“Una curiosità veneziana per volta.” – n° 155.
“L'isola di San Micièl dei Morti ...a Venezia.”
Parlare oggi di Arcangelie Angiolifarà forse un po’ sorridere più di qualcuno perché i tempi sono molto cambiati. Molti lo penseranno come un contenuto di ieri, un po’ fiabesco e fantasioso, oppure una di quelle tematiche adatte ad appassionati pseudomistici, gente a cui piace tutti quei discorsi un po’ “New Age” sull’Energia cosmico-planetaria, e cose simili un po’ a effetto … e con un certo mercato. Altri penseranno ancora che la Via Michaelica sia uno di quei trekking di sapore revival-Medioevale, come s’intendono la Via Francigena, i Cammini di Santiago di Campostela, la Via Teutonica, ma anche le Vie di Transumanza, le antiche Vie delle Spezie, dell’Incenso, della Lana e molte altre. Insomma: cose un po’ da nostalgici, naturisti o romantici, “ròba” da camminatori salutisti, o da appassionati d’antichità, tradizioni campestri, atmosfere alpine, desertico-rurali, oppure contenuti buoni per manifestazioni folcloristiche un po’ da sagra.
Per i Veneziani di ieri, invece, è stato diverso: l’Arcangelo Michael, il cui nome significa: “Chi potrà mai essere come Dio?",oltre ad essere considerato il Signore dell’Accesso e della Porta dell’Aldilà, era pensato anche come un reale Giustiziere Apocalittico, il Paladino Celeste di ogni Giustizia,e il Vincitore dell’Eterno Male della Storia. Non a caso l’Arcangelo Michele veniva rappresentato con la bilancia in mano, e col Serpente Antico infilzato dalla sua lancia o schiacciato dai suoi piedi. Michele era sinonimo dell’invisibile “lotta” della Storia fra Bene e Male, fra Luce e Tenebra, Morte e Vita, fra Oscuro e Luminoso, fra Occulto e Misterico-Liturgico-Rituale. L’Arcangelo era il “Campione del Buono e del Bene”, la garanzia della bontà dell’Assoluto, il guardaspalla, il braccio destro, il prolungamento di Colui che è radice della Storia e dell’Esistente. Il Culto dell’Arcangelo era terrificante, un’immagine fascinosa, che per secoli su secoli ha dato molto da pensare agli uomini e alle donne che si sono impegnati a milioni a percorrere avanti e indietro la “Via dell’Angelo” a caccia di suggestioni e contenuti, ma anche per esprimere la loro devozione e stima per quel genere d’idee.
Fin dal Medioevo e per secoli, quindi, anche San Michele in Isola di Veneziaoltre ad essere stato uno scrigno d’Arte e Storia, è stato anche un posto, una delle tappe della Via Michaelica, e un richiamo a un “viaggiare superiore”. Si considerava l’isola come parte integrante del percorso Medioevale, del“grande disegno Europeo e Mediterraneo” che partiva dall’Irlandese Skelling Michael: la “Roccia di Michele” risalente al 588 d.C., e andava a finire fino al Monte Carmelo in Palestina-Terrasantaattraversando tutto il Mondo che contava allora. Percorrendo “la Via” si toccavano luoghi atavici, posti dell’Antichità mitici e sacri come: Kerkyra, Delphi, Atene, Delos e Lindos oltre che St.Michael’s Mount nella Cornovaglia Britannica,Mont Saint Michael nella Normandia Francese, la Sacra San Michele in Piemonte, San Michele di Pavia, San Michele al Tagliamento, San Michele del Quarto, e la Contrada di Sant’Arcangelo dentro alla nostra stessa Venezia, e San Michele appunto di Murano. La Via continuava ancora con San Michele a Castiglione di Garfagnana, e scendeva giù dell’Italia fino a San Michele del Garganoal Santuario di Monte Sant’Angelo in Puglia toccando di passaggio tanti altri “San Michele”. Si vociferava perfino, un po’ fra fantasia e realtà, che la “Strada dell’Angelo” possedesse da una parte delle diramazioni ultraoceaniche: ossia fino all’America(che non era stata ancora scoperta), e perfino fino al Sud America, mentre dalla parte opposta si prolungasse fino all’Indiae allo Sry Lanka.
