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“IL LOGHETTO DELL’ANCONETTA A SAN MARCUOLA … A VENEZIA.”

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“Una curiosità veneziana per volta.” – n° 116.

“IL LOGHETTO DELL’ANCONETTA A SAN MARCUOLA … A VENEZIA.”

Qualcuno ipotizza che l’ex Cinema-Teatro Italia che sorge nel Campiello dell’Anconetta sia stato costruito con le pietre di risulta dell’antica chiesetta distrutta di cui è rimasto quasi solo il nome.

Mah ? … Mi pare improbabile, ma chissà ?

In uno dei miei “librazzi” ho letto casualmente giorni fa che il “loghetto dell’Anconetta” si trovava nell’omonimo campiello nell’attuale Strada Nova di Cannaregio dove sulla pavimentazione pubblica dovrebbe ancora trovarsi una lapide a ricordo dell’antico Oratorio.
Il nome: “Anconetta”è intuitivo e immediato, e di certo indica e rimanda all’idea di una piccola icona sacra, “un’ancona, un’anconetta” appunto, per cui si vuole intendere un antico dipinto d’uso devozionale o liturgico dedicato ovviamente a qualche Santo o alla Madonna.
Le scarsissime notizie storiche al riguardo dell’Anconetta fanno riferimento, infatti, proprio a un quadro su tavola raffigurante la Vergine che si trovava dentro alla chiesa della popolare Contrada di San Marcuola a Venezia, giusto a metà del vispissimo Sestiere di Cannaregio, poco distante dal Canal Grande.

“Anconetta … Anconetta …” mi sono detto, “Mumble … mumble”, come nei fumetti, “… dov’era, che era ?” mi sono chiesto, e ho sentito il bisogno di andare a sbirciare, curiosare e provare a vedere. E l’ho fatto sul serio, perché proprio ieri pomeriggio uscito dal lavoro a Mestre sono andato dritto dritto nell’attuale Strada Nova per vedere direttamente quanto è rimasto oggi di quella benedetta Anconetta.
Alla fine ho concluso che ne è rimasto ben poco, quasi niente del tutto: forse solo il nome che campeggia come toponimo nel Campiello, Calle e Ponte dell’Anconettafra la Calle dell’Asèo e la Calle del Liopardo dove sorge il vecchio ex teatro-cinema neogotico in abbandono e forse in procinto di trasformarsi in moderno supermercato.

Insomma ieri pomeriggio mi sono recato lì e ho incominciato a curiosare in giro osservando case, calli, campielli, palazzi, posto e pietre. Un tempo quella zona della Strada Nova di Venezia era suddivisa in Contrade bellissime e vivissime, perciò mi sono ritrovato a curiosare in mezzo a tante calli e callette tipicamente Veneziane con i nomi di quelle che sono state le Arti e Mestieri che animavano economicamente l’intera città lagunare.
Alzando gli occhi sui muri ho incrociato e superato: Calle del Caffettièr, e poi la Calle del Bottèr, quella della Màsena, la Calle dei Preti, la Calle del Frutariòl, Rio terrà del Cristo, Calle del Pistòr, Calle de le Pignate, Campiello del Pegolòtto… e cerca, e ricerca, alla fine: “Eccola qua !”… e mi sono trovato davanti al “nizioletto” dipinto sul muro con la dizione: “Campiello dell’Anconetta”.

“Ci siamo !”, mi sono detto, “Vediamo ora di capirne un po’ di più”.

Proprio di fronte a me c’era sulla soglia del suo negozio di pelletterie e souvenir un sorridente e accattivante negoziante Cinese che considerandomi l’ennesimo turista di passaggio mi ha fatto cenno di entrare nella sua bottega.

“Dov’è l’Anconetta ?” gli ho chiesto vista la sua disponibilità. E lui: “Ancoletta ? (ancoretta) … Ecco qua !” mi ha risposto rovistando dentro a un cestino dell’esposizione posta sulla strada.

