#unacuriositàvenezianapervolta 212
“La Contrada de San Zàn Degolà … una cièsa inbusàda.”
Sia che la raggiungi dalla parte della Salizada del Traghetto e del Fontego dei Turchi e per Calle dei Preti, che percorrendo il Ramo, Ponte, Sottoportego, Calle, Fondamenta del Megio dove sorgeva l’omonimo Fontego, e poi le curve e controcurve delle callette buie e strette di Calle del Capitello e Calle del Spezièr… Anche giungendo dall’altra parte ancora: ossia dal Ponte di Calle Bembo, il Campo di San Zàn Degolà, cuore dell’omonima Contrada, ti appare davanti all’ultimo momento quasi sorprendendoti. Sembra proprio un gioiellino, un bijoux nascosto, avvolto nel portagioie delle case e dei palazzi di quella minuscola e recondita parte di Venezia. San Zàn Degolà è stata una Contrada di Venezia davvero mignon.
Dentro a un pomeriggio tiepido e dalla luce soffusa, le ho riviste e rivisitate di recente sia l’ex Contrada che la chiesetta di San Zàn Degolà(ossia San Giovanni Decollato) nel Sestiere di Santa Croce. Le case intorno sembravano dipinte a pastello, ed era del tutto deserto il Campo di San Zàn Degolà. C’era solo una giovane donna biondissima dell’Est, che con un abito lungo fino a terra, e un fazzolettone variopinto alzato sopra alla testa, si è fermata compostissima giusto davanti all’entrata della chiesetta segnandosi la fronte “alla greca”, e chinando devotamente la testa prima d’entrare lentamente … L’atmosfera sembrava d’altri tempi.
Da quando è stata riaperta, infatti, la chiesa di San Giovanni Decollato è stata affidata per darle un po’ di vitalità alla Comunità degli Ortodossi Russi che vivono a Venezia e dintorni.
Entrando appunto all’interno, ho trovato un austero Pope Ortodosso grigiovestito e dal barbone rossiccio, elegantissimo nella sua uniforme nuova fiammante ... La nuova Iconostasi collocata sul Presbiterio, il Luogo invalicabile del Sacro distinto dall’aula dei Fedeli comuni mortali, non s’accorda affatto con le vecchie sembianze della chiesa: stona un poco, è troppo sfacciatamente colorata e dorata, le manca il sapore d’antico … Ma per gli Ortodossi deve essere così: di Dio si può vedere solo l’Icona, percepirne lo sguardo, avvertirne solo l’alito invisibile luminoso, dorato e misterioso. Niente di più.
Sostandovi dentro, pur non essendoci Battistero, Cripta, e neanche il Portico antistante spazzato via perchè forse luogo dei soliti improprio “bàgoli notturni Veneziani”, si percepisce tuttavia quell’atmosfera tipica Bizzantina e Battesimale di Torcello, con gli affreschi alle pareti (che non ci sono più) che raccontano “Storie”, e l’orientamento dell’edificio verso est: luogo della Luce, del Sole Oriens richiamo esplicito al Cristo Lux Vitae et Mundi.
“Le Suore che se ne sono andate via dopo decenni di gestione di San Zàn Degolà, si sono portate via anche la luce del Sole … Non hanno lasciato dentro nulla.”, mi ha raccontato di recente con un po’ d’ironia un Prete navigato Veneziano che vive e opera proprio lì, poco distante,“Se avessero potuto si sarebbero portate dietro perfino i moccoli consumati delle candele … Hanno asportato e portato con se qualsiasi cosa, comprese alcune che appartenevano da sempre all’antica Contrada Veneziana … Hanno fatto un bel repulisti in stile napoleonico … E’ rimasto solo il nome di San Zan Degolà, che suona rotondo quasi come uno scioglilingua … Lo senti ? … San Zàn Degolà … è proprio Veneziano puro.”
Pur affacciandosi sul Canal Grande di fronte alla vispissima Contrada di San Marcuola, e poco distante dal Fondaco dei Turchi (che meriterebbe lunga considerazione a parte), quella di San Zàn Degolà è stata sempre una fra le Contrade più discoste, piccole, amene, recondite e semisconosciute di Venezia ... E’ sempre sembrata un frammento poco significante di Venezia, non c’erano altisonanti Monasteri in zona, ma vi abitavano diversi Nobili illustri come i Donà di San Zan Degolà“Mercanti di carisèe in Siria” considerati “di casa grande o Ducali” ossia fra i 15 casati più ricchi di Venezia. Furono: Senatori, Ambasciatori, Patriarchi di Aquileia e Venezia, e proprietari di grandi feudi e possedimenti nella Terraferma Veneta e oltre.
Sempre nella stessa Contrada di San Zàn Degolà, abitavano anche altri Nobili illustri come i Foscarini-Giovannelli, e i Gidoni-Bembo-Valier di San Zan Degolà che erano un Casato di II Classe legatissimo ai potenti Nobili Labia, Priuli, Tiepolo, Loredan e Corner con i quali vantavano anche debiti personali. Se da una parte erano un gruppetto, un clan di Nobili religiosi e devoti al Papa e alla sua Santa Sede, dall’altra: Valier, Dolfin e Correr erano famosi a Venezia perchè pagavano le multe dovute al rifiuto della Cariche Pubbliche col denaro vinto al gioco d’azzardo di cui erano entusiasti interpreti. I Valier possedevano grandi terreni, campi, foli da lana e mulini a Malcontenta, Borbiago e Sant’Ilario di Fusina, come a Musestre e Meolo nella così detta: Zosagna di Sotto Trevigiana, e a Monastier dove fecero rompere i pubblici argini del fiume Meolo per far funzionare i propri mulini.
A San Zàn Degolà non mancarono d’abitare neppure i Marcello, che erano Nobili fin dal 1297 appartenenti alla fazione dei “Curti o di Casa Nuova o Ducali”, grandi latifondisti dediti alla Merchandia a Constanopoli e Trebisonda, amicissimi per matrimoni e consanguineità, e alleati in Maggior Consiglio con i Longo, Dandolo, Bemboe Bragadin. Le cronache cittadine raccontano che ciascuno di loro sapeva di poter contare incondizionatamente sull’appoggio degli altri in qualsiasi momento. I Marcello erano legati da vincoli sponsali con i Toderini aggregati alla nobiltà veneziana “per soldo” al tempo della Guerra di Morea. Erano una famiglia di Notai prestigiosi, con Villa a Codognè di Treviso… Una Toderini fu famosa perché: “… appariva spesso a teatro …vestita con la massima indecenza ed ornata a capriccio, senza maschera, né abito confacente …” Fu costretta a ritirarsi in casa in applicazione di un pubblico decreto della Serenissima.
C’erano infine, i Nobili Venier, che possedevano un palazzo proprio a destra della chiesa di San Zàn Degolà. Lì abitò il Doge Antonio Venier: “uomo giusto e severo, incorruttibile e rigidissimo, chiamato Antoniazzo dai Veneziani”. Al tempo in cui fu Doge (1382-1400), suo figlio, lo scapestrato Alvise, amico di Marco Loredan, fu autore nel 1388 dell’affissione di alcune corna d’animale sulla casa del Patrizio Dalle Boccole in Contrada di Santa Ternita a Castello. Le aveva accompagnate con scritte volgari nei confronti della moglie del Nobile che aveva più volte spudoratamente violato, e già che c’era aveva offeso pure la suocera e la sorella con epiteti improponibili. Entrambi i giovani vennero condannati a due mesi di carcere duro nei Pozzi di Palazzo Ducale, le famose prigioni umide a livello d’acqua, dove Alvise si ammalò. Il Doge Venier fu irremovibile: non volle esprimere clemenza verso suo figlio nonostante le numerose suppliche di familiari, amici e conoscenti, e lo lasciò morire miseramente in prigione. Si dice che lo stupendo affresco di San Michele: Arcangelo della Morte e della Giustizia raffigurato in San Zàn Degolà, sia stato voluto e commissionato proprio dallo stesso Doge Venier per ricordare quel suo grande evento-dolore familiare.Andatelo a vedere ! … E’ singolare collegare l’aspetto così singolare di quell’Arcangelo della Morte col così tragico destino (forse storico) di quel padre che fatalità era anche Doge.
