Quantcast
Channel: #unacuriositàvenezianapervolta
Viewing all articles
Browse latest Browse all 357

“A Torcello a metà del 1300 ... fra Preti briganti, un Ospedàl e Monasteri quasi in rovina.”

$
0
0

“Una curiosità veneziana per volta.” – n° 140.

“A Torcello a metà del 1300 ... fra Preti briganti, un Ospedàl e Monasteri quasi in rovina.”

Torcello sapete tutti cos’è, dov’è e com’è … Sapete della sua Storia illustre, di com’era un grande emporio commerciale prima che lo diventassero Rialto e Venezia … Conoscete di certo la leggenda del “caregòn de Attila”, le origini Altinati e tutto il resto, ma a volte sfuggono alcuni flash storici, certi dettagli che fanno cogliere una realtà in maniera del tutto diversa … o perlomeno più curiosa, come piace dire a me.

Sulla Laguna di Venezia secoli fa si levava un nugolo di campanili e chiese, una flotta di Monasteri e Conventini di ogni sorta che ospitavano soprattutto le figlie dei Nobili Veneziani escluse dai grandi giochi matrimoni di convenienza. Nella sola isola di Torcello, che di certo non è mai stata una metropoli, ci sono state almeno sette di quelle piccole realtà Conventuali, e ciascuna con una sua precisa storia e identità. Attorno a queste ruotavano e vivevano i Torcellani, che voglia o non voglia sono quasi sempre stati un popolo destinato a impallidire e declinare di fronte all’inarrestabile crescita della vicina Venezia Serenissima.

A farvela breve, “pizzico e frugo” su costoro dentro a un pugnetto d’anni della Storia a cavallo della metà del 1300 … giusto per raccontarvi qualcosa che mi ha incuriosito un po’ di più.

Nel 1322: “l’universalità dei poveri di Torcello”, ossia l’insieme “demalciapài de la Laguna fra Torsèo, Mazòrbo e Buràn” si riunì interessata nel Palazzo del Podestà di Torcello con i suoi Giudici e Notai perchè c’era stata una donazione da parte di un Nobile Veneziano che li riguardava. Si trattava di costituire nell’isola di Torcello:“un novo Ospìssio par miseri despossènti”. In quegli anni non esisteva ancora in isola un’associazione capace d’interessarsi direttamente di quel tipo di situazione, perciò venne incaricata della gestione dell’Ospedalettola locale Schola di Santa Fosca di Torcello, che da quel momento assunse un ruolo assistenziale non solo per l’isola ma per tutto il circondario lagunare di Torcello, Burano e Mazzorbo. La prima mossa della Schola fu di dare al neonato Ospizio un apposito Priorenominato dal Podestà di Torcello e dal Gastaldo della Schola che s’imposero di scegliere nelle isole chi avesse avuto i requisiti peggiori per poter essere ospitato ... anzi: ospiziato a Torcello.



La gestione della realtà dinamica dell’Ospizietto di Torcello ebbe inizialmente successo … tanto che nel luglio 1341 Pietro Teldi Mastro dell’Arsenale della Contrada di San Martino di Venezia donò alla Confraternita e Ospizio di Santa Fosca una sua casa sita a Torcello per incrementarne le economie. Nel suo testamento c’è scritto che fece quella donazione: “per la salute della sua Anima e di quella dei suoi genitori”… perciò quella caxetta divenne la nuova sede dell’Ospedaletto di Torcello.
La Storia continua raccontando di quanto accadeva spesso a Venezia e quindi anche in fondo alla Laguna: l’Ospizio di Santa Fosca divenne sempre più facoltoso allargando progressivamente il suo patrimonio fino a superare quello della stessa Schola che l’aveva inizialmente “generato e sostenuto”. L’ “Ospeàl de Torsèo” possedeva terre nel Distretto di Treviso, una vigna affittata a Torcello (acquisita all’inizio del 1400), e nella stessa isola anche un altro terreno con casa di legno, e un ulteriore appezzamento di terra su cui il Priore decise di costruire delle caxette per finanziare ulteriormente l’Ospizio.

Tutto bene verrebbe quindi da dire ! … Mica tanto, perché nonostante l’Ospedaletto possedesse quei lasciti e quel bel patrimonio, l’Ospizio languiva non poco in quanto scomparivano e s’esaurivano troppo facilmente tutte le rendite … Strano ! … Allora come oggi, i soldi entravano da una parte e chissà dove andavano ad uscire da un’altra.

Già nel 1384, infatti, le Cronache Torcellane raccontano di come l’Ospedaletto fosse fornito di soli 6 letti in tutto: uno di questi era inutilizzabile, mentre altri tre che erano di tela erano strappati e malridotti. Non parliamo poi delle lenzuola dei letti ! … erano tutte ugualmente scadenti e lacere, mentre le imbottite erano piene di muffa tanto che non si osava collocarle in uso per gli ospiti ... I “secchi da notte” e il pentolame della cucina erano tutti rotti e senza manici … e l’unico bancone non aveva più il suo fondo usuale. Solo all’inizio del 1400 con qualche altro nuovo lascito si riuscì a rendere di nuovo utilizzabili 5 dei 6 letti rimasti.

