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“LA CONTRADA DI SAN PROVOLO … OVVIAMENTE A VENEZIA.”

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“Una curiosità veneziana per volta.” – n° 64.

“LA CONTRADA DI SAN PROVOLO … OVVIAMENTE A VENEZIA.”

E’ stato lo stimolo di una “stampa insospettabile” postata su Internet da tale “amico Veneziano Gianni” che mi ha indotto ad andare frugare nelle “cose” della dimenticata e antica Contrada di San Provolo vicino al ben più famoso Monastero di San Zaccaria. Come sempre accade oggi, a Venezia di San Provolo è rimasto ben poco, quasi niente. E’ restata la memoria di un toponimo, di un luogo, attraverso il quale di solito si passa per recarsi altrove … o al massimo si cita per richiamare un locale ristorante, una botteguccia di Musica, o forse il Liceo che sorge proprio dove un tempo sorgeva l’antica chiesa.
San Provolo è uno di quei posti di Venezia in cui bisogna proprio fare uno sforzo con la fantasia e l’immaginazione per “inventarsi e raffigurarsi” ciò che è stato, perché di visibile resta niente, se non le cose invisibili che scappano via dietro gli angoli, o s’arrampicano su per i muri, viste solo da chi è appassionato per davvero di Venezia e della sua storia. San Provolo attualmente è uno di quei campielli tipici in cui i turisti si soffermano a “disnàr”che sarebbe a mangiare “mettendo le gambe sotto la tavola” dei numerosi ristorantini i cui camerieri t’accaparrano rincorrendoti per strada.
Un tempo, lo sapete meglio di me, non era così. Come vi accennavo, la piccolissima Contrada di San Provolo è sempre stata nascosta e offuscata dal prestigio infinito e dalla sontuosa ricchezza del potentissimo Monastero di San Zaccaria di cui un portichetto e andito d’ingresso sorgeva proprio accanto a San Provolo, a una sola ventina di metri. Quel che è stato San Zaccaria a Venezia è difficile riassumerlo in poche righe. Basti ricordare ch’era il Monastero delle figlie dei Dogi e dei più insigni Senatori e Nobili Patrizi della Venezia di sempre. Si aggiunga, solo per farsene un’idea, che le proprietà di quel Monastero andavano a comprendere praticamente tutta la cittadina e la collina di Monselice poco lontano dai Colli Euganei ... vi par poco ?
Poco distante poi da San Provolo sorge Piazza San Marco, le Prigioni e Palazzo Ducale, quindi era in ogni caso una chiesupola oscurata del tutto dallo splendore indicibile di quei colossi di bellezza e Storia.
Tornando, allora a San Provolo … Se si fa attenzione e si alza lo sguardo giunti nel campo, ci si accorgerà subito di qual’era la sua antica chiesa. E’ quell’edificio bianco a sinistra, tutto traforato oggi da una ventina circa di finestre e finestrelle ben disegnate. Lo noti subito il cornicione lungo e diritto, un po’ eccessivo per essere di normale palazzo, ma per chi non lo sa, è una normale linea edilizia di un’architettura qualsiasi di Venezia a cui s’è sovrapposto un bel pergolo, aperto spazio di botteghe e molto altro. L’ex chiesa di San Provolo è oggi quasi irriconoscibile, insomma.
Anche dal punto di vista dei documenti non è che di San Provolo sia rimasto moltissimo. C’è giusto una manciata di carte e qualche inventario, come per chiesette tipo l’Anconeta di San Marcuola, Santa Giustina, San Rocco e Margherita e altre ancora conservati negli scaffali semidimenticati degli Archivi del Patriarcato o in quelli dell’Archivio di Stato dei Frari.
E’ del 1172 la notizia che il Doge Vitale Michiel II° venne ucciso da Marco Cassolo proprio in Calle delle Razze nel Confinio di San Provolo mentre il giorno di Pasqua si recava come da “Tradizione” in visita al Monastero di San Zaccaria. L'assassino finì ovviamente impiccato, e le case della Calle delle Rasse in cui si nascose per tendere l’agguato furono rase al suolo, e si proibì di costruirne altre di pietra sullo stesso posto … Per sicurezza e “ … per onta del luogo”, mai più il Doge di Venezia sarebbe transitato attraverso quella calle.
Già quasi un secolo prima, esisteva però un’attestazione di un vecchio Prete Martino, e di un altro Prete Albertus entrambi di San Provolo che certificavano presso la Badessa del San Zaccaria circa la questione dell’uso di una siepe esistente attorno o accanto al Monastero in prossimità di una vicina “piscina d’acqua”.
A quell’epoca sembra che la Parrocchia e chiesa di San Provolo esistesse già da un paio di secoli, e che forse con la “Calle delle Rasse” fosse proprio uno dei nuclei e degli insediamenti più antichi della zona mercantile Veneziana insediata sull’asse Rialto-San Marco.
Infatti, per espressa Legge del Consiglio dei Dieci: “… dalla Calle delle Rasse verso Palazzo Ducale, come pure nell'Osterie della Piazza San Marco non possono abitare meretrici …”
A cavallo con le solite leggende, sulle cronache cittadine si può leggere che San Provolo sia stata fondata nell’850, e allo stesso tempo donata al contiguo Monastero Benedettino femminile di San Zaccaria dal Doge Angelo Partecipazio che l’aveva fondato. San Provolo quindi apparteneva alle Monache, che per questo sceglievano, delegavano e pagavano sempre due Preti-Cappellani “… per officiarla e curarne l’Anime ...”
