“Una curiosità veneziana per volta.” – n° 151.
“El Redentor sul Monte dei Corni alla Giudecca … Veneziani creduloni ?”
Si va ormai verso mattina, qualcuno del quartiere si sta svegliando o lo è già, e le Cicale hanno ripreso col loro solito stridente frinire infernale … Per aria poi ci sono gli altri, pure loro sempre i soliti … Come si chiama il rauco grido, lo stridulo verso dei Gabbiani ?
Gracchiano, starnazzano, ragliano ? … Che fanno i Gabbiani ? … Non saprei dirlo.
“Forse garriscono ?
“Come le bandiere al vento ?”
Qualcuno mi suggerisce che i Gabbiani: garrucano ! … Sembra sia questo il termine giusto. Insomma a quest’ora “presta” si sentono soltanto loro, un sottile pigolare di piccoli nascosti in qualche nido celato sui tetti, e quel loro sgraziato “imprecare volante”, che non smette mai né di giorno né di notte qui a Venezia ... Ormai i Gabbiani ci depongono le covate quasi in casa, tanta è la confidenza che hanno preso con questi posti … Assaltano e sventrano i sacchi della spazzatura … e arrivano perfino a planare sui gelati dei turisti.
Ascolto meglio gli ultimi momenti del silenzio notturno: si sente anche un lieve musicare. C’è qualcuno poco distante da casa mia che sta ascoltando la radio in sordina per non disturbare troppo … e intanto canticchia sottovoce. La brezza fresca e umida del mattino smuove le tende del soggiorno come vele: entra un piacevole sentore di salmastro ... Le lancette girano vorticose e mute come il solito, e rincorrendo loro i giorni si susseguono e trascorrono strappandosi dal calendario. Il nostro Mondo, il pianetone possente su cui siamo imbarcati a vita, ruota e gira immane su se stesso inventando i giorni ... e anche il Redentoredi quest’anno è ormai passato, accaduto e archiviato … Non ci resta che aspettare il prossimo … Ancora 360 giorni, e ci saremo di nuovo !
Mi piace stavolta curiosare un poco … a modo mio … sul Redentore Veneziano.
“Che scrivo stavolta ?” mi chiedo mentre torno a lavorare in ospedale ... Un Colombo, intanto, se ne sta asfaltato e spiaccicato sulla strada … Candide campanule selvatiche penzolano in giro, Edere rigogliose si calano ovunque, strisciano palpando, s’estroflettono digitiformi sulla lingua asfaltata … Uno stormo d’uccelli scuri volteggia silenzioso sopra Venezia … Girano e rigirano eleganti formando grandi cerchi concentrici … Sembra quasi vogliano prendere confidenza con la nostra città … Turisti anche loro ? Poi improvvisamente desistono, come comandati da un invisibile segnale, prendono la via dell’est allontanandosi in faccia al Sole sull’orizzonte … e scompaiono.
Un treno bianco e blu strombazza malamente uscendo stridulo sui binari del Ponte della Libertà … Un motoscafo sfreccia sulla pancia liscia della Laguna dividendola in due da dentro un muro di schiuma e schizzi bagnati … Poco oltre procede, invece, pigro e pesantissimo un barcone carico fino all’inverosimile che pare quasi sprofondare … Venezia si rifornisce per continuare ad aprirsi ai turisti che anche oggi stanno arrivando ... La Laguna adesso è iridescente … un arcobaleno d’acque disteso e appena pettinato dalla brezza leggera del primo mattino ... Le “bricole” nere infisse verticali rovinano l’armonica visione, sembrano stonare dentro all’eleganza unitaria che esprime la Natura … Verso San Giuliano e la Terraferma alcuni uomini se ne stanno immersi nell’acqua fino al torace intenti a pescare … In fondo, verso le Valli da pesca, la Laguna si fa più profonda e solitaria, tutto è immoto, grondante e fragile … Le barene, i canneti sembrano trasudare silenziosi … Non sta accadendo nulla di strano e diverso dal solito, sta solo andando in scena lo spettacolo muto di un’altra nuova e ulteriore giornata.
“Mi dia la mano che l’aiuto a voltarsi e sistemarsi” sussurra una collega Infermiera alla fine della nottata verso un anziano minuto e consumato, tutto arruffato e avvolto nel camicione fin troppo largo dell’ospedale. Lui la scruta come sorpreso e incerto senza proferire alcuna parola ... Sembra dirle:“Ma chi sei ? … Che vuoi da me ? … Che ci faccio qui ?”
La collega attende un attimo, e la scena rimane come sospesa: il nonnetto osserva muto e interrogativo … Per un breve istante tenta quasi di ritrarsi sospettoso, ma è soltanto un attimo … Poi finalmente cede e acconsente: si lascia smuovere la coperta e le lenzuola … Si fida, anzi: s’affida.
“E’ sempre difficile morire !”penso osservando quella strana atmosfera quasi onirica, confusa, e dai contorni così incerti da essere quasi indistinguibili ...“E’ tutto come ieri … Come quella volta del Redentore … Anzi: con la Peste in giro deve essere stato ancora peggio a Venezia.”
Un’altra collega Infermiera “un po’ campagnola” mi distoglie dal mio rimuginare.
“E’ vero che Venezia poggia sopra a un'altra Venezia più antica ? … C’è una Venezia nascosta e sommersa che sta di sotto ?”
“Buona questa ! … Non si finisce mai di sentirne di nuove … E dove sarebbe questa Venezia ? … Sotto al fango e all’acqua ?”
“E che ne so ? … Forse sotto … Scavando un po’, e scendendo più a fondo …”
“Venezia non è come i campi della Terraferma … C’è acqua sotto, acqua intorno, acqua dappertutto che sale e scende con la Luna e la marea: … Sei ore a crèsse … sei ore a càla … Sei ore a crèsse e sei ore a càla … E’ sempre così da millenni … E’ la legge della Laguna che è tutta acqua e isole !”
“E sìtu andà in gondola l’altra notte ? … A sparonàr i fòghi del Redentor ?”
“Quest’anno: no … Coerente con la mia idea non ho assistito allo spettacolo pirotecnico dei Fuochi, né mi sono impelagato nella classica “Magnàda del Redentore” … Ho pensato, invece, un po’ da Veneziano d.o.c. di non perdere di vista “il nocciolo”, l’essenza di questa Festa tipicamente Veneziana … Il Redentore è sempre stata una delle Feste Veneziane più toste … Ho perciò deciso di recarmi al Tempio della Giudecca per rendergli in qualche modo omaggio … e sentirmi un po’ parte integrante di questa giornata tutta Veneziana.
Abbiamo percorso l’assolata Riva delle Zattere sotto a un cielo azzurrissimo, poi ci siamo finalmente avviati sopra al Ponte Votivo fatto tutto di barche ... Tutto ondeggiava piano mentre l’attraversavamo … Ci si sente come portare dalle onde … E’ come se la spinta dell’acqua ti porti onda dopo onda verso il Bianco Tempio solenne che ti aspetta di là, sulla Riva del Redentore … E’ sempre emozionante per me “camminare sulle acque” e attraversare quel Canale, che da sempre spacca in due Venezia e la Giudecca. E’ come se per un giorno soltanto le due parti della città provino di nuovo a riabbracciarsi in memoria di quell’evento che ha reso tutti i Veneziani unanimi e solidali ... Sai che i Giudecchini di solito dicono: “Vado a Venezia !” … come se andassero in gita “fuori porta”, fuori dalla loro solita zona … In realtà attraversano soltanto un canale e basta.”
Al di là dell’acqua e del Ponte ci siamo trovati davanti all’arrivo della Regata del Redentore: ha vinto “il Rosa” dei soliti intramontabili Igor e Rudi Vignotto … Ma non ho più visto quelle rive affollate di Veneziani e Giudecchini intenti ad applaudire e acclamare i regatanti. Rispetto a un tempo la fondamenta della Giudecca era quasi deserta, c’era solo il gracchiare freddo “da stadio” degli altoparlanti, e un seguito ondoso di barche e natanti che accompagnavano l’impresa sportiva … C’erano sì i palloncini colorati che ondeggiano in aria, i “balòni” del Redentor, e il solito profumo di frittole e caramello … Non mancava la Pesca di Beneficenza dei Frati, e neanche il chioschetto con i lavori delle Carcerate della Giudecca … Però mancava qualcosa … Qualcosa che una volta c’era.”
Mi ha sempre fatto molta impressione quel “doppio Tempio” che abbiamo a Venezia: quello del Redentore, e quello della Madonna della Salute. Sono entrambi dei chiesoni votivi realizzati nel giro di pochi anni … ed entrambi costruiti nel tentativo d’arginare e risanare Venezia sempre dalla Peste … che non voleva saperne di smetterla di mietere vittime in Laguna.
Due grossi eventi in meno di cent’anni circa, 1577: il Redentore… e 1630: la Salute… Anche se sappiamo bene che la Peste a Venezia, come altrove, è stata di casa per secoli su secoli. Comunque quelle due volte a Venezia la Peste ha fatto gran clamore … nel senso che ha fatto un’ecatombe di vittime.
“Due chiesoni in pochi anni ? … Ma come mai erano così creduloni i Veneziani ? … Tutto quell’andare continuo a bussare alla Porta di Dio, delle Madonne e dei Santi per trovare soluzione ai loro problemi ? … Non sapevano arrangiarsi in altra maniera ?”
