“Una curiosità veneziana per volta.” – n° 131.
“CON I TEDESCHI IN CASA PER SECOLI … IL FONDACO DEI TEDESCHI A VENEZIA.”
“L’altro giorno sono andato a vedere a Venezia il “Fondaco delle Firme” … Quello nuovo che hanno appena riaperto.”
“Il Fondaco dei Tedeschi !”
“Sì … Proprio quello … Dove oggi vendono cose di produzione cinese ai Cinesi … E’ un bel posto, anche se mi ha un po’ deluso perché speravo di trovare qualche museetto che spiegasse cos’era quel gran palazzo dicendo quel che è accaduto lì dentro nei secoli … Invece niente … Per fortuna che in alto c’è quella bella terrazza panoramica … Ho fatto una lunga fila per accedervi con i miei bimbi, ma ne è valsa la pena: uno spettacolo stupendo. Ho visto Venezia, il Canal Grande e Rialto distesa davanti ai miei occhi … E tutto gratis … L’unica cosa gratuita lì dentro … perché il Fondaco è diventato un posto da svuotare tasche … Un Fondaco da schèi, da lusso e firme … da spendere e basta.”
“A proposito di firme … Le hai viste le firme dei Mercanti Tedeschi incise sulle colonne interne del chiostro ? … Ce ne sono parecchie, e sono molto interessanti …”
“No … Ho visto solo le firme dentro ai negozi … ma di quelle dei Mercanti antichi: nemmeno l’ombra … Se me lo dicevi, forse … Sarà per la prossima volta ... ma ci abitavano per davvero i Tedeschi lì dentro ? … Cos’era ? Una specie di mega Locanda ?” ha considerato un mio collega Infermiere straniero sempre affascinato da Venezia.
Era la fine di novembre del 1383 quando il Priore Francesco Venier degli Agostiniani dello Studius del Convento di Santo Stefano di Venezia accolse Conrado de Boemia della Contrada di Sant’Aponal, Henrico da Norimbergo, Petrus de Boemia e Georgio de Ulmo della Contrada di San Paternian insieme a Friedericus de Bavariadella Contrada di San Silvestro, e Nicolao de Fraybourch della Contrada di San Cassian … Erano tutti: “Homines Todeschi o (Theotonicorum)”di professione Artieri Calzolai ossia Calegheri o “Cerdònes” cioè:“conciapelli”provenienti dalla Germania Meridionale ma residenti ormai da diverso tempo a Venezia. Si trovarono insieme per stipulare un contratto-patto davanti a Nicolai de FerantibusPrete di San Vidal e Notaio Veneziano.
Il gruppetto dei Calegheri Tedeschi rappresentavano un nutritissimo gruppo di “Foresti” di Nazionalità Allemannainsediatisi ormai stabilmente in Laguna e fermamente decisi a conservare le loro usanze e tradizioni, così come a conservare “lo spirito e il modus tipico di vivere, contrattare, credere e lavorare” della loro Nazionalità Teutonica e Nordica che avevano lasciato “per affari” recandosi in Laguna.
Il nostro Priore Venier di Santo Stefano Frate Agostiniano, faceva parte a sua volta di una lunghissima tradizione Religiosa, interiore e frateresca cresciuta e molto affermata e stimata “su” in Germania, e poi cresciuta e scesa “giù” fino in Italia e nel cuore della Laguna di Venezia. I Tedeschi che si rivolsero a lui chiesero e ottennero un pezzo di terra accanto alla porta del Convento di Santo Stefano per poter seppellire il loro morti, e già che c’erano chiesero e ottennero anche un altarolo dentro al grande chiesone degli Agostiniani per poter celebrare le loro funzioni ... che non significava affatto come ci verrebbe da pensare oggi: “dir quattro Messe”.
In un clima specialissimo oggi del tutto scomparso dove le grandi chiese di Venezia come quella di Santo Stefano erano anche “grandi Piazze e posti d’aggregazione”, si andava in chiesa anche per incontrarsi, sostare, far affari, e stare insieme oltre che per celebrare Messe, Funzioni, Sacramenti e Processioni. Dentro alle chiese di Venezia, infatti, ne succedevano un po’ “di tutti i colori”: si discuteva, si contrattava, si rideva e litigava giungendo perfino alle mani … Proprio in Santo Stefano lungo il corso degli anni erano accaduti ben cinque omicidi sanguinolenti ... e forse di più.
I Tedeschi presenti a Venezia stavano perciò cercando: “un luogo adatto e sontuoso” dove andare a collocare “al sicuro e in maniera degna” le loro radici e ciò che li caratterizzava di più della loro identità socio-culturale e religiosa originale. Quella Tedesca tradizionale era una Religiosità complessa che imponeva loro anche di celebrare e festeggiare adeguatamente: “… le Feste Mariane della Natività, della Visitazione (festa solenne della Schola) e dell’Assunzione della Madonna, e il 2 di novembre, la prima domenica dopo la festa di San Nicolò, e il primo lunedì dopo la festa di San Giacomo il 25 di luglio ... e molto altro ancora.”
Il complesso dello “Studium Agostiniano di Campo Santo Stefano”d’ascendenza Germanica col suo ricco Convento carico di chiostri e cultura, si presentava quindi come il luogo di certo più adatto per i Todeschi Veneziani. Quello di Santo Stefano di Venezia era considerato un posto prestigioso e di successo, uno dei maggiori centri d’ingegno, sapienza e industriosità politico-spirituale dell’Europa, e forse dell’intero bacino Mediterraneo e oltre … il massimo appoggio ottenibile “il topsul mercato Veneziano”.
Ma anche i Tedeschi residenti in Venezia avevano ormai un loro “valore”e peso socio-economico … Infatti il Frate Prior Venier non se lo fece chiedere e ripetere due volte, e in cambio di un contributo annuo di 16 lire concesse subito al gruppetto dei Tedeschi quanto avevano richiesto mettendo “bianco su nero”, e “inchiostro su carta” che gli Agostiniani avrebbero garantito la “Cura Animarum” dei Teutonici celebrando in esclusiva per loro una cinquantina di Messe annue per lo più domenicali, fra le quali una cinquina “Cantate Solennemente” nelle Feste della Vergine di febbraio, marzo, maggio e settembre … e nella festa d’Ognissanti.
E la questione non finì affatto lì, perché extra e oltre l’ufficialità di quell’atto notarile di natura prettamente Religiosa e spirituale, il connubio fra Agostiniani e Calzolai Todeschicrebbe ulteriormente per via di quella ormai consolidata amicizia nata con i Frati. Gli Agostiniani giunsero a concedere al gruppo dei Tedeschi anche una serie di terreni nella stessa zona adiacente al Convento dove poter aprire botteghe, creare magazzini per“pelli e curame”, e anche un Ospiziettoriservato ai Confratelli invalidi della professione, e naturalmente per i numerosi viaggiatori e Pellegrini Tedeschidi passaggio per Venezia diretti in Terrasanta (potevano essere ospitati a 12 soldi al giorno per tre giornate consecutive e non di più … salvo motivate eccezioni che non mancavano mai, anzi erano la regola costante).
Fu così che nella zona dell’attuale ancora vispissima Calle delle Botteghe a Venezia adiacente a Campo Santo Stefano, parte integrante della Contrada di San Samuel, s’insediò con abitazioni, magazzini e botteghe quel nucleo di Artieri e Lavoranti Tedeschi che faceva parte di un numero ben più largo di Allemanni che si erano insediati in massa in giro per Venezia.
I Calegheri Tedeschi misero su la loro Schola giungendo a compilare e stendere una Mariegola-Matricola con Regole e Statuti che divennero modello ed esempio da adottare, imitare e copiare per gran parte delle Schole di Calegheri Tedeschi sparse in giro per tutta l’Italia: Firenze, Treviso, Udine come a Trento e altrove.
La Schola dell’Annunziatacon le botteghe dei Calegheri Tedeschi, la Corte della Pelle col deposito del cuoio, e l’annesso Ospizio-Ospedaletto erano sottoposti al controllo dei Provedadori sora Ospedali, Lochi Pii e Riscatto de li Schiavi. I Calegheri Tedeschi erano abili oltre a costruire calzari, scarpe e stivali nuovi anche come: Zocholàri, Patitàri (costruttori di pattini di legno adattati ai piedi con striscie di cuoio), Zavatèriche riparavano scarpe usate, e Solàri che tagliavano suole su pezze di cuoio da inserire sotto alle calze al posto delle scarpe, per cui erano apprezzatissimi dai Veneziani per la loro abilità, e molto contrastati dalla concorrenza autoctona.
Nel 1482 l'Ospizio dei Todeschi venne ampliato grazie a una donazione di Enrico quondam Corrado Caleghèr d'Alemagna che mise a disposizione un immobile contiguo all’edificio originario. Fu forse in quell’occasione che si provvide a “marchiare”il territorio dell’attività dei Tedeschi apponendo sui muri della Calle delle Botteghe il “Logo della Categoria dei Calegheri”(ossia una scarpa). Infatti sugli stipiti e sui pilastri d’angolo della Calle verso Calle degli Orbi e verso la Salizàda di San Samuel si possono vedere dei bei modelli di “belle scarpe d’epoca”. Sulla facciata dell’edificio divenuto sede della Schola campeggia ed è visibile ancora oggi un’“Annunciazione” in mezzo a un gruppo di Devoti Tedeschi inginocchiati. Un’iscrizione collocata sotto spiega:
“QUESTA FRATELIDADE SIE DA PAVORENTI TODESCHI CALEGHERI”.
