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“MAIURBIUM … SPUDORATA MAZZORBO ! … L’ISOLA DELLA LAGUNA DI VENEZIA.”

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“Una curiosità veneziana per volta.” – n° 136.

“MAIURBIUM … SPUDORATA MAZZORBO ! … L’ISOLA DELLA LAGUNA DI VENEZIA.”

“Maedium Urbis”o “Maiurbo”… se ne sono dette tante sul nome e sulla sua origine ... Zona di orti, vigne e molendini ad acqua …  Un’isolotta rettangolare larga solo 500 metri, o meglio: un piccolo arcipelago di isolette giustapposte e quasi strette a braccetto … Maiurbium poteva significare: "Città Maggiore" per l'importante ruolo commerciale che un tempo quell'isola aveva rivestito … Ma si trattava sempre di isolette fra canali e rii dai bassi fondali, molte volte in secca o invasi vigorosamente dall’alta marea. Ogni tanto si spostava il decorso di qualcuno, o s’imbonivano un altro di fango provando a strappare qualche pezzo di terra in più dalle barene e dalla Laguna … Per Burano, Torcello e Mazzorbo un tempo si entrava dal mare nella Laguna di Venezia attraversando la bocca del Porto di TreportiMazzorbo era quindi anche luogo di Dazi, Dogane, Gabelle e scaltri Gabellieri … Da lì si entrava e usciva, dentro e fuori dai luoghi della Serenissima … Ancora nel settembre 1684 il Senato di Venezia decretava l’imposizione di una tassa di 4 soldi per ogni barca alberata che transitava sotto ai ponti in legno di Mazzorbo… Lì si pagava il Dazio alla Serenissima, così come diversi secoli dopo negli ambienti dell’antica Foresteria del Monastero di Santa Caterina che chiudeva la Fondamenta, c’era ancora la Ricevitoria del Dazio prima d’essere trasferita a Murano … Mazzorbo era quindi un posto di passaggio di grossa parte del commercio Veneziano. Poco distante poi, a monte di Torcello, sfociavano direttamente in Laguna alcuni fiumi della Terraferma: perciò di là passavano “tanti traffici che  entravano e uscivano dalle acque diventate Veneziane”… Passavano di lì: Zattieri, Lanieri, commercianti di Legname, la gente del Sale, e contadini, e bestiame, e pescatori, e gente di ogni sorta dall’entroterra… Ero ancora piccolino quando vedevo ancora transitare pigri e pesanti davanti Burano e alle rive di Mazzorbo i “trabaccoli” carichi di legna e carbone provenienti da non so dove diretti a Venezia, oppure alla Terraferma seguendo il Canale di Torcello.

Sempre da bambino era ogni volta una festa recarsi alla Sagra notturna di Mazzorbo percorrendo lentamente, in passeggiata, la lunga strada illuminata da radi fanali … Quando si arrivava alla chiesa, in fondo di Mazzorbo, c’era “la Roda de la Pesca” che girava … e c’erano le galline, i conigli, “le ànare” e le quaglie … e il vinello buono, “l’arancino e la spuma”… e tutte quelle lucette colorate e pallide appese per aria, con la musica “che andava” sopra i primi giradischi o fuoriuscendo da qualche radio che gracchiava … Poi c’erano anche le belle ragazze allegre che ballavano, sempre innamoratissime, con le gonne fluttuanti nella brezza fresca della notte … Nei cespugli di Mazzorbo invasa dal buio saturo del concerto dei Grilli, occhieggiavano flebilmente mille piccole Lucciole accese come lucette di Presepio … I Grilli e le Cicale d’estate facevano un gran casino, pareva facessero guerra strombazzando contro i nugoli delle Zanzare fastidiosissime che non mancavano mai. I canali di Mazzorbo erano scuri e luccicanti come d’argento sotto la Luna, le acque erano immote, come invase e occupate da una quiete quasi sfacciata … Solo ogni tanto passava una rara barca spinta dai remi … e ancora più raramente transitava qualche barchino col motore acceso scoppiettante.

A Mazzorbo non succedeva mai niente … era come se non esistesse … anche se, invece, c’era qualcosa … eccome che c’era. Sentivo che quelle vigne buie di notte, quegli orti assolati di giorno avevano qualcosa da raccontarmi. Dentro a quella terra isolana muta e consumata ci doveva essere per forza qualcosa di nascosto … una storia di storie che prima o poi avrei finito col scoprire.

Ed effettivamente era così … C’è voluto un po’ di tempo, ma poi l’ho scoperto … C’era moltissimo da dire e raccontare di quelle antiche Contrade oggi del tutto sepolte, cancellate e dimenticate poste lungo quell’ampio “Canal Grande”(di noialtri) fiancheggiato da case e palazzi. Nel 1700-1800 separava come oggi le isole di Mazzorbo e Mazzorbetto in una sorta di due Contrade e Pievanie parallele e indipendenti, ma interagenti: San Pietro e San Bartolomio di Mazzorbo ...  In realtà di canali, canaletti e canalicoli a Mazzorbo ce n’erano stati sempre tanti e di diversi, che ogni volta frammentavano ulteriormente quel piccolo arcipelago di isolette ed emersioni fangose che facevano appena capolino fuori dalle acque della Laguna Nord di Venezia ... Ancora nel 1927 si eseguì il taglio del Canale di Mazzorbo nella zona dell’ex Monastero di San Mattio deviando il flusso dei Vaporetti della linea: “Venezia-Murano-Mazzorbo-Torcello-Burano e viceversa” che transitavano per l’antico Rio di Santa Caterina dove c’era ancora nel 1850 un ponte girevole che collegava le due isole.



Nei tempi del suo maggior splendore, Mazzorbo era suddivisa in cinque Parrocchie-Contrade-Pievanie: San Pietro (primo documento incerto sulla chiesa del 1151, e soppressione del 1810), San Bartolomeo(primo documento incerto sulla chiesa del 1244, e soppressione del 1633 (?), San Michele Arcangelo(primo documento incerto sulla chiesa del 1298, e soppressione del 1810), Santo Steno o Stefano(primo documento incerto sulla chiesa del 1336, e soppressione del 1393 (?). Venne distrutta e “assorbita” dai Santi Cosma e Damiano di Mazzorbo prima, e poi da San Michele Arcangelo per l’abbandono delle isole), Santi Cosma e Damiano(primo documento incerto del 1222, e soppressione nel 1500)… L’isola di Mazzorbo vantava inoltre la presenza di ben cinque Monasteri di cui era certa l'esistenza almeno fin dal 1200: Sant’Eufemia Vergine e Martire e Santa Dorotea, San Tecla e Sant’Erasma (è del 1235 il primo documento su Sant’Eufemia delle Benedettine di Mazzorbo, ma qualcuno giudica il Monastero già fondato nel 900. Soppresso nel 1768 dicono alcuni … Soppresso insieme a tutti gli altri, nel 1806, dicono altri, per costruire sul suo terreno i bastioni e le casematte di un Forte ... Ospitava le figlie dei Nobili Tasca, Pisani e Zeno), Santa Maria in Valverde e San Leonardo(1277 primo documento sul Monastero del 1277, fondazione nel 1281 (?), e soppressione nel 1768 (?) … Ospitava le figlie dei Nobili Donà, Zane e Baffo), San Maffio o Matteo e Santa Margherita (primo documento delle Monache Cistercensi del 1239 o 1298, poi Monache Benedettine e soppressione del 1810 … ospitava le figlie dei Nobili Morosini, Minio, Corner, Gabrieli e Selvatico), Santa Maria delle Grazie o del Pianto delle Eremite Cappuccine(primo documento di fondazione del 1689, soppressione del 1806, demolizione nel 1810), e Santa Caterina e Pietro(del 1266-1289 il primo documento, e soppressione del Monastero costruito con preziosi materiali importati da Altino nel 1806. Ospitava le figlie dei Nobili Dolfin, Polo, Michiel e Da Lezze).

Non si trattava quindi di semplici Conventucoli di campagna persi nel niente, ma di grossi complessi dove i Nobili Patrizi Veneziani provvedevano all'educazione delle figlie inserendole in ambienti degni del loro ruolo Per i Veneziani poi, Mazzorbo come Murano erano isole bucoliche e “di Villa”, luoghi del riposo, dell’evasione ludica, letteraria e passionale … e anche d’altro.

“Il Canale di Mazzorbo hà i suoi casini di campagna”, scriveva il Coronelli nel suo“Isolario Veneziano” del 1696: “… per divertimento, e delizia di Gentiluomini, fra quali considerabili sono quelli del NobilHomo Girolamo Morosini su la punta di Santa Maria, del Procuratore Corsaro nella parte di San Piero, e del Maimenti a Sant’Eufemia, ch’è il più bello di ogni altro.”

Mazzorbo è tutt’ora collegato a Burano dal Ponte Longo: quasi come un ombelico con l’isola più importante, abitata e industriosa … ma anche spartiacque fra due piccoli mondi alternativi e contrapposti. Già nel 785 si parlava della prima fondazione di una prima Pieve di Mazzorbo … “Perciò Mazzorbo è più antica di Burano ! … i Mazzorbesi sono quindi più prestigiosi dei Buranelli” dicevano i Mazzorbesi … “Abbiamo perfino la campana del 1318: la più antica di tutta Europa !”… Ma vallo a dire ai Buranelli ! … era ogni volta scontri e baldoria.
Guardando, invece, alla Storia vera, quella che conta per davvero, nel 1064 Orso Vescovo di Torcellochiedendo per se stesso ulteriori privilegi elencava le sue pertinenze in Laguna ad Ammiana, Lido Bovense o Maggiore, Costanziaco, Burano, Mazzorbo e Murano con le sue nove isole e la Pieve di Santa Maria che aveva giurisdizione su quattro Cappelle una delle quali era Sant’Erasmo posta sul Lido della Mercede.



