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Lampi da San Geremia … 1800

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Lampi da San Geremia … 1800

Incominciamo dicendo che nel novembre 1774: per gelosia di mestiere Zuane Saponello Bechèr (macellaio)in Contrada di San Geremia nel Sestier di Cannaregio inflisse varie coltellate al collega Francesco Rizzo detto Ciòmpo che scappando per la Calle del Ridottogridava: “Oh Dio ! … Son morto!”… Infatti giunto alla Farmacia in Salizàda San Moisè esalò l'ultimo respiro ... Il I0 settembre seguente il Saponello da San Geremia venne condannato al bando da Venezia ... ma chissà dov’era finito intanto.

 

Scorreva via intanto la Vita e la Storia anche nell’angolo della Contrada Veneziana di Cannaregio … Poi cadde il Cielo su Venezia … e fu la fine dell’Antica Repubblica Serenissima … A dire la verità: un po’ ci aveva pensato lei stessa da sola con gli ultimi Veneziani ad affossarsi, impigrirsi, “a gigionare su se stessa senza nerbo” e spegnersi … poi erano giunti Francesi e Austriaci che azzerarono tutto portando Inferno e Disgrazia … e Venezia si liquefò come neve al sole della Storia.


Dicembre 1807 l’ex Parrocchia di Santa Lucia con le sue Anime venne associata a quella di San Geremia: Convento e Chiesa delle Monache Agostiniane di Santa Luciavennero soppressi e chiusi, e le Monache fecero fagotto portandosi dietro la Reliquia Santa del Corpo di Lucia, e andarono a rifugiarsi nell’ “OltreCanale del Sestier di Santa Croxe” a Sant’Andrea della Zirada(dove oggi c’è il People Mover).

Tre anni dopo si ampliò ulteriormente il circondario di San Geremia aggiungendovi una porzione dell’ex Contrada di San Leonardo-Lunardo ormai soppressa ... San Giobbe e Santa Maria degli Scalzi divennero succursali di San Geremia, e su tutto s’impianto un unico Piovano: Don Giuseppe Tovini… ma c’era un problema.

Anzi: c’era già da tempo … Già dal 1798 per ordine della Poliziae della Procura del Capitolo dei Preti di San Geremial’amministrazione delle rendite e delle Messe della Parrocchia erano state affidate a Don Roner per via della tenuta irregolare di Don Giuseppe Tosini… Venne addirittura arrestato per debiti: 4.000-5.000 ducati in tutto ... una bella sommetta: l’equivalente della dote di una Nobildonna de Casada ricca Veneziana.

Le voci della Contrada e della Curia del Patriarca sul conto del Prete-Piovano erano impietose e chiare:“il Parroco va in una casa che in faccia al mondo non fa buona figura … e secondo Don De Mattia vi si recano anche Don Vio e Don Guarneri … Non divide prontamente gli incerti di stola in chiesa … Alcuni Preti che abitano in Contrada vestono galantemente perché addetti a qualche Nobile Famiglia … I Sacristi registrano talvolta nei Libri-Messe dei Sacerdoti che non hanno celebrato … Don Ruffini e Don Zendrin bevono un po’ troppo…”

“Dove ghe xè vòse … ghe xè nòsediceva il proverbio … ed era così … In Parrocchiasi registrò anche la sparizione di una libreria di pregio di proprietà della chiesaIl Piovano interessato “dietro superiore ordinanza” venne in ottobre sospeso e sostituito in via interinale dal Sacerdote Lorenzo Pisenti che divenne Economo Spirituale della Parrocchia di San Geremia con le sue pertinenze … e a Cannaregio le cose andarono così … Punto e basta.

