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“ALTRO CHE PACIFICI DEVOTI VENEZIANI ! … NEL 1550”

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“UNA CURIOSITA’ VENEZIANA PER VOLTA” – n° 43.

“ALTRO CHE PACIFICI DEVOTI VENEZIANI ! … NEL 1550”

Spulciando le cronache e i testi antichi rinascimentali, leggendo le vicende, le storie, e guardando i dipinti, si prova l’impressione che la gente fosse spesso devota e tranquilla, quasi ingenua. Viste le numerose manifestazioni religiose a cui si assoggettavano e vivevano quotidianamente, sembra un mondo tutto casa-chiesa, in cui il sacro e l’ordine costituito regnavano sovrani e incontrastati. La religione era di norma la regola della vita, tantopiù che esisteva lo spauracchio di una certa Inquisizione, che teneva ben salda l’ortodossia del credere e del vivere … comminando qualche torturata convincente qua e là, e accendendo qualche rogo ogni tanto, dove le pareva che qualcuno avesse osato un po’ troppo. Una società un po’ credulona e devota, con le buone o con le cattive mantenuta tale … almeno ufficialmente.

Ma non è stato proprio sempre così … sentite un po’.

Incominciamo ricordando che il 23 maggio 1551: l’Inquisizione di Ferrara manda a morte come eretico un Monaco Teologo Benedettino, considerato: “visionario entusiasta e perfetto”: Si trattava di Giorgio Rioli detto Siculo convinto di avere la missione di riformare la Chiesa. Figuriamoci, se Papa e Inquisizione lo lasciavano fare !

Già nel 1537 aveva conosciuto in Sicilia il confratello mantovano Benedetto Fontanini detto Benedetto da Mantova, fuggito da Venezia perché inquisito per utilizzo di libri proibiti dalla Chiesa, e sostenitore di pericolosissime tesi eretiche Luterane. Inoltre contestava riti e sacramenti, seguendo gli insegnamenti di Juan de Valdés, altro pericolosissimo eretico. In seguito, nel 1543, il Siculo s’era trasferito nel monastero di San Benedetto in Polirone, dove ritrovò l’eretico Benedetto da Mantova.
Tutto fumo fastidioso negli occhi dell’Inquisizione, che non perse tempo e fece piazza pulita di tutti.

Esattamente un anno dopo, si passò a Venezia, in “casa nostra”.
Il 5 agosto 1552 nella canonica di San Moisè a Venezia, vicino a Piazza San Marco, morì un certo frate francescano: Matteo da Bascio ossia Maffeto Serafini, considerato il primo generale dell'ordine dei Frati Cappuccini, ritenuto a furor di popolo subito Beato, quasi Santo. E fin qui, direte, niente di che …
In verità è che attorno a quella morte accaddero cose un po’ insolite. Innanzitutto nacque una bella baruffa tra il Pievano di San Moisè: Baldassare Martini e i frati di San Francesco della Vigna di Castello per tenersi e seppellire il frate defunto.
Uno voleva tenerlo in un sepolcro della sua chiesa, gli altri nella loro adiacente al convento. La questione non era banale, soprattutto perché quel frate era amatissimo, venerato da i Veneziani, e quindi dovunque fosse andato a finire quel corpo, avrebbe attirato un notevole e continuativo afflusso di gente e di popolo … con benefici e sommovimenti spirituali, ma soprattutto buone entrate economiche. E poi la gente accorse in massa al capezzale del defunto, e diede l’assalto al corpo del frate per procurarsi sue reliquie considerate miracolose.