Nel 1169 si scriveva che la “Comenzaria pubblica vadit (iniziava) ad Maioribus (ossia da Mazzorbo)… Nel 1202, invece, Vitale di Andrea Dandolo donò alla nipote Agnese vedova di Alvise Badoer, divenuta Monaca a Santa Caterina di Mazzorbo, i diritti di “… tutto l’allodio, e mia possessione posta tra il Lido Maggiore et Lido Bianco …” collocata a sud dei due lidi, in riva al mare, e delimitata dai Canali Peretolo e Badoer allora già esistenti, ossia l’attuale Valle Liona ... Cinque anni dopo, nel 1207, si accennava a una “Tumba Doria o Dauro  o Dauria”di Mazzorbo … nell’ottobre 1219, a Rialto, invece, Giovanni Venier da Mazzorbofece quietanza di lire 50 di Denari Veneti a Leonardo Ianna da Mazzorboprestategli con atto del luglio 1218, sempre a Rialto, per commerciare fino in Siria con la nave Sant’Andrea di Patròn Veniero ...

Pensate: da Mazzorbo alla Siria ! … nel 1219.

Nel maggio 1252 a Candiadavanti al Notaio Nicholaus Iusto Prete di San Nicola: Aurifilafiglia del defunto Pietro di Tomba del Confinio di San Bartolomeo di Mazzorboabitante in quell’anno a Candia, fece procura a Giacomo Trevisan del Confinio di Santo Stefano Protomartire di Mazzorbo per riscuotere i suoi crediti e vendere una sua casa sita nel Confinio di San Pietro di Mazzorboconfinante col canale, il lago e le proprietà di Domenico Orso e Matiliana... Qualche decennio dopo, nel marzo 1289 e sempre sotto ai portici di Rialto davanti al Notaio Nicolaus Prete a San Lio, si stese l’atto di divisione fra Marco Mocenigo del Confinio di San Giovanni Crisostomo e Matteo figlio del defunto Pietro Viaro del Confinio di San Maurizio per certi molini in Mazzorbo confinanti con le case poste nel canale di San Pietro, gli orti dei convicini dello stesso San Pietro, la palude di San Tommaso, il Rio delle Pietre e le barene presso il canale di San Tommaso di Torcello ... Nel giugno 1296 a Rialto davanti al Notaio Marcus Rana Prete e Piovan di San Tomà e Cancelliere Dogale, e al testimone Iacobus De Molino Prete: Zaniolo figlio del defunto Marco Da Mosto del Confinio di Santi Apostoli concesse per 27 anni e per soldi 16 di grossi annui a Filippa Girardo Badessa assieme ad Elena Gradenigo Priora e 15 Monache di San Maffio di Mazzorbo una terra vacua sita nel Confinio di San Pietro di Mazzorbo salvo una parte di terra di proprietà di San Giovanni di Torcello.

Giunto il 1316, durante la Podesteria di Cattarino da Mario si promulgarono gli Statuti di Mazzorbo.
Penserete di certo che fossero documenti capaci di rivelare una realtà sociale rosea e ben organizzata e governata … Beh, in un certo senso si … anche se in realtà le isolette erano di magra sussistenza e un po’ da morti di fame visto che le cronache raccontarono per secoli e fin oltre il 1600 di continue dispute e litigi “per sopravvivere alla miseria”, d’insolvenze e debiti circa i versamenti delle Decime, di esenzioni da dazi e concessioni, di condoni di pene, restituzioni di pegni, e raccomandazioni della Serenissima tramite il Senato e i suoi Savi e Magistrati di non vessare troppo i già sfortunati cittadini locali di Maiurbo.

Gli Statuti di Mazzorbo nella loro semplicità sono quasi commoventi, sono precisi e molto interessanti. Iniziano col raccontare che“insieme e davanti” ai rappresentanti di Torcello e Burano, anche: Angeli Alberto, Marci Marino, Marci Cappello, Blasii de Canalo, Dominici Carpacio, Ioannis Dando, Marci Longo de Maiurbio aderirono al “…diximus statuendum et ordinandum”… che qualunque maschio di Mazzorbo fra i 14 e i 70 anni doveva giurare sopra ai Vangeli la propria dedizione alla Potestà della Signoria e ai suoi precetti … E non solo: gli Statuti di Mazzorbo oltre ad elencare doti, virtù, incarichi dei vari Potestà, Giudici e Massari … elencavano anche i compiti dei vari Tabernari (Osti), Pancogoli (Fornai), Macellarii e Preconi di Mazzorbo … e quel che è più sorprendente, gli Statuti s’attardavano ad ordinare: “di non commettere ogni male … di evitare ogni frode e contraffazione e contrabbando.” … avercene oggi di Statuti del genere !

“Fra le principali cose che gli Statuti devono ordinare e stabilire, … è che non si diano via o si prendano le cose delle chiese … Che gli Officiali non facciano né vendano pane adulterato con semole, ma con buona farina e di giusto peso … Che i Giudici ascoltino ogni causa diligentemente, lavorino in buona fede e sentenziando senza fare preferenze … e siano tenuti a controllare tutte le rive rovinate ... Che i macellai vendano carne sana fresca e secca di bovino, pecora, montone, di castrato e suino, olio e formaggi senza frodare e senza scambiarle l’una per l’altra … Che Giudici, Scrivani e Preconi non mettano all’incanto se non al giusto valore e prezzo, e rispettando le regole pubbliche senza avvalersene per i propri scopi … Che i Procuratori delle Chiese tengano i loro denari al sicuro in apposita cassella con due serrature … Che i Procuratori non vendano vino se non quello fornito da Venezia, senza bollarlo, e senza lucrarvi sopra le anfore oltre una certa cifra … Gli eletti per un Ufficio Pubblico devono giurare “sub pena”... Se qualcuno di Mazzorbo trova cose che valgono più di 6 denari, deve presentarle “sub pena” … Non si deve bestemmiare Dio … Tutto gli uomini di Mazzorbo devono recarsi in visita “sub pena” nelle case dove c’è un morto e portarli in chiesa quando “pulsano” le campane … Nessuno beva nelle taverne prima della Messa Cantata nei giorni di Natale, Pasque e Ascensione, né dopo la campana della Guardia e dopo quelle ore … Nessuno osi giocare a TAXILLOS “sub pena” nelle taverne, né nei luoghi limitrofi, né dentro alle chiese e nei loro dintorni ... I tavernieri e chiunque altro non osi vendere vino se non solo quello fornito dai Procuratori, i tavernieri devono lavare i bicchieri, vendere in giusta misura, smaltire la botte del vino venduto, non adulterare il vino con l’acqua … né alcuno esca dalle taverne senza aver pagato il dovuto al taverniere … sub pena.”

Che ve ne pare dei Mazzorbesi di ieri ? … e si era agli inizi del 1300 !



Già dal giugno 1342 il Podestà e i Giudici di Torcello, Mazzorbo e Burano raccomandavano tramite apposita sentenza di spartire “da bòni fradèi” i proventi delle multe dai reati e condanne dandone due parti a Torcello, due a Mazzorbo e una a Burano … così come s’impegnarono a spartire le spese per mantenere la Cancelleria, il Palazzo del Consiglio, le Prigioni, il Fondaco, le Osterie, la Casa del Cancelliere e del Podestà… Nell’agosto 1456 e nel maggio 1462 i Podestà Francesco Da Molin e Giovanni Gabriel dopo l’ennesima lite tra Torcello, Burano e Mazzorbo circa le solite spese, l’amministrazione della Giustizia, gli Avvocati, la vendita dei pegni, le pene pecuniarie, e Cancelliere, barbiere, e doti ribadirono le stesse cose … Era trascorso più di un secolo dagli Statuti: ma erano serviti a ben poco, perchè vinceva sempre il contenzioso campanilista e la contrapposizione isolana che erano sempre più vispi che mai.

Si viveva intensamente in quelle parti recondite in fondo alla Laguna di Venezia … e se da una parte nel luglio 1419 una “ducale” del Consiglio dei Dieci dava disposizioni per costruire e sistemare ponti e strade donando 60 Grossi a Torcello, 40 Grossi a Mazzorbo e 20 Grossi a Burano… dall’altra parte nell’agosto 1511 una “parte” del Senatodella Serenissima ordinava ai Savi del Consiglio e ai Savi della Terraferma di mandare a proprie spese 24 barche fino a Trevisoper la custodia e la difesa dei mulini della Serenissima sul Sile facendo allestire ed equipaggiare: 6 barche a Murano, 6 a Mazzorbo e 6 a Burano e Torcello… La Repubblica avrebbe fornito un ducato e mezzo per ciascuno e il pan biscotto a tutti per 20 giorni.

A Mazzorbo comunque non accadeva solo questo … Fra 1368 e 1463 il Monastero delle Monache Benedettine di Sant’Eufemia di Mazzorbo a cui Papa Eugenio IV aveva unito le rendite del Sant’Angelo di Ammiana semisommerso dalle acque e ridotto a sole 3 Monache, subì ben 10 processi per abusi sessuali delle Monache con nascita di 2 bambini.

Nel 1432, invece, il Vescovo di Torcello Filippo Paruta unì al Monastero di Santa Caterina di Mazzorbo le rendite del Conventino di San Nicolò della Cavana abitato da Benedettine fin dal 1303, assieme al quelle del Monastero di Santa Maria Maddalena dell’isola di Gaiada a nord-est di Torcello ormai quasi scomparsa del tutto, e  già proprietà dei Canonici Regolari di Sant’Agostino … Circa trent’anni dopo, lo stesso “povero” Monastero di Santa Caterina venne sollevato assieme ad altri Monasteri e Luoghi Pii altrettanto “miserrimi”dal pagare Decime e canoni economici allo Stato Veneziano … In realtà nella primavera del 1486 nel Santa Caterina di Mazzorbo non risiedevano affatto delle povere Monache “morte di fame cenciose”, ma oltre alla Badessa Franceschina Polo erano presenti le Nobili figlie Monache di moltissime Casate Veneziane prestigiosissime: Giustinian (3sorelle), Contarini (4), De Tomnasi, Valier, Celsi(2), Foscarinie Da Lezze ... Altro che poveracce ! … Nel Santa Caterina di Mazzorbo c’era “il fior fiore del meglio” della Nobiltà di Venezia.

