“Una curiosità veneziana per volta.” – n° 117.
“ZATTIERI, ZATTERE E INCURABILI ... A VENEZIA.”
Iniziamo con i Zattieri ossia i “Menadàs”che iniziarono le fluitazioni dei “legnamina” dalle Montagne Dolomitiche fin dal primo Medioevo lungo l’Adige dal 1181 circa con le zattere dell’“Ars radarollorum”, poi sul Brenta fino a Bassano come è documentato nelle loro Corporazioni di Mestiere nel 1295, e dal 1308 fino alla Laguna di Venezia lungo il fiume Piave.
Nel 1396 alcuni Mercanti da Legname di Venezia nominarono:“capo menada”Francesco Benedetto dei “Radaroli di Belluno” per organizzare e guidare la fluitazione del legname fino in Laguna “secundum bonam et antiquam consuetudinem” della sua Corporazione che aveva Statuti con diritti e doveri, e gestiva scali, percorsi, e prezzi delle zattere marchiando tutto il legname.
Quello dei Zattieri non fu affatto un mestiere facile … Anzi, era quasi sempre una specie d’avventura perigliosa intrapresa con lo scopo di procurarsi il pane quotidiano. Un lavoro pesante come molti altri verrebbe da dire … in cui a guadagnarci erano di certo altri e non i Zattieri stessi.
I Zattieri apparentemente sembrano aver poco a che fare con la Serenissima, la sua Storia, e le economie della sua Laguna. Invece, non è stato affatto così perché i Zattieri con Venezia andarono proprio a braccetto in quanto le hanno reso per secoli un servizio davvero prezioso rifornendo in continuità il suo celeberrimo Arsenale.
Tutto iniziava nei boschi d’alta montagna, e la fluitazione lungo il Piave dei tronchi che formavano le zattere avveniva solo dopo aver fatto “scoppiare”la “rastèra del Cidolo o della Stua” ossia la chiusa costruita ai piedi dei boschi del Cadore, del Comelicoo del Cansiglio dove erano stati raccolti i tronchi tagliati e scorticati già su nei boschi. I proprietari di questi “serragli” erano di solito i mercanti e i titolari dello sfruttamento dei boschi: feudatari come i Welsperg, Comunità Montane, o Principi come i Conti del Tirolo o l’Arciduca d’Austria.
Fra 1596 e 1621 nel Primiero di queste costruzioni e luoghi di raccolta ce n’erano almeno 21: “… i boschi del Tirolo, del Tesino e della Val Pusteria era afferenti alla Camera dei Duchi del Tirolo, mentre i boschi soggetti alla Serenissima erano quelli del Cadore e Ampezzano, dell’Agordino, del Cansiglio Alpaghese, Valvisdende, Auronzano, Zoldo, Cajada Bellunese, Montello, Altopiano d’Asiago, Patria del Friuli e Montona dell’Istria … La suddivisione in 54 boschi di Abeti, Faggi, Larici e Betulle del Primiero nel 1558 fornivano circa 309.700 taglie da costruzione e 3.156.000 borre o tronchi di legna da ardere ... All’inizio del 1600 si fluitavano lungo il Cismon 40.000 taglie divenute 48.600 a metà del 1700, mentre 30.000 se ne fluitavano lungo il Piave, e 25.000 sul Cordevole…”
Un solo cuneo di legno strategico teneva in piedi l’intera altissima diga fatta di tronchi e riempita d’acqua nel cui invaso si raccoglievano tutti gli alberi fatti rotolare giù per pendii seguendo: i ludali, livinali, borrali, giavate, roibee risineterreneossia i viali d’avvallamento e scivoli dei boschi che facevano convergere tutto il legname a valle. Oppure i tronchi venivano trasportati con slitte, muli e cavalli e carri giù per mulattiere e sentieri impervi fino ai luoghi dell’accatastamento e inacquamento nel lago improvvisato per la raccolta.
Lì un bel giorno, un giovane tanto coraggioso quanto veloce dava un colpo secco a quell’unico cuneo di legno che teneva in piedi e unita l’intera diga, e poi correva a mettersi in salvo se faceva a tempo a farlo. Era una specie di corsa per la vita, e qualche volta il giovanotto non faceva a tempo “a trovar scampo” prima che l’immane fiumana d’acqua e legni irrompesse violentemente giù per la valle in direzione del fiume Piave. Se ci riusciva, invece, portava a casa un gruzzoletto che gli avrebbe permesso non di sistemarsi, ma di mettere via qualcosa per il suo futuro o la sua famiglia.
Poi iniziava un lungo viaggio degli Abeti, Larici e Faggi “navegando la Piave” fino a Venezia e il suo Arsenale … fino alla Barbaria delle Tole a Castello, alle Fondamente Nove, alla Celestia, alla Sacca della Misericordia, a Sant’Alvisedi Cannaregio e fin sulle Zattere nel Sestiere di Dorsoduro dove le Zattere venivano smontate, vendute e spartite.
A Venezia c’era sempre un gran bisogno di legname: si piantavano migliaia di pali, boschi interi nei fondali della Laguna per porre le fondamenta di case, palazzi e chiese … Ancora alla fine del 1700 Venezia poteva contare ogni anno per questo scopo su una quantità di legname pari a 350.000 tronchi … e poi ci sono sempre stati i bisogni dei cantieri, degli squeri, e soprattutto della Casa dell’Arsenale che inviava i propri Proti ed Estimadori esperti in Roveri, Lecci e Faggi per scegliere e marchiare le piante migliori nella “Viza da remi della Serenissima del Cansiglio”o nei “Boschi degli alberi di San Marco” della foresta di Somadida, o nel“Bosco dei Roveri” del Montello .
Le “Commesse dei Roveri per la Serenissima” nascevano col lavoro dei tre Stimadori inviati dai Patroni dell’Arsenale che consegnavano ai Capitani dei Boschi una lista dei Roveri adatti segnata su appositi registri. Per i 233 Remeri stabili della Serenissima si ordinava ogni anno il taglio di 1500-2500 “remi da Galia Sottìl” e 300-600 “remi da Galia Grossa”. Si sceglievano: “Fagari per remi dall’Alpago e dalla Carnia”; “Nogheri (ossia Noci e Olmi) per timoni e bolzelli” dai Boschi del Mantovano; “Roveri da nave” da Rovereto, Trento, Cadore, Carnia, Friuli o dall’estero ossia dalla Toscana e fin nel Napoletano. Per costruire ogni Galea Grossa si spendevano: 17.680 ducati in legname, mentre per varare una Galea Sottile la Serenissima ne spendeva 3.534.
