“Una curiosità veneziana per volta.” - n° 97.
LA FAME VERDE DELLA SERENISSIMA.
A un certo punto della Storia della Serenissima è accaduto ai Veneziani di ieri qualcosa che ancora noi di oggi, che pensiamo di sapere spiegare sempre tutto a tutti, non sappiamo motivare, spiegare e determinare con chiarezza.
E’ accaduto qualcosa d’insolito, quasi incredibile, che ha rotto ogni logica e regola che funzionava da secoli fino a un quel momento … Provate a dirmi che non è vero ? E’ successo che quasi improvvisamente, di certo in breve tempo rispetto all’intera Storia della Repubblica di Venezia, il Doge ha deposto il mantello, le vesti, e il Camauro dorato mettendosi in testa un cappellaccio di paglia, gli illustri e sussiegosi Senatori, i Consiglieri, i Nobili Patrizi, i valorosi Capitani di Mar, i Giudici, i Savi dei Consigli, i Procuratori di San Marco hanno deposto le loro toghe paludatissime e severe, le armature luccicanti e i titoli pomposi per sporcarsi le mani col fango e il concime, indossare grezze traverse, contare sacchi di grano e farina, costruire Barchesse, e roste per i Molini dentro all’acqua impetuosa e lenta dei fiumi Veneti.
Preti, Frati, Monache e Canonici non hanno saputo essere da meno, e anche loro hanno fatto lo stesso lasciando le Chiese, i Santuari e i Monasteri di Venezia addobbatissimi, “vestiti d’Arte leggiadra”, dipinti, scolpiti, ricchissimi e coccolatissimi per andare a relegarsi nelle piccole Cappellette essenziali di campagna dove c’era solo lo stretto necessario per ripetere in sordina i soliti Riti. Anch’essi hanno deposto abiti, tonache, cotte, e indumenti sacri per dedicarsi alle Delizie della Villa, al Verde e alla Natura e per occuparsi di terreni, campi, vigne, prati, orti, boschi, foraggi, bestie e tutto quanto concerneva la vita della così detta Campagna interessandosi d’affitti, vino, bestie, censi, ortaglie, pollame, farina e salumi.
Arrivò un tempo strampalato in cui perfino il Maggior Consiglio venne disertato dai grandi nomi dei Nobili più importanti e famosi della Capitale Serenissima. Le Cronache Veneziane raccontano che si presentavano a Palazzo Ducale solo quattro sbarbatelli brufolosi e incapaci di tutto, senza esperienza e consapevolezza di niente, solo pieni di boria e di voglia di strafare e primeggiare … tanto che i pochi Saggi rimasti scuotevano la testa desolati e perplessi, ripensando a quando in quelle sale s’inventava per davvero la Storia di buona parte del Mondo di allora, di certo di quello Mediterraneo.
Allo stesso modo e nello stesso tempo nella città Lagunare sempre scintillante di bellezza e di vitalità vispissima, erano diventati assenti dall’Emporio di Rialto, dai Fondaci, dai Mezzanini e dai Banchi di Piazza tutti coloro che avevano fatto grandissima Venezia Serenissima col Commercio e la Mercandia solcando i Mari, valicando i Monti, e varcando i confini del Levante e del Ponente fin dove era possibile arrivare … e andando anche oltre.
Era quasi misteriosamente scomparsa del tutto la folla dei Notai, dei Banchieri, dei Mercanti, degli Assicuratori, degli Avvocati, dei Patroni di Nave, dei Senseri che procuravano e gestivano gli affari, dei Marinai, degli Agenti e Fattori d’oltremare, e dei grandi Viaggiatori Esploratori e Appaltatori … e le Galee delle Mude che un tempo partivano “a grappoli” armate e cariche fino all’orlo di rematori, merci, soldi e soldati rimanevano issate o rovesciate con le chiglie all’aria sugli scivoli e sotto le tese deserte dell’immenso Arsenale. Le botteghe, e i magazzini sotto alle volte e i portici delle Contrade languivano con poche cose esposte … Rimaneva sì nell’aria quel profumo, quei colori, quella voglia di vendere, comprare e trafficare, e quel fascino esotico e multiforme animatissimo da kasbah … ma non era più com’era un tempo.