E’ interessantissimo notare leggendo fra le pieghe storico-artistiche e i segni rimasti, la presenza del Culto dell’Arcangelo Michele a Venezia e in San Zàn Degolà. Come sapete meglio di me, il Culto Michaelico dell’Arcangelo“Principe degli Spiriti Celesti … Contra insidias Diaboli, e contro gli Spiriti Maligni che vagano nel mondo per la rovina delle Anime” ha interessato l’Europa Medioevale intera lungo la “Via dell’Angelo” che va da Mont Saint Michel in Francia fino al Santuario dell’Angelo sul Gargano in Puglia. Anche i Veneziani furono partecipi di quella sensibilità Michaelica collegata inoltre al Suffragio e Culto dei Morti, e all’Apocalittico Giudizio Finale(pensata all’isola di San Michele, alla Contrada di Sant’Anzolo, a San Michele del Quarto ...o più semplicemente alla Pala d’Oro di San Marco dove non è mancato d’essere raffigurato l’Arcangelo Michele.)
Accanto all’Arcangelo, è altrettanto bella poi la serie degli affreschi del 1200 rinvenuti quasi casualmente durante i restauri del 1942-1945 restaurando la Cappella del Crocefisso. Soprattutto la splendida “Annunciazione” staccata nel 1974 per portarla alla celebre mostra “Venezia e Bisanzio”, ma anche gli “Evangelisti” della stupenda volta dipinta sul soffitto a crociera, e la “Sant’Elena e Santi”(Elena fu l’Imperatrice, la Scopritrice della Vera Croce, nonché la moglie di Costanzo Cloro e madre di Costantino il Grande, quello dell’editto, il regolatore del Cristianesimo).
I primi documenti di San Zan Degolà risalgono al 1007 … La Contrada, vista la vicinanza, è sempre dipesa come oggi, dalla massiccia vicina San Giacomo dell’Orio o del Luprio, che un po’ ha scandito i destini e dettato il tempo di tutta l’area veneziana rubando la scena alla piccola San Zàn Degolà.Probabilmente “all’inizio”, diciamo circa nel VII-VIII secolo, nelle “piscine o pullarie” di quel che sarebbe diventato il Sestiere di Santa Croce, esisteva forse già un povero Oratorietto di legno dedicato a San ZanDegolà. Fu poi verso il 900-1000, che sorse la chiesa vera e propria ad architettura Veneto-Bizantina, con pianta basilicale a tre navate finanziata forse dai Nobili Venier quando la zona per lo sviluppo dell’asse commerciale Rialto-San Marco con relativo incremento abitativo e produttivo, divenne Contrada e Parrocchia-Collegiata con Capitolo di Preti Secolari affiliata alla Matrice di San Pietro di Castello.
San Zàn Degolàrimase indenne insieme con le vicine: San Stae, San Giovanni Evangelista, San Giacomo dell’Orio, San Tomà, San Polo e Sant’Aponal quando scoppiò il grande incendio nel gennaio 1106 che bruciò e distrusse, invece: Sant’Agostin, Santi Apostoli, San Cassian, Santa Maria Materdomini, Sant’Agata ossia San Boldo e San Stin (San Stefanin)… Nel 1118 assunse ufficialmente la titolazione e dedicazione a San Giovanni Battista Decollato… ma non scappò né si salvò nel 1149, quando furoreggiò un altro nuovo grave incendio che coinvolse ben 13 Contrade Veneziane distruggendo ancora: Santa Maria Materdomini, Sant’Agostin, San Stin, San Basegio, l’Anzolo Raffael, San Nicolò dei Mendicoli, San Boldo, San Stae, San Giacomo dell’Orio, Santa Croce, San Simeon Grande e San Simeon Piccolo. Si salvarono stavolta solo: San Cassiano, San Polo, San Silvestro, San Giovanni Evangelista e Sant’Aponal… Ma tutto venne prontamente riattato e restaurato, come si usava a Venezia in certi secoli, e nel 1171 circa si giunse al riordino urbano e cittadino con la nuova suddivisione di Venezia in Sestieri e Contrade.
Nel primi decenni del secolo seguente, quando al tempo del Piovano Prè Giacomo Viviano la chiesa di San Zàn Degolà pericolante venne a spese dei Nobili Pesaro in gran parte modificata e rifatta, Dominicus Georgius Arciprete della Congregazione dei Preti di San Silvestro e Piovano di San Zan Degolàossia Sancti Iohannis Decollati, fungeva da Notaio nel vicino Emporio di Rialto redigendo l’atto con cui Tommasina moglie di Giacomo Mudaciofece quietanza a Tommaso Viaro del Confinio di San Maurizio di un prestito di lire 125 di Denari Veneti fattogli dal defunto padre per commerciare fino a Cretae sino alla “Muda di Settembre”… Fu ancora lo stesso Prete di San Zàn Degolà nel marzo 1248, e sempre a Rialto, a presenziare come testimone insieme al Notaio Johannes Rolando Prete di San Giovanni di Rialto, al gesto con cui Tommasina vedova di Andrea Dolfin residente già in San Cassiano, e ora in Contrada di San Giovanni Decollato, vendeva per lire 26 di Denaro Veneto a Cecilia Badessa di Santa Margherita di Torcello la metà di un manso sito a Villorba, già di suo marito ... In quegli stessi anni. a ridosso di una Vera da Pozzo decorata a foglie e disegni da cui attingevano tutti quelli della Contrada, sorgeva il vecchio campanile in mezzo al Campo (ora e fin dal 1700, invece, c’è “una mezza canna campanaria” che spunta fuori incorporata e amalgamata sul retro della chiesetta).
Risale all’inizio del 1300, ai tempi forse del Piovano Bonamico, una serie di leggende che interessarono la Contrada di San Zàn Degolà. Una, quella più conosciuta e famosa, fu quella di Biasio o Biagio Luganegher della Contrada, che sembra possedesse un’osteria-taverna proprio in Campo San Zàn Degolà o sulla riva accanto. Doveva essere invidiatissimo dai suoi colleghi per uno speciale “sguazzetto” delizioso che sapeva preparare, fatto di frataglie di carne e verdure … uno spezzatino, insomma, che doveva rendergli parecchio. Fu così che si mise in giro una voce-sospetto che quella “carne tenerella” fosse fin troppo simile a quella morbida dei bambini … E poi fu quasi conseguente, che un bel giorno Marangon Toni finisse col trovare nella sua zuppa qualcosa di molto simile a un dito … Il resto venne da se: denuncia di Biagio alla Quarantia Criminal, tortura, ammissione del reato, decapitazione e squartamento, e perfino casa-osteria rasa al suolo … Un tempo si portava i bambini Veneziani a vedere una sembianza consunta infissa in muro nei pressi del ponte e della chiesa di San zan Degolà. Si diceva: “E’ il volto di Biagio Luganeghèr !”… Un’immagine da brividi per i bimbetti … In realtà, la così detta immagine di Biagio Luganeghèr altro non era che un’antichissima “Testa di San Zan Battista Decollato”, che nel 1968-69 don Boccanegra Vicario di San Zàn Degolà si premurò di far rimuovere e spostare dal pilastro accanto al ponte collocandola su un muro accanto alla chiesa.Sempre a proposito di dita … Un’altra leggenda tradizionale di stampo diverso risalente al tempo del Piovano Vittorio Cottario, racconta della vicenda di un Cavaliere Boemo Pellegrino verso la Terrasanta attraverso Venezia, che venne ricoverato in fin di vita nell’abitazione di un certo Antonio Colonna. Scriveva Flaminio Corner nel 1758 nel suo “Notizie storiche delle Chiese e Monasteri di Venezia e di Torcello”: “Gloriasi questa chiesa di possedere quel dito del suo Titolare col quale indicò ai Giudei il Redentore del Mondo. Ottenne quella preziosa Reliquia un Cavalier Boemo nel corsi dei divoti suoi viaggi per la Palestina, ed arrivato essendo nell’anno 1334 a Venezia colto da grave malattia, e ridotto agli estremi della sua vita, inculcò con premura ad Antonio Colonna, nella cui casa era alloggiato, che dovesse offrir la venerabile Reliquia a qualche chiesa dedicata al Santo Precursore. Era ascritto Antonio ad una Pia Confraternita sotto il titolo di San Giovanni Battista istituita in questa chiesa: perlochè le destinò il Sacro Dono, che con solenne processione dalla di lui casa situata sulla pubblica Piazza di San Marco ad essa fu trasportato …”
Fu così che nel successivo 1341 scappò fuori l’istituzione di una nuova Schola di San Giovanni Battista e San Giovanni Evangelista, che in seguito divenne: Schola di San Giovanni Battista dei Forneri di San Zan Degolà… I Forneri erano sempre pronti a festeggiare con Messe, Processioni e candele accese le ricorrenze del 24 giugno, 29 agosto e 27 dicembre rispettivamente: Natività del Battista, Decollazionedello stesso, e Festa dell’Evangelista Giovanni... Come tutte le altre Schole di Venezia, la Mariegola dei Forneri di San Zàn Degolàè piena zeppa d’indicazioni sulle qualità necessarie per potersi iscrivere alla Fraglia, sulle Messe di Suffragio per i Confratelli e le Consorelle per i quali si recitava ogni volta “25 Pater-Ave”, sulla Terza Domenica del Mese “che era ordenàda”… e ricorda curiosamente anche tutta una serie di curiose liti con i troppo numerosi Sonadori della Schola(iscritti di prestigio e con più privilegi) che vennero radiati e ridotti a soli otto: “perchè non compivano il loro dovere”.