Inoltre, secondo una relazione del Molin del 1633, si ricorda che si conservavano depositati stabilmente nell’Arsenale altri 5.000 “Roveri”, di cui 1.000 erano ancora in buon stato: “…a volte sono lasciati tagliati nei boschi o sulle rive dei fiumi per anni per cui vengono condotti non buoni e valgono solo a occopar e non servir la Casa dell’Arsenale…”
I Proto dei Remeri che andavano a scegliere i legni nei Boschi assieme agli Stimadorie poi dirigevano la costruzione dei remi percepivano uno stipendio di 8-11 ducati mensili, l’uso di una casa nei pressi dell’Arsenale, e 2 anfore di vino annuali. Costoro erano coadiuvati nel loro lavoro dai Proto degli Alberanti che a loro volta supervisionavano la costruzione degli alberi e dei pennoni delle navi percependo uno stipendio di 7,5-10 ducati mensili e gli stessi privilegi “di casa e vino” uguali ai Proto loro colleghi.
Dopo un libero afflusso del legname lungo la parte più ripida del Cismòn, del Travignolo e dell’Avisio prima, e poi del Piave, dell’Adige, del Cordevolee del Brenta, i tronchi venivano legati insieme a formare le Zattere sopra alle quali si creava con delle tavole un ricovero per le intemperie. Poi si caricavano con carbone, minerali soprattutto di rame, piombo e ferro dal Zoldano, chiodi, mole di arenaria da Tisoj nel Bellunese per affilare spade e macine di mulino commerciate in tutto il Mediterraneo, botti di acido solforico dalle miniere della Val Imperina che serviva per la tintura delle stoffe, canapa, pelli, lana, prodotti caseari, bestie, pietre di Castellavazzo, oggetti e attrezzi, qualche migrante e anche “qualche buon passegger”… e le Zattere così scendevano come: “menàda o tradotta o condotta” lungo i fiumi fino a Bassano,Treviso, Padova… e infine fino a Liza Fusina e Brondolo e Venezia dove esistevano veri e propri “porti e capolinea delle Zattere”.
A più riprese e ancora nel 1834, i Veneziani e i bottegai della zona (soprattutto l’Oste Domenico Matiazzo, il Biavarol Giovanni Maria Milesi, e il Tagiapiera Pietro Dupàr nel 1835-1839) si lamentarono col Doge e col Governo per la grande confusione esistente in quelle Contrade di Venezia dove s’ammucchiavano ovunque cataste di legname, merci e pietre intasando e “imbonendo” con zattere e peate cariche di legname e tronchi i Rii di San Trovaso, di Ognissanti e quegli adiacenti dove non si poteva più passare, e occupando il libero transito sulle Fondamente al Ponte Longo delle Zattere.
Mercanti di legname come i Coletti nel 1837 o Giovanni Maria Dorotea e Alessandro Bonifiglio di Nicolò nel 1799, e Vincenzo Vissà ancora prima vantavano il diritto e la concessione secolare di poter disporre i legni accatastati ad asciugare sopra agli spazi pubblici per poterli poi commerciare in giro per Venezia, il Lido e tutta la Laguna.
(alcuni marchi di Mercanti da legname)
Fin dalla partenza i legnami venivano numerati e marchiati con i segni dei commercianti di legname, e soprattutto strada facendo venivano contati per pagare i dazi, come quelli d’entrata nei territori della Serenissima, o quello del Vescovo a Fonzaso sul legname che scendeva dai boschi del Primiero attraversando il suo territorio: “… due soldi di piccoli per ogni tronco tondo, tre per ogni tronco squadrato… o in alternativa: un tronco ogni dieci transitati”. La riscossione delle decime veniva spesso appaltata a privati che fermavano temporaneamente la fluitazione costringendola a passare in apposite “serre”: “… si fa fede per l’Offitio della Cancelleria Episcopale che la decima de legnami che vengono per il fiume nel Cismòn aspetta a questo Vescovado, dal quale si riscuote come segue cioè: d’ogni taglia soldi tre; d’ogni borra doppia soldi due; di scavezzoni un soldo l’uno; de squarrati soldi tre; de dogarenti squarati o altro legname squarato come traversette e simili: soldi tre; delli scaloni d’ogni sorte di legname siano si riscuote la giusta decima: cioè d’ogni dieci uno; de dogarenti non squarati la giusta decima; de remi la giusta decima; d’altri legni tondi d’ogni sorte la giusta decima; delle taiole la giusta decima …” certificava il Feltrino Giorgio Teuponi e Giovanni da Fonzaso a nome del Vescovo Giacomo Goblin che esigeva la decima sulle circa 48.770 taglie di legname che fluitavano ogni anno.
A Caput Pontis o Ponte nelle Alpi di Belluno si pagava il dazio al Vescovo di Belluno che scrisse più volte alla Serenissima precisando quanto gli spettava di pedaggio sulle merci che transitavano per la sua città, e chiedendo di legare il commercio del legname con l’importazione del Sale. Fin dal 1293 si pagava un altro dazio al Vescovo di Trevisotransitando per le dogane di Ponte di Piave o del Castello di Quero dove di notte si tirava una catena sul fiume per impedire il passaggio incontrollato delle zattere. Al Vescovo di Treviso spettava un “diritto d’entrada” del valore di 1/40° sulla “muda del Legname del Piave” diretta a Venezia. Percepiva: “… 5 soldi per “raso e zata”, 6 denari per ogni albero, 12 denari per ogni botte di pece, e le imposte su catini e cucchiai di legno”… Anche il Patriarca d’Aquileia, nel 1357, s’interessò della “Mercatura legnamis”sequestrando e poi restituendo ai Veneziani in Carnia, Cadore, Bellunese, Feltre, Mel e Cesana carichi di legna diretti alla Laguna di Venezia ... Scesi a Musile di Piave le Zattere pagavano ancora un dazio fin dal 1335 su “zate lignamis ligate”, e poi proseguivano per il Canale dei Lanzonifino alla Cava e Torre del Caligo, e poi per il Cavallino e Treporti entrando dopo 15 giorni di viaggio nella Laguna di Venezia a Lio Mazòr da dove proseguivano “secondo corrente” per i Canali dei Bari, del Rigà e di San Felise sostando nelle isole di Burano, Murano, San Giacomo in Paludo e infine giungendo nei pressi dell’Arsenale a San Francesco della Vigna, alla Celestia e in Sacca della Misericordiadove venivano smontate e distribuite.
Le “condotte” di almeno 20 Zattere fluitavano lungo i fiumi guidate da equipaggi anche di dieci persone ciascuna, e trainate talvolta da cavalli lunghe le rive. La “Menada Granda” formata talvolta da 12 a 16 zattere congiunte insieme in un unico corteo lungo fino a 300 metri durava circa quattro mesi: dall’inizio di aprile alla fine di luglio, ed erano circa 3.000le Zattere che ogni anno scendevano fino a Venezia passando di mano a Nervosa o Nervesa, Falzè e Ponte di Piave. Certe “Zattere Longhe” pesavano fino a 20 tonnellate, venivano denominate: “Raso o Ras” e trasportavano a valle fino a 18 alberi maestri per le navi che potevano misurare fino a 35 m ciascuno.
