“Una curiosità veneziana per volta.” – n° 104.
SAN BORTOLOMIO DI MAZZORBO … CHI ?
“Nei tempi felici la parte orientale del piccolo arcipelago dell’isola di Mazzorbo era divisa in due singole Parrocchie e Contrade: quella di San Pietro e quella di San Bartolomio unite e divise dal resto di Mazzorbo che stava oltre l’omonimo Canale da un paio di traballanti quanto esili ponticelli …” fin qui le cronachelle storiche più che recenti.
Si sa bene che delle Contrade di San Bartolomio o “San Bortolo e San Piero de Mazorbo” facevano parte anche i Monasteri di Sant’Eufemia(il cui vero titolo sarebbe stato: Sant’Eufemia Vergine e Martire e Santa Dorotea, San Tecla e Sant’Erasma … un po’ lunghino in verità) e San Maffio e Margherita, mentre nella parte più nobile delle isolette, popolate, vive e attivissime, sorgevano le chiese e Monasteri dell’Anzolo Michel, Santa Maria e Leonardodetta di Valverde, San Cosmo e Damiano, San Steno ossia Stefano che era anche Parrocchiale, Santa Maria delle Graziee Santa Caterina poi anche Pietro con tutte le loro ricche pertinenze.
Si trattava sicuramente di posti e Monasteri relegati in fondo alla Laguna di Venezia, ma non erano di certo Conventucoli di morti di fame e senza nome perché ospitavano e custodivano le figlie delle ricche e potenti famiglie Nobili di Venezia.
Solo a puro titolo d’esempio: nel Santa Caterina c’erano le figlie dei Dolfin, dei Polo, dei Michiele dei Da Lezze, nel Sant’Eufemia c’erano quelle dei Tasca, Pisanie Zeno, mentre presso le Cistercensi e poi Benedettine di San Maffio c’erano le figlie dei Morosini, Minio, Corner, Gabrielie Selvatico, e alla “Valverde” c’erano quelle dei Donà, Zane eBaffo e così via …
Non c’è moltissimo d’eclatante da sapere sulle antiche Contrade delle isole di “Mazzorbo o Maedium Urbis o Maiurbo” perché oggi tutto è sepolto, cancellato e dimenticato … Forse tanta Storia non è mai stata scritta perché fatta da cose ed eventi troppo piccoli, considerati forse banali e solamente quotidiani vissuti da gente qualsiasi senza nome e con un volto che si poteva dimenticare … anche se Nobile.
Mazzorbo era “luogo de barene, et terrae acquee et piscatorie …” dove venne concesso ai Nobili Malipiero d’ancorare alcuni loro molendini ad acqua su certi rami lagunari in cui scorreva “acqua viva”… Lungo gli stessi canali bassi e incerti di Mazzorbo e di Torcello passavano già nel 1292 le barche clandestine dei Lanieri di Treviso che portavano i prodotti dalle loro “folladure”fino al neonato Emporio di Rialto spacciandole per pezzature Veneziane autentiche. Evitavano così l’esosità dei dazi della Serenissima, contrabbandando attraverso quei luoghi impervi e isolati, e sfidando gli occhi attenti e l’orecchio lungo dei Gabellieri di Venezia: “… a cui uno sfuggiva ma trenta ne prendevano ...”… Infatti ancora nel 1480 gli integerrimi Governatori alle Entrate della Serenissima a cui non sfuggiva nulla, concessero agli abitanti di Murano, Torcello, Mazzorbo e Burano di trasportare nelle loro terre maiali per uso personale esenti da dazio.
Proprio in quei luoghi paludosi e remoti un primo documento incerto colloca nel 1244 l’esistenza della chiesa di San Bartolomeo di Mazzorbo, mentre si sa che venne certamente soppressa ufficialmente nel 1633. A dire il vero “San Bortolo de Mazorbo” non era neanche una vera e propria chiesa, ma sembra sia stato solamente un semplice Oratorio di campagna ... anche se lo Zanetti annota che dentro c’era una tavola con un “San Bernardo” dipinto da Antonio Zanchi.
