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“L’OREFICE ADDORMENTATO DI RIALTO.”

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“Una curiosità veneziana per volta” – n° 99.

“L’OREFICE ADDORMENTATO DI RIALTO.”

Venezia come il resto dei posti è quasi invasa dai “segni e frutti” di quest’ultima stagione di crisi economica. Fra questi ci sono i mille negozietti spesso ambigui e chiacchierati dei “COMPRA-VENDO ORO”, che con tutto rispetto per chi lavora, a me e non solo a me fanno molta tristezza. Dico questo perché qui da noi a Venezia, sotto ai Portici e ai piedi del Ponte di Rialto si sapeva non bene, ma benissimo che cos’era l’Oro e gli Oresio Orefici, così chi erano e che cosa sapevano creare e vendere i Diamanterida Duro e da Grosso, e i Giogelieri o Zogielieri.
Di tutto quel mondo ricco, scintillante e un po’ fabuloso di Artieri provetti dalle manine letteralmente d’oro, oggi a Venezia sopravvivono solo le ombre … o forse gli sbadigli.

C’è ancora una botteguccia nei pressi di Rialto che osservo ogni tanto, mi colpisce ogni volta per la sua curiosa scena. Illuminata da una tenue e fredda luce al neon sembra un ambiente smunto, quasi pallido e malato, un po’ dimesso. L’unica luce buona più intensa e sempre accesa è quella posta sopra al desco da lavoro posto in un angolo accanto al massiccio bancone. Sopra lì stanno abbandonati monocoli, pinzette, piccoli cacciaviti e tutta una serie di minuscoli quanto strani martelletti.
Sempre lì dentro e sopra al bancone fuori moda, proprio in mezzo, campeggia una bilancia di precisione con i piatti ossidati, mentre in corrispondenza proprio di sotto sul pavimento sta sempre un vecchio cane acciambellato intento a sognare tempi migliori. L’Orafo è sempre presente “da mane a sera”, ed è un po’ come la sua bottega. Se ne sta con gli occhiali posti sopra alla punta del naso a leggere il quotidiano di cui ogni giorno sviscera tutto fino all’ultimo annuncio … La giornata è lunga da trascorrere, e il tempo non gli manca … Quel che manca sono i clienti, oltre che i capelli sulla testa volati via insieme agli anni.
La moglie, avvenente commessa un tempo, rimane per gran parte della giornata seduta accanto al marito con le gambe gonfie alzate sopra ad uno sgabelletto … Anche lei se ne resta muta e placida intenta a sferruzzare all’infinito per i nipotini.
E sembrano quasi in pendant: una volta l’uno, e una volta l’altra … Lui ogni tanto “pisola” ciondolando di qua, mentre lei “gli fa il verso e il ritornello”appoggiando il mento sopra il petto prosperoso russando a sua volta di là.

“C’è un’umidità perenne sotto a queste volte basse dove non arriva mai a battere il sole … Dopo tanti anni ci è penetrata dentro fin nel più profondo delle ossa … Ci fa quasi compagnia al posto dei rarissimi clienti …”

“Non abbiamo più in vetrina quella merce ambita, sofisticata e “di buona mano” che un tempo richiamava acquirenti da ogni parte di Venezia, della Laguna e anche da fuori … Oggi c’è solo un po’ di “roba” firmata, tutta uguale, proveniente da altrove, qualche patacca e qualche orologio di marca … e poi la solita paccottiglia di cinturini, bigiotteria e collanine senza pretese buone per ogni tasca.”

“Credo che perfino ai ladri non interessiamo più … e qui dentro siamo tutti a turno come quello là …” e mi hanno indicato un gatto pasciuto, indifferente e addormentato in un angolo, proprio sotto “alla mostra” della vetrina. “Anche lui è stanco d’inseguire i topi che non ci sono più ... Anche lui non ne ha più per nessuno, non ha più motivi per darsi da fare … come noi che siam qui veci e stanchi e in attesa d’essere “bonificati”.”