La Via dell’Angelo era intesa come un’immensa catena, un percorso unificante coagulato intorno a un significato ben preciso ... I Santuari dell’Arcangeloerano le tappe di un percorso Mitteleuropeo e Mediterraneo che formavano e seguivano sulla cartografia e sulle mappe di viaggio una famosa “Linea Sacra” millenaria: la “Linea della Spada o della Lancia di San Michele e del Drago”. Era un percorso simbolico, una progressione interiore da percorrere “Santamente” almeno una volta in vita da Pellegrini lasciandosi soggiogare, rinnovare e trasformare dall’influsso benefico dell’Angelo. Il Culto e il Percorso dell’Arcangelo, insomma, non si riduceva a un calpestare e percorre passo dopo passo “quattro pietre e strade messe là” visitando qualche location singolare, ma era un percorso esistenziale, una specie di “catecumenato” interiore che induceva ad abbracciare i contenuti della “Ley line”,ossia: la “Legge della Rettitudine”, il “Cammino di Luce di San Michele”. Percorrere la Via dell’Angeloera uno stile di vita.
Erano tosti quelli di ieri, compresi i Veneti e i Veneziani, molto diversi da noi di oggi di certo, ma per niente banali, scontati e superficiali.
Come spesso accadeva nella Laguna di Venezia, sulla primitiva Isola di San Micièl c’era inizialmente solo una modesta chiesetta dedicata già all’Arcangelo San Michele. Si diceva a cavallo fra Storia e Leggenda che avesse ospitato in origine perfino San Romualdofondatore e inventore deiPadri Camaldolesiamico delDoge Orseolo I ... e si era prima dell’anno 1000. Di certo nel 1212 i Vescovi di Torcello e diOlivoloconcessero l’isola per davvero aiPadri Camaldolesi che ampliarono l’antica chiesetta. Sull’isola prospicente diSan Cristoforo, appena al di là di un canale, c’era prima un gran mulino a vento, e poi si susseguirono un Ospizio di donne e un Convento di Brigidini che lasciarono il posto in seguito agliEremiti Agostiniani. InSan Michele in Isola, invece,fin dal 1300 sorse una vera e propriaAbbazia de li Remiti de Muran per la quale Zanin Foscarini di Ser Marino della Contrada di San Paternian volle nel 1344 “venissero comprati 50 pelliccioni a soldi 2 de grossi l’uno perchè li Frati fosse salvadi da un altro inverno”… e dove nell’ottobre 1362 pervenne dall’Oriente una preziosissima Reliquia Bizzantina della Croce finita poi in custodia al Monastero Camaldolese di Fonte Avellana a Serra Sant'Abbondio presso Urbino sulle pendici del Monte Catria.
Dopo un bel salto di secoli, sono stati i soliti napoleonino & C a spegnere tutti i contenuti presenti sull’isola inseguendo le loro “nuove idee luminosissime”con le quali intendevano cambiare, liberare e rinnovare l’Europa e il Mondo intero. Peccato che per far questo avessero l’abitudine di distruggere e azzerare tutto e tutti quelli che trovavano sul loro cammino.
Applicando anche a Venezia nel 1806 il cosiddetto Editto di Saint Cloud del 1804, i Francesi si premurarono di portare “fuori città” tutti i cadaveri ammucchiati per secoli intorno e dentro alle chiese delle Contrade e nei chiostri dei Monasteri Lagunari che erano spesso circondati da un loro cimiterietto (gli attuali campielli che circondano molte chiese: Anzolo Raffael, Santo Stefano, San Giovanni e Paolo e molti altri)... L’editto prevedeva la perfetta uguaglianza di tutti “in e post mortem”, tutte le pietre tombali sarebbero dovute essere identiche, così come tutti gli epitaffi apposti sopra a memoria. Capitò, invece, che chi poteva permetterselo e“pagava la giusta mazzetta” potesse accedere a “debite eccezioni” e superare quell’esagerato egualitarismo:
“E che diamine ? … Mica si può riposare in eterno insieme e accanto al vòlgo, al popolo vile e miserrimo !”
Perciò quella cosa si rivelò essere tutta facciata e propaganda da invasori, e dopo quel gran svuotamento e trasloco di tombe, arche e sepolcri, si tornò dal 1837 in un certo senso alla “giusta normalità” semplicemente seppellendo sistematicamente “tutti quanti a San Micièl” ... ma “secondo il blasone e la dignità”che ciascuno possedeva.
Si mise così fine all’abitudine millenaria dei Veneziani di collocavano i propri Morti “appena fuori della porta di casa”.
Ad essere precisi, già la Serenissima nei tempi andati aveva svuotato a più riprese chiese e chiostri intasati all’inverosimile dai morti delle Pestilenze, ma a differenza dei Francesi lo aveva fatto “con garbo e gran rispetto” almeno nella forma, mentre i Transalpini buttarono lì “il tutto alla rinfusa” senza premurarsi più di tanto di dare almeno un nome a quei miseri resti trattati come sacchi di patate. In quel grande travaglio andarono persi corpi e vestigia di Dogi, di Senatorie Uomini Illustri, così come le cronache raccontano che non mancò chi venne rincorso e catturato in giro per Venezia mentre andava a vendersi di nascosto quanto aveva rinvenuto dentro a qualche vecchia fossa o monumento funebre pomposissimo, ammirato e supercurato per secoli.
