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“aprile 1945: i cannoni del Cavallino puntati su Venezia.”

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“Una curiosità Veneziana per volta” – n°139.

“aprile 1945: i cannoni del Cavallino puntati su Venezia.”

Si è stabilito il 25 aprile 1945 come data simbolica della Liberazione e della fine della Seconda Guerra Mondiale, ma non è accaduto proprio tutto nello stesso giorno in giro per l’Italia … neanche a Venezia.

Quando i primi mezzi dell’Ottava Armata Britannica giunsero a Piazzale Roma il 29 aprile, i “giochi”a Venezia erano già stati tutti fatti e sistemati dagli stessi Veneziani che di fatto avevano già preso il controllo dell’intera città.

I Partigiani Veneziani avevano fama in giro per l’Italia d’essere attendisti, salottieri, poco pratici oltre di non annoverare fra le loro file gente qualsiasi ma solo pensatori, insegnanti e teorici dialogici. Non era affatto così.
Quello che non sapevano la maggior parte degli altri Partigiani Italiani era che a Venezia per la sua particolare indole e situazione territoriale era estremamente complesso agire. Venezia in quegli anni era satura di soldati Fascisti e di personaggi altolocati d’ogni sorta che s’erano concentrati in Laguna dove si sentivano più al sicuro.
Inoltre, cosa non da poco, la città era in mano ai temibili Tedeschi-Nazisti che controllavano perfettamente ogni cosa della Laguna. Possedevano una notevole concentrazione di uomini e di mezzi, e con le loro agili motozattere armate erano presenti e sapevano intervenire ovunque setacciando a piacimento la città, le isole e la Laguna. Non era facile riuscire a gabbare gli uomini della Gestapo: non erano affatto dei sempliciotti sprovveduti.

“Venezia è una trappola ! … Ci si sente un topo in casa del gatto …” commentò finalmente uno dei maggiori esponenti della Resistenza Italiana in visita anonima in Laguna. Anche lui inizialmente pensava d’andare tranquillamente avanti e indietro fra Mestre e Chioggia liberamente e senza alcuna difficoltà ... Invece, tornandosene sui suoi passi clandestini tirando un sospiro di sollievo dovette ammettere che a Venezia la situazione era per davvero parecchio difficile:
“I Crucchi hanno in mano e controllano tutto e tutti ...”

Quindi per i Partigiani Veneziani non fu affatto facile operare, e allora fu ancora più grande il loro merito quando portarono la città verso la Liberazione e la tanto attesa “resa dei conti”.

Curiosamente, ancora l’8 maggio seguente l’ultimo gruppo della famosa ed efficientissima (e tremendissima)X° MASFascistacomposto da centinaia di persone se ne stava ancora asserragliato e armato fino ai denti nella Caserma “Accademia” di Sant’Elena (l’attuale Collegio Morosini).

Neanche sapevano (o non volevano accettare)che la guerra fosse ormai terminata. Continuarono per alcuni giorni ad andarsene in giro pattugliando Venezia, e solo una settimana dopo si arresero agli Alleati consegnando malvolentieri le armi e ottenendo in cambio “l’onore della Bandiera”.

Chiusi lì dentro erano ancora convinti di riuscire a mettere in piedi un ultimo atto di resistenza armata ... cosa che non accadde. Le cronache Veneziane di quei giorni raccontano che dopo una Messa il Cappellano Militare tagliò a pezzettini l’ultima bandiera della RSI Fascista consegnandone un pezzetto a ciascun soldato schierato di fronte all’Armata Britannica che controllava ormai l’intera città. Fu quello l’ultimo atto della Seconda Guerra Mondiale a Venezia, quando praticamente tutta l’Italia era già stata liberata.