Esattamente dieci anni dopo, nel Capitolo di Santa Caterina erano rimaste solo 9 Monache: il minimo storico. Che cos’era successo ? … Perché quella flessione ? … Forse qualche rilassatezza dei costumi degli stessi Monasteri, una calo di devozione dei Veneziani ? … o forse i Nobili puntavano maggiormente su altri grossi Monasteri posti nel centro di Venezia ? … Chissà ? … la Badessa di allora era Laura Da Lezze, e c’erano ancora 3 figlie dei Contarini oltre a quelle dei Giustinian, Zen, Foscarini, Querini e Grigis.

Nel 1500 però, il Monastero di Santa Caterina ebbe un nuovo sussulto d’orgoglio, d’affluenza e d’entusiasmo: a seguito di una ben riuscita Riforma il Monastero si definì: “Ordinis Sancti Benedicti De Observantia” e le Monache ospitate erano così brave, esemplari, oneste e pie che venivano mandate in giro per Venezia e per tutta la Laguna a correggere i costumi e i modi di vivere della altre meno coerenti col loro “Status Monacale” … Come ricordava la Monaca Cristina Muazzonelle sue memorie del 1522: “Il Santa Caterina di Mazzorbo era diventato uno dei Monasteri più interessanti e prestigiosi di tutte le Lagune Venete”.

Nel gennaio 1541, infatti, il numero delle Monache Professe lievitò considerevolmente, e sotto la Badessa Benedetta Michiel si contavano di nuovo 19 Monache da Coro: Michiel (2),Molin, Grimani (2), Bon (2), Contarini, Zane, Malipiero, Morosini (2), Badoer (2), Zorzi (2), Barozzi, Boldù e Paruta ... Nell’aprile di due anni dopo il Monastero ricevette la Visita entusiasta del Vescovo di Torcello Girolamo Foscari che trovò il numero delle Monache quasi raddoppiato trovandosi davanti ben 28 Monache Corali in fila, tutte da confessare una dopo l’altra … S’erano aggiunte anche altre figlie di Nobili: Loredan, Querini, Ferro, Moro, Barbarigo (2), Venier (2), Zen, Pizzamano, Superanzio (2) e Trevisan alle quali si aggiungeva la serie delle 11 Monache Converse: Gerolima, Veneranda, Maria, Antonia, Lucia, Agnese, Pasifiba, Maddalena, Margherita, Placida e Barbara.
Insomma il Santa Caterina di Mazzorbo era un successone … un fiore all’occhiello … e stava anche benone dal punto di vista economico … Nel 1564 il Monastero dava 1 ducato ai Preti per la Festa della Patrona, 6 ducati al Predicator per la stessa Festa del Titolo, altrettanti per l’Avvento e la Quaresima, e 20 ducati annui per le Cere della Festa sempre della stessa Santa Caterina … anche se come il solito, neanche due anni dopo, venne definito “povero e bisognoso”, e per questo esonerato dal pagamento delle Decime del Clero in quanto possedeva solo “poco legname proveniente dalle magre terre di campagna spesso sommerse dalle invadenti acque del Sile”.



Secondo il censimento del 1606, Mazzorbo contava: 154 famigli, 191 homeni fra 18-50 anni, 4 Preti, 43 vecchi dai 50 anni in su, 255 putti fino 18 anni, 288 donne e 202 putte ... Tutto bene quindi ? … e, invece, no … perché il Monastero di Santa Caterina di Mazzorbo era divenuto anche uno dei più intriganti, curiosi e scandalosi … sentite un po’ perchè.
In quegli stessi anni si allestì un grosso processo contro Albano Minio barbiere della Contrada di San Cancian di Venezia che con suo fratello Prete si recava troppo spesso, anche durante le ore notturne, nei Monasteri di Burano, Mazzorbo e Torcello compreso quello di Santa Caterina di Mazzorbo: venne bandito dal Consiglio dei Dieci per tutti gli abusi che aveva commesso con alcune Monache.



Beh … direte … Niente di che … Sono cose che potevano capitare … Sentite allora che cosa accadde prima della metà del 1600. Il Monastero di Santa Caterina aveva cambiato del tutto faccia … e pure lo stile: “Era ormai trascorso il tempo in cui le Monache celebravano e imitavano le nozze mistiche di Santa Caterina col Cristo seduto in trono con un libro aperto dove si leggeva: “EGO SUM LUX MUNDI”, mentre con l’altra mano infilava un anello sponsale alla Santa che era immagine delle stesse Monache”… Nonostante gli uomini della Serenissima e dell’Inquisizione Ecclesiastica … che erano Nobili pure loro come le Monache … fingessero di non sapere e non vedere nulla sminuendo le colpe e giustificando le circostanze … nel Santa Caterina e negli altri Monasteri di Mazzorbo accaddero diversi casini … Alla fine c’era una somma tale d’eccessi che era impossibile non intervenire almeno ogni tanto per reprimerli e sedarli almeno un poco.

Nel giugno 1626 il Nobile Girolamo Giustinian assieme a un altro Nobile non meglio precisato fu scoperto dal Capitano dei Censori alle Contrade che si era recato a Mazzorbo per un sopraluogo di controllo mentre stava nel Monastero di Santa Caterina alle ore 23 di domenica notte. Nonostante l’ora tarda si trovava ancora nel Parlatorio delle Monache a festeggiare con la tavola piena di leccornie ed ancora apparecchiata “da ròsto”… E quella non fu affatto un’eccezione o un caso isolato, perché quei pranzi e cene dei Patrizi con donne e Monache nel Parlatorio erano frequenti più che mai … Solo qualche mese dopo, il Nobile Piero Memo e sua moglie, che già di loro non godevano di buona fama, vennero accusati anonimamente di trascorrere troppo tempo nel Parlatorio delle Monache ragionando con tre quattro di loro … Troppi ragionamenti ! … e di che poi ?
Qualche anno dopo, nel maggio 1633, subito dopo gli anni della terribile Peste che aveva devastato e resettato tutta Venezia e la Laguna, si tenne un processo per: “Eccessiva famigliarità di un Prete con quelle Monache”… Ad essere precisini si trattava di Benedetto Zogia, un Monaco Benedettino espulso dai Cassinesi, prestante servizio nella Diocesi di Torcello come Rettore della chiesa di San Bartolomeo di Mazzorbo. Venne accusato da Benedetta di Francesco Da Antivari e da Gaspare Gonda oriundo di Padova residenti a Mazzorbo, di recarsi troppo spesso al Santa Caterina col pretesto di celebrare Messa, intrattenendosi troppo familiarmente a parlare, non si sapeva bene di che cosa, alle finestre delle Monache. Venne incolpato anche di aver aperto una bottega dove vendeva farina, formaggio, vino ed altre “cose mangiative poco buone e a prezzi vigorosi” dando da mangiare pubblicamente a chiunque si recasse da lui e gestendo anche un luogo dove era possibile giocare a carte ... Inoltre l’ex Monaco in un impeto d’ira aveva minacciato di uccidere chiunque lo avesse accusato di fare visita alle Monache Claustrali ... “Era un uomo misero che sembrava essere anche tutore di alcuni nipotini abbandonati in età minore, che non riusciva a mantenere con le scarse elemosine dell’Oratorio di San Bartolomeo”. Perciò … ed ecco svelato l’arcano … andava a chiedere elemosine e carità alle ricche Monache del Santa Caterina “facendo loro mille moine e raccontandone loro di ogni sorta per ricavare qualche danaro”.

Alcuni decenni dopo si celebrò un altro processo tenuto segreto: “per visite frequenti di Betta detta Bettolin servente del Piovan di Sant’Angelo di Mazzorbo troppo presente nei Parlatori dei Monasteri … e anche per lenocinio”. La donna godeva di cattiva fama e di possedere lingua senza timore. Un gruppo di servitori del Santa Caterina la accusavano di recarsi più volte al giorno nei Parlatori del Cenobio per portare presenti e lettere a certe giovani Nobili Monache che la ripagavano per il servizio con anelli d’oro, belle cordele da testa e con cotoli …  una Religiosa giovane e bella le aveva promesso perfino un paio di braccialetti d’oro … Nel dicembre 1671 si parlò di nuovo di: “Chiassi e bagordi di alcuni Nobili con le stesse Monache ... Nel Parlatorio vicino al ponteselo il Capitano del Magistrato Sopra i Monasteri scoprì alcuni Nobili Veneziani fra cui Andrea Bragadin abitante in Calle Lunga San Lorenzo e Federico Bembo che con la scusa di avere parenti Monache in Monastero, la sera dell’8 dicembre: mangiavano, bevevano, ridevano con le Religiose facendo un gran chiasso udito da tutti … e poi dormirono là come attestarono alcuni ospiti che in quei giorni erano presenti nella Foresteria del Monasterio.”

Dieci anni dopo accadde ancora dell’altro, e si tenne un ulteriore processo … Stavolta si denunciò la “Corrispondenza amorosa delle Monache con un Prete”… Un bel casino di Monastero insomma ! … Non c’è che dire … Il Sacerdote denunciato era Prè Antonio Grilloabitante in casa del Podestà di Torcello: “… non godeva buona fama nelle Contrade … Venne accusato di frequentare troppo i Parlatori del Santa Maria della Val Verde e del Santa Caterina di Mazzorbo tenendo stretta amicizia con la Madre Bragadina”.

Quando nel 1689 e ancora nel 1691 il Vescovo di Brescia Cardinale Pietro Ottoboni, futuro Papa Alessandro VIII, fece visita allo stesso Monastero di Mazzorbo, lo trovò ricco d’opere d’Arte dipinte dal Porta Salviati, da Matteo Ponzone e da Paolo Veronese… Tutto pareva a posto, tranquillo e in ordine, e il Vescovo ammirato celebrò una Messa donando alla Badessa Margherita Gradenigo la preziosa Reliquia di San Mario Martire… In quell’occasione vivevano nel Monastero 40 Monache, come confermò poco dopo alla Visita Pastorale Marco Giustiniani Vescovo di Torcello ... e quindi anche di Mazzorbo … Ogni Monaca da Coro del Santa Caterina doveva portare in Dote almeno 8.000 ducati, altri 50 doveva sborsarne per la funzione religiosa dell’Accettazione in Monastero, 150 ducati ancora servivano per la Cerimonia della Vestizione Monacale, altri 150 si dovevano versare alla Badessa all’atto della Professione Religiosadefinitiva e solenne, 150 ducati per “la sagra dopo la Funzione”… 50 ducati si davano come “offerta per le necessità della Chiesa”, e 25 ducati per il rinfresco offerto all’Ingresso definitivo in Monastero ... Pure le putte Nobili “in educazione a spese” portavano al Monastero 10 ducati annuali ciascuna per il proprio mantenimento, ed erano sempre gradite dalle Monache regalie per la Chiesa … come ad esempio: 8 pani di zucchero ad ogni ingresso nel Monastero.