Così decretò comunque la Storia … e mentre inizialmente si pensò di convogliare tutti i Morti di Venezia in un’apposita Necropoli istituita a Santa Maria Maggiore in fondo al Sestiere di Santa Croce(attuale Carcere maschile), si ideò poi di scegliere l’isola di Sant’Andrea della Certosa come “Nuova Città dei Morti”. Alla fine non se ne fece nulla di entrambe le opzioni, e si scelse piuttosto l’isola prospicente le Fondamente Nove di Cannaregio e Castello optando per l’isoletta di San Cristoforo della Pace divisa da 80 metri di canale daquella di San Michele Arcangelo.
Solo alcuni anni più tardi, risultando l’isoletta insufficiente per i bisogni urbani di Venezia, si comprese nel progetto l’intera isola di San Micèl che il Demanio vendette alla Municipalitàdopo aver sfrattato i Padri Camaldolesi (i Ròmiti o Eremiti) che la occupavano da secoli.
Non si parlerà mai a sufficienza dello scempio e delle modalità “tristi” con cui i soliti Francesi napoleonici realizzarono quell’ennesimo sfratto di Monaci dall’isola. Fu un’opera e un’iniziativa davvero vigliacca perché si andò a distruggere vilmente e brutalmente un sito dove per molto tempo si era generata e prodotta tanta Cultura Veneziana… e non solo. Le parole probabilmente non saranno sufficienti a descrivere quanto è accaduto quella volta in San Michele in isola, ma forse i numeri potranno indicare meglio come sono andati i fatti in quei giorni lontani.
Dovete sapere che ancora all’inizio del 1700la Serenissima decretava: “… si stanzino 2.000 ducati per la Biblioteca Codussiana … nel far costruire e stabilire la Libreria nel materiale e metodo di quel disegno che alla di lui prudenza sarà più proprio …” Nella stimatissima Libraria dei Padri Camaldolesi di San Michele si decise di ospitare anche i libri salvati dal soppresso Monastero delle Carceri di Padovaportati a Venezia da Don Gregorio Sguardo in 60 sacchi e molte casse “togliendoli ai pizzicagnoli, all’avarizia di molti Preti, all’acqua, all’umidità, e alla trascuratezza del Governo e dai topi”. Sempre nella Biblioteca de Padri di San Micèl si concentrarono e depositarono: “… tutti gl’immaginabili Sancti Padri, con infinità di Libri Scritturali, Casisti, Juristi, Historici e Matematici …” sparsi in giro per Venezia, e a quelli si aggiunsero comprandoli dagli eredi anche i tomi delle biblioteche del Vescovo di Treviso Luigi Molin e del Vescovo di Torcello Giovanni Dolfin ... Ancora nel 1797 risultava che i Camaldolesi di San Michele stavano continuando ad acquistare e racimolare in giro per tutto il Veneto: Codici del 1400 e antichissimi Manoscritti.
La Libraria di San Micheleera quindi un patrimonio inestimabile di libri gestito da Uomini Letterati e Monaci di grande acume, ricchezza e Cultura. Non pensate tuttavia, che quei Monaci Pensatorie Acculturati fossero uomini e Veneziani eternamente piegati a studiare e scrivere libri. In realtà erano gente benestante che sapeva “ben godersi la vita”. Durante tutto il 1700 la vita dei Monaci Camaldolesi(come quella degli altri Monaci) pur essendo ufficialmente di stampo Eremitico, era diversa da come potremmo immaginarla: “… i Monaci godevano di una notevole libertà per quanto riguardava le uscite e le assenze dal Monastero dove a poco a poco si erano introdotte rappresentazioni teatrali, concerti musicali, lunghe vacanze autunnali dall’8 settembre alla vigilia di Ognissanti durante le quali i pasti venivano presi in un locale dove si dispensava dal silenzio, veri propri banchetti nelle solennità ... Ed ancora esistevano: larghe dispense dall’intervento all’Ufficiatura Corale Notturna, numerosa servitù a disposizione con pratica abolizione di qualsiasi lavoro manuale da parte dei Monaci che si dedicavano ampiamente a ricreazioni, giochi e villeggiatura, e in piccola parte alla ricerca e allo studio …”
I Cenobi della Laguna e di Veneziasia maschili che femminili erano quindi posti pulsanti di vita e benessere oltre che di Sapere, Arte e Cultura. Lungo i secoli il Monastero di San Michele in Isolaospitò tutta una serie di figure insigni di Laici, Nobili e Monaci Letteratidediti alla “Perfezione Interiore”, che riuscirono a pubblicare tutta una serie di Annales, Studi e Opere davvero significative e di grande pregio.
