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“ZONTE E CURIOSITA’ SPICCIOLE, ANZI: MINIME SULLE SCHOLE E SCOLETTE DI VENEZIA.”

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“Una curiosità veneziana per volta.” – n° 125.

“ZONTE E CURIOSITA’ SPICCIOLE, ANZI: MINIME SULLE SCHOLE E SCOLETTE DI VENEZIA.”
(parte prima)

Sulle Schole Grandi e Piccole di Venezia si è già detto e si continua a dire già tantissimo e bene, anche se non si riuscirà mai a raccontare tutto. Gran parte delle loro vicende sono ancora lì, in gran parte da studiare e analizzare, oppure sono retaggio di pochi fortunati, o d’indomiti ricercatori che si sono cimentati nello studiare“vicende e i modi” dentro al “mare magnum” delle foreste degli Archivio dove sono “sepolte e rinchiuse” le preziosissime carte.
Ogni tanto mi piace quindi incontrare qualcuno che mi racconta “di più”, o scoprire e leggere qualche ulteriore dettaglio, aggiungere una pagliuzza alle tante come che ho già sentito curiosando dentro questo argomento Venezianissimo.
Sono come briciole che cadono da una mensa imbanditissima che non mi stanco di raccogliere e mi piace giustapporre come i pezzi infiniti di un puzzle che mai finirò di completare.
Eccone altre, così … un po’ alla rinfusa e senza pretese:
·      Non veniva ammesso alla Schola chiunque fosse anche solamente sospetto d’usura. Le Schole erano consuete a offrire prestiti “amore Dei” ossia gratuiti o con interesse minimo o modesto ai Confratelli bisognosi … Concedevano, invece, somme notevoli ad altre realtà sociali applicando interessi notevoli ma mai da strozzinaggio. Visto “il pelo e contropelo” con cui si valutavano a Venezia le persone, più di qualcuno del mondo Mercantile e Nobiliare poteva rischiare di rimanere “tagliato fuori”.
·      S’imponevano Penalità e Debiti ai Confratelli della Schola. Si poteva giungere alla sospensione fino a un anno dalla partecipazione alle attività della Schola in caso di debiti verso la stessa Schola. Se protagonisti di un litigio, avendo trasgredito l’obbligo di: “no far briga ne romòr ne rìe parole”, o per inosservanza verso qualunque obbligo previsto dalla Mariegola: la pena poteva essere la stessa. Penalità in denaro venivano accollate in caso di “turpiloquio o bestemmia”: in ragione di 20 soldi se contro Dio e la Madonna, e di 10 soldi se contro i Santi(anche nelle bestemmie c’era una gerarchia).
·      Uno dei modi previsti per i Confratelli per assolvere agli obblighi verso la Schola in caso di debiti verso la stessa: era di lavorare gratuitamente i campi, le vigne, gli orti e i terreni appartenenti allo stesso sodalizio.
·      Il Gastaldo della Schola poteva fare “da paciere” intromettendosi “con i soi boni uffici” in caso di beghe private dei Confratelli gestendo una specie di “Giustizia spicciola”, correlata e ufficiosa che la Serenissima sopportava senza replicare.
·      Il Gastaldo di solito sovraintendeva ad ogni Funerale dei Confratellipresentandosi davanti alla casa del deceduto “col Pennello o Stendardo e con la Croce della Schola”. Se il morto era povero o indigente, la Schola provvedeva al pagamento del Funerale, alla sepoltura, e più di qualche volta a un primo sussidio a favore dei figli e alla vedova utilizzando talvolta denaro appartenente alla Schola o soldi raccolti tra i“boni homeni della Schola”, persone abbienti o Nobili particolarmente generosi.
·      Molto spesso, quasi giornalmente, un “Comandator della Schola” girava per le Contrade e per i Sestieri, a volte casa per casa degli iscritti, col compito di rammentare i “Giorni Comandati” in cui si aveva l’obbligo di presenziare a Messe, Processioni o “Uscite”, Convocazioni di Capitoli, e ai “Corpi”ossia i Funerali.
·      In diverse occasioni gli stessi congiunti dei Confratelli: mogli, figli di età superiore ai 7 anni, sorelle e affini erano tenuti a partecipare alle “Uscite della Schola” pur non essendo iscritti e aggregandosi al di fuori della Schola tutte le volte che “usciva il Pennello della Schola” in processione.
·      In certe Schole era fatto obbligo ad ogni Confratello di recitare “la Soluzione Angelica” ossia l’Ave Maria tutte le volte che si dava lettura della Mariègola in Capitolo Generale overossia “al levar tolella o toletta”(quando si assumeva, o veniva consegnato un particolare segnale di presenza e riconoscimento con quale, nella stessa occasione, si versavano anche i soldi delle tasse o si riparavano i debiti dovuti alla Schola e segnati nel “Libro dei Riceveri della Schola”). In diverse Schole all’atto di ricevere la “tolella”ci si apprestava a recitare “5 Ave Maria e 5 Pater Noster in suffragio delle Anime dei Confratelli e delle Consorelle Morti andando ad occupare gli spazi riservati alla preghiera della Schola che più di qualche volta possedeva un suo Oratorio-Cappella privato per questo genere di “Devozioni e Suffragi”.