Il Nobil Homo Pietro Gradenigo da Santa Giustina scriveva nei suoi “Casi Memorabili Veneziani”che “ … fra Matteo da Bascio soleva percorrere la città predicando, e riempiendola di rumori, e che un giorno nell'ora di terza, quando sogliono i nobili assistere ai loro tribunali, fu veduto con una lucerna, ed un pennello camminare per le sale, come se cercasse qualche cosa perduta. Interrogato che facesse, rispose: “Cerco la Giustizia ! “
Perciò fu bandito da Chioggia.
Ma tornato dopo due anni, un giorno che si era congregato il Consiglio di Quaranta al Criminale, si fece avanti intrepidamente e con voce orrenda esclamò:
“All'inferno tutti quelli che giustamente non amministrano la Giustizia !  … All'inferno tutti i potenti, che per forza opprimono i poverelli ! … All'inferno tutti quei giudici che condannano gl'innocenti a morte ! “
Questa volta venne cacciato dalla sala, e l'avrebbe al certo passata male se non si fosse interposto il di lui amico Sebastiano Venier ...”

Era quindi un frate eremita e povero, che non aveva paura di compiere gesti eclatanti, clamorosi. Per questo piaceva alla gente di Venezia, soprattutto del popolo, che stravedeva per lui, che predicava bene … seppure minaccioso, e lo considerava fin da vivo davvero un santo miracoloso.

Il Nunzio del Papa a Venezia: Beccadelli scriveva preoccupatissimo al Cardinale Innocenzo Del Monte a Roma il 13 agosto 1552. Le gerarchie ecclesiastiche si dimostrarono fin da subito ostili nei confronti della devozione popolare dimostrata verso Matteo da Bascio, considerandole solo esibizioni e beghe fratesche o cose simili ... ma in ogni caso pericolose, in quanto capaci di disturbare “ …l’ordine delle buone cose …”

“ …fra Matteo, che andava gridando in giro “All’inferno … All’Inferno” … è morto a questi di in Vinetia … il popolo gli ha stracciato la veste da dosso et quasi brusati i piedi con le candele et i suoi frati con i preti sono stati in differenza per haver il corpo, il qual ho fatto dare ai frati, ma l’ho ancho fatto sepellir sotto terra ove sono gli altri frati et, se là farà miracoli, come dicono, lo vedremo ...”

Sempre lo stesso Nunzio, per il quale il da Bascio non era neanche un predicatore ma soltanto uno che andava gridando “All’inferno !”non dal pulpito e annunciato dalle campane ma per le vie, senza regole e girando liberamente per strade e città, scriveva all’Inquisizione Romana il 5 nov 1552:

“ … quanto a fra Matteo et al romore che si da de’ miracoli non sono stato negligente; ma per non irritare il popolo, ch’è un certo animale che volentieri si oppone alle prohibitioni, sono andato destro, sperando col beneficio del tempo di mitigarlo; né con li frati ho mancato del debito mio, et finalmente n’ho fatto legitimamente un processo et fattolo leggere in presenza di molti valenthuomini, che hanno iudicato quelli non essere miracoli et potersi facilmente indurre i popoli a superstizione. Talchè mi son resoluto, siccome più pienamente scrivo a mon.Rev.mp Santa Croce, di levare, se potrò, il corpo di fra Mattheo dalle mani de’ zoccolanti et ponerlo come in sequestro in qualche luogo nascosto sino a tanto che la verità si conosca meglio dalli Rev.mi Sig.ri dell’Inquisizione o mi sia ordinato quello che più gli piacerà …”

Alla fine, i frati di San Francesco della Vigna vinsero la contesa col Piovano di San Moisè e il corpo “Frate miracoloso” finì nel cimitero dei Frati a Castello. Nel frattempo i Frati Francescani Osservanti si premurarono di dare subito alle stampe una lista di miracoli operati da fra Mattheo nell’ opuscolo: “La morte et miracoli”,facendone risaltarne la buona ortodossia e santità.

“Ecco dunque come il Fator del Mondo opra sì stupendi e maravigliosi miracoli, dico in quelli che caminano per le figure, et sante pedate della Santa Romana Chiesa, e non in quelli che corrono precipitosamente per le false e sporche semite della infelice Europa; opra dico, in quelli che si vestono di poveri et vili panni et non in quelli che s’adornano di preciose gemme et si vestono di porporate vestimenta …”

Meno fortunato di Fra Francesco da Bascio, fu uno dei suoi nipoti finito anni prima a Bologna sotto l’occhio e l’orecchio attento, e la maniera spiccia ed efficace dell’Inquisizione.