Fin dal 1550 il Governo della Serenissima s’interessò più intensamente dell'attività dei Calegheri Tedeschi: il Senato nel 1561 ordinò l'elezione di tre Nobili col compito di rivedere le Regole che gestivano la loro presenza e il loro lavoro. Tre anni dopo, i Proveditori da Comun su mandato del Minor Consiglio provvidero a difendere gli Artieri Todeschi dall’eccessiva intraprendenza dei Calegheri Veneziani che erano giunti a danneggiarli … Nella stessa occasione i Proveditori ordinarono anche la stesura di un inventario dei beni della Schola invitando i Compagni a recuperare una Croce e le loro cose depositate presso i Bombaseri del Fontego dei Tedeschi.
Ovviamente alla fine napoleone disfò tutto, e cancellò ogni cosa della presenza assidua dei Tedeschi: Schola, botteghe, magazzini e Ospizio vennero incamerati dal Demanio, e gli edifici vennero rivenduti a privati che ne fecero negozi e abitazioni. Nel gennaio 1815 il Locale dell’Arte in Calle dei Santi Rocco e Margherita appartenente all’Arte dei Calegheri Tedeschi era iscritto nella “Lista delle vigne, orti, beni da affittarsi o vendersi dalla Direzione del Demanio di Venezia nei giorni d’asta 12 e 16 febbraio seguenti”.
Tutto questo per dirvi che nei secoli passati i Tedeschi con i loro Mercanti e Artieri hanno letteralmente colonizzato la nostra Venezia venendo a viverci qui non dico in massa ma quasi. Il Fondaco dei Tedeschiè stato quindi la punta emergente di un iceberg, l’apice di una realtà Nazionale Allemanna ben più ampia insediata a Venezia, e capillarmente diffusa nelle Contrade fungendo da protagonista indiscussa nelle economie dei Veneziani. Diciamo che abbiamo avuto i Tedeschi come ospiti fissi in casa per secoli... ma non sono stati quel tipo di ospiti che il terzo giorno “puzzano” perciò non vedi l’ora di liberartene, ma di quelli che non vorresti più che se ne andassero via tanto è stata gradita, utile e preziosa la loro presenza in Laguna.
Scriveva GirolamoPriulinei suoi celebri “Diari”:“… i Tedeschi che vivono a Venezia sono tutti sposati con figli e sono destinati a morire a Venezia … essi amano la città di Venezia più della propria terra natia …”
Mi azzardo a dire che quella fra Tedeschi e Serenissima, è stato per secoli quasi una sorta d’Amore e condivisione d’intenti, e il Fondaco è stato il punto di convergenza, d’arrivo e partenza di tutto un intensissimo commercio e scambio culturale, economico e sociale … oltre che spirituale, che ha interessato grandemente i Veneziani fino all’arrivo di napoleone il “guastafeste”.
Per farvi intendere meglio e dirvi di più, c’erano Tedeschi Manifatturieri, Lavoranti e Mercanti che risiedevano e vivevano in tutte le Contrade prossime al Fontego collocate accanto all’iperattivo Emporio di Rialto. Ce n’erano altri che stavano via via lungo tutta l’attuale direttiva della “Strada Nuova” fino a San Giovanni Crisostomo, Santi Apostoli, San Marcuola, e in fondo fino a San Giobbe, alla Misericordia e San Girolamo: zone di telerie, telai, e luoghi di concia dove anche i Todeschi avevano i loro laboratori e magazzini utilizzando le famose “Chiovere e Chioverette” presenti in fondo al Sestiere di Cannaregio usate per stendere e asciugare lane e tessuti lavorati e colorati.
Sappiamo inoltre che: “… c’era un Oste Todesco a tenìr locanda in San Mattio di Rialto”, e c’erano numerosi Tedeschi nella stessa Contrada di San Samuel verso San Marco, poco distanti dai Calegheri di cui vi dicevo. Quest’altri Tedeschi lavoravano da Pistori o Prestinai(panettieri che cucinavano il pane “alla Tedesca”) ... Ancora oggi “i Nizioletti” dipinti sui muri li ricordano.
C’erano ancora: Lavoranti Pistori Tedeschi residenti dall’altra parte della città verso Castello, in Contrada di Sant’Antonin(provenienti in realtà da Livinallongo e Santa Lucia d’Agordo o dalla Lombardia. Si consideravano "Todeschi"a Venezia non solo quelli provenienti dal Nord dell’Europa: Boemi, Polacchi e Ungheresi, o dalla Baviera e dalla Sassonia, ma anche gli abitanti di Gradisca d'Isonzo, e tutti coloro che provenivano dal Trentino e dall’Allemagna, ossia dalle zone che in qualche maniera erano state soggette al dominio Asburgico e Imperiale o perlomeno coinvolte e interessate dal passaggio dei loro commerci lungo le “Vie di Terra e delle Alpi”). I Lavoranti Pistori Tedeschi abitanti a Sant’Antonin avevano fin dal 1422 una loro Schola attivissima in San Filippo e Giacomo o nella vicina (stupenda) Sant’Apollonia: la “Schola della Natività di Maria o della Concezione dei Lavoranti Pistori o Prestinai de la Nathion dei Todeschii”. A Venezia si diceva che i Prestinai Tedeschi erano confluiti in massa in Laguna con una particolare ricetta segreta per cuocere il “Panbiscotto” per le milizie e i marinai delle Galee Veneziane nell'isola di Santa Lena(Sant’Elena) dove nel 1433 la Serenissima aveva fatto costruire degli appositi nuovi forni accanto al Convento per incrementare la produzione di quell’alimento utile da portare a bordo e in viaggio.
In Laguna erano attivi Pistori Veneti, Pistori Lombardi e Pistori Todeschi che cucinavano il pane ciascuno alla propria maniera. Nel 1422 si provò a unificare le varie Arti del Pane dei Fornéri o Pancogoli o Panicuocoli, ma si dovette ben presto disgiungerle e desistere perché erano troppo diverse per il modo di lavorare, per via del culto, delle tradizioni, della Nazionalità, per la lingua e per il tipo di cultura.
Nel 1688 i Tedeschi erano così bene integrati a Venezia che il Senato decretò che i Pistori Todeschi, qualora avessero esercitato la professione in Laguna per almeno dieci anni dovevano essere considerati normali "Sudditi Veneziani" e non più "Foresti".
E questo non è ancora tutto … perché c’erano Peltreri e Stagneri Tedeschi insediati nelle Contrade di San Bartolomeo e San Salvador lungo le Mercerie e verso San Marco. Anche costoro avevano una loro Schola specifica d’Arte, Mestiere e Devozione con Mariegola approvata dalla Serenissima fin dal 1432. Si trattava della Schola di San Giovanni Evangelista dei Peltreri e Stagneri Todeschi ospitata prima nella chiesa dei Canonici di San Salvador con i quali litigarono parecchio per l’uso dell’altare e per la loro pala con l’insegna dell’Arte che era: "un bocàl de stagno da galìa", e poi nella chiesa del Capitolo di San Bartolomio dal quale ebbero in uso: “l'area del pèrgolo de pièra nel Coro della chiesa” che provvidero a demolire per farne un posto consono alla loro Arte con arca di sepoltura per i Confratelli, e luogo atto a conservare: “le robe delle loro devotioni”.
Non ancora contenti, nel 1692, gli stessi Peltreri Tedeschi che “… fabbricavano e vendevano oggetti in stagno e peltro: scodelle, piadene, vassoi da portata e calici … e riparavano pentole, lucidavano posate, lavoravano metalli apponendo sui loro prodotti il bollo-sigillo di San Marco a garanzia di qualità della loro merce …”,si spostarono nella chiesa diSan Mattio di Rialto dopo aver litigato col Patriarca di Grado(Piovano Pro Tempore di San Bartolomeo)che subito dopo provvide a demolire il loro altare troppo pomposo e utilizzato da troppe funzioni e riti tanto da oscurare il vicino Altare Maggiore della chiesa.
A San Mattio i Peltrineri Tedeschi trovarono il modo di litigare anche lì con gli Strazzaroliche recuperavano vecchi oggetti rotti restaurandoli di nascosto e rivendendoli per “buoni”… erano la concorrenza ... Non erano perciò sempre tranquillissimi e arrendevoli “quei Todeschipiovuti a Venezia”.
Un’altra Schola di Bastazi o Facchini Ligadori e Segadori del Fondaco dei Tedeschi si riuniva sotto la protezione di San Nicolò di Mira “provvisoriamente” in San Bartolomio di Rialto, dove dal 1413 in cambio del versamento annuo di sei ducati il Capitolo della chiesa concesse l'uso del primo altare a sinistra entrando dalla porta maggiore, a patto che i Bastazi s'impegnassero anche a fornirlo di tutti gli arredi sacri necessari … Due secoli dopo erano ancora là.
