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“UN SAN MARTINO VENEZIANO … SEXY.”

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“Una curiosità veneziana per volta.” – n° 134.

“UN SAN MARTINO VENEZIANO … SEXY.”

La chiesa dedicata a San Martin della mia isoletta colorata di Burano spersa in fondo alla Laguna di Venezia, era cupa, davvero tetra il giorno della festa della sua dedicazione. Era per gran parte della giornata priva di gente, austerissima, quasi spettrale con alcune lunghe candele appese e accese sulle pareti segnate dalle antiche croci in pietra della consacrazione della chiesa … Sarà stata forse colpa della stagione autunnale ormai avanzata, saranno state forse le nebbie che si rincorrevano come fantasmi sopra la Laguna, ma quello che a me sembrava un chiesone, era avvolto nel buio, uno stanzone silenzioso, senza nessuno, che m’incuteva un certo timore … Se poi passandoci dentro con i sensi tesi scricchiolava una panca, o cigolava una vecchia porta … era un po’ come un Halloween anzitempo, che mi faceva per davvero paura … Perciò con i miei amici ce ne uscivamo fuori “in piazza” appena possibile scampando da quella sensazione. Però mi è rimasto nella mente quello strano sentore che in quei momenti stesse accadendo e “passando e rinnovando” qualcosa di speciale … Era “l’aria della stagione de San Martin” che ogni anno ritornava puntuale.

Per fortuna fuori della chiesa, e dappertutto nell’isola il clima era del tutto diverso. C’erano i gustosissimi San Martin Buraenelli fatti “de bussolà”… Erano buoni, buonissimi, grandissimi … senza paragoni, il top a confronto con quelli “da quattro soldi che sapevano di gomma”fatti ormai dai primi Cinesi spiaggiati in Laguna. Quelli di Burano, invece, erano “SantiMartini veri”… fatti come si deve, e siccome eravamo bambini, e per di più anche golosi: 1+1 faceva due e qualche volta anche tre, perciò … era sempre una gran festa !

Si andava in giro per tutta l’isola a “festisàr” e “bàtter San Martin”… Si andava in tanti, a frotte ! … In quegli anni non è che in molti si possedesse tanto altro … Erano quelli i nostri eventi, i nostri grandi e piccoli divertimenti.  Si sottraeva alla nonna un paio di coperchi e una delle sue preziose pentolacce vecchie di anni (sfidando le sue ire quando al ritorno gliele ritornavamo malconce), e si partiva e andava ovunque “a sbattacchiàr, sonàr, cantàr, ciamàr e domandàr San Martin”.

Halloween di oggi “ci avrebbe fatto un baffo” a confronto con noi !

I bottegai dell’isola non ce la facevano più alla fine delle lunghe giornate prossime alla ricorrenza di San Martino perché s’iniziava già due tre giorni prima a “bàtterlo” per ogni strada dell’isola per rubare l’iniziativa e “la piazza” agli altri bimbi che s’attivavano all’ultimo momento. A suon di vedere il loro negozio invaso da bimbi intruppati sempre più numerosi, chiassosi ed esagitati, i bottegai erano sempre più stressati e stanchi d’affrontarli, riceverli e rimandarli in strada ricchi delle loro offerte e regali … che altro non erano che pochi “bagìgi, sème e carobe” e qualche rarissimo dolcetto … ma proprio raro. Soldi e monetine ? … Nemmeno l’ombra !

Ma noi neanche ce le aspettavamo, anzi, l’unica cosa spregiudicata e azzardata in cui incorrevamo era quella di provare nella gran confusione che si produceva dentro ai negozi di allungare la mano sopra ai mitici vasi di vetro dei “bomboni” rigorosamente chiusi dal coperchio avvitato. Stavano quasi tutti allineati e colorati in un angolo del bancone della bottega, ed era giocoforza provare a rimbambire il proprietario con coperchi, urla, canti e sbattacchi vari mentre un paio di noi più ardimentosi provava a mimetizzarsi nella confusione e “attaccare” i preziosi vasi con i “bottoni di cioccolato”, gli “essi”, le “more”, “i pessetti”, le “mente”, i “gessi” o i “ciuciòni”e altro ben di Dio … C’era però in agguato la mamma ferocissima del bottegaio, che appostata sulla sua seggiola impagliata nella penombra dietro al bancone ci piazzava certe randellate sulle mani appena arrivavamo troppo vicini ai “dolci vasi” in questione. 
Il giorno seguente alcuni comparivamo a scuola con le mani gonfie e con certi ematomi: “Eccolo là il ladroncello ! … Il ladruncolo … il monello …” scherzava divertito il maestro … noi scherzavamo un po’ meno.