Non andò però via tutto così liscio. Una cosa di cui si parla molto poco, fu che in precedenza ci avevano pensato gli stessi Veneziani a ripulire e riprendersi faticosamente pezzo dopo pezzo l’intera città lagunare. All’annuncio dell’arrivo imminente degli Alleati nel Veneto e in Laguna, non è che i Tedeschi con i loro “supporter” Fascisti se ne fossero fuggiti via in disordine e alla disperata. Anzi ! … Erano prontissimi a rendere quella transizione la più difficile possibile.

Soprattutto i Tedeschi, pur essendo ormai platealmente sconfitti, continuarono baldanzosi come era loro abitudine inveterata a far ancora una volta la voce grossa: “Se non lascerete che ce ne andiamo liberamente con tutti i nostri uomini, i mezzi, le armi e tutto il resto …” tuonò picchiando i pugni sul tavolo il Comandante Tedesco capo della Platzekommandantur e della Wehrmacht di Venezia insieme al Console Tedesco davanti al Patriarca Adeodato Piazza che fungeva da mediatore con le forze di liberazione e Partigiane ormai alle porte per liberare la città, “faremo saltare per aria l’intera Venezia come già abbiamo saputo fare a Firenze e Varsavia. Il Ponte Littorio, la Stazione Marittima e gran parte della città sono già tutti minati, e tutti i cannoni del Cavallino sono puntati su Venezia, il Porto del Lido, l’Arsenale e altre costruzioni d’interesse bellico ... Provate a fermarci e di Venezia non resterà più niente.”



Erano i Tedeschi … che ci si poteva aspettare di diverso da loro ?

Comunque al di là delle diplomazie, delle trattative e delle minacce ufficiali, ci pensarono i Partigiani Veneziani insieme ai civili qualsiasi di Venezia, agli uomini della Guardia di Finanza e ai Secondini del Carcere di Santa Maria Maggiore a sgomberare fattivamente l’intera piazza Veneziana.
A Tedeschi e Fascisti non rimase che andarsene in fretta salvando il salvabile … se ne fossero stati capaci.

Progressivamente, cercando però d’evitare lo scontro frontale aperto e diretto, i Veneziani sfrattarono tutti i NaziFascisti dal controllo di Venezia. S’iniziò dalla Stazione Ferroviaria dove inutilmente per tutta la guerra Tedeschi e Fascisti avevano cercato di contenere e debellare le azioni di sabotaggio dei Partigiani Ferrovieri.  In tutta la guerra erano riusciti solo a scovarne e catturarne un paio …

Subito dopo la Guardia di Finanza prese di fatto possesso di altri punti nevralgici della città: prese il controllo della Caserma d’Artiglieria di San Giorgio Maggiore, del Tabacchificio, della Punta della Dogana alla Salute, della Banca d’Italia, dell’Acquedotto, del Catastoe del Molino Stucky. Poi progressivamente seppure con qualche scontro con i Tedeschi, un morto e qualche ferito si prese possesso anche delle Poste  e Telegrafi, della Telve, il Gazzettino, la Centrale Elettrica, la Cassa di Risparmio e gli stabilimenti e cantieri della Giudecca con la fabbrica bellica Junghans.

Gli stessi Secondini provvidero a difendere dall’interno il Carcere di Santa Maria Maggioresalvandolo dall’attacco dei Fascisti e dei Nazisti in fuga che intendevano prima d’andarsene“far piazza pulitaalmeno delle persone scomode”. Si liberarono inoltre i detenuti politici tenuti chiusi in Ospedale, nella Caserma Fascista di San Zaccaria e nella lugubre e truculenta Ca’ Littoria di Cannaregio sede della Federazione Fascista Repubblicana. I prigionieri politici Veneziani vennero giustamente liberati e poi armati per poter contribuire al massimo alla “liberazione totale” di Venezia.
In carcere al loro posto s’incominciò subito a mettere tutta quella serie di personaggi che avevano collaborato e contribuito a rendere presente e funzionante in maniera efficacissima in tutta la Laguna l’organizzazione NaziFascista.

