“Una curiosità veneziana per volta.” – n° 148.
“Intorno alla Fondamenta de Liza Fusina all’Anzolo Raffael ...”
Qualche decennio fa durante le mie precedenti esperienze esistenziali, ho saputo di una singolare famiglia popolare Veneziana. Abitavano in 8-10 in un monolocale a pianterreno ricavato da un antico sottoportico dove un tempo esisteva un pozzo. Divenuto salmastro per via di certe infiltrazioni e della marea, non si era pensato d’interrarlo e occluderlo, ma più semplicemente di coprirlo e di “tirarci su tutto intorno delle leggere pareti” per ricavarne un localetto umidissimo, basso e molto buio … ma affittabile. Quelli che ci andarono ad abitare però non ci facevano caso: era “casa loro”, e ci vivevano ugualmente pur non avendo né acqua corrente, né un camino, nè servizi igienici di alcun tipo, ma solo quell’unico stanzone che s’accontentavano di condividere. A metà c’era una tenda divisoria “notte-giorno” oltre la quale s’assiepavano tutti promiscuamente in un paio di letti posti uno sopra l’altro. Dal letto di sopra si poteva toccare il soffitto alzando un braccio, e di qua e di là della tenda c’erano due finestrelle che s’aprivano a livello del prato sul giardino signorile del palazzo accanto. Infine la caxetta, se si voleva chiamarla così, aveva un’altra caratteristica specifica: soprattutto nella stagione autunnale e primaverile veniva visitata e invasa dall’acqua alta, che saltuariamente raggiungeva anche livelli di un metro e mezzo d’altezza. Se poi l’acqua alta della marea risultava eccezionale ...
Comunque che problema c’era ? Nessuno ... Quelli che stavano lì dentro erano abituati a quella strana condizione, alcuni fin dalla nascita. Perciò quasi automaticamente facevano “buon viso a cattiva sorte” appendendo le poche cose che possedevano a dei ganci sul soffitto, e abbandonando ogni volta “il locale” trovando rifugio in una vecchia barca ormeggiata nel canale poco distante. Lì stretti più del solito, si raggomitolavano e acciambellavano come “animali” dentro a una vecchia coperta e sotto a un telone cerato di fortuna, e aspettavano il tempo che serviva perché tutto si mettesse “a posto e al meglio” così che la loro “casa”tornasse di nuovo agibile, ossia per loro abitabile.
Potete quindi intuire l’atmosfera, e il modo “intenso e gomito a gomito” con cui si viveva lì dentro in quella specie di vecchia “tana”. Si stava insieme grandi e piccini, uomini e donne, vecchi e giovani con tutto ciò che ne poteva conseguire circa l’igiene, le malattie e tutto il resto ... Per non farsi mancare niente poi, il “loghètto” era anche soggetto a visite estemporanee di “pantegàne”, topi e gatti, oltre che d’insetti di ogni sorta. Ma anche quello non era un problema: si viveva lo stesso rimanendo tutti fuori per strada per gran parte della giornata, e si tornava a rifugiarsi solo “a notte” in quella specie di loculo-tugurio dove ogni tanto qualcuno andava a collocarsi quando “non stava bene”.
Era capitato, ad esempio, anche di recente con la vecchia nonna inferma, che soggiornò in quel posto come se fosse l’anticamera del vicino Cimiterietto. Ma pure a questo non fecero caso … La “vita” continuava lo stesso.
(il Rio e la Fondamenta di Liza Fusina)
Non ho alcun dubbio che vi potrà sembrare un po’ strana una condizione del genere, ma a Venezia si viveva anche così. Questo caso di cui vi ho detto credo non sia stato affatto un caso unico, nè raro, nè isolato. L’intera Contrada dell’Anzolo Raffael, di San Nicolò dei Mendicoli o della Mendigola e di Santa Marta ospitava situazioni simili o per lo meno analoghe. Venezia intera un tempo era piena di postacci del genere nelle sue periferie più estreme, appunto come in quello spicchio terminale del Sestiere di Dorsoduro, ma anche nelle zone remote di Castello, alla Giudecca, e in fondo a Cannaregio. E’ esistita per secoli tutta una folla anonima di Veneziani poveri, e talvolta meschini e senza volto che finì spesso per vivere e concentrarsi in alcune caxette molto simili, o forse appena più “ben mèsse” di quella che vi ho descritto.
(il Rio e Fondamenta di Liza Fusina fra la chiesa dell'Anzolo e l'edificio del Grande Pizzoccheraio dell'Anzolo sulla destra)
Alcune sorgevano nei pressi della Fondamenta e del Rio di Liza o Lissa o Lìea Fusina, proprio nel cuore di quella che è stata la Contrada dell’Anzolo Raffaèl. Il posto era un angolo vivissimo di Venezia, ma per capirlo un poco è necessario fare una specie di “repulisti mentale” di quanto vediamo oggi in questa parte di Venezia. Serve come una “depurazione e semplificazione” di quel che costituisce la Venezia tanto “diversa” di oggi, per trovare e ricoscere le tracce di ciò che c’è stato ieri.
Proviamo allora brevemente ad eseguire questa specie di “pulizia storico-topografica” per curiosare meglio dentro alle vicende di questa Contrada, che fra l’altro mi è particolarmente simpatica. Via innanzitutto e cancelliamo tutta la lunga Riva e le attuali banchine del Porto che contornano Venezia da San Basiliosulle Zattere e fino a Piazzale Roma dall’altra parte. Via la Stazione Marittima, le Caserme della Guardia di Finanza e dei Pompieri, la nuova sede della Capitaneria del Porto, e via tutti i numerosi capannoni e magazzini. Via tutto il rettilineo del Canale della Scomenzera di Santa Marta, via i parcheggi per le automobili. Lì non c’era nulla, solo orti, barene, canneti e terre fanfose, e una spiaggia … Sì avete capito giusto: una spiaggia, la Spiaggia di Santa Marta che terminava con la Punta dei Lovi dove sorgeva (e c’è ancora) la chiesetta col chiacchieratissimo Monastero delle turbolente Monache Benedettine-Agostiniane di Santa Marta.
In quel posto i Pescatori Nicolotti e dell’Anzolo Raffael tiravano in secco le basse barche da pesca, e sempre lì di notte si teneva la famosa Sagra di Santa Marta, che durava praticamente tutti i mesi estivi quando i Veneziani Nobili e non nobili si recavano di notte a “cantàr, ballàr e far garanghèllo magnàndo pèse e bevèndo un gòto de quel bòn …”comprandoli sfusi e “a scottadèo” direttamente dalle casupole dei Pescatori che s’affacciavano sulla spiaggia.
Venezia era anche questo in quel suo angolo remoto ... Tutte cose che oggi non esistono più. Adesso si nota solo la squallida e deserta banchina del Porto con le grandi navi ormeggiate, e i parcheggi tappezzati d’automobili.
Seconda puntata … Via tutto il complesso dell’ex Cotonificiodi Santa Marta oggi Università di Architettura, di Chimica e quant’altro … e via anche tutto l’intero Quartiere semipopolare di Santa Marta. Lì oltre la Piazzetta estrema del Campo di San Nicolò dei Mendicoli terminava del tutto Venezia facendola diventare solo paludi, acque basse e contorte da percorrere, e terre di bonifica. Il tozzo campanile de la Mendigola era probabilmente un’antica Torre d’avvistamento e di guardia sul confine estremo della città Serenissima dalla parte in cui sfociava il Rio di Liza Fusina.
La stessa spiaggia di Santa Marta s’affacciava sul largo Canale della Giudecca oltre il quale non esistevano né l’attualmente verde Isola delle Scoasse, né la popolosa Isola di Sacca Fisola. La Giudecca terminava per intenderci col Molino Stucky, che però non c’era. Al suo posto c’era un’altra chiesa-Monastero: quello delle Monache Benedettine dei Santi Biagio e Cataldo della Giudecca… e anche lì tutto attorno a quel posto c’erano acque basse e Laguna aperta.
Di fronte a San Nicolò dei Mendicoli, invece, sorgeva il complesso delle Teresecol suo chiostro e il suo chiesone oggi “defunto e chiuso” e ingoiato anch’esso dalla totipotente Università di Venezia. Anche lì c’erano state prima Monache Carmelitane e poi Orfanelle, e al posto delle case adiacenti e retrostanti col praticello dei giochi dei bimbi, c’era, invece, un rio-canale che contornava tutto il possente edificio andando a congiungersi col vicino Rio e la Fondamenta dell’Arzere dove non c’era affatto il Ponte di Santa Marta, ma un grosso Squero e la Vaccaria. Tutta la zona oltre San Nicolò e oltre la Punta dei Lovi di Santa Marta era anch’essa barene, pozze d’acqua e motte di terra emerse. Era la zona del Bressagio o Bersaglio o Campo di Marte dove fin dal 1440 i Veneziani Nobili e soldati andavano talvolta ad esercitarsi o correre a cavallo ...Era pure zona di confine in cui gli estranei andavano a impantanarsi e perdersi, oppure finivano nelle braccia capienti ed accoglienti dei Gabelotti e dei Fanti della Serenissima che controllavano sempre tutto e tutti.
Terza puntata del “repulisti”… Via tutta la zona dell’ex VenezianaGas, e via anche tutta la zona fino a Piazzale Roma. Lì non c’era ovviamente il Piazzale del Tram e delle automobili, niente Garage San Marco e Garage Comunale… niente lo squallido palazzo nero del Tribunale, e via anche “la cittadella” del Tabacchificio. Pure da quella parte finiva Venezia, e percorsa tutta la Fondamenta del Rio dei Pensieri(oggi interrato) si finiva non alle Carceri di Santa Maria Maggiorecome oggi, ma in uno dei posti più ameni e romantici di tutta Venezia, su una riva affacciata sulla Laguna aperta oltre la quale non c’erano le ciminiere della zona industriale di Marghera, ma solo ampie distese d’acqua trapuntate dalle isole di San Giorgio in Alga e San Secondo e poco altro ancora fino alla ambitissima e temutissima Terraferma. Ovviamente lì davanti non c’erano come oggi tutte le isole con le banchine del Porto Passeggeri, né c’era l’Isola del Tronchetto ... ma solo Laguna e basta ... e l’isoletta di Santa Chiara della Zirada oggi diventata caserma della Polizia incorporata al Ponte translagunare stradale e ferroviario.
Venezia era, insomma, da quella parte tutta un’altra cosa rispetto ad oggi, indubbiamente.
Ho quasi terminato con lo sforzo del “repulisti” che spero riusciate a seguire e immaginare.
(il Campo dell'Anzolo con i pozzi della Peste e il Campo dei Morti.)
Tornando alla nostra Contrada dell’Anzolo Raffael e dei Mendicoli: via nel Rio di San Sebastiano al complesso che sorge ancora oggi accanto all’omonima chiesa. Lì oggi c’è la Casa Madre delle Suore del Caburlotto, mentre un tempo sorgeva il grosso Squero di San Sebastiano che riforniva di barche tutta la Contrada e anche quelle limitrofe. Inoltrandoci da lì dentro ai meandri della Contrada dell’Anzoloavremmo incontrato dopo pochi passi la chiesa dell’Anzolo Raffael. Ieri bisogna pensarla molto diversa da quella attuale, e non solo per la forma. Tutto intorno era contornata non dal campetto deserto e assolato ricoperto di “masègni”di oggi, ma come a collana dal Cimiterietto della Contrada col Campiello dei Morti.
Come sapete meglio di me, gran parte dei Campi di Venezia fino ai tempi napoleonici era occupato da Cimiterietti di Contrada addossati alla loro omonima chiesa.
(Palazzo dei Nobili Ariani sulla Fondamenta di Liza Fusina all'Anzolo.)
E siamo giunti aggirando finalmente la chiesa dell’Anzolo ad affacciarci sul Canale di Liza Fusina che scorre proprio davanti alla facciata principale della chiesa. Oltre il Rio e dietro alla pomposa facciata di pietra merlettata di Palazzo Ariani(oggi Liceo), via ancora una volta a tutte le costruzioni sorte negli ultimi secoli. Via la Scuola Zambelli, le Palestre e i campi da Tennis del Cus Universitario ... e via tutti quei complessi abitativi moderni sorti relativamente di recente nei pressi e oltre la Calle dei Guardiani e sulla Fondamenta dei Cereri. Al loro posto dovete immaginare solo orti, vigne, piccoli frutteti coltivati e qualche bel giardino … oltre a un altro bel mucchio sparso di quelle basse caxette miserevoli a cui accennavamo prima.
Ci siamo quasi … il “repulisti”è terminato. Se mi avete seguito dovreste avere ora in mente un’immagine abbastanza diversa, ma verosimile, di com’è stata per secoli quella zona terminale o iniziale di Venezia. Si trattava però di un’area in cui la Venezia Storica s’esprimeva in tutta la sua pienezza e con tutte le sue fisionomie specifiche. Lì accadeva Venezia al 100 %.
Oggi, invece, si passa di là e … si passa e basta.
(Campo San Sebastiano verso Campo dell'Anzolo: è la Contrada.)
“Oggi l’Anzolo non è più niente … è solo morte in vacanza.” mi diceva qualche tempo fa una nata nella Contrada che non esiste più nemmeno per lei. “Sono poche le ispirazioni, le suggestioni e le emozioni che si provano passando oggi per quest’angolo di Venezia ... Così come sono ridottissimi i movimenti che oggi si captano in questo spicchio della nostra città un tempo vispissima ... Oggi passando accanto alla chiesa dell’Anzolo Raffael si nota solo un canale silenzioso “dalle rive alte” … E’ quasi del tutto privo di traffico, e non c’è più tutto quel movimento che c’era un tempo ... Sono rare le barche che vi passano ... e le rive sono quasi del tutto tappezzate da una lunga serie di vecchie botteghe e magazzini dalle serrande rugginose e abbassate ormai chiuse da chissà quanto tempo ... Sulle porte delle casupole abitate un tempo dai Veneziani e ora abbandonate, s’affacciano spauriti e sgaruffati studenti che indossano l’abito transitorio della precarietà ... S’intuisce lontano un miglio che non ne sanno nulla e non fanno affatto parte del luogo della nostra Contrada ... Sembrano quasi dei soprammobili collocati lì provvisoriamente come riempitivo ... La nostra Contrada ha perso l’Anima, e non ha più quel significato e quell’identità che aveva un tempo. Oggi qui è tutto sempre più pieno di Bed & Breakfast più o meno visibili e autorizzati, che sono come carta moschicida a buon prezzo per la marea dei turisti che affolla e affossa sempre più quel che resta della nostra Venezia. Anche oggi qui c’è un andirivieni rumoroso e continuo a tutte le ore … ma è quello dei troller dei turisti e degli ubriachi delle odiose feste di Laurea “dei campagnoli” che si riversano qui in Laguna solo per imbrattare in giro, pisciare negli angoli, e inscenare sgangherate feste di basso profilo e pessimo gusto.
Fino a qualche decennio fa qui c’era ancora vita vera … C’erano ancora i Veneziani, gli Anzolotti e i Nicolotti che giù in fondo alla fine della Fondamenta e del Canale di Liza Fusina, d’estate festeggiavano Sant’Antonio nei pressi del Ponte de la Piova … C’erano le lucette appese da una parte all’altra della Calle e della Contrada, c’erano addobbi, canti e musica, e la gente allegra e festosa sostava ai piedi del Ponte col bicchiere in mano a cantare, contarsela e spettegolare fuori delle piccole osterie che s’aprivano ancora sul posto … Nel canale passava ancora qualche barca, e i Veneziani andavano e venivano nel canale e lungo le calli, le fondamente, le corti e i campielli.