“Ancoretta … Ancoretta. Ecco ! … Pochi soldi … Bella.” mi ha ribadito mettendomi sotto agli occhi un portachiavi a forma di piccola ancora marinara luccicante con sopra la scritta: “Venice love”.

“No … Non ci siamo.” gli ho risposto,“Non è questa … Non c’entra niente l’ancora … Anconetta non Ancoretta ! ” ho provato a spiegargli. Perché l’ho fatto ? Non era per niente la persona giusta per chiedere un’informazione del genere. Infatti, senza scomporsi il cordiale quanto sorridente Cinesino con i capelli sparati in aria ha continuato imperterrito a propormi altre cose: “Non bene ? … Allora abbiamo tante altre cose belle su Venezia … Ecco qua ! … Scelga qualcosa: … tutte cose buene … Poco prezzo !” e con la mano come un prestigiatore mi ha proposto tutto un campionario di carabattole traendole dal suo negozietto tutto foderato di borse e pelletterie colorate di ogni sorta.

“No … Grazie. Non sono interessato … Arrivederci.” ho concluso alla fine allontanandomi e abbandonandolo un po’ deluso … Un po’ me la sono cercata.

Molto più informato, competente e sintetico, nonché utile è stato, invece, il moderno Speziale della Farmacia all’Anconetta che mi sono trovato davanti poco dopo:
“Che lei sappia … C’è per caso una lapide che ricorda l’Anconetta ?” gli ho chiesto.

“Non mi risulta … Dell’Anconetta non è rimasto nulla … Solo quella pietra bianca piantata in mezzo alla strada, sul posto dove si dice sorgesse un tempo la chiesetta.” mi ha risposto subito gentilmente da dentro il suo camice bianco.

“Ma di lì non passava il canale che è stato interrato e imbonito in tempi abbastanza recenti!” ho aggiunto e precisato perplesso.

“Esatto ! … E’ una pietra messa lì un po’ a casaccio … Non c’è più nulla dell’Anconetta … Se proprio le interessa c’è qui dietro nel Campielletto un Capitello posto lì a ricordo …”

“Ma è recentissimo … oltre che brutto e di nessun valore”.

“Esatto anche questo … Come le ho già detto: non è rimasto niente dell’Anconetta … Neanche tutte quelle pietre poste nel muro del palazzo qui di fronte c’entrano con l’Anconetta … Sono opere recenti prive di valore messe lì da un amatore di cose veneziane antiche, ma non appartenenti a qualche location reale antica ... Come le ripeto ancora: dell’Anconetta è rimasto probabilmente soltanto il nome.”

“Quello del Campiello e della Farmacia … Che peccato !”

“Proprio così …” e il nostro moderno Speziale è tornato subito a interessarsi dei clienti e a trabaccare con farmaci e medicamenti da buon “medegario” del presente.

Me ne sono tornato perciò di fuori di nuovo, immergendomi ancora nella folla variopinta e chiassosa dei venditori, dei turisti e dei Veneziani intenti a vivere intensamente il loro pomeriggio Veneziano.
Ho ripercorso ancora una volta attentamente calli e campielli dei dintorni, e ho scrutato di nuovo tutto:“Niente di niente … è come diceva lo Speziale dell’Anconetta.”ho concluso finalmente.

A cavallo fra Storia e Leggenda alcune note sull’Anconetta raccontano di come un gruppetto di giovani Veneziani di San Marcuola dopo aver istituito e avviato nel 1439 una nuova “Schola della Natività della Madonna” abbiano ben presto preso a litigare col Piovano e col Capitolo della chiesa di San Marcuola … Gli effetti della lite furono tali, che a un certo punto il gruppetto “prese armi e bagagli” e abbandonò la chiesa della Contrada portandosi dietro la famosa e veneratissima “Anconetta della Madonna del Capitello” considerata miracolosa dalla gente delle Contrade Veneziane vicine.
Sapete meglio di me come andava un tempo quel genere di cose a Venezia: una devozione tirava l’altra, e da una Confraternita ne derivavano altre due, e poi altre ancora … e sorgeva tutto un movimento, un associarsi, un contribuire e aiutare qualcuno, un accorrere al suono di qualche campanella, un orare, cantare e suonare e processionare devotamente, un versare elemosine, creare feste … e anche qualche occasione per fare un po’ di bisboccia e baldoria (cosa che non guastava mai). Venezia era Venezia insomma.

