremitani finiti poi a Santo Stefano-Campo Sant’Anzolo nei pressi di San Marco, e le Monache Benedettine non fu del tutto indolore. Avvenne al tempo del Vescovo di Castello Ramberto Polo, e fu contrassegnato da numerose liti per spartirsi un lascito di Domenico e Natalia Fraynati risolto alla fine da una sentenza dei Procuratori di San Marco a favore delle Monache. Gli Eremitani Agostiniani però intendevano usufruire delle vecchie rendite, dei legati e delle oblazioni intitolate al Monastero Castellano, ma le Monache diedero loro filo da torcere opponendosi in ogni modo, e chiedendo aiuto ad Accursio Vicario Generale del Vescovo di Castelloche fece rispettare le intenzioni di coloro che aveva fatto testamento a favore del Monastero di Sant’Anna e non a favore degli Eremitani.

Bene … Forti di quel successo, le Monache del Sant’Anna iniziarono a darsi da fare, e progressivamente fecero “il botto”affermandosi sempre di più e godendo di maggior considerazione non solo nella Contrada di Castello ma in tutta VeneziaNell’ottobre 1306 iniziò la Badessa Maria Zotto a comprare 62 campi a Zerman di Mogiàn (Mogliano), poi l’anno seguente comperò altri 31 campi a Zelarino, e altri 47 ancora nello stesso posto solo tre anni dopo.

Esattamente nel gennaio di dieci anni dopo, accadde però un grande smacco per le Monache: si impose loro il silenzio e l’obbedienza, e gli antichi legati e donazioni testamentarie del Monastero vennero attribuiti e ridati nuovamente agli Eremitani di Santo Stefano, che avevano potenti appoggi “in alto”(il Papa in persona ?)… Le Monache non si scoraggiarono né desistettero dal voler tornare in possesso di quanto ritenevano proprio ... Nel 1326 la nuova Badessa Madonna Marchesina Goro comprò ulteriori 50 campi a Zelarino dando vita “all’Età d’oro” della storia del Sant’Anna di Castello ... Nel 1330 Maestro Gualtieri Medico Veneziano ottenne la concessione dal Magistrato del Piovego e dal Maggior Consiglio di “…una punta di terra nell’estuario fra San Biagio, Sant’Anna e Sant’Elena onde piantarvi sopra un Orto Medicinale.” … e poi dagli e ridagli come nelle telenovela: l’anno seguente avvenne una nuova puntata a favore stavolta delle Monache: s’invalidò di nuovo la sentenza precedente a favore dei Frati Eremitani, e la so rigirò di nuovo a favore delle Monache ... che sulla scia dell’entusiasmo andarono a comprarsi altri 44 campi e ½ a Spinea nell’entroterra Veneziano ... Il secolo seguente fu poi tutto un aggiungere e rimpinguare il loro patrimonio: qualche campo a Piove di Sacco e botteghe a Veneziaottenute tramite altre eredità ... Poi iniziò la stagione secolare del libertinaggio e della dissolutezza dei costumi delle Monache, come ebbero a dire alcuni storici del tempo: “I Monasteri di Venezia divennero in buona parte dei grandi puttanai di lusso.”

Fu del gennaio 1487 la condanna “alle solite pene” da parte del Senato contro Bernardo Bondumier che aveva ingravidata una Monaca del Sant’Anna ... Quattro anni dopo la Quarantia Criminale processò e condannò un gruppo di Patrizi Veneziani per aver commesso atti carnali con le stesse Monache scatenate del Sant’Anna. Si trattava di: Agostino de Garzonibus, Giorgio Ferro, Antonio Pesaro, Angelo Malipiero, Francesco Zorzi ed un certo Nicola ... e qualche mese dopo toccò anche a Ettore Ottoboni di venir condannato “per copula carnale con Monaca”.

Il giorno di Natale 1497 Fra Timoteo da Lucca predicatore di grido e fama declamava così nella Basilica di San Marco davanti a Doge, Signoria e Nobili radunati: “… quando viene qualche signore in questa terra li mostrate li Monasteri di Monache: non Monasteri ma postriboli e bordelii pubblici.” … e il Vescovo di Chieti nel 1530 circa i Monasteri Veneziani confermava: “Si … bordelliveri e propri bordelli”.

Dal 1508 in poi il Patriarca Antonio Contarini stanco di quel gran casino fuse il Sant’Anna col Monastero di San Giovanni in Laterano le cui Monache erano ritenute maggiormente osservanti della Regola … Beh ? … Osservanti ? … Mica tanto in realtà … Sentite che accadde proprio nel San Zan Lateràn fra il 06 marzo e il 19 aprile 1555 !

Le Autorità Civico-Religiose di Venezia lo definirono storicamente in modo quasi veniale, come una svista o piccolo incidente di percorso: “un altro episodio di scarsa morigeratezza delle Monache di San Zan Lateran”… Già ? … pressappoco.

Le Monache in realtà vennero inquisite dai Provveditori sopra i Monasteri: “… per un secolare trovato a letto con Monaca e poscia fuggito insieme …” Si tratta della storia di Faustina figlia illegittima di Francesco Polo fuggita dal Convento di San Zan Lateran per la terza volta, e sospettata addirittura d’essere incinta. Secondo suo padre chiamato a deporre dai Magistrati: era stata inizialmente la zia TadiaMonaca al San Teonisto di Treviso ad indurre la nipote a convivere con lei nel Monastero come Educanda. Il padre riferì d’averla più volte dissuasa d’intraprendere quell’esperienza cercando di ravvivare l’interesse della figliastra per il mondo anche portandola al Carnevale di Venezia ... Era stato inutile: quella piangendo voleva tornare al Convento, e quindi versando una dote di 200 ducati (una miseria) le aveva permesso di vestire l’abito monacale. La giovane donna quindi visse al San Teonisto di Treviso per diversi anni intraprendendo prima la Professione, quindi la definitiva Consacrazione Monastica, ma dopo la morte della zia Monaca iniziò a soffrire i contrasti interni con le altre Monache che definì “vere e proprie persecuzioni” ... Finchè un giorno fuggì dal Convento di Treviso con un cugino andando a trovare rifugio presso una zia materna. Informato della fuga il padre andò allora a prenderla e la fece trasferire nel Convento Veneziano di San Zan Luteran ... Lì poco dopo Faustina ebbe una relazione con un dipendente del Monastero: tale Francesco delle Crosette col quale fu scoperta a letto qualche anno più tardi.
Secondo la successiva testimonianza delle Monache di San Giovanni in Laterano: il Crosette era una specie d’impiegato del Convento con mansioni diverse a seconda delle necessità: trasportava acqua e materiali edili, aiutava le Monache a fare il pane all’interno del Convento: “andava dieci volte al di quando le me chiedevano per suoi bisogni.”Il Crosette si diceva:“figlio del Convento” Suor Zuana di Tomasi testimoniò fra l’altro: “… veniva qualche volta a far qualche servizio per il Monastier, perché l’aveva anche una sua ameda nominata la Mare Suor Seraphina, che è la Priora di questo Monasterio ... Et così el prese poi amicitia con la detta Faustina, el parlava spesso con la ditta, et steva purassai qua in Parlatorio, et diceva a noi altre che essa lo mandava in diversi suoi servizi …”

Insomma: entrambi fuggirono di nuovo dal San Zan Luteran ... Già due anni prima, appena arrivata a San Zan in Lateran, Suor Faustina era fuggita per i tetti: i vicini le aprirono una botola sentendosi supplicare dalla Monaca: “Aiutème per amor di Dio … Che se voi non mi aprivi così presto me voleva gettar giù dai coppi perochè son stata mesi sei in prigion sotto la scala del Monastero di San .Zuan Lateran …”

Sempre secondo le testimonianze raccolte: la Monaca nella stessa occasione aveva rassicurato i vicini del Monastero dicendo loro: “Non ho un posto dove andare, ma ho un marito da raggiungere.”… Un’altra Monaca confermò che in verità Suor Faustina aveva ricevuto una promessa di matrimonio da un uomo successivamente bandito dal Territorio della Serenissima ... Francesco delle Crosette testimoniò a sua volta che il padre aveva strappato Faustina dal marito, e la stessa Faustina affermò che padre e matrigna l’avevano costretta a monacarsi ... Un gran intrigo insomma: finito con la comparsa di tutti davanti ai Magistrati deiTribunali Ecclesiastico e Civile.