Oggi non c’è più nessuno ... Guardati intorno ! … C’è soltanto qualche baretto che oggi apre e domani già passa la mano, qualche copisteria dall’aspetto essenziale che boccheggia economicamente assecondando i tempi e le ondate degli Universitari che popolano quotidianamente ad ondate la zona dell’ex Cotonificio e delle ex Terese. In questa Contrada tutto è diventato “ex” … le case, le chiese, i monasteri, i negozi … e non si conosce più nessuno. A volte non sai neanche chi abita sul tuo stesso pianerottolo … E se lo sai, talvolta passano anni prima che qualcuno si decida a compiere il primo passo per incontrarsi e conoscersi, che poi spesso non va oltre uno stitico e striminzito “buongiorno”.”
Lo so … è un po’ amara questa analisi … ma posso anche capirla. Come potete bene intuire, il volto della Contrada dell’Anzolo Raffael, dei Mendicoli e di Santa Martaera di certo molto diverso da adesso, ma soprattutto molto “appetitoso e interessante”. Era bello e piacevole vivere qui ... in ogni caso, e nonostante tutto. C’era un piccolo microcosmo promiscuo intorno al Canale, sulle Rive e sulla Fondamenta di Liza Fusina, e a fianco e di fronte alla chiesa dell’Anzolo Raffael e dei Mendicoli, una sorta d’intenso “rebogimènto” vivido di storie, incontri, cose e persone che è durato per secoli.
Ma a proposito, vi siete mai chiesti perché quella zona di Venezia si chiamasse e si chiami ancora dell’Anzolo Raffael ? … Un nome come un altro dettato dalla casualità, mi direte … O c’era forse dell’altro ?
Per comprendere ci può aiutare il fatto che proprio adiacente all’Anzolo c’è San Nicolò dei Mendicoli. San Nicolò come ben sapete era il Patrono delle Genti di Mare, dei Pescatori, dei Naviganti e dei Viaggiatori in genere … E questo si sa, e ci sta in un posto così … Venezia era propro un posto del genere: pieno di persone proprio di questo tipo.
E l’Anzolo che c’entra ?
La spiegazione è semplice, o perlomeno doveva esserlo per i Veneziani dei secoli passati in quanto erano “più devoti e de cièsa” rispetto a noi di oggi. Secondo i contenuti tradizionali Ebreo-Cristiani e della Bibbia, l’Anzolo Raffael era uno dei tre Arcangeliinsieme all’Apocalittico e potentissimo San Michele: l’Angelo Guerriero che ha tappezzato di se l’Europa intera; e insieme all’Angiolo Gabriele: quello dell’Annunciazione alla Madonna per intenderci raffigurato ovunque e sempre in ogni modo e occasione.
Sempre secondo le convinzioni Bibliche, inizialmente gli Angeli erano sette, ma poi nell’evoluzione dell’universo Biblico tre di loro “hanno fatto carriera”divenendo Arcangeli, ossia Angeli Superiori per via delle loro “speciali Missioni e Mansioni”. L’Angelo Raffael fu uno di questi … Il nome Raffaelesignifica: “Dio accompagna ... o Dio guarisce”… Avete già intuito: in un posto come Venezia in cui ogni giorno e notte si arrivava e partiva, c’era sempre bisogno per intraprendere le avventure e i numerosi rischi che comportavano un tempo i viaggi di uno “speciale accompagnamento protettivo da parte di Dio”. Andava bene l’aiuto rassicurante dei soldi dei Nobili Mercanti e della sempre più potente Serenissima … ma si sa, quando s’intraprendono certi viaggi lunghi anche anni … gli aiuti e “le persone” su cui fidarsi non erano mai troppi.
Nella zona del Rio di Liza Fusina all’Anzolo partivano e arrivavano merci di ogni tipo per e dalla Terraferma, e dai viaggi verso i Mercati Ultramontani di tutta l’Europa e fino al Nord. Le barche dirette a Venezia che passavano per Lizza Fusina sulla gronda lagunare pagavano dazi e pedaggi per persone e cose alla Serenissima e ai potentissimi Monaci Benedettini dell’Abazia di Sant’Ilario. Poi salpavano per Venezia attraversando la Laguna, passavano accanto all’isola di San Giorgio in Alga, e approdavano giusto nel Canale prossimo all’Anzolo Raffael dove c’erano i primi magazzini dei Mercanti Veneziani, i primi bastazi disposti a scaricare e caricare, e le prime Osterie-Locande dove i “Foresti”, i Pellegrini e i naviganti potevano trovare alloggio o iniziare i loro contatti e affari Veneziani.
Sempre nella stessa Contrada dell’Anzolo s’imbarcavano prodotti di ogni sorta, si scaricavano merci che arrivavano dall’entroterra Veneto-Padano-Romagnolo-Lombardo-Trentino e Friulano e dal resto dell’Europa lungo l’intricatissima ed efficentissima rete fluviale che copriva per intero il vecchio continente. Quest’ultimo tipo di viaggi è una cosa che oggi siamo spesso portati a scordare e ignorare. Un tempo, invece, ci si muoveva tantissimo “via fiume”, oltre che lungo le Strade e i sentieri dei passi Alpini o Dolomitici, e lungo le rotte marittime percorse dalle Galee delle Mude Mediterranee.
(sui pozzi della Peste dell'Anzolo Raffael)
La Contrada dell’Anzolo quindi era un vero e proprio “Porto di mare”, un posto attivissimo di Venezia, un luogo d’arrivi e partenze dove si concentravano parecchi dei suoi traffici e affari. Ogni volta che partivano i Veneziani si auguravano: “Buon viàzo ! … Buona (av)ventura … e Bòna Fortuna !”, ma sapevano bene delle tante incognite di quel lungo pellegrinare per strade e per mare. Per questo s’affidavano a “Chi ne sapeva e poteva un po’ di più”cercando protezione e assistenza. L’ArcangeloRaffaele quindi, ossia l’Anzolo, era un altro Protettore dei Viandanti, dei Pellegrini e dei camminatori e commercianti in genere. Se andate a leggere le vicende Bibliche scoprirete che l’Anzolo Raffael in incognito guidava Tobiolo, che a sua volta guidava l’anziano e fragile Tobia che era anche cieco. L’immagine è impressa nella pietra sulla facciata dell’Anzolo Raffael.
Ecco allora come i Veneziani intendevano il viaggiare ! Commerciare, partire e arrivare, era a volte un “andare un po’ alla cieca seguendo il proprio destino commerciale ed esistenziale” ... Si partiva e si faceva ritorno proprio lì: sulla Fondamenta di Liza Fusina all’Anzolo Raffael. Da lì iniziava ogni volta un’avventura spesso rischiosissima e quasi “alla cieca” in cui si era certi di partire ma non altrettanto di tornare “con buoni frutti”… Tanto è vero che spesso si faceva pure testamento prima di partire. I grandi commerci dei Veneziani sia quelli Mediterranei verso l’Oriente, che quelli Terreni Ultramonatani nel Ponente Europeo erano talvolta delle sfide, delle “mission impossible” il cui successo però rendeva sempre più grande e ricca tutta Venezia.
L’Anzolo era quindi un potentissimo talismano, un viatico confortevole e sicuro sulla strada del “Bon viàzo”, e la Contrada-Scalo merci dell’Anzolo era il posto da cui si andava e veniva dall’avventura.
“Buon viàzo ! … Buona (av) ventura … e Bòna Fortuna … Che l’Anzolo ti protegga e conduca !”a volte si gridavano i Veneziani spingendo la barca al largo dalla riva nel Canale di Liza Fusina. L’Anzolo era come un attento compagno, una garanzia, un protettore dei mali della carne e delle infermità del corpo, ma anche dalle situazioni incresciose e nei pericoli del viaggio, nonché propugnatore di “buona Ventura”… perché sempre secondo il testo Biblico, guidati dall’Anzolo si poteva giungere anche a sposarsi, ad attraversare fiumi impetuosi, e a fare pure buoni affari riscuotendo diversi “Talleri d’argento”… Assistiti dall’Anzolo si andava e partiva un po’ alla cieca a volte, ma sempre sorretti dall’invisibile e potente Anzolo, anzi: l’Arcanzolo di Venezia.
Interessantissima e curiosa vero quell’idea-parabola “dell’Anzolo Custode e Guaritore” che “si macinava e considerava” in quella zona di Venezia !
Anche perché non si trovano altrove altre chiese e Contrade antiche dedicate all’Arcangelo Raffaele(ne esiste solo una a Milano, ma è molto più tarda). Il titolo dell’Anzolo quindi è un’altra vera e propria “curiosità”solo Veneziana.
Comunque non è che i Veneziani di un tempo stessero dalla mattina alla sera a parlare, distinguere e disquisire di Angeli e Arcangeli. Si davano, invece, parecchio da fare sulla Fondamenta di Liza Fusina dove una volta si teneva settimanalmente un grande mercato il mercoledì e il sabato con grande afflusso dei Veneziani, di quelli delle isole lagunari, e dei forestieri nuovi arrivati o in partenza.
Dentro alla chiesa dell’Anzolo Raffael insieme alle pratiche e concrete Schole e Suffragi degli Agonizzanti e dei Morti, si ospitava anche la Veneranda Schola e Confraternita dell’Angelo o di San Raffaele e San Niceta o Nicheta. Interessante anche quell’abbinata e quel connubio inscindibile che era iniziato all’Anzolo fin dal lontanissimo 1280. Sull’Altare dell’Arcanzolo al centro della parete sinistra della chiesa si conservava il corpo di San Niceta Martire davanti al quale “quelli dell’Anzolo”avevano l'obbligo di tenere sempre acceso un “cesendèllo” ossia una lampada perenne per implorare aiuto sui Confratelli infermi e sulla gente di tutta la Contrada ... In occasione della festività annuale del 29 settembre, il Piovano dell'Anzolo Raffaeldoveva pagare i cantori per la festa, mentre la Schola pagava i sonadori, l'organista, i trombettieri … e gli spari dei mortaretti. In quella stessa giornata la Schola organizzava una solennissima Processione in cui si sfoggiava un ricchissimo apparato che si portava “a spasso” attraverso tutte le Contrade vicine. Insieme alle numerosissime persone della Contrada, si portavano in giro diverse aste porta candele decorate e dorate, due “segnali”di legno dorato e dipinto che raffiguravano l'Arcangelo con Tobiolo, e una preziosissima “bolla papale dell'Indulgenza” che era legata a quella particolare manifestazione a cui si partecipava tutti in massa. Non era un caso, perché tutti quelli che partecipavano a quella Processione potevano lucrare grandi sconti e riduzioni “delle pene del Purgatorio”, e sperare anche in una benedetta “esenzione dalle pene dell’Inferno”… “Carta canta !”… lo diceva e confermava la bolla Papale portata in Processione.
Nei secoli trascorsi i Veneziani “grandi e piccoli, scheòsi o miseri, santi o profani” erano tutti molto sensibili a questo tipo di discorsi.
Solo nel 1741 i Confratelli della Schola dell’Anzolo "oppressi da povertà ed impotenti a sostenere il peso delle cariche" ottennero che “la direzione della Schola, Indulgenze e capitali compresi”, fosse trasferita ai “Bancali, Governatori e Compagni del Suffragio degli Agonizzanti e dei Morti” aggregati fin dall’inizio del 1700 alla Schola stessa dell’Anzolo e San Niceta. Indubbiamente i tempi stavano cambiando anche per i Veneziani ... e pure i Preti del Capitolo dell’Anzoloci misero del proprio in quanto i Provveditori da Comun dovettero intervenire nel 1770 nei loro riguardi in quanto distraevano abusivamente il denaro del Suffragio a proprio intendimento. Si era ormai agli sgoccioli, agli “ultimi colpi” della Storia e della vita della Repubblica Serenissima.
In barba comunque alle soppressioni napoleoniche, nel 1840-1847 la Schola dell’Anzolo era ancora viva e vegeta, e teneva in luglio le sue assemblee generali nel Palazzo Ariani-Minotto di fronte alla chiesa dove a conclusione dell’assemblea si assegnavano ogni anno “Tre Grazie alle Donzelle dell’Anzolo” consistenti in medaglie. Due d’argento venivano estratte a sorte tra i Confratelli, e una d’argento dorato era, invece, riservata ai componenti del Capitolo dei Preti della chiesa dell’Anzolo. Nel 1924 la Confraternita dell’Anzolo contava ancora centocinquanta iscritti, e i Registri dei Confratelli risultano aggiornati fino al 1949 distinguendo i Confratelli di 1°classe a 5 lire di tassa, che erano: 15; i Confratelli di 2° classe a 3,5 lire di tassa, che erano: 13; e i Confratelli di 3° classe a lire 2, che erano: 21.
Tornando però alla Fondamenta e al Canale di Liza Fusina, la "Lissa o Lissia o Lieo/a” era lo scivolo che serviva per far scendere i sacchi di farina dal molino al burcio, o le balle, le casse e i colli dai magazzini posti sulle rive fino alle barche e viceversa. L’operazione di “Lissa”era il far scivolare, “lissiàre”, le merci in barca lungo le murette, così come probabilmente “lisiàvano” le imbarcazioni sul "carro di Fusina” per entrare e uscire dal fiume Brenta. Ancora oggi si possono notare curiosamente quei muretti sopraelevati caratteristici delle Rive della Fondamenta dell’Anzolo che non servivano affatto per proteggersi dall’acqua alta e dalle onde del canale, ma per favorire lo scarico-carico delle merci dalle barche.
La Fondamenta di Liza Fusina all’Anzolo era il capolinea della Liea, la Linea di Liza Fusina… Sabellico, ossia Marcantonio Coccio o Cocci, storico italiano del 1400, morto proprio a Venezia nel 1506, definiva Lizza Fusina: “Leuca Officina” ossia stabilimento d'imbiancatura che secondo lui lì sorgeva … Secondo Pasquale Negri nel suo “Soggiorno in Venezia di Edmondo Lundy”pensava, invece, che: “Lizza o le lizze o trincee fossero degli impedimenti per non far sbarcare i Veneti in Terraferma o viceversa far entrare i foresti in Laguna, oppure degli argini per sostenere le acque del Brenta perché non sfociassero libere in Laguna”. A “Fusina” s’attribuiva il significato di “fuscina o fùssina” ossia il tridente di Nettuno, oppure era l’attrezzo usato dai pescatori per “infiocinàr el pèse”.
(il Rio dell'Anzolo o de Liza Fusina con sull'angolo a sinistra l'Ospizio della Maddalena sulla curva del canale, e la chiesa dell'Anzolo sullo sfondo.)
Nel 1510 il Consejo dei Diese ordinava che in caso di guerra si tenessero sempre pronte per la Signoria due imbarcazioni a tre remi ormeggiate a San Marco e ai Granéri de Terranova, pronte a partire in ogni momento verso Lissa Fusina. Fusina era insomma l’approdo, il “pied a terre” della Serenissima nella Terraferma Veneziana, e il Canale di Liza Fusina all’Anzolo era perciò lo scalo merci e persone di riferimento di Venezia dove sostavano in continuità, quasi “in agguato”: Fanti, spioni, Gabellieri e Dazieri della Serenissima. Venezia sapeva sempre essere abilissima nel giustapporre un nugolo pulsante ed eterogeneo di persone formando di volta in volta spessori vitali e identità diverse capaci di dare “volto”alle sue Contrade.
Non a caso una numerosa corona di facoltosi Nobili e Mercanti s’assieparono tutto intorno al “Canale degli arrivi e delle partenze dell’Anzolo” costruendovi i loro sontuosi palazzi, e soprattutto i loro capienti magazzini. Gli affari erano affari, perciò Nobili e Mercanti Veneziani quasi presidiavano il posto trovandosi sistematicamente presenti come “Api sul miele” sui luoghi delle economie, dei traffici e dei commerci. In chiave economica e commerciale la posizione della Contrada dell’Anzolo era quanto di più strategico si potesse pensare a Venezia.