“Beh … Il problema era proprio quello: non bastavano i mezzi e i metodi tradizionali ! … Pensa che sono stati i Veneziani a inventare i Lazzaretti … e ne hanno anche pensate e provato di tutti i colori … ma inutilmente … In quanto a furbizia, intraprendenza, baldanza, applicazione e orgoglio la Serenissima non è mai stata seconda a nessuno ... Venezia poi, in certe epoche prima d’adagiarsi su se stessa, se c’era un’innovazione, un’idea medica, un progetto: li faceva suoi ! … Il problema era: che proprio non c’era soluzione valida … Quelle che c’erano proprio non funzionavano e non bastavano … La “morìa” pareva proprio imbattibile … Per questo si rivolsero “Altrove, e più in Alto” … o almeno provarono a farlo.”
“Andarono a bussare alla porta dell’Impensabile … Al di là di ogni aspettativa …”
“Proprio così … Non è uno scherzetto vincere Morte e Pestilenza … A conti fatti la Serenissima quella volta comprese che quello era un Male ben peggio dei Turchi e degli Infedeli … Non si poteva combattere e saccheggiare la Morte … e neanche sbaragliarla “a suon di cannonate furbe de le Galeazze” … Non c’era strategia buona che tenesse …”
Entrato in chiesa del Redentore mi sono fermato a veder troneggiare ancora oggi dopo secoli quel Cristo scuro e muto, Nero come la Peste e la Morte tanto sofferte dai Veneziani. Se ne sta ancora lì sotto al suo copricapo fatto a corona, e sotto al mantello di velluto rosso fuoco: “Rosso come el sangue … e Rosso come l‘Amor …” mi ha sibilato accanto una vecchina della Giudecca ...“E po’ … el Redentòr no sarìa un Morto, ma un Risorto trionfante ! … un Vivo quindi !” ha aggiunto ... “El Redentor xe el rimedio de ogni Peste.”
Caspita la vecchietta Giudecchina ! … Ne sa di Teologia, quasi quanto io un tempo.
Un esile Frate Cappuccino, invece, me l’ha racconta ancora meglio: “Il Golgota era il "Monte del Teschio" perché lì la tradizione diceva che c’era stato seppellito il teschio di Adamo, ossia del primo uomo peccatore, libero, caduto, ed emancipato da Dio … Adamo è stato come il “riassunto” di tutta l’Umanità … L’Umanità ha sempre avuto necessita d’essere redenta e salvata in una maniera o nell’altra … L’Uomo non ne ha mai avuto abbastanza, ha sempre voluto starsene per conto proprio, non aver bisogno di nessuno … E’ sempre andato anche a cercarsi rogne, oppure le difficoltà gli sono capitate addosso … La scena del Cristo Moribondo in Croce è stata quindi come un remake, una clonazione della Morte a cui sono sottoposti obbligatoriamente tutti … Solo che quella Morte a sorpresa si è prolungata in Vita, in seconda chance, in nuova Umanità prolungata, rinnovata e salvata … L’Albero della Croce si è trasformato da Albero Invernale Spento in Albero Primaverile Rinato, Risorto … ossia Redento: il Redentore … una Vita ridata, restituita …”
“Caspità ! … Mi sembra d’essere tornato a Catechismo ! … Non erano banali i Veneziani di quei secoli se arrivavano in qualche maniera a considerare queste cose almeno vagamente.”
“Lo facevano … Lo facevano … Il Redentore è stato per i Veneziani: una lieta notizia, una bella sorpresa … la Soluzione insperata ai loro problemi … Un passaggio, una nuova Pasqua da Morte certa a Vita ritrovata … La fine della “morìa” insomma … Ci sarebbero tante altre cose da dire e aggiungere al riguardo … Il Redentore sarebbe un mare di significati e di simboli … “
“Cioè ?”
“C’è tanto di nascosto nell’immagine del Redentore, i Veneziani non l’hanno scelto a caso … Quando Cristo venne ammazzato c’era la Luna quasi piena, ossia una Luna a metà del suo solito percorso … Richiama una vita giunta a piena maturità, una vita trascorsa per buona parte … L’Umanità è per sua natura legata alla transitorietà, è impermanente, labile, contingente ... come la Luna che sale, splende in pienezza, e poi tramonta … In quello stesso momento della Crocefissione, anche il Sole simbolo dell’eternità immutabile, si trovava … fatalità … giusto sul mezzogiorno (l’ora sesta), cioè a metà, allo zenith del suo giornaliero scorrere … I Vangeli Sinottici parlano dell'ora terza e sesta (l’ora in cui si sovrapponevano Luna tramontante e Sole sorgente) ... L’Evangelista Giovanni, invece, che adottava altri linguaggi simbolici, parlava, invece, di pomeriggio inoltrato … Ossia le circostanze di quella strana morte di Croce erano in se un potente richiamo … In quell’epoca la vita umana durava circa settant'anni … Il punto centrale quindi dell’esistenza era circa quei trentacinque anni dell’età del Cristo … che sono stati anche quelli del Budda, dell’Illuminazione, dell’incontro col Profeta ... Tutto torna un po’ … Quindi Cristo è morto in quell’età intermedia in cui l’Eterno ossia Dio, e il Transitorio cioè l’Umanità si sfiorano e quasi si sovrappongono e incrociano ... Giusto a metà di quel “viaggio terreno”, quindi, Cristo si è trovato sbattuto sopra alla Croce: Albero della Morte e della Vita, novità tra Sole e Luna, a cavallo fra peccato e libertà, fra materialità transitoria e ultramondanità misteriosa e metafisico-ontologica fautrice di nuova vita …”
“Ehi ! … Vacci piano! … Mi sto perdendo !”
“Voglio dire che l’immenso terribile evento mistico della Crocefissione che in se è Morte, spalanca una novità benigna trascendente difficile da trascurare … L’Umanità si trova di fronte un messaggio che la lascia perplessa, ma in cui anche si ritrova e vede interpretata … Soprattutto vede una proposta, “un Oltre” a quella Porta invalicabile e definitiva … Per questo il Redentore ha ridato fiducia ai Veneziani percossi dalla Peste, e molto simili a quel “malandato” Adamo ridotto a teschio … E’ stato: la risposta che mancava … la soluzione per la Peste Mortale … Guarda quel lumino quasi spento, ma ancora acceso, posto ai piedi del grande Cristo Nero Morto Appestato … Lo vedi ? … E’ la Fede, la fiducia dei Veneziani in quell’incredibile Mistero Crocifisso e Redentore.”
Che dire e aggiungere ? … Per un po’ sono rimasto muto a scrutare quel teschio collocato ai piedi di quel Crocifisso innalzato e moribondo, e ho ripensato ai Veneziani di allora a quel loro capolinea esistenziale tragico da cui volevano ripartire ... Li ho rivisti appesantiti, stanchi e grevi, addolorati e senza parole … ma speranzosi.
“Quando i Veneziani venivano al Redentore, da grandi e spietati che erano in tutto il Mediterraneo e nel mondo di allora, si facevano piccoli e docili … Si riconoscevano ridotti a quel lumicino che vedevano ardere flebile … come oggi … ai piedi del Grande Mistero muto della Croce ... Anche il potente Doge e il Senato qui si facevano bassi e piccoli cercando Misericordia e Aiuto, e s’intendevano come spettatori di quella specie di Calvario Lagunare saturo di Morte ... Qui i Veneziani distrutti dalla Peste cantavano ai piedi del Cristo Nero della Giudecca lo Stabat Mater della Madonna Addolorata … Avevano avuto quasi 50.000 morti, fra cui anche il pittore Tiziano … Le conosci le parole di quel vecchio canto medioevale ? … Ripensale sulle bocche dei Veneziani appestati!”
Eccolo in sintesi quel vecchio testo-orazione-cantata:
“La Madre Addolorata stava in lacrime presso la Croce da cui pendeva il Figlio … Il suo animo gemente, contristato e dolente era trafitto da una spada ... Quanto triste e afflitta …Come si rattristava, si doleva la Pia Madre vedendo le pene del celebre Figlio! … A causa dei peccati del suo popolo Ella vide Gesù nei tormenti, sottoposto ai flagelli … Vide il dolce Figlio morire abbandonato mentre esalava lo Spirito ...Oh, Madre, fonte d'amore, fammi provare lo stesso dolore perché possa piangere con te …Del tuo figlio ferito che si è degnato di patire per me, dividi con me le pene … Fammi piangere intensamente con te, condividendo il dolore del Crocifisso, finché io vivrò ... Accanto alla Croce desidero stare con te, in tua compagnia, nel compianto … Che io non sia bruciato dalle fiamme, che io sia, o Vergine, da te difeso nel giorno del giudizio … Fa' che io sia protetto dalla Croce, che io sia fortificato dalla morte di Cristo, consolato dalla grazia … E quando il mio corpo morirà fa' che all'anima sia data la gloria del Paradiso … Amen.”
“I Veneziani di oggi sono di certo molto cambiati rispetto a quelli di qualche secolo fa … Oggi tutto “gira” diversamente…”
“Si … Di certo adesso sono meno “Devoti e de cièsa”, e preferiscono ricordare la ricorrenza estiva del Redentore come un bel appuntamento e una buona occasione per “Magnàr e bèver in compagnia, e gustàrse i fòghi in barca o sulla riva” ... Solo alcuni riempiono la Festa con altri contenuti che i più considerano “tradizionali e un po’ nostalgici” … Però penso che in tutti sia rimasto un pizzico sia dell’uno che dell’altro: che sia rimasto ancora vivo il senso profondo di questa nostra Festa.”