La Schola conservava nel suo “Albergo a pianoterra della casa del Piovano verso Cà Morosini” il famoso “Dito-Reliquia del Battista” lasciato dal misterioso Pellegrino Boemo ... Nel 1510 la stessa Schola, che nel frattempo s’era sdoppiata accogliendo anche l’Arte dei Gua Cortellini proveniente dalla Contrada e chiesa di San Geminianoo Ziminiàn (Piazza San Marco) da dove era stata sfrattata, volle ampliare e rinnovare la propria sede, perciò “il Santo Dito” incominciò ad andare a spasso ospite delle case di quelli della Contrada senza tornare più in chiesa … Tanto che nel 1601 i Provveditori da Comun si ritrovarono costretti ad ordinare che la “Reliquia del Battista Zàn Degolà” tornasse sull’altare della sua Schola collocandola in un apposito tabernacolo in marmo.
Anche nel 1677 gli iscritti della Scola dei Forneri e dei Gua Coltelli di San Zan Degolà fecero un certo casino: non volevano pagare una doppia “Tassa di Luminaria”. C’era qualcuno che s’era iscritto contemporaneamente per opportunità a due Schole: quella di San Giovanni Battista e quella dell’Annunziata…. Erano troppi i privilegi e i tornaconti sommati a cui miravano gli iscritti … Dovettero intervenire di nuovo i Provveditori da Comun, che imposero ai “Mistri de Forni o de mezzi forni” di pagare le tasse di entrambe le singole Schole ... pena la radiazione.Nel settembre 1773, invece, quando la statistica delle Arti Cittadine numerava 98 Capimaestri Gua Coltellini, 6 Garzoni e 124 Lavoranti Gua Coltelli attivi in 29 botteghe, 9 posti e 38 inviamenti di Venezia, solo 58 Gua Coltellini erano regolarmente iscritti alla Schola e all’Arte. S’iniziò perciò la procedura di soppressione della Schola perché inadempiente ... Si fece l’Inventario dei beni ricordando ed elencando argenti per 2.334 lire e 15 soldi, alcune opere di scarso valore: ossia 5 piccoli quadretti valutati 6 lire, “una Mariegola schietta”, e un “pennello di pittura (gonfalone processionale decorato)” finiti nelle mani del Nonzolo della chiesa. Il Piovano fu costretto ad imporsi ancora una volta perché la “Reliquia del Santo Dito” di nuovo in partenza rimanesse in chiesa, e perché tutti quegli oggetti non finissero venduti, ma consegnati alla Compagnia del Rosario che continuava le sue devozioni.
Nel 1797 l’Arte dei Gua Coltellinivenne sciolta e soppressa del tutto perché giudicata Arte manifattrice di consumo soggetta a schiavitù e da aprirsi … Quasi incredibilmente e curiosamente però, nel 1961 il Reliquiario del Dito di San Giovanni Battista girava ancora per la chiesa di San Zàn Degolà. Eccone la descrizione in un Inventario di quegli anni: “Reliquia in rame dorato e argento inciso con base esagonale, con tre piastrine con figure di Santi, e nodo a popone. Teca ed edicola esagonale con contrafforti e pinnacoli; cupolino alto cuspidato con croce a fiorami.” … Poi risultò scomparsa del tutto e forse per sempre … Dove andò a finire ?
Fra 1318 3 1320 Andrea Dotto(Padovano o Veneziano ?)era Notaio e Cancelliere Ducale nonchè Piovano di San Zan Degolà ... Poi fece carriera divenendo prima Piovano di San Martino di Castello, e poi venne Vescovo di Chioggia nominato nel 1322 da Giovanni XXII. “Non ancora sazio”, nel 1337 divenne per ben vent’anni Patriarca di Grado nominato da Benedetto XII, conservando ugualmente fino alla morte del 1350 … povero … i benefici e le rendite della Commenda della Parrocchia de San Martin di Venezia in cui non mise più piede neanche una volta.
Nel 1343 Prè Giovanni divenne Piovano di San Zàn Degolà succedendo a Prè Vittorio Danerio. A lui succederà sempre come Piovano tre anni dopo Prè Marco Bruno. Ci fu di certo un pastrocchio interpretativo, un equivoco e una sovrapposizione e confusione di nomi e cognomi circa Prete Giovanni Olim che alcuni classificarono come Olini.
Pasquale Cicogna ricorda: “… trovarsi esso nominato negli antichi documenti come Beato Zuane olim Piovan de San Zuàn Degolado”. Non si chiamava quindi Olim o Olini, perché “olim”in latino significa: “una volta” ... Perciò il Beato Zuane fu “una volta” Piovano di San Zàn Degolà, non si chiamava “Olim” ossia: “Giovanni Una volta”.
Ma queste sono minuzie … Di certo Prè Giovanni Olini dev’essere stato un buon uomo, perché divenne celebre per la sua vita santa, tanto da essere definito Beato. Esistono perfino alcuni racconti sull’ “Invenzione del corpo del Beato Giovanni Olini Pievano di San Giovanni Decollato”, e sui “Miracoli del Beato Giovanni fatti dopo la traslazione del suo corpo incorrotto venerati nella chiesa di San Sebastiano presso il Monastero di San Lorenzo di Castello.”
Nel maggio 1385, Giovanni Grizo o Grazo Piovan di San Zan Degolà venne citato a giudizio perchè inosservante della prassi d’invitare a pranzo nella Parrocchia in occasione della sua elezione a Piovano, tutti i Canonici di San Pietro di Castello pagando loro anche le tre barche per l’andata e ritorno ... Nel marzo 1393, i Giudici del Forestier gestirono una lite fra Marsilio Amici Barcaroloquondam Giovanni da Cefalonia abitante nel Confinio di San Zàn Degolà nelle case dei Davanzago, e Vespasiano Zufolo quondam Marco della stessa Contrada. Amici s’era impegnato a restituire 9 ducati d’oro avuti a prestito dal Zufolo insieme a una barca nuova a titolo gratuito. Come pena per la mancata restituzione, l’Amici dovette portare a spasso lo Zufolo la sera “fino alla seconda campana di notte”a suo piacimento per 18 mesi, inoltre venne condannato a pagare 16 ducati d’oro, e le spese di giudizio, o in alternativa subire il carcere in qualsiasi luogo si trovasse.
Negli anni seguenti si susseguirono ancora nella carica di Piovano di San Zàn Degolà: Prè Antonio Spinello, sostituito nel 1416 da Prè Antonio Federico, nel 1420 da Prè Antonio Rovella, e da Prè Marco Alberto nel 1426. San Zàn si confermò essere un buon trampolino di lancio per la carriera ecclesiastica, perché Prè Marco De Gusmieri, celeberrimo Giurisperito e Notaio, già Piovano a Santa Croce del Luprio, venne trasferito a San Zàn Degolà da dove passò poi a San Giacomo dell’Orio, divenendo poi Vescovo di Napoli di Romania in Morea. Morì a Venezia nel 1476 venendo sepolto a Sant’Andrea della Zirada per essere stato più volte Confessore di quelle Monache, ed aver assistito in qualità di Notaio più volte ai loro Capitoli, compresa l’elezione a Priora di Tommasina Giustiniani nel 1448.
