“Una curiosità veneziana per volta.” – n° 135.
“UNA “FACCIA AGGIUNTA” DELLA MADONNA DELLA SALUTE … UNA FESTA GRANDA DI VENEZIA.”
Ogni anno da secoli si ripete ancora “il miracolo” di migliaia di persone Veneziane che convergono nello stesso luogo, qui da noi, a Venezia nella famosa Basilica della Salute per la Festa della Madonna della Salute. E’ forse questo il fatto più eclatante di oggi, più che la ricorrenza e la memoria di quel gesto del Voto antico dei Venezianiaccaduto nel lontanissimo 1630. E’ questo “tornare e ritornare” ininterrotto di persone di oggi che fa ed è la preziosa news di ogni anno … anche se per molti Veneziani sembrerà un fatto ovvio e quasi del tutto normale, se non “dovuto”.
Più di qualcuno mi ha detto: “Forse è per il fatto che la “salute” in se è una cosa preziosa per tutti … che a tutti interessa “star bene”, e si brama giorni felici per se e per tutti i propri cari … oltre che magari per la società, per Venezia e il Mondo intero … Probabilmente è un bisogno inconscio di benessere e di protezione che spinge ogni anno tanti Veneziani a ritornare alla Madonna della Salute … In ogni caso resta un bel fenomeno che non accenna ad interrompersi e si rinnova puntualmente ogni anno.”
“Tradizione ?”
“Sì e no … perché forse c’è qualcosa di più del banale ripetersi di una semplice ricorrenza Veneziana … A Venezia e dentro ai Veneziani certe sensazioni si amplificano, quasi si tramandano nel sangue a chi viene dopo … Infatti alla Salute non convergono solo vecchi bacucchi o bigotti, ma c’è di tutto: giovani, anziani, persone di ogni età e situazione sociale … E’ proprio una Festa di tutti i Veneziani … Anche se forse non ha più i numeri grandissimi e strepitosi di un tempo …”
Io ho avuto modo per diversi anni di osservare da vicino, anzi da dentro, quel “fenomeno tutto Veneziano” che non ha mai smesso di stupirmi. Mi ha sempre fatto impressione la fiumana di persone eterogenee che ogni anno accorrono e si ripresentano puntuali a questa specie di appuntamento cittadino. Non credo sia solo una faccenda di Religione e Devozione, di Tradizione e ripetitività automatica e scontata. Ho visto presentarsi persone di ogni genere: rosse, bianche, verdi, nere e di ogni tendenza politica, ceto sociale, razza, e disposizione interiore e culturale … Ho visto “passare per la Salute”: atei, agnostici, credenti di ogni tipo … e gli immancabili turisti … e quelli che accorrono solo per il fatto che si tratta di una Festa della nostra Venezia, quindi “qualcosa” che non si può mancare come Veneziano.
“Non so spiegare bene che cosa accada dentro alla testa di tante persone …. Sarà forse lo stesso bisogno di benessere e star bene che sentivano più che mai i Veneziani ai tempi della Pestilenza … o sarà forse per chissà quale altro impulso interiore …” osservava di recente un Medico Veneziano mio conoscente, “Sta di fatto che li vedo ancora accorrere in tanti e in massa … ogni anno a migliaia ... E’ peggio di una di quelle partite a calcio importanti, una finale che calamita e muove migliaia di persone …”.
“C’è perfino chi non entra neanche in chiesa … Si spinge fin nei dintorni della Basilica e s’accontenta di gironzolarci attorno o nei paraggi … Magari va a comperarsi la ciambella, il croccante, la frittella o il dolcetto e basta … o il palloncino colorato per il bambino … La Salute è anche un’occasione per incontrarsi e guardare … anche se c’è quello, che si reca lì in vero e proprio pellegrinaggio interiore.”
“Lungo il corso degli anni ho notato anche che non esiste condizione atmosferica che tenga, perché con nebbia, pioggia, vento, freddo e acqua alta è sempre uguale … ogni anno: la stessa cosa … Si ripete sempre immancabilmente quel grande e incredibile affluire e accorrere di gente, che a certe ore sembra non avere mai fine.”
Intorno a questa Festa Veneziana “maiuscola” si dicono e riassumono sempre più o meno le stesse cose: si passa dal ricordare la saporita “castradina”specialità gastronomica tipica della Festa, alle immancabili notizie sul Votoe la Pestilenzadel 1630. Quella volta Venezia Serenissima con tutto il popolo dei Veneziani e Doge e Senato in testa previdero di spendere più di 155.000 ducati d’oro, e diedero inizio a quella specie di preghiera senza fine che è “La Salute”dove ancora oggi, quattro secoli dopo, si torna a rivolgersi alla “Madonna Nera”, la Mesopanditissaoggi tutta ingioiellata, portata un tempo a Venezia da Candia dall’Ammiraglio Morosini come trofeo di guerra dopo aver fatto pace col Turco. Oltre a tutto questo si ricorda sempre la storia-leggenda della foresta del milione e 657.000 pali infissi nel fango per due anni (il famoso “Zatteròn dei pali”)utili per far da basamento alla chiesa. Si dice fossero infissi in acqua fino a metà del Bacino di San Marco (in realtà se ne utilizzarono … solo … 110.772 … un’inezia, e la fornitura dei pali e dei tavolati venne commissionata ai Mercanti di Legname: Giacomo Polvero e Giacomo Gaio).
Sopra al “Zatteròn dei pali” venne posta in seguito “una bùgna in pietra viva” sopra la quale venne costruita la grande Basilica che vediamo ancora oggi. Ogni buon Veneziano ha di certo ben chiara in mente la visione plastica ed efficace della “malefica e macabra vecchia racchia(la Peste)cacciata dall’Angiolo con la fiaccola accesa mandato dalla Madonna della Salute con inginocchiata ai piedi la “bella donna adornata e pomposa” (Venezia Serenissima) col cappello dogale (il camauro) posto ai suoi piedi.” E’ la mirabilmente scena in pietra del 1674 creata dal Fiammingo Jouste Le Cour e collocata in cima all’Altare Maggiore della Salute … Credo non esista maestra di Scuola Elementare di Venezia che ogni anno non faccia amabilmente riferimento ai suoi “docili e attenti bimbetti” di quella “mitica scena” che in un certo senso riassume tutta la nostra tradizionale “Storia della Madonna della Salute”.
Sono convinto che sapete di certo che fino al luglio 1630 c’erano stati in tutto a Venezia soli 48 Morti, mentre nell’ottobre 1631 erano diventati in tutto: 43.656 … ai quali bisognò aggiungerne gli altri 35.639 di Murano, Malamocco e Chioggia, per cui il totale fu di: 82.175 ! …
Un bel macello storico !
Fra costoro si contarono: 11.486 donne da parto, 5.043 donzelle fra i 14 e i 25 anni, 9.306 putti, 29.336 donne mature, 1.229 fra Preti e Frati, 25.208 fra Mercanti e Artigiani, 217 Nobili e 450 Ebrei. Totale sempre e ancora: 82.175 … un bel massacro, ben peggio di una delle “guerre grosse” di quei tempi.
Tornando al “chiesone della Salute”, sapete anche come a conti fatti nel 1679, la spesa finale al termine di tutti lavori di costruzione del Tempio ammontò a: 381.838 ducati e 8 soldi, ossia a ben più del doppio di quanto s’era previsto all’inizio. Bisogna dire che Venezia Serenissima e i Veneziani non si sono affatto trattenuti dallo “spendere e spandere” per realizzare “quell’idea”.
Detto questo, mi viene da aggiungere che intorno alla Basilica e alla Festa della Salute ci sarebbero tante altre cose da dire e scrivere. Non che non sia stato già detto e fatto … Anzi: come sempre su certi “argomenti Veneziani” esiste una vera e propria letteratura di cose e notizie ben dette e ben presentate … ma esistono anche “altre cose piccole e grandi” che per un buon Veneziano è bene conoscere e condividere … o perlomeno ricordare un pochetto insieme.
Esiste, insomma, un altro risvolto curioso, un’altra faccia di questa nobilissima Festa Veneziana. Un volto desueto, e forse meno pomposo e più pallido che provo a riassumervi un poco a modo mio.
Innanzitutto il gran chiesone l’ha costruito il trentaquatrenne architetto Baldassare Longhena vincendo il concorso fra 11 progetti che vennero presentati alla Serenissima. Non ha impiegato solo due anni a edificarlo, ma fra altri e bassi, tira e molla, e interruzioni per vari motivi, la Basilica della Saluteè stata terminata del tutto compreso l’interno solo verso il 1681 ! … ossia cinquant’anni dopo il famoso Voto di Stato impegnando una vasta folla di scalpellini, marangoni, tagiapiera e lavoranti di Venezia e “da fuori”. Nel 1660 mancava ancora la Cupola Piccola, ossia la “cupola minore” retrostante con i due campaniletti laterali … e all’interno solo fra 1667 e 1674 il pittore Luca Giordano collocò le sue tele sopra gli altari laterali appena costruiti … Fu nel 1670, quando ancora non erano terminati i pavimenti, che si pose sopra all’Altare Maggiore la Madonna Nera di San Tito proveniente da Candia: la Mesopanditissa(significa: Procuratrice di Grazie e Miracoli). Esternamente il cantiere del chiesone era in funzione ancora nel 1683, quando Giustiniano Martinioni elencava una folla di ben 125 statue di marmo poste a coronamento della Basilica frutto di una spesa di ben ½ milione d’oro !
Alla stessa data, s’erano appena completate le gradinate delle rive che davano sul Canal Grande e sull’adiacente Rio di San Gregorio, e si era appena lastricato il Campo antistante la chiesa … La consacrazione conclusiva e definitiva del famoso “Edificio del Voto” accadde, invece, solo nel 1687 … A dire il vero e ad essere precisini, la Basilica non era ancora terminata del tutto al suo interno perché numerosi nicchioni collocati in parete sotto alla Cupola Minore sono rimasti vuoti e privi di statue ancora oggi ... Però “il più” a quella data era stato fatto, e fatto bene … perché, pensate, il mastodonte della Basilica della Salute dopo tutti i secoli trascorsi fino ad oggi, si è spostato dal suo posto in alto, in basso, a destra e verso sinistra: di non più di 1 cm !
1 cm ! … vi rendete conto ? Come sapevano lavorare bene quella volta … Non voglio pensare a come e a quanto tempo e risorse avremmo bisogno noi di oggi per inventarci qualcosa che assomigli anche solo vagamente al monumento della Salute… Visti i nostri “capolavori”odierni: come il Ponte della Costituzione, ad esempio, o le ultime innovazioni tecnologiche Veneziane, tipo il Mose, (a caso), penso non saremmo affatto capaci di uguagliare e imitare neanche lontanamente certi capolavori di ieri realizzati a Venezia.