“Magari qualcuno ripenserà a certi discorsi “in punta di piedi”, senza esternarli più di tanto … “Stare ai piedi della Croce” per noi di oggi è uno scenario che non va molto di moda … A molti non dice quasi nulla … Anzi: annoia, e provoca senso di fastidio e d’inutilità … Si pensa sia una cosa bigotta, chiesastica … o qualcosa del genere.”
“I Veneziani di un tempo, probabilmente, possedevano uno spessore interiore ed emotivo diverso ... Sapevano essere forse: più partecipi e riflessivi.”
“Noi di oggi abbiamo una consapevolezza diversa … Siamo molto cambiati … e poi non c’è più neanche la Peste …”
“Beh … se è per quello … Oggi esistono Pesti diverse … Secondo me l’umanità è sempre afflitta da qualche Pestilenza da cui non è capace di guarire con le sue sole forze.”
Basta ! … Il Redentore mi ha intasato la mente con le sue profondità … Usciamo di nuovo in strada immergendoci nella folla chiassosa e festante dei Veneziani sulla Riva della Giudecca… Sbirciamo l’intenso andirivieni sul ponte che attraversa il Canale quasi come insolito miraggio ... Le Fondamenta della Giudecca a destra e a sinistra, però, sono stranamente poco animate … Non sono più intasate di gente per ore su ore come accadeva qualche anno fa … La Festa va indubbiamente scemando, rallentando e assopendosi come tante altre ricorrenze cittadine che oggi non esistono quasi più … Certe vecchie Feste Veneziane: ci sono e non ci sono … Quasi fossero diventate qualcosa per pochi intimi coraggiosi … e forse un tantino nostalgici … Ma forse mi sbaglio.
“Tutto va bene ! … La Festa del Redentore è viva e vegeta più che mai.”, mi ha ribadito, infatti, più di qualcuno recentemente, “Non facciamoci troppe paranoie con questa nostra Venezia tutta in mano ai turisti … E’ ancora tutta nostra … E in fondo se è ridotta così, è perché gli stessi Veneziani l’hanno permesso ... Venezia comunque è ancora viva !”
“Un colpo al sèrcio … e uno alla bòtte … un colpo al sèrcio … e uno alla bòtte.”… Chi avrà mai ragione ?
Lascio scivolare via i pensieri … e toh ? … Non sarà mai ? … Notiamo spalancata l’entrata del Convento dei Frati Cappuccini in Calle dei Frati, proprio accanto al chiesone del Redentore.
“Si può entrare liberamente ! … E’ un’occasione da non perdere ! … Andiamo subito !”
Infatti siamo entrati subito … E ci siamo ritrovati dentro alla grande cittadella dei Frati, ammaliati dalla sua bellezza, e anche felici di poter ritornare a mettere piedi e occhi in quel posto Veneziano così suggestivo ... e recondito.
“Sono almeno trent’anni che non entro qui dentro !” ho esclamato contento … e anche un po’ emozionato. E’ stato come se il Redentore avesse voluto ancora una volta mettere in mostra i suoi gioielli nascosti.
“Riecco la chiesetta di Santa Maria degli Angeli ! … Ricordo i suoi silenzi deserti … L’atmosfera particolare … Era l’Oratorio degli Emeroniti !”
“Emero … che ?”
“Niente … Niente … Andiamo avanti … Ti dirò dopo … Gustiamoci l’attimo !”
Pur nella soddisfazione di ritrovarmi lì dentro, mi si accende però una domanda nella mente, che diventa sempre più pressante e invadente: “Ma dove sono finiti tutti ?” chiedo a un Fraticello giovanissimo e arzillo che sta spiegando.
“Tutti chi ?” risponde ovviamente.
“Ma … Padre Grio, Padre Moro … e Padre Gervasio ?”
“Padre chi ?” mi risponde un po’ sorpreso.“Non li conosco … O forse li ho appena sentiti nominare …”
“Lasciamo perdere … Non importa … Sono suggestioni e nomi del mio passato.” Aggiungo. Poi rifletto fra me e me: “Tutti andati ! … Non ci sono più …Spero non abbiano fatto la fine di Monsignor D’Este, il mio vecchio Professore di Morale degli Studi Teologi da Prete ? … Non l’ho più rivisto per decenni, e quando un bel giorno l’ho incrociato di nuovo nella Sacrestia della Madonna della Salute, di quell’uomo colto e raffinato non era rimasto più niente … Ci poteva anche stare che non mi riconoscesse più dopo tutti quegli anni, ma quel che più mi ha impressionato è stato il fatto che era scomparsa del tutto quella sua splendida testa, la sua lucida memoria, e la sua preziosa cultura … Dove sono allora quelle teste fine, quelli che c’erano qui ieri ?”
Il Fraticello continua ad osservarmi … Non sa che rispondermi … In realtà conosco già la risposta di cui avrei bisogno … So già che alcuni personaggi non ci sono più, come i Veneziani della Peste di ieri. Il Tempo e il Destino se li sono portati via per sempre con tutto il loro patrimonio di Cultura e conoscenze, e le biblioteche di libri rimasti oggi sono solo silenziosi testimoni pallidi incapaci di ridarci quel “tanto di Maiuscolo” che sono stati quegli uomini, oggi andato inesorabilmente perduto per sempre.
“Peccato !” mormoro pensieroso continuando a scrutare quei luoghi rimasti per me così vuoti … Il Fratino, intanto si allontana continuando a spiegare … e io continuo a rimuginare: “Dove sarà andato tutto quel prezioso cavillare … Le casistiche su cui discutere … Le complessità, le eccezioni, le regole, quell’arzigogolare in lingue perdute antichissime, le ostiche Materie antiche retaggio di pochi ? … Puff ! … Tutto scomparso ! … Tutto superato, svampato e dimenticato, perso nell’aere, sepolto dal Tempo … E’ andato perso e spento tutto quell’infilarsi fra i versetti dei testi plurimillenari svelandone e riconoscendone tutti quei significati sepolti e quasi invisibili … Che esperienze !”
Torno ad osservare il Fraticello giovanissimo, che sembra essere stato appena “confezionato di fresco”, con i sandalini che luccicano di cuoio scuro nuovissimo. Mi scruta un po’ perplesso per non dire sorpreso. Come a dire:“Ma questo qua ? … Da dove salta fuori ? … Che razza di fantasmi sta inseguendo ?”
E’ candito e paffuto il cordone bianco nuovo di zecca che gli pende dalla cintura … Non c’è traccia di quei cordoni secchi e annodati, striminziti e consunti a suon d’usarli che un tempo cingevano i fianchi dei vecchi Frati Cappuccini che conoscevo io … Non vedo più quei neri Rosari lunghissimi e penduli, pesantissimi, e vissuti ? … Con quei grani pesanti e lucidi a suon d’usarli, “tirarli, ricontarli e pregarli”.
Oggi mi ritrovo qui davanti questo ragazzetto quasi imberbe, che pare quasi un “Fraticello da latte”… Sembra gongoli e volteggi dentro alla sua ruvida tonaca Francescana nuova fiammante … Non ci sono in giro gli abiti sbiaditi, le mezze mantelle invernali dei Cappuccini di allora, le tonache smarrite e sudaticce, e le ciabattose sandalerie rumorose e cigolanti di un tempo ... A volte erano per davvero “Zoccolanti” i vecchi Frati Cappuccini e Minori … Adesso sembrano leggeri, quasi capaci di “volteggiare in aria”.
Dopo un po’ abbandoniamo il Fraticello, e ci addentriamo da soli nell’insieme godibilissimo degli altri interni del Convento. Attraversiamo i meandri labirintici e ombrosi dei chiostri, i luoghi essenziali in stile Francescano povero … ambienti senza Tempo. Infine usciamo finalmente sul retro del Convento entrando dentro al grande polmone verde naturale che si estende dietro affacciato sull’amenità della Laguna. E’ un vero e proprio podere, un fondo agricolo di una certa rilevanza, un’area ben tenuta coltivata ad orto, vigna e frutteto ampia quanto l’intera larghezza dell’isola della Giudecca … che non è pochissimo.
“E’ un luogo bucolico di delizie ! … Una vera sorpresa per gli occhi, e una bella immagine per la mente.”
Lì sembrava che la Festa del Redentore non esistesse più. Si assopivano fino a sparire gli eco del chiesone, le Musiche, le parole degli altoparlanti, e pure il brusio festoso dei Veneziani e dei turisti … Anche le voci dei Fraticelli che facevano da guida erano scomparse. Lì dominava solo: Pace e silenzio.
“E’ questa l’essenza e il tocco del Redentore di quest’anno.”
Porgo l’orecchio … Mi sembra di sentire qualcuno che sta cantando in mezzo al verde … Eccolo là ! … C’è per davvero uno con un cappellaccio di paglia in testa, e i piedi piantati sulla zappa e sulla terra dell’orto. Lo riconosco: “E’ Piero Cànta ! … Quel Giudecchino sempre presente a ogni cerimonia, che cantava sempre col suo vocione … Ha vissuto una vita intera qui dentro !”
Si volta dalla mia parte: è proprio lui, col suo ghigno tipico, inconfondibile … Strizza la faccia, dondola la mandibola.