Perciò, siccome i Veneziani di allora erano per davvero calamitati e affezionati a quel loro “dipinto speciale dell’Anconetta” bastò un niente perché il gruppetto di giovani riuscisse a mettere in piedi poco distante dalla chiesa che avevano abbandonato: un proprio Oratorietto o come si voglia chiamarlo: “un loghetto, una chiesuola” dove poter collocare l’Anconetta.
Si era circa nel 1575, e l’idea fu subito un gran successo, tanto che la gente iniziò immediatamente ad accorrervi affollando in massa il posto in maniera da costringerlo a rimanere aperto giorno e notte. I numerosi Devoti Veneziani ben presto tappezzarono di ex voto tutte le pareti del “loghetto devoto dell’Anconetta”, che perciò venne posto sotto la diretta giurisdizione e protezione del Primicerio di San Marco ossia la chiesa personale del Doge Serenissimo.

Figuratevi la reazione dei disautorati Preti del Capitolo di San Marcuola ! … Fu un disastro.
Di certo avrete già intuito perché: con la costruzione di quella Cappelletta avevano perso una bella fetta “di clienti e di Messe”… e soprattutto d’elemosine e donazioni.
Erano abbastanza pratici (e non solo) i Preti di un tempo … I giovani dell’Anconetta, invece, incuranti delle proteste e delle rimostranze dei Preti, continuarono per la loro strada, e ben presto dentro all’improvvisata chiesetta superfrequentata istituirono una loro nuova associazione: la “Schola della Madonna dell’Anconetta”, che come potete facilmente immaginare ebbe subito un notevole successo: centinaia d’iscritti … donne comprese (cosa rara in quell’epoca, in quanto l’accesso alle Confraternite di Arti, Mestiere e Devozione era quasi sempre riservato ai soli maschi).

Saputa la novità, ai Preti di San Marcuola stavolta andò il sangue alla testa, perciò si recarono davanti al Patriarca di Venezia, loro amico personale oltre che Superiore, e ottennero il massimo: ossia una pesantissima sanzione nei riguardi del gruppetto dei giovani dell’Anconetta che vennero tutti scomunicati !
Una scomunica !… Come per i peggiori eretici ! … Fu una botta e una sorpresa pesantissima, una pena che avrebbe tagliato fuori e spento chiunque … ma non quelli dell’Anconetta. Infatti, senza perdersi d’animo i giovani si rivolsero direttamente al Papa di Roma e al Doge della Serenissima, e questi in breve “pizzicarono” il Patriarca cercando di portarlo a più moderate ragioni e posizioni.

La chiesetta dell’Anconetta perciò con la sua “Schola della Beata Maria” ripresero “a correre e girare” come e più di prima, e dopo quei fatti così ostici s’incrementò ancor più la frequentazione e l’attenzione dei Veneziani verso quel “loghetto dei miracoli”che li attirava come carta moschicida e con grande consolazione di rimando.

Nel 1525 i Preti del Capitolo di San Marcuola (verdi di rabbia me li immagino)trascinarono di nuovo i giovani dell’Anconetta a processo per via delle numerosissime “celebrazioni improprie” che si permettevano di realizzare nel loro “loghetto non autorizzato” a pochi passi, troppo vicino alla loro chiesa tanto da disturbarla.
I giovani, ormai non più giovanissimi, non si scomposero neanche questa volta, anzi. Con la massima disinvoltura continuarono anche nel 1570 a celebrare e cantare ogni sabato sera e con il solito afflusso numeroso di gente le loro “Compiete in onore della Vergine”, e invitarono proprio il Piovano e il Capitolo della chiesa di San Marcuola (sembrava una sfida) a dirigerle e presiederle. Per far questo quelli dell’Anconetta pagarono un salario-offerta annua di 9 ducati ½ al Capitolo dei Preti di San Marcuola ... e costoro si recarono puntuali all’Anconetta attratti come api dai fiori e dal miele, percependo ogni volta 40 soldi per ogni “Messa Semplice o Letta”… Gli affari erano affari.