La maggior parte dei Fascisti si volatilizzò provando a scomparire, ma i temibili e minacciosi Tedeschi non intendevano andarsene altrettanto facilmente: oltre a garantirsi con le mine e i cannoni una ritirata indolore, volevano bruciare tutto e lasciare dietro di se “tabula rasa” per non favorire in alcun modo il nemico che stava arrivando.
Con loro fu scontro fino all’ultimo, e si riuscì a strappare dalle loro mani Venezia pezzetto dopo pezzetto. Minato il Porto e il Ponte Littorio (della Libertà), avevano iniziato a dare alle fiamme l’Arsenale e tutte le strutture portuali, ma man mano che i Tedeschi incendiavano da una parte ritirandosi, i Pompieri e i civili Veneziani spegnevano dall’altra.
Ci fu qualche mitragliata Tedesca isterica in giro per la città: nel Canale della Giudecca dove i Tedeschi pestarono un Veneziano ubriaco che li stava prendendo per i fondelli: lo buttarono in Canale credendolo morto, ma costui si allontanò a nuoto continuando a insultarli; a Piazzale Roma sul Molino di Cannaregio(dove c’erano dei cecchini dei Partigiani. Fino al 2016 sono rimaste le tracce della rosa dei proiettili sparati sugli edifici e sulla torre dell’ex Macello e Molino ora divenuto Università). Vennero feriti con una mitragliati anche alcuni Chierici del Seminario in Campo alla Salute perché creduti gli autori di una pistolettata sparata contro i Tedeschi presenti all’Hotel Europa al di là del Canal Grande. Erano stati, invece, i Partigiani appollaiati sulla Torre della Punta della Dogana ad aprire il fuoco contro una motozattera Tedesca. I Tedeschi videro movimento nel palazzo di fronte a loro, perciò aprirono il fuoco in quella direzione (fino agli anni ’80 ho visto sulle finestre, gli infissi e i davanzali del Seminario i segni della mitragliata che arrivò da quella parte). Alla fine gli ultimi Tedeschi ritardatari dovettero capitolare lasciando in mano ai Veneziani l’ultimo convoglio in fuga con 57 ufficiali, 262 soldati Tedeschi e 5 marinai Fascisti che vennero fatti tutti prigionieri dai Veneziani.

A dirla tutta, all’atto della Liberazione alcuni corpi di Fascisti galleggiarono morti sulle acque della Laguna, così come quelli di alcuni Tedeschi che vennero lasciati trucidati a terra nelle callette di Venezia … Diciamo che quelli che finirono in prigione in un certo senso dovettero considerarsi fortunati per aver salvata la pelle (ne sanno qualcosa alcuni Buranelli Fascisti che vennero tratti fuori dal Carcere di Santa Maria Maggiore con l’intervento provvidenziale di Monsignor Marco Polo Piovano di Burano).

Nello stesso giorno venne organizzata un’accurata retata racimolando tutti i “Neri”allo sbando e alla deriva che cercavano di nascondersi e farla franca in giro per la Laguna ... A poco valse da parte di qualcuno anche a Burano, Mazzorbo e Torcello provare a nascondersi, o all’ultimo momento togliersi e liberarsi della “Camicia Nera” o voltarsi il basco scuro mostrano la fodera rossa. Fu tutto inutile perché vennero riconosciuti e additati agli Alleati e alla Resistenza dalla stessa gente delle isole: finirono tutti a Venezia nel solito carcere di Santa Maria Maggiore salvati anche dalla voglia della folla di linciarli.

I primi automezzi dell’VIII Armata Britannica entrarono festosamente a Piazzale Roma il 29 aprile 1945, e il giorno seguente il Piazza San Marco sfilarono le jeep del “carosello inglese” del Popsky Private Army facendo sette giri della Piazza.
I Tedeschi non c’erano più … e i cannoni del Cavallino non spararono neanche un colpo su Venezia.



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