“Se voleste potrei e saprei ancora costruirvi di tutto … Basterebbe solo che tiraste fuori i soldi per pagare.” ha aggiunto ironico l’anziano Orese un po’ rassegnato alla fine dei discorsi.“Ormai sono quasi “cotto” e da pensione … e penso che fra poco chiuderò baracca e burattini lasciando il posto a un altro bugigattolo che venderà souvenir provenienti da Taiwan e dalla Cina … Ormai a rimanere qui non c’è più alcuna convenienza … anche perché l’affitto da pagare è diventato quasi una specie di bestemmia …”

Eppure lì da quelle parti e sotto alle volte di quei stessi portici, nella Ruga degli Oresi di Rialto un tempo è passato “il Mondo”, ossia molti di quelli che contavano … L’Imperatore Federico II ordinò a Marino Nadal Orefice di Venezia l’esecuzione di una corona aurea ornata di perle e gemme, e in seguito anche il suo ricchissimo trono ... ma non lo pagò mai. L’Orese perciò si rivolse al Governo della Serenissima che semplicemente mise e mantenne l’Imperatore in debito e mora finchè pagò per intero tutto il dovuto … Il Re d’Ungheria, invece, commissionò a Venezia preziosi paramenti dorati per la sua corte ... Carlo II di Napoliarricchì il tesoro di San Nicola di Bari con vari oggetti “ad opus venetianorum” ... e perfino dal lontano Monte Athos della Grecia, l’unica Repubblica Monastica e Teocratica del Mondo, un potente Archimandrita ha attraversato il Mare Egeo, il Mediterraneo e risalito tutto l’Adriatico per giungere fino a Venezia a bussare nelle botteghe degli Oresi de Rialto per ordinare Reliquiari cesellati e preziosi per contenere i “Sacri Resti del Giardino della Madonna” ossia la Penisola Athonita dei Monaci Ortodossi.
Nel 1495: Paolo Rizzo che aveva bottega sotto ai Portici d Rialto “All'Insegna della Colombina” stimò le gioie date in pegno alla Repubblica di Venezia da Lodovico il Moro… Negli stessi anni Domenego Orese vantava crediti da personaggi come Mattia Corvino Re d'Ungheria, la Regina Beatrice, Ferdinando Re di Napoli, Innocenzo VIII, Lorenzo e Giuliano dei Medici, e dai Signori di Pesaro ... Durante il 1500 Pascià Ulug-Alì che combattè a Lepanto come Comandante della flotta Turca, ordinò all’Orefice Battista Rizzoletti con bottega a Rialto “All’Insegna del Gesù”, un cofanetto d’argento per gioie destinato alle Sultane … Lo stesso noto Diarista Veneziano Marin Sanudo raccontò di aver venduto a Rialto: “… un anello d’oro, sopra al quale è un horologio bellissimo, qual lavoro dimostra le ore et sona, et quello vuol mandare a vendar a Costantinopoli …”
A metà del secolo seguente l’Orese Rialtino Ortensio Borgisi tagliò a forma di “rosa" la famosa pietra preziosa "Gran Mogol" appena scoperta … e nella stessa epoca Antonio Maria Cavalli, facoltoso uomo d' affari e Priore del Pio Luogo delle Zitelle, intrattenne rapporti commerciali con Orefici e Mercanti di Napoli, Roma, Bologna, Firenze e Cremona. Tra i suoi clienti c’erano le Nobili Famiglie Memmo, Pesaro e Borghese, e il Conte Mortsin Gran Tesauriero di Polonia che si rivolse a lui per incastonare una partita di preziosi.
L’Arte Orafa di Venezia eccelleva insomma nell’intero mondo d’allora, e i più grandi Signori d’Italia volevano avere “… le cose rare et divinae lavorate da Paolo Rizzo che si firmava Paulus Ageminus, ageminatore finissimo delle botteghe di Ruga degli Oresi dove splendevano anelli, collane, braccialetti, cinture, bottoni, catene, cibori e ogni altro oggetto da chiesa …”

L’Emporio di Rialto era una miniera d’oro e preziosi, una fucina inimmaginabile di creazioni meravigliose, e allo stesso tempo luogo di abili compravendite, creste sui prezzi, valutazioni azzardate, liti e controversie e grandi arricchimenti per qualcuno.