Nel 1105 San Provolo o Procolo subì le fiamme di uno dei soliti incendi devastanti di Venezia che: “… se la divorò completamente”. Ovviamente le Monache del San Zaccaria non persero tempo e la ricostruirono immediatamente ... e sembra che proprio in San Provolo, forse per la posizione strategica, tenne sede per lungo tempo una delle più frequentate e antiche, nonché abbienti, “Congregazioni di Preti e Piovani” di Venezia.
Giunto il 1389, San Provolo cadente e rovinosa venne rinnovata e riaddornata, e sembra che in quell’occasione sia stata nominata Parrocchia autonoma dal Cancelliere Dogale Amedeo Buonguadagni, emancipandola seppure parzialmente dalle Monache del San Zaccaria … San Provolo doveva godere di un certo prestigio nel 1455, se Giovanni Rizzi suo Prete, divenne poi Piovano di San Vito e Modesto a Dorsoduro, Cancelliere Dogale, Vicario Generale e perfino Arcidiacono del Capitolo di San Pietro di Castello ... carica nobilissima, e molto agognata da tanti ecclesiastici.
A dimostranza che le Monache del San Zaccaria “… non avevano mollato il loro osso”, dal 1477 al 1504 la Badessa Lucia Donà finanziò e guidò tutta l’impresa del restauro dell’intera chiesa di San Provolo ... Nella Contrada di San Provolo abitò fino al 1539 il potente Segretario del Consiglio dei Dieci della Serenissima GianGiacomo Caroldo, scrittore anche di “Cronaca veneta”, più volte Ambasciatore di Venezia, e nominato anche Conte Palatino da parte dell’Imperatore Massimiliano.
Il Nobile Malipiero scriveva nei suoi “Annali” nel 1498.
“El mese de Mazo … se ha descoverto la peste in alguni luoghi della terra, e i Proveditori della Sanità ha prohibido la Festa della Sensa, ma i Schiavoni no l'ha saputo, e son venuti con le sue rasse, e i Lombardi con le sue tele. E intesa tal prohibitione, i son andati a la Signoria, e alegando i so gravami, ha suplicà de poder vender per la terra, e son sta esaudidi, ma ghe è devedà de vender in Calle delle Rasse per non far assunanza, e se ha reduto verso Santa Maria Formosa, sulla Salizà de San Lio …”
Sempre in Contrada di San Provolo, in una casa affittata dalle Monache di San Zaccaria, abitarono nel 1564 i due fratelli Francesco e Valerio Zuccato, famosi per aver mosaicato sapientemente una gran parte delle volte dorate della Basilica di San Marco ... Così come le Monache affittarono un’altra loro casa nello stesso posto al Letterato Paolo Ramusio, nipote del Paolo Ramusio da Rimini che, diventato Veneziano, persuase nel 1503 Pandolfo Malatesta a cedere Rimini alla Repubblica Serenissima ... In cambio e premio ottenne dal Doge il “modico regalo” di 600 campi nei pressi di Cittadella.
Nello stesso anno, i Cappellani di San Provolo percepivano come stipendio dalle Monache di San Zaccaria: 10 ducati annui, e nella chiesa si celebrava la Festa del Patrono ad anni alterni dando altri 3 ducati: “… per conto de lemosina alli Preti che cantano Primo Vespero, Messa e Secondo Vespero in San Procolo …”
In poche parole, gran parte della Contrada di San Provolo apparteneva, e in qualche modo serviva e seguiva i desideri delle Monache di San Zaccaria.
Secondo l’analisi effettuata dalla Visita Apostolica del Nunzio Papale residente in Venezia nel luglio 1581, San Provolo continuava ad essere Parrocchia e Cappellania del Monastero di San Zaccaria. In Contrada abitavano 1200 persone, di cui solo 550 s’accostava alla Comunione ... Nella chiesa dove c’erano 5 altari e si celebrava in perpetuo una “Mansioneria quotidiana” che valeva 15 ducati annui, c’erano attivi i 2 Cappellani Curati che guadagnavano 62 ducati, diverse regalie e altri “Incerti di stola”, e utilizzavano una casa appartenente sempre alle stesse Monache. Esisteva anche un Sacrista, che percepiva 5 ducati annui, usufruiva a sua volta di una casa, e anche lui era oggetto di varie regalie e offerte varie da parte delle solite Monache.
A fine secolo la popolazione della Contrada di San Provolo si ridusse progressivamente a circa 880 persone, perché al posto della case abitate si preferiva tenere Botteghe, Locande e Taverne, essendo prossimi al Molo di San Marco utilizzato e frequentato in continuità da: “… Marineri, Pellegrini, Mercatanti, Soldati, Bastazi, Religiosi, Donne, Naviganti e viaggiatori … nonché miserevoli vagabondi.”… Le Monache di San Zaccaria riattarono nuovamente la chiesetta.
Dopo il primo decennio del 1600, sempre in Calle delle Rasse a San Provolo in una casa di Francesco Orio,c’era la Stamperia Ducale di tale Rampazzetto. Costui falsificò un mandato con tanto di nome del Cassiere e del Segretario del Collegio, fu scoperto e condannato ad un'ora di pubblica berlina e a tre anni continuativi di voga coatta al remo in Galea coi ferri ai piedi. Qualora fosse risultato o diventato inabile, la pena della voga gli sarebbe stata permutata in quattro anni di reclusione nella “Prigion Forte” di Palazzo Ducale.
Uguale a oggi vero ?
Verso il 1630, subito dopo gli anni della terribile peste che decimò Venezia, un bel giorno credo che la Nobile e potente Badessa del San Zaccaria sia sobbalzata se non ribaltata dal suo confortevole e lussuoso seggiolone.