Nel 1428: un Canonico del Duomo di Torcello impietosito da quella situazione lasciò per testamento 1 ducato all’Ospedaletto perché si comprassero delle lenzuola nuove … Ma le cose non cambiarono più di tanto … Circa vent’anni dopo, infatti, quando Pietro Bortolo Gastaldo della Schola di Santa Fosca di Torcellonominò il nuovo Priore dell’Ospìssio, lo fece a patto che il nuovo eletto rifornisse l’Ospedaletto a proprie spese di un nuovo letto efficiente e provvisto di tutto ... e già che c’era, il Gastaldo chiese al nuovo Priore di mettere anche un’immagine della Madonna “sòra a la porta dell’Ospeàl”, e gli ordinò ancora di far bruciare la sera di ogni sabato un’apposita luminaria davanti a quella nuova icona beneaugurante.
Le cose con quella nuova gestione Priorale sembrarono andare un po’ meglio, tanto che l’Ospedaletto riuscì addirittura a soccorrere e finanziare la Confraternita stessa di Santa Fosca fornendole contributi annuali in farina e legna da utilizzare per i pasti di carità offerti gratuitamente ai miseri della Laguna.
L’Ospizio stava così bene economicamente, che lo stesso Gastaldo Bortolo chiese e ottenne che fosse dato alla Schola di Santa Fosca la rendita d’affitto di una delle caxette di Torcello appartenenti all’Ospedale. L’Ospizio infatti continuava a recepire ulteriori consistenti lasciti da parte di Nobili famiglie Veneziane come i Dandolo, i Contarini e gli Emo che tuttavia lasciavano al Priore e agli uomini dell’Ospizio la libera gestione di quel significativo patrimonio.
Priore e uomini dell’Ospedaletto venivano scelti tutti fra le famiglie più in vista di Torcello: i Nalesso e i Bordolo… che in realtà grandi ricchi non erano, erano forse meno poveri degli altri isolani.



Le altre cronache “dell’Ospìssio de Santa Fosca de Torsèo” andarono quasi del tutto perse e dimenticate, così come si raccontò poco o niente dei “malciapài”che sostavano sotto ai portici di Santa Fosca e del chiesone di Santa Maria Assunta per ripararsi dalle intemperie dell’inverno. In isola stavano accadendo cronache diverse … nel 1374, ad esempio,“tenèva banco” sulle bocche di tutti l’insolita storia del Prete Marco da Torcello.

Era capitato che la Nobile Veneziana Donna Lucia si recasse un giorno a Torcello in compagnia di suo marito Buonaventura in visita al fratello Prete e Segretario del Vescovo di Torcello. E fino a qui: niente di che … Infatti, cenarono insieme dentro al Palazzo Vescovile di Torcelloaccanto alla grande Basilica nella più grande normalità cordiale fino a tarda notte. In compagnia degli altri invitati si divertirono, fecero musica e balli, e quando terminarono era già suonata da un pezzo la campana della terza ora di notte. A quel punto, vista l’ora tarda, fu impossibile trovare qualche barcarolo volonteroso disponibile a traghettarli fino a Venezia, perciò marito e moglie decisero di ritirarsi ospiti in una delle camere del Vescovado.
Fu poco dopo che iniziò per loro una notte di terrore e d’angoscia. Mentre il marito della donna mezzo ubriaco dormiva profondamente, la donna udì prima dei fruscii sommessi e dei rumori leggeri, e poco dopo nel buio avvertì delle mani sudicie che la toccavano dappetutto. Ovviamente urlò impaurita svegliando il marito, ma non videro nessuno, e i due rimasero svegli e impauriti tutta la notte, stando nell’inquietudine e mezzi vestiti con un coltello stretto in mano.

“Per fortuna quando Dio volle tornò l’alba e la luce del giorno … così potemmo letteralmente fuggire da quella trappola Torcellana …” spiegarono in seguito i due malcapitati.

L’autore della bravata notturna era stato uno degli invitati al banchetto della sera precedente. Si trattava di Prete MarcoCanonico di Santa Maria Assunta di Torcello, che come molti altri Torcellani nutriva dichiaratamente un: “odio profondo e grande disprezzo per i Nobili Veneziani”. Quella notte non aveva perso l’occasione per divertirsi alle loro spalle e poterli così deridere. Diversi testimoni raccontarono, infatti, che il giorno seguente Prete Marco andò a vantarsi e a raccontare tutto nei minimi particolari nella vicina osteria di Torcello dove s’intrattenne a lungo a mangiare, bere, ridere e scherzare insieme ad altri isolani suoi amici, complici e conniventi. Come riportato negli atti della denuncia presentata in seguito al Podestà di Torcello, Prete Marco raccontò a lungo nell’osteria di come la sera precedente ballando con Siora Lucia da Venesia le aveva sottratto alcuni anelli dalle mani. Non sazio di quel gesto, aveva spiato la coppia per tutta la serata, e infine era andato di notte a toccare la donna nel suo letto con l’esplicito intento di spaventare i due Veneziani.