“Quanta terra e vigna dei Frati abbiamo voltato e rigirato !” mi dice, “Abbiamo vangato queste zolle mille volte … Voltate e rigirato questa terra dell’orto come fosse un calzino … Dentro alla nebbia, sotto alla pioggia … con certe zimarre pesanti addosso …”
Non ho potuto fare a meno di riconoscere le sue mani ruvide e callose … “Che lavorate coi Frati ! … e che ciucche ci siamo presi col vinello della vigna insieme a loro … Che cantate in Santa Allegria !”
Mi volto un attimo per fare un cenno agli altri di raggiungermi, per presentare anche a loro quel personaggio così singolare … Mi rivolto di nuovo … Non c’è più nessuno. C’è soltanto l’orto illuminato dal sole … E’ stato come un miraggio … Un ricordo scappato fuori dalla mia mente.
Ho mosso allora di nuovo i passi addentrandomi in un denso boschetto dove le ombre giocavano con la luce … Anche lì tutto sembrava perfettamente immobile ... Stavolta quasi mi sono spaventato per la sorpresa: c’era veramente qualcuno. C’era, infatti, un giovane Monacoscuro, che se ne stava fermo, appartato, e ad occhi chiusi in mezzo agli alberi. La tonaca nera gli giungeva lunga fino a terra, e nella penombra delle frasche pendule risaltava il luccichio del grosso cinturone che gli cingeva i fianchi … Stava meditando e forse pregando, in attesa che giungesse il momento della grande Processione serale del Redentore.
Mi sono allontanato subito in punta di piedi, stando attento perfino a non urtare i sassi del sentierucolo per non disturbarlo … E’ una rarità incontrare persone del genere … Perciò ho inseguito ancora i miei passi fra vasi, Rose, fiori, arbusti e piante … fino a intravedere una ragazza distesa sopra a uno sdraio.
“Sta meditando pure lei ?”
“No … Quella se ne sta in vacanza a Venezia ... Ospite dei Frati del Redentore … Sta prendendosi il sole.”
“Ah ? … Bello e strano questo Convento: c’è proprio di tutto e di più … Sono proprio cambiati i tempi.”
Ci allontaniamo di nuovo, quasi smarrendoci in quel luogo simile a una scatola cinese da aprire e scoprire senza fine … Indugiamo ancora in certi angoli … Rimaniamo pure noi immobili a scrutare la Laguna che si spalanca davanti a noi … Isole su isole … Una barca che veleggia e voga, e fila via lontana … Suonano le campane del Redentore … ma sembrano lontanissime. Nell’aria c’è un sapore d’antico … un “che” di campestre: il frutteto, il vigneto, l’orto coltivato, i capanni degli antichi mestieri, la sacca affacciata sulla Laguna, la cavana con le barche dei Frati …
“Tutto è rimasto intatto e immobile qui dentro … Come se il tempo si fosse fermato per sempre ... Non sembra neanche più Venezia.”
“Ricordo un Frate mio “professore” che ci raccontava di come si dilettava a lavorare e forgiare il ferro qui in questi capanni del Redentore.”
Infine dopo lungo vagare, ritroviamo la porta del Convento … Rientriamo, e incappiamo subito in un’ombra furtiva di un Frate che passa.
“Buona sera Padre !”
Per un attimo mi è sembrato un volto familiare … Ma, invece, non lo era affatto.
“Sono Fra Francesco dal Bosco da Valdobiadene Minorita Cappuccino … che tutti chiamano “il Castagnaro” … ero un Erbolario del Convento, uno Speziale del Redentore … cioè un Farmacista di una volta …”
E quasi come un fiume in piena, senza neanche chiedergli nulla, ha incominciato a raccontarmi incontenibile delle sue ceramiche, dei mortai coi pestelli, dei bilancini di precisione, della sua fragile vetreria con “i lambicchi di Murano”, dei suoi entusiasti giovani alunni e discepoli … e soprattutto dei suoi medicamenti preziosi, dei “rimedi”ricavati dai Semplici dell’orto del Redentore ….
Fra Francesco del Bosco da Valdobiadene il Castagnaro ha pubblicato in 450 copie nel 1664 a Verona per i tipi di Giovanni Merlo: “La Prattica dell’Infermiero”Manuale empirico di rimedi arricchito da nozioni teoriche, dedicato a Tadio Morosini Capitanio di Verona.
“Sono ignorante e goffo”, ha continuato a dirmi, “Addotrino il caritativo Infermiero su come ne casi repentini possa applicare li rimedi proporzionati a mali de suoi infermi... Quella dell’Infermiero è un’Arte Longa, e per governare mediocremente bene un’Infermaria non basta una vita intera … Ne casi difficili mai ho voluto servirmi de secretucci come fanno Ciarlatani e Donnicciole … Son nato in un Castagnaio, ed acconciavo botti quand’ero nel Mondo essendo al secolo, e non sapevo far altro mestiero … Per più di quarnt’anni ho esercitato l’ufficio d’Infermiero del Convento, e che tutto son povero di lettere, con longa esperienza e prattica ero così valoroso che non solo gli stessi Medici mi addimandavano consiglio, ma anco s’accomandavano al mio parere …”
“Siamo colleghi allora ! Buon Frate Castagnaro ! … Sono anch’io Infermiero di oggi a Venezia !”
Pareva non avermi neanche sentito, e con gli occhi lucidi, fermo sui gradini a metà della scala, ha continuato a dirmi:“Ho scritto queste cosarelle e trattatelli non come Medico Fisico o Chirurgo o Chimico o Speziale, ma come semplice Prattico, nel modo e forma che sono state da me osservate e imparate da miei buoni Professori, essendo il mio istituto di vivere da povero Religioso, per mera Misericordia di Dio mutato habito et costumi, col merito dell’Obbedientia faccio l’Infermiero … Insegno come confetionar li Semplici ad personam come rimedi medicali officinali … Ho scritto l’Index Herbarum e le Tavole delle Infermità in sei trattatelli … Inizialmente ho discorso d’Urine, de Polsi, della Facoltà, degli Umori e altro … In seguito ho detto del modo di curar le Febbri e suoi Accidenti … Ho aggiunto osservazioni sui Mali del Capo, del Petto e del Ventre Inferiore … Ho proseguito a parlare delli Mali Articolari e del Morbo Gallico, e poi delle Piaghe, e dei Medicamenti Semplici o Composti a guisa di un Antidotario breve e facile …”
“La Spezieria del Redentore caro Frate …” ho provato a dirgli ancora, ma niente … era irrefrenabile.
“Vorrei pure parlarvi de mie seicento fra Albarelli, Tisaniere, Boccie, Boccali, Brocche, Orci e Vetrerie … Delle Bozze et Lambiccherie che mi hanno costrutto i Vetrai di Murano … Sapete ! … Alla fine del mio umile testo ho posto un’Orazione come chiave d’oro per aprire il Paradiso … ogniqualvolta si cada in peccato mortale … ma ho detto pure di come raccogliere in scatole di faggio. Ho detto de Semplici: di come conservarli, distinguerli e lavorarli ... Ho precisato de: sepali, de petali, de pistilli e foglie, e ho spiegato de gambi, radici, tuberi e bulbi …e di come in previsione farli divenir Rimedi ... Mi sono intrattenuto a lungo nella nostra Speziaria de Frati … e siamo ancora qua: al servizio dei Giudecchini e dei Veneziani … Questo mio posto potrà sembravi forse antro Alchemico o da Strìghe, ma è in realtà è locho d’ingegno, et casa di grande pratica caritatevole e medicatoria.”
Mi pareva di sognare, e osservavo quasi estasiato quella figura pallida di Frate apparso dal niente … Non ho perso una sola parola delle sue magistrali note, e ho apprezzato grandemente l’entusiasmo e la foga con cui mi ha messo al corrente di tutto quel suo operare fra le mura del Convento del Redentore … Era talmente preso nel dirmi, che gli sudava la fronte per il grande coinvolgimento, e l’asciugava di frequente con un largo fazzoletto candido che estraeva dalle sue maniche arrotolate fin sopra ai gomiti … Poi, improvvisamente, ho udito rimbombare dei passi poco lontano da noi: “Uno … due ! Unò-due ! Unò-due ! … Gira !”
Ho volto subito la testa da quella parte.
“Ma che è ? … Chi c’è ?” ho detto rivolgendomi ancora al Frate Castagnaro … Ma già non c’era più: era scomparso del tutto.
C’era solo nella mia immaginazione … Intorno e davanti esistevano soltanto i gradini chiari della scala che giocavano con le ombre, una porta socchiusa in alto, un bel corridoio in grezza pietra, e tanta suggestione emotiva che provavo dentro … e niente più.
Comunque non gli è sembrato vero al vecchio Frate Castagnàro che ci fosse ancora qualcuno disposto ad ascoltarlo.
“Uno … due !… Unò-due ! Unò-due ! … Gira !” continuavo ad avvertire ancora in lontananza.
Ho seguito allora la scia dell’eco di quello strano vociare, e infine li ho visti distintamente. Si trattava di alcuni Vigili Urbani Veneziani non più giovanissimi che stavano provando alcuni passi di marcia col Gonfalone di San Marco in spalla. Erano delle “mosse” da eseguire durante la Processione del Redentoreaccompagnando il Sindaco di Venezia accanto al Patriarca e le autorità cittadine. Erano intenzionatissimi a ben figurare, perciò provavano e riprovavano delle “virate plastiche” da eseguire all’unisono, e marciavano picchiando il passo sul pavimento per darsi un certo tono e una qualche solennità.