Era strana in quel tempo la situazione negli ambienti di chiesa del Decanato Parrocchiale di San Geremia Profeta. Vi esercitavano ben 13 Sacerdoti fra Cooperatori e Confessori … più un Chierico: GiovanBattista Tedesco ... Dopo gli espropri, gli strapazzi, le soppressioni e le riduzioni Francesi e Austriache s’era formata una vera e propria folla girovaga di Clero ed ex Monaci buttati fuori dai Conventi lasciati più che spesso a se stessi e quasi allo sbando. Ciascuno cercava in qualche modo di ricollocarsi come meglio poteva e di trovarsi una collocazione: cercavano tutti un domicilio e una sistemazione economica sfruttando le proprie doti … A San Geremia erano confluiti e si ruotavano nei “servizi alla chiesa”: Fra GioAntonio ex Riformato, Alberto Nava e Giovanni Ronzoni ex Padri Scalzi, Pre Antonio Baldini Cantore della Basilica Patriarcale di San Pietro di Castello, Fra Anselmo Baldacci ex Francescano e Fra Francesco Gianatti ex Cappuccino, Giannantonio Cavenezia Monsignor-Canonico Penitenziere della Cattedrale di Treviso, Don Giovanni Giacometto Vicario di Ballò da dove se n’era andato come Don Pasquale RosadaPiovano di Fontane, e  Don Giacomo Supansich da Paderno sotto Treviso… A San Geremia era poi ascritto e presenziava anche Don Giuseppe Grones che esercitava da Professore di Filosofia presso il Regio Liceo di Santa Caterina di Cannaregio (Foscarini), e Don Pietro Rova che faceva il Professore nel Ginnasio di San Provolo vicino a San Marco ... Infine c’era Don Pietro Zorzi che era stato Maestro Normale a Rovigo, ma aveva preferito convergere in cerca di fortuna in quella che in un tempo recente era stata la Capitale Serenissima.

C’era da fare in Parrocchia di San Geremia ? … Eccome !

In chiesa e negli Oratori Privati delle famiglie Camerata già Calbo Crotta, Manfrin, Bortolotti, Astolfoni, De Georgi… e anche nel non vicinissimo Oratorio della Dipendenza-Ricevitoria dell’Isola di San Giuliano oltre le acque lagunari, c’erano ben5.821 Messe Perpetueda celebrare, con164 fra Esequie e  Anniversari, e altre1.100 Messe Avventizie: un tesoretto insomma … Finchè il Demanio s’intascò le rendite delle Messe senza più corrisponderle ai Preti, per cui le Messe da celebrare rimasero “non soddisfatte”,eccetto 39 Messe Perpetue e 4 Anniversari da Morto… A San Giobbe le cose andavano un po’ meglio: le Messe Perpetue rimaste erano ancora 362 ... C’era poi per quella piccola folla di Preti anche la Dottrina Cristiana da insegnare, che a San Geremia era ben avviata con 300 partecipanti maschi, 3 Sacerdoti e 48 Laici Maestri che insegnavano, mentre la Sezione Femminile trovava posto a San Giobbe“ma era poco curata … ele Suore non erano così brave a gestirla”.

 
Le 22 Monache dell’ex Monastero di Santa Luciavennero per via dei decreti napoleonici espulse, messe in strada, e mandate via in trasferta ... Finirono con l’andare per obbligo ad abbaruffarsi non poco con quelle di Sant’Andrea della Ziràdain Vòlta del Canàl Gande: troppo strette in poco spazio, e troppa differenza di stile e blasone fra le due Compagnie di Monache anche se avevano più o meno la stessa Regola … La Badessa Luigia Maria Lippomano presentò ricorso a nome delle sue Monache di Santa Lucia affermando che il loro Monastero sulla sponda del Canal Grande esisteva da ben tre secoli, ed aveva la capacità di ospitare oltre 70 Monache e 20 Educande appartenenti alle famiglie più illustri della città ... Il Sant’Andrea della Ziràda, invece, era angusto e bisognoso di restauri, e la comunità delle Monache che vi risiedeva: “era piuttosto ordinaria, e si sarebbe potuto benissimo ospitarla nel Santa Lucia.”… La Badessa Chiara Foscarini del Monastero di Sant’Andrea ribadì da parte sua che il suo Monastero con le sue 26 Monache poteva benissimo ospitare le Monache di Santa Lucia, e che non c’era affatto bisogno di  riattamenti e restauri, e che si sarebbe potuto anche accogliere le “secolari Nobili donzelle come Educande”.

Molla e tira … e tira e molla … Brutta mossa delle due Badesse … Al Sant’Andrea della Ziràda finirono concentrate anche le Monache di San Maffio di Mazzorbo,e pure le Canonichesse Lateranensi Bianche di San Daniele di Castello che non volevano saperne di adattarsi nel Monastero Cistercense della Celestia vicino all’Arsenale.