Solo come esempio: nel 1604 Benedetto Pucci Frate Camaldolese di San Michele di Murano scriveva: “Dialogo della Perfezione Cristiana”, “Giardino de’ fiori spirituali”, e in seguito: “Nuova idea di lettere usitata nella segreteria de’ principi”, “Sentientiae ex Cornelio Tacito selectae” e “Vocabolarium ecclesiastico”… L’anno seguente un altro Camaldolese di San Michele: Andrea Navagero diede la sua adesione all’Accademia degli Occulti di Murano e a quella dei Concordi di Rovigo, mentre il Confratello Pietro Passi figurava come Accademico dei Recuperati di Padova, degli Informi di Ravenna e dei Filoponi di Faenza … Altri Confratelli: Vitale Zuccoli Abate di San Michele s’interessarono di Filosofia, Teologia e Poesia, Padre Giovanni Tassis dopo essere stato Abate di diversi Monasteri venne esonerato da ogni tipo d’incarico per dedicarsi esclusivamente allo studio ... Michele Gasparini Abate Generale dell’Ordine Camaldolese si specializzò in costruzione di orologi solari ... e via così: tanti uomini dottissimi e intellettualmente ben dotati.
I chiostri e la Biblioteca di San Michele di Murano ospitarono: l’Umanista Piero Dolfin uomo di vasta cultura che lasciò un famoso epistolario … Bernardino Gadolo Filologo, Biblista, Patrista e Storiografo … Girolamo Suriani Medico e Monaco … Pietro Orseolo Gravisi… Michelangelo Gasparini… Pietro Orseolo Da Ponte… Parisio Bernardi: Abati, Matematici, Filosofi e Gnomonici … Guido Ignazio Vio Naturalista del mare … Ludovico Nachi Teologo, Scienziato e Geologo … Mauro Lapi… Nicolò Malerbi… Paolo Canal, Ventura Manardi… Benedetto Locatelli… Anselmo Marsand … e chissà quanti altri.
Nel 1671 prese fuoco quasi tutta l’isola di San Michele, “… e la chiesa ebbe la cupola in piombo compromessa tanto che dovette essere demolita”.
Nel 1712 in isola c’era Fra Giacinto da San Michiel di Venezia, considerato anch’esso famoso specialista nella fabbricazione di orologi … Nel 1726 sempre nellastessa isola si realizzò uno spettacolo musicale per la ricreazione delCarnovale de Signori AccademiciDilettanticon la rappresentazione della “Ninfa di Apollo”: scherzo comico pastorale in musica in 3 atti con testi in poesia diFrancesco da Lemene accompagnato da musiche di Don Francesco Rossi... Nel 1788 si provvide a far riparare,“per concertare meglio”, l’organo di San Michele da parte dell’organaroMerlini Francesco Prete di San Basso a Venezia … e proprio dai Monaci Camaldolesi Benedettini di San Michele in Isola iniziò nel marzo 1800 la serie delle visite aiMonasteri Venezianieseguita dal neo elettoPio VIIuscito“Nuovo Pontefice”dall’insolito conclave tenuto a San Giorgio Maggiore di Venezia.
Sempre a San Michele in Isola a Veneziafiorì anche un insolito e singolarissimo commercio che coinvolse gran parte dell’Italia di allora lungo buona parte del 1700: a San Michele in Isola si vendevano “Libri in cambio di cambio di Messe”.
Sì … Avete proprio capito giusto: Libri pagati celebrando Messe che avevano ciascuna un prezzo e valore ben preciso come i Libri. Una maniera davvero insolita di vendere e comprare e gestire l’Editoria ... e anche “il commercio Liturgico-Rituale”.
E’ molto interessante e curioso notare e seguire un po’ i dati e le tracce di “quell’insolito movimento di Libri” spulciando le vicende e i fatti del Cenobio di San Michele in Isola con la sua insigne Biblioteca. C’è di che perdersi ...
Già alla fine del 1600, il Nobile Letterato, Poeta, Giornalista, Librettista e Bibliofilo Apostolo Zeno insieme al fratello Pier Catarino, che era Padre Somasco, finanziarono e promossero diverse collaborazioni editoriali con l’Isola e la Biblioteca di San Michele di Murano: patrocinarono traduzioni, vendite e permute di opere e doppi, manoscritti e libri d’esito, la realizzazione di stampe, e la tiratura reiterata di molteplici edizioni di libri collocandole sul mercato Veneziano e Europeo (!) con quale erano in intensa e continuativa corrispondenza ... A San Michele in Isola si realizzò anche il “Giornale dei Letterati d’Italia”.