C’erano perciò i Commercianti Falier Nobili di IV Classe che risiedevano nella zona del Soccorso. Poco distante c’erano i Nobili Balbi che erano Mercanti e Banchieri di San Bastian; nella vicinissima Contrada di San Basegio abitavano i Giustinian de Le Zatere, i Giustinian Recanati, i Michiel-Clary, i Molin in un palazzetto della fine del 1500, i Trevisan, i Bembo di San Basegio, i Foscarini di V Classe, i Lippomano di II Classe Banchieri pure loro, i Priuli-Bondi San Basegio Nobili di V Classeprima risiedenti in Contrada di Santa Marina nel Sestiere di Castello, e i Nobili Bollani che andarono a risiedere poco distante dalla Fondamenta di Liza Fusina soltanto nel 1709.
Nel cuore vero e proprio della Contrada dell’Anzolo Rafael, e in prossimità del Rio di Liza Fusina abitavano e operavano i Badoer Nobili di V Classe d’antica Nobiltà e grandi proprietari terrieri, i Cappello in Fondamenta Rossa in Palazzo del 1600, i Minotto di San Bastian Nobili di V Classe in Palazzetto del 1600 vicino a Palazzo Ariani. C’erano inoltre i Polani di Classe II, gli Arianipoi Pasqualigo-Cicognain Palazzo archiacuto della seconda metà del 1300 rimaneggiato nel 1500, i Venierin Palazzo del principio 1400, e poi: i Ruspina o Ruspini, i Corbetto, i Lardoni, i Bevilacqua, e i Barbarigo poi Dabalà poi Salvadori in Corte Barbarigo che da loro prese il nome. Possedevano un palazzo che prima apparteneva a Nicolò Michiel, che nel 1592 diede alloggio all'Arciduca d'Austria Massimiliano Elettore di Polonia come ricordato in un’epigrafe posta ancora oggi nel giardino.
Infine, risiedevano all’Anzolo, anche gli Angaràn e i Zenobio: entrambi “Nobili per sòldo”, e i Lorenzi nel luogo dell’attuale ex Casa del Marinaio(d’epoca fascista, oggi Università di Cà Foscari) dove nel 1700 sorgeva “la Fornace per cristalli alla maniera di Boemia” di Iseppo Briati(fornitore del Doge, vessato e cacciato dall’isola dai vetrai di Murano che ne temevano la concorrenza e invidiavano il successo).
Nel 1726 Iseppo Briati provò prima ad accasarsi con la sua impresa vetraria su di un terreno nell’attuale Piazzale Roma, ma poi si accordò col Nobile Donà delle Roseper 340 ducati annui d’affitto, e prese: “… una casa dominicale con corte et orto in Contrà San Raffael sopra la fondamenta dirimpetto a la Zenobio…”. Nel 1760 la Fabbrica Briati dell’Anzolo produceva: “… quattro specchiere grandi con suaza somigliante al verde smeraldo spedite a Bologna, e per ordine della Serenissima un gran specchio, un tavolino, otto lumiere e altrettante careghe in cristallo finissimo di colore azzurro per un valore di 2.500 ducati, per conto della sposa del Serenissimo Arciduca d’Austria…”. Per la venuta dell’Infante di Spagna a Venezia le grandissime feste d’accoglienza vennero illuminate dalle “ciocche” d’IseppoBriati e di Vettor Mestre… e per la Festa di San Marco lo stesso Briatiarredò sette tavoli del Palazzo Ducale con “Trionfi da tavola” ammiratissimi composti da vetri di più colori: “con scene di caccia al cinghiale, dell’orso, del lupo, del cervo, della volpe, della lepre e del toro”.
Poco distante, nella stessa epoca e nella stessa zona, sorgevano in prossimita della Contrada dell’Anzolo anche altre importanti industrie di lavorazione della cera, tintorie, e conce per tessuti.
Nei pressi della Fondamenta di Liza Fusina all’Anzolo insomma sono sempre stati presenti tutti i grandi nomi di Venezia ... Per secoli i vari Nobili: Lombardo di San Barnaba, Tron, Barbarigo di San Polo, Bragadin, Trevisan e Gradenigoavviarono speculazioni immobiliari e investimenti in diverse occasioni nelle Contrade dell’Anzolo e San Nicolò comprando interi blocchi d’abitazioni, botteghe e squeri, che affittavano poi a prezzi sempre più elevati. Le case dell’Anzolo, di San Nicolò e Santa Marta erano per lo più modeste e vecchi ruderi medioevali, mono o bilocali di legno o parziale muratura, abitate da famiglie e clan di pescatori e compravendi-pesce.
Sulla Fondamenta di Liza Fusinacomunque non c’erano soltanto Nobili e Mercanti … Fin dai tempi antichissimi, a cavallo fra Storia e Leggenda, si raccontava che quella parte di Venezia apparteneva del tutto alle Monache di San Zaccaria di Venezia, ma che poi a causa di un grave e grande incendio bruciò tutto nel 899, perciò le case vennero rifabbricate dai Nobili Candiano e Ariansvincolando tutta la zona dal controllo delle Monache.
Nel 1087 Stefano Candian lasciò per testamento alla chiesa dell’Anzolo Raffal una valle piscatoria con molino rivendicato da Raimondo Patriarca di Aquileia nel 1288. Fra un incendio e l’altro che giunsero a distruggere e coinvolgere ben 16 isole di Venezia, e quasi tutto il Sestiere di Dorsoduro, alla fine del 1193 all’Anzolo Raffael sotto al portico della chiesa, che aveva un campaniletto a sinistra e l’abside rivolta sul Cimiterietto, “le ragazze Veneziane suonavano il Rigabelo di fronte all’organo e il Torsello con le mazze” ... Nel marzo 1224, Dominicus Bastianus del Confinio dell’Anzolo Raffael presentò fidejussione “per Bovaterius de Portu et Bonsegnore frater eius” per l’acquisto di 2 miliaria di fichi diretti a Legnago… Nello stesso giorno: Michael de Alquisiis dello stesso Confinio, presentò fidejussione per Graciolus Pancarello de Cremona per l’acquisto di altre 10 miliaria di fichi diretti a Cremona, mentre Petrus Traenance ancora dello stesso Confinio presentò fidejussione per Bonaventura Nonto de Verona per l’acquisto di 1 miliario d’olio diretto a Verona; per Henricus Belenciono de Veronaper 6 miliaria de fichi diretti a Verona; e per Petrus de Polengo de Cremonaper 10 miliaria di fichi diretti sempre a Cremona.
Insomma, già allora c’era un gran andirivieni commerciale di “grandi e piccoli” nella Contrada dell’Anzolo Raffael. Fra il luglio 1330 e l’aprile 1339, e poi ancora nel 1423, si prosciugarono e interrarono dei “laghi-piscine” all’Anzolo Raffael tramite diverse grazie e concessioni dello Stato Veneziano per favorire nuovi insediamenti e ulteriori attività commerciali: “Ogni colmata deve lasciare libero un Rio di 4 passi di larghezza.”… Poi ritornò ancora la Peste, e il Mercante Marco Arian lasciò un legato di 300 ducati per la costruzione di alcuni pozzi nella Contrada dell’Anzolo: “… a li vivissimi de la Contrada … per i bisogni al popolo e a boni homeni de la Contrada”. Morì anche lui di peste, le sue intenzioni vennero incise sui pozzi, e il suo testamento veniva letto due volte l’anno davanti alla porta della chiesa dell’Anzolo.
C’era quindi anche un gran pulsare di accadimenti e persone, e in quell’alveare di storie e cose c’erano i comuni Pescatori che s’affacciavano e andavano ad arenare le loro barche sulla spiaggia di Santa Marta. Da mattina a sera in Contrada era tutto un formicolio d’attività, uno scampanare, un chiamarsi a raccolta, un simpatizzare e condividere e aggregarsi, coinvolgendosi a vicenda nel bene e nel male salvo qualche rarissima occasione.
Sempre dentro alla chiesa-Contrada-Parrocchia dell’Anzolo Raffael, dove nel 1471 Ugolin de Baviera vendeva pane, fra la ventina di Schole d’Arte-Mestiere e Devozione che si ospitavano, primeggiava per partecipazione e rinomanza la Schola di San Ludovico o Alvise dei Barcaroli del Traghetto di Liza Fusinainsieme a quella del Cristo dei Barcaroli.
La Schola o Fraglia dei Barcaroli del Traghetto de San Raffael et de LizaFusina era detta anche Schola o Fraggia di San Ludovico o Sant’Alvise o dei Fusinòtti. Era composta da un solo Stazio o Traghetto che occupava con le sue barche buona parte della Fondamenta di Liza Fusina. Veniva considerato un Traghetto de Fòra(considerato a volte un Tragèto de Dentro) che collegava la città con Fusina proprio sul bordo della gronda lagunare offrendo barche a nolo. Inizialmente le barche assegnate insieme alle Licenze-Libertà d’esercizio del Traghetto erano 40, mentre i confini d’azione erano delimitati dal campanile della chiesa dell'Anzolo Rafael fino a quello opposto della chiesa di Santa Marta da una parte, e l'eventuale realizzazione delle "Porte sora i Maranzan col Carro de Fusina” dall’altra. Nei giorni di mercato le barche del Traghetto potevano trasportare fino a dieci persone per barca, mentre negli altri giorni “normali” il limite massimo non avrebbe potuto superare i sei passeggeri per barca.
Nel novembre 1508 i Barcaroli del Traghetto di Liza Fusina rinnovarono del tutto la loro Mariegola, e nel 1537 quando in Contrada sorgevano diverse botteghe di fruttariol e lugangheri, e due tintorie, il Capitolo del Traghettoapprovò la spesa per la costruzione di "uno redùtto per loro Barchaioli", e decretò un ulteriore esborso di denaro allo scopo di "conzàr la cavana per le barche". I Confratelli Barcaroli tenevano le loro funzioni religiose nella chiesa dell’Anzolo dove avevano “sepolcro proprio”, mentre come loro Sede per il Capitolo utilizzavano l’edificio del Campiello dell'Oratorio presso San Nicolò dei Mendicoli al termine della Fondamenta di Lissa Fusina. Il posto aveva già ospitato in precedenza una Schola de la Beata Vergine Maria, infatti, un’iscrizione posta in facciata dichiarava che l’edificio era stato rifabbricato nel 1687 grazie all’interessamento e ai soldi di un certo “Marcho di deto Tragheto (de Lissa Fusina)”.
Nel 1566 quando in Contrada dell’Anzolo vivevano 3.224 persone, Bartolomeo de Ogniben faceva il Marangon come Jacomo figlio di Donado da Bergamo … Alla Visita Apostolica alla Parrocchia-Collegiata nel 1581, si rilevò che ai 4.000 abitanti si distribuivano 3.000 Comunioni. La maggior parte dei capifamiglia della Contrada erano barcaroli, marinai e pescatori. Un buon numero di uomini era anche impiegato nel settore laniero e serico, e le Tintorie della Contrada erano diventate 4, e le botteghe 71 … Esattamente un secolo dopo, il Conte Verità Zenobio istituì per testamento un legato perpetuo per finanziare doti di 60 ducati ciascuna per maritare 24 Putte delle Contrade dell’Anzolo e San Pantalon estratte a sorte. Le donne dovevano avere almeno 15 anni e non oltre 29, e il “beneficio” venne attuato quasi senza interruzioni fino al 1837 quando Alba Zenobio lo interruppe senza spiegazioni ... Nello stesso secolo nei “Commemoriali” del Doge Pietro Gradenigo si raccontava che in Contrada dell’Anzolo vivevano due Mastre Merlettaie di nome Lucrezia e Vittoria Torre, le quali fecero un collare “di capelli canuti”pagato 250 ungheri, che servì al Re di Francia Luigi XIV nel giorno della sua solennissima incoronazione … Negli stessi anni un incendio si sviluppò nell’organo dell’Anzolo Raffael, una grossa parte della chiesa venne compromessa, e il fuoco distrusse anche i banchi delle cere e delle argenterie. Ci pensò la solerzia e la generosità dei Confratelli del Santissimo a limitare i danni e reitegrare gli oggetti andati distrutti.
Solo nel 1735 il Piovano GiovanBattista Ghedinici riuscì a mettere insieme i fondi utili per i restauri, ma durante i lavori venne giù e crollò all’improvviso l’intera facciata della chiesa. Dieci anni dopo, nonostante i recenti restauri, si dovette spendere i 500 ducati di un nuovo “legato Millioni” perché c’era un pilastro della chiesa che “minaccia rovina vicino all’altare di Sant’Osvaldo tirandosi dietro l’intera facciata”… Nel 1802 e 1803 il Piovano Giuseppe Giusti supplicò più volte il Governo Austriaco per provvedere ai restauri dell’edificio ancora cadente. Il Governo non gli rispose neanche … Nel 1853 c’era ancora assoluta necessità d’interventi, c’erano ancora: “vaste caverne a tramontana sull’attico superiore del tetto, cornici slegate, travi infradiciate, tettoie rovinate in vaste proporzioni, impalcature insostenibili, arcate fesse, muraglie disgiunte, e il pavimento avallato.”
Non se ne fece nulla per lungo tempo … Allora come oggi, non è cambiato quasi per niente il modo di gestire “la cosa di tutti” da parte di chi ci conduce e governa, laico o devoto che sia.
Nel 1700 però, gli uomini della Fraggia di Lissa Fusina spostarono lo Stazio del Traghetto dalla riva del Rio dell’Anzolo Raffael a quella del Rio di San Sebastiano in Contrada di San Basilio, proprio accanto al ponte e presso il portico … Nel 1736 si ordinò alla Schola che entro otto giorni provvedesse a far demolire il suo Altare dovendosi rifare il "canton de la chiesa verso il ponte"… e l’anno seguente, al tempo di Missier Nicoletto Canèr, furono rifatti a spese della Schola: le spalliere dei muri, si restaurarono i quadri, e si rifece la pala di Sant’Alvise con i Santi Girolamo, Sebastiano e Giovanni Evangelista..
Come vi dicevo, sempre nella chiesa dell’Anzolo, accanto e insieme ai Barcaroli per Liza Fusina, c’erano quelli del Sovegno della Santa Croce o del Cristo dei Barcaroli la cui Matricola-Mariegola era dell’aprile 1683. Nell’aprile 1692 Giovanni Prevato Custode del Sovegno dei Barcaroli e Compagni ottennero dal Capitolo dei Preti dell'Anzolo Raffael l'uso dell'Altare del Cristo nella Cappella a sinistra della Maggiore. Lo stesso Capitolo dei Preti si impegnò a celebrare per i “Barcaroli de la Croxe” una Messa Solenne ogni 3 maggio Festa della Santa Croce, un'Esequie Cantata il Giorno dei Morti, e a far suonare “l'Ave Maria et metter fòra la Croxe a ogni morte di ciascun iscritto della Fraggia”. I Barcaroli iscritti dovevano versare 26 lire mensili, i malati ricevevano un sussidio di 2 lire al giorno, ed erano assistiti da un Medico e da uno Speziale scelti e stipendiati dalla Schola-Sovegno ... Nell'ottobre del 1692 gli iscritti residenti non solo nella Contrada dell’Anzolo e dei Mendicoli ma anche in altre Contrade di Venezia, erano un centinaio: “tutti Barcaroli, ovvero Gondolieri che lavorano al servizio di Famiglie Nobili o private, o che prestavano servizio nei Traghetti della città”.