·      In molte Schole e Scholette di Venezia, ma anche delle Isolde della Laguna e in tante Pievi della Terraferma, il Gastaldo forniva a tutti i Confratelli il giorno della Festa del Titolare un “Pan Benedetto” o un “Pan Acconzio di Zuccaro e Olio” ossia condito, e/o una “cesendello o candela benedetta” … a patto che fossero in regola con i pagamenti annuali e della Luminaria previsti dalla Schola.
·      In certi periodi e in certi luoghi il pagamento della tassa della Luminaria oltre che in denaro contante poteva essere pagata “in generi” ossia offrendo una certa quantità d’olio per le lampade della Schola o della chiesa-oratorio, o offrendo direttamente “cera” prodotta in privato.
·      In diverse Schole i Confratelli avevano l’obbligo di “Confessarsi e Comunicarsi” almeno due volte l’anno con relative partecipazioni ai Riti ed apposite elemosine: a Natale e Pasqua, pena il deferimento scritto al Vescovo e talvolta l’espulsione temporanea o perpetua dalla Schola in caso di mancanza occasionale o ripetuta e recidiva. Si conservano ancora le lunghe liste degli inadempienti presentate alle Curie dei Vescovi che registravano tutto accuratamente conservandone “puntuale memoria” ... come un buon ufficio “anagrafe un po’ particolare”.
·      All’atto della soppressione delle Schole e delle così dette “Pie” risultavano alcune situazioni davvero curiosissime. Nella revisione, ad esempio, da parte dei nuovi Governi Francesi circa i “maneggi e il dovuto fiscale delle Schole”si provvide a inviare dei solleciti per regolarizzarle. Il bello era che buona parte delle Schole Piccole soprattutto quelle di Devozione gestivano economie disastrate e situazioni debitori croniche da parte di tantissimi iscritti che non pagavano ormai da molto tempo, così come risultava insolvente una lunga lista di persone che erano già morte ormai da parecchio tempo. Se qualcuno “viveva” l’esperienza della Schola un po’ alla leggera, era facile che in breve tempo si ritrovasse oberato di multe, debiti e insolvenze a cui non riusciva a far fronte molto spesso a causa del tenore di vita davvero modesto. Trattandosi molte volte di “persone per davvero bisognose” la Schola continuava a pazientare con le riscossioni e a “scrivere sul giàzo oltre che sul Libro”le sanzioni e i debiti che comunque venivano inferti e quindi crescevano. Alcune Schole poi vivevano esclusivamente delle donazioni davvero “spicciole” di questo genere d’iscritti e simpatizzanti per cui non erano mai state gravate dalla Serenissima di alcun tributo. Alcune Schole nascevano e morivano, risorgevano, s’aggregavano e fondevano con altre proprio per motivi economici e perché più di qualche volta non riuscivano “a reggere le spese”. Sembrerà strano ricordando i pomposi e infiocchettati e grandemente riveriti “Guardiani Grandi delle Schole Grandi” di Venezia ricordare alcuni “piccoli Guardiani o Gastaldi” in carica nelle Schole Piccole che “si presentarono davanti all’autorità competenti dei nuovi Governi Moderni a far ricorso o a chiedere la cancellazione dei debiti fiscali ostentando situazioni e abiti davvero miserevoli, e confusi e inadatti nel dover trattare d’insensati dovuti allo Stato per: cere, olio da lampade, Messe e orazioni per Morti, o spese irrisolte di qualche magra sepoltura di qualche popolano rimasto senza nessuno”.
·      Curiosa “una partecipazione indiretta” che alcune Confraternite di Squeraioli chiesero e percepirono per secoli. Si trattava di un “diritto in denaro dito tiradùra”, che la Confraternita percepiva da chiunque per ogni scalo occupato nei cantieri o squeri, e per il “tiraggio in secco di qualsivoglia sorta di barca … overossia anco per l’uso del tiradòr e dei vasi appartenenti spesso alla Schola”.

Sono solo alcune semplici note “en passant”, qualche altro dettaglio curioso per arricchire quel che già sappiamo circa le Schole di Venezia e dintorni … Alle prossime !


*** L’immagine miniata è tratta dalla Mariegola della Scuola Grande della Carità di Venezia che aveva sede nelle attuali Gallerie dell’Accademia che inglobano e ospitano a tutt’oggi gli ambienti e i dipinti che appartenevano alla Schola distrutta e soppressa (tanto per cambiare) da un certo Napoleone.

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