Nel 1723 nell’isola di San Michele risiedeva il Frate Francescano Carlo LodoliArchitetto, Revisori di Libri“nostrani ed esteri” dello Studio di Padova, e pure Revisore Incaricato di apporre “l’Imprimatur” a ogni tipo di Libri di Venezia (autorizzazione-nulla osta Ecclesiale e del Tribunale dell’Inquisizione alla stampa)… Sempre in San Michele in isola risiedevano altri attivissimi personaggi come Dom Angelo Calogerà Camaldolese di San Michele di Murano e Censore di Stato della Serenissima, che pubblicò: “Raccolta Opuscoli Scientifici e Filologici” ... e il Francescano Giovanni Degli Agostini, e Bernardo De Rubeis Domenicano erudito di Santa Maria del Rosario sulle Zattere(Santa Maria dei Gesuati)Confratello del Polemista Daniele Concina che rilasciava anch’esso agli autori di nuovi libri: “fedi di conformità per la pubblicazione” a nome del Santo Uffizio dell’Inquisizione di Venezia.
Dom Calogerà fu fra 1730 e 1740 uno dei protagonisti di quell’insolito scambio commerciale di Libri prodotti dal “Grande Circolo dei Libri Veneziani”. Pressato dai debiti pagava i suoi creditori offrendo loro i suoi migliori libri di pregio che si proponeva poi di ricomprare in seguito allo stesso prezzo stabilito all’atto della vendita. Qualche anno dopo, altri due Monaci Camaldolesi di San Michele: Dom Giambenedetto Mittarelli e Dom Anselmo Costadoni furono gli autori di un’imponente quanto singolare opera: gli “Annales Camaldulenses Ordinis Sancti Benedicti” uscita quasi annualmente fra 1755 e 1764. Si trattava di 8 possenti tomi “in folio” stampati in 750 esemplari in “carta ordinaria”, e di altri 50 esemplari tirati “in carta grande e bella”venduti a chi poteva permetterselo. Dedicando furbescamente l’opera al Dogee al Senato della Serenissima, i due Monaci avevano ottenuto finanziamenti per 100 ducati, altri 100 ducati d’argento li avevano ricevuti dal Vescovo Guiccioli di Ravenna, e altri 200 ancora da alcuni sottoscrittori Veneti e Italici dell’opera. Da altri illustri Veneziani a cui venne dedicata pomposamente l’opera sontuosa provennero, invece, solo altrettanti pomposi ringraziamenti e basta.
I Monaci avevano impegnato molto in quell’opera immane da cui speravano un buon guadagno e soprattutto grande attenzione di pubblico. Il Mittarelli oltre a collaborare gratuitamente insieme a tutti gli altri Annalisti alla correzione dell’opera, comprò a sue spese un nuovo torchio per la stampa istallandolo nell’isola di San Michele. Gli costò 100 ducati, e insieme al torchio fece “gittare a carissimo prezzo” dal fonditore Giambattista Adami anche una nuova serie di caratteri da stampa. Ciascun tomo dell’opera degli “Annales” alla fine venne a costare l’incredibile somma per l’epoca di 1.000 ducati: l’equivalente di una dote maritale o monacale di media entità.
Non pensate comunque che i Monaci stampatori di San Michelfossero degli artigianelli sprovveduti e ingenui. I Monaci di San Michele organizzavano traffici e commerci via mare utilizzando le galee di linea commerciale, le Mudestagionali armate della Serenissima. Nel 1735 gli stessi Monaci Veneziani spedirono libri soprattutto al Monastero Classense di Ravenna dove c’era un Monaco Bibliotecario: Dom Mariangelo Fiacchi che gestiva un commercio di libri con tutti i Monasteri dello Stato Pontificiopresenti in tutta l’area Adriatico-Appenninica: Sant’Ippolito di Faenza, Bagnocavallo, Bertinoro, Forlì, Bologna, Santa Maria degli Angeli di Firenze e San Michele di Borgo a Pisa. I Libri prodotti a Venezia viaggiavano dappertutto, e una parte di loro proseguiva poi per: Pesaro, Senigalliae Anconada dove proseguiva per l’area di Perugia, Fonte Avallena e San Lorenzo Masaccio di Jesi giungendo fino al Monastero di San Gregorio al Ceglio di Roma: capolinea e Casamadre dei Monaci Eremiti Camaldolesi Italiani e Romani ... e “vicinia” del Sommo Pontefice Romanocon la sua Corte di Principi Cardinali che erano tutti “clienti” di San Michele di Murano.