Poi si sciamava fuori da scuola sul mezzogiorno … un pasto caldo e via di nuovo a “Festisàr San Martin” un’altra volta.
“E San Martin xe andà in soffita a cercàr a so novìza … A so novìza no ghe gièra … San Martin con el cueo par tèra … E col nostro sacchettìn … Cari Signori xe San Martìn … dron dron !” e giù a ripeterlo e ripeterlo, e straripeterlo ancora finchè faceva notte e anche molto dopo … finchè faceva tardi … ma proprio tardi e forse di più.

A pensarci bene però … ma l’ho fatto soltanto dopo, parecchio dopo quando ero diventato più grande, perché un tempo eravamo davvero acerbi e parecchio semplici … “Ma che ci andava a fare San Martin in soffitta ? … Perché mai una novìza, una moròsa, una fidanzata andava mai a nascondersi in soffitta ?” mi sono chiesto più volte.

Non serve che ve lo spieghi … Nella fantasia popolare San Martìn era uno di loro, uno qualunque come gli altri … un Santo Martin sexy che andava a caccia della sua donna … di amoreggiare e spassarsela come fanno in tanti riducendosi in luoghi un po’ fuori mano quando non ne hanno altri a disposizione … magari su in soffitta.

San Martin quindi, non era soltanto quel che ci raccontava l’altrettanto “mitica” Suor Teodorica all’Asilo dei bimbi di Burano. Non era solo un combattente, un soldato romano della Pannonia figlio a sua volta di soldato … Sotto al suo felpato e grosso e grande mantello a volte ospitava anche qualche bella donna … Era un soldato coraggioso e intrepido, come raccontava la Suora, e noi furbetti e vispi amavamo imitarlo con le nostre spade di cartone … ma era anche un amante generoso … e chissà … forse focoso e intrigante per la fantasia popolare … Visto che andava perfino a nascondersi nelle soffitte.

Ma non era stato fortunatissimo “in amore”… perché “a so novìza non ghe gèra” … e perciò si è trovato: “col culo per terra”, ossia gli è andata male, è andato “in bianco”, non ebbe successo con le donne … Ed ecco emergere il resto della storia di San Martino nel sentire popolare: forse deluso d’amore, decise di donarsi ai poveri, di spartire il suo prezioso mantello, e tutto quel che era con i poveri … e con Dio, facendosi Monaco … visto che il poverello della leggenda coperto con mezzo mantello tagliato risultò essere alla fine il Christo in persona.

San Martino, infatti, fu non solo Monaco, ma pure Vescovo di Tour… e un grande Santo che ha segnato l’Europa intera tempestata ancora oggi da mille chiese dedicate a San Martino ... E tanto si diffuse quel culto per San Martino che giunse fino a Venezia, e fino in fondo alla sua Laguna … ossia nell’isoletta di Burano.

Guarda te … quante cose a volte rivela indirettamente una semplice filastrocca e canzone popolare !

Era denso di significati quindi quel nostro piacevole “Festisàr San Martin”… Era di fatto un evocazione indiretta della sua Leggenda Aurea … seppure “tradotta” in chiave popolare … e lagunare, e messa in bocca a semplici bambini.

L’anziano Piovan di San Martino di Burano“mitico” pure lui quasi quanto San Martino … ogni anno offriva a tutti i chierichetti della Parrocchia e dell’isola un bel dolce di “San Martin a cavallo” per festeggiare degnamente il titolare della nostra chiesa. Figuratevi noi bambini ! … Per l’occasione rispuntavano sull’altare in “veste nera e cotta bianca”anche certi ragazzini che non si presentavano a servire Messa e a far da chierichetto da mesi su mesi … Alcuni nel frattempo erano così cresciuti di statura che l’abito da cerimonia faceva “acqua alta” ossia era troppo corto, tirato su, quasi ridicolo, con gambe lunghe che spuntavano di sotto, maniche corte, e certi bottoni chiusi allo spasimo che sembravano proiettili pronti ad esplodere … C’era in ballo un bel “SanMartìn a cavaeo”… Non era mica poco, e non si poteva quindi mancare.

Pensate: io ero il chierichetto n° 103 dei Chierichetti-Zaghetti di Burano ! … Mica pochi vero ? … Ed ero anche il più piccolo: neanche sei anni ancora … Beata gioventù spensierata … e già curiosa fin da allora !

Sempre lo stesso buon Piovano don Marco Polo(esatto: proprio omonimo del Mercante viaggiatore Veneziano) era generoso, e offriva “San Martini” a tutti i chierichetti presenti a prescindere dalla loro frequenza … E li offriva anche agli assenti mandandoli a volte direttamente a casa … o più semplicemente appendendoli sull’attaccapanni dove si conservava la “veste e cotta” d’ordinanza chierichettale. Immaginatevi tutti quei bei “SanMartini” appiccicati e appuntati lì in aria e in attesa … appartenevano a chi forse non si sarebbe presentato più neanche per ritirarli …
Li tenevamo d’occhio … e andavamo avanti più di un mese a mangiarceli pezzo dopo pezzo, e giorno dopo giorno … in gran segreto. E ogni volta che il Piovano notava che scemavano di numero spiegavamo: “Ah … è passato Luigi a ritirarlo … Ah … sono passati Mario e suo fratello Saulo a prenderli …” oppure: “Ah … Sì … Ho visto ieri Davide e Otello che se li sono portati via … L’hai visto anche tu vero ?”