Per “ragion d’opportunità” e col con­senso del Ministero del Culto, le Monache dell’ex Santa Lucia pensarono allora di ritornare di nuovo al­l’antica sede portandosi ancora dietro il Corpo Santo di Lucia… Anche qua c’era però un problema: nel 1813 il loro ex Convento era stato donato dall’Imperatore d’Austria alla Marchesa Maddalena di Ca­nossa, che l’aveva fatto abitare dalle sue 51 Suore di Carità dette “le Canossiane”dedite all’educazione delle povere fanciulle Veneziane … Altra brutta faccenda, e altra “bruta gatta da pelare”… I luoghi del Convento rimasero alle Canossiane, con disappunto e rassegnazione delle Monache di Santa Lucia rimaste senza casa … Finchè nel 1846 si iniziarono i lavori per la Stazione Ferroviaria, e si dovette demolire tutto.

 
Nel 1849 gli Austriaci bombardarono Venezia, e un colpo andò a incendiare proprio laScuola dei Morti di San Geremia… Immaginatevi solo per un attimo i Veneziani dell’ex Contrada … Che vita era ? … Forse peggio di oggi con la pandemia del Covid ?

E le Suore di Santa Lucia dove andarono a finire ?  … Nolenti o volenti, rimasero al Sant’Andrea della Ziràda… e fu così: “con buona pace di tutti … niente da fare.”

Suore: no … ma Santa: si … Il Demanio fece buttare giù l’ex Convento di Santa Lucia ma non la chiesa, concedendo per 62.000 Lire Austriache alla Società Ferroviaria Ferdinandea: “terreno con vasti scoperti con alberi da frutta, vigneti ed orto, un grande edificio ed altri minori, un oratorio, due chiostri, ed altri modesti cortili” … Il pagamento al Comune di Venezia sarebbe avvenuto in tre rate di Lire 90.000 ciascuna, e lo stesso Comune avrebbe potuto usufruire anche delle travature della ex chiesa … La somma sarebbe stata devoluta dal Comune per costruire la facciata mancante della chiesa della Pietà sulla Riva degli Schiavoni.

Che giri di soldi sullo scheletro della deruta Venezia !

Si fece allora la “Stazione della Strada Ferrata” ma non si demolì la chiesa dove si tornò ad ospitare le Reliquie della Santa Lucia… Le Suore Canossiane però vennero presto mandate a Sant’Alvise di Cannaregio nell’ex caserma della Guardia di Finanza “per la sorveglianza dei contrabbandi”, e si diede loro 60.000 Lire per restaurare gli ambienti, e altre 2.000 per pagare il trasloco.

La Fondamenta prospicente la sopravvissuta chiesa di Santa Lucia venne denominata: Nuova Fondamenta della Dogana Principale di Santa Lucia”: ogni tipo di merci entrava e usciva dalla Città Lagunareda quella parte ... Nella stessa occasione si provvide anche a sopprimere il Traghetto di Santa Lucia con la Fondamenta opposta di San Simeon Piccolo detto “delle Mozze” come quello limitrofo degli Scalzi. Si dicevano così per via del fatto che le gondole dei Traghetti di servizio erano senza “ferro”davanti a prua, e senza “Felze” coperto sopra ... Si provvide poi a costruire il ponte di ferro degli Scalzi aperto al pubblico passaggio il 29 aprile 1858: il Traghetto quindi non serviva più ... e fu miseria per i Gondolieri-Barcaroli rimasti disoccupati.

Meno di vent’anni dopo da tutti quei fatti, nel 1860, serviva assolutamente un ampliamento della Stazione Fer­roviaria, perciò: “Al Diavolo anche la Santa ! … Via anche la chiesa !” e si abbattè tutto vendendo ad Adria gli altari, soprattutto quello Maggiore della Cappella Mocenigo.... La Santa Lucia andò quindi ancora una volta in trasferta portandosi stavolta a San Geremia… Ed era l’11 luglio 1860 quando il Patriarca Ramazzotti con tutto il Clero e il Popolo Veneziano l’accolsero a San Geremia facendo un gran festone come fosse stato un gran dono venuto dal “Cielo e dalle Mille e una notte”… Ma festa di che?

Era tutta proforma e apparenza: quel che era stata Venezia stava cadendo pezzo dopo pezzo in ogni Contrada, e come sempre in tanti “facevano buon viso a cattiva sorte fingendo contentezza” quando in realtà c’era solo da deprimersi perché la Venezia di un tempo non c’era più.