Come vi accennavo, interessantissima fu una delle “forme di pagamento” utilizzata di frequente dai Monaci Veneziani di San Michele. Oltre a farsi pagare in denaro contante o scambiando libri, codici e manoscritti equipollenti, i Monaci dell’isola si facevano pagare “facendo celebrare Messe”. Capitava che: siccome San Michele in Isola non riusciva a smaltire l’elevato numero di Messe di Suffragio già pagate e offerte dai Veneziani, ma ancora da celebrare concretizzandole obbligatoriamente, i Monaci di San Michele chiedessero “a terzi” di aiutarli “a smaltire” quelle Messe ottenendo in cambio Libri, Tomi e Volumi del valore corrispondente all’elemosina versata inizialmente per farle celebrare.
Chi riceveva un libro o i libri, attestava per scritto inviando regolare ricevuta che aveva celebrato la corrispettiva Messa o le Messe indicate nella transizione. Solo all’atto del conseguimento della “ricevuta di Messe fatte” si considerava pagata e conclusa la compravendita dei Libri. Il sistema dell’utilizzo delle Messe da Celebrare è stato a lungo una specie di “Moneta di scambio” usata con profitto sia dai Monaci Veneziani che da quelli Italiani ed Europei in generale.
L’Abate Amigoni di Forlì, ad esempio, abituale cliente del Monaco Calogerà di San Michele di Muranoottenne nel 1745 due “Cappellanie fisse di Messe Settimanali”: una per se e un’altra per un suo Confratello, per un corrispettivo di: “1 lira ovvero 20 soldi a Messa”. Esistevano però Messe anche da: “30 soldi pari ad 1 lira e ½”. In caso di acquisti e transizioni prolungate, esisteva anche una specie di “abbonamento” che dava diritto a ricevere intere Raccolte di Opuscoli, o fascicoli e volumi delle edizioni gestire dal Monaco Calogeràda San Michièl di Venezia.
Gli “Annali del Sacerdozio e dell’Impero” del Battaglini, stampato a Venezia in 4 tomi, costavano: 40 Messe ! … “Siconio, Goffredo e Cellense”pagabili 15 lire, corrispondevano a: “15 Messe da 30 soldi”. Alla stessa maniera, il Monaco Libraio Fiacchi dell’Abbazia di Classe a Ravennacelebrava per i Monaci di Murano un “Suffragio Mensile” a rimborso dell’invio del “Mercurio” tradotto dal francese e pubblicato a Venezia. Spesso scompariva persino il nome del Defunto originario a cui era intestata la Messa da celebrare, che veniva sostituito col titolo del libro commerciato da pagare.
Lo stesso Monaco Bibliotecario Flacchi di Classe scriveva curiosamente il 19 agosto 1738 al Padre Camaldolese Mutarelli di San Michele di Murano: “… di far tra le altre Messe celebrare n.50 con l’elemosina di soldi 20 e queste saranno quelle dei di lei obblighi per la sua Sagrestia, e quando ella avesse in ciò qualche dubbio, celebri elle le sue 50 della Sagrestia e ne applichi altre 50 a qualunque elemosina, che io mi contenterò dei soldi 20 e farò conto di cederle la porzione che potesse esservi di più, cosicché, se per tutti i libri vi vorranno per esempio 250 Messe, io farò sapere ai compratori che di dette 250 Messe ve ne saranno 200 a 30 soldi e 50 a 20, distribuendole a proporzione tra quei che prendono i libri. E in tal modo si celebrerà sempre conforme alla di lei intenzione, la quale ella dirigerà a suo modo o per un obbligo o per un altro, siccome meglio le piacerà e così ognuno starà quieto…”
Ancora con lo stesso sistema, nel 1748 Mauro Sarti dell’Abbazia di San Lorenzo di Masaccio commissionò più di cento libri di pregio e diverse riviste al Padre Calogerà di San Michele di Murano dando vita a un fiorente commercio e interscambio di Libri & Messe.
Verso la fine del 1700 i compratori delle edizioni di libri dei Padri Camaldolesi di Muranonon erano soltanto Monaci sparsi in giro per l’Italia, ma anche Letterati, Collezionisti, Bibliofili ed Amatori di ogni sorta che approfittando anche del contemporaneo disfacimento delle Biblioteche e delle Collezioni Nobiliari e Monastiche trafficavano abilmente e non poco fra vecchi e nuovi Enti e Governi riciclando manoscritti, codici, incunaboli, libri di ogni sorta e contenuto, nonchè reperti archeologici e numismatici, carteggi, archivi, medaglie, corrispondenze, oggetti e gioielli preziosi, e perfino: fossili e ritratti ... San Michele di Murano fu uno dei centri d’interesse e convergenza di tutto quel grande movimento commerciale un po’ “pseudoculturale”.
