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“Le Romite sòra ai còpi de San Marcuola ...”

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“Una curiosità veneziana per volta.” – n° 147.

“Le Romite sòra ai còpi de San Marcuola ...”

Secoli fa non era insolito che a Venezia e in Laguna ci fosse qualche eremita o romita che abitasse isolato e recluso dentro a qualche campanile, soffitta, o loghetti limitrofi abbarbicati su per i tetti e i soffitti delle chiese. C’era un po’ “la santa mania” di vivere esperienze del genere in condizioni davvero scomode e spartane, e con servizi davvero ridotti all’osso. Era un po’ un’imitazione lagunare di certe esperienze esotiche dei Padri del Deserto famosi per vivere reclusi in cima a qualche rovina o colonna (i famosi Padri Stiliti), o fra gli anfratti o cime di qualche montagna come alle Meteore, e in caverne o in luoghi e scogliere a picco sul mare come accadeva al Sinai o nella Karulya della Teocrazia del Monte Athos.

Certo nel cuore di Venezia era tutt’altra cosa, e non si era per niente isolati, perchè si viveva immersi in una realtà vivissima … ma a Venezia accadeva ed era possibile un po’ di tutto, perché allora non provare a vivere anche così ? … A Venezia era tutto tollerato e concesso, bastava che non si andassero ad intaccare le regole, la sensibilità e gli interessi della Serenissima, o quelli più sofisticati, delicati, e più “puri e suscettibili” della Chiesa (ma non meno interessati).

C’erano inoltre Pii Istituti, Nobili, Pizzocchere, Monache e Frati che più di qualche volta aprivano dei propri balconi privati e dei terrazzini direttamente dentro alle chiese per ascoltare “con comodo o non visti” Messe e Funzioni di ogni sorta. Venezia, insomma, non si è mai smentita, era una sorta di grande calderone variopinto e bollente in cui succedeva un po’ di tutto.

Uno di questi posti insoliti e un po’ particolari sorgeva anche in Contrada di San Marcuola nel popoloso Sestiere di Cannaregio. Era una delle zone un po’ meno antiche di Venezia, fondata fra la fine dell’ottavo ed inizio del nono secolo, che costituivano come un interland e un allargamento dell’area commerciale di Rialtoe San Marco. Sembra che inizialmente quella zona limitrofa al Canal Grande ricca di paludi, canneti e ambienti di discarica e bonifica si denominasse isola Lemenea, ma si va a finire nel terreno viscido e incerto delle pure ipotesi e lontane supposizioni e ricostruzioni storiche a volte un po’ fantasiose. Anche a Venezia, quando non si sapeva circa l’origini di qualcosa e di qualche posto, spesso s’inventava … e chi aveva più fantasia faceva più bella figura dandosi un inizio pomposo.

Sta di fatto, quindi, che accanto e sopra e a fianco e in parte della chiesa di quella neonata Contrada di San Marcuola, (titolo che sintetizzava alla Veneziana i nomi dei Santi Ermagora e Fortunato) nacque a un certo punto quella specie di coagulo e piccolissima aggregazione di natura religioso-devozionale, ossia “un Romitorio abbarbicato per aria”. A dirla tutta: quello fu uno dei più antichi di Venezia.
Fra il Portico che c’era in antico davanti alla chiesa, e il tetto soprastante andarono a vivere e ritirarsi tre Pie donne: Benedetta, Lucia e Caterina, che sopravvivevano sostenute esclusivamente dalla pubblica elemosina. Erano “le Romite di San Marcuola”che trascorrevano la vita pregando e facendo penitenza ispirandosi alla Regola di Sant’Agostino che era seguitissima in quei tempi lontani.

Nel 1486 Papa Innocenzo VIIIconcesse alle Pie Donne di San Marcuola di avere un loro Prete che celebrasse Riti e Liturgie giusto per loro, e concesse anche che da due appositi “finestrelli prospicenti” potessero partecipare alle liturgie celebrate in chiesa pur standosene dentro al loro aereo romitorio sopra ai tetti della chiesa.

Figuriamoci il Piovano e i Preti della Collegiata di San Marcuola ! … che si videro limitati nei loro diritti, e privati del controllo di quelle “devote” che avevano radicate “in casa” ma libere dal loro controllo. Partì contro le Romite tutta una serie senza fine di processi e denunce che durarono dal 1487 fino al 1685 !

Un po’ bellicosi e vendicativi quei Preterelli !