Giusto nel novembre dell’anno seguente, alcune devote persone della contrada di San Giovanni Decollato decisero di erigere in chiesa un nuovo altare e una Schola “col levar Pennello et Insegna come fanno le altre Schole simili di Venezia” dedicandoli ai Santi Sebastiano e Flaviano: Santi difensori dalla Peste…
Nel 1452 Prè Benedetto De Smeritivenne eletto Piovano di San Zàn Degolà sostituito nel 1464 da Prè Domenico Nigro nell’anno in cui Gregorio Correr si fece Monaco a San Giorgio in Alga prima di divenire poi Patriarca … Nel 1477 i Turchisi affacciarono in Friuli compiendo diverse incursioni e scorrerie … Tre anni dopo Prè Francesco Nigro divenne Piovano di San Zàn Degolà, proprio quando scoppiò la Guerra del Polesine fra Venezia e il Duca di Ferrara Ercole I° d’Este, detta “Guerra del Sale di Comacchio” che si trascinò fino al 1484 ... Tre anni dopo ancora, venne pubblicato il famoso “Malleus Maleficorum” che insieme alle bolle Papali di Innocenzo VIII diedero inizio alla caccia e persecuzione ai fantasmi delle Streghe e dei Maghi, Erbaroli e Magòni che tanto infierirono su povere donne e uomini rei di niente, se non di tentare di campare in qualche maniera ... Nel 1492 si scoprì e aprì la strada delle Americherivoluzionando e abbacchiando gli affari economici e marittimi della Serenissima … il Frate Domenicano Ser Tommaso Donà divenne Patriarca di Venezia, e Prè Giorgio de Spatari Piovano di San Zàn Degolà succeduto tre anni dopo da Prè Biagio de Leoni.E siamo così giunti alla vicenda strampalata forse inscenata da un Prete pazzoide di San Zàn Degolà.
Gli Inquisitori di Stato interrogarono e torturarono Prè Francesco ritenuto l’ultima persona ad uscire da Cà Morosini e a vedere vivo il “putto”. La Saraxina compagna del Morosini riavutasi lo accusò direttamente, sulla veste da Prete si trovarono tracce di sangue, e il Prete stesso alla fine confessò il suo delitto.
Circa a metà del dicembresuccessivo, Marin Sanudo proseguì ancora nello scrivere le sue cronache e gli appunti Veneziani: “… In questo zorno (19 dicembre) fo exeguito la sententia del Prete amazò Ser Benedetto Morexini. Fo portato per Canal fino a Santa Croxe, et davanti la porta del morto taiatoli la man destra, e menato a coa di cavallo fino a San Marco, dove fo discopato, qual stentò assà a morir, et poi squartato in quatro parti”.
Qualche anno dopo, su istanza del Capitolo dei Preti di San Zàn Degolà, il Patriarca istituì due nuovi Titoli-Prebende per Preti “Accoliti” residenti in San Zàn Degolà traendone una rendita di 4 ducati dalla Carica del Prete-Diacono della chiesa. Allo stesso tempo, si confermò che qualsiasi offerta fatta al Sepolcro del Venerdì Santo in chiesa di San Zàn Degolà, così come tutte le offerte della Festa principale del Titolaredella chiesa, spettassero in esclusiva e per intero al Piovan di San Zàn, che da parte si sarebbe accollato tutte le spese per le cerimonie ... Erano gli anni della pesantissima sconfitta di Agnadello che tarpò le ali alla Serenissima … In Contrada di San Zàn vivevano 536 persone ... Erano pure gli anni in cui attraversava un periodo di gran spolvero la Schola del Santissimo Sacramento di San Zàn Degolà che faceva Festa Generale il Venerdì Santo quando ogni iscritto doveva obbligatoriamente offrire 1 soldo ... Veniva multato chi arrivava in chiesa dopo il Vangelo alla Messa Mensile della Schola … e si spendevano tutte le rendite procurate dai 7 campi e mezzo posseduti dalla Schola a Villa di Motta nel Veneziano (lasciati dal Piovano Biagio Leoni nel 1529), per allestire “un putiferio” di cere e luminarie nelle Feste di Natale, Pasqua, Venerdì Santo, Corpus Domini, della Natività e Decollazione di San Giovanni Battista Titolare della chiesa, nella festa di San Giovanni Evangelista, e ogni terza domenica di ogni mese quando si cantava una Messa Solenne durante la quale ciascuno della Schola teneva in mano una candela accesa: quando si cantava il Vangelo, quando si cantava il Prefazio, quando si levava il Corpo di Cristo, e durante tutta la lunghissima Processione intorno alla chiesa o in giro per tutta la Contrada ... Ancora: “a candele accese” si accompagnavano tutti i Morti della Schola al Cimitero (che forse si trovava prospicente alla chiesa nell’attuale Campo San Zàn Degolà)… Insomma: era tutta una spesa ingente di cere su cere, tanto che i Provveditori da Comunricordarono a quelli della Banca della Schola che: “… oltre a far bàgolo continuo, si ricordassero pure di pagare anche le spese per vino, olio e le tovaglie di chiesa … e non solo spendere e spandere per tutte quelle cere”… In linea con l’abitudine scialacquona della Schola, ancora nel 1796 il Tagliapietra Sante Cocalìn s’impegnò a costruire un costosissimo tabernacolo per l’altare del Santissimo di San Zàn Degolà utilizzando il migliore marmo di Carrara disponibile in commercio. Secondo il disegno che presentò, si dovette impegnare per tredici anni a pagare una spesa di 650 ducati con rate annuali di 50 ducati (che venne decurtata di 150 riciclando i marmi del vecchio altare).
Ferveva grande attività in chiesa di San Zan Degolà dove c’erano moltissime opere d’Arte appese alle pareti e sui sette altari dove si celebravano “raffiche di Messe” dall’alba al tramonto. Si conservavano inoltre diverse Sante Reliquie, fra cui quella del Dito di San Giovanni Battista, e di San Filippo Neri, oltre a due Madonne: “una grande ed una piccola con abiti distinti”… In Calle dei Preti il Capitolo si dava un gran da fare per tenere d’occhio e registrare tutto quanto accadeva fra le persone, dentro le case di tutta la Contrada, e tutti i movimenti delle capienti casse della Parrocchiale. Già nel 1534 col Piovano Giovanni de Urseti, ma soprattutto dal 1576 col Piovano Francesco Da Olio, s’iniziò a compilare dettagliatamente, anzi: meticolosamente, il "Libro de Battizi di San Giovanni Decollato”, il “Libro de' Morti”, il “Liber Matrimoniorum” con le “Stride e Squarzi de Matrimoni”.
Accanto a questi esisteva anche tutta una serie di “Scritture diverse spettanti alla chiesa che s'attrovano in Archivio”; un “Indice delle cose più notabili presenti in Chiesa”; “Mansionarie, Esequi, e Giornali di Messe che s'officiano e da celebrarsi ogni anno in Chiesa”… e: Registrini, Condicioni, Inventari delle scritture, Catastici, Liste di Reliquie, “Riscossioni da farsi per ciascuna rata nei Pubblici Depositi”,“Affittanze di case della Fabbrica", "Affituali del Reverendo Capitolo”, “Registri di Cassa Sagrestia”, "Libro de Proventi e del Campatico”, e “Polizze, Riceveri, Rinunzie”… seguiti da opportune “Regole per li partidori delle rendite Capitolari”, e da un: “Scossi e Spesi” dove si segnavano i debiti della chiesa e i lavori pagati distinguendoli per: “Murèr”, “Marangòn”, “Fabro”, “Incurabili”, “Maestro del Sestier”, “Spese extraordinarie”, "Conti saldati e Polizze de materiali e fatture d'operari spettanti alla reffabrica delle case del diacono titolato della chiesa Parochiale e Collegiata …”, e "Polizze del debito che ha dovuto incontrare il Reverendo don Iseppo Valotto Procurator per il ristauro della casa capitolare di San Giovanni Decollato posta in Contrà suddetta.”
Era tutto un intenso registrare, raccogliere, riordinare, ricopiare in più copie: Lasciti, Testamenti, e "Instrumenti di Livello” a favore della Parrocchia, Tasse di “Decime Ecclesiastiche pagate al Secolàr”(ossia al Vescovo) o alla Serenissima; e corrispondenze, decreti e documenti dei “Dieci Savii”, “de Governatori”, nonché infinite cause e controversie: del "Reverendo Capitolo di San Giovanni Decollato contro Schola et Arte de Forneri" (1601-1738); “Contro il Reverendo Signor Prè Giovanni Battista Redolfi" (1605-1707); “Contro il Capitolo per la Mansionaria Nazari"(1743-1775); “Contro Domino Pasqualin Sagramora"(1769-1794 con documenti fino al 1805); “Contro il Signor Christoforo Gidoni"(1588-1779)… e molto altro ancora … Sembrava un febbrile formicaio mai stanco la Casa dei Preti di San Zàn Degolà.