Nel settembre 1803 quando il Patriarca Flangini visitò le Contrade e le chiese dell’Anzolo e dei Mendicoli trovò che vi abitavano più di 3.000 persone ma senza neanche una Levatrice che li facesse nascere. C’erano però all’Anzolo due Spezierie da Medicine: “Il Tempo” a Santa Maria Maggiore, e “La Venezia Trionfante” in Campo dell’Anzolo, mentre in Contrada di San Nicolò oltre a un Forno, una Pistoria e 53 botteghe, c’erano altre due Spezierie: il “SantaTeresa” in Corte Maggior, e la “La Cerva d’Oro o la Cervetta” a Santa Marta.. ... Il contitolare della chiesa dell’Anzolo risultava essere ancora San Niceto, ed esistevano ancora l’Oratorio pubblico della Pia Casa del Soccorso; l’Oratorio semipubblico di Santa Marta; l’Oratorio privato delle Terziarie Francescane; l’Oratorio privato di Santa Maria Maddalena nell’Ospedaletto contiguo alla chiesa; gli Oratori privati dei Nobili Bembo, Contarini, Lippomano, Barbarigo, Celsi, Minottoe Mocenigo dove i Preti celebravano di continuo privatamente e solo per quelli della Casada; e quelli del Signor Giovanni Gastaldello Briati, del Signor Carlo Fedetico Pasinetti, nonchè i Tre Oratori della famiglia Foscarinidove due risultavano sospesi da ogni rito per colpa del saccheggio che avevano appena subito … I Preti, invece, attivi in chiesa e residenti in Contrada dell’Anzolo erano 15 fra cui diversi che andavano a celebrare Messe altrove. Un Prete si era recato lontano: nell’isola di Modone, un altro andava a celebrare in Contrada di San Fantin, uno a San Giacomo di Rialto, uno dai Teatini, uno celebrava in Santa Marta, e uno era “sospeso a divinis”… Dal dicembre 1817 la “Congrua” pagata al Piovano dell’Anzolo Rafael don Giuseppe Giusti era formata dal cumulo dei redditi provenienti da alcuni stabili siti in Contrada di San Felice nel circondario di Santa Sofia; dal reddito della bottega affittata ad Orsola Larese Bassan a lire 31; da quello del piccolo magazzenetto vuoto che dava 14 lire; dalla bottega affittata a Giulio Ratti a lire 88,80; dalla bottega affittata a Giovanni Maria Ferraro a lire 62; da un appartamento di casa affittatato a Francesco Sviali a lire 329, e da un secondo appartamento della stessa casa affittato ad Aurelio Rocco a lire 210,80. In totale il Piovano dell’Anzolo percepiva: lire 735,60 annue.
Sempre durante quella Visita del 1803, risultò che i Barcaroli della Croxe dell’Anzolo facevano ancora celebrare a loro spese “Tre Agonie ed un Esequie per i Confrateli Barcaroli Morti”… Secondo un Inventario del 1865: “… il Sovvegno del Cristo dell’Anzolo possedeva un banco col prospetto del Cristo e per parte due gondole (oggi conservato nella Sacrestia dell’Anzolo), due lampade d'ottone, una Reliquia della Santa Croce, un Segnale Grande e quattro aste dorate per le Processioni, un Crocifisso piccolo, dodici Cappe di tela complete da far indossare ai Confratelli, e un cuscino e un manto nero che si usavano per accompagnare processionalmente i Confratelli Morti ... Sull'Altare della Schola-Sovvegno c’era un Crocifisso con un diadema d'argento, un paliotto di seta, e sei candelieri con l'effigie del Crocifisso.”
Fra le ultime disposizioni rilasciate dal Sovegno dei Barcaroli della Croxe, una del 1884 stabiliva: “che non siano più assistiti i Confratelli quando si trovano in campagna, fuori Venezia, anche se fossero in villegiatura coi propri padroni"… Il Sovegno con attività di sussidio e previdenza rimase attivo e litigante per i propri diritti con terzi e con i Preti del Capitolo dell’Anzolo fino al 25 settembre 1910 quando gli ultimi Barcaroli de la Croxe decisero di sciogliere la loro Confraternita consegnando tutti i beni rimasti al Piovano dell'Anzolo Raffael.
Come avete inteso bene, la zona dell’Anzolo e la Fondamenta di Liza Fusina attiravano molto per i loro traffici e movimenti i Barcaroli di gran parte di Venezzia. Perfino la Schola del Barcaroli e Gondolieri del Traghetto di San Barnaba e San Samueleattivi sul Canal Grande tenevano sede lì nei pressi dentro alla chiesa di San Sebastiano dove sul primo Altare a sinistra avevano la loro Arca-Sepolcro con particolare “sigilli a barchetta” impressi. Fatalità. lì proprio accanto sorgeva il grosso Squero di San Sebastiano che costruiva gondole e barche per i Gondolieri e i Barcaroli de Casada di Venezia.
Nel giugno 1514, secondo il Quaderno del Traghetto di San Barnaba, il Gastaldo dei Barcaroli e Gondolieri del Traghetto si obbligava con i suoi successori a dare ai Frati Gerolosomini del Convento di San Sebastiano: “Tre lire per cadauno dei Compagni che entrerà nella Schola del Traghetto”. In cambio i Frati s’impegnavano a celebrare ogni lunedì una Messa di Suffragio per tutti i Confratelli Morti della Schola dei Barcaroli e Gondolieri di San Barnaba e San Samuel.
(San Sebastiano "della Peste" e lo Squero di San Sebastiano.)
A proposito di San Sebastiano, la chiesa-Convento è sempre stata considerata parte integrante della Contrada dell’Anzolo Raffael. Nel 1437, e poi nel 1464 e nel 1478 l’ennesima serie di epidemie di Peste aveva devastato Venezia e soprattutto le Contrade dell’Alzolo e dei Mendicoli. In quella stessa epoca si costruì sopra l’atrio di San Nicolò dei Mendicoli un ambiente ad uso di due Pizzocchereteche vi rimasero fino al 1511, e si costruì sopratutto la chiesa Votiva dedicata a San Sebastiano considerato: Santo Protettore contro la Peste come San Rocco e i Santi Cosma e Damiano. Non fu tanto facile realizzare quella nuova chiesa a soli due passi dall’accanito e aggueritissimo Capitolo dei Preti dell’Anzolo Raffael, e prima che nel 1530 la chiesa di San Sebastiano assumesse le sembianze attuali, accaddero numerosissime liti fra i Frati di San Sebastiano, la gente della Contrada e i Preti dell’Anzolo e dei Mendicoli che non volevano saperne di quella nuova chiesa che avrebbe sottratto loro troppe elemosine. Alla fine dovette intervenire il Papa, che stabilì che i Frati Gerolomini di San Sebastiano avrebbero dovuto offrire ai Preti dell’Anzolo e dei Mendicoli un contributo annuale di ½ libbra di cera bianca (cosa che venne presto tradotta in una più pratica e concreta rendita monetaria a favore del Capitolo dei Preti dell’Anzolo e dei Mendicoli).
Originariamente la chiesa di San Sebastiano possedeva un campaniletto con cuspide a cipolla con mattonelle invetriate coloratissime, e 30 Frati Eremitani di San Girolamopresero posto nel Convento adiacente “senza contare i forestieri che continuamente andavano e venivano dalla Contrada”… Dal 1555 ebbe inizio all’interno della chiesa dal ricco soffitto a cassettoni il favoloso intervento pittorico di Paolo Veronese voluto e finanziato dal Priore Veronese Frà Bernardo Torlioniche intendeva inscenare in pittura: “un grande trionfo allegorico della Fede sull'Eresia”. Tradizione vuole che il famoso pittore sia vissuto fino alla morte in San Sebastiano e nel suo Convento quasi come un recluso in prigione perchè aveva offeso e ucciso un potente di venezia e commesso altri reati.
Sempre in San Sebastiano avevano sede altre sei Schole di Devozione e Arte e Mestiere fra cui quelle di Sant’Alipioe quella di Sant’Osvaldo che i Veneziani della Contrada chiamavano spiritosamente:“Lìpio e Osvaldìn fiòi de San Bastiàn”. Ancora nel 1866 nello stesso luogo della chiesa e Convento che era stato dei Frati Girolomini de San Bastiàn, c’erano attive e residenti 34 Suore “Figlie di San Giuseppe” che si occupavano della Sezione Femminile dell’Istituto Manin per Orfani e Abbandonatidi Venezia. Le stesse Suore gestivano anche una Scuola Elementare in Contrada di San Zan Degolà nel Sestiere di Santa Croce, e nel 1880-1881 erano 21 unità a San Sebastiano presso l’Anzolo, e 11 a San Giovanni Decollato. Solo nel 1921 l’Istituto Femminile Manin venne concentrato in quello delle Zitelleo Citelle de la Giudecca… e anni più tardi durante i restauri dell’ex Convento dei Frati e della ex sede delle Orfanelle dell’Istituto Manin per trasformarlo in sede universitaria si rinvennero dei corpicini di neonati sepolti e nascosti dentro ai muri.
Ma quante cose accadevano dentro alle Contrade Veneziane ? … Comunque c’è ancora dell’altro “di curioso” che dovete conoscere accaduto nei pressi del Rio di Liza Fusina all’Anzolo. In quel angolo di Venezia accadde molto … anzi: moltissimo di più.
Già fin dal 1170-1180 esisteva nel Sestiere di Dorsoduro il toponimo di San Nicolò dei Mendicoli: “zona paludosa e di piscine”… Nell’agosto 1337 poco prima che il Maggior Consiglio decretasse l’interramento di una di quelle insieme a un’altra in Contrada di San Basilio, il Gastaldo Marco di Cavarzere da San Nicolò dei Mendicoli e Pietro Rosso di San Moisèsupplicarono e ricevettero “acqua a palata Tregolle usque a Botonigum per costruire mulini a patto che non nuoccia all’equilibrio delle acque della Laguna”… Nel 1365, invece, constatato che i Pescatori Veneziani e Lagunari ponevano di continuo graticci di canne palustri contribuendo a provocare l’interramento del Porto, se ne proibì l’infissione concedendo deroghe solo ai Pescatori di San Nicolò dei Mendicolie di Sant’Agnese ossia i Poveggiotti ... Nello stesso anno Almorò Buono di San Nicolò dei Mendicoli e Pietro Tinto dell’Anzolo Raffael contrattarono con Argiroto da Chioggia di comprargli tutte le Anguille e i Bucatelli che avrebbe pescato nelle acque affittategli da Pietro Cavazza di Chioggia ... e qualche anno dopo, il settantacinquenne dei Mendicoli: Marco Gafaro “decrepito e quasi cieco” presentò una “Petizione di Grazia” in cui chiedeva “per non dover mendicare e poter mantenere anche due neze”, d’essere nominato uno dei “Poveri Marinèri del Pèvare” ai quali il Governo della Serenissima stanziava come sussidio una parte della Gabella sul Pepe per aver servito la Repubblica. Il Gafaro aveva servito Venezia rimanendo prigioniero e ferito durante la Ribellione di Capodistria, durante la Terza Guerra Genovese, nella Ribellione di Candia, nella Guerra con Trieste, e in quella con i Carrara e di Chioggia.
Bisogna aggiungere ancora, che verso la fine del 1300 la Contrada dell’Anzoloe di San Nicolò erano quasi trapuntate da molte Istituzioni grandi e piccole che per secoli hanno fatto come da integrazione e supporto a tutto quell’andirivieni mai stanco delle partenze e degli arrivi che capitavano in quella “miserrima e ricca Contrada”, nonché ai Veneziani che la popolavano. Ce n’erano per tutti i gusti e situazioni: esisteva un “Ospizio par i Pòvari” con annesso Oratorio dedicato a “Santa Maria piena di Grazia e Giustizia” voluto da un certo Prete Nobile Veneziano: Leonardo Pisani e da Fra Angelo da Corsica del Terzordine Francescano, che aveva fondato molti altri Ospizi in Romagna. L’Ospissietto venne affidato ai Romiti di San Girolamo fondati dal Beato Pietro Gambacorta da Pisa… e quello fu probabilmente il primo insediamento che portò in seguito alla costituzione di San Sebastiano.
Nel 1325 San Girolamo Miani fondò la sua prima “casa per poverelli” a Venezia in Contrada di San Basegio o Basiliodove strinse amicizia con i Nobili Lippomano che abitavano là, e in speciale modo col Nobile Andrea Lippomano che era Priore della Trinitàdei Templari(un Oratorio in Punta e Campo della Salute che non esisteva ancora in quell’epoca) dove San Girolamo Miani venne ospitato stabilmente.
Dal 1593 poi, non lontano dalla chiesa dei Carminie dall’Ospizio Priuli in Calle dei Vecchi, e a solo due passi dalla Contrada dell’Anzolo era sorto il complesso chiesa-Ospedale di Santa Maria Assunta del Soccorso dove “le pentite” erano state riunite in un nuovo Ospissio con Oratorio, chiostro, corticelle ed orto chiamato comunemente “Il Soccorso”. Fin dal 1580 la belladonna Veronica Franco figlia di Battista Franco detto Semolei, poetessa, celebre cortigiana Veneziana, amante fra gli altri di Enrico III Re di Francia (che si portò oltrAlpe un suo ritratto), decise di interessarsi ed accogliere in quel posto: “prostitute anziane e indigenti interessate da grande miseria ed emarginazione”. Con l’aiuto di suoi conoscenti Nobili, la Franco iniziò prima ad ospitare le “donne traviate” in alcune caxette in Contrada San Pantalon verso la chiesa dei Tolentini, in Contrada San Trovaso, e in Contrada di San Piero di Castelo, poi le concentrò tutte nella nuova e più capiente istituzione nei pressi dell’Anzolo.
(Santa Maria del Soccorso per le "donne perdute".)
Scriveva Giovan Nicolò Doglioni nel 1613: “… poche città puono eguagliarsi alla città di Venezia nella pietà et nel mantenir con elemosina i poverelli et specialmente che si ritrovano né luoghi dedicati ad Opere Pie. Che, tralasciando le tanti e tanti Monasteri di Frati e di Monache mendicanti, ecco i bambini nati di nascosto et abbandonati da padre et madre hanno luogo comodo per allevarsi nell’Hospitale della Pietà ... Gl’infermi di mali incurabili con piaghe et tumori han l’Hospitale dell’Incurabili a ciò deputato. Quegli altri poveri, non con tanto male, sono soccorsi nell’Hospital di San Giovanni e Paolo. Li meschini malamente feriti han lor ricovero in San Pietro e San Paolo di Castello. Quelle donne che dal mal fare si rimettono e si danno al far bene sono raccolte nel Monasterio delle Convertite. Le giovanette già da marito che stanno in eminente periglio di cadere in peccato son levate da alcune Matrone primarie della città, et anco a forza condotte et chiuse nel Luogo delle Citelle. Quelle donne che maritate, non però voglion vivere caste, si conservano ben guardate nel Soccorso. Vi sono anche altri Luoghi Pii et Fraterne …”
Alcune cronache Veneziane raccontavano inoltre: “Nel marzo-novembre 1594 sotto la direzione del Proto Simon Sorella si decise la creazione di due dormitori e un laboratorio con camino verso Cà Moresin ... La casa consisteva in tre soleri con due pozzi nel cortile, di cui uno nel luogo in cui si doveva costruire la cucina ... Nel 1599-1600 si pagarono i banchi della chiesa e i decoratori e stuccatori, segno che tutta l’opera doveva essere terminata … L’istituzione retta da appositi Governatori che curavano anche la sistemazione delle ragazze indirizzandole a matrimonio o ai Monasteri, ebbe sempre patrocinio e aiuti sia da Privati Veneziani, che da altre istituzioni come il Consiglio dei Dieci che assegnava al Soccorso legna, burci d’acqua e altri generi … nel 1597 Carletto Benedetto Caliari fratello di Paolo Veronese dipinse per l'altare dell’Oratorio una pala raffigurante: “la Beata Vergine sopra le nubi e quattro donne pentite inginocchiate” … Il Piovano dell’Anzolo canta Messa nella chiesola della “Pia Casa del Soccorso” il giorno della Festa il 15 agosto …”
Tutta questa realtà assistenziale accadeva proprio sul“principiàre”, sul bordo della Contrada dell’Anzolo, al cui interno c’era ben di più ... Non se ne conosce l’esatta ubicazione di un tempo, ma all’Anzolo c’era, ad esempio, anche l’Ospeàl de la Trinità. Sembra sorgesse in Fondamenta della Pescheria proprio accanto alla Fondameta de Liza Fusina. Consisteva in un gruppo di caxette assegnate "Gratis et Amore Dei"ai poveri della Contrada e amministrato dai Procuratori de San Marco de Ultra. C’era insomma all’Anzolo una specie di piccola enclave socio-sanitaria simile a quelle che esistevano in molte altre parti di Venezia, (nel Sestiere di Cannaregio nella zona di San Giobbe, ad esempio, o a Sant’Anna di Castello).