Voglio dire insomma, che se il Sant’Anna di Castello non brillava per coerenza e integrità Monastica, gli altri Monasteri Veneziani non erano da meno … Vista la situazione, Papa Leone X ordinò con apposita Bolla Papale del 25 giugno 1515 la riforma dei Monasteri Veneziani irregolari, soprattutto di San Zaccaria, Santa Marta, Santi Biagio e Catoldo della Giudecca e Sant’Anna di Castello... L’opera di Riforma continuò almeno fino al 1520 ... Il 17 maggio 1519 col consenso del Consiglio dei Dieci e del Papa, con l’aiuto degli Avogadori da Comun e della forza pubblica si entrò con la forza nel Sant’Anna, si tolsero quattro Monache “dal comportamento discutibile” inviandole nell’Isola di San Secondo: la figlia di Benedetto Baffo, la figlia di Luca Michiel, la figlia dei Nobili Premarin e la figlia di Galeazzo Contarini; il Monastero venne diviso in due parti consegnandone metà a sette Monache Riformiste mandate appositamente a convertire e riportare all’ordine le consorelle, e si elesse una nuova Badessa.

Il Monastero riprese vita, celebrò la Festa Patronale, le sepolture dei Confratelli delle Schole e riprese a celebrare le solite raffiche diMesse Cantate o Solenni.

Tutto a posto ? … Macchè !

Nel luglio 1568: punto e a capo, nuovo processo a una Monaca del Sant’Anna “per visite clandestine d'un secolare”… Il Patriarca Giovanni Trevisantuonò alla Visita Pastorale ordinando: “… del mandato del Patriarca di Venezia sia commesso a tutte le Madre Abbadesse, Prioresse et Monache di cadaun Monasterio … che in virtù de Sancta Obbedienza et sotto pena de escomunicatione debbino obbedir al mandato del Patriarca del 11 gen 1565 altre volte intimidatori, di non ammetter né permetter che nelli Parlatori si habbi a disnàr, né mangiàr per alcuna persona sii di che condizion e grado si voglia, né padre, né madre, né fratelli, né sorelle, né admetter maschere, buffoni, cantori, sonadori et de simili sorte persone sotto niuno pretesto, né modo, che immaginar si possa, né permetter che in essi Parlatori si balli, né si canti né si soni per alcuna persona sii che si voglia …”

Risultato ? … il 21 giugno 1585 l’intero Monastero venne demolito chiesa compresa ricominciando tutto da capo …

Nel 1593 il Patriarca Priuli informò il Senato e il Consiglio dei Dieci che:“… la maggior parte dei Monasteri si trova in gran bisogno, non avendo le Monache non pur il vestito, ma neanco il sufficiente vitto.”  decretò, invece, di allontanare entro tre giorni i cani personali dai ricchi Monasteri dei Santi Biagio e Cataldo della Giudecca, dall’Isola di San Servolo, da San Lorenzo, San Iseppo e Sant’Anna di Castello... Al primo piano del Sant’Anna sorgeva anche l’Infermeria delle Monachecon due ampie finestre diurnali prospicenti sul canale che andavano dal soffitto al pavimento: “Troppo grandi” sentenziò il Patriarca Priuli: “mancano di adeguate trombe protettive per proteggere dalla vista esterna e garantire il decoro delle Monache allettate.”

Monache e Monastero in realtà avevano ben altri problemi che le finestre …

Fin dall’inizio del 1600 il Sant’Anna delle Monache Benedettine possedeva un non indifferente patrimonio immobiliare sito nei dintorni del Convento Veneziano: nella Contrada limitrofa in Calle e Corte Sant’Anna dove possedeva 27 case da cui percepiva affitto, e dai cui affittuali riceveva anche regalie in occasioni e ricorrenze specifiche dell’anno ... Il Monastero era poi proprietario di due case nella vicina zona di Quintavalle, appena giù dal ponte nella Contrada di San Pietroo del Vescovo ... Poi ancora aveva una casa in Contrada di San Pantalon, un’altra casa in Contrada di Santa Ternita, una in quella di San Vidal, una in Contrada di San Marcilian nel Sestiere di Cannaregio dall’altra parte della città … e ancora: due case a Malamocco, e due botteghe a Rialto.

E questo per quanto riguardava Venezia città e Laguna … Le Monache erano inoltre proprietarie anche di molto altro in Terraferma: 240 campi a Mogliano, Zelarino, Spinea e Piove di Sacco ed altri 15 campi acquisiti per eredità in frazione di Sant’Ambrogio di Fiera di Treviso: nell’insieme un patrimonio agricolo valutato circa 7.200 ducati capace di una rendita annuale del 6%, ossia 432 ducati … Non male se messo insieme a tutto il resto del patrimonio ... Da questo patrimonio campestre venivano portati al Monastero i prodotti della campagna da consumare: 200 ettolitri di grano, 140 di vino, e ben 2 quintali e ½ di carne porcina e salumi annuali … Ogni anno il Monastero ricavava circa 670 ducati dalla vendita del vino, e quasi 1000 dalla vendita di Farine e Formento.

C’erano poi i lasciti testamentari, i legati, le Mansionerie di Messe da celebrare, le donazioni dei fedeli, e i cespiti che entravano da parte delle Schole d’Arte-Mestiere e Devozione che venivano ospitate nella chiesa o nei luoghi limitrofi del Monastero.

Esisteva infine posto a bilancio dell’Economia del Monastero il capitolo delle rendite del Monastero derivante dalle Doti delle Monache… Trovandosi a Venezia, era abbastanza comune che il Monastero ospitasse figlie di Nobili o perlomeno di personaggi illustri di un certo tenore. Non a caso erano ospitate là le due figlie del pittore Tintoretto: Ottavia e Perina… Le rette delle Monacazioni erano solitamente da circa 1.000 ducati in su, e si lasciava ai Nobili, ai Mercanti e ai più facoltosi la possibilità di aggiungere altre miglia di ducati a piacimento … Perciò le Monache Nobilivivevano speso nel Monastero come se fossero “a palazzo”: certi temi del rigore, della disciplina e della povertà delle Monache erano nel Monastero un optional poco più che simbolico, una sorta di vecchia ispirazione di base a cui far solo riferimento come da tradizione, ma niente di più ... La “Dota”di molte Monache veniva incrementata ulteriormente dalle famiglie d’origine che le rifornivano puntualmente di denaro, diverse Monache possedevano proprietà e rendite aldi fuori del controllo del Monastero, e si procuravano guadagni personali “extra moenia” tenendo spesso “cassa propria”amministrata “a capriccio”, libera dalle interferenze dei Superiori.

Diverse Monache arredavano lussuosamente la propria cella: si portavano casse e cassoni da casa con veri e propri “corredi nuziali”, abiti, biancheria, opere d’Arte (nel 1700 in una sola cella del Sant’Anna si contavano 16 quadri: 4 grandi e 12 piccoli e 1 cristo d’avorio). E poi ancora: mobilio, strumenti musicali, scaldaletto, posate, lucerne, brichi e lucerne rigorosamente d’argento, c’erano tende e portiere alle porte e alle finestre (bianche per l’estate e verdi per l’inverno), libri e manoscritti: Martirologi, Breviari, Libri d’Oree Salteri secondo la Regola, ma anche romanzi e “testi leggeri o procaci” spesso confiscati dai Preti espressamente inviati a controllare dal Vescovo-Patriarca, e perfino animali domestici di diversa natura come: Canarini, Gatti e Cagnolini (a certe Visite Canoniche si trovarono Galline che ruzzolavano liberamente nelle soprastanti soffitte o perfino sotto ai letti deponendo uova agli angoli delle stanze e celle Monastiche)… Le Monache curavano giornalmente accurata toeletta personale acconciandosi di abiti, profumi e belletti, e coltivavano orticelli personali o porzioni dell’Orto Comune del Monastero ricevenfo fiori che portavano intrecciati sui capelli o collocavano nella fessura dei seni (secondo le cronache del tempo: “messi bene in mostra”).

Come potete intendere: il Monastero di Sant’Anna, come buona parte di quelli di Venezia, possedeva un bel giro economico, e non si faceva mancare nulla … sebbene non fosse proprio al livello dei più grandi Monasteri Veneziani capaci di ospitare le figlie Nobilissime del Doge, dei Senatori e dei Grandi di Venezia: San Zaccaria e San Lorenzo di Castello su tutti ... Diciamo che nel Sant’Anna si trovavano le Monache figlie della Nobiltà “media”, ricche ma non in maniera stratosferica … Era un Monastero simile a quello di Ognissanti a Dorsoduro, o a quelli delle Benedettine della Giudecca, o Sant’Alvise e San Girolamo di Cannaregio, o Sant’Andrea e Santa Chiara della Zirada a Santa Croce … e molti altri ancora.

Le Monache venivano supportate quotidianamente nelle loro mansioni da diversi professionisti esterni che provvedevano di continuo a garantire il loro benessere personale “in Spiritualia et Materialia”: Confessore, Medico, Barbiere per i salassi, Sarta, Acconciatrice… E ancora: Panettiere, Fattore, Spenditore-Economo, Facchini, Operai, Barcaroli e Ortolani che curavano e provvedevano ad ogni esigenza del Monastero.