Nel 1786, ad esempio, il Padre Mandelli di San Michele in Isolavendette a un certo Tomitano l’epistolario privato e tutto il carteggio intercorso fra i Monaci Calogerà e Costadoni in cambio di un telescopio newtoniano da far utilizzare agli studenti di Filosofia dell’isola di San Michele di Murano.
Capite allora perché i Francesi giunti a Venezia andarono dritti dritti a mettere il naso nell’Isola di San Michele di Murano: “Dove c’è del Miele non mancano mai di girare le Api”… e così dove c’erano giri di denaro non mancavano mai di presenziare e agire i Transalpini invasori e chi ruotava intorno a loro.
Esiste una nota-lista risalente già al 1797 dei “Libri estratti in più volte per ordine della Municipalità Provvisoria di Venezia e di Murano dall'insigne Libreria di San Michele di Murano de' Monaci Camaldolensi”. Non vi tedio e annoio riportandovela tutta, ma vi ricordo solo che conteneva 53 titoli di Opere di Classici Latini, Filosofi e Grammatici antichi come: Plinio, Euclide, Cicerone, Giovenale, Tito Livio, Marziale, Sallustio, Terenzio e di Padri della Chiesa come: Agostino, Cipriano, Atanasio, Giustino, Leone Magno, Gregorio ... ma anche: Petrarca, Tolomeo, Acciajoli, Lorenzo Valla… C’erano poi elencati: 17 “Codici Manoscritti Sommi”contenenti opere degli stessi autori ma anche di: Palladio, Porfirio, Teodoreto, Daniele Barbaro, Platone, Filostrato e Ambrogio, e vari Codici Evangelici miniati, oltre ad altri 82 “Codici Manoscritti di grande valore” contenenti testi di: Boccaccio, Crisostomo, Guarini, la Cronaca di Fra Martino, Vitruvio, Cassiodoro, Aristotele, Paolo Diacono e molti altri … compresi anche alcuni tomi di Architetture Militari.
Inutilmente nel 1802, consapevoli della “mala tempora” e del pericolo di soccombere e scomparire del tutto, i Monaci Camaldolesi di San Michele in Isola provarono ad aprire utilizzando i locali dell’ex Noviziato dei Frati, un “Collegio d’Istruzione ed Educazione”per i figli dei decadenti Nobili Veneziani rimasti a Venezia.
Quando nel 1810 i Francesi andarono a bussare a San Michele in Isola, subito sfrattarono i Padri Camaldolesi“concentrandone” alcuni nel Convento di Santo Stefano di Venezia. Altri Monaci (fra cui Padre Placido Zurla futuro Cardinale)ottennero di trasferirsi dai Frati di San Nicoletto della Lattuga accanto ai Frari nel Sestiere di San Polo dove intendevano trasportare l’intera Biblioteca e i cimeli rimasti a San Michele. Poveri illusi: ne furono privati del tutto per sempre.
Ancora altri Monaci di San Miche trovarono rifugio scappando fuori Venezia. Si recarono a Roma, precisamente nel Monastero di San Gregorio al Celso, dove nottetempo riuscirono a trafugare in gran segreto attraversando la Laguna, la Pianura Padana e gli Appennini: sia l’Archivio del Frati di San Michele, che alcuni “pezzi forti” del patrimonio della loro Biblioteca. Di quei giorni concitati Veneziani, si racconta che Padre Placido Zurla (Bibliotecario di San Michele in Isola)insieme a Frate Mauro Cappellari (futuro Papa Gregorio XVI), entrambi Camaldolesi di San Michele di Murano,abbiano portato a Roma parecchie casse di libri contenenti circa 700 Codici Manoscritti, 300 Quattrocentine, e 600 volumi di Scritti Monastici realizzati da autori dell’Ordine Camaldolese(sono stati riconosciuti nel 1865 nella Biblioteca dei Camaldolesi di Roma dall’Abate Valentinelli), nonché preziose Reliquie di chiesa.
Esatto o no che fosse l’indicazione, si diceva che la Libraria di San Michele in Isola fosse una delle più ricche di tutto il Veneto, e possedesse 180.000 volumi e ben 36.000 fra Codici Orientali, Greci, Latini, Italiani e Francesi, Incunaboli e Manoscritti di cui 2.300: “Manoscritti di valore eccezionale”.