Nel maggio1533, l’Inquisizione di Bologna aveva fatto fare una bella retata di eretici. Davanti all’Uditore del Tribunale Criminale Bolognese detto il Torrone comparve un gruppo composito di “ … furbos, frufantes, calcagnos et mariolos …” accusati di aver forzato delle botteghe e rubato dalle borse a Medicina. Fra questi c’era uno in abito da frate, o meglio: “da romito”, GiovanBattista da Bascio di Urbino, nipote del Cappuccino Veneziano e fratello di GiovanAntonio, che nella Quaresima precedente andava per Bologna acclamando “All’Inferno !”(come lo zio Matteo da Bascio a Venezia).
Per far questo, aveva ricevuto una speciale patente direttamente dal Papa e dal Duca d’Urbino, che gli era stata però rubata insieme a certi libri da un suo discepolo. Affermò di non essere apostata di nessun ordine, ma di aver avuto mandato da suo zio Mattheo, che gli aveva comunicato: “ …io voglio andar a morir a Venezia che Dio me lo ha ispirato. Non pigliar sacro nessun fino al cinquantacinque, che saranno gran travagli, ma vivi libero et va facendo quel poco bene che puoi …” et poi lui montò sul suo mantello in mare et sopra a quello per miracolo andò a Venezia, et ha fatto molti miracoli morto e vivo …”

Inoltre, il GiovanBattista dichiarava all’Inquisitore:

“…Tanto fo quanto m’ispira Yesu Chrysto, mangiamo temperatamente et digiuniamo spesso, et ho digiunato dalla Ephifania fino a Pasqua, et mi do la disciplina una volta la settimana, cioè il mercore, con questa corda che ho cinta senza altro … Io sono innocente nella carne et vergine come nacqui …Io non ho moglie, et questa donna (una vedova di nome Laura di 55-60 anni incontrata a Faenza “…nello spedale de fuora de S.Antonino, portata dietro e lasciata a Bologna per andare a Modena, e ritrovata a Budrio …) che vi è stata messa inanci, quel poco ben che li ho fatto l’ho fatto per amor di Dio, et non che mai habia havuto che a che fare con lei, et se mi farete mal alcuno lo sopporterò per lo amor di Dio …Io andai a Modena perché bestemmiano et sono lutherani, et dissi al Duca che facesse un bando della bestemmia et lo fece, et mangiai con lui et me volse dar dinari et non ne vuolsi …”

L’Inquisitore non gli credette, e dopo l’udizione di una teste: Caterina Macagni detta la Franceschetta, proprietaria di un albergo per poveri che lo aveva ospitato, mise il GiovanBattista sotto tortura il 6 maggio. Torchiato per bene, questi confessò subito di aver avuto rapporti sessuali con Laura e di averle manifestato l’intenzione di sposarla al più presto. Ammise anche di aver finto una santità solo apparente e di aver terminato da tempo il suo voto religioso.

Soddisfatto, l’Inquisitore commentò:

“… ne mundus decipiatur in similibus hipocritis viciosis …”… Più che visionari e questi sono viziosi …Si riferiva al fatto che spesso la gente vedeva negli eremiti e nei falsi profeti, solo quello che gli sarebbe piaciuto vedere, e non la verità.

Il GiovanBattista, a differenza di altri finiti abbrucciacchiati o dimenticati a vita in prigione, concluse il suo conflitto con l’autorità ecclesiastica, con una lieve condanna e col marchio pubblico ignominioso di: “Ipocrita”.