Nel Monastero per non far rimpiangere la bella vita di palazzo era spesso tutta una Festa, e non mancava mai occasione per inventarne altre extra o speciali … Anche le scadenze del Calendario Liturgico non si esaurivano nel celebrare un po’ di Vespri o Messe, né si le Monache si accontentavano di trascinarsi in tondo orando in qualche Processione … Le Feste si prolungavano nel Refettorio, e diventavano ogni volta occasione di Teatro, Musica, Canto, Ballo e altri divertimenti espressione anche della continua educazione e cultura Letterario-Musicale-Canora fornita dalla Madre Maestra e spesso da un apposito Maestro di Canto e Musica che frequentava assiduamente il Monastero … Nel Monastero si assisteva e si partecipava quindi alle così dette: “Sagre delle Monache” che si concretizzavano nelle varie Feste della Monacazione: l’Accettazione, la Vestizione, la Professione dei Voti, e la Professione Solenne Definitiva: cioè una specie di consacrazione tramite la quale le Monache diventavano parte definitiva della Comunità Monastica  d’appartenenza indossando il “velo nero” e partecipando a pieno titolo alle attività, scelte e decisioni del Capitolo del Monastero guidato dalla Madre Badessa ... Le stesse occasioni erano poi motivo di sfoggio e bella apparenza da parte delle stesse Monache e delle Nobili Famiglie di provenienza: “Chi più ne ha più ne metta” era uno dei motti: perciò le Monache Patrizie Veneziane facevano a gara fra loro sul come ben figurare suscitando invidie, contrapposizioni e adulazioni di ogni sorta.

Capitava che nei giorni delle “Sagre Monastiche” tutte le Monache e le stesse Educande o “fiòle a spese” ospitate nel Monastero, ricevessero ciascuna dalla famiglia e dai parenti della Monaca interessata: un magiòl(un moccolino per accender lumi) da ½ chilo, 12 storti per ciascuna, una libbra di confetto e un pan di zucchero per ciascuna di peso e fattura diversa, e 15 lire di denaro ad ogni Monaca … Alla Madre Badessa, alla Madre Maestra e alla Vicaria spettava il doppio, al Vicario Patriarcale: un bacile di ciambelle, al Confessore che faceva gli Esercizi Spirituali alle Monache e presiedeva le cerimonie si dovevano offrire: maggioli, pani di zucchero da 1 chilo, un marzapane vistoso di 4 libbre con confetti, frutti canditi, bellissime persegate e confetture, ¼ di vitello, 12 fiaschi, 1 bacile di ciambelle e 2 zecchini o 2 scudi, o più raramente 10 ducati … Ai 5 ChiericiAssistenti: marzapane da ½ libbra, ciambelle e ¼ di ducato ciascuno … al Sacrestano un marzapane, confetti, bozoladi e 1 scudo ….. Allo Scaccino o Zago 1 marzapane da 1 libbra e ½ ducato … alle “fiòle a spese”: mezzo ducato d’argento ciascuna … ai 4 Uomini di Servizio del Monastero: gli stessi regali, e 1 scudo d’argento allo Spendidor e 1 ducato agli altri tre ... e via così … Poi c’era ancora il Medico, il Barbiere, il Fattore: altri marzapani, confetti, bozoladi e 1 scudo ciascuno … Si compensavano anche le Converse che preparavano i buzzoladi con: selado, formaggella e 2 lire di sapone per ciascuna, alle 12 Donne di Servizio: le Massère del Monastero si doveva 1 marzapane da ½ libbra, 1 libbra di carne, ½ ducato ciascuna e minestra per tutte … e colazione, bussoladi, storti e moscato ai Musici, Cantori e Sonadori.

Che ve ne pare ? … Un vero e proprio piccolo-grande, quanto lussuoso “Mondo a parte”.

Le singole Monache poi erano solite tenere nella propria cella una vera e propria dispensa personale con: “pan di zucchero, marzapani, bozzolai, burro, frutta, uova e olio”, e allestivano pranzi e pranzetti a piacimento per se o per tutto il Monastero ... Ci fu, ad esempio, la famiglia della Nobile Laura Molin che per la Vestizione e la Professione della figlia offrì un pranzo all’intero Monastero spendendo 1.400 ducati, mandando 4 staia di farina per fare i bozzoladi, e altri 1000 per gli abiti e le varie spese … In certi periodi è documentata una rendita media annuale delle Monache del Monastero di circa 2000 ducati: le Monache erano più che benestanti ... ricche insomma.

Ogni 2 anni si celebrava la Festa delle Obbedienze quando si conferivano a ciascuna Monaca specifiche Mansioniall’interno del Monastero: esisteva l’incarico di Camerlenga che amministrava la Comunità, Scrivanao Segretarie della Badessa, Madri Maestre(venivano chiamate “le Zie Benedettine” in quanto facevano da tutrici alle Educande ricevendo una percentuale di 5 ducati annuali sulle loro rette. Avevano obbligo di tenerle pulite e in igiene, e di fornire loro“adeguato companatico”, non mancando di ricevere per far questo: “adeguati presenti a Natale e Pasqua e nelle Feste Stabilite”). C’erano poi le Monache Rodiere addette alla custodia delle ruote da dove entrava e usciva dal Monastero di tutto, le Portinaie, le Sacrestane, le Speziali che “s’interessavano e curavano della coltivazione e raccolta dei Semplici” confezionando medicine, impiastri e medicamenti per il Monastero e affiliati. C’erano le Suore Canevere-Cantiniere, le Cellerarie o Dispensiere, le Formentere per frumenti e farine, le Fornaie, le Tessitrici e Ricamatrici o Maestre da Deda, le Infermiere, le Ortolane, leLavanderee le Gallinareche avevano l’incarico fra l’altro di gestire “le onoranze-tributi” che giungevano periodicamente al Monastero dalle Campagne della Terraferma alle scadenze calendariali stabilite: a Ognissanti arrivavano ogni anno 130 oche da Zelarino, Spinea, Zerman e Piove di Sacco; a Natale: il Monastero veniva rifornito di Capponi; a Carnevale: di nuove Galline; a Pasqua di: uova e formaggio; alla Madonna d’Agosto arrivavano i polli ... Le Monache facevano ingrassare le bestie in appositi pollai, curavano le covate, e rifornivano i mercati e le botteghe del Sestiere di Castello e delle Contrade limitrofe.

Anche la Festa delle Obbedienzeera una circostanza e un’altra occasione per spendere e spandere: sia la Monaca Entrante che la Monaca Uscente dall’incarico erano tenute a far regali e offrire pranzi talvolta scandalosi spendendo fino a 200 ducati in una sola volta … C’erano Monache che s’indebitavano per questo motivo, e c’erano quelle che andavano di continuo a battere cassa presso amici e parenti.

Nel 1608-1609 il Patriarca Francesco Vendramin provò a riprendere in mano il controllo di Venezia e dei suoi Monasteri dopo tre anni di “sede vacante”qualificò i Monasteri dichiarandoli per la maggior parte: “per lo più overi”, mentre circa il Sant’Annaconsigliò alle Monache anziane di visitare ogni cella dopo il suono della Campana della Notte per controllare che le Monache non condividessero le celle chiudendosi dentro con chiavistelli e serrature, né che tenessero tutta la notte candele accese nei dormitori ... Alcune Monache tenevano nascoste nelle cassapanche e nelle credenze alcune scorte di cibo e vino avanzate e prelevate dal Refettorio e le condividevano con le amiche.


Negli stessi anni s’inauguròin chiesa il Paliotto a ricamo rappresentante la Crocefissionedipinta dal padre per la Schola Granda di San Rocco eseguito da Pierina e Ottavia figlie di Jacopo Robusti il Tintoretto, entrambe Monache al Sant’Anna. Si diceva a tal proposito che Ottaviafosse diventata cieca per l’eccessivo sforzo del lavoro di ricamo … L’opera singolare veniva esposta ogni anno nei Giorni di Passione della Settimana Santa, e suscitava non poca ammirazione nei Veneziani ... Nello stesso anno ripresero gli antichi comportamenti sconvenienti e i costumi degradati delle Monache contornando il Monastero di disagio: la Serenissima fu indotta a intervenire allestendo un nuovo grosso processo in più riprese contro una quindicina di giovani Patrizi Veneziani: due Nobili Gussoni, Morosini, Tiepolo, Querini, Mocenigo, Zen, Gritti, Giustinian, Dolfin, Surian, Zorzi, Grimani: il fior fiore della Nobiltà Veneziana ... Suor Maria Isabella appartenente a illustre Famiglia Veneziana scappò via dal Chiostro del Sant’Anna su invito del NobileAgostino Gussoni: venne arrestata insieme a Suor Maria Alba Semitecolasua compagna, e dopo processo vennero consegnate al Patriarca Vendramin.... Suor Maria Alba finì alle Convertite della Giudeccadove trascorse il resto della vita non senza altre prevaricazioni, mentre i Giovani Nobili fuggirono tutti dalla Laguna e vennero condannati in contumacia a Bando Perpetuo da Venezia e da tutto il suo Dominio.