“Unò … due ! … Unò-due ! Unò-due ! … Gira ! … Proviamo ancora dai !”
“Unò … due ! … Unò-due ! Unò-due ! … Gira ! … Gira ! … Così dai ! … Ci siamo quasi.”
“Unò … due ! … Unò-due ! Unò-due !” si è messo aripetete pure il terzo della piccola fila … e il Gonfalone di San Marco ballonzola goffamente in aria dondolando con loro: “Unò … due ! … Unò-due ! Unò-due ! … Ancora una volta ! … Dai !”
Volevano proprio apparire belli ed eleganti.
“Qui già nel 1522 Lucia Centi madre del Predicatore Francescano Bonaventura Centi, in contatto con i Cardinali Carafa e Giberti, donò all’Ospizietto della Zuecca una casa di gran valore, e molte volte migliaia di ducati … Fu ancora lei una delle Compagne devote che fondò l’Ospedale degli Incurabili sulle Zattere.” raccontava una vecchia Cronaca Veneziana.
Scriveva, invece, Flaminio Corner nel suo: “Notizie storiche delle Chiese e Monasteri di Venezia”:“Negli Annali Francescani il celebre Wadingo racconta che inizialmente sorse alla Giudecca nel 1532 su iniziativa di Fra Paolo da Chioggia, un Eremo e lòcho d’asilo chiamatosi Santa Maria Angeli … Il Ministro Generale dell’Ordine dei Minori costretto dalle premurose istanze del Procurator Domenico Trevisano e dei Cardinali Cornaro e Pisani, concesse facoltà di fabbricarvi in Venezia un Monastero dell’Osservanza, e ne costituì Commissario per l’erezione un Fra Bonaventura da Venezia (ossia fra Bonaventura degli Emmanuelli Minore Osservante Veneto), confessando poi di non sapere se veramente sia esso Convento stato istituito … Arrivando dappoi all’anno 1538, scrive, che avendo Caterina Cornara Regina di Cipro ordinato vicina a morte, che i suoi parenti della Famiglia Cornaro da lei lasciati eredi, dovessero costruire un Convento de’ Minori Osservanti presso Castelfranco, e trascurandone esse la esecuzione, Fiorenza Vedova (sorella in realtà, moglie di Pietro Trevisan) di Giorgio Cornaro, fratello della Regina, a persuasione di Fra Bonaventura Confessore della Regina stessa, acquistate alcune case con orto contiguo presso la Laguna, ivi eresse un’angusta chiesa sotto il titolo di Santa Maria degli Angeli con un piccolo convento sotto nome di Eremo nel qual egli non molto dopo vi ricevette i Frati Cappuccini …”
“… con permissione del senato nel maggio 1541 … venne consegnato al lodato Fra Bonaventura da Venezia Minor Osservante Eremita per di lui solitaria abitazione quel remoto luogo della città con angusta casa a forma di Eremo, con suo campanile e cimiterio, ov’egli con alcuni pochi compagni potesse vivere austeramente in penitenza ed in silenzio … Lì ricevette a vivere insieme un suo Fratello di nome Fausto Prete secolare, insieme con un Ecclesiatico, e altro secolare con facoltà che morendo o partendo alcuno potessero gli altri sostituire in di lui luogo un altro per ivi vivere solitariamente …”raccontano ancora le Cronache.
In seguito Fra Bonaventura rapito dalle parole di Frate Bernardino Occhino Ministro Generale dei Minori Cappuccini giunto a Venezia nello stesso 1541 per predicare Quaresimali, gli offrì in regalo il Romitorio della Giudecca. Ma poi essendo divenuto l’Ochino Apostata dell’Ordine e della Cattolica Religione, nonchè Eretico, cacciò via dal Romitorio di Santa Maria degli Angeli tutti i Frati Cappuccini senza distinzione, compresi quelli esemplari che andarono a rifugiarsi in casa di un secolare Veneziano.
Più tardi i Frati vennero reinseriti in numero di quattro Eremiti, e si formò nel 1546 una nuova Compagnia del solitario Fra Bonaventura in un nuovo “piccolo Convento di tavole nella stessa isola della Giudecca, in un sito assai abbietto detto il Monte dei Corni, per esservi ivi raccolte le Corna de’ Buoi e degli altri animali che in Venezia ammazzavansi … Ivi si costituirono nuovi Oratori e Celle dedicate a Sant’Onofrio e San Martino …”
Qualche tempo dopo, accaddero le doglianze dei due contigui Conventi di San Giacomo dei Religiosi Serviti e delle Monache Agostiniane della Croce: “… per lo pregiudizio e la troppa vicinanza di un’altra Regolare Famiglia al loro Monasterio.” Perciò ricorsero al Senato Serenissimo che decretò che quelle nuove “case de Frati” dovessero rimanere solo come “Romitaggio ridotto” per Fra Bonaventura ormai malato di Pellagra, e altri due soli compagni fino alla sua morte, dopo della quale tutto sarebbe dovuto essere abbattuto e distrutto.
Invece le cose non andarono affatto così … Nel 1552 i Frati Cappuccini presenti e attivi nell’isola della Giudecca erano 16 ... Nel 1567, ai tempi di Papa Pio V, del Doge Girolamo Priuli, e del Patriarca Giovanni Trevisan, un giovane Frate Cappuccino della Zuecca “dal vago aspetto, e tanto onesto nei costumi, venne barbaramente ucciso in Venezia da due perfide femmine, che provato a sollecitarne senza successo le Caste Virtù, non trovarono di meglio che pugnarlo a morte, e abbandonarne il corpo in una calle … Fu un probo Confessore dei Padri Gesuiti che rivelò in seguito l’arcano della morte del giovane Frate, pur mantenendo segreto il nome e l’identità delle due nefande malcapitate, una delle quali andò a implorare Misericordia Divina in Confessionale ...”
“Morto il buon solitario Fra Bonaventura, e temendo tantopiù che il debole e angusto ritiro in continuo pericolo di rovesciarsi per l’impeto dei venti a cui era esposto … Nel 1548, infatti, un impetuoso turbine urtò con violenza il piccolo recinto dei Cappuccini facendone un mucchio di rovine, i Frati furono costretti ad andarsene di nuovo. Il Senato si commosse allora per le virtuose qualità riconosciute dei Frati Cappuccini, perciò restò loro accordata la Grazia di stabilirsi in perpetuo godimento di quei luoghi ... Ivi dunque dimorando dimostrarono qual fosse il loro zelo nelle frequenti Prediche e ne Catechismi, cosicchè ristretta essendo alla frequenza del popolo la vecchia chiesa, pensarono di dilatarla, ma distratti furono nell’opera per la sopravvenuta dell’orribil Peste che desolò l’intera città …”
Nel luglio 1575, si raccontò a Venezia che in Contrada di San Marzial nel Sestiere di Cannaregio: “… sviluppòssi la terribile Peste nella casa d'un Vincenzo Franceschi, ove era stato ospitato un Trentino proveniente dalla Valsugana infetta dal morbo. Gli furono venduti i vestiti per pagargli il funerale, et furono acquistati da persone del Confinio di San Basilio a Dorsoduro dove qualche tempo dopo si cominciò a morire di Peste, così come nella casa dove morì il Franceschi morirono tre donne ...”
Sempre Flaminio Corner ricorda: “…cominciò questa(la Peste) ad infierirre con tal impeto, che avendo nello spazio di pochi giorni rapite dal mondo molte migliaia di Cittadini minacciava nella sua continuazione l’estremo eccidio di Venezia. Perlochè il Senato ansioso non men della propria, che della salute de’ suoi popoli si rivolse umile ad implorare la Divina Misericordia facendo voto d’inanzar un magnifico Tempio ad onore di Gesù Cristo Redentore …”
Fu l’epidemia di Peste che decimò un 1/4 dell'intera popolazione di Venezia, e portò al sovvertimento urbano di parte dell’isola della Giudecca con la costruzione del Tempio del Redentore.
Dopo il periodo iniziale d’incertezza quando non si era ancora deciso dove far sorgere quel nuovo chiesone: se dalle parti delle Clarisse della Croce (Piazzale Roma-giardini Papadopoli), in Campo San Giacomo dell’Orio, o in Contrada di San Vidal dove c’era un terreno libero che sarebbe poi stato consegnarlo ai Gesuiti: “Religione non meno esemplare per la probità de’ suoi costumi, anco vantaggiosa per l’educazione de’ giovani”… Alla fine il Senatore e poi Doge Leonardo Donàdecise di scegliere la Giudecca presso i Frati Cappuccini: “Religione egualmente pia e povera”, che abitava già la chiesola di Santa Maria degli Angeli, “… il che sarebbe avvenuto con minor aggravio della pubblica spesa”.
Si comperò allora il fondo necessario per l’edificazione spendendo 2.670 ducati, e altri 120 per pagare il magazzino soprastante, e altri 960 ducati ancora per un forno e alcune caxette che vi sorgevano sopra … I FratiCappucciniaccettarono di occuparsi gratuitamente del nuovo Tempio a patto che fossero escluse al suo interno sepolture di Nobili, “sebbene quelle li avrebbero arricchiti con Grazie, Lasciti, e grande numero di Messe di Suffragio” ... Nel 1561, infatti, il ricco Mercante Bartolomeo Stravizino s’era appena fatto costruire in perfetto stile Palladiano lì nei pressi, proprio adiacente a Santa Maria degli Angeli, la piccola Cappella di San Giovanni Battistanella quale dispose per la sepoltura sua e dei suoi familiari … Rimasero perplessi però circa la dimensione del nuovo Tempio che stava sorgendo con difficoltà per via dell’area fangosa e per le caratteristiche tipiche del suolo Lagunare che sprofondava. Capirono comunque che sarebbe stata in ogni caso un’opera grandiosa.