Nel settembre 1549, il Consiglio dei Dieci della Serenissima autorizzò l’apertura in San Zàn Degolà della Schola della Natività o dell’Annunciata… Nel 1691 la stessa Schola unitamente alla Compagnia delle Consorelle del Santissimo Rosario depositò un significativo capitale al Magistrato del Sal che fece stupire i Veneziani … La Schola pagava un Predicatoreche veniva a recitare il Rosario a 24 ducati annui: “li sabati, per tutte le feste di precetto, l’Ottava dei Morti, la Novena del Rosario e il giorno della stessa Festa, le 40 ore di Quaresima, la Festa del Corpus Domini e della Madonna del Carmine”… e offriva al Capitolo di San Zuàn altri 10 ducati “par esporre el Santissimo in cièsa e recitare el Rosario.”Pensate poi come già in quel tempo s’incrociavano i destini di certi posti lontanissimi fra loro: da una parte e dall’altra del Mediterraneo. Vi spiego … Nel 1550, quanto Prè Filippo Stridonio era Piovano di San Zàn Degolà, Pietro Lando Arcivescovo di Candia decise che se l’isola fosse andata perduta cadendo in mano ai Turchi durante la guerra, il vitalizio che percepivano i 4 Cappellani che esercitavano nell’isola sarebbe stato devoluto ai Preti di San Zan Degolà di Venezia tradotto in Mansioneria di Messe da celebrare, e in elemosine per i poveri della Contrada ... A Venezia, intanto, al tempo del Piovano Gaspare De Dotti, la Parrocchia di San zàn Degolà spendeva 6 ducati annui per pagare l’organista, e un altro ducato dandolo “al levafolli” per far suonare l’organo. Si spendevano, inoltre, altri 2 ducati per i Cantori della Festa del Patrono, e altri 10 ducati per pagare il pasto ai Preti che s’alternavano a partecipare alle celebrazioni dei Vespri, delle Messa e alla Solenne Processione ... Nel 1582 proprio in Parrocchia di San Giovanni Decollato venne a morire Pietro Lando l’Arcivescovo di Candia, che venne sepolto a San Sebastiano. Fatalità … era nipote di un altro Arcivescovo di Candia di nome Giovanni Lando accusato come falsario dalla Serenissima nel 1519.
Verso fine secolo, alla Visita Apostolica, San Zàn risultò essere Parrocchia Collegiata di 688 Anime ... Il Piovano, il Primo Prete e il Prete-Diacono percepivano 120 ducati annui, la casa d’abitazione e gli “incerti di stola”; il Prete-Suddiacono, due Chiericiospiti stabili della Parrocchia percepivano, invece, 3 ducati annui; la Fabbriceria di San Zàn Degolà possedeva 70 ducati annui d’entrate, e donava 7 ducati annui per i poveri della Contrada … In chiesa si celebravano ogni giorno: 4 Mansionerie di Messe su diversi altari: quello di San Giovanni Battista, quello della Madonna, quello di San Nicolò, quello del Crocefisso e quello del Santissimo … Il Patriarca si rammaricò non poco per alcune inadempienze palesi dei Preti di San Giovanni Decollato: cioè perché mancavano “i segnàcoli d’ordinanza” ai Messali di Chiesa per le Messe, e perché non c’erano sufficienti paramenti di colore Viola e Verde in Sacrestia … Inoltre era necessario togliere o almeno spostare un leggio fisso che impediva la vista diretta dell’Altare Maggiore… Furono grandi preoccupazioni ! … da non dormirci la notte ... Proprio “roba da Preti”.
Poco dopo, invece, nel 1590, un altro fatto aspro e crudo di cronaca inquietò Venezia e fece parlare non poco le 626 persone che abitavano nella Contrada: la vittima fu una donna “usa a lavorar da meretrice” nei pressi della Salizada del Fontego dei Turchi e del Traghetto fra San Zàn Degolà. Quello era un Trageto de Citra che portava a San Marcuola de Ultra al di là del Canal Grande (funziona ancora oggi). Il suo raggio d’azione andava: “… dal Canalazzo fino al Ponte de San Lunardo dalla banda de San Marcuola, e fin ai do ponti del Rio de le Callesele"... Un proclama dei Provveditori da Comun imponeva pesanti multe “a chi farà noli dal Ponte de San Lunardo fino al Canalazzo per il Rio de San Marcuola compreso”.
La Fraglia o Fraggia degli uomini del Traghetto era composta inizialmente da 31 Barcaroli considerati poi eccessivi … Nel Capitolo del Traghetto si precisava: “le prime due barche del mattino devono pulire i pontili dello Stazio … I Frati Riformati e gli altri Religiosi saranno traghettati gratuitamente per “amore Dei e della so Màre la Vergine Maria"… La prima barca inizi il turno spostandosi allo Stazio dalla banda dei Turchi …”
In quel luogo insomma: “… i Patrizi Giovanni Bragadin quondam Vettor Cavalier, Daniel Venier quondam Giovanni, e Francesco Bon quondam Alessandro Procurator, andati di conserva il Sabato Santo alla casa d'Adriana Formento, meretrice a San Zuan Degolà al Traghetto per mezo San Marcuola, ed avendola ritrovata a desinare, la condussero in una camera, ed ivi, spogliatala per forza, la vollero, l'uno dopo l'altro, etiam con modi stravaganti, usare contro natura, ad onta della continua renitentia di detta donna così di pianto come di resistentia …”.
Non erano rari a Venezia episodi del genere, soprattutto perpetrati da Nobili, che rimanevano quasi sempre ignorati e impuniti. Ma stavolta “una tantum”, i giovani Nobili furono tutti citati a giudizio dalla Serenissima. Ovviamente quelli non si presentarono, e perciò vennero tutti banditi da Venezia e dai suoi Territori con sentenza del Consiglio dei Dieci del 21 aprile 1590. Per un Nobile “il bando” da Venezia era una pena orribile, pesantissima, che equivaleva quasi a una pena di morte in quanto gli impediva di vivere dentro allo scenario che ospitava tutto quel che era. Fuori da Venezia certi Nobili erano “niente e nessuno” ... contavano solo i soldi, e se venivano loro sequestrati, spesso per loro era la fine perché molti di loro non avevano mai lavorato un giorno solo in vita loro.
All’inizio del 1600, ai tempi del Piovano Gerolamo Barbieri prima, e del Piovano Gaspare Lonigo dopo, si eresse in chiesa di San Zuàn un altro altare in onore di San Filippo Neri, San Luigi Gonzaga e San Girolamo, e ne nacque ovviamente un'altra Confraternita dedicata al “Santo delle Contrade povere e dei ragazzi di strada” continuando la tradizione degli Oratoridei Filippini con le attività ricreativo-culturali “offerte ai miseri” che s’era instaurata anche a Venezia dopo Roma, Napoli, Palermo e altri posti ancora dell’Italia. Alla fine però l’Oratorio dei Santi Filippo e Girolamosi ridusse alle attività di sempre prettamente di stampo interiore, perdendo di vista il suo principale e iniziale scopo sociale. Si pensò solo a dedicarsi “all'esercizio della mattina e della sera secondo la Pugna Spirituale con speciali Preci aggiunte", e a tenere e redigere puntuali “Registri di Cassa”, "Registro degli adobbi e delle cere”, e “Registro delle uffiziature per i Defunti” che vennero redatti ininterrottamente fino al febbraio 1923 !... Pensate quasi per trecento anni ! … Quella piccola Confraternita è stata capace di passare “quasi”indenne anche attraverso la bufera napoleonica che ha disfatto e soppresso tutto e tutti.Nell’agosto 1761, Pietro Gradenigo nei suoi “Notatori” offre una curiosa descrizione circa San Zàn Degolà: “… li Sacerdoti di esso tempio cantano li Divini Offici in un Retrocoro; cioè dietro l’Altar Maggiore ... All’altro Altare di San Filippo Neri il quale fu dipinto dal Cavaliere e Poeta Carlo Ridolfi vi è un fanciullo in abito di Chierico che tiene un Messale in mano figurato. Era Don Ottavio Bandino, che era solito servire alla Messa l’oltrascritto Filippo Neri; l’Ottavio medesimo sortì come Cardinale nella seconda promozione fatta da Clemente VIII …”
Nel gennaio 1625, il Piovano di San Zàn Degolà: Gasparo Lonigo, Consigliere Giuridico della Repubblica e Conservatore della Bolla Clementina, inviò un’accorata Supplica alla Signoria contro le ingerenze dei Preti di San Zuàn sull’amministrazione delle entrate della Fabbrica della chiesa usurpando l’attività dei Procuratori Laici che la dovevano gestire. “I denari sono della chiesa e dei poveri, non de Preti !” tuonò … e vennero gli anni dell’ennesima Grande Peste a Venezia, quelli della Pestilenza col Voto e Tempio della Madonna della Salute, quando in Contrada e chiesa di San Zàn Degolà “governava”il Piovano Giovanni Battista de Bianchi. In Contrada prima d’essere decimati “dalla morìa venefica” vivevano 455 persone, e c’erano attive 3 botteghe in tutto: un Forno, uno Spezial, e un Tintòr(?). Si era vicinissimi al vispissimo Campo di San Giacomo dell’Orio e all’Emporio di Rialto dove c’era di tutto e di più. Non era quindi facile mantenere aperte attività in Contrada ... Nel 1656, “passata la buriàna de la Peste” si provvide a vendere a Girolamo Bonotti una casa rimasta disabitata sita in Campo San Zàn Degolà di ragione del Magistrato dei Governatori alle Entrada Pubbliche. All’atto di vendita si aggiunse l’obbligo di pagare annualmente 20 ducati al Monastero dei Santi Marco e Andrea di Murano che un tempo erano proprietari dell’immobile ... Quasi trent’anni dopo, quando il Piovano Francesco Casetti istituì la Congregazione della Dottrina Cristiana in San Zàn Degolà, lo stesso Girolamo Bonotti restituì la casa allora affittata a Caterina Zanchi, al Monastero dei Santi Marco e Andrea di Murano stanco di pagargli ogni anno 20 ducati. Mantenne, invece, un’altra casa di sua ragione sita nella stessa Contrada di San Giovanni Decollato.