Nel 1625, siccome la Schola con 60 iscritti “era puntuale, quieta e pagadora”, l’esoso Capitolo di San Bartolomeo concesse loro (sempre a pagamento s’intende) di costruirsi in chiesa anche un paio d’arche per le sepolture dei Confratelli che lavoravano nel Fontego come: Bastazi, Segadori de legname, Magazzinieri, Custodi del Fondaco e Stivadori de biade e fieno.
Ancora nel 1785 verso “lo spirare” della Repubblica, i Bastazi rimasti nel Fontego dei Tedeschi erano cinque, tutti regolarmente iscritti alla loro Schola di cui il più anziano di loro fungeva da Gastaldo organizzando ogni anno una dignitosa “Festa del Patrono” molto partecipata dai Tedeschi di tutta Venezia.
Altri gruppi di Tedeschi provenienti dalla Germania del Nord lavoravano e risiedevano in Contrada di Santa Margherita nel Sestiere di Dorsoduro dove avevano la loro Schola di Santa Maria della Speranza dei Tessitori di Fustagno Tedeschi sotto la Protezione della Santissima Croce e della Beata Vergine Maria della Visitazione poi divenuta Madonna del Carmelo.
Nelle prime pagine della loro Mariegola del 1424 si legge: "Questo è lo principio de la Mariegola della Schola de Tesseri d'Alemagna Alta nella giesa di Carmini ad honor de Madonna Santa Maria Madre del Nostro Signor Gesù Christo".
Esattamente nell’agosto di vent’anni dopo, con un atto notarile redatto da Francesco Bonivenne stretto un accordo fra la Schola dei Tessitori di Fustagno Tedeschi e i Frati dei Carminiper avere “in uso” l'altare di Sant’Albertoin chiesa dimostrandosi disponibili a versare al Monastero un censo annuo di 25 lire. I Tedeschi s’obbligarono a pagare anche altre 26 lire annue per le cere che rimanevano accese sull’altare della Schola, per “i doppieri consumati in onore dell’Eucarestia”, e per i “cesendelli” utilizzati durante i funerali dei Confratelli. Promisero inoltre di dare “oblazioni ed eque elemosine secondo coscienza” nei giorni in cui si sarebbero celebrate le 5 Messe Solenni previste, e s’impegnarono, infine, a pagare nel giorno dell’Assunzione “… tubicines et picaro qui cum suis instrumentis pulsent et pulsare debeant ad celebrationem Misse et Offitiorum in dicto die fiendorum…” (i trombettieri e il pifferaio che con i loro strumenti devono per forza suonare durante le celebrazioni della Messa e degli Offizi in detti giorni di festa).
Nel 1480 al Consiglio dei Dieci risultava che ai Carmini erano confluiti i Testori dell’Allemagna Alta, mentre quelli dell’Allemagna Bassa lavoravano e si concentravano nella loro “Schola in Contrada de San Simeon Picolo nel Sestiere di Santa Croxe” dove possedevano un “Ospiezietto e Hospeàl al Gesù e Maria”nello stesso Sestiere. Lo stesso Consiglio dei Dieci deliberò “per quieto vivere” di annullare l'ordine di fusione delle due fazioni dei Testori Tedeschi emesso dai Provveditori da Comun dando indicazione a Dodici Savi di studiare la vertenza aperta in merito sul pagamento unitario della tassa della Luminaria presso la Schola dei Santi Simon e Taddeo.
Nel 1502 si pervenne a un accordo tra Frati Carmelitani e Giorgio da Brena Gastaldo dei Testori de Panilani, e Giusto Pietro da Castronuovo Gastaldo dei Testori de Fustagneri Todeschi:“… i Confratelli daranno 6 ducati annui e 40 parvorum pro quadam pietantiam (una qualche pietanza) ai Religiosi che s’impegnano a cantare una Messa Solenne nelle Feste dell’Assunta, della Natività dell’8 settembre, della Purificazione, dell’Annunciazione e nell’Ottava di Pasqua, e una Messa per ogni Confratello morto compresi quelli che moriranno fuori Venezia ... Chi morirà a Venezia, invece, fossero anche pueros vel puellas (bambini o bambine) verranno sepolti nelle arche della Schola in chiesa.”
Ancora nel 1773 sugli elenchi degli iscritti alla Schola dei Tessitori di Fustagno Tedeschi dei Carmini si contavano: 98 Capimastri, 49 Lavoranti e 36 Garzoni attivi in 65 botteghe con 200 telai da lavoro … inoltre esistevano a Venezia anche altro 60 Fustagneri disoccupati in attesa di lavoro o quiescenti perché troppo anziani.
Nella Contrada di San Lio(poco distante da Rialto) esisteva ancora fin dal 1581 con Mariegola e Statuti approvati dal Consiglio dei Dieci, la Schola d’Arte e Mestiere e Nazionalità di Santa Barbara dei Battioro Allemanni che fabbricavano e vendevano: “stagnole da colori e foglie d’oro” per decorare mobili, cornici, opere d’Arte e suppellettili. Si distinguevano dai Battioro Veneziani per metodi e tipologia di lavorazione: collocavano il metallo di valore dentro a una doppia guaina protettiva di pelle, che poi battevano con martelli di vario peso sino a ricavarne lamine di dimensione diversa conservate poi dentro a copertine di legno da commerciare.
Poco prima della peste del 1630 i Battiloro Todeschi presenti e attivi a Venezia erano una cinquantina fra Mastri, Lavoranti e Garzoni, e una disposizione cittadina obbligava l’Arte a non dare lavoro a donne che non fossero mogli e figlie degli Battiloro Allemanni. Vista la pesante congiuntura economica negativa gravante sul mercato veneziano, i Battiloro chiesero ma non ottennero di potersene tornare in patria. La proibizione in un certo senso fu un bene, perché dopo la Peste i Battiloro Tedeschi iscritti all’Arte e dichiarati abili al lavoro dopo specifica “Proba” giunsero ad essere 109, accanto ad altri 50 quiescenti o in attesa d’occupazione ... Un bel giro d’affari, insomma.
Ancora nel 1797, i 25 iscritti rimasti della Schola erano attivi in 6 botteghe di Venezia, e festeggiavano il 4 dicembre Santa Barbara pagando regolarmente al Capitolo di San Lio il compenso pattuito per l'utilizzo dell’altare a lei dedicato e per celebrare le “Messe obbligate”.
Infine, altre notizie generiche riferiscono che c’erano anche imprenditori Tedeschi residenti nell’isola di Murano dove s’intendevano e s’occupavano di vetri e specchi da inviare e commerciare oltre le Alpi e in tutto il Nord Europa.
Niente male quindi quella “Presenza”assidua e diffusa delle genti Tedesche in Venezia.
E veniamo finalmente a dire del Fondaco dei Tedeschi… che era l’epicentro, il clou dell’enclave Todesca a Venezia, il posto che in un certo senso coagulava e riassumeva quel che era l’intera attività dei Mercanti e della Nathione Todesca calamitandone e organizzandone “sinergie e commerci” in diretto contatto con le Magistrature della Serenissima(che coordinavano a parte anche l’operato dei numerosissimi Mercanti Veneziani).
Il Fondaco era “Animo e Simbolo” dei Tedeschi residenti in Laguna, era una specie di Germania in miniatura ... un luogo storico di riferimento per tutte le genti Allemanne di ogni provenienza, e un punto di forza commerciale ed economico della stessa Serenissima.
Nel novembre 1189 Federico Barbarossa per finanziare la terza Crociata fece ricorso ai Banchieri di Rialto affidandosi a “Bernardus hospes noster imperiale”.Probabilmente era Bernardus Teotonicus ricco Mercante di metalli e argento residente in una casa in Campo San Bartolomeo di Rialto, membro della Schola Aurificum di Venezia,e in stretto rapporto con tutti i Mercanti della Laguna. Proveniva da una famiglia di Ministeriali di Monaco, era parte del seguito del Patriarca di Aquileia, e commerciava rame con Genova, Milano, Como e Verona. Nel suo testamento del 1215 risultò essere uno dei più ricchi Mercanti residenti e attivi a Venezia, tanto che riuscì a prestare 15.000 libre d’argento al Comune di Venezia, e a diversi Principi Germanici.
Già nel 1228 si accennava alla presenza presso l’Emporio di Rialto di un: “Fonticum Comunis Veneciarum ubi Teitonici hospitantur”. Fin dal settembre 1222, infatti, il Comune di Venezia aveva acquistato dalla Nobile famiglia Zusto il terreno presso Rivoalto dove aveva fatto sorgere un Fontego destinato ad abitazione dei Mercanti di Nazionalità Allemannae a deposito-dogana del traffico delle loro merci ... Già l’anno seguente un tedesco: Bernhard abitante a Venezia, venne aggredito insieme a un socio, mentre tornava da un commercio a Ferrara ... e nell’aprile 1228 Walter da Aquileia e complici aggredirono sulla strada Mercanti Todeschi diretti a Venezia dando luogo a tutta una lunga serie di controversie diplomatiche che si trascinarono per lungo tempo ...