Che cos’era accaduto ? Dov’erano andati tutti ?
I Veneziani s’erano trasformati, erano divenuti fanatici del Verde, della Terra, della Natura e della Campagna. Divenne come una fame insaziabile, una necessità irrinunciabile, una voglia irresistibile che s’allargò a macchia d’olio in laguna coinvolgendo tutti sempre di più. Fu come una pioggerellina fine che piano piano s’ingrossò fino a diventare temporale e nubifragio mentale che inzuppò ogni persona da capo a piedi portandoli fuori da Venezia. La Serenissima di sempre subì come una trasformazione, anzi, una trasfigurazione di se stessa. Scoprì insomma un valore aggiunto fino ad allora poco considerato. Il Verde, la Terra e la Natura divennero una nuova vocazione dei Veneziani.
Terminò quasi di botto la stagione del Mare, della Navigazione e della Mercandia, i palazzi sul Canal Grande e suo Campi di Venezia lasciarono il posto alle Ville, i Canali alle Riviere, i Bucintori dorati e le Peote da Regata vennero sostituiti dai Burchielli e dai pigri Burci pesanti che scendevano lungo i fiumi tirati dei cavalli lungo le “sponde-rastere”. Le scalinate dorate e ricoperte di stucchi lasciarono il posto alle gallerie di Rose e Glicini, alle Limonaie e alle Orangerie, alle sale da ballo sature di Musica, Poesia e Teatro della Campagna. I Veneziani Nobili abbandonarono le stanze affrescate nostalgicamente d’uccelli palustri e piante, i giardini asfittici e gli orti “stitici” chiusi dietro ad alti muri e con poco sole, quasi strappati a forza dalle acque limacciose della Laguna, e lasciarono spazio alle distese aperti dei grandi Parchi ariosi delle Ville ricchi di fontane, amene collinette, grotte e boschetti evocanti momenti “Sacri e Magici”. Gli angusti Teatri cittadini del Carnevale lasciarono il posto alle arene all’aperto, ai labirinti Verdi, ai giardini ubertosi e alle file senza fine di alberi che accompagnavano quasi senza discontinuità le curve dolci dei tanti Canali e Fiumi che s’addentravano fin nel cuore “saldo” della Terraferma.
E fiori su fiori … distese di fiori … e arbusti, alberi, filari lunghissimi di Pioppi, Salici, Gelsi, Magnolie, Cipressi, Querce, Olmi, Platani, Bagolari … e gustosissimi e coloratissimi Peschi, Ciliegi, Meli, Cachi … e Viti e Ulivi … ed Edere, Rampicanti di ogni sorta capaci di ricoprire tutto come una coltre tiepida e protettiva … e piante mediche, Erbe Semplici dalle ancestrali e segrete doti medicamentose e risananti, dagli effetti quasi magici oltre che benefici.
Ecco dov’era nascosto il mistero che calamitò e rapì i Veneziani di quell’epoca che divenne “felice” quanto bucolica !
Tutto quel Popolo di Veneziani, tutti quei grandi Nomi, tutta quella gente che era rimasta stipata e costretta per secoli dentro alle scomode quanto anguste navi, disertarono il Mare e il Commercio per spalancarsi, concedersi e lasciarsi prendere da un “qualcosa” che fino ad allora avevano fin troppo trascurato: i grandi spazi aperti e liberi del Verde e della Natura.