Secondo le testimonianze del processo: i Nobili erano soliti raggiungere di notte il Monastero dalla parte retrostante del Canale, ed entrati dalla porta dell’orto raggiungevano la Cantina dei Tinazzi del Sant’Anna dentro alla quale poi succedeva di tutto e di più … Da li entravano e uscivano portando le Monache in gondola in giro per Venezia ... Più abile e attivo di tutti in quel “gioco” era il Morosini che per anni aveva praticato una delle Monache fermandosi a lungo nei Parlatoi, in chiesa e dalle finestre, e aveva mandato e ricevuto regali e messi dalle Monache, e di notte faceva serenate dalle barche chiamando per nome le Monache in maniera oscena.

Nel 1611-1612: Mastro Bernardovenne accusato, incarcerato e processato ammettendo d’aver lavorato nel Sant’Annasenza permesso dei Magistrati costruendo e abbattendo muri divisori fra due celle, e riparando tetti con la sola licenza della Badessa... Nello stesso anno: Battista Garzon di un Fruttivendolo venne punito con sei mesi di carcere per essere passato in barca ubriaco di notte accanto al Monastero cantando oscenità su Suor Lucia una delle Monache.

Nel 1614 la solaspesa annuale del Sant’Anna per procurare:pane, vino, carne, uova, pesce e olio per sfamare e rifornire le 100 Monache presentinel Monasteroera di circa 800-900 ducati ... Il preventivo annuale di spesaper la vita del Monastero redatto dalla Madre Economa e dalla Madre Celleraria era di circa 6.000 ducati ... Ciascuna Monaca spesata di abiti e vitto costava circa 60 ducati (nel 1770-1773: l’intero bilancio del Monastero era sceso e constava circa 3.437 ducati annui a cui si aggiungevano circa 100 ducati degli affitti di Campagna).

Nel 1617 entrò a vivere nel Monastero di Sant’Anna come “fia a spese” la famosa Elena Tarabotti divenuta Suor Arcangela. Nata probabilmente in Parrocchia di San Giuseppe o Sant’Iseppo di Castello fra 1604 e1610, proprio nella zona del Palùo accanto al Monastero di Sant’Anna, fu tenuta a Battesimo dallo Speziale Eustachio Matrico che aveva bottega-confetteria-drogheria-farmacia “all’insegna dell’Agnus Dei” ... Elena aveva quattro fratelli di cui tre morti probabilmente in tenera età, e quattro sorelle di cui tre rimasero nubili ... Il Sant’Anna in quel triennio contò solo 5 Suore nuove vestite, mentre il vicino San Lorenzo ne ricevette 35 come il solito ... Solo in seguito il Sant’Anna arrivò ad averne pure lui 25 “Ingressi Monacali”, ma solo perché le nuove Monache appartenevano a Famiglie Nobili Decadute… Inizialmente la Badessa Elisabetta Trevisan, viste le numerose assenze in Refettorio Comune della Tarabotti, le tolse “il diritto al vino” ... Viceversa più tardi Suor Arcangela riuscì ad ottenere dal Monastero tramite la Priora Suor Maria Diana Foscoloun prestito di 213 lire ossia 5 ducati, che le riuscì di restituire a fatica entro un anno ... La “Tarabotta” già a 11 anni fu indotta a vestire l’abito da Monaca, per cui si sfogò a inveire producendo scritti accaniti contro la vita monastica: scrisse la “Tirannia paterna”, “La semplicità ingannata” e “L’Inferno Monacale”… poi passando gli anni si rassegnò al suo stato e alla sua condizione di Monaca reclusa iniziando a scrivere opere di tono e natura diverse: più favorevoli alla vita monastica. Scrisse perciò il “Paradiso monacale”, “La luce monacale”, “La via lastricata per andare in Cielo” e “Le contemplazioni dell’Anima Amante”… ma non smise mai di sottolineare e contestare le costrizioni morali a cui era costretta a vivere prigioniera del Chiostro che chiamava: “il Purgatorio delle malmaritate” o ben di peggio come ha scritto nelle sue più di 300 lettere … Un bel tipino di Monaca insomma.

L’anno seguente Piero Da Mostovenne processato dai Provveditori Sopra i Monasteri perché durante le feste di Pasqua aveva portato in barca a cenare due straniere di notte: aveva comprato 10-12 sgombri e altro pesce, e s’era proposto d’andare a trovare insieme a sua sorella vedova una zia Monaca nel Sant’Annache non vedeva da diversi anni: “… e così mandai un servitor in terra colla sessola piena di pesse a far reverentia a Suor Cherubina da Ca’ Da Mosto pregandola che facesse cucinare il pesce …”

Suor Cherubina vedendo la sorella chiese che sbarcasse ma mancando a questa le scarpe decisero di andare con la barca lungo il canale che circondava le Cantine del Monastero: “… e così andassimo dove venne detta nostra ameda e due mie zermane, e Suor Nicolosa da Cà Foscarini, e Suor Costantina da Cà Zorzi colle quali la ragionò.”… Il gruppo familiare si diverti per un quarto d’ora finchè intervenne un agente dei Provveditorida Comun che pattugliava la zona, per cui tutto terminò senza pesce cotto e con una dura reprimenda.

Era il tempo del Patriarca Giovanni Tiepolo che scrisse al Doge delle concittadine Veneziane ridotte: “… a tale ristrettezza che mancandole il necessario cibo, dovevano pascersi solo di lagrime ed affanni …” Il governo rispose che molti Monasteri erano opulenti pur ammettendone la decadenza economica:“… il molto bisogno, i molti debiti per le spese delle fabbriche e per loro urgenti necessità… attribuibili a disordini amministrativi e numerosi crediti inesigiti ...”

E giunsero gli anni ’20 del 1600: quelli della grande Pestilenza dellaMadonna della Salute: il morbo dimezzò i Veneziani e metà egli isolani della Laguna… Altro che il Coronavirus ! più di 50.000 Morti solo a Venezia e Laguna … Il Monastero di Sant’Anna in quello stesso tempo spendeva 222 ducati annui per comprare vino di qualità per le più di 40 Monache Professeche lo abitavano insieme ad altre 9 Monache Converse e le 8 “Fie a spese”… La Badessa Regina Rossi spendeva annualmente: 36 ducati e 6 soldi, compresa la spesa dei buzzoladi e delle frittole da distribuire dentro e fuori del Monastero il giorno della Festa della Patrona MadonnaSant’Anna.

Le Monache tuttavia “cambiavano il pelo ma non il vizio”: se ne calmava e quietava una, ma subito dopo se ne attivava in esuberanza e trasgressione un’altra o più di una … Dal 1625 e fino al 1638 si trascinarono a processo a ripetizione altre Monache del Sant’Anna: “per frequenza in Parlatorio di un Prete, di un Ebreo e di un secolare con varie visite” ... “per pratica scandalosa con una Suora e un Reverendissimo. e per visite in Parlatorio di un Patrizio”“per visite in Parlatorio e discorsi scandalosi con Converse di un Prete”... “per visite di un Patrizio nei Parlatori” ... e via così …

Civico e Religioso persero la pazienza: tutto venne disfatto e raso al suolo un’altra volta.



Nel 1634 la chiesa del Sant’Anna venne rifabbricata ad unica aula-navata con soffitto a scomparti adorno di quindici tele con ovale al centro, e riconsacrata nel luglio 1659 ... Nel 1631 la Cappella Maggiore: corpo di fabbrica appoggiato alla struttura principale della chiesa venne eretta e decorata a spese delle quattro Maestranze dell'Arsenalecome recitava un’epigrafe in pietra collocata a memoria sulla parete di fondo: “Questa Capela et Altar fu fato per voto delle Maestranze dell’Arsenal, nel tempo della Peste, delli loro beni, l’anno MDCXXXI … Marangoni, Calafai, Remeri e Segadori.”… Immaginatevi l’ampia struttura con l’ingresso principale sulla Fondamenta di Sant’Anna da dove si svilupparono due ali col Chiostro porticato e l’Orologio sormontato da un campaniletto a vela, ampio cortile, Parlatori, Dormitori Vecchi (comuni per le Educande) al primo piano, e Nuovi (celle singole per le Monache) al secondo piano, Foresteria, Refettorio, Cucina e Dispense, stanza da Forno e Pane, Cantine e orti retrostanti ...


