“Una curiosità veneziana per volta.” – n° 95.
“LE MONACHE NERE DI SAN ZAN LATERAN …”
Ci sono posti a Venezia che non esistono … ma ci sono. Li hai sotto gli occhi, ci passi davanti e accanto mille volte, eppure non li vedi. Forse perché sono offuscati dal tanto fulgore e dalla bellezza di tanti altri luoghi più celebri, o forse perché di loro sono rimaste poche tracce, qualche segno sbiadito, qualche muro quasi insignificante … Eppure sono ancora là, sono quelli, quasi gli stessi, e hanno tantissime cose nascoste da svelare e raccontare … se solo si volesse ascoltare un poco e soffermarsi ad osservare in maniera diversa … forse curiosa.
Fra tutti quei posti di Venezia diciamo “un po’ speciali”, ce n’è uno che ufficialmente non esiste più ed è solo un luogo, un nome posto su una Fondamenta affacciata su un Canale che porta lo stesso titolo. E’ un posto che c’è e non c’è, perché se andrete lì ad osservare con attenzione vi accorgerete subito che c’è qualcosa che non torna. Lì deve essere accaduto qualcosa di diverso, e quei “muri strani di palazzo non qualsiasi” devono avere di certo qualcosa da rivelare e raccontare, anche se non molto da mostrare.
Qual’è e dov’è questo posto ?
Si tratta di un canale del Sestiere di Castello, parallelo alla Barbaria delle Tole, poco prima del Palazzo dei famosi e ricchi potenti Nobili Cappello, e proprio di fronte a quello che è stato dei fieri e ricchi Nobili Morosini. Si trova sulla Fondamenta e Rio di San Giovanni in Laterano, dove un tempo esisteva: “Cjesa e Monastiero dele Muneghe Nere”che oggi non ci sono più.
Se troverete tempo e voglia di vagabondare per Venezia fino a spingervi in quella zona remota e solitaria, scoprirete una riva che va a finire nel niente, un vecchio portale massiccio murato, e un basso edificio tagliato dalle fondamenta in pietra possenti dentro a una stretta calletta … Quella era la chiesa delle Monache di San Zàn Lateràn.
Contornando lo strano palazzo, noterete anche i resti di un giardinetto “morto” che trasbordano fuori oltre un alto muro: quello era il “Giardino delle Muneghe”… e guardando ancora meglio vedrete anche che la Fondamenta ha una pavimentazione insolita e differente, e che è tutta occupata da un alto palazzone con grosse sbarre poste su file sovrapposte di tozze finestre tutte uguali e squadrate, davvero insolite per un palazzo Veneziano qualsiasi. Quello era infatti l’antico Monastero di San Giovanni in Laterano, oggi perfettamente mimetizzato fra le case di quel che è stata quell’antica Contrada.
Il nome di Monastero di San Giovanni Battista in Laterano venne presto sintetizzato dai pratici Veneziani in: San Zan Lateràn, e come quasi tutti gli altri Monasteri di Venezia era “patrocinato”,sovvenzionato e protetto dalle antiche Famiglie Veneziane ricche, nobili e potenti dei Nani e dei Cappello che vivevano proprio lì accanto, distanti pochi passi.
Vien da se ripensando al nome, che il sito s’ispirasse alla Basilica dei noti Canonici Lateranensi di Roma. Infatti è stato proprio così, i Canonici Romani erano padroni del posto a Venezia, ed eleggevano a vita e a loro piacimento un Prioreche gestiva il Beneficio-Monastero ricevendo 21 ducati annui pagati dalla Nobile Famiglia Patrizia Veneziana dei Da Lezze. Domenico Da Lezze, infatti, aveva fatto antiche donazioni al Capitolo dei Canonici Lateranensi di Roma, fra cui anche 2 campi di terra nel Trevigiano oltre all’appezzamento Veneziano.
Fa un po’ confusione, quindi, e forse sbaglia lo storico Galliccioli quando riferisce che il posto di Venezia si chiamava San Giovanni Terràn o Terratoper via di un’antica tomba di terra detta “teràn”.