Vi ricordate quel famoso condottiero antico Romano che a un certo punto dopo l’ennesima battaglia, e dopo aver salvato Roma, mollò tutto e disse: “Me ne torno ai miei campi !”… Era Cincinnato mi sembra. Ebbene i veneziani fecero qualcosa di simile: basta navi, Dominio da Mar, naufragi, tempeste, diarrea a bordo, cibi malfermi e panbiscotto, vino annacquato da quattro soldi, topi, sporco, ristrettezze, puzzore di ogni tipo, compagnia obbligata di galeotti al remo pronti a risse e a combinarne sempre di nuove, pirati e tutto il resto. Basta con tutto ciò ! Basta con Porti e Portolani, scambi, traffici, compravendite, ruberie, carovane, carovaniere, caravanserragli, oasi e vie delle Asie e dell’Africa, e tutte quelle cose e persone e usanze di ogni genere … Basta !
I Veneziani volsero le prue alla Terra, e issarono e tirarono in secco le barche di sempre abbandonandole quasi del tutto.
Finalmente, invece, un po’ di pace, di distensione, di calma, di gaiezza e di godimento dei sensi e un po’ di quieto vivere gustoso. I Veneziani scoprirono quello che molti altri avevano scoperto già da molto tempo … In verità fu come scoprire “l’acqua calda”,ma i Veneziani, soprattutto la loro elite, fecero fagotto, lasciarono la Laguna e si diedero alla vita bucolica e agreste. E per loro fu come rinascere.
Lo dimostrano ampiamente l’immensa schiera delle centinaia di Ville splendide che punteggiano ancora oggi l’intero Veneto e anche oltre. Ovunque progressivamente divenne “Terra di Venezia Serenissima”, e Nobili, Cittadini, Clero e meno nobili fecero a gara per decine e decine di anni, per un paio di secoli e più, per procurarsi il più possibile terreni, latifondi da bonificare, paludi da dissodare, campi senza fine, boschi, acque e proprietà di ogni tipo ed estensione da accudire e coltivare.
I posti presero perfino il nome dei Veneziani che li occuparono e gestirono: Pettorazza Grimani, Morosina, Gradeniga, Barbarara, Badoere, Contarina, Papozze…
Negli angoli segreti degli splendidi Parchi di Villa Pisani, Emo, Nani e di molte altre Ville sono spiegati i motivi di questo gran cambiamento, c’è come il volto del perché di quella grande svolta Verde dei Veneziani verso la Terra e la Natura. I Veneziani lasciarono a Venezia le loro certezze di sempre su cui avevano fondato i loro evidenti successi di Governo, Politica e Religione, e si preoccuparono di assimilare e dedicarsi ad altri contenuti che avevano trascurato e che invece meritavano la loro attenzione.
Che cosa aveva preso i Veneziani ?
La spiegazione la fecero scolpire nella pietra. I Giardini si riempirono di statue dedicate ai Sensi: all’Odorato dei profumi, al Gusto, alla Vista, l’Udito e il la palpabilità del Tatto … Così facendo i Veneziani riconobbero e affermarono che nella vita c’è dell’altro da considerare. Scandirono nella pietra i volti del Tempo, dei Mesi, deiGiorni e delle Stagioni, così come monumentalizzarono anche: la Fatica, l’Abbondanza, la Grazia, la Bellezza, l’Amore, la Leggiadia… Sempre nella pietra spiegarono che l’idea del Mondo non può comprendere solo i soldi e il commercio, ma dissero che c’era da apprezzare e valorizzare anche: Musica, Poesia, Letteratura, Scultura, Scienze Matematiche, Filosofia, Pittura, Danza, Teatro, Architettura… Affreschi vivaci e coloratissimi tappezzarono le Ville spiegando a chi li osservava che il Mondo è grande e curioso: non è solo Venezia, ma anche Africa, Asia, America… e nuovi Continenti ancora da scoprire e considerare.
