“Una curiosità veneziana per volta.” – n° 124.
“UN AEROSTATO CHE VA TOMBOLANDO SOPRA LA LAGUNA DI VENEZIA … NEL 1803.”
Se ne avrete voglia, provate ad andare a leggere quanto racconta curiosissimamente Franco Mutinelli nei suoi “Annali delle Province Venete dall’anno 1801 al 1840” stampati a Venezia nella tipografia G.B.Merlo nel 1843.
In estrema sintesi diceva che essendo scomparsi in questi ultimi tempi i grandi mecenati delle antiche Arti Classiche capaci di procurare personaggi come Michelangelo e Raffaelle, ora al mondo moderno non resta che darsi alla Scienza e alla Fisica guardando a personaggi nuovi come Volta, Galvani, Spallanzani … e Zambeccari.
A dire il vero, quest’ultimo Zambeccari era un po’ strano continuava a scrivere il Mutinelli perché volendo andare da Bologna a Milano, si ritrovò, invece, a vedere Venezia. Perciò alquanto perplesso concludeva dicendo pressappoco:
“… Ignota ancora l’utilità che venir possa all'uomo dal volare per l'aria …”
Che era successo a questo Zambeccari ? … e chi era costui ?
All’epoca Francesco Zambeccari venne definito un “grande personaggio”, e in effetti lo fu per davvero in quanto fu pioniere e protagonista dell'Aviazione Europea oltre che di quella Italiana. Fu un uomo curiosissimo, sostanzialmente un “Inventore”che amava definirsi: un “Aeronauta”.
Nacque e Bologna nel 1752 nella ricca famiglia Patrizia del Senatore e Conte Giacomo e morì sempre a Bologna nel settembre 1812 per gli esiti di una sfortunatissima quanto tragica spedizione. Essendo Nobile ricevette un'educazione e un’istruzione molto accurate, ma fin da giovanissimo preferì gli studi scientifici nel Collegio dei Nobili di Parma. Insofferente nei confronti del conformismo tradizionale e bigotto dei nobili Bolognesi (e di suo padre) se ne andò presto di casa andando ad arruolarsi nella Guardia Real dove divenne ufficiale dell’Armada Espanola. La Marina Spagnola lo inviò subito a combattere contro i Pirati del Mediterraneo e poi nell’Atlantico e in Americaai tempi della Rivoluzione Americana.
Da lì fu presto costretto a fuggire e cercare rifugio in Europa abbandonando l'Avana in quanto s’era messo in contrasto con Tribunale dell'Inquisizione che aveva iniziato ad indagarlo dandogli la caccia. Giunto a Parigi, nel 1783 assistette alle prime ascensioni di Charlese dei fratelli Montgolfier, e recatosi poi a Londra nel novembre dello stesso anno, cominciò a sperimentare per conto proprio il volo aerostatico utilizzando prototipi larghi più di tre metri e senza persone a bordo riuscendo a farli atterrare intatti a 75 km di distanza.
Fu un successo ! … ma era appena l’inizio, perchè tentò l’avventura del volo con persone a bordo decollando lui stesso diverse volte su palloni “a doppia camera” gonfi d’idrogeno e con aria riscaldata sotto raggiungendo e superando quote di 3.000 metri.
Era un Italiano eh ! … Non dimentichiamolo.
Nel 1787 si trasferì a San Pietroburgo entrando nella Marina Imperiale Russa, ma dopo un naufragio venne fatto prigioniero dai Turchi rimanendosene in prigione a Costantinopoli per due anni finchè venne finalmente liberato su intercessione del Re di Spagna. Il tempo trascorso in carcere gli servì per studiare ancora e mettere ulteriormente a frutto le sue pensate e le sue invenzioni.
Tornato libero a Bologna sposò Diamante Negrini contro la volontà del padre avendo da lei tre figli e lavorando da commerciante. Come potete immaginare si dedicò al volo aerostatico, scrivendo diversi saggi e testi che raccoglievano le sue teorie, osservazioni, esperimenti, pratiche ed esperienze con le moderne “macchine aerostatiche” descrivendo quelle che secondo lui erano “le regole” dell’Atmosfera e del Volo. A Zambeccari si deve la realizzazione di alcuni strumenti di misura come un dinamometro per misurare la tensione delle corde, la "stadera anemometrica"per valutare l'intensità delle correnti atmosferiche, e il cavo stabilizzatore chiamato "guiderope o cavo pilota” impiegato fino ai giorni nostri. Effettuò diversi esperimenti utilizzando a bordo dell'aerostatolampade ad alcool per riscaldare l'aria senza più gettare zavorra per salire o liberare gas per scendere, e perfezionò la sua invenzione realizzando il “pallone a doppia camera” detto“pallone di Rozier", che si sarebbe dovuto chiamare più correttamente "pallone Zambeccari” (Pilâtre de Rozier e Pierre Romain morirono il 15 giugno 1785 durante il un tentativo di traversata della Manica su pallone).