Ma tornando alle “Muneghe Nere”, all’inizio di tutto come spesso accadeva a Venezia, c’era stato in zona una specie di primitivo “catapecchio Sacro” di tavole, un Oratorietto mezzo impaludato in questo caso dedicato alla Madonna dell’Umiltà… Qualcun altro in seguito ha parlato di “altarolo”leggendario inserito “sotto al Barcodell’Oratorio” dove in passato avrebbe celebrato Messa Papa Alessandro III di passaggio per Venezia.
Di reale esiste solo un accordo in data 11 ottobre 1216, fra il Capitolo dei Canonici Lateranensi di Roma ed il Rettore di una chiesa Veneziana: don Stefano Gaspare.
Vero o no che fosse tutta questa antica leggenda … sembra insomma, che ancora che nel 1488 in una casa vicina all’Oratorietto vivessero delle: “… vecchie donne decrepite dette Romite di San Agostino, forse le Eremite più vecchie dell’intera Laguna Veneziana …” già ospitate come Monache nel Convento di San Rocco e Santa Margherita esistente vicino al chiesone di Santo Stefano, e poi messe lì a vivere per conto proprio accanto a quell’Oratorietto vecchio come loro.
Qualche anno dopo quando ormai le Monache godevano anche dell’appoggio dell’Ambasciatore Veneziano a Roma, un tale Frate Gerolamo dell’Ordine dei Domenicani Predicatori di Venezia (i “Mastini di Dio”, che vivevano distanti solo pochi passi) ottenne dal Papa indulgenze pontificie per i benefattori dell’Oratorietto con la condizione che le elemosine raccolte fossero impiegate per risanare i poveri edifici in degrado dove vivevano le vecchierelle similMonache.
Poi accadde “a ruota” quello che spesso succedeva a Venezia per le Nobili Monache: alle porte del nuovo secolo 1500 venne donato alle Eremite da parte di Don Benedetto di Monte Fiasconeabitante a Venezia un terreno in parte paludoso confinante coi beni di Giuliano De la Palada e delle vicine Monache ricche e potenti di San Lorenzo di Castello. Al Capitolo Lateranense di Roma, invece, s’iniziò a pagare un affitto annuo perpetuo di “un censo di 12 libbra di cera bianca la vigilia della Natività di San Giovanni Battista in giugno”, e in cambio si potè iniziare a costruire in quel posto una nuova “chiesa con convento” col titolo di Santa Maria e San Giovanni Battista in Lateràn.
Nel dicembre 1504 dopo la solita girandola di donazioni e lasciti, tutto era ormai pronto, e le ex “Eremite vecchierelle”nominarono entusiaste la loro prima nuova Badessa: Mattia di San Servilio.Da Roma i Canonici Lateranensi approvarono, e replicarono dicendo pressappoco: “Bene ! Brave ! … Ma da adesso, visto che navigate in buone acque, inizierete a pagarci un censo annuo doppio, ossia 24 libbre di cera bianca, o se preferite 4 libbre di perfetto Zafferano … mentre il Signor Sebastiano de Pezzati godrà il Beneficio col titolo di Priore dell’ex Oratorietto percependo i soliti 22 ducati che gli verranno versati come sempre dalla Nobile Famiglia Da Lezze di Venezia”.
Una classica storia Veneziana mi direte … Una delle tante. Vero, è andata proprio così !
Infatti, all’inizio in quel posto non accadde nulla di speciale se non qualche baruffa e contenzioso con i vicini Nobili Morosini che abitavano “al di là dell’acqua, di fronte alle Monache”, ai quali le Monache dovevano 170 ducati d’affitto arretrato e mai pagato per un pezzetto di terra dato in uso. Il Nobile Sjor Antonio Morosini figlio di Michiel del Ramo della Schiavina che doveva essere un tipetto focoso, spazientito per l’attesadegli arretrati dell’affitto,andò giù pesante con le Monache buttando giù un muro che avevano costruito sopra quello che era il suo terreno. Perciò le donne furono costrette a rattoppare il loro Monastero con tavolacci di legno “per non trovarsi spalancate verso la pubblica strada”.