Credo s’intuisca quale doveva essere il tenore di vita, il “ritmo economico”… e interiore … del Monastero di Santa Caterina di Mazzorbo. Già dal 1400 possedeva antiche affittanze a Col di Mezzo ossia Tre Palade nella Terraferma subito più in là di Torcello … e dal 1439 circa, possedeva come Sant’Arian e San Giovanni di Torcello, e San Maffio di Mazzorbo centinaia di campi di bosco a Musestre e a Meolo nella così detta Zosagna di Sotto del Trevigiano, dove anche Simone Valier, proprietario egemone della zona, deteneva: “campagna magna inculta et vigra”...Ancora verso la fine del 1600 la maggior parte del patrimonio del Santa Caterina si trovava in Terraferma: il Monastero possedeva 216 campi boschivi nel Trevigiano ... a San Civran e a Santa Caterina di Musestre dove era proibitissimo tagliare i Roveri delle Monache in quanto il guardiano era autorizzato dalle stesse ad usare anche lo schioppo contro chi entrava di frodo nei loro boschi ... Inoltre possedeva fin dal 1202 una vigna a Lio Piccolo, e terreni arativi-agrari-prativi con sopra case dominicali, fienili e stalle situati a: Campolongo, Malcontenta, Casale sul Sile, Zero Branco, Borgo Feltrin nel territorio di Noale, Meolo, Marcon e a Musestre dove si litigava con i Conti di Collalto per gli spostamenti arbitrari dei confini delle proprietà.

E non ho finito … Per via di tutta una serie di testamenti e donazioni “piovuti dal Cielo fra 1300 e 1400”, il Monastero di Santa Caterina di Mazzorbo possedeva ancora 9 case a Venezia delle quali 8 in Calle Zancagna nella Contrada di Santa Fosca a Cannaregio, e una in Calle Lunga a San Felice: tutte date in affitto … anche se gli inquilini come Rosa Venuti, Antonio Carminiani e Innocenzo Bressanin per le case di Santa Fosca, e Angelo Corner per la casa di San Felice erano spesso in ritardo con i pagamenti ... Perfino il Cappellano di San Pietro di Mazzorbo, Antonio Regazzo, venne accusato nel 1798 di non voler pagare l’affitto per la casa di 4 stanze che abitava di proprietà delle Monache del Santa Caterina di Mazzorbo ... Le questioni dei debiti degli affittuari si trascinarono per ben 22 anni fino a metà del 1700, quando il Monastero fu costretto a richiedere pubbliche sovvenzioni perché i muri degli edifici e le fondamenta dell’isola si sfaldavano cadendo in acqua … “ed era sempre tutto un litigare e contendere del Monastero con Avvocati e Processi”: contro Carlo Zaniol affittuale della vigna di Lio Piccolo ... e contro le Monache del Sant’Eufemia di Mazzorboche di notte spostavano “la spinada di confine” fra le loro terre e quelle del Santa Caterina.

Arrivato il tristo 1806, all’atto della sua definitiva soppressione, il Monastero di Santa Caterina avanzava pagamenti per lire 4.805,9 dagli affittuari insolventi di Venezia, Domenico Pavan era debitore per un terreno e beni a Casale, come Francesco Barban, Pietro Potente e Pietro Zago per i bei a Zero Branco, Girolamo Biasetto per beni nel Trevigiano, e Francesco Argentin per un terreno a Campolongo ... Oltre alle case di Venezia, il Santa Caterina era proprietario anche di un pezzo di squero in Contrada di San Bortolomio di Mazzorbo confinante con una vigna del vicino Monastero di Sant’Eufemia, un appezzamento di terra con un casino da caccia, una casa con vigna nella vicina zona di Santa Maria di Valverde sempre a Mazzorbo, e tre caxette presso la Pieve di San Pietro di Mazzorbo.

Inutilmente al momento della chiusura del Monastero, Giovanni Mattio Balbi Procuratore delle Monache provò ad affermare che le Monache erano pronte ad accogliere altre comunità: “… il Monastero situato sulla punta dell’isola, assicura ai naviganti un asilo e un ricovero assai opportuno nel passaggio di un canale burrascoso.” Le Monache non volevano trasferirsi a Torcello: “… luogo peggiore di quei contorni per l’aria insalubre che vi si respira, e per le paludi che da ogni parte lo circondano.”
Il Monastero di Santa Caterina era, invece: “… ampio, spazioso, disposto su tre piani, con Infermaria, Refettorio e cucina, e possedeva 24 camere, la Spezieria e l’Archivio, ed altre belle stanze usate per la Badessa, e capaci di ospitare almeno altre cinque Monache ... Di sotto esistevano tre cortili selciati in cotto, e quattro chiostri col proprio pozzo interno ... Accanto al Monastero c’era un orto non molto grande, due magazzini per le merci, una cantina e una cavana, e sebbene possedesse mobili vecchi e privi di valore, e l’aria intorno fosse pesante e le acque paludose e piene d’insetti fastidiosi, il Monastero si trovava comunque in zona di grande passaggio per via del vicino canale, e in luogo protetto dai venti freddi avendo di fronte il Convento delle Cappuccine.”



Santa Maria delle Grazie o del Pianto delle Cappuccine di Mazzorbo era una chiesetta con Conventino di Monache non molto fortunati … Era stata costruita forse come ennesimo ex-voto locale per la liberazione dalle ricorrenti Pestilenze della Laguna … veniva chiamata: “Santa Maria di Mazzorbo”… e nel 1651 venne data in custodia a un Eremita Napoletano, che partito la concesse ad un Sacerdote Trentino, che a sua volta la passò a un altro Eremita Veneziano… che miseria ! … Le Monache col loro Convento passavano di mano in mano come un pacco postale.
Qualcuno diceva la chiesetta fondata nel 1610 … altri nel 1689 ossia quando in realtà era già passata di mano in mano parecchie volta … C’era un po’ di confusione, insomma … Nel 1689 la Comunità di Mazzorbo diede tutto a due sorelle: Elisabetta e Francesca Coi da Brescia che abbellirono la chiesetta e vi raccolsero fino a 30 Monache che seguivano la Regola delle Francescane Cappuccine con estremo rigore ... Le cronache locali raccontano che la chiesetta veniva visitata ogni anno processionalmente dal Comune nel giorno di San Rocco per far memoria dell’antica quanto recente liberazione della Peste.
Il Gradenigo nei suoi “Notatori”scriveva nel maggio 1757: “Solenne consacrazione adempita da Nicolò Antonio Giustinian Vescovo di Torcello della piccola e devota chiesa di Santa Maria delle Grazie di Mazzorbo officiata dalle Reverende Madri Cappuccine ivi esistenti.”

Nel 1806 quando venne soppresso, il piccolo Conventino ospitava 20 donne fra Monache Coriste (de riguardo) e Monache Converse (da scàfa):“… sparsasi la voce a funestare il religioso nostro ritiro che avessimo noi ad essere traslocate nel Monastero di Santa Chiara di Murano … esse Clarisse e noi Cappuccine, il più angoscioso cordoglio assalì questa religiosa comunità.”  Le Monache inconsapevoli dei tempi, della situazione socio-politica, e degli avvenimenti in corso s’impuntavano di rimanere a Mazzorbo non volendo lasciare il loro Monastero … Al massimo si dichiaravano disponibili ad ospitare altre Monache, che però avessero “Regola e maniere simili”.

Risultato ? Vennero trasferite “di peso” nel Monastero di Ognissanti a Venezia nel Sestiere di Dorsoduro, e il Monastero di Mazzorbo venne concesso alle Cappuccine Concette di Santa Maria di Castello demolito del tutto per costruire i Giardinetti Pubblici di Venezia.
Le Cappuccine delle Grazie di Mazzorbo allora: “… protestarono veementemente alzando la voce sulla pubblica piazza, con gran clamore contro quel sopruso che era stato loro impunemente imposto dal nuovo Governo Francese.”

Nuovo risultato ?

Venne sciolto l’intero Convento, e le Monache furono buttate in strada e rimandate ciascuna a casa propria e dai loro parenti … Delicatissimi i Francesi !

Tornando ancora al Monastero di Santa Caterina che stava di fronte, lì fu tutto un discutere inutile, perché nello stesso luglio 1806 i Francesi cacciarono le 24 Monache rimaste mandandole da quelle di San Giovanni Evangelista di Torcello, e diedero inizio alla demolizione parziale del Monastero … nel gennaio 1815: “una vigna di sei pezzi con casa nell’isola di Santa Caterina affittata a Tagliapietra Giacomo Angelo e Gianantonio già data all’Amministrazione del Lotto fu messa nella Lista delle vigne, orti e beni da affittarsi dalla Direzione del Demanio di Venezia nei giorni d’asta 12 e 16 febbraio seguenti”.

Nel 1830 il niente che era rimasto del Santa Caterina venne accorpato a San Michele Arcangelo di Mazzorbo e dato in gestione a un unico Prete che celebrava 2 Messe Perpetue, 2 Anniversari per i Morti, 5 Matrimoni, 38 Battesimi, 13 Cresime e 35 Funerali ... l’unico Oratorio Pubblico rimasto (San Bartolomio ?) venne chiuso perché cadente col suo Economo Spirituale che abitava a Venezia nella Contrada di San Silvestro percependo ugualmente 700 Franchi … Gli abitanti dell’intera isola di Mazzorbo erano 124 distribuiti in 21 famiglie dislocate in 38 case … Non c’era alcuna scuola, e una sola ragazza si recava a “leggere e scrivere” a Burano, mentre il Parroco dava sporadiche lezioni ai ragazzi Mazzorbesi auspicando l’apertura di una Scuola Comunale.