Un “Raso” era utile per armare due galeoni, non portava mai carichi sovrapposti, e sopra gli venivano inchiodate tre “antenne”(ossia futuri pennoni da nave) sopra dei quali si costruiva il “suolo”di tavole della Zattara su cui lavoravano i Zattieri … Esisteva anche il “Rasèt” con due sole “antenne minori”, la “Barca” con travi da 7 metri, il “Barcòt de sbàre” con travi da 10 m, il “Barcòt da rài” con taglie da 4,20 metri, la “Troncona”, il “Barcòt de scòrs”, la “Mandra da carbòn”, la “Faghèra” e la “Melòsa” ... Le zattere del Piave erano perfino personalizzate con un nome: sulla testa di una, ad esempio, c’era inciso: “LODE A DIO”.
I “Cortei delle Zattere” si fermavano di notte in apposite aree di sosta, e ogni tanto i Zattieri dovevano disincagliarle nelle forre o nei punti più stretti dei corsi d’acqua usando gli “Angèri”e destreggiandosi fra le rocce con funi e braccia. Spesso disputavano e litigavano per il passaggio con gli uomini delle 13 grandi Segherie della Serenissimadistribuite lungo i percorsi, o con i mugnai delle “rogge e roste” dei molini che rallentavano e impedivano il libero transito lungo il fiume.
Nelle segherie dei paesetti spesso omonimi sorti in loro funzione posti lungo le sponde dei fiumi, iSegantini lavorano giorno e notte a turni continui: c’erano le Segherie di Sacco del Bianchin, Lazzaris di Ansogne, Carolto, Venago, Rivalgo, Candidopoli, Termine, Wiel, Malcolm dal 1880, Rivalta, Villanova e Vajont.
Le piene, le aree sabbiose e ghiaiose, le frane rovinose, le “Brentane”, i violenti temporali come l’eccessiva siccità dei fiumi spesso rallentavano e talvolta facevano disperdere l’intero carico … allora era un dramma per molti.
Fra le tante è ben documentata una fluitazione estiva lungo il Piave che partiva dal Comelico, passava per Sappada in località Acqua Tona, o per Auronzo trasportando ogni volta fra 200-240.000 taglie d’alberi. Un’atra ne passava in primavera per lo stesso percorso diretta al Cidolo diPerarolo e Longarone portando da Auronzo 30-40.000 taglie; e un’altra ancora di minore entità “correva giù” d’inverno con soli 10-20.000 taglie partendo dai Trepontialla confluenza del torrente Ansiei col fiume Piave. Una fluitazione diversa ed estiva di 60-70.000 taglie scorreva lungo il torrente Boitepartendo da Cortina e dall’Ampezzano dove ne esisteva anche una invernale più modesta che partiva da Venàs.
Nel 1440 Hans Welsperg vendette ai Mercanti Veneti 8.000 fusti di conifera … 20.000 l’anno seguente, e 11.670 nel 1443 ... Nel 1572 c’era l’obbligo per le Pievi di montagna del “contributo in remi” alla Serenissima. Il Distretto di Belluno doveva dare a Venezia: 6.000 remi piccoli o 3.000 grandi, pena 100 ducati, entro 8 giorni dall’ordine partito dall’Arsenale Lagunare, compresa la spesa di conduttura del legname, ossia 14 soldi per remo. Secondo una precisa “lista delle spettanze dei Legni”: Agordo doveva 1.200 remi per 840 lire, Zoldo ne doveva, invece: 838 per 586 lire, Limana: 210 remi per 147 lire, San Felice: 419 remi per 293,6 lire, Mier : 419 remi per 293,6 lire, Oltrardo 209 remi e ½ (?) per 146,13 lire, Frusseda: 419 remi per 293,6 lire, Pedemonte: 419 remi per 293,6 lire, Lavazzo 209 remi e ½ (?) per 146,13 lire e l’Alpago: 838 remi per 586,12 lire … Nel 1558 il Governo di Innsbruck stimava di 309.700 taglie il legname da opera commerciabile, mentre poteva essere di 3.156.000 quello della legna da ardere col proposito di raddoppiarla nei sei decenni successivi ... Nel 1649 quando Vergoman e Miane sulle colline di Ceneda(Vittorio Veneto) vennero invase e danneggiate dalle acque in piena del Rio San Antonio che rovinò i paesi oltre che il già povero raccolto imminente: tutta la Valmareno fu ridotta alla fame. Si compilò perfino “un boccatico” di sopravvivenza stimando le biade che possedeva ciascuno. Ma nonostante la grave calamità naturale, nell’autunno dello stesso anno siccome era scoppiata una nuova guerra col Turco, la Serenissima chiese ugualmente nuove contribuzioni in denaro, e soprattutto un certo numero di “guastatori e uomini da remi-vogadori”. D’ordine della Serenissima si aspettavano a Venezia per ottobre: “66 vogatori a lire 6 al remo”, e si dispose un contratto per procurare i remi per la voga delle Galee da guerra stipulandolo tramite due Zattieri da Puos d’Alpago che assunsero l’incarico di far tagliare le piante del Cansiglio e di condurle a Venezia con le zattere per il prezzo di “lire 7,10 a remo” ... Nel 1848 i Zattieri del Piave eludendo la stretta sorveglianza Austriaca portarono volontari, soccorsi e vettovaglie a Venezia ... e ancora nel 1900 fra 150 e 200 “Menadàs o Zattieri” trasportarono su Zattere in Laguna più di 1.300 tonnellate di legname.
Secondo la “Guida Commerciale di Venezia” del 1846: il più facoltoso Mercante da Legnameattivo a Venezia eraTaddeo Wielche possedeva ben tre depositi di tavole e legname: due sullaFondamenta della Zattere sul Canale della Giudecca, e un terzo sul Rio di Cannaregio sul canale proveniente da San Secondo e laTerraferma. Sempre sull’imbocco del Rio di Cannaregio c’erano anche i depositi di Pietro Santuari,diFrancesco Gele deiFratelli Masiche ne possedevano un altro inBarbaria delle Tole. Lì s’assiepavano a poca distanza l’uno dall’altro le tese e i magazzini dei commercianti: Giuseppe Malvezzi & C, C.F. de Koepff, Giuseppe Malvezzi, Giuseppe Fabbro e Bartolomeo Lazzaris che ne possedeva un altro aSant’Alvisepoco distante dallaSacca della Misericordiadove c’erano quelli di Isidoro Goletti, Giovanni Corte e Girolamo Teza.Sulle Fondamente Novelavorava Giobatta Cadorin, e a ridosso dell’Arsenalec’era il deposito diGiovanni Antonio Manzoni. Emilio Pascolivendeva legname poco distante dagli Incurabili, e Luigi Girardini e i Zanardini lo vendevano e compravano nei loro depositi vicino all’attuale Piazzale Roma.