Ma lasciamo stare le osservazioni polemiche e raccontiamo ancora dell’altro …
“Il Manto della Dogaressa ! … “Vi ammazzo ! … Vi mando via ! … F. dove ti sei nascosto ? … Ma come hai potuto dare il Manto della Dogaressa a quello lì ?” gridava inferocito e imbufalito l’indimenticabile Rettore Don Giuliano Bertoli, che per una vita intera ha gestito sapientemente, e amato assiduamente i luoghi e tutto quanto ruotava intorno alla Madonna della Salute e il suo Seminario. Per lui quelli della Salute erano ogni anno: “i giorni dei giorni”, il clou dell’anno intero, e lo vedevi, infatti, fibrillare avanti e indietro instancabile “da màne a sera” dentro al suo tonacone nero, e rabbovolato dentro al suo sciarpone scuro e sotto al suo immancabile baschetto in testa dal picciolo irto per aria.
Quella volta l’avevamo fatta grossa, lo ammetto, perché avevamo fatto indossare (per simpatia)quell’abito preziosissimo e fragilissimo (un vero cimelio storico, unico: il manto dorato della Dogaressa donato alla Salute)a un nostro esimio professore Prete tanto genialoide, quando umile e distratto. Costui senza neanche accorgersene e pensarci sopra, preso tutto dai suoi pensieri, e forse preoccupato di che cosa dire “di semplice” alla gente che gremiva la chiesa il giorno della Festa, trascinava l’abito rituale preziosissimo strusciandolo e raspandolo sui muri di uno stretto corridoio laterale. E chi passava, fatalità, proprio per quel posto e in quel momento ? … Proprio lui, proprio il Rettore in persona, che non credendo quasi a quello che vedevano i suoi occhi (non faceva mai indossare a nessuno quella “preziosità”… quasi neanche al Patriarca in persona se lo avesse giudicato poco attento nell’indossarlo).
Figuratevi e immaginatevi la scena ! Ricordate “L’urlo”di Edvard Munch ?
Ecco … qualcosa del genere: “Chi è stato ? … Siete dei disgraziati ! … Incoscienti ! … Un manufatto prezioso del genere trattato così ! … Vi mando via tutti ! … Qui deve venir fuori un responsabile, un colpevole ! … Stavolta …” gridò avanti e indietro furibondo e incontenibile, e per un bel pezzo, con tutti che facevano a gara per volatilizzarsi e scomparire. I “colpevoli”alla fine vennero fuori … eravamo stati io e il mio amico Paolo, e di rimbalzo l’inconsapevole altro amico Valter che c’entrava sempre anche se magari non c’era e non aveva fatto nulla.
“Vi mando via ! … Non voglio più vedervi ! … il Manto della Dogaressa ! … Siete degli incoscienti !” lo sento ancora adesso distintamente dentro alla mia memoria. Così come rivedo le nostre teste basse, e il nostro sorrisetto … soddisfatto e non pentito. L’avremmo rifatto volentieri anche il giorno dopo, se fosse stato il caso … Eravamo convinti che quel nostro professore meritava “un omaggio” del genere. Ma vallo a spiegare al Rettore !
Se osservate con attenzione e un po’ di fantasia la stessa Basilica della Salute potrà sembrarvi proprio “una grande nave antica”, un galeone col cassero di poppa che naviga onirico sul Canal Grande col suo abile “nocchiero”collocato sopra che la guida verso Piazza San Marco, la Laguna, e il Mare aperto. Non è un’immagine mia, né è del tutto illusoria e fiabesca, perché la chiesa della Madonna della Saluteè stata ideata e raffigurata proprio con questo intento e significato. La statua della Madonna collocata in cima è stata pensata e realizzata da Baldassarre Longhena come una Capitana da Mar, una singolare Ammiraglia Veneziana con in mano “il bastone del comando dell’Armata”e al timone della nave principale della flotta Serenissima. Provate ad osservare nel dettaglio la statua che sta sulla cuspide terminale della Basilica: la Madonna ha proprio in mano“il bastone del comando”. (io lo so bene perché negli anni 70-80 salivo quasi ogni pomeriggio fin lassù in cima per leggere e studiare seduto a rosolarmi al sole con davanti il panorama superbo, unico di Venezia col Canal Grande e il Bacino di San Marco, e all’ombra di tutti quei contenuti Veneziani così stupendi e ammiccanti … ma questa è un’altra storia che vi racconterò un’altra volta … anzi: molto presto).
Lo spazio intorno alla Cupola Grande con i suoi caratteristici 15 “medaglioni o modiglioni o orecchi di pietra” intagliati a spirale (utili per la controspinta statica della cupola)è stato progressivamente coperto da una folla di statue di personaggi che “annunciano” con la loro “vicenda biblica” la storia della Madonna e del Messia. Erano molto acuti un tempo nell’interpretare e realizzare questo genere di accostamenti simbolici. Sopra ai timpani delle controfacciate marmoree hanno collocato, ad esempio: Eva, Rebecca, Ester, Ruth e Giaele, e perfino: Eritrea e Cumana,Sibilledi significato pagano, ma poste ugualmente sopra al portone principale d’ingresso della chiesa interpretandole anche loro in funzione “anticipatrice e profetica”dell’evento Maria Madonna.
A completare l’azione simbolica, la Serenissima ha collocato sopra alla stessa porta centrale del Tempiodella Salute anche un suo superbissimo “Leone di San Marco” di cui se andate a guardare è rimasta solo l’ombra e l’impronta perché è stato spazzato via e frantumato dal solito napoleone minuscolo non solo fisicamente.
In cima alla Cupola Piccola, anch’essa contornata come “la grande” da otto obelischi simbolo del potere e del comando, è collocato, invece, un curiosissimo “San Marco” con lo sguardo rivolto in direzione di Palazzo Ducale. S’intendeva quindi lanciare ai Veneziani un messaggio inequivocabile: “a guidare la “grande barca” di Venezia stanno “dall’alto” la Madonna e San Marco”… C’è poco da dire: erano davvero arguti un tempo, o perlomeno molto riflessivi e ingegnosi.
L’intera chiesa poi, è stata pensata e realizzata da Baldassarre Longhena come un esemplare “canto architettonico” realizzato attorno al concetto del “Rosario Mariano”. Cosa impensabile oggi, ma normalissima in quei secoli in cui erano molto più devoti di noi di adesso. Se osservate i giochi policromi dello stupendo pavimento soggiacente alla Cupola Grande, anche se è difficile apprezzarlo solo calpestandolo da sotto, vedrete rappresentato un gigantesco Rosario formato da 32 cerchi di cui 16 con la Stella Mariana al centro. E’ un’opera unica, davvero singolare … con al centro di tutto, collocata in mezzo a “5 Rose” contornate da una fascia di altre “32 Rose”(indicanti i singoli “misteri” del Rosario) la formula esplicativa di tutta quella grande ideazione voluta dai Veneziani: “Unde Origo inde Salus” cioè: “dallo stesso posto in cui Venezia ha avuto origine, sempre da lì è scaturita la sua Salvezza o Salute”… L’iscrizione ovviamente si riferiva alla Serenissima e ai Veneziani che nel giorno della Festa della Sensa celebravano: “la nascita di Venezia e del suo Sposalizio col Mare” . La Madonna era quindi ricordate come “generatrice e protettrice”delle sorti fortunate e non della Serenissima.
Quel che mi fa più impressione, è che parole e concezioni come: “Unde Origo inde Salus” erano sulla bocca di Dogie Senatori, uomini potentissimi e ricchissimi, capaci spesso di tutto. Non si trattava di vecchierelli bigotti e tenerini, ma di personaggi capaci di tenere a bada e gestire le sorti politico-economiche di gran parte del Bacino Mediterraneo e non solo … A volte, come ben sapete, erano uomini che sapevano esprimere ferocia e grande determinazione, uomini avezzi a innescare eventi bellici di portata “mondiale”, e a spingersi come Mercanti coraggiosi e intrepidi fino al “Caput Mondi” di allora … e anche ben oltre. Non era cosa da nulla vederli piegarsi e inginocchiarsi riverenti davanti a una Madonna … Non si trattava dell’ennesimo “giochino politico” che la Serenissima esercitava sullo scenario Europeo. Credere nell’“Unde Origo inde Salus” aveva una valenza incredibile, strepitosa … e a Venezia lo si faceva.
Dentro a quella grande “rappresentazione” mistica oltre che artistica, era sorto, quindi, il nuovo “SuperTempio cittadino della Salute”, i cui “numeri Mariani” vennero ripetutamente richiamati e interpretati inserendoli dentro alla costruzione dell’edificio-santuario: “otto”erano le colonne che sostenevano la “cupola ottagonale”, sempre “otto”, ossia il “Numero dell’Infinito” erano le “stelle a otto punte della Stella della Madonna o Stella del Carmelo” collocate sui timpani esterni che fasciano la chiesa; ancora “otto” erano gli “obelischi col globo sopra” posti attorno alla cima delle due cupole della chiesa accanto ai lucernari (segni d’edificio nobiliare o da Capitano da Mar), così come erano sempre “otto” le “statue dei Profeti con i loro cartigli”(di legno dipinto e non di marmo, per non appesantire ulteriormente la struttura!) posti sul primo anello superiore della Cupola Granda per richiamare frasi bibliche inerenti la Salvezza dal Male e dalla Peste.
I “Cartigli dei Profeti” rifatti nel 1800 sono curiosi, anche se non leggibili dal basso. (Leggendoli ruotando dal centro verso destra) recitano:
__“Camminate nei miei precetti”(statua del Profeta Ezechiele).
__“Volgi lo sguardo, o Signore, dalla tua casa” (statua del Profeta Baruc).
__ “Ci percuoterà e risanerà” (statua del Profeta Osea).
__“Mia Speranza nel dì dell’abbandono” (statua del Profeta Geremia, uno dei “Grandi” della Profezia anticotestamentaria biblica).
__“I miei occhi videro la tua Salvezza” (statua del Profeta Simeone, che non era neanche riconosciuto ufficialmente nel numero dei Profeti antichi).