Alla Redecima del 1661 il Reverendo Capitolo et Fabrica de San Zuàne Degollà pagarono: “soldi 3 edenari 7 di Pubblica Tassa”… Nel 1685 si unificò il Suffragio de Morti con la Schola della Natività. Il tutto verrà trasformato nel 1760 in Compagnia della Buona Morte con 52 aderenti che versavano 6 lire annue formando un capitale di 48 ducati usati per finanziare Messe … Nel 1698, “quando la Madonna di Loreto de cièsapossedeva cinque abiti”, Monsignor Onigo Piovano di San Zuan Degolà ed eminente Teologo della Repubblica compose una valente scrittura circa il Giuspatronato del Doge sul Monastero di Sant’Andrea della Zirada. Fu un documento che “fece Storia” per la sua pulita e dotta redazione.
E si giunse così al 1700: “Età dei Lumi e degli Illuministi”. Non sempre i Nobili Veneziani si dimostrarono essere persone per davvero “illuminate” anche se si ritenevano tali. Proprio vicino alla chiesa di San Zàn Degolà, in una Calle e Corte Omonima vivevano i Correr o forse Corraro di Casa Nova, Nobili Veneziani di III Classe. In origine erano stati Nobili di Torcello trasferitisi a Rialto forse già prima del 1000, e furono Famiglia Veneziana potente e ricca di Procuratori di San Marco, Capitani da Mar, Provveditori di Campo, Rettori e Podestà, oltre che Casato religiosissimo: tanto che dopo Pietro Correr che nel 1270 divenne Arcivescovo di Candia e Patriarca di Costantinopoli, Angelo Correr nato e vissuto a Venezia dove essere stato Vescovo di Castello, divenne Papa Gregorio XII nell’epoca travagliatissima della Chiesa piena di scismi, Papi e Antipapi ... Suo nipote Antonio Correr Cardinale Vescovo di Porto, Ostia, e Velletri, morto nel 1445 in “Concetto di Santità”, fu uno dei fondatori dei Canonici Regolari di San Giorgio in Alga di Venezia dove volle farsi seppellire ... Beriola Correr, invece, sorella del Papa, sposatasi con Angelo Condulmer divenne madre di Gabriele Condulmer che a sua volta divenne Papa pure lui col nome di Eugenio IV. Come non bastasse, la stessa donna fu anche ava di Petro Barbo, che fu Papa Paolo II dal 1464 … Niente male come ambizione religiosa in famiglia !Un altro Antonio Correr dell'Ordine dei Domenicani Predicatori fu Vescovo di Ceneda nel 1406 ... mentre Gregorio Correr, nipote del Cardinale Antonio, fu eletto Vescovo di Vicenza nel 1459 morendo però prima di prendere possesso del suo illustre incarico, cosa che accadde anche a un altro Gregorio Correr nominato nel 1460 da Papa Pio II come Vescovo di Padova ... E non è ancora tutto, perché anche Antonio Francesco Correr, dopo aver percorso tutti i gradi della Carriera Militare nella Merina della Serenissima, si fece Frate Cappuccino venendo poi eletto a Patriarca di Venezia nel 1734.
Proprio una Santa Famiglia i Nobili Correr !
Da un’altra parte però, i Nobili Correr furono anche “piccoli” in diverse occasioni. Quando, ad esempio, nel settembre 1732, Giacomo Correr del Ramo di San Zan Degolànato nel 1710, si sposò clandestinamente con Giovanna Gasparini. L’atto fu immediatamente invalidato dal Patriarca di Venezia, e Giacomo Correr fuggì a Bologna, mentre la ragazza da cui gli era nato un figlio venne trasferita coatta in un Convento di Treviso. Dopo un po’ di tempo, amici e familiari lo invitarono a ritornare a Venezia dal padre Todero e dalla madre Elisabetta Molin, ma lui si dimostrò ritroso perciò venne richiamato dagli Inquisitori della Serenissima che lo accusarono d’imprudenza e ingratitudine. Per questo venne esemplarmente inviato prigioniero al Castello di Chioggia, dove rimase fino al 28 marzo successivo, quando venne liberato su richiesta dello stesso padre. Giacomo Correr fu fatto allora risposare con Anna Petagno nel 1735, e nell’anno seguente una supplica di Giovanna Gasparini si rammaricò col Doge del fatto che il Correr avesse di fatto rigettato il suo Matrimonio e la sua stessa prole considerandoli: “chiusa e veniale storia giovanile”. Nessuno le rispose … povera donna!
I Correr furono ancora “piccoli”anche nell’ottobre 1772, come ricordato in una lettera scritta da Elena Querini che aveva raccolto le confidenze da Nicoletto Foscarini. Era accaduto sul Brenta un intreccio di due Burchielli che navigavano sul fiume verso le Ville di Villeggiatura. Su uno di questi si trovava la Nobile Famiglia di Alvise Diedo di Calle del Remedio, mentre sull’altro era imbarcata la Famiglia dei Nobile Zanetto Correr. A un certo punto i Diedo si sentirono andare alla deriva sul fiume portati a spasso dalla corrente. “Chiesto che cos’era o che non era”, gli fu risposto che due uomini in livrea avevano tagliata la “corda dell’alzana” che trascinava la sua barca, e portato via il cavallo ponendolo “alla tira” di un altro Burchiello. Erano i domestici del Correr, che potè così proseguire indisturbato il suo viaggio verso Miradove possedeva la sua Villa, e poi fino a Padova. I Diedo, invece, rimasero lì ad attendere soccorso ... In seguito, quando finalmente Alvise Diedo giunse a casa, scrisse una lettera indignatissima al Correr lamentandosi dell’insolenza che aveva subito dai suoi servitori, supponendo diplomaticamente che egli fosse ignaro dell’accaduto dovuto solo all’ignoranza e impudenza dei suoi domestici. Zanetto Correr rispose, invece, che i colpevoli non erano i suoi servitori, ma che era stato lui stesso a dare l’ordine di tagliare la corda perché aveva visto che nell’altro Burchiello non c’era nessuno di rispettabile. Ci fu poi tutto un carteggio fra i due Nobili … ma non si sa bene come sia andata poi a finire la faccenda.