Il viaggio delle zattere cariche di: “scaloni, chiavi, bordonali, rulli, piane, zappole, taglie, tavole, ponti refilati o sfiladoni, palancole, scurete, morali interi, mezzi o bastardi” era tutt’altro che agevole e comodo.
Napoleone Cozzi nel 1899 raccontò una “Discesa in Zattara da Perarolo a Belluno”:
“…al luogo d’imbarco una brigata chiassosa di Zattèri allineavano le ultime travi, marcava le assi e assicurava cogli ultimi legacci le parti vitali del bizzarro veicolo che dovea portarci a Longarone. A Perarolo, il Piave non è più nella sua infanzia …si presenta qui nella sua virile fierezza … Il Padola, l’Ansiei, il Boite e cento altri affluenti minori vi hanno riversato il loro liquido tributo: la massa delle acque si urta con fracasso e si frange in candide spume … muovono le pale a una dozzina di seghe e molini, travolgono nella loro ridda impetuosa migliaia di tronchi trascinandoli via come un fuscello di paglia … a 12 chilometri all’ora, la superficie mobile di oltre 70 metri quadrati dell’ammasso galleggiante di due o trecento travi che costituisce ogni zattera ... Il comando secco del capo zattiere, il colpo di remo che ci dirige risolutamente nel mezzo del fiume, il coro dei saluti e degli auguri che si elevano dalla sponda, Perarolo che sparisce al primo svolto ... La zattera segue normalmente il tronco principale del fiume e serpeggia con esso a curve ora strette ora ampie, zitta e velocissima; passa sotto un masso fuori di piombo, guizza tra i fogliami, s’interna in una gola, esce libera in un largo bacino ... Passano casette rustiche isolate o a gruppi, molini, ponti, seghe; dalle valli secondarie affluenti d’ogni grandezza si uniscono al Piave, quali a cascatelle, quali con un ultimo salto, quali scendendo blandatamente dal loro candido letto di ghiaia …Non sempre si corre così tranquillamente: gl’incidenti abbondano ed offrono la nota seria od allegra, secondo la natura loro … Spesso, per evitare una rapida curva si sceglie un braccio di minor profondità: la zattera si trascina gravemente, stride sui ciotoli, è uno scompiglio, un finimondo per le povere viscere ... Talvolta, proprio quando sembra di veder chiaro per un lungo tratto di percorso, la faccia del capo zattera si rabbuia; i suoi cenni si fanno più decisi, più autorevoli, uno sprone di roccia è li minaccioso ad uno stretto svolto e non si può evitare. I colpi di remo si fanno più spessi, diventano febbrili, disperati; ma è vano, impotente ogni sforzo. Il pesante veicolo viene scaraventato contro, l’impeto lo rende indomabile; tutto dovrà sfasciarsi, convien pensare al salvataggio ... Ad un affanoso silenzio succede uno scricchiolio formidabile, poi una scossa potente, disastrosa, che tutto sconvolge, accavalla; sposta, sbalza, sommerge. Il natante sembra squassato; il corretto rettangolo è diventato un goffo trapezoide. Lo sfregamento ha reso le parti esposte, smussato gli angoli; l’urto ha spezzato un remo, svelto uno scalmiere, reciso i legami a una decina di travi che vengono travolte dalla corrente e perdute, ma il resto è salvo; la meravigliosa costruzione ha resistito! … Più scabroso è l’affare, allorchè l’urto avviene in piena prora della zattera e ne tronca di botto la corsa violenta. Che lavorio allora per smuovere a grado a grado l’inerte massa, cui la rapidità della corrente tiene lì fissa, incastrata, nelle sinuosità rocciose dell’immane ostacolo! … Già ad una certa distanza, il corso del fiume sembra troncato da una diga che lo attraversa lasciando uno sbocco stretto oltre il quale l’enorme massa liquida precipita con fragore: le cascate. Avvicinandosi, si pensa, e si ha tutta la voglia di credere che certamente la zattera verrà trattenuta o sviata da chi sa che congegni, da chi sa quali provvidenziali circostanze. Corre invece sciolta ed ardita l’infamissima! È un’indegnità; deve essere una grossa una colossale celia o una pazzia senza nome; saranno matti i zattèri. Ormai non c’è scampo; ancora pochi momenti e saremo assorbiti, ingoiati. La velocità aumenta ancora, il rombo si fa sempre più assordante. Si vorrebbe coprire il viso colle mani, vien voglia di ribellarsi spiccando un salto disperato sulla ghiaia fuggente.
Ci siamo: I due provieri lasciano i remi, si curvano si afferrano alla corda, la prima parte della zattera cigola, si piega, precipita, dispare. Dietro a noi ritto, fiero, impassibile come il dio delle tempeste il capo zattera da col suo remo l’ultimo colpo direttivo, poi si abbassa, si assicura anche lui. Ecco l’attimo: numi dell’abisso! L’appoggio ci manca sotto; le dita si aggrappano alle travi, si aggrovigliano alle corde, ai legacci, quindi con un altissimo grido d’entusiasmo sprofondiamo, ebbri d’emozione, lambiti da un’onda di spuma, avvolti da un diluvio di spruzzi argentini… il viaggio non è terminato … Sulla sua ampia rotaia liquida, passerà altre chiuse, vedrà altre città, altre borgate, altre rive feconde; e correrà ancora ancora, sulle onde maestose dell’azzurro Piave dalle larghissime distese di ghiaia, via via, tra i fiordalisi; le biade, e gli sparsi casolari delle campagne solitarie; tra i filari di pioppi e le alte giunchiglie, laggiù nell’immensa pace delle sconfinate pianure venete.”
Non era inusuale che più di qualche Zattiere non facesse più ritorno a casa seguendo “l’aspra via d’acqua del legnaiolo”…Fra Perarolo e Codissago c’era la “Malatorta” ossia un curvone tortuoso con curva e controcurva dove succedevano spesso incidenti anche mortali … poi c’era la “stretta di Quero” dove s’incrociavano le correnti dell’acqua … “sotto al Montello” affioravano dall’acqua le rocce: croste durissime che a volte sfasciavano le zattere o facevano disperdere l’intero carico.
“Il viaggio della Menada fino a Venesia” era quindi sempre ricco d’insidie e drammi, perciò fra i Zattieri fiorirono diverse Schole di Devozione di Mestiereche si dedicavano: “… a implorar aiuto dal Cielo per i Lavoranti vivi, Suffragio pei Morti e Soccorso per le famiglie rimaste” ... Alla partenza delle Zattere il “Zattiere Capo” portava con se “la Carta” ossia una sorta di bolla di accompagnamento che elencava il legname trasportato e tutto quanto accadeva lungo il viaggio: materiali caricati e scaricati, incidenti, mancanze, accrescimenti, liti, gabelle e qualsiasi altra variazioni. La “Stampa” della lista terminava con la scritta in calce: “che Dio ci porti a salvamento”, e Zattere e i Zattieri venivano ogni volta benedetti prima della partenza per la lontanissima Laguna di Venezia.