Ordinarie beghe Veneziane … Senonchè, come capitava spesso a Venezia, prese fuoco tutto e le vecchie Monache dovettero andare a cercare rifugio in giro per gli altri Conventi e Monasteri di Venezia, mentre di San Zan Lateràn rimase solo un cumulo di macerie e rovine fumanti.
E come nelle fiabe: passarono anni su anni, e quando venne il momento di rientrare nel Monastero rimesso a posto, gran parte delle Monache o perché troppo vecchie per spostarsi ancora, o perché si trovavano bene a vivere altrove dov’erano, non vollero più tornare in San Zan Lateràn.
Ne ritornarono solo due: Clementina Corona che divenne Badessa per la maggiore età, e la Monaca Ottavia Zorzi l’unica a sopravvivere alla fine della fine. Non si sa bene come, in breve tempo la Monaca riuscì quasi dal nulla con l’aiuto spirituale e materiale del Patriarca Antonio Surian a rinnovare e allargare gli ambienti annettendo diverse caxette vicine, e a mettere insieme ben cinquanta nuove Monache giovani e pimpanti … anche fin troppo.
In realtà Ottavia Zorzi morì quasi subito di febbre maligna in 7 giorni a 60 anni lasciando nel Monastero le prime 5 nuove Monache che non erano apparse dal nulla, ma si trattava di due Monache Professe e due Converse trasferitesi lì dal Monastero Benedettino dell’isola di San Servolo in Laguna. Da lì proveniva la Monaca Scolastica ossia Nicolosa Borsa di Modone cheera già stata Badessa, e costei divenne perciò la nuova Badessa del Monastero di San Zan Lateràn che dalla Regola Agostiniana iniziò a seguire la Regola Benedettina.
Ecco allora spiegato l’epiteto di “Monache Nere di San Zan Lateràn” affibbiato dai Veneziani delle vicine Contrade … Si riferivano all’abito nero da Monache Benedettine delle nuove arrivate, e non chissà a quali altre astrusità, stravaganze e malignità fantasiose e “noir” che si andavano già raccontando in giro per Venezia su quelle donne.
Infatti le nuove Monache all’inizio vissero in maniera esemplare, tanto che il Patriarca Marco Antonio Contarini prese qualcuna di loro dalla “vita Santa”, e le mandò a riformare il Monastero “scapestrato e ribelle”di Sant’Anna di Castello. Questo anche perché le Monache di San Zan Lateran cresciute ormai di numero non ci stavano più dentro nello stretto Monastero: “… l’anderà parte che attrovandose in questa nostra città un Monasterio de donne Observante quale de vita religiosa ma povera de canto a San Zuane Laterano che abitano in un loco incomodo et piccolo del qual pagano fitto, et è Convento attrovandose un altro Monasterio amplo, di donne di Sant’Anna Conventuale, le Monache di Sant’Anna con questa conditione che sia facoltà de quelle donne di Sant’Anna che vorranno intràr in quella Religione de San Zuane Laterano poter farlo …”
Comunque, sapete bene come vanno le cose: capita quasi sempre che se si fa del bene e ci si “comporta a modo” non si fa notizia, e tale comportamento viene considerato da tutti normalità e cosa dovuta. Il fatto che le Monache di San Zàn Lateràn fossero buone e brave, e primeggiassero per coerenza e interiorità in realtà non interessava più di tanto aiVeneziani e alla Serenissima ... almeno finchè la fama delle “Monache Nere di Venezia” divenne per davvero “nera” attirando l’attenzione di tutti.