Il Capitolo dei Preti proprio non voleva saperne di quelle donne importune che vivevano “sopra alla loro testa”… Per di più dicevano: “le Romite limitano le rendite delle elemosine offerte da quelli della Contrada” ... soldi erano soldi … Infatti, fecero di tutto per ostacolare le Eremite negando loro ogni ampliamento e libertà, e una volta sì e un’altra anche cercarono la maniera di allontanarle e sfrattarle dalla Contrada.

Nel 1518 Benedetta morì e le due Romite superstiti vollero accogliere tra loro una nuova consorella confermando la concessione del Papa … il Piovano di San Marcuola ovviamente si oppose … Ma quelle avevano la “Protezione Papale”…. quindi …arrivò la terza Eremita.
Nel 1561 il Patriarca di Venezia in persona accordò il permesso alle Romite di alzare il tetto del Romitorio, e pochi anni dopo il Nunzio Pontificio concesse loro anche la facoltà di svincolarsi dal controllo diretto del Piovano di San Marcuola … I Preti del Capitolo di San Marcuola erano furibondi e arrabbiatissimi … e quindi: giù ! … denunce e processi su processi.

Nel frattempo, non pensate che la limitrofa Contrada di San Marcuola fosse tutta e solo un posto di “basabanchi e bigotti di cièsa”, i Veneziani erano anche tutt’altra cosa !

Nell’agosto 1549, e proprio “de fàsa alla giesia de San Marcuola e sul Canal Grando”, tre fratelli Nobili Savorgnan: Tristano, Nicolò e Giovanni aiutati dai loro servi uccisero a schioppettate il Conte Luigi Dalla Torre che passava in gondola sul Canal Grande, ferendo pure il Conte GiovanBattista Colloredo ed altri presenti. Il Nobile Tristano Savorgnan venne condannato “al bando” dalla Serenissima, e sembra che il corpo del Dalla Torre sia stato sepolto “in un cassòn de legno”issato e collocato su una parete della chiesa dei Frari nel Sestiere di San Polo.

Come potete intendere, la Contrada di San Marcuola era parecchio attiva e vispa nella seconda metà del 1500. Nel 1570 lì abitava anche Andrea Calmo, bizzarro scrittore e recitatore di commedie, “che sapeva dare giocondissimo e nobilissimo piacere a tutta Venezia ch'ella maggiormente desidera … et ha fatto honore a sè ed alla patria”. I Registri Sanitari della Contrada lo ricordano: “morto adì 23 febraro 1570. Andrea Calmo d'anni 61, da febre giorni 10 in San Marcuola” ... Nella stessa Contrada e nella stessa epoca Prete Baldo Antonio Dottor e Letor, Prete Nicola Colichò de Arbe Grammatico, e un certo Bevilacqua insegnavano nella Scuola Sestierale di Cannaregioche aveva un numero variabile d’alunni fra 36 e 40 di diversa età fra cui un putto di 6 anni che imparava tutto a memoria.
Ancora nel maggio 1592 la Parrocchia-Contrada di San Marcuola contribuiva per la sua parte a mantenere la Scuola Sestierale pagando una “Texa (tassa) praeceptoris sexteriis Canalis Regii” di ducati 8 su un totale di 74 ducati che pagava l’intero Sestiere di Cannaregio.

Nei verbali della Visita Apostolica del giugno 1581 si segnalava che la chiesa di San Marcuola era: Parrocchia e Collegiata di Preti… e che in Contrada vivevano 8.392 Aneme ... L’Autorità Ecclesiastica invitò i Preti di San Marcuola a togliere tutte le bandiere e le casse da morto che erano affisse ovunque dentro alla chiesa, e nella stessa occasione processò e condannò pure il Prete Domenico De Andregisdetto Torta“per gravi irregolarità comprese fra: carnali, patrimoniali e vizi di gioco” ... Fra le altre cose segnalate, si evidenziò anche la presenza “sopra al portico dell'antica chiesa di un Romitaggio ove abitavano sei donne ascritte alla Regola di Sant’Agostino. Si accede al loro ritiro dal Portico antistante la chiesa attraverso una scala adiacente al muro della stessa. Queste hanno un piccolo Oratorio sacro dedicato al loro Santo dotato di paramenti ed ornato da dipinti di Girolamo Pilotti, Matteo Ponzone e Palma il Giovane con un: “Sant’Agostino e San Gerolamo”. Sopra l’Oratorio si trova il Dormitorio costituito da piccole e modeste cellette ...”