Se le Monache del Santa Caterina a “conti fatti” non erano Sante, quelle di San Maffio e Sant’Eufemia di Mazzorbo non erano di certo Beate e da meno … Durante tutto il 1500 il Monastero di Sant’Eufemia aveva accumulato ingenti rendite e ricchezze mettendo insieme le pertinenze dell’antico Convento di Sant’Angelo di Ammiana o di Nani andato perduto, i beni dell’isola di Santa Cristina, e quelli della Terraferma situati in Mogliano e Marcon dove il Sant’Eufemia possedeva 8 campi affittati al NobilHomo Pietro Grittiprima di venderli al NobilHomo Antonio Bernardo.
Oltre a tutto questo, le 26 Nobili Monache del Monastero di Sant’Eufemia di Mazzorbo possedevano una vigna affittata a Mazzorbo, diverse case a Murano affittate a diversi debitori come Antonio Dal Gallo denunciati puntualmente al Magistrato Sopra ai Monasteri e al Proveditor… inoltre: diversi capitali depositati in Zecca a Venezia, e diverse Mansionarie di Messe pagate a proprio favore. Il Monastero pagava vari Medici e conti per medicinali, intraprendeva notevoli spese per restaurare il Convento e la Fabbrica della Chiesa, pagava 25 ducati annui per le Feste e per far confezionare ricchi paramenti ed altro ... Anche il Sant’Eufemia s’impegnò senza fine in diverse cause legali come quella contro Vincenzo Monticano, o come quella col NobilHomo Balbi per la Professione di sua sorella, o quella contro Baron Baroni Gritti Livellario per 500 ducati da lire 6 ... e debitore delle Monache.

E poi eravamo alle solite … Pure nel Sant’Eufemia nel gennaio 1659 si tenne un processo: “per fuochi d'artificio e balli di donne fatte venire da Venezia nel cortile del Monastero per opera di 4 secolari” ... L’anno seguente: “si denunciarono il Podestà ed altri, per pranzi, cene entro e fuori del Monastero, coll'Abbadessa e con due Monache Converse”… Pure nell’aprile 1681 si tenne un altro processo “per frequenza nei Parlatori del Monastero di un Patrizio di Venezia” ... e dieci anni dopo se ne tenne ancora un altro: “per commercio carnale con parto di una donna e pericoli di veleni, con un Patrizio ed altri”… Nel 1682 e ancora nel 1699 i Vescovi di Torcello Jacopo Vianoli e Marco Giustiniani tornarono a buttare l’occhio preoccupatissimi e attenti sulla situazione delle Monache.

E basta con queste storie ! … Invece, durante tutto il 1700 “la musica”non cambiò.

Il Monastero era tutto un processo contro questo e contro quello con un dispendio enorme di energie e risorse: contro il NobilHomo Francesco Raspi per l’adempimento della Mansionaria disposta a favore del Monastero dalla defunta Angelica De Santi… contro la Contessa NobilDonna Elena Zini Rusteghello… e contro Beltramelli Leonardo, contro il Monastero di Santa Caterina di Mazzorbo accusato di ingrandirsi l’orto spostando “il confine della spinada”, contro Zasso Antonio per i beni e i titoli di proprietà situati in Terzo sulla Terraferma … E c’era anche tutto un trafficare di soldi e capitali delle Monache versati in Zecca a Venezia: c’erano Livelli Affrancabili a debito del Monastero e a credito dell’Arte dei Pistori di Venezia … un capitale di lire 387,12 investito nel Deposito Nuovissimo a debito del Monastero e a credito dell’Arte dei Luganegheri… varie “partite di capitali” dovuti dal Monastero a privati … un capitale di ducati 1.000 a debito del Monastero e a credito di Lombardo Giovanni ... e molto altro ancora.

Prima ancora che arrivassero i Francesi a indemaniare tutto, nel settembre 1768 ci pensò il Senatodella Serenissima a sopprimere il Monastero di Sant’Eufemia di Mazzorbo passandolo ad uso militare. Le Monache vennero concentrate con quelle di Sant’Antonio di Torcello.



Poco distante, all’estremità ovest del gruppetto delle isolette di Mazzorbo, era situato, invece, il Monastero delle Monache Cistercensi di San Matteo o Maffeo o Maffio e Santa Margherita di Mazzorbo di Regola Benedettina. S’era trasferito lì dall’isola diventata inabitabile di Costanziaco dove si trovava un tempo, e s’era sistemato in alcune case prese in affitto dal Monastero di San Giovanni Evangelista di Torcello di fronte alla chiesa Pievanale di San Pietro dall’altra parte del canale, in attesa di poter costruire un nuovo Monastero bello e spazioso … cosa che accadde in seguito.
Quel trasferimento di Monastero da un’isola all’altra non fu però affatto indolore, perché il Vescovo di Torcello: “s’inquietò non poco per non essere stato interpellato”, e preso da rabbia aveva scomunicato tutte le Monache, la Badessa, e anche il Procuratore del Monastero: il Nobilissimo e Devotissimo Matteo Viaro… Nel novembre 1297 a Rialto presso il Notaio Jacobus Donusdeo Prete e Canonico di San Marco: Nicola figlio del defunto Pietro Viaro del Confinio di San Maurizio aveva fatto testamento. I Viaro s’erano arricchiti col commercio, e avevano possedimenti fin nella Marca Trevigiana. Pietro Viaro nominò suoi esecutori testamentari: Ziburgasua madre dallo stesso Confinio Veneziano, Filippa Badessa di San Maffio di Costanziaco ora di Mazzorbo, e Matteo Viaro suo fratello dello stesso Confinio di San Maurizio.
A Matteo lasciò i mulini di famiglia e metà della “Casa Grande del Casato”; ad Agnese Vitturi sua zia lasciò dei Legati in denaro, come a Marco Viaro suo zio e a Cristina sua figlia e ad altri privati. Al Monastero di San Maffio di Mazzorbo lasciò, invece, lire 600 di Denari Veneti di Piccoli per provvedere al pagamento della terra sui cui il Monastero doveva essere edificato ... Infine, lasciò alla chiesa di San Maurizio un calice d’argento del valore di soldi 20 di Denari Veneti di Grossi, e altre donazioni alle Congregazioni di Rialto…  Le Monache di San Maffeo di Mazzorbo scomunicate fecero ricorso a Pietro Patriarca di Costantinopoli e ad Egidio Patriarca di Grado e Primate di Dalmazia, e riuscirono così ad ottenere l’assoluzione e il perdono del Vescovo Alirone da Torcello che andò a mettere e benedire la prima pietra del loro nuovo Monastero ... però solo dopo avergli pagato una multa di lire 5 e ½ in Denaro Veneto.

In quegli stessi anni Giovanni Da Mosto del Confinio di Santi Apostoli pagava canone annuo di fitto su alcune terre site a Mazzorbo e locate dal Monastero di San Mattio che possedeva oltre alle rendite provenienti dalle isole e Monasteri sommersi di Sant’Andrea di Ammiana e San Adriano di Costanziaco, anche altre proprietà a Bocca di Musestre per le quali esigeva un censo in frumento, e grosse porzioni terriere in Terzo“sul bordo della gronda Lagunare”insieme a 70 campi di palude e barene atti a pesca e caccia in Laguna.

Le Monache di San Maffio di Mazzorbo avevano un bel caratterino: sapevano difendersi bene, e facevano valere la loro posizione: nel 1301 il Cistercense Enrico Abate di Brondolodopo aver visitato Torcello, pretendeva dalle Monache di San Maffio di venire condotto in barca a visitare l’isola della Canonica di San Giacomo in Paludo a metà strada fra Mazzorbo e Venezia. Le Monache si rifiutarono: “… e che siamo noi ? Le sue barcarole ?” avranno detto.
Vennero subito interdette ed espulse dall’Ordine Cistercense della Colomba a cui appartenevano ... Le Monache però non si scomposero, e si appellarono immediatamente al Papa Bonifacio VIII cercando aiuto … il quale rispose solo dopo 40 anni (?)reintegrando le Monache nello stesso Ordine ... Palesemente schierato dalla parte delle Monache, era, invece, Angelo I Dolfin Nobile Veneziano e Vescovo di Castello che concesse ampie indulgenze a chiunque offrisse generose elemosine “per la povera chiesa e il Pio Monastero di San Mattio di Mazzorbo”.

Nel 1382 le Monache del San Mattio deposero la Badessa Cecilia Barbaro sostituendola con Elisabetta Steno ... Immediatamente il Patrizio Donato Barbaro parente di Cecilia andò a prelevare di forza la Steno riportandola a Venezia … e rimise al suo posto la nipote … Allora si costumava così … era quasi normale.
Nel gennaio 1442, Carlo molendinarius del Monasterodi San Mattio di Mazzorbo venne condannato a 2 anni di carcere e 200 lire di multa per aver avuto rapporti carnali con la Monaca Cassandra Badessa del Monastero ... Il giorno dopo si condannarono anche il Nobile Andrea Barbo per aver avuto rapporti con Suor Magdalucia Morosini dello stesso Convento … e il Nobile Nicolò Da Molin e Angelo Della Porta per rapporti con Suor Franceschina Morosini… Nel marzo di due anni dopo fu il turno di venir condannato anche del Nobile Ludovico Morosini a cui s’imposero 2 anni di carcere inferiore e 100 lire di multa per essere colpevole d’inonestà con Suor Morosina Morosini ... Tremende ! … e non solo … le Nobili Sorelle Morosini Monache di Mazzorbo !

Nel 1564 le Monache di San Maffio di Mazzorbo notificarono ai Sopraintendenti alle Decime del Clerodi possedere 24 case in Contrada di San Maurizio a Venezia, vicino alla “Casa Nova” del magnifico Marco Zorzi Corner. Ne possedevano anche altre al Ponte di Ca' Malatin, e altre ancora in Campo San Mauritiocomperate nel 1320 dalla stessa Plebania di San Maurizio(le medesime case furono restaurate dal Monastero di San Mattio di Mazzorbo ancora nel 1762 sotto la Badessa Marianna Manzoni… a distanza di 4 secoli ½ ).