Nel marzo e aprile del 1555 i Provveditori Sopra i Monasteri della Serenissima dovettero intervenire a causa di alcuni episodi di “scarsa morigeratezza” accaduti presso le Monache di San Zàn Lateràn che vennero così inquisite. Dai verbali dell’indagine risultò che: “… un secolare fu trovato a letto con una Monaca e poscia fuggito insieme a lei …”
Si trattava della Monaca Faustina figlia illegittima di Francesco Polo fuggita per la terza volta dallo stesso Monastero e sospettata anche d’essere incinta. Secondo il padre interrogato dai Magistrati, era stata inizialmente la zia Tadia Monaca al San Teonisto di Treviso a indurre la nipote a convivere con lei nel Monastero come educanda. Il patrigno riferì d’averla più volte dissuasa dal seguire quel tipo di vita, cercando anche di distrarla portandola persino al Carnevale di Venezia. Ma Faustina aveva pianto e aveva voluto tornare al Convento a tutti i costi, perciò a lui non era rimasto nient’altro da fare che versare al Monastero una dote di 200 ducati e far vestire alla figliastra l’abito nero da Monaca di San Benedetto.
Morta la zia Monaca però, Faustina diventata ormai Monaca Professa da Coro, iniziò ad avere liti e contrasti con tutte le altre Monache del Monastero di Treviso che secondo lei la perseguitavano. Per questo un giorno Faustina fuggì con un cugino a casa di una zia materna, perciò il patrigno fu costretto ad andarla a prendere e trasferirla nel Monastero di San Zàn Lateràn di Venezia.
Altro che perseguitata dalle altre Monache ! … Qui poco dopo Faustina ebbe una relazione con un dipendente del Monastero: Francesco delle Crosette con quale fu scoperta a letto anche qualche anno più tardi.
Le Monache di San Zàn Lateràn interrogate dai Magistrati della Serenissima testimoniarono che il Crosette era “figlio del Convento”,una specie d’impiegato tuttofare del Monastero con mansioni diverse a seconda delle necessità: “… trasportava acqua e materiali edili aiutando i Mureri per i restauri del Monastero, aiutava le Monache a fare il pane … e andava in giro per Venezia anche dieci volte al di quando le Monache chiedevano per i loro bisogni …”
Suor Zuana di Tomasi testimoniò agli Inquisitori: “… veniva qualche volta a far qualche servizio per il Monastier, perché l’aveva anche una sua ameda nominata la Mare Suor Serpahina, che è la Priora di questo Monasterio ... Et così el prese poi amicitia con la detta Monaca Faustina … el parlava spesso con la ditta, et steva purassai qua in Parlatorio, et diceva a noi altre che essa lo mandava in diversi suoi servizi …”
Entrambi erano già fuggiti per i tetti due anni prima, appena arrivata la Monaca Faustina presso San Zàn Lateran. I vicini testimoniarono che furono costretti ad aprire una botola sui tetti per farla scendere, e la Monaca li supplicò dicendo:
“… aiuteme per Amor di Dio, che se voi non mi aprivi così presto, me voleva gettar giù dai coppi perochè son stata mesi sei in prigion sotto la scala del Monastero di San Zàn Lateràn …”
La Monaca in fuga spiegò ai vicini della Contrada Veneziana che aveva un posto dove andare a rifugiarsi e anche un marito che la stava aspettando. Un’altra Monaca di San Zàn Lateràn, infatti, confermò durante l’indagine che la Monaca Faustina aveva effettivamente ricevuto una promessa di matrimonio da parte di un uomo che successivamente venne per questo bandito da tutto il Territorio della Serenissima.
Francesco delle Crosette, infine, testimoniò a sua volta che il patrigno di Faustina l’aveva strappata al marito, e lei stessa finì col dichiarare che il padre e la matrigna l’avevano costretta a monacarsi controvoglia imprigionandola in quella vita di supplizio.