“I Mercanti Tedeschi avevano a Treviso i loro magazzini per le merci che scendevano giù sia dalla direttrice Ampezzana-Belluno-Feltre che dalla Valle dell’Adige per Trento e Primolano ... Rimanevano lì in attesa di scendere all’Emporio del Fondaco di Rialto ...”
I Tedeschi scendevano fino alla Laguna di Venezia sul bordo del Mare Adriatico seguendo di solito la Via d’Allemagna che partiva da Innsbruck e oltrepassava: Sterzino, Brunico, Dobbiaco, Ampezzo, San Martino, Ospitale, Santa Croce, Serravalle, Conegliano, Treviso e quindi Mestre e Venezia. Oppure seguivano la Via di Tarvisio che andava ad Aquileia e Palmanova provenendo dalla Croaziae dall’area Balcanica.
Alle Dogane di Treviso i Mercanti Tedeschi di passaggio diretti a Venezia dichiaravano le loro merci: Rigo Todescho importava: “… ancone et crocifixi et sei chavi di piuma et un carro et mezzo di venchi, chavezi uno de tela bianca.” ...Rasmo Todescho importava, invece: “… in t’un sacheto erabe et radixe.”… Stefano chogo del Fontegode Venexia portava: “… porzeletti quattro morti.”… Zan Todescho importava farina, Nicolò Todescho importava 2 botti e 12 spade, Rigo de Piero Todescho Marserpassò la Dogana con: “… chase una de latòn, barila una de spechi et un ligàzo de màneghe … dixnove chavèzi de fil et libbra quatordese de lin.”… Renaldo Todescho portava con se: “… un letexèlo, un par de nixuòli vechi per so uxo … con alcune figure e stampi di nostra Dama de pièra.”… Un messo di Anzelin Todescho portava: “… un lèto fornìdo et altre sue vestimenta de lana et de lin per una sua novìsa …”
Treviso era un nodo commerciale dove si effettuava il trasbordo dalle navi e dalle chiatte provenienti dalla Laguna sugli animali da soma e i carri diretti ai Paesi d’Oltralpe seguendo anche la Via Atesina… così come da Treviso si poteva giungere fino a Bolzano seguendo un’antica via fluviale.
Fin dal 1313 i Mercanti Tedeschi avevano in San Francesco di Treviso una loro Schola Theotonicorum dedicata a Sant’Antonio da Padova ... la “Merchadantia Tedesca” diretta a Venezia si gestiva in città utilizzando: “… chavi o pacchi, balle, carateli o botti, chavezi o rotoli, some o fardelli, ligazi o involti, chase o casse.” … In città era proibito acquistare cavalcature per venderle ai Tedeschi o a chi parlava Tedesco, salvo non avessero ottenuto la cittadinanza Trevigiana che si otteneva solo dopo 25 anni di residenza in città o nel suo Distretto ... e i mediatori linguistici bilingui che avevano a che fare con i Mercanti Tedeschi dovevano essere per forza notificati all’autorità del Comune.
Era tutto così, un continuo andirivieni mercantile ininterrotto da e per la Laguna di Veneziaimportando: oro, argento, ferro, rame, piombo, zinco dall’Austria; pellicce, cuoio e oggetti di corna dal Nord Europa fino alla Russia; manifatture e stoffe di cotone, lana e tela dalla Germania. Viceversa a Venezia si compravano ed esportavano spezie come: Cannella, Cocciniglia, Pepe, Rabarbaro, Verzino, Zafferano e Zenzero; e poi: profumi, Mandorle, Fichi, Uva passa, Carrube, Zucchero, cera, olio, sapone, salnitro, pesce salato e vino; e sete, lane, fustagni e lini lavorati; e infine: oreficerie, perle, armi e pelli conciate ... e moneta contante.
La prima conduzione del Fondaco venne data in affitto per 1.360 libbre di denaro veneto annue a Marco Albarengo o Alberti o il 1 aprile 1225. Gli Alberti erano Nobili e ricchi Mercanti di metalli già in stretto contatto con la Germania … Nella stessa estate il Maggior Consiglio proibì ai Veneziani, pena un’ammenda fino a 100 lire, di commerciare in pelli con Padova e Treviso, in quanto quel commercio era diventato prerogativa riservata ai Mercanti Tedeschi del Fontegodi Venezia … affittato poco dopo, nel 1229, ad Abilinus Teotonicus: primo affittuario Tedesco.
Il commercio Tedesco-Veneziano occupava il primo posto nel Mercato estero della Repubblica di Venezia, ed era sorvegliato e gestito da un’apposita Magistratura dei Visdomini del Fondaco composta ovviamente da tre Nobili Patrizi Veneziani coadiuvati da due Scrivani. (I primi due Visdomini al Fontego dei Tedeschi nominati nel 1231 furono: Pietro Contarini e Marco Corner citati nel Liber Plegiorum.)
I Mercanti Tedeschi a loro volta si elessero due Cottimieri in seguito chiamati Consoli che li rappresentavano nei rapporti con la Repubblica Serenissima.
Il Fondaco dei Tedeschi di Rialto aveva due torricelle laterali, e possedeva più di 200 vani sovrapposti in tre logge, 56 magazzini interni, e 22 botteghe con porta e mostra collocate sui muri esterni ma senza comunicazione con l’interno affittate di solito a Mercanti Veneziani … In una delle torri c’era la campanella della “mensa d’invernocon la stùa” che stava al primo piano, dove c’era anche la grande Sala del Capitolo e una “mensa estiva” che guardava il Canalasso con le pareti quasi completamente ricoperte da affreschi e dipinti di pregevole fattura. Nel mezzo del chiostro del Fontego c’era un pozzo con un meccanismo che portava l’acqua fino al secondo piano … nelle soffitte si salava il pesce, e poi c’erano anche: l’osteria, uffici, l’Archivio, e camere con 80 posti letto disponibili per i Mercanti.
I Mercanti Tedeschi o Imperiali giunti nel Fontego si dividevano spesso in due gruppi con tavola e cucina separate: c’era i Tedeschi da Norimberga e dalla Germania Alta provenienti da: Norimberga, Basilea, Strasburgo, Spira, Worms, Magonza, Francoforte, Lubecca e città limitrofe, e quelli della Germania Bassa provenienti da: Colonia, Ratisbona, Augusta, Ulma, Costanza, Vienna, Linz, Gmunden, Salisburgo e Lubiana ... Per questo nel Fontego c’erano due “Fattori” distinti che assegnavano magazzini, volte e stanze, e i Mercanti di Norimberga e Colonia pagavano a mesi alterni il servizio del Canevèr o Tavernier del Fontego.
A prima del 1472 si quantificava il giro d’affari esercitato nel Fontego dei Todeschi in un milione di ducati annui ... Nel 1499 Arnolfo di Harff da Colonia riferiva che la Repubblica di Venezia ricavava giornalmente dal Fondaco: 100 ducati fra Dazi e Gabelle … Come potete immaginare, il Fontego subì parecchi incendi: il primo nel 1318, e poi bruciò di nuovo nel 1478 stimando la perdita di quanto conteneva superiore al valore dell’intera città di Anversa.
Secondo il Diarista Marin Sanudo: “Andarono distrutte: camere d’oro ossia ornatissime et alcuni Veneziani soccorritori rimasero uccisi … I Mercanti Tedeschi vennero collocati provvisoriamente nelle case dei Lippomano a Santa Fosca.”
Dopo un altro “gravosissimo incendio”del 1505, l'edificio del Fondaco venne completamente rifabbricato seguendo un progetto di Girolamo Todesco: “… come piccola città nel corpo di questa nostra dal quale se ne trahe molto utile.”... Giorgione da Castefrancoaffrescò la facciata principale del Fontego che guardava il Canal Grande affiggendovi nelle pareti interne i suoi dipinti: “Filosofi che misurano un globo”, “Mercurio in aria con le Virtù e ai piedi Ignoranza e Armonia circondata da strumenti musicali”, e “Marte e Venere sotto i segni zodiacali del Leone e della Vergine” ... a Tiziano venne commissionata l’affrescatura della facciata del Fondaco rivolta in Calle ... mentre nella “Sala dei Conviti” con le pareti ricoperte da preziosi cuoridorocon gli stemmi di Anversa con l’aquila imperiale stemma degli Asburgo, e di Norimberga, Augusta, Stasburgo e Ulma, c’era un bassorilievo col “Leone di San Marco con Fede, Speranza e Carità”. Completavano l’arredo della sala: “Due figure della Giustizia e della Prudenza”, un “Salvatore” dipinto da Tizianonel 1551, una “Diana sul carro seguita dalle Ore Vespertine” dipinta da Jacopo Tintoretto ... e tutta una serie di “Favole e Storie” dipinte su cuoi dorati da Paolo Veronese: “Giudizio di Paride”, “Ratto delle Sabine”, “Incantesimi di Medea”, “Il Bagno di Diana sorpresa da Atteone”, lo “Sposalizio di Antioco con Strattonice”,“Ulisse che uccide Circe”, e “Giove, Giunone, Fortuna ed altri Dei e Dee col segno zodiacale dei Gemelli e del Cancro posti sotto il pianeta Giove” collocato alla sinistra della porta d’ingresso. Nella stessa sala c’erano anche dipinte: “Storie di Muzio Scevola e della Fortezza”, e la “Storia di Curzio che si gettava dalla voragine con la Temperanza”, e una “Fenice”, e “Saturno con Religione e Mendicità umana con i segni zodiacali dell’Ariete e del Toro”, e “Venere sopra il carro d’oro trainato da due colombe e scortato dalle Grazie col segno del Sagittario” forse realizzati da Palma il Vecchio.