Ecco in breve alcuni documenti che scandiscono gli eventi del Sant’Anna di Castello in quegli anni: “Mercoledì 16 agosto 1634 nel Claustro (chiostro) del Monastero dei Molto Reverendi Padri di San Domenico di Castello si ridusse (radunò) il Capitolo de Calafati della Casa dell’Arsenal con licenza dell’Illustrissimi Signori Giustizieri Vecchi … Oltre al Nodaro, presenti i testimoni Domenico Francesco Zotti quondam Marci e Domino Antonio Tiraoro quondam Marci …”

“Il 07 settembre dello stesso anno nella chiesa di San Martino di Castello di ridusse il Capitolo dei Marangoni della Casa dell’Arsenal  che discussero, ballottarono (balle 81 a favore e 25 contrarie), approvarono e ratificarono alla presenza del Proto dei Calafati Domino Jacobo Grassi e del Calafato Domino Johanne quondam Thomae …”

“Venerdì 15 settembre 1634 in Arsenale nella Sala dei Remeri nel luogo chiamato Consiglio, si ridusse il Capitolo dei Remeri della Casa dell’Arsenale fu proposto, mandato a parte e balotato con balle 45 a favore e una contraria.”

“Venerdì 28 settembre 1635 in occasione della Peste comparvero davanti all’Eminentissimo ac Reverendissimo … Cardinale Sancti Sacra Romana Ecclesia Presbitero Cornelio Patriarca … il Magnifico Domino Pascalinus Vice, Jacobus de Grassi Protus e Alexander Salavlinus a nome dei Confratri del Capitolo Marangoni, Calafati, Remadori e Segadori della Casa dell’Arsenale di Venezia chiedendo di fare una Cappella e Altare a spese delle delle Maestranze dell’Arsenale presso la chiesa di Sant’Anna dove ogni seconda domenica del mese far cantare una Messa Solenne con Processione secondo l’uso della vicina chiesa di San Domenico in occasione della Santissima Vergine del Rosario … Cercata e contattata la Reverendissima Madre Abbadessa e le Reverendissime Monache con patti che dovranno essere inviolabilmente osservati … Né possino dette Madri o successori variare i muri di tale Cappella, né far depositi (tombe) di sorta alcuna … il tutto inteso dalla Reverendissima Abbadessa et Molto Reverende Monache di esso Monastero redotte nel loro Capitolo a suon di campanella justa l’ordinario al qual intervennero la molto Rev. Madre Suor Gabriella Marcello Abbadessa, la Molto Reverenda Madre Suor Cherubina Mosto Priora, la Molto Reverenda Madre Suor Orsetta Foscolo, Suor Maddalena Diana Foscolo, et Suor Celestina Trevisan Camerlenghe, et Molto Reverende Madri: Suor Candida, Suor Nicolosa, Suor Perina, Suor Marina, Suor Ottavia, Suor Giulia, Suor Vittoria, Suor Claretta, Suor Lugrezia, Suor Francesca, SuorSerafina, Suor Olimpia, Suor Virginia, Suor Clementia, Suor Maria, Suor Stella, Suor giulia, Suor Colombina, Suor Elena, Suor Claudia, Suor Lucietta, Suor Giacinta, Suor Regina, Suor Arcangela, Suor Maria Felice, Suor Maddalena Celeste, Suor Degnamerita, Suor Barbara, Suor Prudenzia, Suor Lodovica, Suor Laura, Suor Caterina, Suor Maria et Suor Cecilia tutte Professe del detto Monastero et quello la maggior parte rappresentano … facendo la licenza del Reverendissimo Monsignor Zorzi Polacco Vicario Generale delle Monache dal quale hanno avuto licenza e colla presenza et intervento dell’Illustrissimo Signor Alvise Mocenigo Primo Procuratore di dette Molto Reverende Madri hanno concesso alle dette Maestranze luoco per far Cappella et Altare … Di più siano obbligati detti Intervenienti dar per ricognizione di tal concessione di tal concessione alle dette Molto Reverende Madri ogn’anno alla Festa di Sant’Anna: doi miri d’oglio principiando dal giorno che sarà cantata la prima Messa nella loro Cappelle ... Inoltre obbligandosi le dette Molto Reverende Madre di darli a detti intervenienti molto devoti numero doi Reliquie acciò possano decorare detto Altare …”

Nello stesso 1635 la Nobile Famiglia Albertini Giusto quondam Francesco donò 200 ducati alle Monache di Sant’Anna per contribuire a ricostruire e abbellire ancora una volta Chiesa e Monastero … Nel 1659 si collocò un’altra lapide sulla porta laterale della chiesa di Sant’Anna, che recitava:“Nel Pontificato di Urbano VIII, Doge Francesco Erizzo, Patriarca Federico Corner, Badessa Domina Gabriela Marcello si riedificò questo Tempio con le limosine del Publico et de Privati autrice la suddetta Abbadessa quale ne ebbe particolar cura et sempre sopra intese alla fabrica agiutata da sua nepote Domina Barbara Marcello ... Li Procuratori et massimi Benefattori che concorsero ad opera si pia con il dinaro et con opera furono gli Illustrissimi et Eccellentissimi Signori Carlo Contarini fu Principe Antonio Da Canal, Don Giustinian Martinoni et li Signori Francesco et fratelli Nichetti, Tommaso Canal, Giovanimaria Pugliol et fratelli Trevisan, Giusto Albertini, e Gasparo della Chiesa ... La Madre Suor Paola Bonardini faccendiera che mai cessò d’impiegarsi et di operare per vedere terminata questa fabbrica sha fare del suo proprio questa memoria in segno di gratitudine verso così pii et caritativi Signori nell’anno MDCLIX.”

Il più era fatto … e le Monache del Sant’Annaripresero a litigare fra loro per motivi di “… precedenza nelle file, nel Coro e nelle Processioni …”

Beh ? … finchè era per quello ?



Nel gran casino della vita disordinata delle Monache di metà e fine 1500, quando la Serenissima provvide ad abbattere tutto compreso la chiesa: “andò a remengo e venne indirettamente soppressa” anche l’attività e la reputazione delle consociazioni delle Schole d’Arte, Mestiere e Devozione ospitate nella stessa chiesa e Monastero delle Monache ... Già nel 1562, in verità, era accaduta una vera e propria piccola rivoluzione in chiesa: erano naufragate tutte le singole Scholepresenti: quasi tutti gli iscritti s’erano tirati fuori da quel caos così imperante in quell’angolo di Venezia … C’era sempre subbuglio, un accorrere di Clero e Fanti del Governo … Non era vita pacifica quella: non si poteva godere di tranquillo e produttivo associazionismo … Un po’ più tardi però si trovò la soluzione giusta: cioè si decise d’aggregare e fondere insieme le Schole presenti a Sant’Anna sebbene appartenenti ad attività del tutto eterogenee fra loro.

Fu così che sull’onda di quella decisione tardo cinquecentesca, ancora nel maggio 1620 si fusero e riunirono fra loro riprendendo vita, entusiasmo e attività e stendendo una nuova Mariegola: i Devoti rimasti dell’Antica Schola di Sant’Anna, quelli della Schola delle Maestranze dell’Arsenale che riuniva:Marangoni da Nave, Calafai, Remeri e Segadori(molti dei quali s’erano comunque dissociati andando ad aprire nuove Schole e Sovegni in altri luoghi della città coinvolgendo anche titolari della Magistratura dei Patroni e dei Proti dell'Arsenale), e infine: gli iscritti-Confratelli della Scholadegli Spizieri da Grosso di San Gottardo provenienti dalla Contrada di Sant’Aponal di Rialto dall’altra parte della città.

L’Antica Schola di Devozione di Sant’Anna risalente agli inizi del 1300 aveva steso regolare Mariegoladove nel 1360 aveva annotato perfino i nomi dei 4-5 Sonadori che avevano allietato la Festa della Patrona: “Lucha dal organo e Negro trombadòr furono obbligati a suonare a le Feste de Sancta Anna” ...  Solitamente la Schola associare una media di 180 iscritti di cui circa 73 erano Nobili, 71 Arsenalotti, 72 Tessili, 15 fungevano da Ufficiali della Banca della Schola (l’organo direttivo della Fradia-Fraglia-Confraternita-Corporazione), e uno operava da Nònsolo.

Curioso notare la composizione di un campione di 118 iscritti del 1308:  3 iscritti esercitavano la professione di Venditori di beni di lusso, libri, gioielli, arte e musica; 2 erano Bottegai che vendevano alimentari e spezie; 10 lavoravano in Arsenale come Marinai o Barcaioli; 11 erano Tessili;  5 Calzolaicioè Calegheri;4 rifornivano di vettovaglie e vino; 5 erano Costruttori Edili, Mureri e Arredatori; 3 lavoravano legno e metallo; 1 vendeva casalinghi; 3 erano Barbiere, Cirusico e Dentista ... Di tutti questi: 94 erano residenti nel circostante Sestiere di Castello; 31 provenivano dal vicino Sestiere di San Marco; 22 venivano da Cannaregio; 8 da Dorsoduro; 2 da San Polo; 1 da Santa Croce e altri 5 dalle Isole Lagunari: insomma in quella forma aggregativa era coinvolta ogni parte e classe sociale della città.