A tal proposito esisteva una Confraternita di San Nicolò a Valstagnache nel 1566 contava 21 aderenti ... Cinque erano, invece, le Confraternite o Fraglie dei Zattierifondate a Codissago, Ponte nelle Alpi, Borgo Piave, Falzè-Nervesa e Ponte di Piave. Le squadre degli equipaggi dei Zattieri si alternavano lungo le tappe del viaggio prendendo in consegna “le zattare” che viaggiavano dirette alla pianura partendo, ad esempio, da Codissago dove c’era il “Porto di Castello delle Zattere”… Nell’estate del 1492 la “Schola dei Barcaioli e Zattieri del Piave” ospitata nella chiesa di San Nicolò di Belluno in Borgo Piave ottenne dal Maggior Consiglio della Serenissima il riconoscimento ufficiale del suo Statuto ratificato dal Doge Agostino Barbarigo in persona. Si trattava di una specie di “Consorzio mutualistico degli Zattieri”... Nel centro fluviale di Cacoxana di Mira lungo il fiume Brenta e vicino a un traghetto con apposito “Ospizio per Naviganti” c’era una Scuola di San Nicolò dipendente dall’Abazia di Sant’Ilario di Fusina e San Gregorio di Venezia … Un’altra Schola dei Barcaroli dedita a San Nicolò sorgeva a San Girolamo di Mestre poco distante dalla Torre Podestarile.
“In epoca tardo medioevale: Tommaso Grifo possedeva “… multas acqua set paludes in loco vocato Dogà…” nella Laguna Nord dietro Torcello, e si lamentava d’essere danneggiato dal continuo transito delle zattere provenienti dal Piave e dirette a Venezia, che compromettevano i suoi sbarramenti stagionali posti in Laguna per la cattura del pesce …”
Nella Laguna di Venezia esisteva tutta “una collana” di presenze e culti dedicati a San Nicolò Patrono degli Zattieriche quasi li accompagnava lungo tutto il loro percorso fino all’Arsenale della Serenissima. C’era San Nicolò della Torre del Caligoe di Lio Mazor presso l’omonimo canale dove transitavano le Zattere entranti in Laguna … Poco distante da Mazzorbo e Torcello c’era l’isola di San Nicolò della Cavanasolo in seguito chiamata Madonna del Monte … A Murano sempre sulla strada del passaggio delle Zattere c’era: San Nicolò della Torre solo più tardi chiamato Santa Chiara di Murano… e proprio sul bordo ultimo della Laguna ai Santi Giovanni e Paolo a ridosso della Barbaria delle Tole esisteva un Cappella-chiesetta del Capitolo di San Nicolò… Al Lido c’era San Nicolò… così come nel Sestiere di Castello sorgeva San Nicolò di Castello … La Chiesa della Contrada di San Biagio dei Forni sul Molo di San Marco ospitava una Confraternita di San Nicolò che arrivò a contare ben 250 affiliati ... e perfino dentro a Palazzo Ducale esisteva una Cappellina di San Nicolò affrescata dal Tiziano a cui il Doge Antonio Grimani regalò il suo manto dorato per ricoprire la statua di San Nicolò il giorno della sua festa.
Nella chiesa monasteriale dei Carmelitani Scalzi dei Carmini nel Sestiere di Dorsoduro era presente e attiva la Confraternita di San Nicolò dei Mercanti, la Fraglia di San Nicolò del Traghetto provvedeva a collegare Sant’Eufemia della Zuecca con le Zattere al di là del Canale delle Giudecca … Nella splendida chiesa di San Nicolò dei Mendicoli(dove abito io attualmente) collocata proprio sulla dirittura d’arrivo dell’itinerario dei Zattieri da Fusina verso le Zattere si fa espressamente riferimento agli Zattieri (di cui resta un dipinto di San Nicolò Protettore degli Zattieri con le zattere accanto).
Questo “San Nicolò onnipresente”è stato quindi considerato da sempre come: Protettore dei Naviganti, “Padre de Marinari”, dei Pescatori, dei Traghettatori e anche dei Mercanti da Legne nonché dei Zattieri.
(San Nicolò Patrono degli Zattieri in un dipinto per San Nicolò dei Mendicoli)
Ed è proprio lì sulle Zattere fin dal 1532, precisamente dentro alla “chiesa tonda de San Salvatore degli Incurabili”(in realtà di forma elittica edificata da Antonio Da Ponte su disegno di Jacopo Sansovino) che venne ospitata la Scuola di Santa Giustina e San Nicola dell’Arte dei Mercanti da legname e degli Zattieri del Cadore. Ecco perciò il collegamento dei Zattieri con gli Incurabili di Venezia.
L’Arte dei Zattieri e dei Venditori di Legname non dipendeva più dalla Giustizia Vecchia come tutte le altre, ma bensì direttamente dal Magistrato sopra le Legne e i Boschi … La Confraternita faceva ardere giorno e notte un “cesendello” davanti all’Altare di Santa Cristina che ospitava la Schola dei Zattieri e del Legname, faceva inoltre celebrare di continuo agli Incurabili Messe quotidiane per i benefattori vivi e per i Morti, assisteva i Confratelli malati, bocciò l’idea d’istituire doti a favore di donzelle da maritare, e “teneva banco e Capitoli in capo al dormitorio de’ Preti o nel Refettorio degli Incurabili”.
Diverse stampe del 1500 e 1600 mostrano sulla Fondamenta delle Zattere, e davanti alla grande croce infissa sulla Fondamenta accanto al Luogo degli Incurabili alcune zattere ormeggiate, e i legni delle zattere smembrati, sciolte e accatastati in attesa d’essere trasportati ai cantieri di Venezia e all’Arsenale.
La “Fraglia dei Zattieri e degli uomini del Legname degli Incurabili” si diede all’inizio una nuova Mariegola, e ancora nel 1797 contava 11 iscritti. Si trattava di una specie di società-consorzio a cui aderivano Nobili, Cittadini originari e popolari, e riuniva coloro che commerciavano “Legna all’ingrosso e da fuoco” in giro per Venezia. Era quasi tutta gente originaria del Cadore che spesso si passava il mestiere di padre in figlio e nipote e pronipote. Per le riunioni del “Capitolare dei Confratelli”, invece, i Commercianti da legname e i Zattieri si ritrovavano vicino alle Fondamente Nove prendendo a prestito le sedi o i locali delle Schole de San Piero Martire in Campo San Zanipolo o quelli della Schola de la Madona de la Paxe, della Schola di Sant’Orsola o di San Vincenzo Ferreri.