In quello stesso documento del settembre 1244 si racconta che una certa Alda da Ponte del Confinio di San Pietro di Mazzorbo davanti al Notaio Jacovus Corrado Arciprete di Torcello vendette per lire 9 di denari Veneti a Pietro Navager della Contrada Veneziana di San Giacomo dell’Orio una terra sita nell’isola di Mazzorbo in zona San Pietro. Erano testimoni all’atto notarile: Pietro Bonci Piovano di San Pietro di Mazzorbo e Coradinus Presbiter di San Bartolomeo di Mazzorbo. Ecco qua citato il nostro San Bartolomeo !
Otto anni dopo, invece, nel maggio 1252, siora AurifilaTomba andata ad abitare a Candia, figlia del defunto Pietro di Tomba abitante nel Confinio di San Bartolomeo di Mazzorbo, fece procura davanti al Notaio Nicholaus Iusto Prete di San Nicolò, a Giacomo Trevisan del vicino Confinio di Santo Stefano di Mazzorbo per riscuotere alcuni suoi crediti e vendere una sua casa sita nel Confinio di San Pietro sempre di Mazzorbo confinante col canale, il lago e le proprietà dei coniugi Domenico e Matiliana Orso.
Si viveva insomma, anche in quelle remotissime Contrade sperse in fondo alle Lagune di Torcello, Burano e Mazzorbo ancor più isolate di oggi. Infatti, nel 1564 i Mazzorbesi di San Bartolomio spesero ben 2 ducati per organizzare nella loro Contrada la Festa e la sagra di San Bartolomio … e qualche anno dopo, quando il Vescovo di Torcello Grimani andò in visita alla Parrocchiale contò che in Contrada di San Bortolo de Mazorbo vivevano perfino: … 30 Anime in tutto !
Nicolo’ De Curto pescatore della Contrada di San Nicolò dei Mendicoli di Venezia riferiva nel novembre 1578 al Magistrato alle Acque su Mazzorbo “… già anno 10 o 12 era una vigna et al presente vi è acqua, e già anni 25 la casa era abitata, ma da poi disfatti gl’arzeri l’acqua è andata da per tutto … e la barena a San Civràn era longo per lo spazio d’un miglio e larga un trar de schiopo, et hoggi siamo passati con la barca dove a quel tempo era barena dura … dove haver giocato alla balla et alla mazuola …”
Franco Aquarol riferì circa le stesse isole e barene: “… possono essere diminuite per longhezza uno quarto di miglio e per larghezza un trar di frezza …”
Marco Biondo aggiunse: “… le barene delle Vignole che confinano con il canal del porto di San Rasmo che già anni 4 in 5 che fo fatta una cavana per li dacieri di quel tempo sopra la barena, io l’andai a desfar … et al presente essa barena dove era la cavana al presente è acqua …”
Non poteva perciò andare diversamente: alla fine del secolo la Contrada di San Bortolomio de Mazòrbo si spopolò del tutto, la chiesa cadente venne smantellata e venduta pezzo dopo pezzo, e la zona venne unificata con quella di San Pietro Apostolo di Mazzorbo. Al suo posto venne costruito da un certo Marco Antonio Maimenti un Oratorietto Pubblico a ricordo al confine con le terre della parrocchiale di San Pietro, che il Vescovo di Torcello Paolo Da Ponte descrisse ancora nel 1775 come: “Oratorio con Cappellano”.
Nel maggio 1633, infatti, viveva ancora lì un Monaco Benedettino espulso dai Monaci Cassinesi: tale Benedetto Zogia, che s’era rifugiato in Laguna e prestava un qualche vago servizio alla diocesi di Torcello occupando l’Oratorietto di San Bartolomio di Mazzorbo come Rettore. Venne accusato da Benedetta di Francesco Da Antivari e da Gaspare Gonda oriundo di Padova residenti a Mazzorbo, di recarsi troppo spesso nel Monastero di Santa Caterina delle Monache Benedettine col pretesto di celebrare Messa, intrattenendosi troppo familiarmente a parlare alle finestre delle Monache non si sapeva bene di che cosa. Venne incolpato anche di aver aperto una bottega dove vendeva farina, formaggio, vino ed altre “cose mangiative” poco buone e a prezzi vigorosi dando anche da mangiare pubblicamente a chiunque si recasse da lui e gestendo anche un luogo dove era possibile giocare a carte. Il Frate-Monaco in un impeto d’ira aveva anche minacciato di uccidere chiunque lo avesse accusato di fare visita alle Monache claustrali … ed era un uomo misero che sembrava essere tutore anche di alcuni nipotini abbandonati in età minore (mai visti da nessuno) che non poteva mantenere con le scarse elemosine dell’Oratorio di San Bartolomeo.