Secondo un’ulteriore prospettiva, i Correr furono, invece, ancora “Nobili splendidi” quando successivamente con Teodoro Correr figlio di Giacomo che abitava in Contrada di San Zuàn Degolà sul Canal Grande, lasciarono la collezione di famiglia composta da quadri, statue, libri, manoscritti, oggetti d’antichità, curiosità, monete e armi associandola a una rendita per realizzare un Museo Cittadino nel loro palazzo. (Il Museo Correr venne aperto effettivamente al pubblico in altra sede due volte la settimana fin dal 1834, sotto la Direzione di Marcantonio Corniani “uomo dottissimo nella Storia Naturale”… ed è visitabilissimo tutt’ora dopo secoli d’arricchimenti, ampliamenti e integrazioni aggiungendovi quel che rimaneva delle raccolte di Jacopo Nani, dei Contarini di San Trovaso, di Tommaso Giuseppe Farsetti, di Girolamo Ascanio Moline Girolamo Ascanio Giustinian… Fu un “piccolo miracolo”, perché nel 1808 la Biblioteca dei Nobili Collaltovenne venduta a due Ebrei e da questi a Adolfo Cesare, come quella dei Nobili Pisani e del Nobile Sebastiano Zeno. La stessa fine fece anche la Biblioteca di Marco Foscarini finita alla Biblioteca Nazionale di Vienna, mentre i libri dei Nobili Soranzo vennero dispersi, e i loro manoscritti venduti ai Canonici di San Marco. Sopravvissero solo la Biblioteca Giustiniani-Recanati salvata parzialmente dagli eredi, la Biblioteca dei Nobili Manin finita a Udine, e quella dei Nobili Querini che venne riaperta al pubblico a Venezia nel 1864 dal Conte Giovanni Querini) ... Meglio che niente ... ma maledetto quel devastatore di napoleone ! … che impoverì così inutilmente e senza senso tutta Venezia.
Due passi più in là da dove risiedevano i Nobili Correr, i Preti di San Zegolà continuavano indefessi nella loro solita opera. Nello stesso 1700 in chiesa ci fu un’ulteriore stagione di fioritura di Schole e Confraternite sostenute dalla sensibilità e soprattutto dalle elemosine dei Veneziani che abitavano la Contrada.
Nel Luglio 1707 gli uomini del Sovvegno, Schola, Pia Unione dei Santi Antonio e Gaetano da Thiene stipularono un accordo col Capitolo di San Zàn che gli permetteva l’uso dell’Altare del Crocifisso dove potevano collocare le immagini dei propri Protettori ... Ognuno era tenuto a farsi secondo un modello stabilito, una cappa nera da usare ai Funerali dei Confratelli e nelle Processioni: “… con scarpe, fiocco, segnali, managhette, guanti e corona del costo di 26 lire pagabili a rate di 10 soldi la settimana”… Già tre anni dopo però, ai tempi del Piovano Giovanno Palmano, i Confratelli si trovarono costretti a risanare i debiti posti a bilancio per le troppe spese superflue che avevano incontrato. Si obbligarono perciò i 38 iscritti (di cui 6 sempre assenti) ad autotassarsi di 4 lire ciascuno … Il Sovvegno, oltre alle “solite pratiche e funzioni religiose di chiesa che garantivano efficacissimi e preziosi benefici spirituali con tante Messe di Suffragio in caso di morte, quanti erano gli iscritti”, garantiva agli iscritti visite mediche e 7 lire alla settimana in caso di malattia (portate a 14 lire se si fossero superati i 100 iscritti: numero raggiunto nel 1711)… Nello stesso 1710, il Guardiano della Schola Francesco Novello che era Chirurgo anticipò di tasca propria una spesa di 100 ducati per far indorare le Aste Processionali e far sistemare il Pennello (Gonfalone)della Schola. In cambio chiese e ottenne d’essere eletto per 5 anni come Chirurgo ufficiale del Sovvegno con uno stipendio annuale di 20 ducati … Nell’agosto 1756, cioè soltanto a cinquant’anni dalla sua fondazione, il Sovvegno venne soppresso per carenza d’iscritti. All’atto formale della sua chiusura, si dichiarò che la Schola possedeva: una pala d’altare coi suoi Santi Protettori, una Mariegola, e alcune aste processionali di valore che furono vendute insieme ad altre cose alla Schola del Crocefisso di Sant’Andrea della Zirada.
In parallelo a tutto questo, la Schola del Rosario di San Zàn divenne la più significativa, importante e seguita di tutta la Contrada. Era così facoltosa da poter offrire 22 lire nel 1728 per la costruzione della nuova chiesa dei Domenicani sulle Zattere… e i Provveditori da Comun permisero che fosse lei ad ereditare gli oggetti dell’ormai decadute Schole dei Forneri e Schola dell’Arte dei Guacortellini della quale si vendette anche il “Pennello” (gonfalone) ricavando 42 lire.
Sull’onda dell’entusiasmo degli stessi della Contrada, nel luglio dello stesso anno sorse anche il nuovo Sovvegno della Beata Vergine di Loreto, San Spiridione e altri Santi… Era tale e tanta la voglia di condivisione, ma anche il bisogno d’assistenza e previdenza dei Veneziani della Contrada … Per ben tre anni il Consiglio dei Dieci aveva fatto di tutto per ostacolarne l’istituzione non raggiungendo per ben 5 votazioni il quorum valido per approvarla, e respinse di continuo la richiesta d’apertura …“Ci sono fin troppe Schole aperte, inutili e in affanno in questa nostra Venezia …”si diceva a Palazzo Ducale e presso i Magistrati di Rialto ... Nel 1736, infatti, la nuova Schola già languiva economicamente, e per sopravvivere dovette ricorrere al Papa Clemente XII che la rimpinzò di parecchie preziose Indulgenze(sinonimo di opportunità d’incasso e guadagno offerto da chi ne usufruiva) … In caso di malattia la Schola offriva assistenza medica agli iscritti con un sussidio di 12 lire settimanali ... Niente in caso di “Morbo gallico”, ferite volontarie e malattie incurabili ... In caso di Morte offriva un Esequiale celebrato in Terzo (ossia con 3 Preti sull’altare) e 60 “Messe lette”… Nonostante tutto questo, come previsto dai Provveditori da Comun, nel 1784 “il Sovvegno era in estremo ribasso … e pronto alla chiusura”.Da parte loro i Preti del Capitolo di San Zuàn Degolào pensarono di restaurare e abbellire ulteriormente la loro chiesa: “Dèmoghe una vèrta … una bèa restauràda a sta cièsa cupa e scura ! … che mette angòssia.” disse e scrisse uno dei Preti di San Zàn Degolà … e vennero così aperte tutte le finestre laterali e quelle della facciata della chiesa, “togliendo via una volta per tutte quel buio interno che andava bene per le epoche passate e crude del Medioevo”. Si perse, invece, l’originario stile e assetto Basilicale-Bizzantino-Orientale quasi unico in tutta la Laguna di Venezia.
I Preti però non fecero caso a “tutto quel vecchio sentire”, e pensarono piuttosto a costruire n nuovo altare col “Martirio di San Giovanni Battista”(entrando a destra), a porre sull’Altare Maggiore il tema insolito da Vangelo Apocrifo di: “San Gioacchino e Anna genitori della Vergine che educano Maria a leggere la Legge e la Scrittura” dipinto da Antonio Balestra… mentre a sinistra della chiesa, allestirono e rinnovarono l’Altare dell’Addolorata seguendo l’ispirazione di quel culto devozionale-sentimentale dell’epoca legatissimo alle atmosfere e al “clima spirituale dello Stabat Mater e della Mater Dolorosa”… Tutte cose andate perdute sia artisticamente che interiormente ... … Nel 1733 Zanettiricordava il parapetto della Cantoria di San Zàn Degolà con tre quadri con la “Passione”dipinti dal Cavalier Bambini … e a completamento dell’opera nel 1740, i Preti di san Zuàn col Piovano Giovanni Maria Segnaghi edificarono pure un Altare della Madonna di Loreto associandola a San Carlo Borromeo, San Francesco di Paola e San Nicolò di Mira: solito “Santo Navigatore”patrono tipico delle genti di mare, marinai e pescatori, devozione tipica e molto diffusa a Venezia … Nel 1744 al tempo del Piovano Tomma Segnaghi si restaurò e rinnovò l’organo con le elemosine dei fedeli … Dopo Prè Giacomo Rinaldi fu Piovano di San Zàn Degolà nel 1785: Prè Giuseppe Driuzzi che costruì l’Altar Maggiore con le offerte della Confraternita del Santissimo Sacramento ornandolo di marmi le pareti e arricchendo ancora una volta la chiesa di dipinti … Si rifece la casa diaconale di San Giovanni Decollato per una spesa di 1.750 ducati secondo le indicazioni del Perito Antonio Mazzoni che rilasciò apposita scrittura, e col nuovo Piovano Antonio Puppo si completarono i restauri della chiesa: “edificando la chiesa nella forma presente in più nobil maniera della facciata con adornazione decorosa della cappella maggiore”, e facendo una nuova fusione di campane. Come riconoscimento di tutta quella fervida opera, il Piovano venne eletto: Canonico della Basilica Ducale di San Marco.