Dopo che nel 1610 “il Sacro Loculo sopra ai tetti di San Marcuola venne consecrato da Girolamo Porzia Vescovo d'Adria” ... scoppiò ancora una volta, prepotente più che mai, la Peste in tutta Venezia.



Gli abitanti della Contrada si ridussero a 5.409 … Nell’ottobre 1630, anno di Pestilenza, morì in Parrocchia di San Marcuola anche “Betta specchiera de ani 39, di sospeto di Peste in Corte della Specchiera presso la Calle dei Ormesini” ... Per dire il gran disagio di quel fenomeno, ancora nel maggio di sei anni dopo tre Padri Domenicani: due da Napoli e uno da Roma che predicavano in giro per Venezia nelle Contrade di Santa Maria Formosa, San Geremia e appunto San Marcuola, supplicarono  protezione e sostegno dalla Serenissima per le molestie che venivano loro inflitte dalla gente nelle chiese in cui predicano ancora provate dalle angustie dei tempi e della Pestilenza … Nell’ottobre 1643 morì anche Zuanne Campelli, di anni 36, “…colpito da febbre e mal di Mazuco per il qual mal si ha butato in acqua et se ha negato essendo 5 giorni che se ha butato in letto con sudeto male … in Cale del Amigoni.”… In Contrada c’erano attive 131 botteghe e due Pistorie: “ai Do Ponti” che consumava 5.627 stara di farina annue, e quella “in Rio Terrà” che ne consumava 3.228 stara.

Nel 1663-1665 la NobilDonna Angela Darduin moglie del NobilHomo Angelo Giustinian lasciò per testamento alle Romite di San Marcuola quattro campi con casa padronale annessa a Carpenedodi Mestre con l’obbligo di celebrare una Messa in ciascun sabato a Carpenedo. Le Romite di San Marcuola vendettero subito quel “lascito scomodo” per 1400 ducati, e costrinsero il compratore a pagare “annue lire 72” al Parroco di Carpenedo perchè celebrasse “quelle suddette Messe dovute alla Memoria”.

Giunto il 1669, quando Contarina Barbi Priora delle Putte dell’Ospeàl lasciò sei quadri alle Romite, e quando Papa Clemente IX confermò l’autonomia delle Pie Donne di San Marcuola, accadde l’inevitabile con grande soddisfazione dei Preti del Capitolo della stessa chiesa. In quell’anno spuntò fuori una grossa infiltrazione d’acqua sul tetto della chiesa di San Marcuola che perciò necessitava di urgenti interventi di restauro constatati dal Proto della Serenissima Baldassare Longhena(quello che costruì la chiesa della Madonna della Salute).
Il 05 gennaio 1676 infatti, lo stesso Baldassare Longhena scriveva ai Provveditori Sopra ai Monasteri della Serenissima: “…trasferir mi debi sopra locho dalle Reverende Madri Romite, quale confina con la chiesa di S.marcuola et veder la giesola di dette reverende madre, che son in solaro sopra il sottoportico di detta chiesa et veder ogni parte, se son sicure ovvero se minaziase ruvina…ho veduto l’altar in detta chiesola di esse reverende madri è fabbricato sopra la travatura molto debole et in diverse parti offesa verso il muro della scala, asende in detta giesola. Visto la piana over lapide  che sopra quella si celebra le santissime messe, qual è calatta dalla debolezza di detta travatura, onde farebe bisogno di riparar tale pericolo, inspesir detta travatura et poner un fillo con modioni di piera viva sotto per sustentar ancho la travatura vechia,a ciio’ l’altar non fazi maggior mossa, et chosi’ si riparerà il pericolo prossimo…”



Il tetto della chiesa era rovinoso e minacciava di crollare … “Le Romite devono andarsene !”… si precipitarono subito a dire i Preti del Capitolo di San Marcuola.
Nel 1679 la Serenissima diede ordine di chiudere il Portico pericolante di San Marcuola antistante la chiesa, perciò le Romite dovettero venire a patti e compromesso col Piovano di San Marcuola per poter raggiungere “il loro abitacolo sui tetti” in maniera alternativa.