Poco distante dall’Ospeàl de la Trinità sorgeva fin dal 1200 anche un certo Ospeàl de San Leone o de San Lio “in bocca fluminis”, che doveva trovarsi di certo fra San Nicolò dei Mendicoli e l’Anzolo Raffael proprio sulla Fondamenta Lizza Fusina. Anche quel luogo di cui oggi non è sopravvissuta alcuna traccia, era uno dei tanti Ospizi per Pellegrini, Forestieri e Viandanti che mettevano piede a Venezia in transito per la Terra Santa o per curare i loro affari.
(luogo dell'Ospizio di San Leone in Bocca Fluminis)
Sempre nella stessa Contrada era presente anche l’Ospizio Balbi (ancora attivo nel 1834), che dava ricovero a 7 povere vedove offrendo loro anche un contributo mensile di 4,70 lire. Nei pressi del vicino Ponte dell’Arzere, quindi solo a pochi passi dalla Fondamenta Lissa Fusina, sorgeva pure l’Ospizio Fusco o Pusco che era un’altra “Opera Assistenziale” fondata col testamento di Bernardo Pusco del gennaio 1475. Costui dispose per la costruzione di una “Casa-Ospealètto” di sei stanze per donne povere e sole alle quali veniva assegnato l’alloggio "Gratis et Amore Dei", e per mantenere viva l’istituzione lasciò le rendite derivanti da circa 80 campi situati in Villa di Rugoletto.
Ancora nel 1724 malgrado l’amministrazione di quell’Opera Pia spettasse ai tre Piovani di San Nicolò dei Mendicoli, dell'Anzolo Rafael e di San Basegio nominati esecutori perpetui delle volontà di Bernardo Pusco, non si sa bene perché e tramite quali transizioni, i beni dell'Ospissio finirono nelle mani private degli eredi di GioBatta Silvestrini e Dante Zorzi. Avvenne così un intenso contendere fino a quando tutto venne avocata dal nuovo Stato e incamerato dal Demanio nel 1806.
(L'Ospizio Contarini a San Nicolò dei Mendicoli accanto alle Terese.)
Poco più avanti verso San Nicolò dei Mendicoli esisteva e c’è tuttora (amministrato dall’IRE di Venezia, ma oggi occupato da Studenti e attivisti dei Centri Sociali) l’Ospizio Contarini, ossia quella casetta gotica con trifora in facciata e corte prospicente che sorge proprio accanto alle Terese(sulla destra). L’Ospissio venne fondato per testamento nel maggio 1462 dal NobilHomo Zuanne Contarini(omonimo di quello di Cannaregio, vissuto però un secolo prima). Il Patrizio Contarini dispone per la costruzione di un Ospizio di 5 stanze da assegnarsi ad altrettante “donne nobili decadute e impossenti” alle quali venivano concesse anche 4.70 lire al mese per il loro sostentamento ... Alla fine del 1400 e inizio 1500 proprio lì accanto Zan de Bernardin gestiva una rivendita di pane, mentre Nicetta era moglie di Alessandro che era Calegher ma faceva il Pescaòr, e Zan Antonio Manzoni lavorava da Frutariol a San Nicolò.
Per far fronte alla situazione d’intenso disagio sociale di quelle Contrade, negli stessi anni i Procuratori De Citra amministravano ben 11 “Alberghetti-Ospizi” dati “Amore Dei”, e alcune serie di caxette lasciate da Zuanne Contarini, da Filippo Morosini, e dalla Scuola Grande di San Rocco che possedeva nella Corte omonima e in Fondamenta dei Cereri ben 70 caxette in legno concesse “Amore Dei” a galeotti e Veneziani poveri.
Nel 1537 uno Squerarioldi San Nicolò dei Mendicoli denunciava di possedere: “… una casa marcia abitata da un pover homo che non ha niente al mondo e non paga affitto da due anni …”
Nel 1564 abitavano la Contrada di San Nicolò dei Mendicolie dell’Anzolo almeno 6.000 persone: “tutte povere e bisognose d’elemosina” ... Nel 1575-1576 s’affacciò ancora una volta la Peste, e “… per riguardo di salute …”vennero bruciati tutti i documenti e le suppellettili della Parrocchia. Dieci anni dopo il censimento della Contrada contò in tutto: 981 nuclei familiari con 3.992 abitanti. La Peste aveva segnato ancora una volta le persone delle Contrade.
Ciò nonostante i Nicolottifecero di San Nicolò dei Mendicoli il “salotto buono della Contrada”spendendo migliaia di ducati. Si costruì l’Iconostasi a tre arcate e con catene di ferro per sostenere il tetto dell’edificio che tendeva ad inclinarsi verso sud. Si demolirono matronei e logge, s’affrescò il Presbiterio decorandolo gli archi gotici a fregi floreali, si sostituì il vecchio altare di legno di San Nicolò costruendone uno di pietra, e si costruì l’organo.
Per far tutto questo tutte le Schole della Contrada si tassarono di 8 soldi per ogni Confratello … Ma non era tutto oro quello che luccicava.
Nel dicembre 1585, infatti, si arrestò mettendolo in carcere per più di un anno: Prè Jacomo Comin della Contrada di San Nicolò dei Mendicoli, zoppo, paralizzato e malato da ictus. Era stato denunciato dalla gente della Contrada con “tre comari” come testimoni, “perché considerato un falso stregone e guaritore, e imbroglione di povere donne”. Quando comparve in tribunale davanti ai Magistrati del Santo Uffizio si buttò in ginocchio davanti all’Inquisitore pregandolo di venire assolto. Non negò d’aver commesso “strigarie”, e affermò d’aver restituito i soldi alla vedova Orsetta che aveva a lungo imbrogliata. Approfittando della sua funzione di Prete e della fiducia che godeva da parte della gente, aveva decretato che la figlia della vedova “era posseduta dal Demonio e soggetta a fattura”. Aveva inoltre chiesto alla donna 24 lire per farle arrivare delle speciali medicine da Padova per guarirla, e in seguito le aveva anche detto che doveva procurarsi 44 libbre di “medicine contro il Demonio”, che doveva far celebrare: “alcune Messe sopra l’acqua”, e appendersi al collo: “un bollettino con parole magiche”. Una vera e propria imbrogliata ad opera d’arte, insomma, per la quale Prè Comin aveva ricevuto dalla donna in più riprese ben 13 ducati e ½ senza che la figlia avesse sortito alcun beneficio.
Venne “svestito e depennato dalla Religione”.
Nel 1589 quelli della Contrada di San Nicolò erano di nuovo 4.186 divisi in 996 nuclei familiari. Vivevano soprattutto da Pescatori, anche se in Contrada alcuni lavoravano come: Samiteri, Tesseri e Filacanevo… e in Contrada c’erano attive: 56 botteghe … Nel 1592 si chiuse il Portico di San Nicolò con delle grate e dei cancelli “per ragioni di scarsa moralità pubblica che accadevano lì sotto e dentro”; si costruì il Battistero e si rifece il portale della chiesa; e si notò che l’edificio continuava ad inclinarsi verso sud anche a causa delle infiltrazioni d’acqua che rovinavano teleri e soffitto.
In quegli stessi anni il Piovano Salomon Lando affermava: “… si cerca elemosina per li poveri della Contrada nella mia chiesa, ma si trova poco et quasi niente et quel poco che si trova vien dispensato da me a quelli che son più in bisogno … Non credo che in tutta Venezia esista una Contrada più povera della mia.” … e Arzentese degli Arzentesi lasciando per testamento 2.000 ducati a quelli di San Nicolò, argomentò: “… perché con il pro di quelli si possino maridare tutte donzelle della Contrà di San Nicolò … fie de Pescaòri … e per destuàr i miei peccati …”
La zona dell’Anzolo e di San Nicolò era in ogni caso vispissima e molto movimentata: un Codice della Marciana racconta con alcune varianti:“… 1615 febbraio ... Ser Pietro Vitturi quondam Ser ZoBatta: fu di notte a San Sebastiano, mentre se ne andava a casa, con un'archibugiata ucciso, et fu detto esser stato un suo Prete di casa.”
Alla fine del 1600 e inizio 1700 nella Pistoria della Contrada di San Nicolò si consumavano: 3.734 stara di farina, le botteghe aperte erano scese a 41 …e le Confraternite: “… spendono per abbellir la chiesa et mantenir li loro altari che in tutta la loro povertà hanno speso in 26 anni intorno 12.000-13.000 ducati.”… e alcuni membri della Parrocchia di San Nicolò tentarono la fortuna al Gioco del Lotto giocando: “3-36-72” …“che il Piovano per giocare si vendette anche le caldàre di casa parrocchiale …”
E non vi ho detto ancora tutto … L’intera zona della Fondamenta di Liza Fusina poi, era quasi “presidiata”da una presenza “massiccia” di donne Pizzoccare e Terziare, che come altrove a Venezia caratterizzavano la vita delle Contrade con la loro identità particolare. La Contrada dell’Anzolo era detta a Venezia: “il Pizoccheraio et il Loco de le Orsoline” per via del nutrito numero di donne di quel genere che abitavano la zona.
Un certo numero di Pizzocchere vivevano nell’Ospedaletto della Maddalena sito sull’omonimo Ponte e Calle dell'Anzolo Raffael, proprio affacciato sul Cimiterietto della Contrada di cui curavano i Morti. L’edificio esistente ancora oggi era di fatto un altro Ospizio per sette vecchie con annesso un Oratorio dedicato a Santa Maria Maddalena. Non dico né aggiungo niente di più al riguardo, ma nella stessa Calle proprio ai piedi del Ponte e affacciata sul Canale di San Bastiàn sembra sorgesse anche una locanda appartenente ai famosi Cavalieri Templari che risiedevano stabilmente a Venezia. Era ovvio, se ci pensate, che personaggi così facoltosi e potenti possedessero proprio lì un comodo “piede a terre” dove si giungeva a Venezia. La vicinanza quindi solo a due passi dell’Ospizio intitolato alla Maddalenarichiama forse coincidenze non proprio coincidenze con quel tema così ostico e mistico così caro ai Cavalieri Templari. (Ricordiamolo sottovoce: la Santa Maria Maddalena si è giunti a pensare e affermare che fosse stata la “fidanzata, la donna” del Cristo-Gesù ... Lo si è detto e creduto per secoli, perciò perché nasconderlo e non riportarlo fra le note storiche di oggi ? … I Cavalieri Templari prima che Papa Clemente V e Filippo il Bello li arrostissero depredandoli vilmente di tutti i loro averi, non era affatto atei e miscredenti, ma uno dei cuori pulsanti della Cristianità, anche a Venezia ... Quindi … Ma questa è un’altra storia.)
(La casa delle Pizzocchere dell'Anzolo e il Beato Pietro Acotanto.)
L'Ospedaeto delle Pizzocchere della Maddalenacon corte interna e Oratorio venne fondato sul “Campo drìo del Cimitero” nel 1361 per dare ricovero a persone indigenti e “Poveri de Cristo", tramite una donazione di due fratelli: Gabriele e Luciano Prior. Lo stesso Luciano Prior col testamento del maggio 1376 redatto presso il Notaio Pietro Corrosatis Piovano di San Barnaba, lasciò tutti i suoi beni all'Ospedaeto. Perciò com’era tradizione a Venezia, si costituì un’apposita Commissaria (di sei persone prima, poi di quattro, poi di un solo Procuratore) per provvedere alla gestione di quel consistente patrimonio.
Un secolo e mezzo dopo la sua fondazione, le finanze quasi esaurite dell’Ospealetto vennero integrate dai Nobili Corner de la Regina di San Cassiano che fungevano da Procuratori dell’Ospizio. Nel 1661 l'Ospedaeto era indicato come uno dei tanti luoghi Veneziani occupato stabilmente, “Gratis et Amore Dei”, dalle Pinzòcare dell’Anzolo che erano un gruppo di sette-otto Terziarie Francescane: vedove o donzelle, scelte dagli stessi Corner della Regina. Ancora a metà del 1700 il NobilHomo Zorzi et fratelli Cornaro fu de Ser Andrea Procuratori dell’Ospissio della Maddalena cercarono più volte d’entrare in pieno possesso dell’intero patrimonio spettante al piccolo complesso assistenziale e devozionale occupato dalle Pinzocchere della Maddalena.
Le Pizzocchere Terziarie, ovviamente, insorsero e si opposero tenacemente temendo di perdere la libertà e le loro prerogative Devote, Laiche e di Carità ... nonché l’alloggio gratuito. Nel 1761 tramite Giacomo Trevisan loro Procuratore e Avvocato presentarono ricorso ai “Proveditori Sora agli Ospeài, i Lochi Pii e per il Riscatto degli Schiavi”, e dopo un lungo altercare e ben due sentenze contro Girolamo Corner e a favore delle Pizzocchere, ottennero ragione e il diritto d’eleggersi indipendentemente una loro Priora ... (in barba ai privilegi, ai controlli, alle imposizioni e alle avidità dei Corner de la Regina).
Solo la soppressione napoleonica con l’incorporazione Demaniale dei beni spense l’impeto e l’ardore delle Pizzochere della Maddalena e dell’Anzolo, sebbene l’Ospedaletto non abbia interrotto mai la sua attività ricettiva e assistenziale-caritatevole per i miseri e la gente della Contrada, che continuò fin quasi ai giorni nostri. Oggi l’ambiente è sotto l’egida dell’I.R.E. del Comune di Venezia, e ospita ancora anziane sole autosufficienti.
Vi sembrerà strano, ma a Venezia niente lo è … Appena al di là dello stesso Canale di Liza Fusina, proprio di fronte all’Ospizio della Maddalena e alla facciata principale della chiesa dell’Anzolo, esisteva un altro Pizzoccheraio. Era quello delle Terziarie di San Francesco, che vivevano in perfetta sintonia d’intenti con quelle che abitavano al di là del Rio e del Ponte. Entrambi i Pizzoccherai fungevano da “longa manus, occhio e orecchi”dei Preti della Contrada dell’Anzolo e dei Mendicoli “che vigilavano su tutto e tutti guidando le loro Pecorelle Veneziane”.
Anche in questo caso, non si trattava di un semplice Ospizio, ma piuttosto di un vero e proprio antichissimo Convento dismesso e occupato in seguito dalle Pinzocchere. Per la sua consistenza, per la capienza, le numerose caxette e gli ampi orti annessi sul retro, il Pizzoccheraio era detto: “la Cà Grande dell’Anzolo”. Il complesso era sorto nel lontano 1207 per volontà e finanziamento della Nobile Famiglia Acotanto, e inizialmente era stato anch’esso destinato ad essere un “Grande Pelegrinaio” a disposizione dei Pellegrini che giungevano a Venezia sulla Fondamenta di Liza Fusina diretti in Oriente e in Terra Santa. Ben presto, forse già dal 1288, l’edificio divenne però Loco de le Pizzocare Terziarie dell’Anzolo Raffael alle quali Papa Nicolò IV destinò un apposito Prete Visitatore e Confessore. In seguito il Pio Luogo de le Pizzocchere de la Ca’ Granda dell’Anzolo ebbe vita Religiosa fiorentissima e di lodevole qualità benefica per tutta le Contrade Veneziane e non solo. Tanto è vero che proprio da lì uscì nel 1355 Lucia o Luigia o Luisa Tagliapietra che dopo la morte venne proclamata: “Beata per le sue grandi Virtù”… e sempre lì in quella “Casa-Conservatorio de le Pizzocchere” nel 1652 il Patriarca concentrò “in buon numero”riordinandole, tutte le Pizzocchere Veneziane abituate a gironzolare per tutta la città dando origine a dicerie, situazioni e illazioni di ogni sorta.