Però ! … Che storia ! … e non fu tutto, perché nel gennaio e marzo 1556 accadde un’altra: “… tresca scandalosa di un Prete coll’Abbadessa ed altre Suore di San Zàn Lateràn con testimonianza di una tale Suor Vittoria presente in tale Monastero da 40 anni …”
Finchè nel febbraio 1573 più di qualche Veneziano andò in giro gridando “di un segno della Provvidenza e castigo delle Monache da parte della Giustizia Divina”, perché un fulmine a ciel sereno e fuori stagione si abbatté sul Monastero incendiandolo e facendo ardere tutto, rovinando tutti gli edifici, incenerendo l’Archivio, i documenti e le scritture e costringendo le Monache a rifugiarsi in parte a Sant’Anna di Castello, in parte ad Ognissanti di Dorsoduro e a San Biagio della Giudecca. Nell’incendio morirono ben 7 Monache compresa la Badessa Serafina Molin: “… a seguito dell’incendio dei giorni passati si era verificata la compassionevole morte di molte monache, et dal qual sono scampate fino al numero di sei, le quali per fuggir la morte si sono precipitate nude dalli tetti d’esso monasterio con manifesto pericolo …”
Passata l’ennesima burrasca … per il San Zàn Lateràn fu di nuovo un “crescendo fortunato” perché elemosine e donazioni permisero al Procuratore del Monastero Vincenzo Datis Senser de Biave di acquistare dai Savi ed Esecutori alle Acque nuovo terreno di risulta dalla realizzazione delle Fondamente Nuove spendendo 2.240 ducati e grossi 10 … All’inizio del 1600 le Monache affidarono al banchiere Antonio Strozzi altri 6.436 ducati “da farli girare sopra i cambi”, e il capitale venne restituito alle Monache qualche anno dopo maggiorato di 800 ducati liquidi d’interesse … Alla fine del 1612 la nuova fabbrica del Monastero era terminata spendendo 14.200 ducati … “Ruggeri Ruggero figlio quondam Bortolomio, Mercante Drappier insieme a suo fratello Alessandro nella bottega in Drapperia “All’Insegna dei Tre San Marchi”, per testamento lasciò una casa in Contrada di Sant’Aponal affittata al Libraio e Stampatore Gasparo Bindoni, alcuni Livelli su campi di Maerne di proprietà di Franceschina degli Accesi Pizzocchera a San Francesco della Vigna, e un quadro “dell’Annunciata” al Monastero di San Giovanni in Laterano.”
Anche il Consiglio dei Dieci decretò nel maggio 1663 che “… alle Monache fossero dati in elemosina 509 legni del Montello … portati e contati entro il 29 agosto da Toedoro Zanetti onde possano servire per pali in una fondamenta della fabbrica che vanno costruendo.”… e il Murer Andrea Fanelo, il MarangonGiorgio Fossati, il Scalpellino Giacomo da Par Gastaldo dell’Arte dei Tagjepiera demolirono tetti e scale e infissero 5.255 pali per le fondazioni, e continuarono alzando di tre piani tutta la costruzione costruendo il chiostro con portici e terrazza, travature portanti, solai e centine del quadriportico, colonnette, elementi lapidei e balaustre … “il Fravo Plati All’Insegna della Madonna del Carmine procurò la ferramenta per la scalla in bovolo per le Reverende Muneghe de San Zan Teràn … Antonio Moreschi percepì 9.000 lire per archi e chiavi, colonne, peducci, stipiti, soglie ed architravi per finestre, porte e portoni, e Luca di Bianchi realizzò il pozzo con vera con colonne e scalini … il Terrazzer Giovanni Longo suddivise fra terzi, pavimenti interni e terze sopra il quadriportico e lavori minori ... Zanne Cavazà pavimentò in cotto il Refettorio in bianco e rosso a 14 lire al passo, e gli ambienti al pianterreno e le ali del chiostro ...”