__“Porgi, o Dio, il tuo orecchio”(statua del Profeta Daniele, un altro “Profeta maiuscolo”).
__“Dio aspetta per avere pietà di voi” (statua di Isaia: Profeta dei Profeti, il “numero uno” della Profezia).
__“Ti darò Gloria, in una chiesa grandiosa” (statua del Re Davide, altro personaggio biblico “Profeta non Profeta”).
Sapevate poi che sono esistite alcune Schole dedicata alla Madonna della Salute nella zone e Contrade adiacenti alla Punta della Dogana e alla Basilica della Madonna della Salute ? … Una di queste esisteva probabilmente già ben due secoli prima che accadesse la deleteria e sciagurata Pestilenza che portò alla carneficina dei Veneziani e al Voto del Tempio della Salute ... Era la Schola della Beata Vergine della Salute traslata dall’antica Abbazia di San Cipriano di Murano dov’era nata forse prima del 1493. Fu portata nei luoghi della nuova chiesa di Venezia insieme ad un “Pugno di Devozioni Mariane”analoghe: Devozione all’Annunciazione, all’Assunta, alla Presentazione di Maria, Purificazione, Madonna della Neve… e a diverse altre che trovarono in parte riscontro e continuazione nei nuovi altari costruiti dentro alla nuova chiesa della Salute.
Oltre a quella Schola vetusta, a breve distanza di tempo dalla costruzione del Tempio della Salutes’attivò anche un’altra Schola della Madonna della Salutenella Contrada di San Vio (trasferitasi un anno dopo la sua fondazione, nel 1637, nella chiesa delle Monache Agostiniane dello Spirito Santo sulle Zattere a causa di pesanti contrasti col Piovano di San Vio). I devoti della Scholetta della Salute se ne andarono via dalla chiesa della piccola Contrada dei Santi Vito e Modesto portandosi dietro “armi e bagagli” e andando a rifugiarsi “profuga” dalle Monache. Fa quasi tenerezza andare a leggere l’inventario delle “cose della Schola” che si portarono appresso: “… una Corona d’argento (della Madonna) alta più di un palmo con la picciola per Gesù fatta all’Imperial … un Mondo d’argento per il Bambin … un paro di scarpoline d’argento pel medesimo … una mez luna d’argento per la medesima … Due corone di rame dorato per la Beata Vergine e Giesù … un cinto di rame dorato per la Beata Vergine … Dodeci stelle d’argento con pietre sopra un cherubin dorato con circolo di rame … un Scetro d’argento longo quarte tre in circa …un Stellario d’argento di dodeci Stelle con Cape e cerchio d’argento … un cinto di rame dorato per la Beata Vergine … un ramo di fiori d’argento e una dita di fiori di latòn …”
La Schola della Salute con Mariegolae aperta a chiunque sia Nobili che Popolani, in realtà era un Suffragioi cui devoti erano vestiti di cappa e cappuccio bianchi con fori per la vista e un teschio metallico cucito all’altezza della faccia … Sulle spalle portavano una mantellina nera a bottoni azzurri come fascia, cordone e fiocchi azzurri penduli lungo i fianchi. Sul petto portavano ricamate da una parte le iniziali dellaSchola della Salute, e dall’altra un’immagine simbolica della Peste … Attorno al braccio portavano una grande Corona del Rosario, pure quello abbinato a un grosso teschio ... Anche le scarpe erano azzurre, quindi il costume della Confraternita nel suo insieme era bianco e azzurro, ossia i colori “tipici” di tutte le tradizionali Devozioni Mariane.
Ci fu pure una terza Schola di Santa Maria della Salute, ma fu più tardiva, e segnalata ancora presente e attiva nel 1830 presso la vicina chiesa dei Gesuati, ossia Santa Maria del Rosario sulle Zattere sempre nello stesso Sestiere di Dorsoduro.
Ora però voglio farvi un accenno circa un aspetto quasi mai ricordato inerente la Festa e il Voto della Madonna della Salute. Credo, invece, meriti una certa attenzione da parte dei Veneziani d.o.c. Si tratta dell’atteggiamento e dei propositi che ha tenuto e voluto esternare la Serenissimanell’occasione della costruzione del grande edificio cittadino che c’interessa. Non accadeva ogni giorno che Venezia intesa come Stato e Repubblicacostruisse un tempio del genere. Santa Maria della Saluteè sorto come edificio in cui lo Stato Serenissimo ha voluto esprimere tutte quelle che erano le sue convinzioni socio-politico-religiose. La costruzione della chiesa non è stata affatto legata solo alla liberazione di Venezia dalla Peste, ma è stata anche l’occasione per esplicitare la natura del volto pubblico dell’intera Serenissima.
Il Tempio della Salute, quindi, non è un’espressione soltanto religioso-devozionale scontata e quasi banale.
Il Tempio Veneziano della Salutefu fatto sorgere in anni di grande tensione politica e dialettica fra il Papa di Roma e la Serenissima. Venezia esigeva una sua autonomia dal Pontefice Romano, e un suo riconoscimento formale che secondo il Papato era fin troppo azzardato e sfacciato. A inizio secolo, infatti, proprio a causa di quel suo comportamento: “troppo forte e averso alla Chiesa”,Venezia era incappata nell’Interdetto del 1604 ... col quale di fatto il Papa aveva “tagliato fuori” la Serenissima da tutto il resto del mondo dei Cattolici-Cristiani di allora, che in quei secoli era praticamente l’intero scenario Europeo. Non era un’esclusione da poco … Venezia tuttavia non si scompose affatto, incassò “il colpo” e passò al contrattacco nei riguardi del Papa. Nell’occasione della Pestilenza e dell’edificazione del “Tempio della Salute” credo si possa dire che la Serenissima si sia “giocata le sue carte”, e abbia ribadito ancora una volta la propria immagine esprimendo convinzioni e intenti politico-socio-religiosi ben precisi ... e anche coraggiosi oltre che singolari.
Venezia voleva avere ed esprimere una sua Chiesa Nazionale autonoma e dai modi e contenuti originali.
Storicamente intanto, dopo gli anni dell’ “Interdetto Papale”, erano giunti anche gli anni delle complicazioni per la successione del Ducato di Mantova. Si trattava di un conflitto scabroso che portò con sé anche la Peste giunta a Venezia tra luglio e agosto del 1630. Fatalità … ieri come oggi … c’era in giro chi gridava a gran voce che la Peste dilagante in tutta la Laguna era un “Castigo divino” buttato addosso alla Serenissima da Dio in persona. Una specie di “Guerra Divina”, un “Bellum Divinum” da parte di Dio alleato col Papa contro Venezia.
Quindi: “niente di nuovo sotto al sole” certi recenti exploit odierni … Certi uomini erano assurdi ieri quanto oggi !
Forti del potere religioso sulle coscienze e sul popolo dei credenti in generale, la Chiesa inscenò una specie di “lotta titanica e mitica” di Dio contro Venezia nel tentativo di scalzare la Repubblica dallo scenario del potere Europeo, e dalla “lista” degli Stati che contavano sullo scacchiere politico.
Squallido l’atteggiamento della “Religione Ufficiale”dell’epoca ! … (così come lo è a volte ancora oggi).
Il Doge e la Signoria Serenissina, allora, proposero ai Veneziani di affidarsi, contro quel presunto “Bellum Divinum”alla protezione-intercezione della Madonna nella quale Venezia identificava da sempre la propria “Origo”(origine). La “Salus” dei Veneziani non era quindi solo una questione di Fede e di benessere fisico, ma anche un fatto pubblico, una sorta di questione politica fondamentale. Il Tempio della Salute sorse quindi come espressione della Nazione Veneziana, e sotto il Giuspatronato diretto del Doge e non del Patriarca di Venezia espressione del “potere Papale”.
Infatti il 1 aprile 1631, fu Monsignor Gasparo Lonigo Vicario della Basilica Dogale di San Marco e “dipendente dello Stato Serenissimo”nel suo Ufficio dei Consultori in Iure, e non il Patriarca-Vescovo di Veneziaad officiare la “Messa Bassa (non solenne) della Beatissima Vergine” il giorno della pubblica cerimonia della “posa della prima pietra” del nuovo Tempio della Salute. A posta non lo vollero chiamare “chiesa della Salute” ma “Tempio”, quasi con un“sapore” più laico e distante, alternativo al solito vocabolario tradizionale.
Tra le righe emergeva quindi quella raffinata polemica in corso tra Chiesa di Roma Papalina e Chiesa Nazionale Veneziana che rivendicava autonomia ed esprimeva una sua libera fisionomia.
A dimostrazione e conferma di tutto questo, non fu mera coincidenza il fatto che l’Ordine Religioso a cui si affidò la cura e l’officiatura del nuovo Tempio Cittadino della Salute, fu l’Ordine più inviso al Papa e per questo più valorizzato da Venezia: la Congregazione dei Padri Somaschi, scelta mettendo da parte i Padri Gesuiti sfacciatamente “creature del Papa di Roma”dalle quali la Serenissima voleva apertamente tenersi distante.
Il Senato di Venezia, inoltre, scegliendo i Padri Somaschi preferì un Ordine Religioso Regolare al posto dei Preti Secolari guidati dal Patriarca, il rappresentante ufficiale della Cristianità Ecclesiastica in Laguna. E sempre agli stessi Padri Somaschi, da quel momento in poi la Serenissima affidò la cura e la formazione dei propri figli, e perfino dei futuri Sacerdoti del Seminario Dogale estromettendo da quel compito ancora gli stessi Padri Gesuiti che fino ad allora erano considerati “una garanzia”. La Serenissima, insomma, voleva agire lavorando “di fino” ... era permalosa e suscettibile, per non dire vendicativa nei confronti del Papa di Roma … e non aveva alcun problema ad ammetterlo pubblicamente.
E non fu tutto … perché nell’intenzione della Serenissima il Tempio della Salute doveva diventare anche il Pantheon Cittadino della Religione Nazionale Veneziana. Non è stato un caso, ad esempio, se per adornare la Basilica si è scelto di collocare tutta una serie di statue di “Santi prettamente e solamente Veneziani”.
Sono quei dettagli che a volte non si notano non essendole a conoscenza … ma ai lati dell’Altare Maggioredella Salute dove si collocò nel 1670 la Madonna Nera Odigitria proveniente dalla cattedrale di San Tito di Candiao Creta(frutto d’impresa e razzia guerresca, e di Vittoria della Serenissima), ci posero i due possenti San Marco Evangelista e San Lorenzo Giustiniani ossia “due Veneziani d.o.c.”: il “Santo dei Santi” tutto Veneziano, l’Evangelista del Leone Marcianoraffigurante Venezia stessa, e il primo Patriarca di Venezia: un’autorità Religiosa di gran prestigio che in pochi potevano esibire al mondo (i Patriarchi in tutto il mondo sono solo 5).