Nel marzo 1532, i figli del Bailo Veneziano a Costantinopoli si consorziano per ordinare a due famosi Oresi di Rialto: Lodovico Caorlino e Vincenzo Levriero, un oggetto preziosissimo da mandare a Costantinopoli per venderlo al Sultano. Il manufatto era: “… un elmo con quattro corone tempestato di gioie, pennacchio d’oro lavorato exelentissimamente con ligati 4 rubini, 4 diamanti grandi et bellissimi, valeno li diamanti ducati 10.000, perle grosse de carati 12 l’una, uno smeraldo longo et bellissimo, una turchese grande et bellissima, tutte zoie de gran pregio; e nel pennacchio v’era una pena de uno animal che sta in aere et vive in aere fa pene sottilissime et de vari colori venute de India, val assai denari …”.
L’originale gioiello venne affidato al Mercante Marcantonio Sanudo dandogli subito 2.000 ducati per favorirne la vendita, e promettendogli il 2% sul ricavato finale. Sansovino racconta che Solimano II rimase stupefatto di fronte a quella meraviglia, e che committenti e Mercante Veneziani divennero ricchi.
Si fa ancora memoria che Re Enrico III desiderasse molto possedere uno scettro d’oro ornato con pietre preziose esposto nella vetrina degli Oresi Dalla Vecchia di Rialto, e che questi abbiano rifiutato la sua offerta di 26.000 scudi d’oro per averlo giudicandola insufficiente.
Furono inoltre ricchissimi ma soprattutto abili gioiellieri del 1600 Veneziano: Marco Imberti che aveva bottega “All' Insegna del San Michiel”, e fu anche Priore dell'Arte degli Oresi nel 1631; e l’Orese Andrea Balbi con bottega "Al Cappello"in Contrada di San Moisè.

L’Arte-Mestiere degli Oresi era fra quelli scolpiti sugli Arconi della Basilica dorata di San Marco e sui Capitelli di Palazzo Ducale … Faceva parte di quelle Arti e Mestieri che avevano fatto grande la Serenissima al pari del suo gran darsi da fare e Mercanteggiare sopra e dentro ai Mari del Mediterraneo e lungo le Carovaniere dell’Asia e dell’Africa e del lontano Oriente e Occidente Europeo.

La Zecca della Serenissima apponeva sugli oggetti preziosi prodotti a Venezia ben cinque bolli e punzoni: quello del Maestro, quello della Bottega, i marchi di controllo settimanale sulla purezza dell’oro e a caccia di frodi dei Tastadòri e Tocadòri Ufficiali de Zecca, e il punzone di “garanzia e qualità” ossia il Sigillo di San Marco con il Leone Marciano “in moleca”.
Tocadòri della Serenissima duravano in carica due mesi, ricevevano dall'Arte stessa un compenso simbolico, e dovevano mettere per iscritto l'esito delle loro ispezioni. Erano quattro divisi in due gruppi: i "Tocadòri de Dentro li Ponti" che visitavano le botteghe al di qua del Canal Grande, e i "Tocadòri de Fora de li Ponti" che ispezionavano le botteghe poste al di là del Canal Grande e del Ponte di Rialto.
Nel gennaio 1340, l’Orese Leonardus Rosso vendette come autentica e di qualità dell’argenteria fatta in lega d’argento scadente. Confessato il crimine, venne condotto legato con un cartello al collo da San Marco a Rivoaltumattraverso la Ruga degli Oresi proclamando la sua colpa. Non potè più esercitare la sua professione, e venne condannato a un anno di carcere.

Altri tempi ! … che sembra non siano neanche mai accaduti.

La maggior parte degli Oresi di Venezia teneva bottega soprattutto a Rialto in Ruga Vecchia di San Giovanni detta anche Ruga dei Oresi o degli Anelli, e assieme agli Intagliatori di Diamanti, i DiamanteriVeneziani erano super specializzati nel lavorare a cesello, bolino e sbalzo, “a filigrana”, e a intarsiare ad “agemina” applicando su metallo altri metalli diversi, cristallo di monte, smeraldi, rubini, diamanti, granati e smalto realizzando: collane, bracciali, monili o entrecosei (intrigosi)in raffinata maglia d'oro che vendevano a Rialto o esportavano ovunque con gran puntualità e in gran segreto.
Oresi e Diamanteri producevano anche i famosi Manini o Armille d’oro tempestati a volte di preziosi, cioè quelle lunghissime catenelle formate da anelli minutissimi che formavano vere e proprie matasse d’oro.
Fin dal Capitolare degli Oresi del 1233 era vietato per gli Oresi incastonare pietre false o di vetro, e proibito il commercio di ori, argenti e gemme da parte degli Strazzaroli e degli Ebrei ... Dopo la metà del 1500 la Schola degli Oresi acquistava "1.000 corbe annue de carbon"e le dispensava gratuitamente ai Compagni Oresi più poveri perchè risparmiando su quella spesa potessero lavorare e commerciare più serenamente.
Nel 1601 il Doge Marino Grimani concesse agli Oresi con l'onere di offrire ogni anno al Doge due pernici il giorno di Santo Stefano, di poter costruire un loro Altare dedicato a Sant’Antonio Abate, Patrono dell'Arte degli Oresi, "a man sanca de la porta granda", e di mettere un Banco di rappresentanza nella di San Giacometto ai piedi del Ponte de Rialto in Ruga degli Oresi dove varie volte l’anno, ma soprattutto il Giovedì Grasso si teneva “la caccia dei tori”.