Nel febbraio del 1610 l’Arte dei Mercanti di Legname inviò una supplica alla Serenissima lamentandosi delle difficoltà causate dalla difficile congiunzione economica veneziana, perciò ottenne uno sconto fiscale del 25% passando dal pagamento di una tassa di 31 ducati annui a quello di soli 15 ducati … Nel maggio 1723:“…esisteva in Venezia una carestia somma di legna da fuoco: non se ne trova per danari…” … Sopraggiuntopoco dopo mister Napoleone, ovviamente si decretò lo scioglimento e la soppressione di tutto, e anche di quell’Arte considerata inutile … rimasero però attivissime in Venezia le private famiglie dei Commercianti di legname che continuarono a gestire le zattere di legna che scendevano dal Cadore e dalle montagne.
Gli Incurabiliè stato uno dei quattro grandi complessi ospedalieri voluti dalla Serenissima, ed è sorto a Venezia per ospitare gli affetti dal“Morbo Gallico o Mal Franzoso”… ossia la malattia Sifilide: “L’Ospedaletto dei Derelitti, la Pietà, le Zitelle e gli Incurabili sono i quattro principalissimi bastioni della nostra Repubblica … ed arrivarono ad ospitare fra homeni, maladi e putti e infanti fino a 3.000 persone…”
La cura della Sifilide che si praticava agli Incurabili era detta anche“Cura dell’Acqua e del Legno o del Legno Santoo lignum indicum”, e funzionava a base di raro quanto costosissimo Guaiaco Americanoimportato a Venezia con un lucrosissimo commercio soprattutto daiMercanti Fugger Tedeschi di Augusta presenti in massa nel Fondaco dei Tedeschi di Rialto. Con l’erba importata dall’America si creava uno sciroppo o unguento che si somministrava sotto varie forme per 2 ore 2 volte al giorno per 30-40 giorni che venivano prolungati spesso a 3 mesi.Il“Rimedio pel Mal Franzoso”si somministrava in luogo molto caldo ed essudativo associandolo a diuretici, salassi, lassativi, diete ferree e perfino col Mercurio almeno fino al 1700 ... e si ripeteva la cura in primavera e autunno, e solo per un numero limitato di malati (sembra che venissero estratti a sorte 48 malati a Padova. Non si sa bene secondo quasi criteri).
Nel 1527 secondo il “Liber de Morbo Gallico” scritto da Nicolò MassaMedico Veneziano ed edito in quello stesso anno: la Sifilide si poteva curare con “pomate mercuriali” mescolate con grassi animali soffregate ogni sera sulle articolazioni che venivano poi bendate col paziente a letto per 2 ore a sudare. La “cura” usata solo se falliva l’altra “cura col Guaiaco”provocava ulcere in bocca, costante saliva fetida, perdita del sonno e dell’appetito, nonché diarrea.
L’iniziativa sanitaria degli “Incurabili di Venezia” è sorta fra 1517 e 1522 sotto lo Juspatronato del Doge in persona, e aveva come ispirazione e sottofondo economico l’apporto delle 12 prime “Governatrici dell’Ospedale”ossia alcune “donne da conto veneziane” fra cui Marina Grimani legata alla famiglia di Vincenzo Grimani figlio del Doge Antonio, Maria Malipiero della Contrada di Santa Maria Zobenigo, Maria Gradenigo, Elisabetta Vendramin, Ludovica Gabriel sorella di uno dei primi governatori degli Incurabili: Benedetto Gabriel, Bianca Giustinian moglie di Benedetto Gabriel e sorella del Camaldolese Paolo Giustinian, e Lucia Centi madre del predicatore francescano Bonaventura Centi in contatto col Carafa e Giberti che donò all’ospedale una casa di gran valore e molte volte migliaia di ducati.
Ispirate dall’Agostiniano Don Girolamo Regini loro Confessore, col sostegno spirituale dei Canonici Lateranensi residenti poco lontano a Santa Maria della Carità che riprendevano la spiritualità del Divino Amore e della Devotio Moderna di origine fiamminga in risposta all’inquietudine religiosa e sociale d’inizio 1500, le Nobildonne Veneziane espressero una forte volontà concreta e fattiva di dedicarsi alla“Cura degli Incurabili”. Il principale apporto motivazionale oltre che economico venne anche da San Gaetano da Thienefondatore dell'ordine dei Teatini che riuscì a farsi donare un terreno poco distante dalla chiesa dello Spirito Santo dal Nobile Zaccaria Semitecolo, sul quale costruì un “Ospissio di legno” per accogliere uomini e donne affetti da Sifilide.
In seguito fra molti altri prestarono cura agliIncurabili di Venezia anche San Francesco Saverio e soprattutto il Nobile Veneziano Girolamo Miani(poi considerato Santo) che a Venezia negli stessi anni aveva già istituito due asili per fanciulli abbandonati in Contrada di San Bastiàn e a San Rocco, e un altro “Ospeàl per febbricitanti detto il Bersaglio”, finendo poi col gestire la nuova Istituzione dei Chierici di San Gaetano. Dopo costoro, agli Incurabili si alternarono i Gesuiti, e infine i Chierici Regolari Somaschi.
Nel febbraio1522 il Patriarca ed i Provveditori alla Sanitàobbligarono:“… infermi, impiagati da mal franzoso ed altri mali che sostano con gran fetore e pericolo di contagio sotto i portici delle chiese, di San Marco e Rialto dedicandosi a furfanterie per sopravvivere a farsi ricoverare sotto pena di bando nel “Luogo allo Spirito Santo” detto degli Incurabili.” … Nell’agosto 1524 si accolse agli Incurabili sistemandolo in un luogo a parte il Nobile povero e vergognoso Bernardo Contarini…Dal febbraio 1525 s’iniziò a ricoverare agli Incurabili, dove già c’erano 350-400 ospiti, anche putti e putte orfani ed abbandonati: “… vestivano una divisa colore turchino, abitavano in stanze separate dall’Infermeria Comune, accompagnavano a pagamenti i Morti al funeral, facevano i “Balottini” per il Maggior Consiglio, venivano ammaestrati nel leggere, scrivere e lavorare chiodi, panni, tessitura, stampa, e si concedevano in adozione o a mestiere, o s’imbarcavano nelle galee veneziane ... Non dovevano essere più di 33 (come gli anni di Cristo) … Si doveva annotare in un libro apposito quelli adatti a cantare.”... Nel 1528 quando i Governatori degli Incurabili erano: Pietro Contarini, Andrea Venier e Francesco di Giovanni dalla Seda, i pazienti erano 150 fra uomini e donne, e: “… l’Hospeàl degli Incurabili aveva Medego e Spezial e i malati erano benisimo atesi e medegati” … Per tutelare l'attività dei lasciti testamentari a favore degli Incurabili, nel 1538 il Maggior Consiglio affidò il governo dell’Ospedale a un apposito comitato composto da non meno di dodici e non più di ventiquattro fra Nobili e Cittadini … A un certo punto si creò fra ricoverate ex prostitute una specie di “reparto separato, una specie di Monastero di Convertite” interno all’ospedale che ricevette grazie e privilegi direttamente da Papa Clemente VII… … nel 1544 Zorzi Bombaser dalla Contrada di San Gallolasciò per testamento alcuni suoi campi a Salzano col cui frumento voleva si facesse “pane bianco” per i poveri dei Derelitti e degli Incurabili.