Qualche anno dopo Francesco ereditò le sostanze di famiglia, ma trascurandone la gestione fondiaria, immobiliare e terriera, si dedicò con gli allievi Pasquale Andreoli e Gaetano Grassetti a compiere diverse ascensioni in Italia ed in Inghilterra investendo ingenti somme di denaro e chiedendo sovvenzioni, prestiti e sussidi di ogni sorta.
Fu proprio in quel contesto tra il 7 e l'8 ottobre 1803 che Francesco Zambeccari e compagni partendo dalla Montagnola di Bologna andarono a naufragare nell'Adriatico vicino alla costa dell'Istria. In verità, l’idea degli Aeronauti era quella di compiere il tragitto Bologna-Milano, ma il volo divenne un’avventura epica di quelle che si finisce col raccontarle per sempre.
Gli aeronauti, infatti, persero fin da subito il controllo dell’“aeromongolfiera a doppia camera", che salì velocemente a quote elevate facendo perdere conoscenza ai viaggiatori e piloti che trasportava.
Racconta ancora Franco Mutinelli negli stessi “Annali delle Province Venete” che vi citavo prima: “Acconciatosi adunque in compagnia del Grassetti da Roma, e dell’Andreoli d'Ancona, mezz'ora dopo la mezzanotte del 07 ottobre 1803 in un suo grande e bene costrutto pallone, e “Addio patria ! … Addio cittadini !” esclamando, elevavasi tosto ad una altezza superiore alle nubi. Cominciava già Zambeccari a far uso degl'immaginati suoi remi, ma ben presto ne perdeva uno, provando intanto, e così era anche di Grassetti, un ansamento, una tendenza al vomito e un principio di assopimento: solo Andreoli affatto sano e più vigile rimaneva…”
Povero Zambeccari ! …e anche sfigato … perchè: “Giunte le “le procelle che annualmente sogliono regnare nelle maremme veneziane” come dicea il Filiasi, alle ore due e mezzo del mattino, con sorprendente velocità piombava nel mare il pallone, ma sollecitamente della zavorra alleggerito, si elevava di nuovo e in così alta regione, che le parole, per la rarefazione dell'aria, appena poteano udirsi, e orrendamente sanguigna vedeasi la Luna: se non che, per la perdita di gas, altra volta gravato dal proprio peso il pallone, scendeva nuovamente, però con più tranquillo moto, sul tempestoso mare …”
Insomma gli Aeronauti mezzi intontiti era finiti dentro a una tempesta che li ha sballottati per bene su e giù nell’aria scaraventandoli poi di sotto fin sull’acqua, e spingendo poi il “pallone” ingovernabile in mare aperto.
“Velocissimamente per gli aerei spazi trascorrendo intanto il pallone, e ciò per essere stato colto da un groppo gagliardissimo di vento, all'improvviso un fragor di marosi non interrotto, terribile, avvertiva i viaggiatori che il piano ad essi soggetto non era più terra, bensì l'Adriatico ...”
Le Cronache dell’epoca raccontano che alcuni marinai che stavano navigando da Venezia verso l'Istria nel mare in burrasca videro agitarsi nel buio del cielo quella strana mole luminosa risplendente: “andar tombolando sopra le acque tempestose del Mare e della Veneta Lagunasullo sfondo orrendo di una Rossa Luna …”.
Il “bello”fu, che i Marinai più che essere preoccupati per il mare grosso e agitato, lo erano soprattutto per una vecchia tradizione degli stregoni Uscocchi che diceva di: “… Demoni talvolta vaganti per l’Adriatico per sconvolgerne Mare, Isole e Coste e attaccare e danneggiare i naviganti”. Perciò scambiarono l’Aerostato-Pallone bolognese: “per Diavolo vagante per l'aria in un globo di fuoco … laonde per cui, raddoppiate le vele, ce ne fuggimmo diligentemente dall'incontro ...”
Zambeccari & C, intanto, provarono a gettare fuori bordo tutto quanto era possibile: strumenti, viveri e indumenti per provare a rigovernare l’aerostato, finchè finalmente riuscirono a riguadagnare quota sul mare per poi andare a ricadere sul Monte Ossero delle Coste Istriane dove vennero tratti in salvo stremati e semiassiderati da una barca di pescatori.