“Non è una chiesa secondo il nostro stile sobrio ed essenziale.”provarono a dire tramite Fra Gregorio Veneto“loro Guardiano zelantissimo della Regola”.
Raccontano gli Annali dei Frati Minori Cappucciniche: “Obbedite !” fu la risposta laconica che diedero frettolosamente all’unisono Papae Doge… e si mise perciò nel maggio del 1577 la prima pietra del Tempio del Redentore: “Voto Solenne affine di tener lontani li fulmini de la Pestilenza da Venezia”accompagnando il Rito Solenne con le Musiche e i Canti composti appositamente dal Maestro Gioseffo Zarlino della Cappella Ducale di San Marco.
Nel luglio seguente Venezia risultò libera dal morbo della Pestilenza.
Nei dieci anni seguenti per ben 18 volte e più si spesero 4.000 ducati per la chiesa, e altri 6.000 ducati per 3 calici d’argento, le suppellettili degli altari, i paramenti dei Frati Sacerdoti … e già che si era in ballo, anche per costruire un nuovo Convento e Infermeria per i Frati Cappuccini … Finchè si giunse piano piano a compimento del Tempio, al tempo di: “… Fra Leone da Verona, Guardiano dello stesso Convento della Giudecca, che si offrì al servizio degli infetti … fu vittima della Peste ... e si riposò infine nel Signore”.
Quasi a completamento di quella grande opera, e come per darle ulteriore spessore interiore, fin dal febbraio 1584 (e ancora oggi), negli spazi di Santa Maria degli Angeli“all’ombra” del Redentore, si raccolse la Compagnia degli Emeroniti o dei Devoti dell’Adorazione delle Quarantore. E’ lunga la lista dei Santi Patroni-Protettori a cui gli iscritti di quella Fraglia-Scholas’affidarono: Sant’Antonio Abate, San Sebastiano, San Giovanni Battista, San Francesco, la Madonna Immacolata, e soprattutto il Corpus Domini, ossia il Santissimo che sarebbe il Redentore stesso.
Gli associati si eleggevano un loro Priore, coadiuvato da due Confratelli, un Infermiero, un Sacrestano e uno Scrivanoche era anche Cassiere: tutta gente “Devotissima”:“… persone tutte esemplari, dotate d’invidiabile disponibilità spirituale, e d’intensa vita caritatevole e d’orazione ... Non sono accetti nella Schola: giocatori e frequentatori di osterie, né chi non accetta le decisioni del Capitolo, o manchi tre volte consecutive alle riunioni mensili ... Per entrare a far parte della Schola si dovrà avere minimo 18 anni, appartenere alla Compagnia della Dottrina Cristiana, essere impegnato nell’insegnamento della stessa, frequentare i Sacramenti e ad avere disponibilità per aiutare la Compagnia … Ciascuno pagherà una “Benintrada” secondo le sue possibilità, e dovrà trascorrere un anno come Novizio prima d’essere accettato definitivamente dalla Schola che avrà al massimo 14 partecipanti ... Tutti dovranno accompagnare con candela in mano il Funerale di ogni Confratello Defunto recitando una Corona (del Rosario) ... Per ogni Defunto Confratello si celebreranno 5 Messe all’Altare Privilegiato della Schola ... (Chi mancava agli Uffici dei Morti della Schola, o a una delle Quattro Feste Comandate della Compagnia pagava una Penalità di 1 lira) ... Le pene monetarie serviranno per pagare le candele del Solaretto dell’Esposizione del Santissimo dove dovranno esserci: 14 candelieri + altri 4 … Tutti dovranno presenziare alla Messa mensile(pena 8 soldi di multa)... e tutti saranno tenuti alla recita quotidiana di un “Salve Regina” per tutta la Compagnia, di un “Pater-Ave-Gloria” ai Patroni, un “Pater-Ave-Gloria” a San Francesco, e cinque “Pater-Ave-Gloria” per i malati che si assistono …”
La cosa più singolare però di quell’eccentrica e insolita Schola degli Emeroniti del Redentore(unica di quel genere a Venezia), era “l’Adorazionesilenziosa e orante” in cui i Confratelli erano tenuti a sostare prolungatamente davanti al Santissimoesposto nella chiesuola di Santa Maria degli Angeli. L’Adorazione durava giorno e notte a cominciare dalla Domenica di Sessagesima (sessanta giorni circa prima di Pasqua, durante il Tempo di Carnevale, in cui ci si asteneva già dalle carni, e s’incominciava a prepararsi in anticipo alla Quaresima), quando: “… tutti i Compagni si raduneranno per Messa terza, e si comunicheranno a due a due cominciando dal Priore ... Il lunedì seguente si terranno le elezioni annuali della Schola ... La cena verrà servita ai primi 10 Compagni all’ora di nona, durante la quale il primo ¼ d’ora si leggerà un brano spirituale, poi si parlerà di cose spirituali; all’ora seconda di notte (subito dopo il tramonto del sole)ci sarà, invece, una seconda refezione ... Il “Dispensiere” provvederà al vitto per tutti i 14 partecipanti con piatti e tazze di peltro, coltelli, tovaglie e tovaglioli, schiavine per coprirsi nei turni di riposo notturno, e vino: uno sorso del quale verrà dato a chi ha fatto la Comunione.”… Nel 1594, chiesa del Redentore e Schola degli Emeroniti commissionarono la costruzione di una custodia per il Santissimo, la cui lavorazione durò nove anni con una spesa di circa 140 ducati … Ancora nel 1695, i Confratelli Emeroniti(figli del Giorno o della Luce) facevano celebrare tre Messe all’Altare del Crocefisso del Redentore, e altre quaranta di Suffragio per ogni Confratello Emeronita Defunto. Inoltre, la domenica successiva al Funerale di ogni Confratello Morto, si celebrava un’ulteriore Messa di Suffragio durante la quale tutti si comunicavano, e nello stesso pomeriggio tutti gli iscritti della Compagnia recitavano insieme l’intero Ufficio dei Morti.
All’inizio del 1600 i Frati Cappuccini ospitati nel Convento del Redentore erano circa 70 compreso il Padre Provinciale che vi teneva sede per comodità nei rapporti ufficiali con la Serenissima ...“Il Convento della Giudecca ampliato a più riprese conteneva: tre chiostri innestati a due chiese con pozzi, doppia fila di celle, Biblioteca, Infermaria, Speziaria, Cucina, Studentato, e Orti e Vigna con i Semplici coltivati, e Legnaia, Cantina, Lavanderia, Sartoria, Cavana per le barche, Calzoleria e Lanificio … e il Refettorio fuori del quale i Frati tenevano appese le tonache vecchie e nuove, rallegrato nel 1619-20 dall’artistico bel dipinto di: “PPPPPPP” ossia: Padre Paolo Piazza Per Poca Pietanza Pinse, che realizzò il telero in cambio di una pietanza o forse una porzione di polenta, com’è descritto sotto a una sedia rovesciata contenuta nella scena dell’opera.”
Nel maggio 1606 a causa dell’Interdetto lanciato da Papa Paolo V sopra l’intera Serenissima, anche tutti i 150 Frati Cappuccini della Provincia Veneta, compresi quelli del Redentore fra i quali s’annoveravano anche 20 Nobili o figli di Nobili, vennero espulsi dalla Laguna e dal Veneto insieme a due Padri Somaschi di Monte Rua sui Colli Euganei, a tutti i Padri Teatini, e i potenti Gesuiti… Nel 1610 si ruppe il Ponte di Barche che attraversava il Canale della Giudecca: “e fu causa d'alcune sventure” ...“Attraverso di esso il giorno del Redentore nella terza domenica di luglio, il Doge e tutta la Signoria visitavano il Sacro Tempio in segno di perpetuo ringraziamento … Venezia intera festante si riuniva alla Giudecca per acclamare il Redentore con illuminazioni, cene, ed altre allegrezze … e chiunque poteva lucrare l’Indulgenza plenaria quotidiana visitando divotamente la chiesa, intraprendendo Confessione, caritatevole Elemosina e Santa Comunione.”… Per secoli i Veneziani hanno dedicato l’intero mese di luglio alla “Pratica del Redentore”.
Durante la nuova ondata di Peste del 1630che decimò la popolazione dei Veneziani portandola da 143.00 a 98.000, la conduzione dei Lazzaretti Vecchio e Nuovo venne affidata ai Frati Cappuccini del Redentore, che già erano considerati: “… Infermieri, Erbaroli e Medicanti provetti, esperti conoscenti dell’Arte Farmacologica fin dal 1500 ... e ospitavano da loro i Frati malati dall’intera Provincia Francescana.”