Il Sacro Corpo della Santa Lucia comunque rimase sette giorni sull’Altar Maggiore in chiesa di San Geremia, poi venne posto su un altare laterale in attesa di costruirle qualcosa per ospitarlo adeguatamente ... Fu solo nell’1863 che il Patriarca Trevi­sanato tornò a San Geremia dove c’erano Don Giovanni Stella Piovano e Don Giorgio Rigo Cooperatore-Vicario per inaugurare una nuova Cappella per la Santa. Era stata costruita con i marmi di risulta e il materiale del Presbiterio della ormai demolita chiesa di Santa Lucia.

 

In quella che ormai da tempo era l’ex Contrada di San Geremia c’erano attive tre Spezierie da Medicine: “Li tre falconi d’oro”presso Manfrin, “Le due Colombine”, e “Le due Sirene d’oro”a San Girolamo ... Una levatrice risiedeva e operava in zona dove nacquero in un anno 156 fra bimbe e bimbe compensando 154 decessi … C’erano stati 36 Matrimoni ... Sempre nella stessa fetta di Venezia c’erano molte case e caxette con infisso in muro lo stemma dellaSchola Grande della Misericordia e della Scuola Grande di Santa Maria della Carità (l’Accademia per capirci) ...A San Geremia c’era la Scuola Maschile Pubblica Elementare presieduta da Don Susanni dell’Anzolo RaffaelEra frequentata da 122 ragazzi di cui 85 Cattolicie 37 Israeliti: 70 erano in I° inferiore, 34 in I° superiore, e 18 in classe II° ... Il numero di quelli che non sapevano né leggere, né scrivere, né far di conto era ancora altissimo.

Qualche curiosità nelle curiosità … Almeno dieci famiglie diEbrei risiedevano dentro a quelli che erano gli antichi confini della Parrocchia-Contrada … LaComunità degli Ebrei del Ghetto dava 10 ducati annui alla Parrocchia … un Ebreo offriva sempre a Natale e Pasqua 10 ducati per i poveri della stessa, e alla morte di ogni Ebreo del Ghetto di Cannaregio, la famiglia del Defunto era tenuta a corrispondere un’offerta ai Preti della Parrocchia di San Geremia… Incredibile !!! … gli Ebrei davano le offerte alla Parrocchia ? … Il Mondo era davvero rovescio a Venezia … ma funzionava così.

Sempre a San Geremia c’era Calle della Vérgola  Nella “Descrizione della Contrada di San Geremia pel 1713”, si ricordava che era domiciliato in Contrada un certo “Alessandro Zentilini Vergola affittuàl dei Nobilhomeni Priuli” ... Già secondo i Necrologi Sanitari Veneziani nel 1630 era morto in Contrada de San Jeremiaun “Marco de Gieronimo dalle Vergole o Vergola o Vergolèr”, cioè un fabbricante di Vergole ... Ed ancora un altro Artiere dell’Arte perduta delle Vergole abitava non lontano a Sant’Alvise, sempre a Cannaregio, dove c’era e c’è il Sottoportico Vergola: “Le Vérgole erano dei cordoni di seta avvoltolati su sottili rotoli di carta, o delle reticelle di ferro per capelli, che venivano adoperati per ornamento sui vestiti o sulla testa dei Veneziani che allo stesso scopo usavano anche talchi e fiocchi”… Ancora fino a qualche tempo fa era possibile sentire esclamare in giro per Venezia: “Mària Vergola !”

 


Erano anni di grande depressione economica … In zona San Geremia dove i proprietari degli stabili erano Giuspatroni della Parrocchia, su 6.000 residenti si contavano 1.845 “poveri che andavano in calàndo”(erano 2.860 tre anni prima: il 49% dell’intera popolazione della Contrada). 160 di questi percepivano dalle Fraterne Parrocchiali estensione della Commissione Generale di Pubblica Beneficenza attivata nel 1817, un sussidio giornaliero di 25 centesimi agli adulti, mentre ai fanciulli dai 7 ai 10 anni venivano dati: 15 centesimi, e 10 a quelli di età inferiore ... Esisteva nell’ex Contrada un nucleo di persone “provvedute e civili” che si obbligavano a pagare 2,30 lire annue impegnandosi a sovvenire i poveri e visitarli e provvederli a domicilio … In Parrocchia era ancora attivo anche un vecchio Ricoveroper 24 “povere vecchie” che si sosteneva soprattutto con antiche sovvenzioni dellaNobile Famiglia Da PonteSi mantenevano alcune donne sole chericevevano assistenza medica e 27,45 Lire mensili ciascuna … c’erano in Parrocchia anche altre 42 “abitazioni per poveri”   si distribuivano 10 Lire per il matrimonio delle ragazze indigenti della zona ... e “per gli aiuti” c’era anche l’Istituto di Assistenza delle Figlie di Carità“che insegnavano Dottrina alle fanciulle e s’interessavano di bimbi e persone come potevano”.