A Ginevra, infatti, il 27 ottobre 1553 il teologo, umanista, medico spagnolo Michele Serveto  fu mandato al rogo dai Calvinisti attuando la così detta: “tragedia Servetana”. Non era uno sprovveduto, perché oltre che di Bibbia, s’interessava di: Scienze, Astronomia, Meteorologia, Geografia, Giurisprudenza, ovviamente Anatomia e Matematica. Ma venne considerato uomo eretico pericoloso quanto bastava … Tutti perciò si sentirono minacciati e in pericolo di vita, perché sia a Roma che in giro per il mondo, si usava facilmente processare, torturare, bruciare … sempre in nome della Verità s’intende. Bastava solo una piccola e opportuna denuncia al Tribunale dell’Inquisizione e …

E’ quanto accadde nel 1590 qui da noi, in Friuli, precisamente a Udine.
La madre di una ragazzina professa in monastero denunciò presso il Vicario di Udine Jacopo Maracco almeno 12 monache Francescane del Monastero di Santa Chiara di Udine con la loro Badessa a capo. Dall’inchiesta dell’Inquisizione venne fuori che da più di 40 anni le monache elaboravano indisturbate idee e atteggiamenti nicodemitici ed ereticali. Sembrò addirittura che a metà secolo ci fossero nel monastero delle monache Luterane avviate all’Anabattismo da Nicola da Alessandria. Tenevano contatti epistolari regolari  con Bernardino della Zorza, noto anabattista udinese, e Alessandro Jechil da Bassano. Suor Camilla Sacchia suonava e cantava all’arpicordo delle canzoni modificate traendo versi e canti da libri considerati ereticali, come la “Ficta Religio” e le “Lettere Volgari”.

Le monache erano toste, senza peli sulla lingua.
·       Condannavano “ … la falsa religione …vestita di purpureo habito adorno …seduta su un trono a dare da bere alle turbe una bevanda amara e fella …rendendole ebbre e pronte a farsi ingannare …”
·       “ Cristo non è Dio ma solo un uomo…”
·       “ In Dio non si trova Trinità di persone, et però non si deve credere nel figlio o nel Spirito Santo ma solo nel Padre Eterno…”
·       “ …Roma è una Babilonia et venirà un Angelo Biondo che taglierà il capo al Papa…”
A causa di questo le monache cercarono anche di uscire e fuggire dal “serraglio” del monastero per recarsi in Moravia dove farsi ribattezzarsi come Anabattiste, ma la cosa non riuscì per l’opposizione delle famiglie, per evitare scandali di tipo carnale e amoroso, e per non essere costrette a vivere lavorando o “pitoccando”. L’Inquisizione fece ispezionare le celle delle monache, che gridarono d’essere state monacate per forza, e le portò tutte negli Uffici e carceri dell’Inquisizione a Venezia per processarle. Si giunse ad allestire un elenco da presentare a processo con ben 44 preposizioni-affermazioni ereticali delle monache. Ma le loro nobili famiglie potenti riuscirono a farle rilasciare indenni.

Trenta anni dopo, le monache erano ancora convinte delle loro idee, e non solo. Si raccontava che si divertivano a mettere aceto al posto del vino sul calice del prete per la Messa, e svolgevano un deciso proselitismo in giro per la città. Inoltre, speravano nelle possibilità di Enrico IV re di Francia, “l’Ercole Gallico”,di sovvertire l’ordine costituito.
·         “ … mi disse che il re di Francia haveria vinto et che lui non vuole né frati né monache né chiese, et che serà un solo Re che governerà tutto il mondo, et una sola campana …”
·         “E’ bene tagliare la testa al Papa et a tutti Cardinali et a tutti Vescovi”
·         “La Messa è cosa da burla”
·         “Il Papa è un serpente … i preti e i frati fariano meglio andar a lavorare …”
·         “ I monasteri e i religiosi meritano d’essere distrutti …”


Altro che tranquille monache e fraticelli ! … Un po’ (tanto) trasgressivi e libertini sì … ma anche bellicosi per altri versi …Quindi non solo bigotti ed eremiti intenti a meditare, digiunare e pregare … La storia nasconde sempre angoli interessanti e nascosti … dove vale la pena andare a curiosare …



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