Il Senatoinoltre, autorizzò le Monache ad entrare in possesso di 6.400 ducati offerti da Gerolamo di fu Tommaso dei Nobili Morosini… e il Monastero continuò a ingrandirsi ed espandersi fino al 1728 acquistando tutto l’acquistabile degli edifici confinanti comprese alcune casette contermini rovinose per passi otto di lunghezza e per passi dieci in larghezza sopra le quali si poteva fabbricare ulteriormente … le Monache attraverso la Badessa Chiara Garzari acquistano per 4500 ducati alcune case vicine al Monastero di proprietà di Piero fu Zuanne Minotto e altre case circonvicine ... Il Nobilissimo Vincenzo di Gerolamo Cappello presentò una supplica al Serenissimo Doge per poter acquistare una casa contigua al Monastero che sarebbe pervenuta alle Benedettine per fabbricare delle nuove celle e altri luoghi necessari tramite la Monacazione delle figlie Maria e Laura … Antonio di Zanne dalla Malvasia “… per agiutare esso Monasterio nel presente bisogno della fabbrica che fanno dette Rev.de Madri … ha sborsato ducati 200.”… La Monaca Franceschina Zonlasciò al Monastero diversi stabili in città, beni alla Badia et Bottenigo, depositi al Sal, al Dacio del Vino e capitali in Zecca valutati 11.200 ducati e contanti e preziosi per altri 478,14 ducati. In cambio chiese d’essere sepolta nel Monastero, e che si rileggesse il suo testamento ad ogni elezione di nuova Badessa, scrivendo una lapide e facendo officiare diverse Mansionerie di Messe pagate in perpetuo.
Il Monastero di San Giovanni in Laterano divenne insomma uno splendore, e continuò ad ospitare come educande il fior fiore fra le figlie della Nobiltà Veneziana che contava: Zorzi, Nani, Avanzago, Bragadin, Basegio, Crotta, Donà, Tiepolo, Dandolo, Flangini, Pisani, Soranzo, Contarini, Cappello, Da Lezze, Baglioni, Corner della Regina, Mocenigo, Corner Piscopia e Ruzzini.
Per ben 63 volte le figlie di questi Nobili coprirono la carica di Badessa fra 1578 e 1797. Entravano nell’Educandato tra gli 8 e 12 anni pagando una retta annuale di circa 100 ducati ciascuna, e i Nobili rinsaldavano i legami fra loro con matrimoni incrociati delle ragazze che erano state educande in San Zàn Lateràn.
Si stava bene in San Zàn Lateran, come raccontava e scriveva la Monaca Lucrezia Baritta: “… habbiamo pane, vino, manestra e fuogo dal Monasterio, e tre volte la settimana un poco di carne eccetto che nell’Avvento e nella Quaresima … Così anco in tempo di malattia, il Monastero non paga Medico, né medicine, né altro… e il Monasterio ha fatto ampliamento della Spicieria per levar l’aggravio considerabile di pigliar medicine da altre spezie fuori del monastero … una Monaca si mise a distillar acque medicinali e far altre composizioni di solievo delle inferme …”
Infatti, il Mercante da Colori Zaccaria Perini ci mise dentro come educande le figlie Isabetta e Chiara che visse nel Monastero fino a 82 anni … I Conti Sceriman che abitavano a ridosso del Monastero le figlie Regina ed Elena ... Antonio Cavagnis Mercante da Bergamo mandò educande Bortolacon le sorelle Angela e Regina… Martino Moscheni Mercante mandò le tre figlie di 8, 9 e 10 anni … il Nobile Tommaso di Nicolò Morosini della Sbarra le 3 figlie Adriana, Maria e Chiara… Andarono educande anche Chiara e Pisana Da Lezze che entrarono a 5 e 7 anni vestendo l’abito delle Monache insieme alle zie e Consorelle Maria Chiara Celeste e Maria Fortunata mentre il fratello Andrea Da Lezze sposò a sua volta un’altra delle educande ospite del Monastero di San Zàn Lateràn.
Ancora fra 1717 e 1728, quando nel Monastero vivevano 80 donne fra Monache ed Educande, le Monache acquisirono ulteriori case vicine e parti dell’isola comprandole dagli eredi Molin, Franceschi e Calbo Minotto allargando l’area del Monastero Nuovo. Nel giugno 1728: “… si spesero ancora 16.892 ducati per restaurare il Monastero di ogni sorta di materialli, compresi li materialli vecchi di ogni genere, pagando compreso il disfacimento: Tagjapiera, Mureri, Fravi, Terrazzeri, Verieri, Burcieri per condur via rovinassi, far fori de armadure, far pallade nelli due canali occorendo pur le nuove fondamente …”
Verso metà del 1700 però si ruppe e bloccò qualcosa, cambiarono i tempi, e i modi di vivere e “sentire” anche dei Veneziani.