In Calle dei Frati e nei chiostri dei Cappuccini del Redentore si ospitava pure la Schola di San Bernardino dell’Arte e Mestiere dei Corderi di Budella di Venezia. Gli Artieri preparavano: “corda di Minugie per strumenti musicali, o per archi e balestre usate dalla Milizia da Mar della Serenissima”… Nella Spezieria del Redentore, invece, si ritrovava fino al 1806 l’Accademia dei Filateti o Filareti o Amici della Verità fondata nel 1663 dal Patrizio NobilHomo Battista Nani: Storico e Botanico di professione. L’Accademia riservata a Nobili e Scienziati si dedicava all’apprendimento delle Scienze della Natura, e in particolare alla Botanica e alla Speziaria. Inizialmente gli Accademici si ritrovavano a pianoterra del Palazzo Nani di San Trovaso: “… là disegnavano nudi e plastiche, ma fu nella Speziaria dei Frati Cappuccini del Redentore, e negli orti del Convento che si manipolarono i Semplici, si prepararono rimedi e farmaci, e si dilatò l’esperienza giungendo a studiare e coltivare ortaglie ma anche Piante rare”.
Furono gli stessi Filateti dell'Accademia Veneziana a creare i presupposti per costituire le raccolte dell'Orto Botanico dei Semplici in Padova.
Alla fine del 1600 i Frati Cappuccini che risiedevano al Redentore della Giudecca erano: 60 … Lì Frate Fortunato da Rovigo:“benemerito e lodevole Religioso e studioso di Botanica e Semplici, vissuto e deceduto del Convento del Redentore”realizzò un prezioso Erbario descrivendo e presentando 2.352 Piante in 8 volumi… Nel 1721, come già nel 1654, la Serenissimadecretò una: “… nuova distribuzione d’acqua: alli 4 Ospedali: burchi 8; alli Cappuccini del Redentore: burci 1; alle Convertite della Giudecca: burci 2; alli Riformati: burci 1, al Soccorso: burci 1; alle Citele della Giudecca: burci 1; alli Catecumeni: burci 1; alla Croce di questa città: burci 1; alle Eremite: burci 1; alle Cappucine della Grazia: burci 2; alle Monache del Gesù e Maria: burci 2; a quelle de li Miracoli: burci 2; a quelle di Santa Maria Mazor: burci 1; alle Penitenti a San Job: burci 1.”… Due anni dopo lo stesso Senato Serenissimo decretò la fusione delle vecchie campane del Redentore ormai consunte dal tempo … Nel 1739, invece, il Padre Guardiano dei Frati Cappuccini del Redentore fu trovato in maschera a partecipare e ballare nel Carnevale di Piazza San Marco… Nel febbraio di due anni dopo, il Redentore venne danneggiato da un turbine … mentre nel giugno 1755: “… Iseppo Briatti Muranese famoso, opulento e pio Direttore della rara fabbrica di cristalli da lui introdotta a dal Senato privilegiata in Venezia … donò ai Reverendi Padri Cappuccini del Santissimo Redentore due grandi Reliquiari di vetro di vari colori e rara manifattura, degni al certo d’essere ammirati.” … Nel 1750 venne ampliata aggiungendovi dei localetti per deposito e laboratorio la Speziaria-Farmacia del Redentore che ha servito per secoli non solo i Frati, ma anche buona parte della popolazione Veneziana della Giudecca …Esattamente nel luglio di dieci anni dopo, scriveva il solito Nobile Pietro Gradenigonei suoi “Notatori”: “… all’intorno del sontuoso Altar Maggiore della chiesa del Redentore furono annicchiati balaustri di noce a metodo dei Cappuccini ma di molto elegante lavoro et adornati da simboli della Passione e da chiusure a disegno di ferro, nonchè marcate dal Stemma di San Marco …”
E si arrivò all’inizio del 1800, quando i Francesi depredarono la Biblioteca del Redentore di oltre 3.887 libri, e cacciarono via i 75 Frati Cappuccini“impossibilitati di deporre l’abito in quanto sprovvisti di mezzi per comprarsi abiti civili”… Vennero riammessi al Redentore solo nel 1822 ... Nel frattempo la chiesa del Redentore con le sue 2.500 “Anime Giudecchine” venne dichiarata Parrocchia incorporando le altre 2.500 Anime Giudecchine di Sant’Eufemia della Giudecca che divenne succursale ... Nuovo Piovano fin dal 1798 fu: don Pietro Brazzoduro ex Piovano di Sant’Eufemia.
Solo nel 1866 i Cappuccini del Redentore tornarono ad essere: 97, e si occupavano oltre che dell’assistenza spirituale del Tempio del Redentore, anche di quella della Casa di Pena Maschile, dell’Ospedale Civile e della Casa di Ricovero dei Santi Giovanni e Paolo, oltre che dell’Ospedale Militare di Venezia… All’inizio del 1905 il piroscafo Aretusada 4000 tonnellate ormeggiato vuoto proprio davanti alla chiesa del Redentorevenne caricato maldestramente con mastelli di rifiuti di pirite. La nave sovraccaricata si coricò sul fondo del Canale della Giudecca, e il comandante disperato per l’accaduto si sparò un colpo di pistola in testa … Nel 1930 i Frati Cappuccini nel Convento del Redentore erano ancora 60, ed erano ancora tali fra: “Frati Sacerdoti, Frati non Sacerdotie Frati Conversi” trent’anni dopo, quando al Redentore c’era anche un Cinema quotidiano da 466 posti in cui andavano ad assieparsi tutti i Giudecchini … Nel luglio 1973, quando i Frati Cappuccini di tutta la Diocesi di Venezia erano 82, e al Redentore tenevano lo Studentato Teologico dei Frati Cappuccini, durante la Festa del Redentore un fuoco d’artificio colpì la cupola del Tempio del Redentore incendiandola … Recentissima, invece, è l’apertura in un’ala del Convento dei Frati Cappuccini del: “City Hearts Foresteria Redentore”, che: “Si propone come ottima soluzione per un soggiorno a Venezia per turismo o studio. La posizione centralissima sull’isola della Giudecca fa della struttura un ottimo punto di partenza per la visita della città offrendo un’ospitalità di base accessibile a tutti ... L’approccio famigliare e cordiale del nostro staff, la posizione invidiabile della struttura, e l’ottimo rapporto qualità/prezzo sono i tratti che ci contraddistinguono ... La nostra offerta comprende 48 camere individuali e per piccoli gruppi. Le nostre migliori tariffe sono: Singola:40 Euro/notte Doppia: 60 Euro/notte comprensive del pernottamento, pulizia settimanale della camera, e connessione internet Wi-Fi. Sono a disposizione degli ospiti una cucina comune attrezzata, e una sala per consumare i pasti o guardare la televisione.”
I tempi sono decisamente cambiati, e anche i Frati Cappuccini si sono adeguati a questa nostra Venezialand: Lunapark turistico e festaiolo dove ogni cosa è possibile e sembra permessa.
Infine siamo tornati ad uscire di nuovo sulla Fondamenta e nel Campo del Redentore assolati e pieni di festa e movimento. C’era euforia, frammistione di gente: arrivavano alcuni in alta uniforme, personalità, e signorotti eleganti … Come sempre, i Militari parevano allergici alle Cerimonie Religiose: scalpitavano, entravano ed uscivano salutandosi impettiti. Si toglievano e rimettevano i cappelli colorati, scattavano riverenti sull’attenti quando incrociano un “pezzo più grosso di loro”… Erano tutto un telefonare, parlare, chiedere, stringere mani, ordinare ai subalterni, e gironzolavano carichi di mostrine e decorazioni mescolandosi alla folla. Sembravano quasi a disagio dentro a “una guerra diversa” dalla loro.
Stava per iniziare la solenne Celebrazione del Redentore, quella più importante della giornata, con tutte le Autorità Cittadine, il Patriarca, il Clero e tutto il resto: la continuazione dell’antica tradizione del Voto del 1577 … E’ un momento che fa un po’ impressione, perché si avverte che non si tratta solo di una pallida rievocazione. Qui a Venezia ogni posto ed evento ha dietro una Storia, e c’è sempre uno spessore, un contenuto da scoprire dietro alla cornice e sotto la crosta dell’apparenza superficiale di quel che si vede e percepisce immediatamente.Davanti al dramma tragico della Peste, Venezia grande e piccola, laica e religiosa, sacra e profana, ha saputo farsi “una” unificando credo e politica, sogni di sopravvivenza e voglia di Salute e Benessere. Nella Festa del Redentore si sono sintetizzate Fede e Senso Civico superando le diversissime fattezze, perché di fronte a certe drammatiche situazioni tutto è divenuto inutile e inadatto. Quella volta è rimasta solo la forza di sperare in un “qualcosa di più Grande” che stava oltre le solite capacità umane di risolvere.
“Ecco la Processione ! … Stanno arrivando !”
“Ma dove sono tutti gli altri ?”
“Gli altri chi ?”
“Gli altri Veneziani … I Preti, i Frati, i Confratelli … tutti quanti ? … Qui ci sono solo quattro gatti in tutto a sfilare !”
“Effettivamente avresti ragione … Sono presenti solo una ventina di Preti Veneziani, e saranno forse altrettanti i Frati del Redentore … E’ una Processione magra nonostante ci sia pure il Patriarca …”
“Ma dove sono finiti tutti gli altri ? … Un tempo la Processione era lunga quanto l’intera larghezza del Canale della Giudecca ...Oggi vedo soltanto quattro-cinque Canonici di San Marco pomposi e coloratissimi che arrancano faticosamente su per la gradinata erta del Redentore … Si … C’è pure il Patriarca variopinto come il solito, con la sua “anda nostalgica e ottocentesca” … ma sembra distratto pure lui: guarda ! …Si ferma a chiacchierare con un impettito Carabiniere in alta uniforme …”
“Sembra che gli stia dicendo: “Per fortuna che ci siete voi a vegliare su di noi … a darci un po’ di sicurezza.”