Nove anni dopo, i Gastaldi in carica della Schola dell’Anconetta aumentarono addirittura il “salario delle Compiete dei Preti” portandolo a 12 ducati annui ma senza l’autorizzazione previa dei Confratelli del Capitolo della Schola. I finanziamenti abusivi ai Preti vennero subito sospesi, e gli iscritti della Schola consigliarono ai Gastaldi di pagare i Preti di tasca propria.

Nel 1581 l’Oratorio dell’Anconetta è ricordato nelle carte della Visita Apostolicaa ogni luogo sacro di Venezia: “Tutto a posto … l’Anconetta è cosa buona, ben ornata di valenti pitture e altri degni ornamenti.” Cinque anni dopo: Carlo figlio del defunto Paolo Barbier all’Anconeta, Iseppo Barcarol da Venezia e Francesco Lunan da Feltre vennero impiccati a Venezia per ordine del Consiglio dei Dieci … questo per dire come attorno all’Anconetta fervesse la normale vita cittadina e le solite dinamiche dei Veneziani di quel tempo.

La Schola stimatissima dell’Anconettadistribuiva anche due grazie di 10 ducati ciascuna a donzelle povere per potersi maritare … nel 1591 le “grazie per le donzelle” divennero cinque … Due anni ancora dopo, gli associati dell’Anconetta acquistarono un organetto usato di proprietà di Pre Alessandro Girardini Secondo Prete della Collegiata di San Marcuola, e lo collocarono sopra alla porta principale dell’Anconetta fissando un assegno di 4 ducati annui per l’organista che l’avrebbe suonato durante le “Compiete del sabato sera” e tutte le altre feste e celebrazioni sempre partecipatissime.

Nell’agosto 1623 Pasqualino Carlottilasciò per testamento all’Anconetta alcune sue case che sorgevano dietro all’Oratorietto che perciò potè allargarsi in quella direzione: “… Lasso la mia casa di Ven.a posta a San Marcuola all'Anconeta, alli doi Ponti, alla Gloriosa Vergine Maria anzi che gli la restituisco, pregando essa Gloriosa Madre di Dio che ispiri nel core a quelli che maneggiano quella Confraternita che vogliano allargare la Chiesa e quadrarla, e perchè possino farlo senza scusa, voglio che, pagate le gravezze a San Marco di detta casa, di volta in volta che si scoderà li affitti, adunisi tanti denari che si possino buttar zozo la detta casa, et allargar la chiesa fino all'Altar Grando, et fino al livello del soffittado di detta chiesa, e fino sora la Calle che va alli doi Ponti, dove se gli faccia un'altra porta, con obbligo di farmi dire ogni giorno una Messa da Morto per l'Anima mia in perpetuo…”
Infatti l’Anconetta venne ingrandita fino a contenere tre piccoli altari in marmo con numerosi dipinti.

Nel 1627 il libraio Gasparo QuartaroliVicario della Schola di Santa Maria dell’Anconetta raccontava nelle sue memorie che di nuovo il Capitolo dei Preti di San Marcuola aveva “mosso lite e processo” contro l’Anconetta perché lì s’era introdotta la celebrazione di nuove Messe di Suffragio per le Anime del Purgatorio … “e quelli erano di certo Uffizi celebrati a danno della chiesa di San Marcuola”.