Seguendo la stessa linea di pensiero, in giro per il Tempio della Salute, oltre alle statue “un po’ dovute” di San Rocco, San Gregorio Taumaturgo e San Sebastiano: Santi Protettori tradizionali contro la Peste, i Veneziani fecero collocare la statua di San Teodoro Protettore della Libertà Adriatica e antico Primo Protettore di Venezia(prima che la Serenissima adottasse San Marco). San Teodoro poi era un Santo Bizzantino-Ravennate … fisionomia “indipendente”dall’influsso Romano. Si posero inoltre nella Salute le statue di San Gregorio Magno e San Carlo Borromeo: Santi importanti per la loro volontà di rinnovamento e riforma, e aperti contestatori del “modo classico” d’interpretare lo Status Ecclesiastico. Sul timpano della facciata principale si posero statue di tre Nobili Santi Veneti: ancora il Beato Lorenzo Giustiniani, e San Gerardo Sagredo con Gerolamo Emiliani fondatore dell’Ordine dei Padri Somaschi di cui vi dicevo prima, ossia “l’alternativa ai Gesuiti Papali”.
Nel 1644 a causa della Guerra contro il Turco per il possesso dell’isola di Candia avvenne un tiepido riavvicinamento col Papato, utile a rimpolpare con le sue navi e i suoi soldi la flottiglia Veneta … Ogni cosa però ha un suo prezzo.
Nel gennaio 1657, dopo un significativo “caldeggiamento Papale”, con “pubblico decreto Serenissimo” i Padri Gesuiti rientrarono a Venezia dopo la loro espulsione degli anni dell’Interdetto … e si misero momentaneamente da parte le diatribe teologico-politiche ... Infatti, i lavori per la costruzione del “rivoluzionario” Tempio della Salute subirono una lunga interruzione fino al 1656 … ma sarà stato un caso, una mera coincidenza.
I Veneziani inizialmente intendevano mantenere “libero”il Tempio della Salute di Venezia da tutte le solite connivenze e “Privilegia Papali”. I “Consultori in Iure” della Serenissima avevano vietato l’utilizzo e l’applicazione delle solite Indulgenze Papali dentro al Tempio Pubblico Cittadino. Ma in quel clima di“rasserenamento politico”, lo Stato ritenne più utile rivedere le proprie posizioni mettendo momentaneamente da parte alcune sue“convinzioni dottrinali troppo spinte”… Fu di certo un errore.
Infatti nel 1657, i “Deputati sopra la Fabrica della Salute”fecero presente che la “chiesa” era completamente sguarnita di “Privilegi Spirituali Romani” perchè “nel Tempio s’eccitata la pura Devotione del Popolo”.I tradizionalisti Cattolici e tutta la schiera dei Nobili filo Papali affermarono apertamente che era un peccato essere privi di tutti quei “meriti salvifici concedibili dal Pontefice”. Perciò fecero intendere e suggerirono di “chiedere a Roma” che la “Chiesa della Salute”(non il “Tempio Pubblico della Salute”) fosse dotata di almeno tre tipi d’Indulgenze irrinunciabili.
Serviva almeno una “buona Indulgenza Perpetua per i Defunti”da collocare presso l’Altare di Sant’Antonio… Serviva anche un altrettanto buona “Aggregazione ai Sette Altari della chiesa della Salute alle Sette Chiese di Roma” in modo che avessero gli stessi Privilegi … Occorreva anche almeno un’altra “Indulgenza Plenaria Perpetua”da lucrare nelle Festività Mariane da parte di chi visitava devotamente e con i dovuti gesti “la chiesa della Madonna della Salute in Venezia”.
Roma non si fece affatto pregare, e prendendo volentieri il “controllo della situazione della chiesa della Salute in Venezia” concesse presto appositi “Brevi Pontifici” con le tante agognate e implorate e preziose Indulgenze.
Non tutti i Veneziani furono felici di quella scelta “pro Roma” che accantonava di fatto l’Idea Religiosa Veneziana che accompagnava la nascita del Tempio della Salute. Nel dicembre 1657, infatti, il Nobile Consultore Francesco Emo parecchio agitato e “senza peli sulla lingua” avvertì che i “Brevi Pontifici” non erano affatto conformi ai Decreti del Senato Serenissimo: “… la Corte di Roma mai tralascia o aggiunge clausole nei suoi Brevi che non sii per qualche suo avantaggio o per qualche suo fine ...”. Non andava giù a tutti la scelta fatta dalla Serenissima Repubblica di raccordarsi col Pontefice di Roma … Ma c’era un’altra corrente di Nobili, che viceversa, era entusiasta di quel nuovo stretto legame intercorso col Papa. Nel gennaio seguente, infatti, i Nobili: Gasparo Lonigo, Alvise Valle e Giovanni Pietro Bortoletti si espressero contro il Nobile Emo producendo alla Serenissima un “controconsulto” dal tono del tutto opposto. Praticamente dissero e conclusero: “… pur laudando il molto zelo di Francesco Emo verso la Pubblica Dignità, non crediamo che per li detti motivi debba restar dall’admission di detti Brevi Papali” ...Il Senato, visti i numeri, alla fine approvò le Indulgenze collegate alla chiesa della Salute e alla celebrazione dei riti in essa. E con quella decisione tramontò del tutto “Il sogno Veneziano di una chiesa Nazionale”autonoma da Roma.
Come sempre a Venezia “l’utilità Pubblica” finiva col prevalere sul sentimento privato … L’animo commerciale, mercantile ed economico dei Veneziani legato all’opportunità sapeva vincere sempre … costasse quel che costasse.
Comunque, in quello che doveva essere il Tempio della Salute di tutti i Veneziani, impelagato, invece, nelle “solite manie e gestioni dello stile romano” ci fu un ultimo “squillo d’orgoglio dello Stato Serenissimo”rappresentato sui marmi interni della Basilica. Su ciascuno dei sei altari laterali interni che sostituirono l’iniziale Tempio spoglio e nudo, vennero rappresentate, elencate e scolpite elegantemente: tutte le “Virtù del Buon Governo” ossia quelle che si riteneva dover essere “le Doti della Serenissima Repubblica”,quasi si volesse imprimere indelebilmente sui muri e sulla pietra “il volto”che possedeva e sapeva mostrare Venezia.
A poco valeva la spiegazione che dava una buona parte dei Veneziani dicendo che quelle realizzate sulla pietra erano “Le doti della Madonna”… Lì, invece, s’intendeva parlare di Venezia e del suo Governo Serenissimo. Ma era forse come “un ultimo canto del cigno”.
Entrando da destra in chiesa si può ancora oggi osservare:
__ Sull’altare della “Natività della Vergine”: le allegorie della “Castità”, “Secretezza”, “Sapienza” e “Carità”.
__ Sull’altare dell’ “Assunzione della Vergine”: le allegorie della “Misericordia clemente”, “Giustizia”, “Speranza” e “Salute”.
__Sull’altare della “Presentazione al Tempio della Vergine”: le allegorie della “Provvidenza e Abbondanza”, “Meditazione”, “Salubrità dell’aria” e “Speranza nelle fatiche”.
(osservando, invece, a sinistra entrando):
__Sull’altare dell’ “Annunciazione della Vergine”: le allegorie della “Gloria”, “Innocenza”, “Benignità” e “Vittoria sul Male”.
__Sull’altare di “Sant’Antonio da Padova”: le allegorie della “Clemenza”, “Fede nascosta”, “Pudicizia” e “Fede manifesta”.
__Sull’altare della “Discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli e sulla Vergine”: le allegorie della “Scienza”, “Intelletto”, “Consiglio”e “Fortezza”.
Mettendo però da parte la contrapposizione fra Venezia e il Papa, ascoltate, al di là di tutte le diatribe e di tutto l’arido discutere meramente cerebrale, quale fu il sentimento del Doge Nicolò Contarini al momento della necessità dei Veneziani, al culmine della gravissima crisi causata dall’inesorabile realtà della Peste, e al momento d’esprimere il coraggioso Voto Pubblico rivolto alla Madonna:
Esistono alcune bellissime descrizioni che raccontano nel dettaglio il clima che si era creato nella Basilica di San Marco in prossimità della pronuncia solenne di quel “Voto”della Serenissima verso la Madonna della Salute nel tentativo ultimo di far cessare la Peste. Ne scelgo una: “Alla fine di ottobre 1630, la Basilica era stipata all’inverosimile, ma non era un giorno di festa: lo dicevano i tanti volti stanchi ed emaciati, gli occhi rossi e gli sguardi tristi e perduti. No, non era un giorno di festa: nemmeno l’antico profumo d’incenso riusciva a coprire l’odore che stagnava per le strade, un odore orribile, odore di morte, l’odore della Peste. “Il Gran Contagio” aveva steso il suo manto nero sulla città di Venezia e l’aveva messa in ginocchio: se cinquant’anni prima la gente aveva cercato di lottare con le unghie e con i denti per sopravvivere, questa volta era subentrato un senso d’impotenza, una triste rassegnazione che, al pari del morbo, aveva contagiato tutti. La medicina aveva fallito e, allora, non era rimasto che rifugiarsi nelle preghiere e nelle processioni. Eppure, nonostante ciò, le barche dei Pizzegamorti partivano ogni sera colme all’inverosimile, per portare il loro triste carico al Lido.
Il senso di impotenza era giunto fino in Palazzo Ducale, dove il Senato aveva deciso d’intervenire annunciando un voto solenne alla Madonna per implorarla di fermare un tale flagello; e ora il Doge sarebbe venuto lì, a San Marco davanti al Popolo nel luogo più sacro di Venezia, per impegnarsi a costruire e dedicare alla Vergine Maria della Salute un Tempio degno e grandioso qualora avesse ascoltato la loro supplica e avesse fatto cessare il morbo.
Quel giorno di fine ottobre la temperatura era ancora mite, eppure dentro la Basilica c’era il gelo, un gelo che penetrava nelle ossa, come capita a chi non sa se riuscirà a vedere il giorno successivo.
Il lontano rullio di tamburi fu accolto da un generale brusio: era il segno che il Doge stava arrivando ma, a mano a mano che il suono si faceva più forte, come per uno strano contrappasso la folla si zittiva, finché non tacque del tutto ... Nicolò Contarini, seguito dalla Signoria, entrò in Basilica e dall’alto delle cantorie si levò un coro soave che pareva rimbalzare tra l’oro dei mosaici ma, nonostante il rilucere di mille candele, l’atmosfera restava mesta.