Ancora negli “Annali Veneti” si legge:“Esercitando allora il ponente la forza sua contro la ingegnosa macchina, condotta per l'aria e non già per i flutti, trasportavala con veemenza dalla costiera d'Italia a quella opposta d'Istria, quasi naufragata nave, mezzo sommersi rimanendo i viaggiatori infelici: come a Iddio piacque, dopo cinque ore di terribile conflitto colle onde e colla morte, una oneraria veniva a salvarli e a condurli a Venezia ...”
Ma non finì così, perché il pallone liberato dal peso degli occupanti e lasciato incustodito riprese nuovamente quota rapidamente andando a schiantarsi del tutto presso la località di Ripac in Bosnia.
E lì accadde un'altra curiosissima scena di quella “strampalata vicenda”: “… il pallone divenne “demonio taumaturgico” perché calò di primo mattino presso la fontana del borgo Turco della Bosnia sulle rive dell'Unna. Gli abitanti meravigliati e spaventatissimi gridarono al “miracolo e al grande prodigio dovuto a uno Spirito Demoniaco dell’aria”… e per far cosa giusta i Bosniaci presero il pallone e lo fecero in mille pezzi distribuendone le “parti miracolose” a parenti e amici raccontando a tutti che da quel momento: “… le acque della detta fontana aveano acquistato virtù di guarire da qual si voglia malattia.”
E qui finisce la storia dell’Aerostato che da Bologna doveva andare a Milano.
“L’infelice” Zambeccari finì all’ospedale con le mani congelate insieme ai malconci e intirizziti Grassetti e Andreoli ... e l’avvenimento-avventura venne considerato straordinario e famosissimo …”tanto che la Libreria e Società Letteraria e Tipografica di Venezia ne ricavò un grande manifesto col l’avventura e con i ritratti di Zambeccari e di Montgolfierinsieme che andò venduto a ruba ottenendo un grande successo anche economico.
L’ormai solito Franco Mutinelli degli “Annali delle Province Venete” scrisse ancora in conclusione: “… Dir potendosi pertanto che l'esperienza infelice di Zambeccari abbia avuto per risultato quello solo di convalidare in superstizioni pazze dei goffi uomini, e di rendere innanzi tempo egli stesso quasi vittima del proprio zelo per la scienza …”
Nonostante l’impresa avesse sfiorato la tragedia Zambeccari divenne noto e si procurò diversi sostenitori che lo finanziarono permettendogli di costruire nuove “macchine volanti” e continuare a “prendere il volo”. Il 22 agosto 1804 salì in aria di fronte a 50.000 persone dal prato dell'Annunziata fuori Porta San Mamolo a Bologna atterrando malamente a Capo d'Argine dove scese spaventatissimo il suo compagno di volo. Zambeccari indomito, invece, riprese quota subito dopo e proseguì fino al delta del Po dove andò ad atterrare nei pressi di Comacchio.
E bravo Zambeccari !
Negli anni seguenti fra mille debiti e difficoltà economiche e fiscali Zambeccari proseguì con i suoi esperimenti e le sue ricerche realizzando un terzo aerostato “a doppia camera” che gli fu fatale. Infatti il 21 settembre 1812, andò a urtare contro un albero durante il decollo, e l'alcol del bruciatore si rovesciò sugli occupanti della navicella sottostante che prese fuoco. Francesco Zambeccari morì il giorno seguente per gli esiti delle ustioni diffuse in tutto il corpo, e venne sepolto e risepolto più volte in maniera travagliata nella tomba di famiglia nella Basilica di San Francesco in Bologna non lasciandolo tranquillo neanche dopo morto.
Due ultimissime aggiunte curiose:
- Sembra che l’aerostato raffigurato sulla tela di Francesco Guardi del 1784 intitolata "Ascensione di un pallone sul canale della Giudecca a Venezia" sia quello progettato da Francesco Zambeccari e realizzato dai fratelli Nicolò e Domenico Zanchisu finanziamento del Cavalier Pesaro Procuratore di San Marco. L'aerostato s’innalzò a Venezia il 15 aprile 1784 in occasione della Festa della Sensa durante il tradizionale rito dello "Sposalizio col Mare".
- La vita e la storia di Francesco Zambeccari è stata abilmente raccontata da Timina Caproni Guasti e Achille Bertarelli in un bel saggio intitolato “Zambeccari aeronauta di Bologna.” pubblicato nel 1932. (Timina Caproni Guasti fu moglie di Gianni Caproni ideatore di uno spettacolare Museo-Collezione dell’Aeronautica realizzato a Trento che raccoglie ancora oggi tantissimi prototipi, velivoli, documenti e cimeli il cui utilizzo ha caratterizzato le prime esperienze di volo Italiane ed Europee.)