Nello stesso 1564, quando le Monache spesero ben 20 ducati “per un disnàr obbligatorio con i Confratelli della Schola di Santa Margherita”, nacque un putiferio durante la Visita del Patriarca Trevisan al Monastero. Suor Brodata Minio protestò aspramente: “… circa l’obbedienza che vien data all’Abbadessa la ghene ha pocha et malissime da quelle zovene.” … Fu poi il turno di Suor Paola di Albori che accusò altre due Monache apostate: “… ha trattà l’Abbadessa come fusse sta una massara et non una gentildonna.”...Suor Andriana Basaldonna aggiunse: “… la è obedida tanto quanto la sa comandar ma povereta non la sa comandar, et la ze poco obedida.” … le Monache riferirono inoltre che “… non si manza più in Parlatorio…”
Non era solo uno sfogo, perché era accaduto di peggio … Le Monache del San Maffio avevano infatti inviato una lettera ai Provveditori Sopra ai Monasteri in cui si opponevano al ritorno in San Maffio di Suor Giustina Corner e di sua sorella espulse in precedenza per il loro comportamento immorale e spudorato: “Clarissimi et illustrissimi Signori …” scrivevano, “Se dalla sua bona Giustizia noi povere et infelici Monache Osservanti di San Maffio di Mazzorbo non saremo suffragate senza dubbio al nostro Monasterio, che per tanti e tanti anni è passato senza alcun scrupolo de infamia, hora serà fatto vergogna del mondo et questo per causa di due scelleratissime sorelle Catharina et Giustina Corner, la qual Catharina parturì già una creatura nel nostro Monasterio con grave scandalo di tutte le bone Religiose, el qual così grave eccesso passò impunito per la potentia di favori de grandi i quali ingannando il nostro Capitolo con un brieve falso la fecero assolver, siccome è notissimo.
Donde nacque da poi che Giustina sua sorella cascò nell’istesso errore, la qual conosciuta gravida fu manata fuori del nostro Monasterio con l’autorità del Capitolo nostro et Superiori, havendo fatto sapere tutti questi successi al Reverendissimo nostro Patriarca all’hora esistente in Trento.
Il quale comise al suo Reverendo Vicario per mandato espresso et intimato a noi, che per niun modo la detta Giustina fosse accettata nel nostro Monasterio, come era giusto et conveniente. Nondimeno per la sua sfrenata audacia ardisce con i soliti favori di voler entrare nel nostro Monasterio. Per la qual cosa noi tutte, prostrate alli suoi piedi piene di lacrime, humilmente per viscera jesu Christi le pregamo che per Giustizia et per honor di questa bene istituita Republica non sia dato occasione (col lassar entrar questa) alle altre del nostro et delli altri Monasteri di questa città di cascar in simili errori contra l’honor di Dio et scandalo del mondo.”

I Provveditori accettarono la proposta delle Monache, e il Patriarca“aggiunse del suo” perché diede ordine di riaccogliere le Monache nel Monastero per carcerarle lì dentro per qualche anno.

Nel luglio 1575, quando le Regole del Monastero di San Maffio di Mazzorbo prevedevano che il giorno in cui una Monaca prendeva i Voti definitivi si doveva presentare al Confessore del Monastero con 6 regali: un paio di colombe bianche vive dentro un cesto pieno di profumati garofani; una scatoletta contenente quattro collari da uomo; un Agnus Dei o Messale rilegato in raso cremisi e ricamato in oro; un cesto di biscotti; un paio di polli e un dolce di marzapane accompagnato da 6 fazzoletti ... si avviò un’indagine su Alvise Bollani e Simon Donà che tenevano pratiche illecite con Suor Caterina Corner… Ancora lei ? … quella del 1564 ? … il carcere nel Monastero non le era servito a niente.

Nell’agosto 1614 si avviò un nuovo processo: “per le visite frequenti di un Frate effettuate in San Mattio di Mazzorbo e anche al San Rocco e Margherita e al Santa Chiara in Venezia”... Tre anni dopo, i partecipanti a una festa di nozze fecero visita al Monastero di San Mattio in piena notte, e dopo aver lì cenato vennero convocati dai Provveditori. Fra loro c’era Nicolò Cressi incorreggibile frequentatore di Parlatori di Monache presente a San Maffio proprio nel giorno in cui era appena stato rilasciato dalla prigione. La visita aveva compreso anche una sosta al Monastero di San Sepolcro che stava sul Molo di San Marco a Venezia, e anche un’altra in un Monastero di Murano.
Nell’aprile dell’anno seguente, pervenne alla Serenissima una segnalazione-supplica urgentissima da parte delle Monache di San Maffio di Mazzorbo: “… era d’uopo considerare urgentemente le cause per le quali il mal d’aere possi aver preso tanta forza … che in pochi giorni habbi cagionato la morte di otto d’esse Reverende Monache…”. In verità più che di “male arie” si pensava che ci fossero stati degli avvelenamenti fra le Monache … I periti Giovanni Alessandro Galesi, Tommaso Contin e Camillo Guberni inviati subito sul posto dalla Serenissima individuarono la causa di tante morti. Non si trattava di “male arie”, ma di “male acque dolci” portate in Laguna dal flusso dei fiumi Marzenego, Dese, Zero e Sile ... le Monache le avevano bevute, ed essendo acque tossiche e inquinate … divennero mortali.

Ma che ci buttavano e scaricavano nei fiumi già da allora ?

Nonostante tutto, nel 1620, poco prima della grande Peste che affossò Venezia e i Veneziani, alcune Nobili Famiglie Veneziane: Grimani, Falier e Genova presentarono una petizione a Romachiedendo che ad altre delle proprie figlie venisse concesso di poter entrare come Monache in San Maffio di Mazzorbo pur avendo già nel Monastero altri parenti. C’erano: Marietta Grimani, Lucrezia Falier e Federica Genova da sistemare … e il Monastero di San Maffio di Mazzorbo dove ciascuna aveva già altre 2 sorelle, era uno di quelli che in giro per Venezia si diceva:“andasse per la maggiore e tirava su parecchio”.

Nell’ottobre 1642 avvenne ultimo processo per “Frequenti visite di un secolare al Monastero di San Maffio di Mazzorbo” ... Per vent’anni, dal 1766 al 1788, Bonaventura Furlanetto celebre compositore Veneziano musicò diverse Cerimonie di Vestizione di Nobili Monachedel San Mattio … Infine giunse la soppressione napoleonica del 1806, quando le 26 Monache Cistercensi vennero portate via e trasportate nel Monastero di Santa Maria della Celestia di Castello. Dal Monastero si asportarono molte opere di pittura e scultura; il Delegato della Corona elencò 92 dipinti e 14 sculture in terracotta e legno di cui si persero completamente le tracce ... In chiesa c’erano quattro tavole dell’Ingoli: una “Sant’Elena in ginocchio che tiene la Croce con alcuni puttini in aria”, una “Visita di Santa Elisabetta”, un “San Girolamo con San Carlo e una Santa Badessa”, e una “Santa Margherita con la sua decollazione vista da lontano” ... Il Boschini ricordava nelle sue “Minère dell’Arte Veneziana” che: “… sull’Altar Maggiore c’era una tavola con vari Santi, una Monaca e tre Angioletti che suonano, attribuita dal alla Scuola del Vivarini”… Tutto è scomparso !



Nel novembre di due anni dopo la ditta Fratelli Pigazzi acquistò per lire 392 in tutto gli organi e le cantorie di San Domenico di Castello, di San Vito e Modesto di Burano, di San Marco e Andrea di Murano, e di San Maffio di Mazzorbo ... mentre nel gennaio 1815:“… una casa che era ad uso di foresteria appartenente al Monastero di San Maffio al n° 22 di Mazzorbo era nella Lista delle vigne, orti, beni da affittarsi dalla Direzione del Demanio di Venezia nei giorni d’asta 12 e 16 febbraio seguenti”… Il Monastero di Mazzorbo divenne prima caserma militare e poi venne demolito per costruire un canale detto di Santa Margherita… dove ora tutto è scomparso ovviamente.

I Monasteri di Mazzorbo, come avete ben capito, facevano quasi a gara fra loro e con quelli di Murano e Venezia “su chi la combinava più grossa, più grave e più stramba”.

Nel 1777 secondo la cronaca del Formaleoni: “… a Mazzorbo nella Podesteria di Torcello dove un tempo c’erano 5 parrocchie, ora ne rimangono solo due: San Pietro e Sant’Angelo con quattro Monasteri di Monache e un Ritiro di Romite che sono la miglior parte della popolazione di 250 Anime dell’isola ... Il Podestà di Torcello si porta lì una volta al mese per giudicare le frequenti liti degli abitanti.”… che continuavano ancora dopo secoli.
Quando nel gennaio 1806 ritornarono le truppe Francesi in Laguna, si divise il Dipartimento dell’Adriaticoin 34 Comuni suddivisi in 3 Distretti alle dipendenze del Prefetto di Venezia: Venezia, Chioggia e Burano. Il Distretto di Burano comprendeva 16 Comuni, fra cui Burano stesso: Comune di 2 classe con 8.000 abitanti, Torcello: Comune di 3 classe con 200 abitanti, e Mazzorbo: Comune di 3 classe con 267 abitanti.

Ancora nel 1924 il Comune di Burano contava 9.574 abitanti di cui 5.252 nel capoluogo, 1.841 a Treporti, 1.592 al Cavallino, 288 a Lio Piccolo, 142 a Mesole, 150 a Torcello, 29 a Santa Cristina, 16 a Montiròn, 9 alla Cura, 211 a Mazzorbo, 22 a San Francesco del Desertoe 22 nelle Valli Dogado-Grassabò e Ca’ de Riva.

Nel 1936 andarono a rifugiarsi nelle Casermette e nel Forte di Mazzorbo gli sfollati di un’epidemia sorta a Burano nella zona Spagnera-Cavannella dove … sfortuna nella sfortuna … per lo scoppio di un reperto bellico bruciò tutto.