Nel 1537: Suora Maria “Ministra de le Pinzochare dell’Anzolo Rafael” scriveva alla Signoria di Venezia presentando la sua “Condizione”: “… do in nota quelo che nui povere abiamo al mondo qual in esta casa tuto per l’amor di Dio et ala nostra povera informaria: abbiamo diexe povere inferme qual non si po’ mover di leto oltra altre 44 done constitute in suma miseria e calamità chè zerto come pui de soto veder Vostre Signorie non abbiamo il viver per mesi doi, tamen con ogni realtà diremo quelo se atroviamo et le Vostre Signorie pietosissime in quelo potrà aiutàr il nostro poverissimo loco semo certe che el farà oferendosi nui tute pregar la Maiestà de Dio per questa Benedeta Repubblica …”
In realtà al di là del modo aulico e tradizionale di supplicare tipico di quell’epoca, il patrimonio e le risorse delle Pinzocchere dell’Anzolo erano notevoli, e le Pizzocchere non erano affatto miserevoli e poverissime. Nel 1661 le Pinzochere Terziarie dell’Anzolo percepivano rendite per 355 ducati annui da immobili posseduti in Venezia ... Nel 1712 le stesse rendite erano aumentate a 611 ducati annui, e dopo oculate operazioni di mercato nel 1740 erano arrivate ad essere: 1.234 ducati … In quello stesso anno in Corte del Pignater all'Anzolo Raffael, Antonio Martire lavorava in una bottega da Pignater “pagando pigione all'Eccellentissimo Roberti” ... mente il Forner Martino dalla Val Daura cucinava pane per le donne della Contrada che poi lo rivendevano contravvenendo alle leggi vigenti della Serenissima.
Ancora nel maggio 1765 il Murèr Pietro Pelli rilasciava una scrittura che attestava le spese per il restauro e ampliamento del Locho delle Terziarie Pinzocchere dell’Anzolo Raffael… Nel 1812 dopo il travaglio distruttivo napoleonico, gran parte dell’ampio edificio venne occupato e utilizzato dall’Istituto per l’Educazione Femminile fondato nel 1807 in Parrocchia di San Basilio dal Prete Filippino dell’Oratorio Pietro Sanzonio. Sempre lì dal 1841 incorporando il vicino Palazzo Minotto gestivano il Convittole Oblate Filippine di San Filippo Neri“inventate”dal Prete Antonio Vascòn, che erano: 47 nel 1866, e ancora 40 nel 1880-1881. Oggi di quel maestoso complesso rimane solo una nuda facciata brulla e gli orti Comunali coltivati dagli Anziani del quartiere: tutto è stato demolito e atterrato ... rimane la Storia.
(il Rio di Liza Fusina con le "lissie per le merci" sui lati, e la Casa del Grande Pizzoccheraio dell'Anzolo sulla destra.)
Come non bastassero le Pizzochere, sempre nella stessa zona e lungo il Canale e la Fondamenta di Liza Fusinac’erano anche le Orsoline ossia delle: “Pie Donne appartenenti alla Compagnia di Sant’Orsola che si dedicavano all’educazione delle Orfanelle”. Costoro occupavano due Ospizi distinti nei pressi di Santa Marta e in Calle delle Colonnette nella Contrada dell’Anzolo Raffael. L’ “Opera delle Orsoline dell’Anzolo, di San Nicolò e di Santa Marta” ebbe inizio nel maggio 1573 su iniziativa di Scipione Bardi che donò per testamento due “blocchi di caxette” in Contrada dell’Anzolo e Santa Marta-Mendicoli perché fossero destinate a ricovero di donne iscritte alla Compagnia di Sant’Orsola ... Le gentildonne della Compagnia de Sant'Orsola di concerto coi Governatori della Congregazione dei poveri Vergognosi assegnavano le dieci camere “Gratis et Amore Dei … finchè paresse loro" a vedove con figli in età non superiore ai sei anni. In cambio le vedove dovevano impegnarsi ad insegnare Dottrina Cristiana alle fanciulle della Contrada.
Fra 1712 e 1764, quando Adriana Corner e Giustiniana Priuli Garzoni prima, e Maria Barbarigo Dolfin della Contrada di San Trovaso dopo erano Procuratrici, le Orsoline riscuotevano i loro “prò in Zecca”(interessi su deposito di capitale) ... Il Nobilomo Alvise Barbarigo del Ramo della Terrazza amministrava a sua volta i due “Pii Ospissi”, e produceva tutta una serie di “polizze di spesa” per costruire e mantenere i luoghi delle Orsoline, fornire loro gli emolumenti spettanti nelle festività, e firmava le quietanze “per le Messe” usando i beni del lascito di Ottavia Antichio… Successive furono le quietanze dell’Orsolina Angela Merlo, e della Priora Elisabetta Pilosio per spese di chiesa ed emolumenti; “per assegni lasciati da Giustiniana Priuli Gussoni”; “per il vitalizio stipulato dai fratelli a favore di Angela Merlo divenuta Orsolina”; “per le disposizioni testamentarie di Maria Bragadin con inventario dei beni lasciati alle Orsoline”; “per le donazioni di beni a Chioggia da parte di Domenico Fattorini all’Orsolina Margherita Vianelli”, e circa la concessione da parte del Comune di un terreno contiguo alla Sede della Congregazione delle Orsoline dell’Anzolo e San Nicolò.
Sfogliando il “Brogliaccio di cassa delle Orsoline”, si evince che nel 1740 erano considerate “indigenti”sebbene possedessero piccoli capitali depositato al Monte Novo, Novissimo e al Sal, riscuotessero una rendita annuale di 21 ducati da beni immobili in Venezia, e gestissero lasciti testamentari a loro favore come quelli di Marietta Foscarini, Giulia De Rossi, Chiara Colombara, Paolina Fedeli, oltre a quello fra l’Orsolina Lucietta Milanie la matrigna Francesca Alborelli, e quell’altro di Elena Corner Governatrice delle Orsoline che fece Procura a Ortensio Zaghi. Non morivano affatto di fame le Orsoline … e ne godevano in qualche maniera anche tutti i miseri delle Contrade che “le contenevano”.
Ancora fra 1770 e 1772, Antonia Loredan Guiberti donò alla Congregazione delle Orsoline una terra a Santa Marta con l’obbligo di edificarvi sopra due caxette ... e nel novembre 1789 i Provveditori al Sale con apposito decreto consegnarono del sale alle due comunità delle Orsoline.
Dopo la caduta della Repubblica Serenissima, e alla Visita del Patriarca Flangini nel settembre 1803, le 14 Orsoline rimaste nell’Oratorio di San Nicolò erano ancora vive e vegete, concedevano a livello ad Antonio Privato una casa sita in Contrada dell’Anzolo Raffael, ed erano ancora capaci di prendersi cura di 24 educande. Tre anni dopo però, il Commissario Delegatotrovò solo 4 Orsoline nel “miserabile Istituto”, di cui una era pazza, e la Superiora si dichiarò pronta a firmare il verbale di chiusura dell’Ospizio, ma non disposta a trasferirsi a Murano insieme alle altre Orsoline rimaste. Voleva andare a trovare riparo in casa del Piovano di San Nicolò dei Mendicoli che era consenziente, perciò il Prefetto di Venezia lo rimproverò per “tanto arbitrio e imprudenza”, e siccome costui cercò di giustificare le Orsoline dicendo che non erano tenute alla clausura e quindi potevano andarsene liberamente dove volevano, anche trovandosi una casa a piacimento, il Prefetto costrinse il Piovano dei Mendicoli a trasferire entro sera e concentrare a sue spese tutte le Orsoline rimaste in Contrada dell’Anzolo presso il Monastero delle Dimesse di Santa Maria di Murano. Così gli Ospissi delle Orsoline delle Contrade dell’Anzolo e dei Mendicoli vennero soppressi cessando la loro plurisecolare attività.
Ma non vi ho detto ancora tutto … Abbiate pazienza, e spero siate curiosi … Sempre nella stessa zona popolare e a volte un po’ dimessa, poco distante dalla Fondamenta di Liza Fusina, prese posto anche un’altra presenza significativa definibile come Schola-Oratorio di San Filippo Neri e di San Girolamo.
“Un’altra Frataria !”direte … No … E’ stata una cosa un po’ diversa.
(L'Oratorio dei Filippini a San Nicolò dei Mendicoli)
Nel 1697 la Cronaca Veneta di Padre Antonio Pacifico raccontava dell’esistenza fin dal 1617 nei pressi di San Nicolò dei Mendicoli di un: “… Oratorio attaccato alla chiesa con più di 200 buoni fratelli che qui posto vi recitano l’ufficio della Beata Vergine con altri esercizi di Cristiana Pietà…”
“Ecco ! … Avevamo ragione !” ribadirete di nuovo … E, invece, no.
Non si trattava della solita Scholetta Devozionale legata alla Preteria Veneziana, si trattava, invece, di un’Interessante iniziativa associata alla Congregazione della Santa Pugna Spirituale degli Oratori di San Filippo Neri: il “Padre degli Oratori”, che ebbe anche a Venezia grande adesione e costanti iniziative. E’ vero ! … Il nome un po’ pomposo potrà anche ingannare … Ma bisogna innanzitutto pensare che in quegli anno si era in piena epoca d’espansione del movimento Quietistain cui si idealizzava e privilegiava il rapporto spirituale diretto “di Pace con Dio” scavalcando l’intermediazione Ecclesiastica, e dimenticando soprattutto l’aspetto pratico della Carità Cristiana dovuta ai poveri. In altre parole la Religione correva ancora una volta il rischio di ridursi a “un fai da te diretto con Dio” in barba ai bisogni dei più poveri ch’erano lasciati a se stessi.
L’esperienza degli Oratori di Filippo Romolo Neri (1515-1595) si proponeva giusto il contrario … E “la cosa”, l’esperienza insomma, ebbe successo.
Filippo Neri era un tipino perlomeno singolare se non curioso il cui carisma e stile giunse e si diffuse fino a Venezia: tanto è vero che è stato considerato a lungo uno dei “compatroni”della città Lagunare insieme a San Marco, San Teodoro o Todaro, San Lorenzo Giustiniani e gli altri. Quindi Filippo Neri per Venezia non fu un Santo qualsiasi, uno dei tanti … ma un personaggio che lasciò il segno in Laguna … per secoli.
Filippo Neriera fratello di Caterina, Francesco e Lucrezia figli di un Notaio di Firenze che dal 1524aveva intrapreso la strada dell'Alchimia dopo essersi risposato con Alessandra di Michele Lensi. Filippo ebbe un successone a Roma prima che altrove, dove venne considerato il “Secondo Apostolo di Roma, il Santo della gioia, e il Buffone e Giullare di Dio”. Nato a Firenze in Contrada di San Pier Gattolino, dopo aver ricevuto istruzione in famiglia e da un certo Mastro Clemente, andò a studiare nel Convento di San Marco di Firenze dov’era attivo il famoso Frate Domenicano Girolamo Savonarola… Sì proprio lui: lo scomodo Frate Predicatore che pestò i piedi a Papa Alessandro VI Borgia finendo arrostito sul rogo il 23 maggio del 1498.
A 18 anni, Filippo venne inviato a Cassinodallo zio Bartolomeo Romolo per essere avviato alla professione di Mercante, e a tale scopo costui gli lasciò in morte tutti i suoi averi, cioè: 20.000 scudi. Filippo però rifiutò tutto per dedicarsi a una vita religiosa e di preghiera particolare che stava insolitamente a cavallo fra il misticismo spinto delle Laudi di Jacopo da Todi e la comicità disincantata e un po’ dissacrante delle Facezie del Pievano Arlotto. Filippo insomma era un uomo “di Religione” ma un po’ insolito, “fuori dal coro”, diverso dai soliti Preti e Frati dell’epoca.
Nel 1534si trasferì come Pellegrino in una Roma che trovò corrotta e pericolosissima. Lì per mantenersi fece il precettore di Michele e Ippolito Caccia, figli di Galeotto Capo della Dogana Pontificia in cambio di un sacco di grano che convertiva in pane da un vicino fornaio. Vestito poveramente, viveva quasi da eremita per le strade di Roma dormendo sotto ai portici delle chiese e in ripari di fortuna. Contemporaneamente intraprese studi di Filosofia all'Università della Sapienza e di Teologia presso l’Agostinianum, dove nel 1537 vendette i libri per offrire il ricavato al calabrese Guglielmo Sirletoin cerca di fortuna, che poi divenne Cardinale.
Dopo aver contattato Ignazio di Loyola (fondatore della Compagnia di Gesù dei Gesuiti), Filippo Neri iniziò un’intensa opera d’assistenza degli infermi e bisognosi dei sobborghi di Roma cofondando la Confraternita della Carità e dei Convalescenti negli Ospedali degli Incurabili di San Giacomo e Santo Spirito. Lìconobbe pure (San)Camillo de Lellis, e iniziò pure a dedicarsi con la Confraternita della Trinità dei Pellegrini all’accoglienza dei viandanti e Pellegrini accolti a Roma nell’anno Santo 1550.
Quello che però occupò maggiormente Filippo rendendolo un personaggio interessante, fu l’interesse per i ragazzi di strada diCampo de' Fiori e Trastevereche lo deridevano e beffeggiavano presentandogli di continuo delle prostitute. Si raccontava di lui, che una cortigiana Romana aveva scommesso di farlo capitolare col la messa in mostra delle sue grazie. Filippo, invece, si diede alla fuga, con la donna, che persa la scommessa, gli tirò dietro uno sgabello indispettita. Filippo spiegò: “...le tentazioni si vincono resistendo ad esse, ad eccezione di quelle carnali, dove la cosa migliore è solo fuggire.”… e contraccambiava i ragazzacci proponendo loro oltre le celebrazioni religiose anche di divertirsi, cantare, studiare e giocare insieme. Era nata così l’esperienza degli Oratori del Divino Amore, che nel 1575 venne riconosciuta e costituita da Papa Gregorio XIII come Opera e Congregazione degli Oratori.
Filippo Neri era quindi “un uomo del buon umore nonostante tutto”. Diceva, infatti: “Fratelli, state allegri, ridete pure, scherzate finché volete e potete, ma non fate peccato!”… Sua era pure la frase: “Te possi morì ammazzato ! ... pe' la fede però !”, aggiungeva spesso.
Filippo divenne Prete solo a 35 e dopo una lunga insistenza dei suoi amici, e fra alterchi, critiche, invidie e dispetti e offese anche da parte del Clero e degli alti Prelati Romani, nonché dei suoi stessi Confratelli che gli rubavano perfino le scarpe. Continuò la sua opera a favore degli ultimi di Roma fondando la Compagnia del Divino Amore in un granaio sopra la navata della chiesa di San Girolamo della Carità di Roma. Si raccontò ad esempio, che il Cardinale Virgilio Rosari diffamandolo gli proibì persino di celebrare Messa e Confessione. A tal proposito si mise in giro la voce che diceva che Filippo, che chiamavano per Roma: “Pippo il Buono”, avesse imposto a una donna che aveva il vizio di sparlare degli altri, la penitenza di spennare per strada una gallina morta provando poi a raccogliere tutte le penne volate via. Spiegò poi alla donna che quel gesto era simile al suo sparlare: le sue parole maliziose si spargevano ovunque e non si potevano raccogliere più ...