E quando non ce n’erano più, il Piovano ci chiedeva: “Ma almeno erano buoni ? … Vi sono piaciuti tutti ? … Io quando sono stato battezzato mi hanno affibbiato ben dieci nomi … Mi sembra che voi a volte ne possediate molti di più.”

La chiesa di San Martin nell’isola di Burano in fondo alla Laguna … sembra che inizialmente fosse un Priorato sottoposto al vicino Monastero di San Vito sempre nella stessa Burano. Quando ? … Boh … Chissà ? … Qualcuno spara una data antichissima per il primo insediamento di fuggiaschi Altinati… o dei primi pescatori lagunari: 430 d.C ? … Ma forse è un azzardo … o magari è successo ancora prima.

San Martin a Venezia, invece, è tutt’ora una delle più caratteristiche Contrade nel Sestiere di Castello a Venezia … La chiesa è una delle più antiche di Venezia, collocata proprio a due passi dall’insigne e memorabile Arsenale dei Veneziani. Non si sa neanche quando fu fondata, le sue origini sono oscure, perse nelle ombre padane in cui si fuggiva rincorsi dai Longobardi, o si conviveva insieme a loro … forse si era trecento anni prima dell’anno 1000 in una delle isolette Gemini della primitiva Venezia. Erano i tempi in cui Venezia “abitava” ancora a Malamocco, prima che ci fosse l’Emporio di Rialto. In ogni caso si scelse San Martino Vescovo di Tour“campione della Fede”,come Sant’Ilario e Sant’Ambrogio … e molti altri.

A San Martin un tempo si chiudeva definitivamente la stagione del lavoro dei campi e nelle stalle … Terminava la buona stagione, e iniziava quella cruda invernale priva di risorse “e con la morte sui campi”… C’era bisogno per tutti del tepore protettivo del mantello confortevole e ospitale di San Martin …A San Martin” si rinnovavano le affittanze, si pagavano i noli, si offrivano le “onoranze” obbligatorie a chi era il padrone di tutto … ossia i soliti Nobili, e i Preti, Frati e Suore … Curioso è il racconto del Libro Verde di Monselice in cui si elencano tutti i contadini, i vignaioli, e gli allevatori della piccola cittadina … tutti in fila a presentare o saldare le loro “pendenze” con i rappresentanti, i Fattori delle Monache del Monastero di San Zaccaria di Venezia… che era padrone di tutto … montagna compresa. Sul librone uno Scrivano attentissimo segnava: “ … questo offre una spalla di maiale … quell’altro del vino, l’altro ancora delle uova, l’altro ancora due galline e un sacco di farina … Tizio salda parte del debito, Caio ne attiva un altro …” e così via … e su tutti vigilava benigno San Martino ... che in un certo senso con la sua vicenda umana e spirituale ispirava fiducia un po’ a tutti.

E oggi ? … Sono rimasti solo pallidi ricordi di quel che c’era e si faceva e provava un tempo … Oggi è rimasto il dolce di pastafrolla o di “Bussolà”che fino a qualche anno fa si usava scambiare come omaggio e segno d’affetto fra i fidanzati Veneziani … poi è accaduto che a volte non si faceva a tempo ad entrare nel negozio e acquistare il San Martin che già il fidanzato o la fidanzata se n’erano andati via o cambiati con altri … per cui si rimaneva con “il pacco-regalo” confezionato in mano … come se il San Martino si ritrovasse a spezzare il suo mantello per un povero che non c’è più.

Seppure trascorsi molti anni dalla mia infanzia, a volte mi da ancora da pensare quell’emblematica “noviza” della canzone: “che non ghe gèra”… Ma dove sarà andata ?  O meglio … con chi sarà andata altrove ?
“Povero San Martino !”… mi dicevo … “Un uomo un po’ sfigàto … caduto col culo per tèra” come abbiamo cantato mille volte. Ma mi piaceva molto quella figura … perché in qualche maniera assomigliava a noi e alle nostre umane vicende qualsiasi.


Corsi e ricorsi storici … I nostri bimbi di oggi non conoscono tanto San Martin … ne è rimasto quasi solo il dolcetto caratteristico a cavallo … (e a caro prezzo). Ma spero anche un poco di quella fisionomia atavica di Santo-personaggio buono e generoso rimasto impigliato a lungo nelle pieghe della storia di Venezia e dei Veneziani. Un personaggio “amabile” che di certo ispira un certo tepore interiore … quello dell’effimera “estate di San Martin”.


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