Che ve ne pare ? … I Tedeschi avevano una Sala da pranzo che era una vera e propria Galleria d’Arte … Oggi ne faremmo un intero museo solo con quella.
Fra 1556 e 1557 Franco Semolei pittor e Alvise Donato depentor della bottega di Tizianocompletarono il soffitto della “Sala d’Estate”, e Giovanni Maria applicò delle dorature su commissione dei Consoli dei Todeschi. Vennero eseguiti anche 48 riquadri “in chiaroscuro” con figure delle: “Virtu’ Cardinali, Morali e Teologali e varie Deità”, e il tutto venne filettato d’oro per una spesa di 90 ducati d’argento continuando i lavori fino al 1580 quando: “si costatò che i cuori d’oro della sala dipinti dal Veronese erano ormai quasi tutti stracciati e necessitavano d’esser rinnovati”.
Nel 1571 le Cronache Veneziane raccontano delle feste che i Tedeschi del Fontego organizzarono per solennizzare la vittoria di Lepanto contro i Turchi: “… i Tedeschi per tre sere continue acconciarono il Fontego di razzi, e accomodarono di dentro e di fuori per diversi gradi, lumiere, dal primo corridore fino alla sommità del tetto, che rendevano dalla lunga una veduta quasi di un cielo stellato. La prima sera fino alle 5 hore di notte, si udì di continuo suono di tamburi, di pifferi e di trombe squarciate, e sopra i pergoli del Fontego si fecero diversi e rari concerti di musica, con spessi tiri d’artiglierie. Et attorno a tutte le fabbriche nuove della piazza di Rialto, cominciandosi dal ponte fino alla ruga predetta, furono tirati panni finissimi di scarlatto: e vi si attaccarono di sopra con uguali distantie, bellissimi quadri di pitture, d’imprese, di ritratti, e d’altre diverse historie … quadri meravigliosi del Giambellino, di Giorgione da Castelfranco, di Bastiano del Piombo e d’altri eccellenti pittori. La prima mattina si cantò la Messa Solenne sopra un palco dinanzi alla chiesa di San Giacomo con musiche meravigliose ... Dopo terza si fece la Procession col Crocefisso innanzi, precedendo piffari, trombe squarciate e tamburi. Dopo mangiare si dissero i Vespri con le musiche medesime e cominciatisi tardi finirono alle due hore di notte. Il restante del tempo si consumò in harmonie con variati concerti…”
Alla fine della Calle del Fontego accanto al Traghetto del Buso esisteva una passerella da dove “i miseri di Venezia” si recavano in fila a prendere “una panada” ossia un’elemosina giornaliera di zuppa distribuita gratuitamente da una finestrella sotto il portico della Riva del Fontego ... Il Fondaco dei Tedeschi veniva ufficialmente e solennemente visitato ogni anno, nella vigilia di Natale e nell'ultimo giorno dell'anno dal Clero di San Bartolomeo. Inoltre si tenevano tre processioni tedesche da San Bartolomeo fino al Fondaco: la vigilia di Natale, la vigilia dell’Epifania e nella vigilia della Circoncisione. I Sacerdoti di San Bartolomeo venivano attesi dai Tedeschi nella “Sala d’inverno” del Fontego dove veniva solennemente incensato il Crocefisso li presente. Sempre nel Fontego si tenevano molte feste descritte dal Diarista Marin Sanudo, e fra 1500 e 1600 esisteva l’usanza a Venezia di celebrare: “… pubblici balli mascherati nel Fontego dei Tedeschi nei tre giorni e nelle tre notti antecedenti all'apertura del Carnovale.” organizzando addirittura dentro al Fontego una “Caccia al porco unto” eseguita ad occhi bendati (forse ripetuta anche dopo l’incendio del 1505 per festeggiare la rifabbrica del Fontego).
Verso la fine del 1500 e all’inizio del 1600, al Fondaco dei Tedeschi si riunivano Andrea e Giovanni Gabriellicon l’amico Gruber per il quale Giovanni scrisse il mottetto “Alleluia, quando iam emersit” in occasione delle nozze ... Nel 1609, Adriano ossia Tommaso Banchieri, celebre Musicista, Monaco, Poeta e Compositore Bolognese scriveva nel suo “Conclusioni del suono dell’organo”: “…un altro organo ho veduto in Venezia entro un Fondico di Mercanti Thedeschi, venuto da gli suoi paesi il quale sta ferrato entro un bellissimo studiolo, con le canne di bosso. Vedasi ancora questo mirabile strumento ornato con le tastature in diverse fazzioni cioè d’oro, d’argento, di bosso e di ebano, di avorio, et però tinto, et infine di madre perle et canna d’india, le quali per esse note in molti luoghi si tralasciano … inoltre et è verissimo che pochi anni orsono in Venetia fu praticato un organo con le canne di vetro …”
I figli dei Mercanti Tedeschi più ricchi e Nobili venivano a “Scuola di Mercato e di Partita Doppia”al Fontego di Venezia, dove fin dal 1300 si usarono veri e propri prontuari di “Veneziano-Tedesco-Italiano”. Molto spesso i Mercanti Tedeschi occupavano parti del Fontego per generazioni intere, e l’esperienza nel Fontego di Venezia veniva considerata dai Mercanti Tedeschi come tappa d’obbligo di una seria formazione Mercantile. Ancora nel 1604 Max Crostoph Welserquindicenne di Ulma venne mandato per restare 5 anni nel Fondaco di Venezia considerandolo tirocinio utile per poter entrare a pieno titolo nel mondo della “Mercandia Tedesca”d’alto livello.
“Si deve esser stati a Venezia se a casa si vuole valer qualche cosa.” dicevano i Tedeschi fra loro.
Viceversa, i Mercanti privi di grandi disponibilità economiche venivano chiamati a Venezia: “Grisolòtti”. Non erano ammessi né al Fontego né alla Comunità Nazionale Thodesca, e dovevano sistemarsi come potevano nelle Osterie e nelle Locande di Venezia e di Rialto. Di solito venivano considerati “Grisolotti” anche i Fiamminghi, gli Inglesi, i Francesie soprattutto i Bergamaschi che dovevano perciò accontentarsi di comprare e vendere solo direttamente trattando con le Galee Veneziane attraccate sui Moli di San Marco venendo esclusi dai“Giri di Mercato che contavano”.
Il Fontego di fatto era considerato come “Punto franco”, era tenuto chiuso, e per entrare bisognava suonare: “una campanella del Portièr”. Si controllava chi entrava e chi usciva, nel Fontego non si poteva tenere armi, né si poteva giocare in alcun modo, e non erano ammessi: strepiti, rumori molesti, contese, litigi, parole oscene, bestemmie e ingiurie pena multe molto severe e l’espulsione. Dentro al Fontego si voleva anche un certo ordine, e una qualche “polizia igienica” garantita dall’opera di un apposito Scovadòr, e per controllare ed eseguire tutto questo c’era un Governator del Fontego o Sovrastante che dirigeva il Fondaco aiutato da un Fonteghèr o Massèr coadiuvato da un Economo o Spendidòr che si occupavano delle pratiche burocratiche, ritiravano le armi, cambiavano denaro, assegnavano stanze e magazzini, tenevano le chiavi e provvedevano a cambi (saltuari) della biancheria.
Per i Mercanti Tedeschi che usufruivano del Fontego erano previste riduzioni dei dazi, ritardi dei pagamenti, fornitura di viveri per il viaggio di ritorno, e la possibilità di spedizioni da Venezia per ogni destinazione sia dell’Italia, che per il Levante e Ponente. Molto spesso il Fondaco funzionava anche il tempo di guerra e nonostante gli embarghi ufficiali degli Stati, e più di qualche volta era lo stesso Imperatore a raccomandare questo o quell’altro Mercante o affare.
I Mercanti ospitati con la famiglia dovevano mandare i figli nelle scuole cittadine … non potevano sballare ed imballare merci al cui compito specifico erano addetti i Bastazi del Fontego ... Ai Tedeschi era consentito commerciare solo con i Veneziani e non con altri Foresti, e ogni operazione doveva essere svolta alla presenza di Ufficiali Giurati ... I Tedeschi, inoltre, non potevano commerciare direttamente con la Terraferma né potevano destinare ad altre parti d’Italia merci rimaste invendute nel Fontego che venivano messe “all’incanto”dopo un certo termine e rivendute ancora e solo a Mercanti Veneziani ... Il ricavato delle vendite fatte ai Mercanti Veneziani non lo non si potevano portare via, ma doveva essere obbligatoriamente reinvestito comprando merci importate o prodotte da Venezia di cui era fornitissimo il vicino Emporio di Rialto in ogni momento.