A causa, infatti, delle campagne militari della Serenissima (che fra l’altro non andavano per niente bene) vennero imposte in Venezia sempre nuove tasse ed esazioni che andavano a colpire sempre di più chi era ben fornito ed equipaggiato di rendite, possedimenti, proprietà e soldi in genere.
L’ultima tassazione prevedeva l’aggiunta di: “… 1 soldo per Lira a tutti i Dazi esclusa la Gabella del Sale, e a tutte le gravezze a vantaggio dell’erario da pagarsi a cura di tutti gli abitanti del Dominio compreso quello da Mar ...”
Subito dopo, il Senato impose altre 2 Decime urgenti su Venezia e Dogado da pagarsi una: “… da patroni sopra livelli perpetui, stati, inviamenti de Pistorie, Magazeni, Forni, Poste da vin, Banche di beccaria, Traghetti, Poste, Palade, Passi, Molini, Foli, Sieghe, Instrumenti da ferro e battirame, Moggi da carta ed altri, Dadie, Varchi che si affittano e si pesano, Decime di biave, Vini ed altre robbe, Fornari, Hosterie et ogn’altra entrata simile niuna eccentuata …”
Le Monache di San Zaccaria possedevano in quantità ampia parte delle cose contenute in quella lunga lista.
L’altra Tassa-Decima imposta era ancora peggio, perché era applicata: “… sopra tutti i livelli francabili fondati su case, campi o altri beni in qual si voglia luoco, fati con chi si sia ...”
Chi pagava subito entro aprile di quell’anno, ossia entro due mesi, aveva diritto a un condono del 10%, chi pagava in ritardo, invece, avrebbe subito un aggravio della stessa proporzione ... E già che c’era, 8 giorni dopo, il Senato di Venezia aggiunse un altro “prestito obbligatorio” sotto forma di altre 2 Decime, e altre 2 Tanse da pagarsi “senza fretta”, ossia solo entro agosto dello stesso anno, o entro il febbraio seguente da tutti coloro che a Venezia erano soggetti a gravezze, in buona valuta o in moneta corrente (che sarebbe costato un quinto in più), senza alcun sconto né esenzioni per chiunque. Eravamo allo spasimo fiscale …
A fine giugno del 1629, il Senato pressato dagli eventi e dai rivolgimenti bellici fissò un termine perentorio di 15 giorni per denunciare ai 10 Savi alle Decime tutti i livelli perpetui e francabili e ogni altra fonte di reddito presente in Laguna, e commissionò a dei Commissari Straordinari di reperire denaro entro un mese in ogni modo possibile, ricavandolo in tutto lo Stato aggiungendo ulteriori Decime su: campagne, testatici o simili scegliendo la maniera più utile e veloce che permettesse alla gente di pagare ...
Vitaccia quindi ! Proprio tempi duri per chi a Venezia era ben dotato … Altro che oggi ! … Altri tempi.
Solo ad agosto dello stesso anno, la Signoria Serenissima decise di esentare da quel fiume d’imposte straordinarie chi a Venezia e Dogado era davvero povero e impossibilitato a pagare ulteriormente. Sarebbe stato inutile racimolare poco spiccioli e attorniarsi di una folla di morti di fame, debitori e questuanti da mantenere.
“Sarà cosa opportuna per le sorti della Serenissima Repubblica lasciar alcuni galleggiare e guazzar nel proprio stagno ... senza per forza indurli a saltar sulla Terraferma secca e senza alcuna possibilità di sopravvivenza …”
Solo nel 1642, sotto la Badessa Angelica Foscarini, sembrò essere tornato “il sereno” ed essere finalmente trascorsa quell’epoca di pene, restrizioni e bufere economiche. Perciò le “Bone Monache” si determinarono di nuovo a sborsar soldi, e a ricostruire o per lo meno risistemare per l’ennesima volta la chiesa malridotta di San Provolo ... Qualcuno lasciò detto che la chiesuola, di fatto, venne rifabbricata di sana pianta ... Quasi nello stesso tempo, Sante Gariboldi, Speziale all'insegna del San Domenico in Calle delle Rasse di San Provolo, venne decapitato e bruciato in Piazza il 30 luglio 1641 perchè aveva abusato di due bimbi di sei anni nel Convento di San Giobbe nel Sestier di Cannaregio.
In quegli anni, in Contrada di San Provolo c’erano 59 botteghe, un forno da pane, e una Pistoria ... Nel 1712 le botteghe giunsero ad essere ben 77 … e giunto il 12 luglio 1735, si sviluppò un grande incendio scoppiato in casa del Droghier Antonio Biondini in Calle delle Rasse, che in breve tempo rovinò tutti i fabbricati, le botteghe e le caxette più vicine ... Ancora nel 1737 si continuava a riparare e rimediare ai danni e alle tracce lasciate in zona da quel terribile evento nefasto e distruttivo.
Verso la fine del 1700, “… ormai al calàr delle ultime sorti di una Serenissima ormai fragile e decadente Repubblica …” in Contrada di San Provolo abitavano circa 900 persone. Si contavano 230 persone abili al lavoro, che s’arrabattavano ogni giorno in 87 botteghe, esclusi i Nobili (il 23% dei residenti in Contrada) ch’erano ovviamente esentati da quella “… vile mansione per loro non adatta…”
Secondo le cronache, le Monache del San Zaccaria, “… in salute nel corpo e nella borsa, come non mai …”, investirono ancora sulla chiesetta di San Provolo sostituendo i vecchi altari vetusti di legno, con nuovi altari più belli in marmo. Quando tutto fu pronto, chiamarono anche il Patriarca Federico Maria Giovannelli perché impartisse alla chiesetta “… una buona, quanto opportuna e santificante Benedizione …”