Ricordo tutto questo per dire che la “modernità”aveva portato anche a Venezia insieme al progresso e all’Industriaanche la fine di tante Arti & Mestieri di un tempo: “E per uno che s’ingegnava a fitàr batèlle in Canal Regio, c’erano tanti altri che potevano mettere a disposizione solo le mani come manovali e braccianti offrendosi al miglior offerente che talvolta o più che spesso passava.” ... La miseria era tanta: più del solito … Le donne poi: “Accanto alle maritate piene di figli che si sostenevano in qualche modo in fragili equilibri economici domestici, ce n’erano altrettante di diseredate, fragili, venute da fuori, abbandonate, sfruttate e vilipese alle quali non rimaneva spesso”secondo le segnalazioni della Questura Veneziana: “che di spalancàr le gambe dedicandosi al mestier più antico del Mondo, cercando qualche fortuna in qualche bettola o casupola sestierale in preda e balia di qualche scaltra vecchia mammona.”


Ancora a San Geremia verso San Giobbe, nacque la S.A.F.F.A.: la Società Anonima Fabbriche Riunite Fiammiferi e Affini… Fu Luigi Baschiera da Dominisia di Clauzetto di Pordenone a prendere in mano quella fascia di produzione e mercato sostituendosi alle due vecchie piccole fabbriche Veneziane preesistenti, e a investire in zona come uno dei principali azionisti. La fabbrica di fiammiferi e cerini sorse in quella zona di Cannaregio dove c’era già dal 1868 la Conteria Corinaldi, Sarfati & C. che “trattava perle di vetro, tirava canne e arrotondava margherite” ...  Niente era niente … Qualcosa era qualcosa: sempre lavoro era.

Nel 1871 a spese del munifico Barone Pasquale Revoltellasi realizzarono la facciata e il retro della chiesa di San Geremiarivolte rispettivamente verso il Canal Grande e il Rio di Cannaregio. Prima la chiesa possedeva un’unica facciata con un lungo portico laterale “che guardava sul Campo” a lato di Palazzo Flangini ... Si portò così a compimento il “grandioso disegno”del Prete Bresciano Carlo Corbollini iniziato sotto il Piovano Giambattita Spreafigi nel 1753 … Avanti e indietro … Avanti e indietro per anni e anni … Alcuni erano andati in giro per l’ex Contrada incaricati da Monache, Preti e Magistrato alla Sanità a raccogliere fondi e offerte in un’apposita cassella per rifare la chiesa … Erano trascorsi ben 78 anni, e i lavori non erano ancora terminati.

Nel 1895-1898, dopo essersi imposta sul mercato nazionale e internazionale, la fabbrica “dei fulminànti”, per colpa della gravosa crisi economica indotta dalle nuove imposte del Governo che intendeva finanziare la Guerra di Eritrea, si trasferì nei pressi della Stazione Ferroviaria trasformandosi in Luigi Baschiera & C.Lì rimase fino al 1950 quando si trasferì nella Zona Industriale di Marghera, e l'area di Cannaregio rimase morta nell’abbandono fino al 1980-2001 quando sorse il nuovo quartiere di oltre 160 appartamenti popolari che si arricchì di nuovi toponimi e nizioletti curiosi come: Campo Saffa; Calle de la Stala; Campiello de la Grana; Calle del Muschier; Corte e Calle del Camin; Calle de la Cereria; Corte del Bagarolo; Calle de le Altane; del Solfarin; de la Biscotela; de la Saponela; del Saon; del Tintor; dei Colori; de la Corda; del Scarlatto; de la Biancaria; del Verde e del Lavander.

Ultimi dati … A fine secolo nell’ex Contrada esistevano ancora tre Oratori Sacramentali Pubblico-Privati: Santa Veneranda e Orsoni e Beistegu in Parrocchia c’erano due Sacerdoti con quattro Seminaristi; all’Istituto Manin c’erano 6 Preti e 4 Suore di Don Orione, mentre 41 Suore dell’Istituto del Sacro Cuore accudivano la zona di San Geremia ridotta a 4.700 abitanti divisi in 1.150 famiglie … e c’era attivo anche un cinema saltuario di 100 posti ... e … si era già ormai in un altro secolo.

 


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