Stavolta quelli dell’Anconetta s’erano fatti furbi: mostrarono, infatti, ai Preti di San Marcuola un “breve ottenuto direttamente dal Papa Urbano VIII°” che permetteva ai Confratelli dell’Anconetta di praticare i loro Riti ai quali associava oltre alle sue Benedizioni anche delle preziosissime Indugenze Perpetue da lucrare da parte di coloro che partecipavano alle celebrazioni dell’Anconetta.
Furibondi i Preti di San Marcuola (ovvio)… ma alla fine spazientiti i Confratelli dell’Anconetta che decisero di licenziare e tagliare i fondi al Clero del Capitolo di San Marcuola sostituendoli “nelle mansioni liturgiche delle Messe e delle Compiete del Sabato sera” con 4 Frati ingaggiati nella Ca’ Granda dei Frari nel Sestiere di San Polo al di là del Canal Grande.
Anche stavolta il Capitolo dei Preti di San Marcuola s’inviperì, e cercò concretamente d’impedire che il Cappellano-Frate potesse intonare le Compiete del sabato sera. Si rivolsero di nuovo al Patriarcae anche al Nunzio Apostolico residente in Venezia, e anche stavolta riuscirono nell’intento di ottenere “un severo monitorio contro i Frati”che impediva loro di partecipare “agli Uffizi dell’Anconetta”. Come le volte precedenti, il Gastaldo e i Confratelli della Schola dell’Anconetta si attivarono, e andarono dritti nella Basilica di San Marco e a Santa Giustina portando in gondola all’Anconetta una intera squadra di “Cantori”che: “… cantarono Compieta con allegrezza del Popolo e contro il volere de Preti de San Marcuola …”
I Preti della Collegiata di San Marcuola fuori di se fecero allora ricorso al Provveditor da Comun e anche al Consiglio dei Dieci della Serenissima, ma ottennero in cambio un giusto “rebuffo gagliardo ai Preti di San Marcuola dicendo che se vogliono tiranneggiare le borse andassero a tenere la loro chiesa … e che dovessero provvedere ugualmente alle Compiete dell’Anconetta …”

“La dura quaestio” fu quindi vinta dalla Schola dell’Anconetta ... Giusto così. 

Dal 1651 in Calle delTabaccoo del Figher all'Anconetta esisteva uno spaccio di Tabacco importato a Venezia fin dall’inizio del secolo e venduto in esclusiva dagli Speziali da Medicina a imitazione di quanto si faceva già nel Regno di Napoli ... Sempre in Calle del Tabacco o del Figher abitava in casa propria Marco Boschini pittore, scrittore, e autore delle “Ricche Minere della Pittura Veneziana” ... Nel febbraio dell’anno seguente il “Molto Venerabile Oratorio dell'Anconetta venne per autorità del Senato Serenissimo ricevuto in protezione della Signoria, acciocché, continuandosi il governo della Chiesa e Scuola da persone laiche, proseguissero nella loro divotione con accrescimento di merito e decoro della città, et esaltazione del culto divino...”

Però ! … che vittoria !

La Confraternita a cui erano ammesse anche le donne continuò con le sue “Compiete del sabato sera” a cui aggiunse anche il “Canto pubblico delle litanie ogni martedì”, la celebrazione solenne di alcune Feste Mariane, la celebrazione di 13 Messe da Morto per ogni Confratello Defunto iscritto, e anche “il Festone del Santo Patrono Antonio da Padova” organizzato fino dal 1706 dal Suffragio di Sant’Antonio da Padova con 30 associati ospitato all’Anconetta fino al 1722 quando si trasferì per “incomprensioni” alla Madonna dell’Orto: “… andando in meglio, e celebrando Messe in Terzo e Vespri Solenni su un bell’altare con la statua del Santo.”