Il Prete fu molto accondiscendente e gentile nei riguardi delle Pie Donne: “Dovete andarvene ! … Non avete alternativa.”le apostrofò.
Nell’aprile 1691 le stesse Eremite di San Marcuola chiesero stremate ai Provveditori di trasferirsi da San Marcuola perché con la nuova sistemazione della chiesa “…erano state cellate sin dalla luce del sole doppo la nuova fabbrica della Cappella Maggiore della chiesa Parrocchiale…”

Nel 1693, infine, l’ebbero vinta i Preti di San Marcuola: le Romite per forza si trasferirono altrove. Nel dicembre 1695, infatti, iniziarono i lavori di rifacimento della chiesa rovinosa.

Esisteva in Contrada e Borgo e Parrocchia di San Trovasio(ossia dei Santi Gervasio e Protasio) nel Sestiere di Dorsoduro dall’altra parte di Venezia, poco distante dalla Calle Lunga di San Barnaba dove vivevano “le Turchette” ossia una piccola colonia di prigioniere Ottomane semiconvertite, un ampio terreno e locale lasciato libero dai Frati Minoridi San Francesco che si erano appena trasferiti vicino al Bressaglio di Cannaregio fondando il Convento di San Bonaventura. Lì perciò le ex Romite di San Marcuola ottennero il permesso dal Senato di trasferirsi fondando un nuovo Convento e una nuova chiesa dedicata al “Gesù, Maria e Giuseppe” che inizialmente non doveva ospitare più di sei donne. La riorganizzazione delle Romite fu possibile grazie al sostegno di Santo Donadoni che pagò gran parte delle spese, e in morte lasciò anche un cospicuo lascito di 12.000 Ducati per continuare la rifabbrica di chiesa e Monastero legandolo il lascito alla celebrazione di una Mansionariaquotidiana di Messe.



Su progetto del Pittore, Scenografo e Architetto Giovanni Battista Labranzi si costruì una chiesa esternamente semplicissima e spoglia. Internamente, invece, si realizzò un monumentale e ricco Altare Maggiore col Coro e Presbiterio diviso dal resto dell’aula sacra ma collegato da due passaggi laterali. Il soffitto venne decorato con dipinti della scuola del Balestra: “L'incoronazione della Vergine”“I quattro Evangelisti”. Ai lati della chiesetta si posero una “Resurrezione”e una “Cena in Emmaus”, due altari laterali con una "Madonna con Bambino" e una "Maddalena davanti alla Croce", una pala raffigurante “San Girolamo e Sant’Agostino” di Jacopo Palma il Giovane, una statua lignea della Madonna della Misericordia di Andrea Corradini, e una “Vergine” di Francesco Pittoni che andò perduta a causa di un incendio che ne lasciò solo una piccolissima parte.



Nel trasferirsi in Contrada di San Trovaso, le Romite si portarono dietro tutte le loro cose più preziose: tutta una serie di dipinti, e “una Testa di San Fortunato Martire, una Mano Incorrotta di Santa Giuliana Vergine e Martire, una Testa di Santa Fausta Vergine e Martire, i Corpi di San Benedetto e Filomena Martireprovenienti dalle catacombe romane, e soprattutto un Legno della Santa Crose e un’Adorabile Spina della Corona del Redentore veduta molte volte rosseggiare di vago Sangue Santo nel giorno del Venerdì Santo dalle Pie Donne ..” come raccontava Flaminio Correr nei suoi resoconti Veneziani.



In seguito le Eremite Agostiniane di San Trovaso, che facevano vita ritiratissima con Messa quotidiana, “ebbero fortuna” divenendo prima 15, poi 28, e infine 40 con poche Converse ... Durante tutto il 1700 le Romite di San Trovaso furono a lungo presenti nella lista dei Monasteri e Chiese e Luoghi Pii che di volta in volta la Serenissima secondo le circostanze tassava o omaggiava con burci d’acqua o di legna, o con staia di farina o denari contanti.



Nel 1721, ad esempio, la Serenissimaprovvide: “a una nuova distribuzione d’acqua alli 4 Ospedali offrendone 8 burci. Alli Cappuccini: 1 burcio, alle Convertite: 2, alli Riformati: 1, al Soccorso: 1, alle Citele della Zudeca: 1, alli Catecumeni: 1, alla Crose: 1, alle Eremite di San Trovaso: 1, alle Capucine della Grazia: 2, alle Monache del Gesù e Maria: 2, alli Miracoli: 2, a Santa Maria Maggior: 1, alle Penitenti e a San Job: 1…”