A metà del 1500 per ricoverare agli Incurabili si estraeva a sorte 10 malati di Sifilide fra quelli in nota per entrare in Hospeàl e quelli che si trovano vagabondi e abbandonati per le strade di Venezia … Nel 1565 Pre Tacino Francesco Cappellano dell’Ospedale dei Derelitti lasciò agli Incurabili: “… un monacordo nuovo assieme al suo povero vestiario” ... … e qualche anno dopo Beretin Francesco de Zuane da Capodistria lasciò “residuari delle sue sostanze economiche” i Derelitti, gli Incurabili, il Monte Santo di Sion e l’ospedale dei Matti di Treviso … Nel 1569 si processò Zanetto Cicuta Barberotto accusato di Luteranesimo e di aver lasciato la stanza agli Incurabili all’inizio della Messa … Riuscì a cavarsela scusandosi per l’abbandono del Rito perché riferì: “… d’aver le mani unte di unguento mercuriale della cura degli Incurabili” ... Nel 1571 LudovicoPriuli figlio del Doge Girolamolasciò un legato di un paio di scarpe e calzette a tutti i putti dei Derelitti e degli Incurabili … Alla fine del 1500 il Chierico Emidius Lisius da Ascoliinsegnava Grammatica ai 9 alunni dell’Ospedale degli Incurabili.“…a chi do concordantie, a chi do latini, ghe ne sono de quelli che latinano per gerundii. Vergilio e Donado a mente…”
Nel 1600 si consacrò la chiesa del Santissimo Salvatore degli Incurabili situata al centro dell'attuale cortile interno frammentato in quattro piccoli cortili triangolari con quattro vere da pozzo collocate ai lati … e l'assistenza ai malati inizialmente gestita dalle Nobildonne Governatrici per le donzelle e le inferme, e da Nobilomeni per gli infermi maschi, venne in seguito affidata a personale sanitario stipendiato su cui sovraintendevano i Governadori degli Incurabili: “Il Pio Luogo è compartimentato in quattro appartamenti: due per le donne e due per gli uomini per un totale di 150 ammalati ospitati, 70 donzelle e 50 giovanetti. Viene governato da una Congregazione di Nobili e Cittadini con buone e tante regole per la cura dei poveri ... Per il governo spirituale c’è un Rettore, un Cappellano e 4 Laici che sono tutti Padri Somaschi .... Le donzelle suonano strumenti e si fanno sentire in tutte le feste e solennità …”
La gente di Venezia stimava moltissimo l’Ospedale che ospitava non solo gli Incurabili, ma anche bambini orfani per istruirli nella religione ed avviarli allavoro, nonchè bambine per educarle al canto. Pur di entrarvi ricoverati i Veneziani si portavano da casa letti e materassi(gli stramagli) …
Il celebre Paolo Veronese dipinse per gli Incurabili un: “Cristo Crocifisso con la Madonna e San Giovanni”(oggi collocato nella chiesa di San Lazzaro dei Mendicanti di Venezia, la chiesa incorporata all’Ospedale Civile) … Inoltre la chiesa degli Incurabili ospitava opere di Tintoretto, Aliense, Padovanino, Giorgione, Celesti, Mantegna, Ingoli, Strozzi, Salviati e Palma il Giovane sotto alla cupola affrescata da Angelo Rosis.
Dal 1601 si aggiunse agli Incurabili una “Farmacia-Spezieria interna o Officina Aromatica e armadio farmaceutico”.
Scriveva Giovanni Nicolò Doglioninel1613:“… poche città puono eguagliarsi alla città di Venezia nella pietà et nel mantenir con elemosina i poverelli et specialmente che si ritrovano né luoghi dedicati ad opere pie. Che, tralasciando le tanti e tanti Monasteri di Frati e di Monache mendicanti, ecco i bambini nati di nascosto et abbandonati da padre et madre hanno luogo comodo per allevarsi nell’Hospitale della Pietà. Gl’infermi di mali incurabili con piaghe et tumori han l’Hospitale dell’Incurabili a ciò deputato. Quegli altri poveri, non con tanto male, sono soccorsi nell’Hospital di San Giovanni e Paolo. Li meschini malamente feriti han lor ricovero in San Pietro e San Paolo ... Quelle donne che dal mal fare si rimettono e si danno al far bene sono raccolte nel Monasterio delle Convertite. Le giovanette già da marito che stanno in eminente periglio di cadere in peccato son levate da alcune Matrone Primarie della città et anco a forza condotte et chiuse nel luogo delle Citelle. Quelle donne che maritate, non però voglion vivere caste, si conservano ben guardate nel Soccorso ... Vi sono anche altri luoghi pii et fraterne…”
In una“Relazione sugli Incurabili in Venezia”del 1650 recapitata aPapa Innocenzo Xsi legge:“… Li padri Somaschi servono il pio luogo detto Hospitale degli Incurabili in spiritualibus solamente. Questo pio luogo è molto cospicuo nella città e per l’opera che contiene e per le persone de quali riconosce li suoi principi ed accrescimenti ... Riceve tutti li poveri con piaghe che vi vogliono entrare quali sono proveduti delle cose necessarie al vitto, medicinali e servitii; di più, in certi tempi dell’anno, che si fanno le purghe col decotto, vi sono sino 800 poveri che ivi stanno per 40 giorni.
Tiene 63 zitelle, quali si maritano ai suoi tempi con dote di scudi 100 oltre le robbe che se li permettono acquistarsi da parte de suoi lavorieri … Alimenta 33 orfanelli, quali s’ammaestrano e sono applicati ad arti diverse secondo il genio … Ha chiesa ragguardevole, capace assai, nella quale oltre le prediche dell’anno, la quadragesima, si predica ogni giorno mattina e sera con molta frequenza.
Li padri Somaschi in numero di 6, cioè 3 sacerdoti e 3 laici, affaticano giorno e notte con patimento più che ordinario in opera così preciosa a gli occhi della divina maestà. Un sacerdote serve alle confessioni delle zitelle, li altri due per l’infemarie, tutti 3 all’amministrazione continua de sacramenti alla chiesa. Ricevono per loro sostentamento: pane, vino, olio, legna, sale, abitationi, utensili grossi, lenzuoli, camicie, medico, medicinali, in più scudi 43 per testa per il vitto ed il vestito. Hanno elemosina di messe certe circa 30 scudi l’anno, di straordinarie circa scudi 50. Elemosina di chiesa per il calcolo fatto da 4 anni in qua: scudi 60 circa …
Gli aggravii per i Padri constano di: 8 Messe alla settimana oltre altre 9 Messe cantate all’anno, dette gratis per servitio del Pio Luogo; Per sussidio al Padre Generale si danno scudi 6 … Al Padre Procuratore scudi 5 … Al Padre Visitatore scudi 6 … Per aiuto alla Casa Professa della Trinità: scudi 50 … Per alloggi scudi 12.