Ciascun iscritto della Schola di Sant’Anna era tenuto a pagare una tassa annuale di Benintradadi 6 grossi per i maschi e 12 grossi per le femmine (poco gradite); si pagava inoltre una seconda tassa di Luminaria di 6 grossi per poter usufruire come da Statuto di candele da 4 libbre ciascuna per le cerimonie funebri, della Candela Benedetta annuale, della Candela da tenere accesa nelle Processioni dei Giorni Ordinati, e durante la Lettura del Vangelo e all’Elevazione di ogni Messa ... Ad ogni adunanza a cui partecipavano i Soci-Confrati riunendosi in Capitolo, cioè ad ogni “Levar Tolella o Toletta”(l’etichetta in legno col proprio nome che andava inserita in un apposito registro dei presenti appeso al muro) si dovevano pagare altri:8 soldi i maschi, e 6 soldi le femmine, mentre durante la partecipazione obbligatoria ai Funerali detti “Corpi” ogni singolo Confratello/Consorella doveva offrire ulteriori 4 soldi di piccoli i maschi, mentre le femmine erano esonerate dal versamento ... Tutti erano tenuti a versare saltuariamente un Supplementodi 4 piccoli secondo le necessità e le richieste della Schola.
Insomma: partecipare alla vita e alle attività associative della Schola era un vero e proprio grosso impegno di tempo, e anche un investimento economico: una spesa continua non indifferente che dava però in cambio assistenza economica e professionale, una rozza forma di previdenza antelitteram, la garanzia di un Funerale dignitoso con l’aiuto ai superstiti, e perché no ? ... anche occasioni di svago e aggregazione spirituale insieme a qualche bisboccia.

La seconda Schola aggregata nella ricostruita Sant’Anna fu quella delle Quattro Maestranze dell’Arsenale unite insieme: Sant’Elisabetta dei Marangoni da Nave, i Santi Marco e Foca dei Calafati, San Bartolomeo dei Remeri e Sant’Isidoro dei Segadori. Pur avendo subito anche loro una notevole flessione degli iscritti, anche per colpa delle sorti dell’attività della Caxa dell’Arsenal, furono loro a fungere da protagonisti nella situazione: si riunirono in Capitolo provvisoriamente nella chiesa della Contrada di San Silvestro di Rialtoche accettò di ospitarli temporaneamente, e approvarono all’unanimità l’idea d’essere coinvolti nella ricostruzione della chiesa di Sant’Anna optando a favore per la spesa di costruire un pulpito per la nuova chiesa, ma anche di pagare la costruzione di un nuovo sontuoso Altare Maggiore-Cappellaadatto alle attività della Schola: Sul nuovo Altare dovrò essere posta una pala che raffigurerò i nostri Santi Protettori”… e già che c’erano, deliberarono anche circa quella che doveva essere l’ammontare della spesa massima per celebrare dignitosamente la futura Festa annuale dei Santi Gioacchino e Anna Patroni della Schola Nova.



La terza Schola che si assimilò fondendosi nella Nova Schola dei Santi Giacchino e Anna fu quella della declinante Arte e Schola degli Spizieri da Grosso che così riprese vigore e consistenza. Gli Spezieri da Grosso erano una delle Arti Veneziane più antiche: riconosciuta già come “Dogale”da Renier Zen che ne promulgò gli Statuta aboservanda a Medici set Spetiariis Inclitae Repubblicae Venetiae” nel 1259 divenendo riferimento per tutta Europa.
La Schola-Arte dei Spizieri da Grosso si distaccò e distinse quasi subito dagliSpizieri da Medicina cioè i Farmacistiraggruppando insieme“l’Università” (cioè la categoria professionale) dei:Confettieri, Droghieri, Venditori di Cera da lume e di Cera lavorata, Raffinatori di Zucchero, e Fabbricatori di Mandorle Dolci.

Inizialmente gli Spizieri da Grosso s’erano fatti ospitare come Schola nella chiesa della Contrada di San Mattio di Rialto da cui però scapparono ben presto in quanto: “… la Contrada di San Mattio aveva dintorni turpissimi e scandalosi pieni di persone disoneste, e c’erano numerose prostitute che sostavano nei paraggi giorno e notte … clima poco adatto per gli scopi della Schola.”… S’erano allora rifugiati nella chiesa della vicina Contrada di Sant’Aponal qualche centinaio di metri più in là verso Campo San Polo ... Lì avevano trovato tranquillità e avevano rinnovato la Schola e un po’ tutto trasformandosi nella Schola di San Gottardo dei Mandoleri e Spizieri che rimase ospite là fino al 1674 quando avvennero contrasti col Clero della Collegiata dei Preti per via di eccessive pretese di emolumenti da parte loro … Gli Spizieri da Grosso allora si divisero dall’Arte dei Mandoleri che contavano circa 231 iscritti sparsi per tutta Venezia: 173 CapiMastri, 30 Garzoni e 28 Lavoranti venditori al minuto e all'ingrosso di Mandorle, vari tipi di frutta secca e Olio di Mandorle, e si trasferirono nuovamente finendo dalle Monache di Sant’Anna di Castello.

Ancora nel 1773 gli Spizieri da Grosso contavano 77 CapiMastri,42 Garzoni e 71 Lavoranti attivi in 90 botteghe sparse per tutta Venezia (di cui 20 dei Droghieri che erano: 63: 20 CapiMastri, 19 Garzoni e 24 Uomini a salario), mentre le Raffinerie di Zucchero a Venezia erano 4-5: tre in Contrada de San Canzian, una in quella di San Marcillian e una a San Cassiangestite da 4 CapiMastri, 6 Garzoni e 31 Salariati-Lavoranti ... Già nel 1366 la Nobile Famiglia Corner di San Lucas’era arricchita prestando soldi a Re Pietro I di Lusignano divenendo  concessionaria di territori nel Distretto di Piscopia Cretache coltivarono a Canna da Zucchero utilizzando schiavi e servi e coltivatori dipendenti, costruendo molini con cui spremere la canna trasformandola industrialmente in succhi, e portando da Venezia due colossali caldaie in rame per far bollire e raffinare lo Zucchero.


Ogni Raffineria da Zucchero ricava ogni giorno 1000 libbre di Zucchero dalla cui deposizione si formava “il mielazzo”. Inizialmente lo Zucchero non aveva sostituito il Miele nell’uso comune, e veniva utilizzato soprattutto per la Farmacopea importandolo in grosse quantità da Cipro e da altre regioni del Mediterraneo … A Venezia si usava depurare lo Zucchero mescolandolo con uova, scolandolo attraverso tela, separando feccia dal puro, e filtrandolo in stampi dopo rimestolatura a fuoco … I Consociati delle Arti pagavano una tassa alla Serenissima per ogni bottega, e ne versavano un’altra per poter armare la Repubblica in caso di necessità ... La Schola dell’Arte-Mestiere dei Confettieri o Spezieri da Grosso, cioè Fabricanti e Venditori di Confetti e Confetture era aperta a chi era figlio di CapoMastro della stessa Arte, o a chi aveva praticato già in città per almeno 5 anni l’attività da Raffinador de Sùcaro(zucchero), Speciere da Grosso, Cerere, Doghiere, o Fabbricatore d’Oglio di Mandorle Dolci, elavorava e preparava dolci e dolcetti ricoperti di Zucchero, Miele, Mandorle, Pinoli, Anici, Coriandoli, Cedri e Pere. Preparavano anche confetture, e aggregavano i lavoratori della cera famosi per l'abilità con cui sapevano riprodurre imitazioni in qualsiasi misura di qualsiasi frutto, ma anche d’intere scene, paesaggi, favole, miti, volti, storie e personaggi in maniera così verosimile da sembrare veri. Il loro mercato era vastissimo ed erano richiestissimi per abbellire banchetti, cerimonie e particolari ricorrenze. Agli Spitieri da Grosso la Serenissimaaveva proibito d’acquistare fuori Venezia la materia prima da lavorare, eccetto lo zucchero che veniva poi trattato con Essenza di Violettae Acqua di Rose ... Curiosità: nonostante Venezia venisse detta “la Drogheria d’Europa” per via soprattutto del Mercato delle Spezie, nel 1540 Anversa contava già 19 Raffinerie da Zucchero, cioè molte di più di Venezia.

Secondo una Tabella di Mestieredel 1574, gli Spizieri da Grosso si curavano di:“… Eleutari, Rabarbaro, Mana, Cassia, Scamonia falsa et altre simili false, rancide, vecchie, pessime e non sufficienti, Peppe d’India, caselle di Gradamono, Terra gialla, scorzi di Noci Moscate … Biscotto pesto e farina d’Amito non possano esser tenute in luogo alcuno sotto verun pretesto né meno in minima qualtità ... Pepe Rosso montan affatto proibito eccetto nelle Speciarie Medicinali, in pena perdita et incendio robbe e di ducati 50 grossi.”