E’ curiosissimo notare e sapere che il Suffragio di Sant’Antonio dell’Anconettanon accettava come iscritti né barcaroli né facchini. Bisognava avere meno di 40 anni per potervi aderire, e dopo sei mesi dall’iscrizione con relativi versamenti si aveva diritto all’assistenza medica gratuita e alle medicine a spese della Schola con un sussidio di 1 lira al giorno. Il Medico della Schola visitava e curava non solo il singolo iscritto ma anche tutta la sua famiglia, compresi anche i servi e le serve che vi lavoravano ... Dopo tre anni di malattia continua non venivano più pagate le medicine ma si percepiva un sussidio fisso di 1 ducato alla settimana. Il Suffragio però non prestava assistenza in caso di Morbo Gallico, mali incurabili e ferite volontarie, e celebrava ogni martedì una Messa letta per i vivi e i Morti della Schola … Offriva funerali gratuiti con accompagnamento alla tomba con Prete e Zago, concedeva alla famiglia del Defunto 5 ducati per sopperire alle proprie necessità … e faceva celebrare per ogni defunto tante Messe di Suffragio quanti erano gli iscritti alla Schola.
I versamenti da effettuare a favore della Schola erano una tassa di Benintradainiziale di lire 2 e soldi 4 seguita da altre lire 12 e soldi 8 per le opere di Sovvegno … Si versavano inoltre periodicamente: lire 2 per “deposito di Messe”, soldi 24 per la tassa di Luminaria delle candele, e lire 2 e soldi 4 ogni prima domenica del mese. Insomma il Sovvegno era un’istituzione assicurativa, preventiva e sanitaria che permetteva di gestire le criticità della vita dei diversi Veneziani associati.

Fra 1500 e 1700 come viene raccontato in dettaglio nelle 3 buste, nei 7 registri e nei 15 fascicoli raccolti e ancora conservati nell’Archivio di Stato di Venezia, la Schola dell’Anconetta continuò a gestire vari lasciti testamentari e fece valere le sue ragioni a più riprese intentando diversi processi contro: Califfi, Origoni, Romani, Bozzato, Pirati, Pagliazin, Rati, Corner, Marconi, Franchini, la Curia Patriarcale e ancora contro il solito Clero di San Marcuola ... Nel 1687 la Schola vendette alcune case di sua proprietà nella Contrada di Santi Apostoli … Nel 1712 l’Anconetta possedeva rendite annuali di 24 ducati provenienti da beni immobili che possedeva in Venezia … Nel 1729 affittò un “inviamento da Forner con casa e bottega”di sua proprietà per 128 ducati annui ... e giunto il 1740 l’Anconetta venne restaurata del tutto utilizzando un lascito testamentario de donna Laura relita del quondam Isepo Sandrin Linariol.”

Infine una brutta nota storica: nel 1772 il Guardiano della Schola(massima autorità),“homo assai grossolano ed ignorante, da qualche anno levò tutti li quadri dei quali erano fornite per intero le muraglie della chiesa e datovi di bianco non vi lasciò che le tavole degli altari ... Andarono perduti molti preziosi dipinti compresa “l’Annunziata” di Domenico Tintoretto ...”In realtà non andarono perduti, ma il Guardiano pensò bene di venderseli per conto proprio:“esecrabilissimo fatto !”

Nel novembre 1789, infine: “… il fuoco appiccossi non lungi dal Campiello del Tagliapietra in Parrocchia dei SS.Ermagora e Fortunato (ossia San Marcuola) distrusse anche il Ponte dell'Anconetta coi circostanti edifici lunghesso il canale ...”

E’ tristissima le fede giurata stesa mercoledì 30 Marzo 1797 dal Guardiano Grande della Schola della Beata Vergine dell'Anconeta Giulio Cogni quondam Bastian in cui elencò in risposta al Decreto del Senato: ori e argenti della Schola disponibili per essere consegnati e poi fusi in Zecca: “Unicamente esistono nella chiesa e Schola nostra: un ostensorio d’argento, due calici con le loro patene, cinque Reliquiari, un turiferario con la sua navetta e il cucchiaino d’argento, una pace, due zoggie: una della Beata Vergine e l’altra del Bambino, una Croce d’altar, sei candelieri d’argento, sei vasi grandi e sei piccoli d’argento, una fornitura di tolette per rivestire l’altare, quattro lampade d’argento e una Matricola di Velluto della Schola con finiture d’argento …”

Mercoledì 10 maggio dello stesso anno gli oggetti elencati vennero prelevati dalla Chiesetta dell’Anconetta e portati in Zecca dove dopo la fusione divennero le nuove verghe d’argento n° 1689 e 1690 del peso totale di 3 once d’argento buono.
All’Anconetta rimase poco o niente di prezioso.