Il Serenissimo camminava lento, con passo malfermo, anche se cercava di mantenere alta la propria dignità. Per chi lo conosceva, in quegli ultimi mesi pareva invecchiato di cent’anni.
Quando il corteo raggiunse l’Altare Maggiore, il Patriarca li accolse e ciascuno prese il proprio posto. In quel momento i canti cessarono e la chiesa piombò nel silenzio più totale. Con uno sforzo evidente il Doge si alzò e, dopo essersi inginocchiato, si levò il corno ducale e lo posò ai piedi della Croce. Cercò di alzarsi ma sentì che le gambe gli cedevano; subito uno dei Consiglieri fece l’atto di avvicinarsi per aiutarlo, ma gli bastò uno sguardo per fermarlo. Infine riuscì a risollevarsi e, con passo lento, salì i gradini della tribuna di porfido. Giunto alla sommità, tentò di parlare ma l’emozione gli fece morire le parole in gola; allora rimase così, immobile, con gli occhi serrati sui suoi pensieri, chinando il capo. Quando infine li riaprì, il suo sguardo era limpido, anche se gli occhi erano arrossati. Diede un profondo respiro e poi, alzando gli occhi al Cielo, cominciò a recitare il solenne voto:
Ed ecco il commovente testo originale del voto pronunciato quella volta dal Doge: “Ave stella del mare, donna delle vittorie, mediatrice di salute e di grazia. Vedi ai tuoi piedi prostrato un afflitto popolo fatto bersaglio al flagello della divina giustizia. La guerra, la pestilenza, la fame, con orribile lotta si disputano a vicenda fra loro le vittime e tutte su noi vogliono trionfo di desolazione, di morte. Mira come i nostri aspetti sparuti dal disagio, lividi dalla malattia, consunti dalle afflizioni, sporgono sotto la pelle le ossa spogliate: vedi come i nostri passi vacillano, come si dilegua il coraggio della nazione estinguendosi il rampollo di tante illustri famiglie. Saran dunque perduti i monumenti delle nostre imprese? saranno inutili le conquiste fatte in tuo nome? diverranno deserti, solinghi questi edifizi, magnifici testimoni del consiglio e del valore dei nostri padri? Quei nemici, che a noi son tali, perché son tuoi nemici, esulteranno del nostro pianto, sovrasteranno alla nostra debolezza, e i nostri petti, non più riscaldati col sangue di tanti prodi, deboli scudi diverranno per opporsi ai progressi dei loro attentati? Vergine Madre se nel tuo nome venne fondata questa patria, se i nostri cuori furono sempre a te devoti, se tante prove ci desti di patrocinio, di protezione, deh! esaudisci le nostre preci, ricevi le supplicazioni di un popolo sofferente. Siamo peccatori, è vero, e perciò a Te ricorriamo, come a nostro rifugio; prega per noi il Divin tuo Figliuolo, faccia salvi gli eletti suoi, scacci, allontani, annìchili, estirpi la tremenda lue, che contamina le nostre vene, che miete tante vite, che desola i servi tuoi: al lampo benefico della tua grazia l’anima nostra commossa intonerà l’inno di laudazione, e col coro de’ celesti confesseremo le glorie Tue ed il santo nome di Dio. Ricevi l’umile offerta di un tempio, sulle vaste pareti del quale vogliamo che i secoli avvenire scorgano impressi i tratti della nostra religione, e dove i successori nostri ed i posteri perpetuamente tributeranno annui rendimenti di grazie a Te ausiliatrice ed avvocata di questa repubblica.”
Miracolo o no che sia stato … Il morbo della Peste nel 1631 si dileguò, e i Veneziani vollero mantenere e adempiere fino in fondo alla loro promessa. S’iniziò col fabbricare innanzitutto una grande chiesa provvisoria di legno, poi si atterrò il Monastero e la chiesa della Santissima Trinità, e su disegno del Longhena s’iniziò a costruire il magnifico Tempio che ben conosciamo. Baldassare Longhena pensò l’Altare Maggiore come una specie di grande palcoscenico sopraelevato dove si celebrava sotto a un “Arco Trionfale” la “Gloria della Madonna e della Serenissima liberata dalla Peste”. Per far questo si portarono dentro alla chiesa dall’Anfiteatro Romano di Pola quattro possenti colonne (talmente grosse da non riuscire ad abbracciarle). La balaustra a colonnine in marmo che lo racchiude oggi all’inizio non c’era: l’altare era come oggi il giorno della Festa: uno spazio aperto e accessibile a tutti. Solo in occasione dell’ennesima Peste del 1831 si è posto come ex voto il cancelletto in ferro battuto visibile oggi.
Esistono altre curiosità sulla Madonna della Salute… e vado avanti a raccontarvele contando sulla vostra pazienza e curiosità … L’icona della Madonna Nera posta sull’Altare Maggiore è un po’ “double face”, perché vista nelle sue diverse versioni chiara e scura è molto diversa, anche se in realtà è sempre la stessa. E’ come una donna col trucco o senza trucco: acqua e sapone e con uno sguardo penetrante e misterioso quando si considera l’originale … E’, invece, addobbata, ricca e splendida, truccatissima come una pomposa Nobile Matrona Veneziana quando è tutta ricoperta d’argento e soprattutto degli “Ori” e dalle “Corone”del giorno della Festa.
Più di qualche volta è toccato proprio a me per qualche anno salire fino in faccia alla Madonna Nera per abbellirla e ingioiellarla nella Vigilia della Festa della Salute. Ho sovrapposto diverse volte io con le mie mani: i gioielli e le corone voluti e donati da generazioni e generazioni di Veneziani ricchi e poveri, e rimessi insieme nel recente 1922 raccogliendo i pochi resti lasciati dall’avido napoleon deturpatore. Sarò forse nostalgico e sentimentale … ma per me è stato un grande onore.
Infine arrivava finalmente e di nuovo il tanto atteso e preparato “Giorno della Festa” ... S’iniziava ai miei tempi con l’aprire il chiesone già alle cinque del mattino: “per andare incontro a chi deve recarsi a lavorare” mi spiegava il solito Rettore Don Giuliano… Di conseguenza per far questo ci si doveva alzare allora alle tre della notte per poter preparare tutto e aprire “i battenti” a quell’ora così mattutina. Per anni sono stato il primo ad aprire il grande portone della Basilica il giorno della Festa, e l’ultimo a richiuderlo alla sera, alla fine della stessa intensa giornata ... con un vago senso di soddisfazione dentro.
Quando andavo ad aprire sferragliando e col mazzo di grosse chiavi tintinnanti “come quelle di San Piero”, fuori in strada dietro al portone ancora chiuso c’erano già alcuni Veneziani in attesa. Ogni anno quando aprivo, accadeva una curiosissima scena: una specie di vera e propria e insolita “gara” per vedere chi arrivava prima di tutta la città ad offrire la prima candela, il primo omaggio alla Madonna.
Non ci crederete forse, ma per molti anni “vinse” sempre lo stesso grosso Fornaio che arrancando sempre più di anno in anno sopra i suoi esuberanti chili precedeva sempre tutti quasi correndo lungo la chiesa per offrire il suo prezioso “mòccolo per la Madonna”. Ricordo ancora come fosse ieri, il suo sorriso sdentato di soddisfazione quando giungeva “primo” davanti all’altare, e vedeva la sua candela venire accesa “per prima”.
“Anche quest’anno sèmo qua …” ripeteva, “Ghe a gavèmo fatta anca sta volta a venìr dàea Madonna …” quasi mi commuove ancora dopo tanti anni la visione di quel personaggio che s’affaccia nella mia mente in tutta la sua genuina semplicità. Chissà se vive ancora ?
A poco serviva sempre la “rincorsa e l’inseguimento” che per diversi anni metteva in atto una vecchierella smilza e consumata vestita ordinariamente e con un grosso fazzolettone fiorito in testa. Non c’era storia: vinceva sempre lui e di un gran bel pezzo di chiesa in sopravanzo. Mi faceva tenerezza anche quella vecchierella ansimante che inevitabilmente ogni anno arrivava seconda o terza o quarta. Qualche minuto dopo aver raggiunto l’altare della Madonna, si apriva ogni volta in un contenuto pianto silenzioso dopo aver mormorato chissà quali sue pene segrete.
Anno dopo anno osservavo sempre quei personaggi, ormai quasi li conoscevo di persona perchè erano quasi sempre gli stessi … Mi dispiacque non poco qualche anno dopo, quando con meraviglia non ho più visto presentarsi “ai blocchi di partenza” la vecchierella ... Forse lì dov’era non serviva più correre “per raggiungere” la sua Madonna con cui confidarsi.
Poi partiva la fiumana progressiva della gente, sempre più numerosa e riempente con una vera e propria valanga di omaggi, offerte di ceri, preghiere, elemosine, confessioni, acquisti e tanto altro … Mi servirebbe un libro intero per raccontare tutto … Davanti all’altare via via s’accendeva una vera e propria montagna di candele votive, che occupava per tutto il giorno una truppa di giovanissimi Seminaristi e volontari nel gestirla e “domarla” cercando ogni volta di evitare le possibilità d’incendio … (più di qualche volta è accaduto che “la rosticceria” davanti all’altare, come la chiamavamo noi scherzando, andasse a fuoco. Ma si è sempre riusciti prontamente a “domarla” prima che accadessero veri e propri danni). Non si sapeva mai … C’era sempre qualche sprovveduto che nella calca accendeva in qualche angolo delle candele accanto a cose infiammabili, tovaglie d’altari, panche e cose del genere … andandosene poi via. Per fortuna dentro o nei pressi della chiesa c’era sempre “in agguato” una provvidenziale squadra dei vispi e attenti Pompieri Veneziani.
Dovete sapere ancora, che le candele comprate dalle bancarelle in strada, a volte anche a caro prezzo, erano sempre di pessima qualità. Appena s’accendevano si piegavano, frigolavano puzzose e fumose, e a volte si scioglievano malamente “per lungo” prima ancora di consumarsi ... Era un casino, con tutto che sgocciolava malamente, si contorceva e scioglieva colando da una parte e dell’altra e scottandoti le mani.
“E’ cera scadente da quattro soldi” commentava il Rettore, “Neanche degna della Madonna”brontolava.
“Per la Madonna servirebbero sempre candele di cera finissima … non questi ceri ordinari di bassa specie come “le candele gialle dei soldati coi baffi “di copecchio” che le mettevano sugli altari Lombardi ai tempi della Peste …”chiosava un vecchio Monsignore nostalgico e acculturatissimo. I Preti nel loro mondo e a loro modo, hanno sempre avuto una certa “raffinatezza”.