Quando Pietro Trevisan detto Vettorello barcarol dallaZuecca di anni 44 venne impiccato per ordine del Consiglio dei Dieci perchè aveva strangolato un altro barcarol detto Tombola sotto il Ponte di San Giovanni in Laterano rubandogli tutto, le educande del Monastero di San Zàn Lateràn s’erano ormai ridotte a circa sette in tutto contro le usuali 16, mentre iniziarono anche a diminuire le vocazioni e le monacazioni … Le Monache lamentavano sempre più penuria d’elemosine che annualmente riscuotevano da benefattori sempre più scarsi di numero: “… al cantone ove ora è il ponte di San Zàn Lateran già pochi hanni v’era un Immagine sotto a cui era posta una cassella scrittovi sopra elemosina per il Povero Monastero …”
Il Monastero un tempo illustre versava quasi in miseria, e nonostante le ancora “Nobili Monache” si autotassassero per provvedere ai necessari e sempre costosi restauri, il Monastero versava in situazione finanziaria scadente, e la situazione debitoria lo costrinse a vendere alcune argenterie sacre considerate superflue, e si vendettero anche alcuni “fili di perle e i manini antichi della Vergine” per pagare “la facitura” di certi quadri, e “il servizio” della chiesa.
L’8 maggio 1797 Maria Luigia Ruzzini iniziò il suo mandato triennale di Badessa di San Zàn Lateran con 7 voti a favore delle Monache: Pisani, le due sorelle Frari, Valatelli e Morosini succedendo alla zia Maria Teresa Ruzzini che aveva governato il Monastero per ben sei mandati consecutivi e ininterrotti dal 1779 fino alla morte del 1797.
Nel mese seguente avvenne l’ultimo Capitolo della Storia del Monastero durante il quale si decise per la prima volta d’accettare come Monaca la “non Nobilee Cittadina Antonia Giorda” ... Si era ormai al declino definitivo.
In luglio dello stesso anno, infatti, la Badessa fu costretta a consegnare controvoglia biancheria per rifornire gli alloggi delle Truppe Francesi giunte in Venezia e dislocate nel Monastero di Santa Maria dei Servidi Cannaregio. Offrirono costrette: 6 paia di lenzuola, 12 intimèle, 12 sugamani e 24 tovaglioli ricamati.
In ottobre le 8 Monache Professe e 14 Converse “da scàfa” di San Zàn Lateràn erano ormai ridotte alla fame, tanto che la Deputazione alla Istituzione della Casa Patria inviò loro 620 lire per scaldarsi e comprarsi da mangiare. Un’anziana Monaca di 83 anni morì di tubercolosi polmonare e venne sepolta dentro al Monastero ... Finchè alla porta di San Zàn Lateran giunse a bussare un certo “Sjor” Napoleone.
San Zàn Lateràn delle Monache Nere, infatti, vantò il triste record d’essere stato il primo Monastero di Venezia ad essere chiuso e soppresso dai Napoleonici: le Monache vennero trasferite al Sant’Anna di Castello dove c’erano ad attenderle le poche Consorelle rimaste, così che divennero: 18 Monache Professe e 27 Converse ossia 45 donne in tutto.
San Zan Lateràn divenne caserma … e molto tempo dopo Archivio Notarile … e poi finì in grande, tristo e totale abbandono e rovina.
Oggi San Zàn Lateran non esiste più … è luogo di scuola risistemato, tranquillo liceo di studenti e studentesse chini più o meno sui libri. Non ci sono più le Monache che “fuggono per i tetti” o “imprigionate sotto alla scala a bovolo” del Monastero. San Zàn Lateràn è solo un posto di Venezia quasi anonimo, che nasconde segreti assopiti, vecchie storie sussurrate al vento colte da chi è disposto a tendere l’orecchio e strizzare l’occhio della mente per ascoltare e individuare qualche fantasma trasparente, qualche monito e ricordo fra le inesauribili pieghe traboccanti della Storia della Serenissima.
Sàn Zàn Laterànè muri e ombre che stanno ancora là … Se solo potessero parlare e raccontare …