I Mercanti Veneziani a loro volta erano guidati e comandati da due Cottimieri coadiuvati da numerosi Messeti o Sensali nominati dalla Quarantia con Doge e Consiglieripresenti, e assegnati di volta in volta dai Magistrati Visdomini del Fontego che li traevano a sorte da una terna proposta tenendo conto di ogni contrattazione, e segnandola in appositi registri ... Intorno e nei pressi del Fontego ruotava e pullulava una vera e propria folla, una“task force” d’Incantadori per le Aste, Scrivania tariffa, Pesadori, Bolladori, Fattorini, e un gran numero di Bastazi o Facchini che si passavano di mano in mano i lavori e le occasioni d’affari con i Tedeschi, spesso rivendendoli in subappalto e in funzione dell’amplissimo “portafoglio” dei clienti.
Parlando del Fontego non si può non parlare dei grandi Mercanti e Banchieri Tedeschi: i Fugger, la cui intensa attività ha di fatto caratterizzato una grossa fetta dell’intera Storia dei Tedeschi a Venezia. A cavallo fra 1400 e 1500 erano loro i protagonisti, i migliori, le eccellenze del Rinascimento Tedesco considerati non a torto: “i Principi dei Commercianti”. Per i Tedeschi e l’Europa erano un po’ l’equivalente della famiglia Medici di Firenze.
I Fugger erano ricchi imprenditori di Augusta dediti alla Mercandia inport-export, alla produzione dei tessili, e all’estrazione ed elaborazione mineraria con una rete commerciale vastissime e organizzatissima attiva in tutta Europa. Fra loro, precursore assoluto nello sfruttamento e nell’industria mineraria fu il ricco banchiere Jakob Fugger detto appunto “Il Ricco”, forse il membro più famoso dell’intera famiglia.
Potrà sembrarvi quasi impossibile, ma l’Azienda dei Fugger all’apice del suo successo leggendario commerciava interagendo con le grandi realtà mercantili dell’epoca come Firenze e la stessa Venezia, ma anche con le Indie, il Sudamerica e l’Africaservendo e coinvolgendo nei propri affari e guadagni Re e Imperatori, i Medici di Firenze, Venezia e i Papi per i quali gestirono la Zecca Romana coniandone le monete fino al Sacco di Roma del 1527, e finanziando perfino l’istituzione della Guardia Svizzera.
Tanto ricca e potente quanto munifica, la famiglia dei Fugger lasciò ovunque segno di se fin dal 1367 costruendo chiese, santuari, castelli, palazzi e case popolari in diversi paesi Europei e anche in Italia dove esiste ancora oggi il "Palazzo del Diavolo"dei Fugger o Villa Margone a Galasso di Trento, e le “Case Fugger” a Vipiteno e Bolzano. Ancora in questi nostri anni 150 persone vivono in Germania nella Domus Fuggerei di Augusta in cambio di un affitto annuo simbolico di 88 centesimi di euro e tre preghiere al giorno per il fondatore e per la sua famiglia che costruì le caxette popolari più antiche del mondo nel 1521.
Il fratello minore di Ulrich Fugger, Jakob nacque ad Augusta nel 1459 dal padre Jacob il Vecchio, dodicesimo uomo più ricco di Augusta nel 1461. Dopo la sua formazione a Venezia avvenuta circa fra 1473 3 1478 frequentando il Fondaco dei Tedeschi, divenne l'imprenditore di maggior successo dell’intera Europa con un impero commerciale e immobiliare che andava dall'Ungheria alla Spagna, dai Paesi Bassi e fino a Roma capace di durare fino al 1657 senza mai andare in bancarotta neanche una sola volta.
Venezia è stata per davvero un palcoscenico privilegiato dell’intero Mondo d’allora …
Nel 1522 imperversava ancora per l’Europa intera la Sifilide ossia il “Mal Franzoso Venereo”… C’era abbondantemente anche a Venezia importata da soldati, stranieri e avventurieri, e sparsa a piene mani … e non solo … da una folla di prostitute e “prostituiti” appartenenti a ogni ceto sociale. Una delle poche cure al riguardo che si praticava in quegli anni s’impartiva anche nell’Ospedale degli Incurabili a Venezia, ed era a base di Guaiaco Americano, detta anche: “Cura dell’Acqua e del Legno Santo”, che era molto raro e costosissimo. Dall’erba importata dalle “Nuove Terre” si creava una specie di sciroppo o unguento “… che si somministrava sotto varie forme per due ore e due volte al giorno, e per trenta giorni consecutivi che venivano prolungati spesso fino a mesi tre”. “La terapia” considerata quasi miracolosa, si somministrava in un luogo molto caldo ed essudativo, una specie di sauna, associata a diete ferree insieme a diuretici, salassi e potenti lassativi.
Indovinate chi aveva quasi il monopolio dell’importazione e della vendita di quel famoso Guaiaco miracoloso ?
Facile no … Il Guaiaco era una delle voci più importanti del lucroso commercio dei Mercanti Fugger di Augustae di Venezia.
Ad essere sincero, il Papa di Roma, che più di una volta era Veneziano d’origine, “ciccàva non poco” di tutto quel successo commerciale ed economico di Venezia con i suoi partner Europei ed Allemanni … Nel 1529 il Papa si scagliò velenoso e impermalosito contro le “Conventicole pagane” che si tenevano nel Fontego dei Todeschi a Venezia contro le quali la Repubblica sembrava non fare e intervenire abbastanza … Infatti la Serenissima non intendeva affatto andar a molestare e toccare quel bel equilibrio coi Tedeschi così ben funzionante e redditizio … Che dicesse pure il Pontefice Romano ! … Gli affari erano affari … Venezia rispettava la Religione … e anche le culture diverse … Quel che contava era “la Ragion di Stato e le economie”.
I tempi e i mercati stavano cambiando … Sarà stato un caso, ma l’anno precedente all’intervento del Papa a Venezia era fallita la Banca dei Nobili Pisani che erano i maggiori acquirenti dell’argento dei Mercanti Fugger Tedeschi ... e sarà stato ancora un caso, ma da quando erano cambiate le Rotte del Pepe i Fugger s’erano stancati di supportare la Zecca del Papa, e invece d’inviare il loro argento a Venezia per spedirlo a comprar Spezie in Levante, ora lo mandavano direttamente a Lisbona dai Portoghesi padroni delle“Nuove Vie commerciali”.
La moneta che circolava in Italia perse di valore per scarsità di metallo disponibile ... Insomma, quei Fugger e i ricchi Tedeschi in genere erano davvero scomodi, oltre che ostici … Come non bastasse, durante la Guerra di Venezia col Turco del 1537-1540, alcuni Mercanti Tedeschi cominciarono a servirsi dei Ragusei per il commercio delle spezie col Levante intaccando il monopolio dei Veneziani, e altri Tedeschi si recarono direttamente al mercato d’Alessandria d’Egitto rinunciando al costosissimo ed esclusivo servizio delle Galee della Muda di Venezia.
L’Ambasciatore Portoghese Piresscriveva da Roma: “… l’anno passato ai Fugger di Augusta inviarono un loro fattore ad Alessandria per acquistare pepe e per sperimentare quella rotta. Cominciando con soli 10.000 crusados ne acquistò un quantitativo che fu caricato su navi di Ragusa e di li su barche lunghe fino ad un luogo dell’Imperatore chiamato Fiume. E’ ritornato in settembre con una somma maggiore e dovrebbe fare buoni acquisti su questa rotta e sarà male che un acquirente o offerente sifatto manchi ai contratti e agli acquisti in Portogallo, ma poiché questi affari dei Fugger vanno a scapito delle esportazioni veneziane e passano per una rotta sul loro mare, confido che faranno in modo di fermarli…”
E corse il tempo … All’inizio del 1700 il giro d’affari legato al Fontego dei Tedeschi era considerato di 280.000 ducati annui ... Nel Fontego si rinnovarono e abbellirono le “Sale d’Inverno e d’Estate” ... Fra 1718 e 1728 ben 92 Mercanti di Venezia facevano passare i loro traffici per il Fontego dei Tedeschi aggirando così i Dazi e sfruttando i privilegi della Nazione Allemanna che era rimasta con soli 35 Mercanti, ma la Nazione Allemanna cercò d’assoggettare i Veneziani al “cottimo”ossia alla contribuzione obbligatoria all’Arte del Fondaco, e tutto finì in una contesa senza fine davanti ai Savi alla Mercanzia della Serenissima.
E anche per il Fondaco dei Todeschi giunse napoleone … che la trasformò in Dogana da Terra o Fondaco Nuovomandando i “Praticanti Evangelici” nella Schola dell’Angelo Custode ai Santi Apostoli ... 16 quadri delle sale del Fondaco finirono a casa del Console Tedesco Riesch, che ne vendette 14 a Luigi Sivrij Parigino residente a Venezia … che a sua volta li rivendette a Toedoro Lechi che se li portò a Milano ... Da lì passarono a Brescia e poi a Berlino.
Durante la dominazione Austriaca quello che rimase del Fondaco dei Tedeschi venne trasformato in Uffici Fiscali e Militari ... In seguito si demolirono le torricelle e diversi camini ... e si costruì sul tetto la merlatura visibile ancora adesso ... Ancora nel 1834, fra i Preti Confessori afferenti alla Parrocchia di San Salvador c’era Don Unterbacher Giuseppe la cui nomina era di “Cappellano Concionatore della Nazione Teutonica”.