Fuori in strada infatti, c’erano personaggi pittoreschi che vendevano quelle candelette “a tre per un soldo” gridando fin dall’antichità di un tempo alla folla dei fedeli che accorrevano al Tempio della Salute… “Tre candelette mille lire” gridava, invece, ogni anno una stessa donna infagottata dentro a mille stracci con un passamontagna consunto in testa tre taglie più grandi del necessario, un paio di guanti dalle dita tagliate, e un grembiulone addosso con una tasca davanti traboccante di monetine.
“Candelette per la Madonna !”urlava quasi come un’ossessa.
“Candelette per la Madonna !”urlava arringando la folla e cercando di battere in velocità e intraprendenza la concorrenza delle altre “bancarelle candelore”. E siccome a volte secondo lei il suo tono perentorio non era sufficiente, allora si azzardava ad avvicinare i passanti a volte prendendoli anche vigorosamente per un braccio: “Giovane ! … Vien da mì ! .. Guarda qua ! … Una candeletta per la Madonna ! … Compra la candela da mi … che la Madonna te benedirà i studi !”
“Paròna ! … Paròna … Siòra bella … A vègna qua ! … Ghe fasso un bon prèssso … La candeletta par la Madonna che a ghe daga una bona gràssia !”… e avanti così per tutte e tre le giornate della Festa. Niente da invidiare a quel che succedeva ogni giorno nel febbrile Mercato o nella Pescheria ed Erbaria di Rialto.
“ ‘na cannn – deeeetta !” gridava, invece, facendole spietata concorrenza un giovane alto e smilzo, allampanato, dritto e secco come un palo, anteponendosi alla donna sui gradini del Ponte della Salute per provare a “fregarle i clienti”. Non posso riferirvi che cosa la donna gli gridava addosso quando al giovane riusciva d’accalappiarle i clienti.
Posso aggiungere che i Preti della Salute da parte loro erano dei “buongustai”.“Non posso mettere tutto l’anno sull’altare della Madonna queste candelacce unte e storte …” mi spiegava il solito Rettore, “Per la Madonna serve sempre il meglio del meglio.” ribadiva più e più volte il concetto.
Perciò durante tutta la Festa gran parte delle candele offerte venivano accese solo qualche attimo, o neanche, e poi infilate dentro a rozzi cassoni trascinati faticosamente e pesantemente a braccia fin sotto alla chiesa della Salute, dove c’era e c’è un “magazzino delle Candele” che si riempiva ogni anno fino al soffitto. Per dare concretezza al “buongusto liturgico dei Preti” ogni anno serviva qualcuno che per ore su ore, giorni su giorni, dopo i giorni della Festa rimanesse lì, sotto terra, a tagliare, sminuzzare e insaccare quella “montagna di cera” che veniva poi spedita a una cereria di Marghera o Udine in cambio di una fornitura di “cera buona e candida di prima qualità” che finiva puntualmente con l’ardere sull’altare della Madonna. Il “mondo Preteresco” aveva le sue sensibilità estetiche che forse oggi non esistono più. I Preti di oggi, infatti, s’accontentano d’accendere più comodi lumini elettrici davanti ai loro Santi, Santissimi e Madonne di sempre ... è “un sapore” del tutto diverso… Ve lo dice uno che ha insaccato centinaia di quintali di candele dopo averle minuziosamente tagliate e frantumate (che fatica eterna !).
Il clou della giornata della Festa della Salute accadeva a metà mattinata, quando c’era il così detto “Pontificale”, ossia convenivano alla Salute le autorità cittadine insieme al Patriarca. Arrivavano solennemente tutti insieme in una lunga Processione che partiva dalla chiesa della Madonna del Giglio al di là del Canal Grande. Attraversavano sfilando, pregando e cantando il Ponte Votivo fino a San Gregorio, poi sfociavano nel Campo della Salute ed entravano solennemente in chiesa con una fila lunghissima che giungeva fin dentro al Tempio Votivo in mezzo a un doppio muro di fedeli parte per parte, dove si celebrava un “Solennissimo Messone”. Noi “addetti ai lavori”facevamo acrobazie, magie, e quasi piccoli miracoli per riuscire ad allestire in pochi minuti tutti gli addobbi e i posti necessari ad ospitare tutta quelle persone illustri che giungevano tutti bardati e “in pompa magna”.
A caratterizzare bellamente quel lungo corteo votivo c’era la presenza dei Preti delle antichissime IX Congregazioni del Clero Cittadinocon le loro preziosissime stole colorate e ricamate, così come c’erano le rappresentanze di tutte le antiche Schole Grandi con relativi gonfaloni e Guardianie Confratelli al seguito. In mezzo alle file gremite da fedeli e Religiosi di ogni sorta, e davanti al Patriarca sfilava anche il Sindaco di Venezia, anche lui col vestito buono e la fascia tricolore, anticipato dal sontuoso Gonfalone di San Marco portato solennissimamente e con gran sussiego da due Vigili Urbani vestiti in divisa d’onore … Si ripeteva in un certo senso quell’omaggio di Venezia alla Madonna iniziato nel lontano 1630 ... e il corteo entrava nella Basilica intasata dai Veneziani che altro non erano che i discendenti di quelli appestati d’allora, affetti oggi forse da “pesti e desideri diversi”, che spesso venivano rigorosamente tenuti celati dentro al cuore di ciascuno ... Sapeste quante ne ho sentite … “di tutti i colori”… soffermandomi in seguito a “confessare” i Veneziani presenti alla Salute.
La “Salute” di ciascuno, infatti, possiede significati e sfumature che neanche immaginiamo.
Però dovete sapere ancora, che la Festa della Salute era per noi, per me, il capolinea di un lungo e faticoso mese di lavoro di preparazione. Già ai primi di novembre di ogni anno, mettendo da parte quasi del tutto l’impegno dello studio, (in quel mese prendevo di quei votacci a scuola perché non studiavo a sufficienza, né riuscivo a completare i compiti e gli esercizi dati per casa. Mi serviva l’intero mezzo anno scolastico seguente per porvi rimedio). S’iniziava a lucidare lampade, rivestire le colonne degli altari, lucidare i pavimenti, e spolverare e ripulire tutto … In cima a lunghe scale vecchie e traballanti, ci s’arrampicava a pulire le due serie di 5 lampade votivependule di cristallo colorato azzurro-violaceo poste a semicerchio parte per parte dell’Altare Maggiore create da Renato Renosto e offerte dai Veneziani nel 1945 insieme alle quattro lampade di bronzo come ringraziamento della Protezione sulla città della Madonna durante le due Guerre Mondiali … Erano difficilissime da pulire dal fumo delle sottostanti candele che le abbrunivano del tutto … Ho ancora vivo il ricordo di quando rimanevo ore su ore appollaiato a cavalcioni in cima a quelle scale “aperte a libro” con quelle lampadone sguscianti, bisunte, appiccicose e ondeggianti sul loro lungo filo metallico lunghissimo che saliva in alto fino al ballatoio della Cupola Piccola, e non volevano saperne di tornare a luccicare pulite.
Come un ragno o un gatto m’arrampicavo per pomeriggi interi fino in cima alle colonne degli altari per collocare addobbi, issare candelotti, e rivestire marmi e paraste.
“Ma dove sei finito ? Non ti si vede più in giro … neanche a giocare al pallone …”mi redarguivano i miei fidi amici-compagni. “Trascorri pomeriggi interi a traffegàr con ste stràsse ... invece di star su a studiare e poi venire a giocare ... Non c’è nessun altro che faccia queste cose al posto tuo ?”aggiungevano. Non c’era nessuno, infatti, e io mi sentivo nell’obbligo di farlo … anche perché c’era di mezzo la mia riconoscenza per chi mi pagava la retta scolastica degli studi nel Seminario. Servire nella chiesa della Salute, era un modo di contraccambiare … e il Rettore questo lo sapeva bene.
“Venite ad aiutarmi invece !”rispondevo … e qualche volta succedeva che s’aggregassero brevemente aiutandomi nelle mie “grandi manovre polverose” ... Fra tutti gli altari che lavavo, pulivo, e infiocchettavo (che faticaccia lavare un altare di marmo: non si è mai finito), ce n’era uno che mi era più simpatico degli altri, e ogni volta mi faceva sorridere quando posavo lo sguardo sopra la sua pala dipinta da Tiziano. Era quello della “Discesa dello Spirito Santo”(quello vicino all’Altare Maggiore sulla sinistra).
Ridevo ogni volta ripensando alla storia curiosa di quel dipinto ... Come vi dicevo, inizialmente il Tempio della Salute era spoglio, con pochi arredi e senza dipinti né opere d’arte alle pareti … Lo Stato lo voleva così, così come voleva decidere e provvedere a tutto lui in assoluta esclusiva … Solo che erano trascorsi anni e la grande chiesa era ancora a mura disadorne e vuote.
Accadde perciò a un certo punto storico, che dopo le continue proteste al riguardo dei Padri Somaschi e del Clero Veneziano, la Serenissima si decidesse finalmente a provare in qualche modo ad arricchire maggiormente di arredi il grande Tempio della Salute. Lo fece destinando alla Basilica tutti gli arredi e i dipinti appartenenti al Monastero dei Canonici Regolari di Santo Spirito in isola che erano stati di recente soppressi e sfrattati. Un tempo i Canonici Regolari erano stati ricchi e potenti, e la loro isola con chiesa e Convento erano rimasti addobbatissimi e decoratissimi, anche se l’isola era ormai da tempo quasi deserta e lasciata a se stessa, ridotta a pochi e vecchi Canonici … Era un vero peccato … Perciò il Senatodecretò che tutto venisse spostato e traslocato nella chiesa della Salute.
Al Tempio della Salutequindi pervenne d’un colpo solo una dovizia d’opere d’Arte e oggetti preziosi che riuscirono a rifornirla adeguatamente di tutto quanto ancora le mancava. Dalla remota Isola di Santo Spirito arrivò, ad esempio, il bellissimo Coro ligneo intarsiato con 25 stalli superiori e 15 inferiori che occupa ancora oggi il retro dell’Altare Maggiore: un capolavoro stupendo, bellissimo !