Esiste una nota curiosa redatta fra 1599 e 1605 in cui si attesta che l’Altare degli Oresi costruito in San Giacometto di Rialto venne fabbricato acquistando marmi e colonne dell’antica chiesa dell’Isola di Poveglia spendendo complessivamente lire 2315 e soldi 12.

“Si fa nota in questo libro a perpetua rei memoria, de tutte le spese che fu fatto nel far l’Altar nostro de Zoiolieri et Oresi nella chiesa de San Jacomo de Rialto in Venetia … per spesi in gondola si andò a Povegia per veder una quantità di pietre serpentine et altre in chiesa de Povegia … per spese in gondola si andò a Povegia con persone dell’Arte a veder le sopraditte pietre … per spese in gondola si andò a Povegia con un Protto e un Tagjapiera … per contadi a Messer Zuane Tagjapiera per sue mercede, vene a Povegia per conseggiar delle dette pietre … per contadi similmente a Messer Domenego Tagjapiera per conseggiar delle ditte … per contadi al Clarissimo Sjor Tomaso Zustinian per pagamenti d’un safil azuro, fu comprà per donar al Reverendo Prior di Povegia acciò consentisse di vender ditte pietre … Per spesi in far acconzar detto safil … Per contadi al Sjor Gerolamo dal Stendardo Orese per l’ammontar d’un secchiello d’arzento da donar, et fu donato insieme col safil al detto Reverendo Priore de Povegia … per spesi in gondola si andò a Povegia per comprar dal detto Reverendo Prior due collone de marmoro …”

Il Priore dell’Arte degli Oresi rimaneva in carica per un anno, e veniva scelto ed eletto una volta fra gli Oresi della Ruga Granda de Rialto e la volta successiva fra quelli della Ruga degli Anelli.

Nel 1630 dopo la grande pestilenza che devastò l’Europa e accoppò metà dei Veneziani, la Schola degli Oresi de Rialto commissionò ai suoi Oresi un prezioso quadro-icona d'argento con "il Crocifisso, San Rocco e San Sebastiano da una parte e Sant’Antonio Abate dall'altra tutti in rilievo e con soàze (cornici) di ebano e foglie d'argento",che veniva portato "in procissiòn traversando Venesia fino alla giesja de San Rocco il giorno de San Bastian in rengraziamento per la scampada pestilenza.”
Parallelamente l’Arte si costruì fin dalla fine del 1600 per le proprie riunioni e convocazioni un “Alberghetto de la Schola” in Campo Rialto Novo (all’anagrafico odierno San Polo 554) foderato all’interno con dossali in legno, dove sulla lunetta in ferro battuto sopra la porta, sono visibili ancora oggi le iniziali: “S.O." ossia Schola degli Oresi.

Nel 1552 e 1553: la Schola ingaggiò ben due Compagnie di Cantori per celebrare la festa del Titolare: quella di Pre’ Alvise delle Villotte Cantore di San Marco, e quella di Messer Pre’ Marco Moschatello Piovano di San Silvestro, ossia le migliori Compagnie di Cantori di Venezia … Nel 1596 si concesse all’Arte degli Oresi e dei Marzeri il privilegio di esenzione dal servizio personale come “vogadori” nelle galee di Stato pagando sostituti come facevano gli iscritti alle Scuole Grandi di Venezia.