La ricostruzione della nuova Chiesa e Monastero di Sant’Anna andarono per le lunghe: nel 1630, sempre in tempo di Peste, si stava ancora decidendo e progettando … Quattro anni dopo iniziarono i lavori che si prolungarono fino al 1659 sotto la direzione dell’Architetto Francesco Contin. La Chiesa Nova col Convento delle Monache di Sant’Anna vennero solennemente consacrati il seguente 6 luglio ... Nel frattempo, nel 1636, il Senato Venetoautorizzò la Nuova Schola di potersi edificare sulle fondamenta del vecchio Monastero demolito una nuova sede: "… nell'ultima parte del Rio, nel proprio recinto, vicino (addossata) alla Cjesia Nova"... La nuova sede della Schola era suddivisa al suo interno in due "soleri"(piani): quello superiore dove c’era la Sala Capitolare col proprio altare, e quello inferire con la Sala dell'Albergo e un altro altare ... Tutto fu costruito, terminato, pronto e agibile l'anno seguente, e la Nuova Schola venne arredata e abbellita a spese dei Confratelli con numerose pale e opere d’Arte.


Nell'aprile 1674 versando un ducato a testa, e con la successiva approvazione ufficiale dei Proveditori da Comun, quelli dell'Arte degli Spitieri da Grosso “vennero armoniosamente incorporati” nella Schola dei Santi Gioachin e Anna accogliendoli anche nel principale organo amministrativo della Banca”.  
Noterella: nella stessa chiesa di Sant’Anna era attivo per conto suo fin dallo stesso luglio 1636 anche un piccolo Sovegno della Madonna di Loreto che celebrava per i fatti suoi la sua Festa Patronale annuale ogni 10 dicembre … Non era l’unico a Venezia nel suo “genere”: esistevano Scholettesimili anche in Contrada di San Giacomo dell’Orio, e nella Santo Stefano dei Frati Eremitani.

Nel 1642-50 si contavano nel Sant’Anna: 38 Monache Professe, 16 Monache Converse e 13-15 “fie a spese” o Educande ... Curiosa la situazione di quelle “fie a spese” che di solito erano ragazze abbienti i cui familiari inducevano le “vecchie zie Monache”(spesso sorelle dei padri protettive come madri), cioè le Madri Maestre attraverso regalie, denaro, doti onerose e favori a spingere le giovani figlie a farsi Monache prospettando loro una vita tutta di comodità, soavità e dolcezza: “allettanti giochi, disobbligo dal lavoro, lauti pranzi e colazioni di buona cucina, divertimenti, canti e balli ed evasioni in maschera cioè il miraggio di una vita d’estrema libertà e agiatezza”.



Da questo non corrispondendo poi nella realtà le promesse fatte a quelle giovani donne, il passo a transigere verso scelte e abitudini libertine da Cortigiane era davvero brevissimo.
Il Sant’Anna delle Benedettineaveva fama di possedere buone entrate, e per questo riceveva poche elemosine dai Veneziani ... I Monasteri delle Vergini Agostiniane, San Lorenzo e San Zaccaria delle Monache Nere Benedettine nel Sestiere di Castello, e quelli delle Benedettine dei Santi Cosma e Damiano e dei Santi Biagio e Catoldo della Giudecca erano esclusi dal Senatodall’elenco delle donazioni Pasquali annuali di grano in quanto ricchi e non considerati bisognosi ... Il Sant’Anna, viceversa, avendo quel numero di Monache Professe, Converse e “Fie a spese” non del tutto agiate da mantenere riceveva 7 staia di frumento, mentre il vicino Monastero delle Agostiniane di Sant’Iseppo con 65 Monache Professe riceveva 20 staia di grano … Il San Sepolcro delle 55 Francescane Professe sulla Riva degli Schiavoni riceveva, infine, 36 staia di grano essendo considerato fra i 4 più poveri di Venezia insieme al Santa Maria Maggiore e il Santa Croce delle Francescane e il poverissimo Miracolidelle Clarisse di Cannaregio ... A metà strada dal punto di vista economico stavano il Santa Chiara delle Clarisse della Zirada che aveva 43 Monache Professe; il San Daniele delle Canonichesse Bianche di Castello che contava 41 Professe; il Santa Giustinadelle Agostinianedi Castello che aveva 19 Professe; il Sant’Alvise delle Agostiniane di Cannaregio con 56 Professe; il San Gerolamo delle Monache Gerolomine di Cannaregio: 52 Professe; il Santa Caterina delle Agostiniane: 56 Professe … Tutti questi ricevevano 2 staia di grano ciascuno ... Allo Spirito Santo delle Agostiniane sulle Zatterecon 36 Professe la Serenissima dava 20 staia di grano come alle Convertite della Giudecca che ricevevano però diverse regalie prima di Pasqua per via della loro estrema povertà, insieme a 200 staia di frumento e 300 ducati di buona valuta.

Questo per dirvi un quadretto Veneziano d’insieme …

Il 10 marzo 1683 Suor Maria Catterina Bellotto Badessa del Monastero dei Miracoli del Sestiere di Cannaregio rilasciò ricevuta per il versamento di 25 ducati in elemosina “al povero Monastero” da parte del Musicho Pietro Basadonna  condannato a una multa, pena il Bando da Venezia, per non essersi presentato alle Prigioni dei Capi del Consiglio dei Dieci in quanto accusato d’aver suonato senza permesso e dopo le ore concesse nella sera dell’Epifania a Sant’Iseppo di Castello e a Sant’Anna“… insieme al Musicho Don Paulo che suonava corneto e violin, un altro col basso, e un altro a suonar la tromba.” ... Insomma: una vera e propria serenata per le Monache dei due Monasteri Castellani … Continuava la solita solfa degli amoreggiamenti in quanto non s’era affatto risolto il problema alla radice.



Le Monache del Sant’Anna, intanto, s’ingegnavano e s’inventavano di tutto per far tornare i conti economici e rimpinguare le casse a volte esaurite del Monastero ... Fra la fine del 1600 e l’inizio del 1700 le Monache incrementarono ulteriormente la loro raccolta di prestigiose Sacre Reliquie (di San Benedetto, di San Simone Apostolo, Sant’Antonio da Padova) ricevendone in dono diverse altre capaci di captare l’attenzione dei Devoti Venezianie soprattutto la loro benevolenza elemosiniera verso il Monastero. Dicono le minute cronache: “… il Cardinale di Carpineo e la Principessa Maria Ottoboni donarono alla NobilDonna Giulia Priuli Monaca al Sant’Anna la Santa Testa della Vergine e Martire Santa Lucilla appena estratta dal Cimitero di Callisto a Roma, e la Santa Gamba di San Teodoro Martire estratta dal Catacomba Romana di Calipodio … il Padre Gesuita Antonio Soffietti donò alla Nobildonna Monca Suora Daniela la pregevolissima Reliquia dei Santi Martiri Massima, Secondo e Venusta appena estratta dal Cimitero di Lucina, mentre il Padre Paolo Giudici dell’Ordine dei Paolotti di San Francesco di Paola diede alle Monache del Sant’Anna  preziose Reliquie di San Francesco di Paola.”... Per altra via nell’agosto 1739 le stesse Monache del Sant’Anna chiesero con numerosi contrasti durati anni senza ottenere soddisfazione, d’essere esentata dalle tasse da pagare al Cleroper i loro 240 campi e ½ da cui erano già state parzialmente esentate, o non avevano mai contribuito del tutto … Il Patriarca di Venezia fu irremovibile: le Monache dovevano pagare le Decime al Clero.



Ancora nel 1747-1765, quasi allo scader della vita e della Storia della Repubblica Serenissima, le Monache di Sant’Anna su scritture e perizie dei Proto Giovanni Scalfarotto e Paolo Rossi diedero mandato per spendere altri 22.000 ducati per abbellire e ampliare ulteriormente il loro Monastero modificandone i muri perimetrali ... Nel settembre 1756 l’Architetto Tommaso Temanzarilasciò un’altra perizia per restaurare il Coro delle Monache per una spesa di 465 ducati ... Nello stesso anno i Notatori del Gradenigoraccontano della Monaca Camerlenga del Sant’Anna Donna Maria Teresa Martinelli che a proprie spese pagò 450 ducati per far apporre nella chiesa una nuova grata di ferro dorato disegnata da Giovanni Grevenbroch,realizzata dal Fabbro Bernardo Rusconi e dall’Indorador Vincenzo Rosa… All’inizio del 1766 un’apposita “terminazione”dei Magistrati Veneziani diede facoltà al Provveditore di Sant’Anna di prelevare i 100 ducati della Dote Monacaledella donzella Anastasia Filippo depositati nel Deposito Novissimoper sanare un debito dei restauri del Monastero contratto con la ditta di Domenico Gaetano Brunello ... Nello stesso tempo le Monache chiesero ai Gastaldi delle Quattro Arti delle Maestranze dell’Arsenale ancora ospitate in chiesa di accettare due brazaletti dorati da apporre nella loro Cappella e di far fare in cambio una seconda lampada d’ottone: le Arti degli Arsenalotti accettarono.