Questo pio luogo si governa con molta carità nelle cose temporali da 25 gentiluomini e cittadini quali con l’applicatione delle persone e loro dinaro proveggono a quanto bisogna.
I Sacerdoti presenti ora agli Incurabili sono: Don Giovanni Antonio Zonisio che è Rettore, Don Giovanni Maria Rovere che è Chierico Regolare e Don Calo De Rossi che è Confessore e Chierico Regolare. Sono inoltre presenti i Frati Laici: Giacomo Modonino Veneziano e Bartolomeo Ossola da Lugano …”
Nel 1647 si installò nella chiesa degli Incurabili un’ampia tribuna per il “Coro delle Putte degli Incurabili”. Il Pio Luogo degli Incurabiliera perciò uno dei luoghi della Musica di Venezia, dove le Putte si esibivano in celebri Cantate come è scritto a chiare lettere nel titolo del “MODULAMINA SACRA DECANTANDA A FILIABUS PIISSIMI XENODOCHII INCURABILIUM” riedito ancora a Venezia nel 1746 a cura del Maestro del Coro degli Incurabili Nicolao Jomelli. Come lui furono Maestri di Coro degli Incurabili:Rigatti, Pallavicino, Porposa, Hasse, Carcani e ancheBaldassare Galuppi detto il Buranello che fu Maestro agli Incurabili fino al 1776.
Secondo tradizione secolare degli Incurabili, durante l’ultima domenica di Carnevale e il Giovedì Grasso mentre i tori impazzivano per i Campi di Venezia e perfino nel cortile del Palazzo Ducale: “… nell’Hospeàl agli Incurabili s’esponeva il Santissimo delle Quarantore in alternativa riparatoria ai tanti abusi perpetrati dal Carnesciale”… Inoltre si praticava una processione solenne partecipata da ben 72 pellegrini e 53 orfani serviti in seguito a pranzo dai Confratelli dell’Oratorio del Divino Amore… in Quaresima si predicava quotidianamente “il Quaresimale” come in altre 37 chiese cittadine di Venezia … Agli Incurabili si festeggiava, inoltre, San Marcoil25 aprile … la Santa Croce il 3 maggio anche con Messa Solenne Cantata dal Coro delle Putte, come nella festa del 21 giugno per San Luigi Gonzaga subito dopo a quella solenne del 13 giugno per Sant’Antonio da Padova sentitissima e partecipatissima in tutta la Laguna ... e il 21 ottobre la Schola delle Nobildonne Orsoline si radunava con le Putte del Coro degli Incurabili per cantare mottetti in onore della loro Patrona Sant’Orsola davanti al dipinto di “Sant’Orsola con le Vergini”eseguito per loro dal Tintoretto (oggi conservato a San Lazzaro dei Mendicanti).
Nel 1722 agli Incurabili scoppiò un grande incendio che danneggiò buona parte del complesso … Nell’agosto 1739, scriveva Charles De Brosses amico del musicista Prete Antonio Vivaldi: “…musica eccezionale qui è quella degli Ospizi. Ve ne sono quattro tutti formati da fanciulle bastarde od orfanelle, e da quelle che i loro genitori non sono in grado di allevare. Sono educate a spese dello Stato e le istruiscono esclusivamente per farne delle eccellenti musiciste. Quindi cantano come angeli e suonano il violino, il flauto, l’organo, l’oboe, il violoncello, il fagotto; insomma non c’è strumento per grosso che sia che possa far loro paura … le loro voci sono adorabili per la modulazione e la freschezza. La Zabetta degli Incurabili è la più straordinaria per l’estensione della voce ed i trilli di violino che ha in bocca … quello dei quattro Ospizi dove vado più spesso e dove mi diverto di più è l’Ospizio della Pietà; è questo anche il primo per la perfezione dell’orchestra. Che rigore di esecuzione !”
Nell’aprile 1743 raccontava, invece, Girolamo Zanetti:“…oggi si cominciarono le esposizioni delle 40 Ore in molte chiese con riguardevole spesa ed apparato di lumi ed altro. Si distinsero: gli Incurabili, i Mendicanti, Santi Apostoli, San Geremia, Santa Maria Zobenigo e San Canziano ... ma forse sopra tutti i Mendicanti dove le donzelle di questo Pio Luogo cantavano 4 bei mottetti composti due dal celebre Antonio Rodella e due da certo Frate. Furono posti in musica da Baldassare Galuppi detto Buranello maestro ordinario d’esso Pio Luogo che per questa funzione fece in musica molto bene il salmo Miserere … Agli Incurabili si cantò una composizione, ossia Oratorio sopra la Passione, composto da certo Abate Bandino Modenese e posto in musica da Giuseppe Carcani Cremasco, Maestro attuale di quello ospedale. Il Miserere che colà si cantò era composto di Giovanni Adolfo Hesse detto il Sassone, vecchio e rinomato maestro di quel coro … era singolarmente bello e dilettevole … ”
Giunto il 1755, gli Incurabili incapparono in una grave crisi finanziaria che portò alla chiusura dell’istituto per bancarotta nel 1777 … Nel 1807 con i napoleonici “il locale degli Incurabili” venne adibito ad Ospedale Civile… nel 1819divenne Caserma dell’Artiglieria e deposito dei materiali del Genio Militare radendo al suolo la chiesa che occupava il cortile centrale ... Ancora nel 1824 Cicogna nella redazione delle sue “Iscrizioni” ricordava:“… l’ospedale annesso che oltre a malati accoglieva orfani e persone in condizione disagiata … Era diviso in 4 grandi appartamenti: due per gli orfani e giovanetti: circa 50, e due per le fanciulle educande circa 70 ... La chiesa era di forma ovale: …aveva tre sporgenti tribune sostenute da mensole, i cui parapetti suddivisi da pilastrini avevano gli specchi a traforo. Erano quetsi sormontati da graticcie di ferro per nascondere alla vista degli astanti le donzelle che in quel si raccoglievano per eseguire i noti concerti che si davano alla ricorrenza di certe determinate solennità…”
Infine nel 1900 l'ex Ospedale degli Incurabili ospitò gli uffici del Distretto Militare… dal 1950 divenne Riformatorioper Minorenni, e poi venne nuovamente chiuso e lasciato inutilizzato ... Oggi dopo opportuni restauri ospita l'Accademia di Belle Arti che ha abbandonato la sua sede originaria lasciando maggiori spazi alle Gallerie dell'Accademia. Il sito degli Incurabili è quindi tuttora attivo e presente sulla Riva delle Zattere assolata e spesso silenziosa: unico nome e segno rimasto di quella grande attività curiosa che qui ferveva per tanto tempo.
P.S.: le immagini di Venezia e dei Zattieri di ieri.
Venezia e i Zattieri di ieri: le immagini.
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Venezia e i Zattieri di ieri: le immagini.