Fin dal 1379 gli Orefici distribuivano alle “figlie povere dell’Arte” doti di 106,1 ducati in media e altre da 35 a 200 ducati … e ancora nel 1600 per incrementare il Fondo d’assistenza per i “poveri dell’Arte”, gli Oresi depositarono 100 ducati con interesse del 4% presso i Monaci Benedettini di San Giorgio Maggiore ... Santo Zambelli di Bernardo Orefice in città “Al Segno del Santo Iseppo di Rialto” lasciò nel 1667 all’Arte degli Oresi un Legato di 1500 ducati da investire in perpetuo e destinarsi come dote per quattro fanciulle figlie di Confratelli Oresi da maritare o monacare. Lasciò inoltre altri 150 ducati perché fossero fatti “… nel tempo de mesi doi un paro de candelieri d’argento per uso della Schola … come segno de devotion, e a suffragio de la me Anema …”

Nonostante nella Storia di Venezia ogni tanto si decretasse a favore dell’Austerità e della Morigeratezza e contro il lusso degli abiti, delle acconciature e dei gioielli, come nel maggio 1529 quando si proibì ai Nobilhomeni e Nobildonne d’indossare: “Alcun lavoro fatto per man di Orese, ma possino portar scuffia d’oro o d’argento … al cabezo possino portar gorgiere o camisole …”; ancora nel 1733 gli Oresi che si contavano a Venezia, iscritti regolarmente alla loro Schola erano 416 attivi in 122 botteghe insieme a 204 Gioiellieri da Falso(bigiotteria), e 101 Diamanteri da Duro e da Tenero … Una piccola folla di più di 720 Artigiani specializzatissimi, creativi, scaltri e operosi quasi tutti assiepati sotto ai Portici e alle Volte di Rialto.

Trovarne qualcuno adesso !

Nel dicembre 1757 la Zecca della Serenissima elencò in un proclama a stampa le leghe consentite agli Oresi, i prezzi, i controlli e le garanzie per i compratori. Si distingueva la produzione di Oresi, Diamanteri e Gioiellieri in: Capi Voluttuosi o di Lusso e Capi Comuni.
Erano considerati Capi voluttuosi o di Lusso: le “Bozzette da spiriti” tutte d’oro e di cristallo con oro, le “Catene d’orologlio” per donna e uomo, gli “Equipaggi per dame”, i  “Sigilli-Matrici”tutti d’oro e con cristalli e  corniole, i “Bossoletti per attacar alli orologlii”, le “Scatole” decorate grandi e piccole, i “Cerchi o Soàze” per scatole e ritratti, le“Guarniture e Taccuini”, i “Pomoli da baston”, le “Casse e sopracasse lavorate per gli ororlogli”, le “Bruitole”, i “Tirabusoni, guarniture e cartellini per frutti”, i “Calamaretti da scarsella”, le “Fiube lavorate”, e i “Bottoni da camisa a filo d’oro ad uso di Francia”.
Ogni oggetto venduto doveva essere “saggiato” preventivamente in Zecca, ed essere accompagnato da una polizza sottoscritta dall’Orefice come certificato di garanzia.

Venezia è stata, insomma, e lo è ancora oggi in parte, una miniera di “Ori”d’ogni sorta. Sparsa per chiese e musei si conserva ancora una montagna di Calici, Ostensori, Reliquiari, Pissidi, Paci, collane, posate, coppe, candelabri, Cartegloria, anelli, ex voto, pugnali, monete, paramenti, corone, vasellame, scudi, bottoni di filo dorato, e decorazioni d’oro d’ogni tipo.
Anche a me personalmente è toccato più volte nel passato l’onore-onore di rivestire e ingioiellare con le mie mani la Madonna della Salute il giorno della sua festa il 21 novembre … Ogni anno la si ricopre letteralmente d’oro ... o meglio: di quell’oro che Napoleone ha “gentilmente”lasciato ai Veneziani.
Infatti, tutto ciò che ho provato a raccontarvi è accaduto fino al 1804 … quando si è presentato a Venezia quell’ometto piccolo ma potente …  che ha intascato tutto e disfatto malamente tutto il resto.


La Schola degli Oresi secolarizzata e spogliata si scorge ancora oggi in Campo di Rialto Novo ed è servita o serve ancora come deposito sussidiario dell'Archivio di Stato di Venezia, mentre nella chiesa di San Giacometto accanto al Ponte di Rialto è ancora visibile il bell’Altare della Schola degli Oresi con l’austera statua nera di Sant’Antonio Abate di Gerolamo Campagna ... poco distante il vecchio Orese continua a “pisolare”i suoi sogni beati.


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