“Dove andate a fanulloneggiare in giro ? … Andate piuttosto a spolverare gli stalli del Coro.”ci ripeteva spesso il solito RettoreDon Giuliano notandoci secondo lui “non sufficientemente operosi”(sapeste quante ore su ore ho trascorso a spolverare e lucidare pezzo per pezzo, scanno dopo scanno quel benedetto Coro … con infinita santa pazienza … che spesso non possedevo).
Se andrete a leggere l’ “Inventario delle argenterie e suppellettili sacre, erano dilla chiesa di Santo Spirito, consignati alli Padri Somaschi in esecuzione della parte dell’Eccelentissimo Senato … per servitio dilla chiesa dilla Maria dilla Salute”(redatto il 25 ginnario 1657 more veneto),troverete che oltre al Coro“col suo littorìn grando di noghera per il servizio del Coro …e due libri grandi di cartapecora, servono per gli Uffici e il canto nel Coro” pervennero alla chiesa della Salute: “… una ditta piccola da once d’argento 52 … un catino d’argento con una brocca da once 76,2 … quattro calici d’argento con sui piatini da once 68 … un cembalo d’argento con sui manicillo da once 63 … una pisside dorata … un vaso con sui bassillo … due candelieri di bronzo bassi … un campanil triamgolare di bronzo …un candeliere piccolo chiamato “la bugia” … una patina di rame dorato con un piede di calice … tre Reliquiari piccoli … un bicchiere con un coperchio di cristallo … un sepolcro dorato con la sua cassa … sei candelieri di bronzo grandi lavorati … un dito di bronzo grande con figure, con suo piedistal di marmo fino nero … un tabernacolo di latòn dorato con cristalli di montagna et altri pietre con la sua Croce sempre del medesimo cristallo … una campana piccola serviva per il Refettorio … una cassilla serrata con cristalli con Reliquie, dilli quali non si trovò alcune notizie … fra cui “una birrittina e una manega di color paonazzo tarmada con bollittino che sia questa la manega del Beato Lorenzo Giustiniani Primo Patriarca di Vinezia”… e sei candelieri d’argento grandi, e due piccoli … una lampada d’argento … e un’altra Croce d’argento dorato con figuri e cristalli con sua cassa … e tovaglie e tovagliette e biancherie da chiesa, camici, cotte, tele per coprir altari … un’ombrella paonazza con oro … un orologio con sua campana e sei piezzi di bronzo … quattro angeli di bronzo, due mezzani e due piccoli … due armeri di circa 10 braccia in circa … un ditto di braccia 5 per tenere argenti … tre campane del campanil con sue corde e tamagoni la maggior parte delle quali è rotta … una pila dell’acqua santa di marmo fino, col “Mosè” di mano del Sansovino … due tavolini ottagono e quadrato di marmo bianco e rosso di Verona …”
L’Inventario degli oggetti continuerebbe lunghissimo: una quarantina di abiti e paramenti liturgici lavoratissimi, e piviali di tutti i colori “di tabìn, velluto, cambelotto, ormesin, seta e razzetto d’oro”, “cossìni”(cuscini) e finimenti, cordoni e fiocchi “per cataletto”, “razzi di seta”, “soprarizzi d’oro”, preziosi damaschi, “firandine nere”, “copertini in lametta d’arsento”… e infine: le opere d’Arte, i 13 dipinti preziosi: “… Una pala piccola con “San Marco nel mezzo, San Sebastiano e San Rocco da una parte et San Cosmo et Damian dall’altra di mano del Tiziano (la pala eseguita nel 1510 da Tiziano ha fatto tutto il giro degli altari della chiesa della Salute prima d’essere collocata definitivamente sull’altarolo della Sacrestia) … Quatto quadri erano nella Sacrestia dei Canonici, cioè: un “San Sebastian” di mano antica, una Madonna in quadro piccolo col Beato Santo Iseppo e Santi di quattro quarti incirca … un “San Paolo” in mezza figura in quadro di quarti tri d’altezza in circa … una “testa di Santo” in quadro … undici quadri, erano nel soffitto dilla chiesa di mano di Tiziano, cioè: un “Davide col gigante Golia”, uno col “Sacrificio d’Abramo” … quattro quadri di tela longhi, cioè: “delli Profeti: Sanson, Giona, Melchisedech et Giosuè” …(e tutti gli altri: la lista è lunga e dettagliata)… tutti di mano del Salviati …” ripartiti tutti in Sacrestia … Inoltre furono consignate tutte le tavole di noghera, barili e botti, erano nel ditto Refettorio …”
Seguì all’inventario la ricevuta in data 21 maggio 1660 firmata dal Padre Enrico Passi Preposito dei Padri Somaschi.
Fra tutto questo “ben di Dio”, non l’ho ommesso, ma c’era anche: “… una pala dil Spirito Santo, era nell’Altar Maggiore, di mano del Tiziano”. Era a questo dipinto posto sull’altare dello Spirito Santo della Salute che mi riferivo prima …
Dovete sapere che quella pala d’altare dipinta dal Tiziano ha una sua storia curiosissima. Sembra che il già famoso pittore avesse inizialmente dipinto una tela commissionata dai Canonici dell’isola per l’altare principale della loro chiesa. Pare anche, che dopo essersi fatto pagare molto bene e averli fatti attendere parecchio, una volta collocata l’opera finita sull’altare, forse a causa della forte umidità dell’isola, e dell’aria salmastra della Laguna, l’opera si fosse inarcata tutta e riempita di bolle e crepe fino a scrostarsi perdendo i pezzi del disegno. Ne venne fuori una denuncia alla Serenissima, e un processo contro lo stesso Tiziano con tanto di sentenza finale: nonostante il pittore avesse chiesto di giungere a un compromesso economico, venne obbligato, invece, a ridipingere “gratis” una nuova opera per i Canonici.
Le cronache Veneziane raccontano che Tiziano era furibondo, anche perché i Canonici se la ridevano soddisfatti per aver vinto la causa contro di lui … Per vendicarsi allora Tizianofece una furbata: ossia dipinse se stesso e i tutti i suoi amici pittori nei volti degli Apostoli contenuti nel nuovo dipinto che dovette realizzare per i Canonici di Santo Spirito. Immaginatevi la sorpresa dei Canonici quando scoprendo e inaugurando il nuovo quadro posto in cima al loro principale altare … furono costretti “in eterno” ad aver davanti quando celebravano supplici le loro Messe e devozioni il volto sorridente e provocatorio del pittore Tiziano. Il“Santo Apostolo Tiziano” sarebbe stato ogni mattina davanti ai loro occhi come esemplare “Modello di Santità”… e stavolta fu Tiziano a ridersela di gusto ... mentre ai Canonici a loro volta toccò d’essere di nuovo furibondi.
Ora una confidenza personale … corsi e ricorsi storici … Sapete dove ha trascorso l’intera giornata mio figlio giovedì scorso ? Indovinate un po’ ? … A lucidare le lampade della chiesa della Madonna della Salute… Credo che quel chiesone in qualche maniera sia radicato ineludibilmente dentro al mio destino e a quello della mia famiglia.
Tornando “ai tempi andati”, giunta l’imminenza della Festa, c’era un’altra “operazione di fiducia” che il Rettore della Salute mi affibbiava ogni anno da compiere. A cavallo degli anni ‘70 e ‘80 del 1900 andavo, una settimana prima della Festa, a ordinare 10.000 particole, ostie per la Comunione, presso “il laboratorio di taglio e cucito liturgico e di abiti pretereschi e suoreschi”delle Suore Giuseppine della Contrada di San Marcuola nel Sestiere di Cannaregio. Era più o meno quello il “fabbisogno” per le Comunioni che s’amministravano annualmente nella chiesa della Salute, e ogni volta accadeva che dovevamo chiedere “d’urgenza”un’integrazione di “particole” che le Suore preparavano e portavano in fretta e furia sfornando “di notte” altre 2.000-3.000 ostie che però non bastavano mai.
Nei giorni subito precedenti alla Festa si ripeteva sempre anche un appuntamento annuale con la Madonna della Salute riservato a tutte le Suore e Monache di Venezia ... (così come ce n’era un altro con tanto di Processione lungo tutta la riva delle Zattere riservato ai Parrocchiani della vicina chiesa e Parrocchia di Santa Maria del Rosario dei Gesuati di cui la Basilica stessa faceva parte giuridicamente).
Quello delle Suore di Venezia era un convergere suggestivo, variopinto e curiosissimo che si ripeteva ogni anno all’alba riempendo letteralmente gran parte della “Rotonda Piccola” del chiesone della Salute. Negli anni ‘60-‘80 del 1900 le Suore e le Monache ancora presenti a Venezia erano numerosissime. Erano una folla, una massa immensa distribuita ovunque dentro ad ogni genere di “Ente Assistenziale Veneziano”. C’erano quasi Suore a gestire ovunque per Venezia: Ospedali, Orfanatrofi, Case di Riposo per anziani o d’accoglienza per trovatelli, Asili e Scuole per l’infanzia, Carceri, Manicomi, Seminario. C’erano perfino Suore in sevizio 24 h su 2 nella casa del Patriarca.
Mi piaceva un sacco osservare di lontano quel “mondo di donne un po’ speciali”… con quel loro “modo fiero, deciso e insieme mieloso e gentile” d’essere e servire … Alla Salute ne spuntavano “di ogni sorta e di tutti i colori”… In quella ricorrenza c’era l’intero Campionario delle Suore di Venezia… ed era un “Catalogo” davvero variegato e particolare.
A volte mi sembravano tante lumache e funghi diversi fra loro usciti in un bosco dopo un temporale ... Ce n’erano di giovanissime, carine e sorridenti … e c’erano quelle vecchie e decrepite, austere, traballanti e quasi “imballate” nei loro vestitoni medioevali fuori moda, qualche volta accompagnate a braccetto … o talvolta trascinate “a braccia” dalle consorelle in maggior forma e forza fisica …
Alcune Suore erano “un po’ roste e malandate”, però non volevano mancare a quell’appuntamento con la Madonna della Salute riservato proprio a loro. Era bella quella schiera di donne, mi piaceva ogni anno rivedere quella specie di “esercito di Monache”… donne in fondo … che però come ripeteva sempre l’indimenticabile Albino Luciani: “… le Suore sono donne due volte … Assomigliano alle Api … Sanno essere generose e dolcissime, producono il Miele … Se piaci loro: ti adorano, ti coccolano, e non ti faranno mancare nulla … Ma se le disturbi o non vai loro a genio: ti pungeranno e ti detesteranno diventando assatanate e rendendoti la vita difficile !”
Aveva ragione … io posso dirlo.