Nel 1960 nei pressi del Canale di Mazzorbo esisteva una stazione sperimentale di coniglicoltura ora dismessa … nel 1981 il Comune di Venezia ha dato in concessione agli Scout dell’AGESCI il Forte abbandonato di Mazzorbetto parte integrante con 6 bocche da fuoco della Linea Difensiva Austriaca che proteggeva il settore Nord-Est lagunare, le Valli da pesca e le foci del Sile e del Piave. Il Forte venne costruito dopo la demolizione del Monastero di Sant’Eufemia utilizzando l’area dell’antico chiostro come piazza d’armi. Durante la ritirata di Caporetto del 1917 si sparò di precisione con le artiglierie di Mazzorbetto su San Donà di Piave e sul Porto di Cortellazzo a molti chilometri di distanza.… e nel 1991 nella zona Mazzorbo-Torcello si contavano: 19 aziende agricole con 175,26 giornate lavorative medie annuali.

Pensate che vi ho detto ormai tutto su Maiurbium ? … Invece no !

Non posso terminare di dire su Mazzorbo tralasciando di raccontarvi del Monastero di Santa Maria Vergine in Valverde e di San Leonardo Confessore detto comunemente “La Valverde de Mazorbo”.  
Venne istituito alla fine del 1281 in un fondo abbandonato di Mazzorbo donato da Egidio Galucci Vescovo di Torcello a tre Monache Cistercensi in fuga dal Santa Caterina di Chioggia. Di quel complesso monastico rimane oggi solo quel campaniletto solitario in fondo a Mazzorbo visibile andando verso Burano.
Nel 1302 confluirono alla Valverdeanche le poche Monache rimaste nell’isola ormai quasi sommersa di San Adriano di Costanziaco che proposero la loro Badessa Tommasina Morosinicome guida di tutte le Monache unificate. Fu nel 1333, con l’avvento della nuova Badessa proveniente dal Monastero di San Giovanni Evangelista di Torcello che le Cistercensi della Valverde divennero di Regola Benedettina.

Nel novembre 1508 si condannò il “monachino” Fabrizio Succi: “… per essere entrato più e più volte in Convento avendo avuto copula carnale e disonesto commercio con Suor Cecilia Baffo”... e questa fu una storia ... Qualche anno dopo, nel dicembre 1515, si pervenne alla condanna di 6 mesi di carcere e 100 ducati di multa per Alvise Agostinus “telarolus et monachinus” colpevole di sacrilegio col le Monache della Valverde ... Nel 1539 Cornelio Pesaro Vescovo di Zara provò a risanare “il buon nome” della Valverde donando alle Monache una preziosissima quanto Santa Reliquia di San Leonardo, perciò fu giocoforza che si aggiungesse quel titolo al nome del Monastero ... ma fu tutto inutile: niente da fare. Certe Monache si comportavano come prima, il loro “Modus vivendi” era quello, e la società di quei tempi funzionava così.

Fra aprile e luglio 1658, infatti, trascorsi ormai gli anni scabrosissimi della “Peste Granda”, si tennero diversi processi che interessarono le Monache della Valverde… e non solo. Se ne tenne uno “Per visite di foresti e di un Patrizio nei Monasteri” ... Poi accadde che tre abitanti di Burano venissero denunciati per essersi recati in una notte al chiaro di luna nel Campo di San Vito a Burano, e dopo essersi messi nudi davanti al Monastero avevano fatto chiasso in faccia alle Monache formando anche un fantoccio di paglia lasciato fino al giorno successivo col membro dipinto e un campanello attaccato che le Monache tiravano e facevano suonare per tutta la notte ... Contemporaneamente si denunciò anche Alban Minio Buranello ma residente nella Contrada di San Cancian a Venezia, per avere troppe amicizie sospette coi Monasteri di Burano, Mazzorbo e Torcello in particolare con una Monaca della Valverde: Suor Degnamerita Donato. Costui era recidivo, perché in precedenza era già stato denunciato insieme a Prete Domenico suo fratello, e a Bernardino Zane Caporione di Buranoche fu assolto presentando falsi testimoni. Solo in seguito lo stesso Bernardino Zane venne bandito dal Consiglio dei Dieci da tutti i territori della Serenissima e dal suo Dominio per aver ingravidato una Monaca del San Vito di Burano … e venne bandito pure Domenico Minio che era solito andare di notte nei Monasteri di San Mauro di Burano e di Santa Caterina di Mazzorbo dove “ne combinava di cotte e di crude e di tutti i colori”. Era andato nei Monasteri a Carnevale a cantare e suonare, aveva portato fuori dalla Valverde Suor Degnamerito che era poi morta di parto. Inizialmente s’era condannato erroneamente il solo Nobile Zuanne Raimondo, che però non era l’unico colpevole, ma alla fine si scoprì anche Minio al quale oltre al bando si comminarono anche 3 anni di carcere severo.

Come non bastasse, nell’agosto 1670 si tenne un ulteriore processo per “Ruffiani in Convento” tre anni dopo ce ne fu un altro per “Visite frequenti di un Prete al Santa Caterina e alla ValVerde di Mazzorbo”.

Nel settembre 1682 Jacopo Vianoli Vescovo di Torcello passò in Visita Pastorale per dare un’occhiata e una controllatina, così come nell’ottobre 1699 tornò di nuovo anche il Vescovo Marco Giustiniani che passò in rassegna il Refettorio, i Parlatoi, le Celle, il Noviziato e perfino gli orti e tutta l’area coltivata: ... era tutto a posto, in regola e ancora una volta tranquillo. Non c’era niente di anomalo da costatare … eccetto il fatto che i muri portanti degli edifici stavano crollando in acqua sempre di più … Nel 1754, infatti, un documento dell’epoca dichiarò gli edifici della Valverde: “quasi inservibili”… Si era però verso la fine della “Storia delle Storie di Mazzorbo”, perché nel 1768 il Monastero venne soppresso per decreto del Senato della Serenissima, e le Monache unificate con quelle del Santa Caterina di Mazzorbo.
Vent’anni dopo tuttavia, i Provveditori informavano il Doge che la Valverde di Mazzorbo pur avendo speso 1.200 ducati per restaurare le mura perimetrali, era indebitato per almeno 10.700 ducati per le spese di mantenimento delle Monache … Ce ne mettevano però di tempo le Monache della Valverde a traslocare e ad andare con le altre del Santa Caterina !

Poi tutto e tutti, come sapete bene, caddero insieme a tutta la Repubblica Serenissima, e la devastazione fu grande ovunque … Nel febbraio 1834 venne richiesta una stima per acquistare le pietre del solo campanile rimasto di quel che era stata la Valverde venduta ormai da tempo al Comune di Burano per usarlo come Cimitero.

Altro che isolette sperse in fondo alla Laguna ! … Con tutti quegli andirivieni e quegli intrallazzi Mazzorbo pareva una moderna e caotica metropoli.



Poco distante dalla Valverde, sorgeva anche San Michele Arcangelo o Sant’Anzolo de Mazzorbo che spendeva nel 1564: lire 6 e soldi 4 l’anno per le spese della chiesa, ossia: “ostie, concieri per le feste, per il sepolcro, per battizar la crose et altro che ocorre ala zornada” ...  alla Visita del Vescovo di Torcello Grimani la Parrocchia contava 200 anime nel 1591.
Anche Sant’Anzolo di Mazzorboera prestigioso e antico, oltre che ricco … Alla fine del 1237 sotto ai soliti portici di Rialto: Nicola fratello del defunto Ragusi figli di Grifo da Costanziaco, e sua sorella Costantina moglie di Giovanni Berengodel Confinio di Sant’Angelo di Mazzorbo vendettero a Umiltà Badessa di San Maffio dell’isola di Costanziaco una casa e una terra sita nella stessa isola, e una vigna per lire 125 di Denari Veneti. L’appezzamento di terra e la casa confinavano con San Maffio e una Calle di 4 piedi verso il Rio; mentre la vigna confinava col canale, la palude, San Maffio e il Rio del Rovere ... Tre anni dopo, sempre a Rialto: Leonardo Donà del Confinio di Sant’Angelo di Mazzorbo vendeva a Marino Bon da Costanziaco un’altra casa con terra sita nel Confinio di Santa Maria di Torcelloper lire 45 di Denari Veneti. Questa volta l’appezzamento confinava con la Calle Comune lungo il Rio e con le proprietà di Zeto, di Filippavedova di Liberale Barello, e di Mariotta Mauro ... Nel gennaio 1265, invece, ancora a Rialto davanti al Notaio Benedicutus Manfredus Prete di San Pauli(ossia San Polo):Giacomo Narissi del Confinio di Sant’Angelo di Mazzorbo cedeva per soldi 5 di Denari Grossi al Prete Nicola Marango del Confinio di San Pietro di Mazzorbo una terra sita nel detto Confinio di Sant’Angelo… era tutto così: Mazzorbo era un posto vivissimo, attivo e fibrillante, non come le placide, bucoliche e silenziose rive e campi che si possono notare oggi.

Durante una delle tante Visite Pastorali successive, quella di Marco Giustiniani del 1699: la chiesa di Sant’Anzolo di Mazzorbo si presentava a tre navate divise da colonne, con Coro ligneo e Abside Maggiore con altare separato dal resto della chiesa, e “telèro in vari comparti dipinto dal Vivarini”… dal 1748 al 1805 in Sant’Arcangelo di Mazzorbo fu attiva anche una Schola della Beata Vergine  della Salute ... mentre nel 1747: “una Confraternita di Pii Veneziani devoti a San Michele salvò la chiesa dalla distruzione risarcendola e sostenendola”… In precedenza il Monastero aveva chiesto come tutti gli altri pubbliche sovvenzioni per lo sfaldarsi dei muri perimetrali e delle fondazioni dell’isola. “Tutto sta andando in acqua !”, si scriveva allarmati al Pubblico. Il Proto Giovanni Scalfarotto andò subito a controllare l’edificio e relazionò alla Serenissima: “… Sant’Anzolo sussiste si può dire per miracolo, vedendosi cadente le muraglie et rotti e pontollati li suoi coperti …”

Mentre stava accadendo il devastante tornado napoleonico-austriaco, nel giugno 1811, Don Luigi Pisani era Piovano di San Michele Arcangelo di Mazzorbo… la popolazione era diminuita fino a 150 Anime, e il Prete si lamentava di poter usufruire per vivere di sole lire 323,24 provenienti da Livelli e Redditi di Stola e dalle magre rendite concesse dal Ministro per il Culto dopo aver soppresso le chiese di San Pietro e San Bartolomeo di Mazzorbo unificandole con Sant’Anzolo.