Esiste infine un ultimo aspetto secondo me molto curioso e interessante riguardante la “presenza” dei Tedeschi a Venezia. I Tedeschi possedevano una propria Cappella nella chiesa di San Bartolomeo poco distante dal Fontego presso i gradini del Ponte di Rialto, dove avevano la loro Schola della Zoia Restada dei Tedeschi del Rosario, un sepolcro comune, e un Quaresimalista pagato da loro celebrava i Riti predicando in Tedesco … Fin dal 1657 due stanze superiori del Fontego erano riservate ad abitazione del Pastore Tedesco e agli Uffici della Confessione Evangelica Tedesca.
Nel 1493 Albrecht Durerventitreenne, affermato pittore e incisore in patria, partì per l'Italia per un viaggio di studio che durò due anni passando per Padova, Mantova e soprattutto Venezia. Poi tornò a Norimberga dove produsse le incisioni che lo resero celebre in tutta Europa. Nel 1505-1507 ritornò di nuovo a Venezia dove dipinse per la Cappella dei Tedeschi del Fontego sita in San Bartolomeo una stupenda pala d’altare: “La Madonna del Rosario di Zoia Restada”.
Nel 1518, un anno dopo l'affissione delle famose 95 tesi di Lutero a Wittenberg, Durer assistette alle riunioni della Dieta di Augusta ritraendo alcuni dei partecipanti. La frattura religioso-culturale però rimase incolmabile, senza ripensamenti, rientri né ritorni divenendo la cronica e Storica Riforma.
Gli artisti che dimostrarono simpatie verso la Riforma vennero ostracizzati e perseguitati: Grünewald venne licenziato dall'Arcivescovo di Magonza e Tilman Riemenschneider venne addirittura torturato e incarcerato. Fu vita difficile per gli artisti … Durer compreso.
Quel che però spesso sfugge ai più, è stato l’originale movimento culturale e interiore che accadde a Venezia intorno all’attività e alle ispirazioni di quella Schola di Zoia Restada… Lì fra i Tedeschi del Fontego e di Venezia maturò una sintesi spirituale che riassumeva tutta una sensibilità prettamente Nordica e mistica legata anche ai culti Michaelici che percorrevano l’Europa lungo la Via dell’Angelo, la Via Francigena verso Roma, le Vie di San Giacomo per Santiago di Compostela fino a sfociare nel Mediterraneo e fino alla Terrasanta … Si trattava di visioni contemplative e misteriose, ricche di fascino e di sentimenti arcani correlati a culti ed economie antiche … Modi alternativi d’intendere il fatto aggregativo Religioso che dava addito anche a risvolti di natura sociale ed economica.
Economica ! … parola magica per Venezia ! … perché significava in un modo o nell’altro sempre guadagni e interessi … Perciò la Serenissima rimase a guardare e lasciò fare a quel nuovo fenomeno … e quel particolare input di Zoia Restada crebbe affascinando anche i Veneziani.
Il “movimento”, l’ispirazione della Schola di Zoia Restada è stato ben di più di quanto ha saputo proporre una qualsiasi delle numerosissime Schole Piccole Venezianed’Arte, Mestiere e Devozione perché ha immesso in Venezia e nei Veneziani un concetto del tutto originale per non dire singolare. Autorizzata fin dal 1504 dal Consiglio dei Dieci non poteva avere più di 100 membri, ma ha saputo irradiare per prima su tutta Venezia la neonata corrente religiosa e spirituale “del Rosario”d’ascendenza Nordica fino ad allora sconosciuta in Laguna ... nonchè in Italia.
La prima esperienza autoctona e del tutto Veneziana di Schola del Rosario, infatti, sarà presente a San Domenico di Castello solo in seguito e in derivazione dalle novità portate dalla “Zoia Restada di San Bortolomio” la cui presenza e attività è stata autorevolmente confermata e riconosciuta dalla Visita Apostolica del 1581.
Al riguardo è importante precisare come nella nostra mentalità moderna e attuale “il fatto del Rosario” viene inteso spesso come una serie “tediosa” di grani da tirare fra le dita sparando a raffica Ave Marie pregate. A dire di tanti: “… una pratica melanconica e ripetitiva a cui sono dedite solo Monache e vecchiette di stampo alquanto bigotto.”
Non è affatto così. Questa è solo la considerazione di chi non sa, o più verosimilmente “ha perso il bandolo della matassa” circa il significato profondo di certi contenuti e di certe gestualità antiche. Il Rosario, anche se in se potrà esteriormente sembrare solo quel “tira e srotola grani senza fine”, è, invece, un gesto contemplativo di notevole spessore. Nel suo intento originale s’ispira ad alti contenuti, e passa in rassegna quelli che sono i principi più tipici della Fede Cristiana dedicando loro grande attenzione (non è questo però il momento d’allargarsi su certi temi e contenuti).
Intendo dire che l’esperienza dei Tedeschi di “Zoia Restada” suggerì ai Veneziani qualcosa d’innovativo, un “modo diverso d’essere” che andava a porsi come alternativa alle ormai stantie pratiche devozionali tradizionali troppo legate ad ottenere “merito per l’Anima sia in questa vita che nell’Aldilà”. Il pregare Cristiano era diventato una chiave d’accesso alla Salvezza “a suon di palanche ed elemosine …”, mentre il gesto del Rosario “aperto, puro e raffinato”, gratuito e contemplativo, ridava una verve nuova a certi contenuti primari finiti fin troppo assopiti: “… L’esperienza del Rosario è stata una ventata di novità, uno “Sostare diverso” davanti a tante “Classiche Verità” che ha prodotto una sorta di piccolo risveglio delle coscienze “ipnotizzando” e coinvolgendo positivamente molti credenti.”
A dirla tutta però, non è che inizialmente i Veneziani avessero colto subito lo spessore e la valenza culturale e innovativa di quell’esperienza interiore. Lo fecero gradualmente, sulla scia delle sensazioni entusiaste raccontate dai Tedeschi diventati Veneziani. Piano piano, insomma nacque a Venezia una nuova moda spirituale ... che si mise in netta contrapposizione al tradizionale cammino Cristiano troppo intasato e macchiato di regole, canoni da rispettare, peccati da espiare, Indulgenze Papali da inseguire, guerre sante da combattere, ed elemosine da pagare.
Quella del Rosario era una sensazione, una progressione diversa, un cammino più libero e appetibile: era una“Zoia Restada”, un “qualcosa” che restava vivo dentro ... “una festa gioiosa, allegra”… come era stata abilmente interpretata, resa visibile e ritratta da Albrecht Durer nella sua “Festa del Rosario” collocata nella chiesa di San Bartolomeo di Rialto.
(Albrecht Durer: "La Festa del Rosario" del 1506)
“Basta con una Fede tutta dedita a mazzarsi tristemente e a pentimenti costosi ! … Ora è tempo di grandi visioni luminose e serene …” si sussurrava prudentemente in giro per Venezia.
“L’idea” coltivata dai Tedeschi residenti a Venezia, che non fecero grandi proclami né proselitismi seguendo i loro riti e le loro scadenze vivendo tranquillamente con quello “spirito diverso”, ebbe notevolissimo successo. Quel modo più “spigliato e ripaganted’intendere la Religione” s’allargò progressivamente nelle libertine e disinibite Contrade di Venezia, della Laguna e della Terraferma dedita alle “Smanie della Villeggiatura”dando vita a un “sentir diffuso” la cui risonanza si perpetuò per secoli … almeno fino alla fine del 1800, e al dopoguerra del 1900.
Le Schole del Rosario si diffusero a macchia d’olio in tutta Venezia e nella Laguna … In un certo senso una certa “Zoia era restàda” per davvero impigliata nelle pieghe di Venezia e fra i Veneziani. Al posto e in parallelo alle tradizionali devozioni della Madonna della Cintura o dei Centureri, del Cingolo, del Cordone e degli Scapolaripromosse e sostenute dagli stessi Frati Agostiniani di Santo Stefano di Venezia insieme a quella antichissima verso la Madonna della Concezione, del Parto, del Latte e della Speranza, s’impose il nuovo Culto delle Madonne del Rosario, caratterizzato spesso dalla cura e interesse per simulacri lignei popolarissimi e veneratissimi di Madonne del Rosario Vestitedi legno, che attrasse gran parte dei Veneziani come Api sui fiori.