Ecco perchè andava spesso dalle ricche Monache del Santa Caterina ! … Perché andava a chiedere soldi ed elemosine.
E’ del 1642-44 l’ultima immagine riguardante San Bartolomio di Mazzorbo. In quegli anni a Venezia nel Sestiere di Castello si andavano ultimando i lavori della Cappella del Santissimo nella chiesa della Contrada di Sant’Antonin. S’era restaurato il soffitto dell’intera navata, e si avviavano i lavori della Cappella della Madonna della Schola del Rosario, come scriveva il Piovano Brunelli: “in tempo del principio dela Guerra col Turco”. Era Procuratore della Fabbrica della chiesa insieme a molti altri, e dirigeva e progettava i lavori Baldassare Longhena il costruttore del grande tempio della Madonna della Salute sorto in Punta alla Dogana da Mar a causa del voto della peste del 1620. Il 26 aprile 1642 venne pagato dal Piovano di Sant’Antonin per il trasporto di colonne in marmo provenienti dalla chiesa di San Bartolomio di Mazzorbo da impiegarsi in chiesa. Immaginatevi perciò la pigra e pesante peata con l’architetto Longhena in persona che attraversava tristemente la laguna da Torcello e Mazzorbo portandosi via i resti di quel che era stata la chiesola di San Bartolomio di Mazzorbo.
Ancora nel dicembre del 1659, ossia più di una decina d’anni dopo, il Piovano Domenico David di Sant’Antonin sempre di Venezia continuava ad acquistare una partita di sette marmi greci a Mazzorbo rivendendoli alla Cassa della Fabbrica per costruire l’altare di San Michele in Sacrestia utilizzandole come sottobasi delle colonne.
Di San Bartolomeo rimase solo qualche rudere e il nome della Contrada Marrorbese, tanto che il Monastero di Santa Caterina di Mazzorbo affermava ancora nel 1768 d’essere proprietario di uno Squero in Contrada di San Bartolomio che confinava con una vigna appartenente al vicino Monastero di Sant’Eufemia sempre di Mazzorbo.
Nel giugno 1811: Prè Luigi Pisani era Parroco di San Michele Arcangelo di Mazzorbo ancora appartenente alla giurisdizione della Diocesi Torcellana. La popolazione della sua Parrocchia assommava a 150 Anime, e lui viveva usufruendo di lire 323,24 provenienti da “livelli”provenienti da lasciti testamentari, e dai magri “redditi di stola” ossia le elemosine dei suoi “miserrimi fedeli”. Secondo il Signor Ministro per il Culto della neonata gestione Francese dello Stato Veneto, lui era anche ufficialmente Piovano e godeva le rendite di San Bartolomeo di Mazzorbo che in realtà non esisteva più da moltissimo tempo, e i cui proventi erano pari a zero.
“In Mazzorbo esiste solo una cappelletta col titolo di San Bartolomio di proprietà regia, la qual è cadente ed inofficiata ... Lì non c’è niente e nessuno !” precisò il Prete difendendo e confermando le sue scarse economie.
Ciò nonostante, ancora nel 1818 nell’Oratorio di San Bartolomeo venne sepolto il Nobile Antonio Grimani Patrizio Veneto, la cui lastra tombale è conservata oggi nel pavimento dell’atrio di Santa Caterina di Mazzorbo … Significa che in quel posto l’Oratorietto di San Bartolomeo c’era ancora … almeno come piccola area cimiteriale … Poi di certo si sa che prima del 1830 l’Oratorietto venne demolito del tutto ricavando la somma di lire 203 dalla vendita dei materiali di risulta della demolizione come è attestato nell’Archivio conservato a Santa Caterina di Mazzorbo.
Infine giungiamo ai giorni nostri d’oggi … quando di fronte alla citazione di San Bartolomio di Mazzorbo, diciamo tutti più o meno: “Chi ? … e che è, dov’è ? … C’è forse mai stato ?”