L’anno seguente nel Convento finalmente riconosciuto giuridicamente anche dal Patriarca Barbarigo si ritirò per sette anni a vita d’osservanza religiosa dopo la morte del marito Doge Giovanni II Corner del Ramo di San Maurizio della Cà Granda, la vedova e Dogaressa Laura figlia del Nobile Nicolò e di Elena Pesaro che morì il 3 maggio 1729 venendo seppellita “nella chiesa dello stesso nobilissimo claustro de le Romite”.
Strana la figura di quella NobilDonna ex Dogaressa: pur avendo portato con sé un corredo sontuosissimo: “… con gran quantità d’argenteria, posate, vassoi, fiaschette, croci, reliquiari, scaldini, sottocoppe, bacili, vasetti, scatole, medaglie (anche d'oro), ditali, calamai, oggetti in filigrana...et altre varie galanterie tra cui fibbie tempestate di diamanti, collane di turchesi, agate legate in oro con orecchini, anelli d'oro, una borsa grande con 1.694 ducati d'oro, e una borsa piccola con 104 zecchini …”, si vestiva con vesti di lusso e usava lenzuola di seta ma “tutte vecchie e rotte”.

Nel 1771 il Patriarca Giustiniani sentenziò: “Si celebrano troppe Messe alle Romite di San Trovaso ! … C’è mercimonio !”, e le ridusse a 41 annue … L’anno seguente Gaetano Callido costruì un nuovo organo per le Eremite … Nel 1788 il NobilHomo Francesco Lippomano venne eletto Procuratore dalle Eremite di San Trovaso, e l’anno seguente il Perito e Architetto pubblico Giovanni Pigazzi presentò un preventivo di spesa di 10.000 ducati per dei lavori d’ampliamento del Monastero delle Eremite.

La storia delle Romite terminò ovviamente con napoleone all’inizio del 1800 quando nel Monastero di clausura vivevano ancora 38 Monache, delle quali 29 erano Professe, 10 Converse e 2 Novizie. Nel 1810 tutto venne chiuso, il Monastero soppresso e come sempre i beni indemaniati e poi venduti.



L'Architetto Lorenzo Pastori e l'Ingegner Ganassa presentarono una perizia sul complesso delle Romite di San Trovaso considerandolo uno dei più solidi Conventi di Venezia. Precisarono che “Le Romite” avevano tre distinti ingressi: dalla Calletta Boldrini, dal Rio di Ognissanti e dalla Fondamenta di Borgo che era l'ingresso principale. “… Da lì si entrava nella Chiesa col Coro e nel cortile. Poco oltre uno stanzone detto "la loza", la cucina e il Capitolo. Notiamo in questo intorno una terrazza, la sacrestia interna e una piccola stanza sotto il campanile, nonché le stanze dette "il pozzetto" e la ricreazione, quindi il Parlatorio interno. Di cinque corridoi, quattro guardavano sulla "grande corte". Questo grande spazio era diviso in tre parti, di cui quello centrale era suddiviso in quattro "Vanese", ossia aiuole "ottagone" circondate da passaggi in selciato, così come erano pavimentati i due terzi laterali, separati da bassi muretti da quello centrale. Cogliamo ancora che una corticella interna era prossima al refettorio. Salendo di un piano, dove si trovavano le camere da letto, un corridoio prende luce dai balconi sul Rio Malaga, quindi solo due stanze prospettano sul Rio Ognissanti, le altre si rivolgono al grande cortile. Oltre a questo ve ne erano altri e fra questi si vengono precisando la piccola corticella detta “la Buratta” e la corte detta della sacrestia che si trova sul versante delle fondamenta Borgo. Al secondo solaio si trovano soprattutto stanze da letto e gli affacci guardano particolarmente la corte principale…”

Nel 1827 tutto il complesso venne acquistato dal negoziante veneziano Giacomo Bonetti ... e rimase lì “morto”, praticamente abbandonato e completamente inutilizzato.

 

L’ultima pagina di quel posto la stanno scrivendo ancora oggi le Suore Canossiane con l'Istituto Maria Immacolata avviato come Scuola Femminile nel luglio 1863 in prosecuzione e ampliamento dell’opera maschile della Scuola di Carità fondata dai fratelli Conti e Sacerdoti Cavanis della vicina Contrada di Sant’Agnese.

Nel 1922 le Suore avviarono pure l'Istituto Magistrale che nel 1935 contava quasi seicento alunne … Niente male !

Oggi “le Romite di San Trovaso”a Venezia è uno di quei “posti scònti” chiusi e preclusi ai più in cui è raro o impossibile entrare. Però è l’ennesimo luogo di Venezia che contiene e nasconde ancora una Storia.





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