“I Veneziani sono tutti stupidi …”disse il Prete nell’osteria, “e quella donna era una povera pazza ubriaca e furiosa …”

Esisteva insomma un notevole astio e un grande risentimento degli uomini delle Lagune verso quelli della Capitale Veneziana … Lo dimostra e conferma anche un altro episodio risalente al 1366. Stavolta il denunciato fu Prete Nicolò della Pieve di San Martino di Burano che oltre a tenersi stabilmente in casa una giovane donna di Burano come concubina, si raccontò essere anche abituato ad uscire di notte con altri compari e simili Buranelli andando armati e con barche a taglieggiare le persone soprattutto Veneziane di passaggio sulle terre e acque di Mazzorbo. Sfacciatamente poi, Prete Nicolò si vantava in giro per le isole di riuscire: “a far ogni notte buon bottino”.



Erano quindi parecchio “vispotti” i Buranelli e i Torcellani di quell’epoca … Nel 1377, infatti, un’altra banda di Buranelli si scontrò con una banda di Torcellani scegliendo Mazzorbo come luogo di scontro e battaglia. Raggiunta una festa e sagra da ballo che si teneva nella Contrada di San Pietro di Mazzorbo, innescarono una rissa furibonda lanciando ingiurie e offese, e sfoderando le armi contro i Torcellani nonostante fossero stati appena stati redarguiti, richiamati e multati delle guardie del Podestà di Torcello. Anche quello non fu un episodio isolato, perché nello stesso anno avvenne anche un’altra lite furibonda fra Buranellie Mazzorbesi. La causa fu stavolta del pesce rubato nottetempo da un Buranello in una peschiera di una Valle di Mazzorbo data in concessione a un Buranello. I Mazzorbesiaccortisi dell’intrusione furtiva, inseguirono il ladro Buranello fino al ponte principale di Burano intenzionati a sequestrargli reti e “sièvoli”(Cefali), ma giunti a Burano furono immediatamente investiti da una gragnuola di pietre lanciate dai giovani dell’isola, e subito dopo vennero sovrastati da sonore remate calate dai pescatori di Burano sopra le loro teste e spalle. Ai Mazzorbesi non rimase che fuggire.

E non è tutto ancora circa le storie di quelle isole … Dietro al Palazzo Pretorio del Podestà nell’Isola Maggiore di Torcello, esisteva fin da prima dell’anno 1000 un Monastero di Monache Benedettine situato oltre un piccolo ponticello, “sul bordo del palùdo” in una delle Isole Minori di Torcello. Oggi non ne rimane più niente, è tutto scomparso. Si trattava del Monastero di San Michele Arcangelo di Zampenìgo detto volgarmente dai Torcellani: “Sant’Angelo delle Campanelle” per via di alcune campanelle argentine che suonavano nel suo campaniletto ... “pignatèlle più che campanelle” dicevano i Torcellani.
Nel 1370 quel piccolo Monastero di campagna era totalmente in crisi, con poche Monache e ridotto in miseria. Lo stato dell’abbandono e dell’incuria era tale che gli isolani potevano permettersi di penetrare a piacimento dentro ai luoghi del Monastero per derubarlo di quel che volevano.
Due anni dopo, infatti, il Podestà di Torcello per salvare il salvabile fu costretto a ordinare a tutti coloro che possedevano nelle loro abitazioni oggetti provenienti “dalle Campanelle” di riportarli nel cortile del Palazzo Podestarile entro il giorno seguente … Il troppo era troppo ! … rimuginò di certo il Podestà.



Quella decisione fu però insufficiente, perché ancora nel marzo 1409 la Quarantia Criminal della Serenissima fu costretta a condannare in contumacia il Nobile Francesco Mudazio a: “Bando perpetuo da Venezia e da tutto il suo Dominio sotto pena di morte”. Era entrato con un suo servitore nella camera della Badessa di Sant’Angelo delle Campanelle di Torcello mentre dormiva con una Monachella di 16 anni di nome Faustina. Il servitore aveva tenuto a bada la Badessa con un coltello sotto alla gola, mentre il padrone aveva violentato la fanciulla: “in tranquillità”… Torcello in fondo alla Laguna di Venezia stava per davvero morendo del tutto.



Viewing all articles
Browse latest Browse all 357

Trending Articles



<script src="https://jsc.adskeeper.com/r/s/rssing.com.1596347.js" async> </script>