Nel maggio 1773 la Compagnia delle Consorelle del Rosario con 5 Direttrici Principali e 4 Sindiche e un totale di 17 donne continuava a prosperare in Contrada e in chiesa … Ai Provveditori da Comun risultava che la Schola celebrava continue Messe mensili e Rosari, accompagnava Morti, curava esposizioni del Santissimo nelle Feste Mariane, e soprattutto era in possesso di 9 once e 3 carati d’argento, e gestiva un capitale annuo di 66 ducati e 15 grossi dovuto alla tassa annuale di 3 lire e soldi 10 che versava ciascuna iscritta. In totale la Schola possedeva in Zecca un Capitale di 400 ducati che producevano una rendita annuale di 14 ducati … Dall’Inventario dei suoi nuovi acquisti si registravano ben quattro nuovi abiti per la Madonna, che non erano cose da nulla, ma abiti preziosissimi ricamati, con 4 paia di maneghetti di valore che il Nonzolo della Scholafaceva indossare al Sacro Simulacro durante le 6 Festi Mariane annuali per un compenso di 11 lire … Nel 1778 il Carmelitano Scalzo Fra Giovanni Antonio del Santissimo, ossia Andrea Girardi, lasciò alla stessa Schola del Rosario un Capitale di 100 ducati investiti in Zecca al 5% ... Ancora nel 1790 la Direttrice Principale della Schola del Rosario: Domenica Bertolla informava per scritto i Provveditori di Comun che la Schola avrebbe depositato in Zecca altri 100 ducati segno della stabilità della Compagnia, mentre le rimaneva un’ulteriore somma abbondante in cassa … Giravano parecchi soldi intorno a certe Devozioni chiuse dentro alle chiese di Venezia … Nel 1806 al tempo della soppressione della Schola con incorporazione nel Demanio Pubblico di tutti i suoi beni, risultavano ancora iscritte alla Schola 13 Consorelle popolane che si recarono mestamente a consegnare in Zecca per essere registrati e poi fusi: 4 candelieri d’argento grandi, 2 piccoli, e altri due cesendelli della Schola.
Verso la fine della Serenissima, nella Contrada di San Zàn Degolà che misurava 447 passi e ospitava 448 persone, c’erano 170 uomini abili al lavoro fra 14 e 60 anni con 6 padroni in 5 botteghe, esclusi i nobili che erano il 38% della popolazione residente in Contrada ... Nel settembre 1803 alla Visita del Patriarca Flangini a San Zàn oltre a registrare la presenza di 500 abitanti, si segnalò la presenza in zona di una scuola privata tenuta da don Folin, ma la mancanza di qualche Levatrice in quel che era stata la Contrada. Nei verbali della Visita si può leggere: “La Fabbrica di San Giovanni Decollato possiede entrate di 122 ducati provenienti dall’affitto di 5 case di cui 1 vuota ormai da molto tempo ... Il Capitolo dei Preti che celebra 1.954 Messe Perpetue, 14 fra Esequie ed Anniversari, e 500 “Messe avventizie”, possiede 217 ducati di rendita provenienti dall’affitto di 8 case … mentre il Piovano che spende 18,2 ducati l’anno, ha una casa di residenza in buon stato, ed entrate personali per 84 ducati provenienti dall’affitto di 2 case ed 1 magazzino. Gli altri Titolati del Capitolo dei Preti di San Zuàn Degolà percepiscono: il I° Prete: entrate per 152 ducati dall’affitto di 6 case, spendendo 75,13 lire; il II° Prete: entrate per 694,8 lire dall’affitto di 1 casa e da “incerti di stola”, con uscite di 17,7ducati; il Prete-Diacono guadagnava: 80 ducati, ed accusa uscite per 10 ducati; mentre gli altri 11 Sacerdoti che ruotavano intorno alla chiesa, fra cui diversi Preti Mansionari-Altaristi, vanno a caccia di celebrare Messe anche altrove: a Santa Lucia, Sant’Agostino e San Marcuola ... C’era infine in San Zàn Degolà anche un unico Chierico “ch’è un buonissimo figliolo”; la Fraterna dei Poveri di San Zàn, essendo stata privata dei suoi proventi in Zecca, è così misera che i poveri della Contrada sono del tutto abbandonati e lasciati a se stessi … Sopravvivono solo due Schole Laicali: quella della Beata Vergine e quella della Madonna del Rosario … la Nobildonna Anna Correr sostiene la Dottrina Cristiana per i ragazzi e le ragazze della Contrada due volte la settimana…”
Nel 1807 le Parrocchie e Contrade di Santa Maria Materdomini e San Giovanni Decollato vennero unificate con quella di San Eustachio, cioè San Stàe… Un anno dopo ancora, San Zàn Degolà venne inclusa nella lista delle chiese da chiudersi definitivamente, venne ufficialmente soppressa e spogliata di tutto. Nell’occasione andarono disperse alcune antiche tele, mentre qualche altra venne prelevata e trasportata salvandola nella vicina chiesa di San Giacomo dell’Orio.
Nel gennaio 1815: “Locale della chiesa e annessi di San Giovanni Decolato” finirono nella “Lista delle vigne, orti, beni da affittarsi dalla Direzione del Demanio di Venezia nei giorni d’asta 12 e 16 febbraio seguenti”… Le persone residenti nella zona dell’ex Contrada unita ora a quella di San Giacomo dell’Orio erano 363, l’ex Piovano di San Zàn Degolà era morto, e inutilmente i Veneziani auspicarono la riapertura di San Zan Degolà “per la comodità della gente del posto”… Tre anni dopo, sui “Notatori” di Pietro Gradenigo si poteva leggere: “San Giovanni Decollato venne aggiustata perché cadente, e riaperta come Oratorio Sacramentale di San Giacomo dell Orio dopo maldestro restauro che ne falsò le strutture”.
Nel 1840 Ermolao Paoletti nel suo: “Il Fiore di Venezia, ossia i quadri, i monumenti, le vedute e i costumi dei Veneziani” scriveva non sorprendendo affatto: “La chiesa succursale di San Giovanni Decollato, vulgo San Zandegolà … riedificata nel 1703 al modo presente … Se si tolga la paletta a sinistra con la Deposizione, niente vuol qui essere ricordato.”… e non aggiungeva nient’altro circa l’intera Contrada.Tuttavia nel 1853 le memorie cittadine dei Veneziani ricordano che: “… in chiesa di San Zan Degolà si recitavano ancora “i Novissimi” di pomeriggio nella quarta domenica di Carnevale, e il 13 giugno si celebrava la festa di Sant’Antonio da Padova con Messa Solenne la domenica sucessiva …”
Nel 1866 le 34 Suore Figlie di San Giuseppe presenti a Venezia per occuparsi della Sezione Femminile dell’Istituto Manin(Orfanatrofio) collocato a San Sebastiano, inviarono 14 di loro per aprire una Scuola Elementare nella zona di San Giovanni Decollato ... Nel 1880-1881 le Figlie di San Giuseppe erano ancora là presenti in 11.
Al tempo del nuovo restauro della chiesa iniziato nel 1939, ma completato solo nel 1945 dopo la guerra, si provò a riportare San Zàn Degolà alle sue forme originarie rimuovendo il superfluo: la ditta Ruffini invitata a presentare un preventivo di restauro per l’organo di “tipo Callidiano” in accordo con la Sovraintendenza lo asportò per restaurarlo insieme alla cantoria “con parapetto e li tre quadri con la Passione di Nostro Signore dono del Cavalier Bambini …” e non si sa più dove l’hanno riposto: scomparso tutto per sempre … Infine il nuovo restauro del 1983, con “magistrale intervento” della Sovraintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici di Venezia (chi si loda si sbròda), portò a riaprire per l’ennesima volta San Giovanni Decollato dopo 11 anni di lavori nell’aprile 1994 … Il resto lo sapete già.
L’ormai purtroppo defunto, l’austero Don Antonio Niero mio amatissimo professore per molti anni in Seminario, appassionatissimo cultore di Storia, Lettere, Arte, Tradizione e Cultura Veneziana, descriveva così il Campo San Zan Degolà: “… luogo dove le stagioni fioriscono e muoiono serene, come se il tempo restasse immobile, costituendo un angolo irripetibile di pace Veneziana, un luogo di autentico riposo dello Spirito.”
Sembra una fotografia ... neanche poi così vecchia.