L’ultima “foto storica” della Contrada di San Provolo “la fece” mettendola per scritto nelle sue carte il Patriarca Flangini nel settembre 1803 durante una sua Visita Solenne alla Contrada di San Provolo.

“Tutto appartiene come sempre al Monastero Benedettino di San Zaccaria … Le anime sono 1.000, le rendite dei 2 Cappellani pagati dalle Monache sono sempre di 51 ducati annui più l’usufrutto di una casa … Le Monache inoltre spendono 123,3 Lire perché venga insegnata un po’ di Dottrina Cristiana ai Veneziani della Contrada; finanziano inoltre con altre 80 lire il culto e la devozione in chiesa per San Pietro d’Alcantara; contribuiscono offrendo 22 lire per  “le Agonie” celebrate dai Confratelli della Scuola del Santissimo, che rende loro di rimando 11 lire annue.
Viceversa, le stesse Monache spendono all’anno 24,16 Lire per mantenere il Sacrestano di San Provolo con la sua famiglia; per comprar particole per la Messa, riscaldare a legna la Sacrestia; fornire di candele e cera ciascun altare secondario, mentre per a quello Maggiore veniva riservato lo stesso trattamento di qualità e abbellimento usato per gli altari che si trovano dentro al Monastero di San Zaccaria.
Intorno e dentro alle attività della chiesetta di San Provolo “girano e ruotano”7 Sacerdoti, di cui uno è infermo. Uno di quelli è l’Abate dei Servi di Maria del lontano Convento di Sant’Elena di Castello, ci sono poi diversi Preti Altaristi e Mansionari che provvedono le 2.279 Lire delle Messe Mansionarie delle Monache ... C’è anche un certo Suddiacono forse ordinato:

“… tale Condulmer Alvise già Monaco Benedettino dalla Professione dichiarata nulla, non frequentante i Sacramenti neanche a Pasqua, vestito da secolare e col pessimo concetto di costume, che fece anche un contratto di matrimonio, e fu richiamato inutilmente dal Vicario e dal suo padre …”

Durante l’anno si celebrano 1.442 Messe perpetue; 3 fra Esequie e Anniversari; 2 Messe Cantate e Solenni il Giovedì Santo e il Corpus Domini, e 20 Messe avventizie, ossia pochissime: una o due al mese. Da segnalare come meritevole che il Monastero offre 20 ducati annui per la celebrazione della “Messa pro Populo” ... Le Monache fanno celebrare anche una Novena per la festa di San Pietro d’Alcantara, si curano che in chiesa ci sia una decente Predicazione, e Istruzioni e Catechismi degni a tutte le feste ... esiste anche un lascito apposito di 246, 6 Lire annue per la Dottrina Cristiana per i fanciulli …”

L’anno dopo, il famoso Gaetano Callido e figli costruirono commissionati dalla Monache di sempre proprio a San Provolo la loro ultima opera prestigiosa rimuovendo un vecchio organo del 1700 ...  Un paio d’anni dopo era “Cappellano Amovibile da parte delle Monache” don Giorgio Piazza, che si curava della popolazione di 1.000 Anime della Contrada ... Dagli inventari rimasti, e da quel che raccontano “i Veneziani di ieri”, si evince che le Monache di San Zaccaria non avevano per niente trascurato la loro chiesetta di San Provolo:

“... rendendola in nulla simile a una bucolica e miserrima chiesupola di campagna ...”

Fra le varie opere che abbellivano San Provolo, c’erano: un “Gesù morto con Angeli” di Palma il Vecchio, che aveva dipinto anche un “Sacrificio d’Abramo” per l’Altar Maggiore, e anche un: “Angelo che appare ad Elia”, “Un Santo Vescovo con Santi” e una“Storia dell’Antico Testamento”. Inoltre c’erano diversi altri dipinti del Lazzarini, di Peranda, Cellini, Pietro Liberi, altre tre pitture di Antonio Aliense, e altre otto dello Scozia. Un tesoretto insomma … San Provolo era insomma un’altra di quelle chiese “coccole” di Venezia piene di belle cose e ricche di Storie.