Divenuto amico e consigliere del famosissimo Cardinale Milanese Carlo Borromeoche provò in tutti i modi a portarselo a Milano, desistette dal desiderio di recarsi ad evangelizzare le Indie Orientali, rifiutò la carica di Cardinale, istituì il Giro-Pellegrinaggio delle Sette principali Chiese di Romail Giovedì Grasso del 1552 in opposizione ai festeggiamenti del Carnevale che coinvolgeva grandemente anche tutto il mondo Ecclesiastico, e ormai soggetto a grave malattia che lo portò a morte ottantenne, ebbe la soddisfazione di vedere l’attività dell’Oratorio diffondersi anche a Napoli, Viterbo, Macerata, Torino, Palermoe Lodi.
Filippo Neri, il “Papà degli Oratori”, possedeva un genuino modo popolare di proporre la Religione, le Scritture, la Dottrina e i Sacramenti della Chiesa in maniera allegra e accattivante oltre che generosa verso chi aveva veramente bisogno. “I Filippini Oratoriani” erano persone semplici, fattive, schiette e immediate, prive del benestante cipiglio spesso borioso dei classici Monasteri e Congreghe Ecclesiastiche Preteresche. Non ebbero quindi difficoltà ad integrarsi perfettamente nella popolare Contrada Veneziana dell’Anzolo Raffael dove si prestarono a favore di chi aveva bisogno, stinsero amicizie, condivisero, visitarono i malati, fornirono pasti gratuitamente ai poveri, accompagnarono i moribondi con una “buona Morte”, e favorirono “l’atteggiamento spirituale giusto”dei Veneziani di quegli anni.
(San Nicolò dei Mendicoli: il "Salotto buono dei Nicolotti e di tutti quelli della misera Contrada"... Lì finiva e iniziava Venezia)
Ovviamente nel 1806 anche quel posto dei Filippini Veneziani venne soppresso e incamerato nel Demanio del nuovo Stato. Tuttavia, seppure in forma e maniera più ridotta, l’Associazione dell’Oratorio rimase attiva fino ad oltre il 1917 compilando un proprio Libro Cassa con resoconti e consuntivi, registrando numerosi Confratelli e Novizi, e distribuendo diverse Cariche a ciascuno di loro. L’Oratorio dell’Anzolo e San Nicolò: “… teneva Lodi et Missae, il Duadenario di San Filippo Neri, et Divoti Esercizii necessari alle Anime Cristiane … Celebrava il Rito divoto per l´Esercizio dell´Adorazione di Gesù Cristo Crocefisso che si fa ogni sabbato verso sera, e le Meditazioni e Conferenze sopra gli Evangelj e sopra la Dolorosa Passione di nostro Signore Gesù Cristo ad uso delli Confratelli della Congregazione della Pugna spirituale sotto il titolo de´ Santi Girolamo Dottore e Filippo Neri … che si trovano scritte nelli otto tomi esistenti nell´Oratorio di San Niccolò in Venezia ...”
In seguito nello stesso stabile venne ospitata una Schola dei Morti, e più tardi l’Apostolato del Mare o “Stella Maris”, prima d’essere utilizzato come cinematografo parrocchiale da 150 posti ... Il dipinto delle “Nozze di Cana” realizzato da Alvise dal Friso per l’Oratorio dei Filippini venne rinvenuto accartocciato in un angolo della Sacrestia di San Nicolò (ora viene conservato all’Anzolo).
Vi può bastare ? … Le Contrade di San Nicolò dei Mendicoli e dell’Anzolo sono state comunque ancora molto di più. In quel posto Veneziano definito “miserrimo” venivano ospitate almeno una quindicina di Schole Devozionali e d’Arte e Mestiere diverse. Fra queste s’annoverava la Fraglia dei 38 Remurchianti: “… che vogando in alcuni grossi battelli, sogliono attaccare delle corde alle navi ed alle barche per trarle al sito proposto”; la Scola-Compagnia delle Donne di Sant’Annache fino al 1803 possedeva 6 casette a Santa Marta concesse in uso come sempre: “Gratis et Amore Dei”; la Schola della Madonna della Provvidenzadi cui tutti avevano sempre un gran bisogno; e la Schola-Sovvegno di San Nicetastrettamente imparentata con la Schola-Sovegno-Suffragio di San Nicolò dei Pescatori e la Gastaldia dei Nicolotti il cui ultimo “Doge-Gastaldo”: Vincenzo Dabalà detto Minestramorì dopo la caduta della Repubblica Serenissima dopo essere stato anche membro della Municipalità Provvisoria nel 1797.
Marin Sanudonei suoi famosi “Diari” scriveva già nel 1493: “…è una Contrà in Venetia dove non stanno se non pescatori chiamata San Nicolò et ancora questi tengono un certo parlar venetian antico, chiamato Nicoloto…”
Si è detto e si sa moltissimo sulla Schola-Suffragio-Sovvegno di San Nicheta o Sant’Anicheta Martire di San Nicolò e sulla Comunità dei Nicolotti, ma mi piace ricordare ancora una volta che il Suffragio-Sovvegno di San Nicheta ebbe inizio nel 1692 su iniziativa di Zuan Maria Trevisan detto Campalto insieme ai Compagni della Comunità dei Nicolotti che ottennero dal Capitolo di San Nicolò dei Mendicoli l'uso dell'altare di San Nicheta per svolgere le loro funzioni devozionali, di sostegno economico, e di suffragio. Quattro anni dopo, i fondatori poco pratici di scrittura e di procedure burocratiche dovettero ratificare più volte i documenti presentati ai Provveditori da Comun per ricevere l’Autorizzazione del Sovvegno da parte della Serenissima, e poter così redigere il “Librèto"da distribuire ai Confratelli indicando: iscrizione, pagamenti e benefici ricevuti.
Il Sovvegno-Suffragio offriva privilegi a Pescatori e Barcaroli di San Nicolò e dell’Anzolo permettendo a un "barcariol, o servitor barcariol"di rappresentare direttamente i 120 iscritti ... Il Capitolo dei Preti di San Nicolò concedeva da parte sua la celebrazione di 120 Messe di Suffragio e l'accompagnamento alla sepoltura per i Confratelli del Sovvegno con un “Requiem in canto", e la celebrazione di una Messa Cantata il giorno della festa di San Nicheta ... I Confratelli s’impegnavano a provvedere all'illuminazione dell'Altare, a fornire due paramenti per i Preti di colore nero, a pagare le spese per seppellire i Confratelli, e quelle per mandare una persona al "Perdon d'Assisi per l'Anima di tutti loro". Dal punto di vista assistenziale il Sovvegno prestava soccorso “per mali naturali" agli ammalati iscritti, escludendo i feriti e quelli affetti da mali incurabili e "Morbo Gallico"(Sifilide). Chi era iscritto da almeno sei mesi e s’ammalava veniva visitato dal Medico del Suffragio-Sovvegno che rilasciava un certificato dei giorni di malattia registrandoli su apposite polizze stampate con l'immagine del Santo Protettore che dava diritto all'indennizzo quando venivano bollate e sottoscritte dal Custode del Suffragio. Inoltre gli iscritti ottenevano un sussidio di 6 lire alla settimana, e i medicinali necessari dallo Speziale pagato dal Sovvegno.
Nell’ultimo anno del 1600 i Confratelli Nicolotti del Suffragio di San Nicheta commissionano a Francesco Lazzerini una Croce di legno che veniva esposta alla morte di ogni Confratello, all'intagliatore Angelo Busi delle aste processionali e un Segnale in legno dorato e dipinto con San Nicheta da portare in Processione (ancora presente in chiesa), e ad Angelo Mieriani"dei Santi" per decorare la Mariegola del Sovvegno. Il Sovvegno-Suffragio dei Nicolotti continuò la sua attività “tenendo vivo il suo Fondo”fino al 1807 … anno fatidico per quasi tutte le Istituzioni Veneziane.
E questo è quanto … per ricordare un poco la vita vispissima delle Contrade dell’Anzolo e di San Nicolò intorno al Rio Canale e alla Fondamenta di Liza Fusina. Mi piace però concludere questa “curiosità” ricordando che appena fuori della Contrada dell’Anzolo Raffael sorgeva divisa solo dal Rio di San Sebastiano la chiesa e Contrada di San Basilio o Basègio in cui nel 1642 vivevano 1.616 persone, c’erano 26 botteghe, e un inviamento da forno con casa-bottega il cui Fornèr: Francesco Pietro Bon pagava: 200 ducati annui d’affitto al NobilHomo Francesco Canal ancora nel 1740.
La Contrada di San Basilio era per molti versi simile a quella dell’Anzolo Raffael: il 26% erano Nobili che non lavoravano e vivevano in una ventina di palazzetti … Quando nel settembre 1803 il Patriarca Flangini tornò a rivistare la chiesa parrocchiale, trovò che: “ … la Fabrica e il Capitolo de San Basegio hanno rendite per 428,10 ducati provenienti da affitti di 14 case in sommo disordine e di cui per alcune non si riesce a percepire l’affitto, e da alcuni legati e contributi di Schole … Le spese però eccedono gli introiti e la chiesa è proprio miserabile … I Sacerdoti sono 12 di cui alcuni celebrano altrove, e ci sono pure due Chierici … Si celebrano 2.075 Messe Perpetue con civanzo di 1.349 lire di elemosine; 25 fra Esequie e Anniversari, e 500 Messe avventizie. Le funzioni si fanno quando si può perché i Preti sono insufficienti … Si celebrano feste particolari al primo e all’ultimo giorno dell’anno, Devozioni a San Basilio (con 1 legato per 2 lampade al suo altare), San Giuseppe, Santa Maria Elisabetta e Sant’Osvaldo; e Messe cantate alla Madonna della Neve, San Francesco, San Carlo e Santa Francesca Romana. SI fa una questua per la Contrada l’acquisto e la manutenzione degli arredi sacri, e si predica annualmente con la spiegazione del Vangelo nelle Feste, e si tengono prediche nel Mese del Rosario … La Dottrina per i putti della Contrada è una delle più floride della zona ed il Piovano vi assiste sempre.
Circa i Preti: Don Antoniolli Domenico “Alunno di chiesa”, è torbido, inquieto e molesto con gli altri Religiosi …vaga per le varie Parrocchie, si è reso colpevole di irregolarità nel maneggio delle Messe, e di furto di un piedistallo d’argento del Reliquiario di San Giuseppe per impegnarlo. Ha negato anche in punto di morte questo addebito. E’ stato comunque sospeso dalle Confessioni ammonizione semplice, ed è stato scelto come addetto all’assistenza dei moribondi dell’Anzolo Raffael… Don Sportini Gaetano celebra, invece, altrove. Nelle festività al Botteghin del Brenta. Ed è uno scandalo e nel vestiario e nel suo operare. Abiterebbe in una casupola con una femmina da esso mantenuta, e nonostante ripetute ammonizioni non si sarebbe corretto. Dopo aver atteso all’azienda familiare conduce vita oziosa, passa per matto, ed è stato processato nella Curia nei tempi passati…”
Oggi la chiesetta non esiste più, ma fino agli anni della Visita ospitava anch’essa ben 12 Scholette fra cui quella importante di Sant’Antonio Abate del Porsèl dei Luganegheri che aveva sede sulle Zattere; le Schole solite e immancabili di Devozione del Crocefisso, dell’Agonia, e della Buona Morte; e quella della Visitazione di Maria dei Barcaroli o “Ministri da barca”, che nel 1514 pagava Cantori e Sonadori per la Festa del Patrono sostenendo una spesa di 1 ducato. Il suo Gastaldo non si fece alcun scrupolo a procedere per via giudiziaria contro i Confratelli che avendo promesso di offrire una cifra per le spese della festa firmando un apposito “ròdolo”, non avevano poi ottemperato all’impegno preso. Gli erano rimaste “sul groppone” tutte le spese della festa da pagare.
Accanto e insieme a quelle Scholette, definiamole “minori”, ne sorgeva, però, un’altra importantissima, quasi essenziale per Venezia e i Veneziani: ossia la Schola di San Costanzo degli Acquaroli. Nel 1386 le venne concesso un'area di terreno posta accanto al campanile della chiesa di San Basegio: “… affinchè i Burcèri da Acqua potessero costruire l'edificio nel quale ospitarvi l'Albergo de la Schola”. (L'edificio è ancora oggi visibile in Campo San Basiglio ridotto a Trattoria al civico 1527/A).
Burcèri ! … I “bùrci” erano grosse barche a remi e a vela capaci di risalire anche i fiumi … E siamo ancora una volta lì con i discorsi: nella zona dell’Anzolo e in quelle adiacenti c’era sempre quell’andirivieni di barche … Anche di quelle piene “d’acqua da bere”.
L’acqua potabile è sempre stata un bene preziosissimo per Venezia e per la Serenissima. Giungeva in città trasportata dai burci fin dal 1540, anno di grande siccità, e la si andava a caricare alla fonte-canale della Ceriola o Ciriola o Seriola sul Brenta. Proprio dalla Contrada dell’Anzolo Raffaele e San Basilio gli Acquaroli riuniti in Còngrega o Fraglia o Schola di San Costanzo dell’Arte e Mestiere e Devozione dei Burcèri da Acqua, provvedevano alla gestione, distribuzione e vendita all’ingrosso dell’acqua a tutti i Veneziani riparando e provvedendo alla manutenzione dei pozzi di tutta la città a proprie spese.
Si costruivano nuovi e capienti pozzi in giro per Venezia con i ricavi degli appalti di alcuni Traghetti sulle Rive del Canal Grande (quelli di Campo Santo Stefano e di Campo Santa Margherita ne sono un esempio) ... Fra 1322 e 1424 il Maggior Consiglio della Serenissima decretò la costruzione di ben 80 nuovi pozzi in giro per la città, e il restauro e manutenzione di quelli già esistenti, così come provvide a fornire gratuitamente 100 burci d’acqua annui alle Opere Pie e ai Monasteri più poveri della città lagunare.
Le Monache e i Frati che avessero provveduto a costruire pozzi nei loro Conventi e Monasteri aprendoli all’uso della popolazione dei Veneziani, avrebbero goduto di apposite sovvenzioni da parte della Serenissima … I Facchini o Bastàzi delle singole Contrade avevano l’obbligo di prestarsi gratuitamente alla pulizia dei pozzi e ai travasi d’acqua, (pena pesanti multe e carcere per i trasgressori), così come le Prostitute avevano l’obbligo di prestare il loro aiuto in caso d’incendio recandosi al pozzo più vicino della Contrada per attingere acqua finchè ce ne fosse stato bisogno.
100 Bigolanti, invece, distribuivano acqua “al minuto” per tutte le strade di Venezia. Erano esclusi però dalla partecipazione vera e propria all’Arte degli Acquaroli, ma la contribuivano obbligatoriamente offrendo 20 soldi annui a testa ... Gli stessi Bigolanti riferivano ai Magistrati alla Sanitàsulla qualità dell’acqua, così come i Piovani e i CapiContrada che provvedevano a far aprire i pozzi chiusi a chiave due volte al giorno al suono dell’apposita campana detta “dei Pozzi” ... Era fatto espresso divieto a Barbieri, Tintori, Pittori, Pellicciai, Tripperie a tutte le “Arti d’Acqua” di utilizzare l’acqua pubblica prelevandola dai pozzi: dovevano procurarsela e comprarla per conto proprio contrattandone la fornitura e il trasporto con gli Acquaroli … Una disposizione dello Stato prevedeva la presenza di una piccola vaschetta sui gradini del pozzo per abbeverare cani e gatti … All’inizio del 1800 a Venezia si contavano 6.000 pozzi privati e 180 pozzi pubblici.