“Avrebbe ragione … Di questi tempi … Non si sa mai …”
Il giovanissimo soldato gli ha sorriso timidamente mormorandogli qualcosa compiaciuto … Poi il Prelato ha ripreso “il suo passo” benedicente e sorridente, passandoci davanti a soli venti centimetri. A differenza di un tempo quando i presenti s’inginocchiavano togliendosi il cappello al suo passaggio segnandosi devoti, quelli di oggi rimangono quasi impassibili ad osservare “lo spettacolo”. I turisti curiosi scattano foto a raffica, qualche altro osserva “la parata” senza grande partecipazione.
“Non hai torto, i Preti xe proprio ridotti a quattro gatti … Metà non cantano neanche … Sembrano non conoscere neanche le parole delle canzoni della Processione … Spero almeno che non abbiano smesso d’imparare il Latino … Altrimenti siamo proprio “alla frutta” su certi argomenti.”
“Vedo che i Preti delle Nove Congregazioni sono ancora meno … Che fine avranno fatto ?”
“Qualche Prete avrà preferito dedicarsi ai turisti del Litorale che procurano maggiori introiti … Il Vecchio Redentore probabilmente sarà poco redditizio … Potrà quindi aspettare.”
“Cattiveria ! …”
“I Giudecchini però ci sono … Sono inconfondibili … Li riconosci lontani un chilometro dal loro modo di fare …”
“E’ vero ! … Hanno quel loro modo di vestirsi e atteggiarsi … Sono estroversi, singolari e talvolta anche coloriti e simpatici … Anche se non c’è più la folla “oceanica” e tutta pigiata di un tempo …”
Gli ultimi si stavano affrettando ad entrare nel chiesone mentre le campane del Redentore sembravano voler riempire tutta la Laguna col loro rimbombare festoso. Qualcuno rimanendo sulla riva senza entrare, si è limitato a brontolando:“E el Sindaco Brugnaro dove xèlo ? … El xe in spiagiòn stanco dei fòghi de stanotte ?”
“Che Redentor xèlo senza Sindaco ?” ha aggiunto subito un altro scuotendo la testa. “Xè passà tutto ormai ... No xe più tempi.”
Infatti non c’era presente il Sindaco, e dietro al bandierone di San Marco portato sussiegosamente dai Vigili “al passo”, arrancava una sua rappresentante … che di Dogale effettivamente aveva ben poco.
“Che dire ? … Sono questi i tempi … Venezia oggi “gira” così”.
“Ma perché non c’è quasi più nessuno ? … Perché non ci sono “i tanti” di un tempo ?”
“Forse perché quando si sta bene fisicamente ed economicamente si è portati a dimenticare tutto il resto … O perlomeno a metterlo da parte.”
“Per fortuna qualcuno però è rimasto … Li riconosco ! … Quello è don Paolo Socal diventato vecchissimo, che di Sant’Eufemia della Giudecca è stato pure Piovano … Era famoso fra noi Seminaristi di un tempo, perché quand’era febbricitante metteva in acqua la vecchia baleniera del Seminario della Madonna della Salute, e se ne andava a vogare nel Canale della Giudecca … La sua immagine è rimasta indelebile nei meandri del Seminario e per generazioni nei Seminaristi e nei Chierici … Ora eccolo là a camminare lentamente … e c’è pure don Bepi Costantini: Senti che inconfondibile vocione tonante che ha ! … Lui si che le sa tutte le canzoni antiche della Chiesa … Poi guarda, li conosci pure tu: ci sono i miei due compagni di classe divenuti ormai “pezzi da novanta” di questo “benedetto Patriarcato”… E poi c’è quell’altro Prete … E’ sempre uguale, sempre lo stesso nonostante siamo trascorsi decenni … Sembra eterno … E guarda quell’altro: ha il modo inconfondibile da Prete di salire la gradinata del Redentore … Si tiene il “pìnzo” dei pantaloni come se stesse sollevando la tonaca lunga fino a terra per non inciampare ... Ma non indossa più la veste lunga … Sono pantaloni ! … La forza dell’abitudine …”
Ce n’era poi ancora un altro di Prete, ritardatario e mimetizzato nella folla. Portava un fido cappellino smunto da pescatore di fiume vecchio di decenni, e la borsa di cuio di sempre con dentro il camicione per la Celebrazione … E’ incappato nel cordone dei ragazzi della vigilanza che non lo lasciavano passare:“Dove ti credi d’andar capo ? … No se pàssa ! … Ghe xe a Processiòn !”
Il Prete ha balbettato incerto qualche parola di spiegazione, quasi sorpreso di non essere riconosciuto … E come potevano quei giovanissimi ?
“Sono un Prete … Lasciatemi passare che devo andare col Patriarca … Guardate qua !” ha aggiunto spalancando la borsa e mostrando il suo “camiciotto da Messa” spiegazzato e consunto.
“El me scusa Reverendo ! … Non la conosco … Non sapevo … Non se capiva ch’el gèra Prete con quel capèo da bòvoli ... El pàssa pur avanti.”
Intanto un altro giovane pretino con i capelli a spazzola intrisi di gel attraversa frettoloso e impettito la stessa navata … Il sudore gli cola sul volto, e lo vedo infilarsi di continuo la mano dentro all’alto collare candido che forse gli stringe troppo il collo. Mentre guadagna i gradini dell’altare non smette di mostrare una smorfia di fastidio … Poi si ricompone, riprendendo l’andatura solenne, e “svolazza via” dentro alla tonaca nera raggiungendo la Sacrestia.
“Quanti volti nuovi che non conosco … Sono proprio “fuori giro” ormai !”
“E che credi sia capitato tutto ieri ? … Sono trascorsi trent’anni dalla tua fuga.”
Quando la fila dei Preti ha terminato di scorrere pigra sulla Riva del Redentore, le volte della chiesa del Redentore hanno rimbombato saturandosi di musica, canti e suoni solennissimi … I Cantori gorgheggiavano motivi sontuosi ed elegantissimi da far accapponare la pelle … Trombe invisibili squillavano dentro al Tempio che sembrava quasi rianimarsi e trasformarsi memore del suo passato … Il Cristo Nero troneggiava alto e senza Tempo sotto al suo mantello di velluto rosso coronato … C’era tutto in verità ... Ogni cosa del Redentore era al suo posto … Come secoli fa.
Abbiamo abbandonato a se stessa la Cerimonia … e ce ne siamo ritornati sulla Riva delle Zattere oltre il Ponte del Redentore.
“Anche quest’anno è fatta ?”
“E’ fatta ! … Anche questa volta il Redentore è passato.”
Il cielo era lindo, senza una nuvola, azzurro che più sereno non si può … da cartolina veneziana … Incontriamo una donna col suo bambino addormentato nel passeggino … La sua Nonna dal passo incerto e pesante le trotterella orgogliosa accanto, portandosi appresso tutto il peso degli anni ... Baci e abbracci.
“Quella Mamma era una bambina fino a ieri …”
“Sei tu che diventi vecchio !”
“Dai … Non infierire.”
“Ci hanno raccontato che ieri sera ben 60 Vigili Urbani hanno “dato malattia” e “fatto mànca” … E guarda te, proprio nella sera del Redentore … E altri 20 risultavano impegnati ad assistere i familiari invalidi e bisognosi applicando la Legge 104 ... E’ scandaloso !”
“E perché ? … Magari hanno permesso a qualche anziano disabile di godersi la Festa del Redentore ?”
“Si … i nonnetti che vanno a letto alle sei di sera con caffèlatte …”
“Cosa vuoi farci ? … Sono le nuove fragilità di questa nostra Venezia …”
“I nuovi disabili comunali ... Diverse Vigilesse poi esercitano l’obiezione di coscienza per non indossare manganelli e pistole … e di conseguenza non praticano il Servizio Serale e notturno, e neppure quello festivo … Se non vogliono far questo, perchè sono andate a fare da Vigilesse ?”
“Sarà tutto vero poi ? … O sono le solite chiacchiere da bar ?”
“Un tempo i Vigili se ne tornavano a casa immersi nella folla come persone qualsiasi … Adesso hanno bisogno della barca comunale per raggiungere Piazzale Roma e la Stazione … Non sarà mai che si debbano frammischiare con la folla dei turisti e dei Veneziani stipata nei vaporetti … Le risorse per i trasporti dei disabili però sono sempre più ridotte … Per certe cose, invece, le risorse ci sono sempre … Servirebbe un altro miracolo … che il Redentore risanasse certe teste …”
E’ passato comunque anche il Redentore 2017, e non senza lasciare qualche strascico nei pochi Veneziani rimasti …
“E’ vero però quel discorso di prima … Anche oggi si continua a morire di Peste come ai tempi del Redentore … Si muore a grappoli ogni giorno … di Pesti moderne e diverse ... ma sempre Pesti sono: servirebbe un altro Redentore a volte.”
Il campanile di San Nicolò dei Mendicoli scampanando spezza i nostri pensieri e i nostri discorsi ... Nella luce tiepida del quasi tramonto estivo Veneziano alzo lo sguardo, e osservo rilucere bianca la formella impressa da secoli sulle pietre dell’antica torre: “Lethi Vive Memor Fugit Hora.” c’è scritto (Vivi sereno e allegro ! … Ricordandoti che il Tempo fugge veloce).
Quanto può esserci di più vero e giusto di questo motto ?
Manca appena un anno perché s’affacci la prossima Festa del Redentore.