Conti e dati alla mano … “Cogliendo quel nuovo spirito che aleggiava già nell’aria Veneziana”, nel 1480 a San Domenico di Castello(sede dei Domenicani dell’Inquisizione) era nata già la prima Scuola del Rosario con i suoi Statuti(anche se venne riconosciuta formalmente come Schola solo nel 1508)quando la Zoia Restada di San Bortolo era ancora “in fieri” ufficialmente, ma balbettava già i suoi “preziosi suggerimenti”. A conferma di questo comune sentire che si stava diffondendo, lontano e fuori di Venezia, aveva iniziato la sua attività la Schola del Santissimo Rosario a Santo Stefano di Caorle nel 1425. Di lì a poco, ci fu il “bum” un po’ ovunque: Confraternita della Beata Vergine del Rosario in Contrada di San Simeon Grando nel 1535, Compagnia delle Consorelle del Rosario a San Zan Degolà nel 1571, a San Giovanni e Paolo: la Schola Granda del Rosario nel 1575, a Sant’Eufemia della Giudecca nel 1581, Schola della Beata Vergine delle 12 Stelle ai Santi Apostoli nel1589(era Contrada residenziale di molti Tedeschi lungo la direttiva di Cannaregio: Santa Sofia, San Marcuola, San Girolamo, San Alvise e Schola Grande della Misericordia che in un certo senso aggregò un po’ tutta la gente della Seta e delle Telerie)… e poi ancora: in Laguna: Schola della Beata Vergine del Rosario in Santa Maria Assunta di Torcello nel 1591. Poi come in discesa, allargandosi e diffondendosi sempre di più lungo gli anni: Compagnia del Rosario a Santa Croce Grande nel 1607, Schola del Santissimo Rosario a San Martin di Burano e Schola del Santo Rosario a San Girolamo di Mestre nel 1621, Schola della Beata Vergine del Rosario all’Anzolo Raffael nel 1648, Compagnia delle Donne del Rosario a San Cassian nel 1650, Schola del Rosario a San Mattio nel 1654, Schola dell’Unione del Santissimo Stellario a San Francesco della Vignanel 1663, Pia Unione e Compagnia delle donne del Rosario a Santa Maria Materdomini nel 1687, Schola e Suffragio del Rosario a Santa Caterina e a Santa Maria del Giglio nel 1689, Schola e Sovvegno del Rosario a Santa Margherita nel 1691, all’Umiltà nel 1695, a San Paterniàn nel 1698 … e Santa Maria Assunta di Malamocco, ai Gesuati sulle Zattere, a San Polo, a San Pietro Martire di Murano, e a San Stin sull’inizio del 1700.
E poi ancora un’altra ventina di Schole del Rosariodurante tutto il secolo, e un’altra decina nel 1800 rimaste vive e attive fino alle Guerre Mondiali e qualche volta anche oltre.
A differenza di tutte le altre solite Schole tradizionali, la partecipazione a questo nuovo tipo di Schole era gratuita: niente tasse di Benintrada e Luminaria da pagare … “senza alcun premio o pagamento”… niente: balzelli, debiti, multe e imposizioni pena sospensioni o espulsione dai “benefici salvifici della Schola”.
Le nuove Schole del Rosario proponevano un’intensa vita di contemplazione e preghiera: lettura-recita settimanale dell’intero Salterio della Madonna, oppure la recita dell’intero Rosario per chi non sapeva leggere e scrivere. Lo stesso Salterio della Madonna si poteva recitare anche a favore dei Morti. E anche questa fu un’altra grossa novità importantissima: non servivano più per forza le Indulgenze, i Suffragi e le Mansionerie di Messe a pagamento a favore dei Defunti … Anche il “Soccorso ai Morti” poteva essere garantito al credente in maniera del tutto gratuita !
La Chiesa si preoccupò non poco di tutte quelle novità troppo liberali e solo contemplative … Rischiavano di ridursi, scemare, se non crollare i soliti guadagni frutto delle tradizionali pratiche devozionali … Perciò intervenne e provò e riuscì a “ricucire lo strapporiconducendo il “Fenomeno del Rosario” nell’alveo solido della sua comprovata e certa(e redditizia)Tradizione Ecclesiastica”.
“Tutti quei Rosari faranno tremare le porte del Purgatorio e dell’Infermo che rimarranno sguarnite …” si diceva in giro per Venezia,“La Chiesa perderà un’infinità di clienti …” commentavano i più maliziosi.
Papa Sisto IV Della Rovere riuscì a far fare un passo indietro al movimento ancorandolo e riconciliandolo con le certezze, i modi, e le concessioni di sempre di stampo prettamente Ecclesiastico:“… a chi leggerà il Salterio verrà concesso da quindici anni a quindici quarantene di “vera Indulgenza”, cioè cinque anni e cinque quarantene per cadauna cinquantena del dicto psalterio …”
Il Vescovo di Forlì Monsignor Alexandro Legato Apostolico per tutta l’Allemagna ci aggiunse a sua volta del suo in perfetto stile Ecclesiastico concedendo: “… a cadauna persona 40 dì de Indulgenza per ogni volta che la dirà 50 Ave Marie e 5 Pater noster; item sarà concesso a cadauna persona 100 dì d’Indulgenza per ogni volta che la dirà 50 Ave Marie e 5 Pater Noster ne la Festa dell’Anunciatione, Visitatione, Assumptione, Nativitate, Purificatione della Vergene Maria …”
Alla comitiva s’aggregò anche il Patriarca di Venezia Missier Maffio Girardo che promise a sua volta:“… a cadauno di questa Fraternitade che dirà el predicto Psalterio: per ogni cinquantina 40 giorni d’Indulgentia … item per cadauno che dirà la predicta oratione davanti all’immagine de la Gloriosa Vergene la quale è posta in la Capella de la dicta Fraternitade in la chiesa de San Dominico de Venetia: 40 zorni de Indulgentia …”
Venne ricordato che al riguardo già Urbano IV (1195-1264) confermato da Giovanni XXII aveva detto: “… a chi dirà la Salutatione Angelica cioè l’Ave Maria: per ogni volta 30 giorni d’Indulgenza … e a chi nominerà il Nome de Jesu: similmente 30 dì de Indulgentia …” Quindi si diceva e concludeva che secondo le indicazioni dei due Papi chiunque recitava il “pacchetto” di “5 Pater Noster + 50 Ave Marie”aveva diritto per ogni volta a: 6.000 giorni d’Indulgenza.
Si ricordò a tutti che la somma di tutte le Indulgenze sommate promesse a chi recitava ogni volta il Salterio della VergineMaria o il Santissimo Rosario era di: 67 anni e 140 giorni d’Indulgenza … Un bottino di Grazia da acquisire insomma !
In conclusione, si riuscì ad imbrigliare e annullare l’originalità del Movimento dei Rosari, che subì un’involuzione dal suo stesso interno. Si fece un passo indietro come i Gamberi, e quell’idea contemplativa iniziale finì un po’ col naufragare sfociando nel solito intricato meccanismo del “Mercato per procurar Salvezza”… Ma i tempi ormai erano maturi … Mancava pochissimo, anzi erano già gli anni di Lutero e della Riforma con le sue 95 tesi sulla “sola Fide”, gli anni delle scomuniche, e della nuova lotta Religiosa che aprì nuovi capitoli di contrapposizioni storiche dolorosissime sullo scenario Europeo e Mondiale.
Per confermarvi come le Schole del Rosario presero una direzione diversa, basti accennare che nel 1667 la Madonna del Rosario di San Domenico di Castello era stata ricoperta dai Veneziani di oro, argenti, numerosi gioielli e 56 abiti pregiati che si continuò ad utilizzare fino al 1800 … Altro che contemplazione gratuita avulsa dal denaro !
In certe Feste e circostanze il Nonzolo di San Domenico dormiva in chiesa a guardia dei gioielli che indossava la Madonna, e il Guardiano della Scholadel Rosario di San Domenico di Castellonel 1683 s’impegnò davanti al Giudice a restituire a Zanetta Polatti l’abito prezioso che sua madre Apollonia le aveva lasciato in eredità, ma che in realtà aveva regalato alla Schola della Madonna… Tutto era tornato come prima, nell’alveo della solita maniera “classica” di far Religione.
Fra i Pellegrini di passaggio a Venezia passava di bocca in bocca l’esistenza di un “antico Oratorio di San Bortolo al Ponte de Rialtobuono per recepìr tanta Indulgenza a poca spesa”. Nei suggerimenti che si fornivano a Venezia ai Pellegrini si leggeva: “… Indulgenze Plenarie “in articulo mortis” invocando il nome di Gesù con la bocca, se si possa, altrimenti col cuore … Dai primi Vespri al tramonto del sole della festa dell’Assunzione di Maria Vergine … Nelle sei domeniche precedenti la festa di San Luigi … L’altare dell’Oratorio è Privilegiato qualunque volta un Sacerdote tanto secolare che Regolare celebra la Messa dei Defunti a sollievo dell’Anima di un Confratello, pel quale a maniera di Suffragio è accordata l’Indulgenza …. E Indulgenze Parziali di sette anni ed altrettante quarantene nelle Feste della Purificazione e Presentazione di Maria Vergine, la prima domenica d’Ottobre ed ogni volta che i Confratelli si uniscono ai Santi Esercizii ... Di quaranta giorni per qualunque Opera Pia fatta dai Confratelli si in pubblico che in privato …”
Di “Zoia Restàda” era rimasto ben poco … anzi: proprio niente.
Concludo finalmente … La presenza dei Tedeschi “in casa” a Venezia lungo i secoli fu vivissima, capace di produrre grande lavorio e interesse economico insieme a grandi stimoli interiori e culturali. Direi che Venezia con le sue Lagune e la Terraferma Veneta hanno tratto gran fermento e grande beneficio dall’incontro coi Todeschi Allemanni e Germanici.