Secondo la Mariegola degli Acquaroli del 1471, (donata al Museo Correr da Antonio Thomas nel 1867) gli Acquaroli: “… dipendevano per disciplina ed economia dai Giustizieri Vecchi e dai Provveditori alla Giustizia Vecchia, pell'occorrenze dei pubblici pozzi dal Magistrato della Sanità, e per le gravezze pubbliche dal Collegio Milizia da Mar”… Nel 1498 il Magistrato a la Sanità impose alla Schola degli Acquroli anche l'obbligo della fornitura annuale gratuita di 100 burchi d'acqua per le cisterne pubbliche.
Gli Acquaroli tenevano la loro festa Patronale il 23 di settembre, con messa solenne alla quale non era consentito mancare, e durante la quale tutte le attività di trasporto dell'acqua dovevano essere sospese. Stesso obbligo di presenza avevano anche per la Messa del giorno del Beato Pietro Acotanto, di San Lorenzo Martire, di San Basilio il 14 giugno, e per San Costanzo poiché per quel Santo: “… feva arder le lampade, cioè i cesendeli, pieni de acqua senza nessun liquor né oio, come nara Messer San Gregorio nel suo dialogo”.
Nel 1603 l’Arte degli Acquaroli di Venezia contava 71 iscritti di cui 62 abili e 9 inabili, e pagava 700 ducati annui per 10 anni alla flotta veneziana, prolungati per altrettanti … Nel 1672, segno di grande decadenza, gli Acquaroli erano diventati: 78, ma solo 42 erano abili, mentre gli inabili erano diventati 36 … Nel 1773, infine, si contavano 18 CapiMastro Acquaroli, 8 erano figli di CapiMastro, e 100 Bigolanti erano ancora attivi “fuori dall'Arte” continuando a vendere acqua al minuto per le strade di Venezia ... Risultava inoltre che 4-5 famiglie negli stessi anni monopolizzavano il privilegio ereditato del titolo di “CapoMastro e Portatore e Venditore dell’acqua del Brenta”, e che venivano ammessi nell’Arte degli Acquaroli solo i figli dei CapiMastro in attività.
Nel 1654 il Governo della Serenissima provvedeva a rifornire di 8 burci d’acqua gli Ospedali ... Ne dava anche uno gratuito ai Frati Cappuccini della Giudecca, un altro alle Convertite sempre della Giudecca, uno alle Monache Greche, uno ai “poveri Frati Riformati di San Bonaventura a Cannaregio”, uno ai Catecumeni della Contrada di San Gregorio verso la Punta della Salute, uno alla Santa Croxe, e 86 burci venivano riversati nei pubblici pozzi ... Ancora nel 1703, a ogni famiglia spettava per ogni “campana dei pozzi”: una “Secchia”, ossia 10 litri, cioè “4 Bozze” d’acqua. Se qualcuno ne prendeva di più, fino a “un Mastello” ad esempio, ossia 75 litri cioè “una Bigoncia”, doveva pagare una pena di un Burcio d’acqua, ossia 60 “Botti” d’acqua, cioè 45.070 litri, che costavano circa 10 Lire Venete ... Secondo la Metrologia dei liquidi Veneziana: una “Botte”corrispondeva pressappoco a 10 “Mastelli” ossia a 751.1 litri; “un’Anfora”a 7 “Bigonce”ossia: 600 litri; “una Bigoncia” a due “Mastelli” ossia: 150 litri; “un Mastello” a sette “Secchie” ossia 75 litri; “un Barile” a sei “Secchie” ossia: 64 litri; “una Secchia” a quattro “Bozze” ossia: 10 litri; “una Bozza” a quattro “Quartucci” ossia: 2 litri; “un Quartuccio” a quattro “Gòtti” ossia: ½ litro circa, e “un Gòtto” a 0,16 litri ossia: “un Biccièr”.
Nel 1739 la Schola degli Acquaroli sollevò le sue rimostranze nei confronti del Piovano di San Basilio che aveva sostituito la loro pala d’Altare con i loro Patroni San Costanzo e Beato Pietro Acotanto con quella del “Transito di San Giuseppe”. Il Piovano rispose subito che il quadro dell’Altare era già stato cambiato da circa 60 anni, e che mai la Schola era stata ostacolata nelle sue Devozioni essendo rimasti sull'Altare i corpi dei loro Patroni ... Nel luglio 1747, la Serenissima decretava: “… si faccia espresso divieto a chiunque il tradur acqua in questa città senza bollettin del Gastaldo Acquaroli e licenza del Magistrato, in pena perdita delle barche e ducati 50 di grossi … Sia venduta acqua solo della Cerinola … barche contrafacenti possino esser arrestate da qualsiasi Capitanio Ufficiale … barche quali non sono dell’Arte possino vendere soltanto a secchio …”
Nel gennaio 1750 avvenne una forte nevicata, ma poi non piove più per 6 mesi. Si precettarono tutti i peateri di Venezia perché aiutassero gli Acquaroli a portare acqua a Venezia per riempire tutti i pozzi ormai prosciugati ... Infine sei anni dopo, si sistemarono a Venezia in 10 Monasteri di Regolari altrettante macchine-pompe idrauliche per spegnere incendi mettendole a disposizione degli Arsenalotti che erano i Pompieri dell’epoca.
Intanto l’acqua salata continuava a scorrere come sempre e più che mai dentro ai Canali di San Sebastiano, di Liza Fusina e delle Contrade dell’Anzolo, di San Nicolò e Santa Marta … ma i tempi erano cambiati: si fiutavano nell’aria grandi novità.
(La Mariegola o Madre Regola degli Acquaroli di Venezia)
All’atto della “tempesta napoleonica” anche in quella zona di Venezia accadde “il putiferio” come in tutti gli altri posti della città. Chiesa e monastero dei 17 Monaci Gerolimini di San Sebastino vennero chiusi, soppressi e indemaniati. Il Patriarca consigliò l’abbattimento di San Sebastiano con lo spostamento dei dipinti del Veronese nella chiesa di Ognissanti(Ospedale Giustinian) che sarebbe diventata succursale … Per fortuna non venne ascoltato … La chiesa di San Basilio chiusa e rovinosa venne demolita dopo essere stata usata come magazzino di legname, osteria con orto ed altro. Il materiale di risulta venne usato per ricostruire il Teatro di San Giovanni Crisostomopoi chiamato Malibran, e al suo posto ne venne fuori un bel giardino.
Il Regno d’Italia soppresse e ridisegnò la configurazione delle Contrade e Parrocchie Venezianeriducendone il numero da più di 70 a 30 in tutto. Solo l’Anzolo Raffael conservò lo “status”di Parrocchia aggregandole il territorio e le Anime di San Nicolò dei Mendicoliche venne soppressa.
L’Abate Collalto esponente della Municipalità Provvisoria di Venezia propose di chiamare la Contrada dell’Anzolo, San Nicolò e Santa Marta col nome nuova di: “LA PESCA”, mentre riguardo il Piovano dei Mendicoli don Antonio Zalivanisi diceva: “E’ un Democratico Radicale. Si è recato a rendere pubblico omaggio al nuovo Governo Democratico e per questo è stato accolto nella Società Patriottica. Ha redatto un Catechismo Democratico adottato dalla Municipalità Provvisoria di Venezia e imposto a tutte le Parrocchie indicando convergenza fra Cristianesimo e Nuova Democrazia ... Caduta la Municipalità, il Patriarca Giovanelli gli ha imposto di far esercizi spirituali presso i Cappuccini finchè si fosse capito l’effetto della nuova venuta degli Austriaci. Più tardi, sospettato e preso di mira dagli stessi, si è inteso meglio invirlo ad operare in Treviso.”
Le “Pentite del Soccorso”vennero trasferite e concentrate presso le Penitenti di San Giobbenel Sestier de Cannaregio, e l’ambiente “ex Soccorso” venne lasciato a lungo vuoto a languire fino al 1860 quando venne acquistato dal Piovano dei Carmini don Marco Battaglia che lo destinò ad ospitare fanciulle abbandonate sotto la guida di 12 Suore Dorotee Maestre. In seguito l’Istituto divenne Scuola, Asilo per l’infanzia, e poi pensionato universitario fino alla cessione in affitto alla Regione Veneto che ha continuato ad utilizzarlo tramite l'ESU fino ai nostri giorni quando tutto è stato restaurato e venduto a una Società immobiliare.
Tutte le Pizzocchere del Grande Pinzoccheraio dell’Anzolo vennero mandate via o concentrate a San Francesco della Vigna dall’altra parte della città, e tutti i loro beni vennero incamerati dal solito Demanio. La famosa "spiaggia di Santa Marta”venne cancellata per fare spazio alla nuova zona portuale di Venezia. Molte di quelle piccole Istituzioni-Ospizi vennero ridotte ad abitazioni private, oppure demolite e sostituite con i "moderni caseggiati d’edificazione popolare” ... Delle Orsoline rimase in zona solo il toponimo del Campiello de le Orsoline ... e poco altro.
Nel gennaio 1815 nella “Lista delle vigne, orti, beni da affittarsi dalla Direzione del Demanio di Venezia”nei giorni d’asta 12 e 16 febbraio seguenti, si leggeva ed elencava circa la possibilità di vendere e comprare: “… il Locale della chiesa di San Basilio in Venezia con annessi e connessi … una bottega al n° 2460, una casa al n° 2461, una bottega al n° 2461, e un appartamento al n° 2461 in Fondamenta Barbarigo e Briatti in Venezia; una casa al n° 3187 a San Nicolò in Paluo; una caxetta a pian terreno al n° 3406, una caxetta al n° 3407, una caxetta a pian terreno al n° 3408, una casa al n° 3409, una caxetta al n° 3410 in Calle delle Pizzoccare all’Anzolo Raffael; una serie di caxette al n° 3411, 3412, 3413, una casa al n° 3414, due caxette a pian superiore al n° 3415, 3416, altre due a pianterreno al n° 3417 e 3418, una caxetta in primo piano al 3418, e altra in secondo al n° 3418; caxetta al pian terreno n° 3419; caxetta al primo piano al 3419; caxetta in secondo piano al n° 3419, pan terreno, primo piano e secondo piano al n° 3420; e caxette al 3421, 3422, 3423 a piano terreno , il tutto di proprietà del Collegio della Terziarie di San Francesco all’Anzolo Raffael … Una serie di caxette all’Anzolo Raffael in Calle Pignatella ai numeri civici dal 2874 al 2884 e al 1907 affittate a Luchetta Lucia per 90:00; una casa al n° 701 al Ponte Longo di Murano affittata a Nason Stefano per 57:108 appartenenti alla Scuola Grande di San Giovanni Evangelista … e un locale al n° 3116 appartenente al Monastero delle Orsoline di San Nicolò dei Mendicoli di Venezia ...”
Alla Visita del Patriarca Flangini alla chiesa di San Nicolò dei Mendicoli e alle Orsolinedette “Le Romite dell’Anzolo e dei Mendicoli” si verbalizzò: “La Parrocchia per numero e povertà degli abitanti esige uno zelo veramente sacerdotale. Il popolo è davvero materiale ... La fabbrica ha un debito di 1.000 lire … La casa di residenza del Piovano è inabitabile, per cui è costretto a vivere in un’altra casa di cui paga l’affitto ...La visita alla chiesa da parte del Vicario Capitolare non si fece ... Circa le rendite dei Titolati: le case sono in cattivo stato ed affittate per poco assai ... I Sacerdoti sono 10 fra cui il Piovano infermo nella cui casa si trovarono 3.420,4 lire. Altri Preti fanno il Cappellano a Santa Marta o ad Ognissanti, o sono all’Anzolo o a Santa Margherita … I Preti sono riflesso di questo popolo materiale … Più di ogni altra cosa l’ozio…don Plander cammina con affettazione…frequenta ritrovi notturni…serve poco la chiesa … Un Prete veglia costantemente presso il Piovano moribondo … per preservare il denaro…don De Piccoli frequenta ritrovi notturni e non gode di buona fama…don Lucatello è un ragazzo che forse non ha tutta la prudenza… Si celebrano 2.468 Messe perpetue, e 45 fra Esequie ed Anniversari con 50 Messe Avventizie … 12 Messe per i Defunti della Contrada, 3 Esequie per i poveri della Contrada, e 1 Esequie per i benefattori della chiesa …”
Nel 1821 alla Visita del Patriarca Pirker la situazione nella zona dell’Anzolo-San Nicolò-Santa Martanon era cambiato molto. La popolazione era di 3.300-4.000 persone per la maggior parte misera e composta da poveri pescatori, barcajoli, gondolieri, altro “barcolame”, e dalle Guardie di Finanza del Corpo del Zattelicio... Mancava l’industrialità in Contrada, e solo da poco s’era introdotto nel Circondario la Fabbrica del Gaz portatile. C’erano però ancora alcuni Squeri, soprattutto quelli dei Canziani, Fisola e Cuccoche offrivano lavoro a molti popolani, anche se ora con scarsa attività. Le donne lavoravano nella Fabbrica dei Tabacchi che occupava 600-700 abitanti della Contrada dell’Anzolo e dei Mendicoli. Su 3.600 Anime di cui 900 erano Inconfesse, 2.860 erano poveri, ossia il 79% dell’intera popolazione: “la più povera di tutta Venezia”.
C’era però l’ “Istruzione”in Contrada. In Campo dell’Anzolo Raffele c’erano le Scuole Elementari Minori Maschili e Femminili e in Contrada alcune Scuole Private. Nel 1845 nella Scuola dell’Anzolo Raffael insegnavano due Maestri e due Maestre. Nella Sezione Maschile c’erano 66 ragazzi in I° inferiore, 31 in I° superiore, 17 in II°; mentre nella Sezione Femminile c’erano 67 ragazze in I°inferiore, 21 in I° superiore e 15 in II° … Quando le Scuole vennero concentrate altrove in Contrada di Sant’Agnesee a San Silvestro, solo 4 alunni della Contrada dell’Anzolo continuarono a frequentarle ... Il confine della Parrocchia arrivava in Corte Zappa che prima si chiamava di Ca’Guoro, dove sorgeva una casa di due piani adiacente a Ca’Zenobioappartenente fin dal 1594 all’Anzolo e poi passata, invece, a San Basilio.
Sempre nelle stesse Contrade c’era: l’Ospizio delle Maddalene, l’Orfanotrofio Femminile delle Teresedove si teneva anche la Dottrina Cristiana per i numerosissimi bimbi e bimbe della zona … e c’era una Levatrice sebbene “non approvata”.
Nel 1839 il Piovano dei Mendicoli affermava che le Levatrici non si prestavano perché non venivano pagate, per cui pensava lui a pagare l’affitto ad una di loro purchè risiedesse in Contrada ed assistesse le donne povere dell’Anzolo e dei Mendicoli.
Termino scrivendo della mia brava Suocera che è stata un Anzolotta d.o.c. della Contrada dell’Anzolo dove ha vissuto per buona parte della sua vita. Mi raccontava di come soprattutto le donne qualche decennio fa vivevano quasi l’intera esistenza senza muoversi e uscire più di tanto dalla loro Contrada. “A che serviva andarsene altrove ? … Lì avevamo tutto … Non ci mancava niente di quel che era necessario per vivere … e vivevamo con poco. Qualcuno in vita sua non si era neanche mai avventurato in giro per Venezia raggiungendo la Giudecca o le parti lontanissime di Castello e Cannaregio ….”
Tempo fa ho potuto posare lo sguardo sul verbale redatto una sera da Don Marco Tessaro uno degli ultimi Cappellanidi una delle Schole dell’Angelo Raffael: “Non c’è nessuno presente all’Anzolo questa sera: stanno suonando le sirene che fanno correre i Veneziani ai rifugi antiaerei … Probabilmente questa notte Venezia con la sua zona del Porto verrà bombardata.”
Infatti accadde proprio così … ma la Fondamenta di Liza Fusina sulla Contrada dell’Anzolo e di San Nicolòormai da tempo non funzionava più.