Un ultimo inventario stilato nel 1806, un attimo prima che Napoleone spazzasse via e sopprimesse tutto lasciando come sempre il solito mucchio di rovine inutili, enumerava oltre alla presenza in deposito nella chiesetta ancora di una piccola quantità di argenti, ben venticinque quadri appesi al soffitto e sulle piccole navate: nel mezzo del soffitto campeggiavano un’ “Annunciazione”, una “Natività di Maria”, e una “Visitazione” di Leonardo Corona, e sempre sul soffitto ai lati erano state collocate altre due tele con una “Presentazione di Maria al tempio” e un’ “Assunzione” dipinte da Giacomo Petrelli in sostituzione di “Quattro teste di Evangelisti”sempre di Leonardo Corona tolte e spostate nella microscopica sagrestia dell’Oratorietto dove stava anche un quadretto con una “Natività della Vergine” di Angiolo Lion  e una piccola pala con “San Francesco di Paola” dipinta da non si sa chi.
E non era tutto, perché sopra alla “porta che dava in calle” era collocato un “Miracolo di Sant’Antonio” realizzato da Daniel Van Dick, mentre nel piccolo Presbiterio della chiesetta stavano ancora sul soffitto: un “Padre Eterno ed Angeli” di Giacomo Petrelli, e sull’Altar maggiore dedicato alla Vergine Anconetta un’altra pala ancora dello stesso Petrelli.
Alle pareti della chiesetta c’era appeso un tempo anche un “Angelo annunciante” e una “Vergine Annunciata” dipinti da Domenico Tintoretto scomparsi e trafugati e venduti, e sui piccoli altari laterali in marmo c’erano collocate dello stesso autore: un “Crocifisso con la Beata Vergine e San Giovanni” e un “Sant’Ambrogio, Sant’Anna e Sant’Apollonia.”… e ancora altre pitture: una “Lapidazione di Santo Stefano” di Giacomo Petrelli, un “San Giovanni Evangelista e San Marco” di Filippo Bianchi, e una “Strage degli Innocenti” di Giovan Battista Rossi.

Che ve ne pare ? L’Anconetta non per niente un oratorietto di campagna, ma un altro piccolo e coccolo bijoux della nostra solita Venezia Serenissima. Per forza i Veneziani continuavano ad accorrervi in massa: anche in quel posto vedevano incarnate, concretizzate e curate le loro aspettative, la loro sensibilità interiore … e perché no anche le loro donazioni.

Nel 1830 “nei luoghi dell’Anconetta” era ancora presente e attiva un’ultima Confraternita di Devozione dedicata a San Filippo Neri … Nel 1844, invece, al posto dell’Anconetta c’era solo un cumulo di rovine privo di ogni arredo e riferimento sacro … e nel 1855 il niente rimasto dell’Anconetta venne rimosso del tutto: “… per allargare la pubblica via insieme all’interramento dei vicini Rio de San Lunardo, Rio Farsetti, Rio del Cristo e del Rio drio de la chiesa.”

Ogni opera e cosa che riguardava l’Anconetta andò perciò del tutto dispersa dentro a tutto quello sconquasso totale … eccetto la Madonnetta dell'Anconetta che alla fine della fine venne salvata nella chiesa di San Marcuola dei Preti che l'avevano tanto osteggiata. L'hanno, invece, ben accolta, coccolata e venerata ancora a lungo i Veneziani, fino ad oggi quando la si ricorda un po' meno di ieri.

E' rimasto inoltre almeno fino a ieri pomeriggio anche il toponimo nella Contrada di San Marcuola ... speriamo ancora per un altro “poco”.


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