Ogni anno, il giorno della Vigilia della Festa della Salutesi presentava, ormai da molti anni, una signora, o un uomo appartenente sempre a una stessa famiglia che aveva anni addietro ricevuto “una grazia” dalla Madonna della Salute. In segno di riconoscenza la famiglia s’offriva d’addobbare di fiori: rose rosa belle e profumate, l’intero “prato marmoreo” del “Gruppo della Peste” scolpito sopra l’Altare Maggiore della Salute. Quel gesto era diventato una tradizione irrinunciabile di famiglia, e generazione dopo generazione, ogni anno puntualmente arrivava quel bel omaggio che mi affrettavo a collocare in appositi vasi d’ottone lucentissimi che avevo lucidato per ore uno ad uno. Poi m’arrampicavo sopra all’altare, e andavo a porre ai piedi della “Madonna, della Peste, e della Serenissima” quel gradevole omaggio floreale ... A proposito di ex voto e gesti di riconoscenza: gli spazi fra le colonne e sulle pareti della “Rotonda Piccola” della chiesa, sono stati per secoli letteralmente coperti da un’infinità di ex voto offerti dai Veneziani … Vi sembrerà strano, ma ancora oggi i Veneziani continuano a portarne altri seppure in quantità del tutto minore (lo so per certo in quanto mio fratello lavora proprio nella chiesa della Salute).
Sotto alla Cupola Piccola sono rimasti infissi per moltissimo tempo anche certo ex voto stranissimi. C’erano, ad esempio, collocati dentro a certe cornici polverose e scure collocate in muro (fino a qualche anno fa) perfino “le code dei cavalli” che i Veneziani avevano razziato e vinto rubandoli ai Turchi portandole a Venezia insieme alla propria pelle “sana e salva” ... e offrendole poi “come cimelio votivo”alla Madonna della Salute ... ce n’erano di stranezze in giro !
Anche sull’altare laterale di Sant’Antonio da Padova, a metà della “Rotonda Grande”, c’erano altri ex voto strani e curiosi offerti dai Veneziani.
Dovete sapere che una delle poche statue “non Veneziane” ammesse in chiesa era proprio quella di Sant’Antonio da Padova, un Santo molto simpatico alla Serenissima, una specie di Santo Veneziano d’adozione; così come nell’ottobre 1751 si era permesso come eccezione a Giovanni Maria Morlaiter d’eseguire un'altra statua rappresentante Girolamo Miani a ricordo del fondatore della Congregazione dei Padri Somaschi che officiavano la chiesa della Salute a nome dello Stato Veneziano.
A lato dello stesso altare di Sant’Antonio, in una teca di vetro la Serenissima ha voluto deporre anche un gonfalone-bandiera della galea Ammiraglia Veneziana vittoriosa nella Battaglia di Lepanto... L’altare di Sant’Antonio da Padova dentro al Tempio della Salute fu voluto dalla Serenissima, quindi anche stavolta dallo Stato della Repubblica e non dalla Chiesa, con un altro Voto di Stato del 1652 durante la Guerra di Candia contro i Turchi ... e in un secondo momento anche per la liberazione della flotta Veneziana da un morbo contagioso presso Castelnuovonel 1687. Venezia volle che il giorno della ricorrenza di Sant’Antonio da Padova: il 13 giugno, a Venezia fosse: “solenne Festa cittadina”. Nella chiesa della Salute ci celebravano Vespri Solenni alla Vigilia, si esponeva la Reliquia del braccio di Sant’Antonio fatta venire dal Senato appositamente da Padova (dove il resto del corpo del Santo è veneratissimo), e il giorno seguente Doge e la Signoria attraversavano il Canal Grande sul ponte di barche appositamente allestito per compiere insieme alle IX Congregazioni del Clero, il Patriarca, e ai Veneziani festanti una grande Processione e un Messone Solennissimo.
Questa devozione-festa tipicamente Veneziana era ancora molto sentita e celebrata da molti Veneziani fino a circa il 1954 … Ora, invece, la ricorrenza e la festa languono, anzi sono defunte e dimenticate praticamente quasi del tutto: dimenticate di certo dall’autorità pubblica, e disertate perfino dalla maggioranza dei Preti. E’ tristissimo e “miserioso” il giorno di Sant’Antonio vedere la “Processione del Santo” alla Salute partecipata da soli “quattro gatti”… perfino il Patriarca non vi partecipa quasi più … Per diversi secoli sull’Altare di Sant’Antonio in chiesa si praticava ogni martedì dell’anno “la Devozione al Santo”, si celebrava un’apposita Messa, si cantava il famoso “Si Quaeris miracula” con esposizione della “Reliquia del Taumaturgo” e specifica benedizione ... Ricordo distintamente che in certi “martedì” degli anni ’70-’80 a rappresentare l’intera Venezia davanti all’altare del Santo c’erano soltanto: … il Rettore e io.
Infine, vi racconto qualche ultimo aneddoto e poi basta per non asfissiarvi e annoiarvi del tutto.
Sulla chiesa della Salute si sono dette lungo il corso dei secoli tante cose, anche alcune notizie sbagliate, come ha scritto, ad esempio, nel gennaio 1761 nei suoi “Notatori” il Gradenigo:“… nel Tempio della Salute vi sta un altare dove si vedono dipinti li Re Magi Gasparo, Melchiore, Baldassare …” Ah sì ? … E dove sarebbero mai questi Re Magi dipinti ?
Non esiste questo dipinto alla Salute.
Nel 1810 i Francesi decisero la soppressione della Congregazione dei Somaschi e del loro Convento della Salute. Ai 36 Religiosi rimasti fu concesso di rimanere ospiti per qualche tempo nel Monastero di Sant’Andrea della Zirada da dove s’erano estromesse le Monache per permettere loro di terminare l’insegnamento dell’anno scolastico in corso. Le Cronache Veneziane dell’epoca ricordano: “Se ne andarono via da Venezia …uomini non di rado talento e dottrina che erano molto utili … che da sempre aveano nella Salute la loro Casa di Professione e Noviziato da dove partivano e dove tornavano in vecchiaia a riposar delle loro fatiche.”
Nel giugno 1822 la chiesa della Salute subì gravissimi danni da un tremendo turbine ... L’Imperial Regio Governoriparò e demolì gli edifici che serravano la parte meridionale della chiesa, e fece aprire nel Coro della Salute quattro grandi finestre che portarono un po’ di luce tolta via dalla collocazione dell’organo messo in parete … Nel 1836: la città di Venezia come ennesimo ex voto offrì la grande lampada d’argento eseguita da G.Borsato e appesa al centro della “Rotonda Grande”… (che fatica lucidarla a specchio “dandoci di gomito” in preparazione della Festa della Salute stando in cima alla solita scaletta traballante).
Privi ancora delle tecnologie attuali, i Veneziani pensarono all’inizio del 1900 di collocare un bel filo elettrico aereo e volante fra la cima della Cupola Grande della Salute collegata con l’Osservatorio Astronomico del Seminario, fino al Campanile di San Giorgio Maggiore al di là del Bacino di San Marco. Scopo ? Semplice: trasmettere il segnale del “perfetto orario al minuto e secondo” agli artiglieri che sparavano col cannone puntuali ogni giorno dalla riva dell’isola “il segnale orario del Mezzogiorno”.
“Utilissimo ! … Bellissima idea !” si diceva in quegli anni a Venezia ... Altri tempi … ormai trascorsi da un pezzo. Per fortuna quel progetto non venne realizzato... perché il mondo poco dopo ebbe altri pensieri a cui dedicarsi.
Trascorsa l’epoca delle due Guerre Mondiali e del misero e lugubre Dopoguerra, stavo ancora studiando “da Prete” nell’adiacente Seminario Patriarcaledella Madonna della Salute quando fra 1970 e 1976 si realizzarono i consistenti lavori di restauro della Salute finanziati dai fondi del “Comitè Francais pour la Sauvegarde de Venise” (una volta tanto i Francesi hanno dato una mano a Venezia dopo averla sconquassata del tutto a più riprese … Ce lo dovevano un poco).
Infine intorno all’anno 1970, la statua di Eva posta insieme alle altre ai piedi della Cupola Grandadella Salute decise di spiccare il volo tuffandosi nel Campo della Salute sottostante durante un furibondo temporale caduto sopra Venezia. Per fortuna non si ferì nessuno, però mi ha fatto una grande impressione quel donnone di marmo precipitato e volato di sotto … Vi sembrerà forse banale e un po’ sciocco, ma a quei tempi considerando l’ “andamento e la piega” che stava prendendo la devozione religiosa in generale dei Veneziani e della società moderna, ho pensato: “Ecco un altro pezzetto della sensibilità dei Veneziani di ieri che s’allontana e se ne va via rovinosamente”.
Ero giovane, e forse anche un po’ idealista ed entusiasta … intendevo forse vedere e interpretare le cose e i fatti del Mondo un po’ a modo mio … come credo facciamo un po’ tutti chi più e chi meno. (la statua di Eva visibile ora in cima alla chiesa della Salute è una copia, mentre l’originale rimesso “incerottato alla bel e meglio” è stato posto nella Galleria Franchetti del Palazzo della Ca’d’Oro).
Ricordo infine, un borseggiatore pesto medicato e piantonato dalla Polizia nel chiostro del Seminario il giorno della Festa della Salute … “Non è niente … E’ solo caduto per strada” spiegavano i poliziotti ai curiosi che gli facevano capannello intorno. “Stava rubando portafogli ! … E’ un ladro !” dicevano, invece, altri che avevano assistito alla scena.
“L’ho visto anch’io …” gridava esagitata una Suoretta minuta … “Hai incontrato eh eh … quello del formaggio ? … Ben ti stà ! … Farabutto ! … Dovevano dartene di più !” chiocciava la Religiosa un po’ bellicosa.
La sera della Festa della Salute(“ricchi” delle nuove offerte ed elemosine portate da benefattori e fedeli), si accendeva ogni anno finalmente il riscaldamento nel Seminario dove risiedevamo in pianta stabile … Non vi dico che freddo che si pativa da quelle parti: eravamo “aperti” e allo “sborìn”del vento che veniva dal Bacino di San Marco… Eravamo giovani e forti sì, ma lavarsi e farsi la doccia con l’acqua fredda non era il massimo … così come non lo era dormire sotto a una montagna di coperte e lottare contro gli infiniti insidiosi spifferi gelati … La Madonna della Salute nel giorno della sua Festa pensava perciò opportunamente anche alla nostra di Salute fisica … e le eravamo perciò ovviamente e devotamente grati.
Buona Festa della Salute … “amici” Veneziani !