Per ricordarvi ancora quanto un tempo era vitale e attivo quell’angolo di Venezia, già abbiamo detto come apparteneva alla Contrada di San Provolola famosissima“Calle delle Rasse o Rascianum vicum”, che sorge ancora oggi poco distante dalla famosa Riva degli Schiavoni col Molo di San Marco. La “Rascia o Rassa” era un panno di lana grezza e ordinaria di manifattura artigianale col quale si era soliti coprire le gondole e i loro “Felzi”, importata e imitata a Venezia dalla Serbia o Servia. Ancora alla fine del 1700, il Capomastro dei Tintori della Serenissima Dominante Giovanni Barich, ricordava con un suo manifesto che quei prodotti si vendevano proprio in “… Calle delle Rasse nelle botteghe all'insegna del San Girolamo e del Sant’Antonio da Padova ...”
Poi tutto andò brutalmente rimosso, smantellato e distrutto … l’Altar Maggiore di pregio trasferito nella chiesa di San Zaccaria, così come vennero disperse tutte le suppellettili della chiesa che venne chiusa e poi demolita per farne abitazioni e locali ad uso commerciale e privato ... Rimase per un po’ di tempo una “certa Cappellina in memoria”… poi sparì anche quella, forse ridotta a solo “Capitello” ... Chi sarà stato mai l’autore di tale scempio ?
La Contrada di San Provolo fu inizialmente associato e unita insieme a quella di San Severo alla poco distante Parrocchia e Contrada di Sant’Antonin ... In seguito si decise invece di associare il “territorio di San Provolo” alla neonata Parrocchia di San Zaccaria e Sant’Atanasio da dove erano state espulse le favolose Monache del San Zaccaria che venne soppresso e chiuso anch’esso per sempre.
“… essendo San Provolo nei tempi addietro mantenuta da San Zaccaria porta spesa al Demanio e per questo va chiusa non essendo necessaria … Tanto più che non possiede alcuno di quei caratteri né di magnificenza, né di nobile architettura per cui si possa meritare una spezial contemplazione …”
E questa fu la fine di San Provolo.
Nel corso del 1900 nei locali e negli spazi più volte riattati e riciclati dove sorgeva un tempo San Provolo, si è allestita la Scuola Professionale Femminile Vendramin Corner ... dai cui muri ancora oggi sciamavano fuori alcune giovinette allegre, petulanti e speranzose di Venezia. Entrano ed escono dalla loro Scuola, ignare di recarsi in quella ch’era una chiesa, esistita come punto di riferimento di tanti Veneziani che per secoli hanno occupato e vissuto quella microscopica Contrada.
In tempi più recenti la zona di San Provolo a Venezia è balzata alla cronaca perché un povero calzolaio artigiano, che da sempre lavorava sul “Ponte dei Carmini” aggiustando anche i sandali ai Frati, è stato pestato selvaggiamente come un tamburo per rubargli i quattro “marci”spiccioli che possedeva. A poco gli è valsa la protezione garantita dal Capitello veneratissimo della Madonna che sorge lì accanto sull’angolo … già centrato “… da infallibile e precisa saetta in una terribile bufera del 1756 …”. Se n’è parlato per qualche giorno, poi non s’è detto più niente, e l’ometto dopo tanto lavorare ha chiuso bottega per provare a finire i suoi giorni un po’ più serenamente … lasciando il locale alla solita rivendita anonima di souvenir per i turisti spensierati.
Finisco dicendo come la Contrada di San Provolo è tuttora uno di quei posti ameni di Venezia, zeppa di Calli lunghe e Callette strette, angoli tipici e ombrosi, e piccole Corti nascoste un tempo industriose. Conserva ancora quella soffusa sensazione romantica e caratteristica tipica della Venezia che piace.Se ci si porta lungo le Fondamenta dell’Osmarin e di San Provolo ci si potrà smarrire volutamente, finendo con l’imbattersi in un giovane Mastro Artigiano che continua coraggiosamente la vecchia attività del Remèr e Forcolaio di un tempo. Si potrà finire infine col ritrovarsi poco dietro nella Corte del Tagjapiera, dove un tempo dall’alba al tramonto si picchiava sulla pietra, e rimanere affascinati e avvinti dall’atmosfera ammaliante di quello spicchietto di Venezia nascosta, seppure corrosa e consumata dal tempo.

Poco c’interesserà sapere che in quelle case mute:

“ … Adì 10 marzo1680, morì Francesca relitta (ossia vedova) del quondam Francesco Osmarin d'anni 65 in circa, da febbre maligna giorni 8, senza medico, farà sepellìr Missier Battista suo fratello - San Antonin …”


Sarà come un sussurro insignificante che non percepiremo affatto, recitato e disperso nel vento che zufola leggero fra le caxette e i tetti della Contrada di San Provolo che non esiste più …


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