Risposta alle lamentele ? … Nessuna: “Che s’accontentasse d’aver ancora una chiesa aperta !”… Alla fine del marzo 1825 un documento dell’epoca ricordava il crollo della Cappella Maggiore dell’Anzolo de Mazzorbo … “perciò si dovette procedere alla totale demolizione di tutto”.

C’era infine anche San Pietro Apostolo di Mazzorbo che un tempo era il Duomo dell’intera isola di Mazzorbo … si diceva costruito con materiali preziosi portati da Altino, e con San Bartolomeo era una delle 2 Pievi della parte orientale dell’isola. Dopo qualche tempo, San Piero incluse San Bortolomio ridotto a cadente Oratorio, infine ridusse anche se stessa a: “… luogo povero e disadorno in attesa di soppressione con un portico di poche colonne di marmo greco davanti, e una palla d’argento dorato all’interno dove sull’Altar Maggiore c’era una tavola con “San Pietro e San Paolo” di Pietro Ricci, e un altro altare di Santa Margherita con una tavola di Francesco Ruschi con: “Nostra Donna e San Nicolào, San Bartolomìo e Santa Margarita”.

Già nel 1207 San Pietro secondo antichi documenti era la chiesa Matrice delle isole circumvicine. In quell’epoca lontana venne fatta una donazione al Piovano di alcune “acque” vicine alla chiesa. Una delle tradizioni antiche delle Lagune voleva che proprio in San Piero de Maiurbo avessero predicato San Francesco d’Assisi e Sant’Antonio da Padova. In quei secoli quindi la Pieve Mazzorbese era rinomatissima.

Nel febbraio 1216 a Torcello: Orio Lando Prete e Piovano di San Piero de Mazorbo vendeva per lire 29 di Denari Veneti a Vitale Ianasi dallo stesso Confinio una terra con casa di legno confinante col canale, la palude, e le proprietà di Domenico Da Canal e Leonardo Damiano, di proprietà della chiesa di San Piero ... nel giugno 1235, invece, sotto ai Portici di Rialto: Simone Bon del Confinio di San Pietro di Mazzorbo vendeva per lire 90 di Denari Veneti a Endrebona Ministra del Monastero di San Maffio di Costanziaco una terra e una casa nell’isola di Costanziacoconfinante con la terra del fratello di Marino Bon, con altre terre del Monastero, e i beni già di Ragusio ... Quattro anni dopo, sempre a Rialto:Guido Ministeriale attestava che il 30 del mese, per ordine del Doge Giacomo Tiepolo e dei Giudici dell’Examinador, aveva investito “sine proprio” Giovanni Bonio del Confinio di San Piero de Maiurbium di una terra con casa in detto Confinio, e di un’altra terra colà sita acquistata da Giacomina vedova di Marino Fel dallo stesso Confinio, ora Monaca nel San Zaccaria di Venezia ... A Torcello nel dicembre 1243 e nel marzo seguente, lo stesso Giovanni Bon del Confinio di San Piero di Mazzorbo vendeva a Pietro Navager del Confinio di San Giacomo dell’Orio la stessa casa con terra sita nel Confinio de San Piero per lire 19 di Denaro Veneto … Pietro Navager aveva già acquistato in precedenza per 60 Denari Veneti e col consenso di Stefano Vescovo di Torcello da Pietro Bonci Piovano di San Piero di Mazzorbo un’altra terra sita nello stesso posto confinante col canale, il Rio Ferrario e un altro Rio, e con le terre di Pietro Casarolo, il Fondamento Duce, e quelle di Alda Da Ponte. Erano presenti e testimoni dell’atto: Marco Vitale Pievano di San Massimo di Costanziaco, e il Notaio Andrea De Mullianis con Jacobus Corrado Arciprete di Torcello ... A fine anno, lo stesso Piovano Bonci vendette allo stesso Piero Navager un'altra parte di terra … stavolta in cambio di un Antifonario Notturno … Qualche anno dopo, stavolta direttamente a Mazzorbo: Aurofina e Cecilia figlie del defunto Pietro Ruybulo ancora dal Confinio di San Piero di Mazzorbo concessero al Veneziano Pietro Mocenigo del Confinio di San Giovanni Crisostomo, e a Pietro figlio del defunto Pietro Viaro del Confinio di San Maurizio di prolungare il capo dell’argine dei loro mulini fino all’inizio del loro orto con diritto di passaggio attraverso una casa per recarsi sull’argine. Testimone di tutto era ancora Pietro Bonci … lo stesso Piovano di San Pietro di Mazzorbo … probabilmente quasi immortale ... Nel gennaio 1265 a Rialto di fronte al Notaio Benedictus Manfredus Prete di San Polo: Giacomo Narissi del Confinio di Sant’Angelo di Mazzorbo vendette per soldi 5 di Denari Grossi a Prete Nicola Marango del Confinio di San Pietro di Mazzorbo una terra sita nel detto Confinio di Sant’Angelo…. Insomma: era tutto così, di continuo ... Anche in quell’angolo di Mazzorbo si viveva e commerciava, comprava e vendeva … Non c’era tempo da perdere, “tutto girava” ... e si andò avanti in quella maniera per secoli.

Giunta la metà del 1500 si davano ancora ogni anno lire 6 e soldi 4 ossia 1 ducato al Capitolo di Torcellonella Festa di San Piero, e si spendevano ogni volta lire 18 e soldi 12 ossia 3 ducati per solennizzarne la ricorrenza, ma iniziò un veloce declino del luogo e delle persone: nell’agosto 1682 il Vescovo Jacopo Vianoli in Visita ricordava ancora: “… la chiesa a tre navate divisa da colonne di marmo, e la presenza di una bella Iconostasi a 12 colonne con statue di Santi Apostoli, un prezioso Crocefisso centrale, e una Pala d’argento con alcune figure fra cui San Pietro Apostolo … il tetto era “rusticalis” e c’erano due portici corrispondenti alle due porte principali.” … A fine secolo, alla Visita del Vescovo Grimani la Pieve contava solo 190 Anime, e il Vescovo ordinò di ridipingere ed indorare la pala dell’Altar Maggiore che era tutta scrostata e cadente.

All’inizio del 1700, infatti, Pre’ Antonio Regazzo Cappellano-Rettore di San Piero de Mazzorbo veniva accusato di non voler pagare l’affitto per la casa di 4 stanze che abitava, proprietà come altre tre vicine delle Monache di Santa Caterina di Mazzorbo … Qualche anno dopo, nel 1736: il Piovano Baldisserra Ferrazzi stava ancora peggio: nella relazione al Vescovo Diedo per la Visita Pastorale si lamentava di dover fungere da Cappellano alle Monache del San Maffio per poter racimolare un po’ di denaro per vivere in quanto le elemosine della Pieve erano scadenti ... a poco contavano i 22 ducati annui che gli fruttavano le due Schole ospitate in chiesa sull’altare del Rosario e su quello di Santa Margherita.

A settembre 1771, alla Visita del Vescovo di Torcello Nani, c’era ancora la Pala d’argento ridotta male. Il Vescovo ne ordinò il restauro … con quali soldi poi ?
Giunto infine il solito 1810 col tumultuoso riordino napoleonico, Sant’Angelo fu per breve tempo l’unica Parrocchia di Mazzorbo col Piovano Luigi Pisani che assommava in se tutto quel che restava di San Bartolomeo, San Pietro e Sant’Anzolo ... San Piero venne demolita, dando le Anime e anche il nome alla vicina chiesa di Santa Caterina … della preziosa Pala d’argento, come di tutte le altre opere che c’erano in San Piero non si seppe più niente … Nel gennaio 1815: “… un Orticello nella Contrada di San Pietro di Mazzorbo affittato a Botter Giovan Battista per 40:12 lire era nella Lista delle vigne, orti, beni da affittarsi dalla Direzione del Demanio di Venezia nei giorni d’asta 12 e 16 febbraio seguenti ... La proprietà risultava essere del Monastero di San Gerolamo di Venezia ...”

Basta … Ho terminato … Finalmente direte !



Che aggiungere ancora su Mazzorbo? … Poco o niente, mi pare sia più che sufficiente ... Potrei concludere dicendo che in quegli stessi posti di Mazzorbo quand’ero bambino, per via di un certo campanilismo sfegatato delle isole duro a morire, venivano considerati dai Buranelli in maniera diminutiva, anzi peggiorativa se non dispregiativa ... Parlare dei Mazzorbesi e di quelli delle Casermette era accennare a poco più che a dei pezzenti … Noi Buranelli eravamo il “Non plus ultra”, contavamo senza ombra di dubbio più degli altri isolani vicini … di certo di più dei Mazzorbesi e di quelli di Sant’Erasmo che erano solo ortolani e campagnoli”, eravamo forse alla pari (e un po’ di più) dei Muranesi… e un po’ meno dei Veneziani, che eravamo convinti avere sempre “la spùssa sotto el naso”.

Però si doveva stare attenti a far questi discorsi e parlare male dei Mazzorbesi, perchè la casa in cui i nonni vivevano in affitto apparteneva proprio a uno di loro … era perciò meglio essere sempre prudenti, e sostenere certe cose soltanto sottovoce … non si sapeva mai.
Mazzorboera quindi una “sorella minore” di Burano e della prestigiosa Torcello“una specie di Cenerentola povera della porta accanto” continuavamo a dire a Burano … anche se non era affatto così ... Maiurbius era stato per davvero un borgo curioso, ricco di Storia, un arcipelaghetto davvero interessante ... incantevole almeno quanto Burano.




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