Nel 1773 gli Spitieri da Confetti della Schola di Sant’Anna annoveravano fra le loro fila: 77 CapiMaestri, 42 Garzoni e 71 lavoranti attivi in 84 botteghe sparse per tutta Venezia ... I Cereri, invece, contavano: 16 CapiMaestri, 19 Garzoni e 103 Lavoranti a salario impegnati in 16 Cererie ... Gli Spitieri da Grosso avevano: 20 CapiMaestri, 19 Garzoni e 20 Lavoranti a salario distribuiti in 20 botteghe ... Infine i Rafinadori da Sùcaroerano diventati pochi, cioè: 4 CapiMaestri, 6 Garzoni e 31 Lavoranti impegnati in 4 raffinerie ... Gli Spizieri stavano prevalendo all’interno della vita della Schola … Infatti nel 1785 i Proveditori da Comun considerarono la Schola de Sant’Anna e San Gioachinde Castèo come coincidente con quella dei Spizieri: le Maestranze dell’Arsenale l’avevano di fatto abbandonata.

Qualche anno dopo lo stesso Monastero considerato malandato dalle Monache venne nuovamente soggetto a restauri rifacendo il chiostro contrattando: “Domenico e Gaetano Brunelli Pubblici Periti e Architetti diligentissimi”… Le Monache però si trovarono nell’impossibilità di pagare la spesa di 47.465 Lire Venete dovuta ai lavori di ripristino eseguiti ... I Magistrati diedero allora di nuovo facoltà di prelevare dal Deposito Nuovissimo altri denari delle “Doti Spirituali delle Signore Monache”: si usarono i soldi depositati di Suor Clara Maria Filippi e delle Suore Margherita e Pasqua Santelloper pagare i debiti contratti per i restauri ... Non furono sufficienti, per cui ne nacque una lite con gli imprenditori della Ditta Brunello che si protrasse a lungo e si risolse solo nel 1784 quando i Provveditori ai Monastericonsentirono di nuovo alle Monache di eseguire ulteriori Prelievi Dotalidalla Zecca di San Marco pagando il dovuto a rate.

E arrivarono i Francesi col “luminoso”quanto buio e devastante napoleone …



Fatalità ? … Corsi e ricorsi storici … Nel 1806, dopo che le Monache Benedettine di San Giovanni in Lateranoerano state concentrate proprio presso il Sant’Anna, lo stesso Monastero con le sue 10 Monache Professe e 13 Converse fu il primo fra quelli Veneziani ad essere chiuso e soppresso definitivamente secondo le indicazioni date dallo stesso napoleone ... Un po’ tristi le vicende finali delle Monache di San Giovanni in Laterano ospitate in modo coatto al Sant’Anna: nel 1797 Maria Luigia Ruzzini iniziò a maggio il suo mandato triennale di Badessa votata dalle altre 7 Consorelle presenti: Contarina, Pisani, Anna e Lucrezia Frari, Antonia Valatelli, Maria Morosini ... quasi tutte Nobili come sempre …anche se la Nobiltà a Venezia era ormai agonizzante … Il mese seguente si tenne l’ultimo Capitolo della storia del Monastero accogliendo fra loro la Cittadina Antonia Giorda... A luglio la stessa Badessa fu costretta a consegnare biancheria ai militari: “6 paia di lenzuola, 12 intimele, 12 sugamani, 24 tovaglioli per le truppe Francesi acquartierate nell’ex Monastero di Santa Maria dei Servi di Cannaregio” ... In autunno nel Monastero morì di tubercolosi l’ultima Monaca di 83 anni che venne sepolta lì nel giardino del Monastero ... Quindi ci fu l’atto della chiusura definitiva del Monastero con cui vennero trasferite altrove le 8 Monache Coriste Professe e le 14 Monache Converse ridotte alla fame: in ottobre la Deputazione alle Istituzioni della Casa Patria aveva inviato 620 Lire urgenti alle Monache del Sant’Anna per provvedere per qualche giorno alla loro sopravvivenza in quanto non avevano nulla da mangiare ... Erano quelle stesse Monache Benedettine del Sant’Anna che avevano fatto così tanto parlare di se lungo la Storia di Venezia… Vennero tutte 31 private di ogni cosa, caricate in gondola, e traslocate così com’erano vestite senza null’altro al seguito presso il vicino Monastero di San Lorenzo di Castello ... La storia del Sant’Anna era finita, e la chiesa venne completamente spogliata di ogni arredo, e demolito il campanile ... La Schola di Sant’Annaseguì la stessa sorte del complesso religioso di Sant’Anna: venne soppressa, e i suoi beni avocati e incamerati dal Demanio Militare, e la sede presto demolita.



Tre anni dopo l’ormai ex Monastero di Sant’Anna venne adibito a scuola gratuita per 136 Cadetti e Macchinisti della Marina(36 Pensionanti, e 100 Aspiranti fra i 12 e 16 anni con 5 anni di studio prima dell’imbarco), e la chiesa trasformata in palestra … Gli altari e il pavimento vennero impiegati per riaprire al culto la chiesa di San Biagio dei Forni sulla Riva degli Schiavoni regalata pure lei alla Marina e svuotata di tutto ... Il quadro: “La Vergine col Bambino e Santa Caterina” di Scuola Veneta venne prelevato dall’ex Monastero di Sant’Anna e depositato prima nella Commenda dell’Ordine di Malta, poi a Palazzo Ducale, e infine all’Accademia, mentre presero la strada di Brera a Milano: “altri quadri bislunghi Tiepoleschi di Santi e Sante Benedettini”, e la “Pala del Beato Lorenzo Giustiniani” cioè il dipinto di Michiel Nallingher: “San Lorenzo Giustiniani appare alla Badessa Beata Nicolosa”, che stava nel Parlatoriodel Sant’Anna accanto al finestrone delle Monache.


Sembra che alla stessa Pinacoteca di Milano siano confluite anche la maggior parte delle altre opere e teleri che arredavano la chiesa di Sant’Anna: la pala dell’Altare della Schola dei Speziali Confettieri da Grosso che rappresentava il loro protettore: “La Trinità con la Vergine, un Angelo e i Santi Gioacchino e Anna” realizzata da Domenico Tintoretto… il parapetto dell’organo dipinto con: la “Nascita di Gesù” nel mezzo, e l’“Annunciazione” dalle  parti; le Portelle d’Organo dipinte da Pietro Vecchia con “fuori”: la “Nascita di Maria” e “dentro”: la ”Morte di San Giuseppe” e lo “Sposalizio di Maria”… e poi ancora: un quadro del soffitto rappresentante: “San Giovanni Battista che predica nel deserto”… la pala dell’Altar Maggiore dipinta da Bartolomeo Scaligero con: “Padre Eterno, Gesù e la Vergine, Sant’Anna, San Marco, San Nicolò, San Giovanni Battista e un’infinità di Santi e Angeli”… la pala collocata a destra dell’Altar Maggiore commissionata a GiovanBattista Lorenzetti dalle Maestranze dell’Arsenale con: “La Peste a Venezia nel 1630 con Gesù, la Vergine, Sant’Anna, i Santi antipeste San Rocco e San Sebastiano e San Lorenzo Giustiniani”… il bel soffitto di Francesco Ruschi con rappresentate: “Le 14 Parabole delle Otto Beatitudini e delle Sei Parabole di San Matteo e le Quattro doti del Corpo Beato” ... e una tavola con un “Santo Francescano” di maniera Bolognese con due altre tele di Santo Piatti collocate in fondo per uscire dalla chiesa. 

Un bel bottino no ? … altro esempio di saccheggio esercitato a Venezia dai francesi.



Nel 1847 con gli Austriaciil numero degli allievi scese a 63: ciascuno pagava una retta di 422 fiorini, e l’Imperial-Regio Governo spendeva 147.000 lire annue per pagare i 14 insegnanti, mantenere lo stabile, e organizzare le esercitazioni navali e militari … L’Ammiraglio Guglielmo Tegethoff Comandante delle forze Austriache durante la Battaglia di Lissa fu allievo e studiò presso il Sant’Anna, così come Emilio ed Attilio Bandiera, e Domenico Moro furono allievi del Sant’Anna … Finchè dopo altri vent’anni la Regia Scuola venne trasferita a Triesteistituendo a Castello l’Ospedale-Infermeria Militare della Marina del Regno d’Italia ... L’ex chiesa di Sant’Anna venne divisa in due parti e spogliata ulteriormente di ogni cosa: di sotto divenne magazzino e deposito, di sopra corsia medica con 20 posti letto ... e giunsero 8 Suore di San Vincenzo de Paoli a gestire l’assistenza dei Marinai … dopo il 1960 l’abbandono totale con la successiva rovina ... e l’attuale recente recupero ad area residenziale.



E mi fermo qui con quest’ennesima: “Una Curiosità Veneziana per volta”… la duecentesima … Grazie che mi leggete e apprezzate.




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