Ma c’era anche qualcos’altro di più che meritava d’essere compreso oltre i soliti parametri economici: il Mondo era ache un miscuglio curiosissimo e interessante d’elementi nascosti, alchemico e palese: d’Aria, Acqua, Fuoco e Terraaffidato e impastato dagli enigmi del Tempo … il Mondo è anche Flora e Fauna, anzi: è anche qualcosa di sfuggente e impalpabile come Zefiro, i Satiri, le Ninfe, le Aguane… e più in alto, sopra le teste, il Mondo è anche le Stelle e Costellazioni dell’Astronomia. Inoltre c’è molto altro di sfuggente che spesso si è portati a ignorare ma è espresso e rappresentato e sottointeso nei Miti raccontati mille volte dagli Antichi come quelli di: Arianna, Teseo, Ercole, Ganimede, Narciso, le Nereidi, Orfeo, Perseo, Leda, Paride, Orlando e tutti gli altri … un racconto senza fine che Parchi e Giardini non riescono a contenere e dire a sufficienza.
Il Verde suggerì ai Veneziani un immenso senso di libertà e leggerezza:
“… la mente umana non deve ristagnare nelle strettezze delle consuetudini di sempre, nei dogmi precostituiti della Religione e del classico “Buongoverno” ... La Campagna suggerisce che esiste un “surplus godibile” a tutte le solite consuetudini, esistono altri valori che trasondano ed esuberano oltre il nostro solito considerare. Sono valori già conosciuti dagli Antichi, valori concentrati e impersonati nelle figure degli Dei Immortali come Apollo dell’Armonia e della Luce, Bacco dell’evasione e dell’esuberanza euforica e incontrollata, Giove della Potenza Creativa infinita, Cibele della Generazione e del Ripetersi delle cose e dei Viventi, Diana della Caccia, Giunone della femminilità sponsale ed erotica, Marte del Sangue dato e perso, Mercurio della novità, Minerva Sapienza Medica, Nettuno dei mari e delle profondità acquatiche misteriose … e tutti gli altri che popolano le nostre Leggende Antiche.” spiegava in una sua lunga lettera un Nobile Emo di Venezia datosifelicemente“alla Villa e alla Vita di Campagna”.
I Veneziani comunque non si sbilanciarono, nè persero “la tramontana” tradendo se stessi e la loro identità di sempre. Non è che dandosi al Verde della Terra fossero diventati vanesi e vuoti, anzi. Sempre le pietre scolpite nei Parchi ripeterono per secoli che per ben vivere serve non serviva solo la Spensieratezza ludica, libertina ed evasiva, ma era necessaria anche la Vigilanza, e un mix di utili Virtù come Prudenza, Temperanza e le altre, così come per “star bene” serviva evitare i Vizi e gli eccessi inutili come: Accidia, Invidia, Ira, Gola, Superbiae altro ancora.
Con quella grande apertura e trasfigurazione culturale a cui andarono incontro i Veneziani, maturò e si dilatò la loro consapevolezza esistenziale e la loro lungimiranza dando uno spessore e un senso diverso alla loro Storia Serenissima.
“Perché affannarsi tanto a conquistare il mondo e le cose, se poi perdi di vista te stesso ?” commentò un altro Nobile Veneziano smanioso delle “beltà della Villeggiatura” ancora alla fine del 1700. C’è stato perfino uno di loro che per un intero anno pagava un intero paese perché i giovani paesani s’ingegnassero nell’imparare, studiare e recitare commedie, rappresentazioni, drammi e teatro per rappresentarli quando lui si recava lì “in Vacanza da Venezia con la sua famiglia”.
“Vivere il Verde e la Villa ! … Quello è bel vivere!” ripeteva spesso a se stesso e agli altri rendendolo quasi suo motto.
Era l’eco di un “sentire comune”, di una Civiltà Veneziana delle Ville, i cui segni hanno bellamente trapuntato l’intero nostro Veneto Serenissimo diventando Storia e nostro insigne patrimonio culturale di cui ancora oggi godiamo ... e forse partecipiamo mentalmente.