Fa quasi tenerezza andare a leggere gli Atti Ufficiali dell’Avocazionedel Convento di San Michele di Murano da parte del Demanio e del nuovo Governo Francese. Consultandoli si può ancora evincere l’elenco degli “individui Sacerdoti e Laici componenti la Famiglia del Monastero di San Michele in isola” identificati e ritrovati presenti dentro alla struttura monastica all’atto dell’esproprio.
Nell’isola oltre ai 6 Conversi(ossia: “Monaci non Professi”): Pozzi, Quaramento, Betonello, Soratroi, Caleràn e Nardoni, c’erano l’Abatedei Monaci Camaldolesi: il Veneziano Dom Nachi Ludovico; il Priore altrettanto Veneziano: Dom Anselmo Marsand; Dom Nonnoso Marcheschi da Lucca Abate Procuratore Generale da Roma; Dom Paolo Mariani Veneziano Padre Maestrodei Novizi; Dom Parisio Sciolida Salò Abate Senescente; Don Mauro Cappellari da Belluno aiuto del Procuratore Generale; Dom Placido Zurla da Crema Lettore Emerito e Bibliotecario; i Monaci “semplici”: Dom Bonifacio Baseggio da Venezia e Dom Sergio Gaspari da Verona; Dom Giacomo Benetellida Venezia Rettore del Collegio di San Michele per l’Educazione dei figli dei Nobili; Dom Fortunato Nevio da Vicenza Procuratore dell’isola; Dom Giuseppe Zappani da Belluno e Dom Leonardo Bianchi da Badia entrambi Lettori dello stesso Collegio Educativo.
Senza tanti preamboli e in maniera alquanto sbrigativa i Camaldolesi di San Michele vennero mandati via ed espulsi dall’isola, e la stessa cosa accadde contemporaneamente anche ai Monaci del Convento di San Giovanni Battista della Giudecca, e in Terraferma a quelli di: Follina, Vicenza e Verona che vennero “concentrati”nella Badia della Vangadizza.
“Presi da grande bramosia distruttiva”i Francesi “spazzolarono via” dall’Isola, dalla Chiesa e dal Convento di San Michele tutta l’argenteria, tanta parte della “preziosa miniera dei libri”, una ventina d’opere d’Arte realizzate da Raffaello Sanzio, Cima da Conegliano, Antonio Zanchi, Giovanni Bellini, Gregorio Lazzarini, Pietro Mera,Pietro da Cortona, e diverse altre opere rinvenute in seguito in parte nella Galleria dell’Accademia di Venezia, o finite altrove in mano di privati (una“Santa Margherita di Raffaello da Urbino che stava sotto al Coro dei Monaci di San Michele in Isola”è stata rinvenuta in Inghilterra).
Negli anni seguenti il numero dei Padri Eremiti Camaldolesi del Venetopassò da 110 a 77 unità in tutto.
Quando il Bibliotecario della Marciana Morelli, uno dei protagonisti interessati dello spettacolare saccheggio di Libri, Manoscritti e opere d’Arte organizzato dai Francesi che interessò tutta Venezia, si recò la prima volta nella Biblioteca di San Michelein Isola,trovò che i Manoscritti-Codici pregevoli erano già quasi scomparsi del tutto, restavano solo quelli di minor valore. Erano spariti tutti i Codici Greci, le Aldine, e i “Libri antichi del 1400” sostituiti sugli scaffali da libri di nessun valore messi lì come riempitivo.
All’appello mancava, ad esempio, la preziosa “Bibbia Magontina” forse comprata già dalla Biblioteca di Brera di Milanoche l’anno prima aveva acquistato un libro simile in pergamena a Genova pagandolo 3.240 lire. (oggi, infatti, la Bibbia Magontina dalle 24 linee edita a Magonza da Guttemberg nel 1456, si trova proprio alla Biblioteca Braidense di Milano).
Il Bibliotecario Morelli comunque non disperò, e fece compiere un accurato sopraluogo e perquisizione dell’intero Monastero e delle singole celle dei Frati. Il gesto lo portò a recuperare altri 1.000 volumi fra cui alcuni Codici e diversi “libri di pregio”.Dopo di questo, lo stesso Morelliprelevò il Mappamondo di Fra Mauro, altri 2 globi, un’antica tavola in avorio rappresentante una “Disputa di Gesù al Tempio” e tutta la serie delle monete e delle medaglie del Monastero portando il tutto alla Biblioteca Marciana di Venezia.
Oltre a questo, dovette accontentarsi di rinvenire presso il libraio Bettini delle Mercerie della Contrada di San Salvador alcuni dei libri del Monastero di San Michele, recuperò presso un rigattiere di San Zanipolol’opera in 4 volumi “in folio” titolata: “Ritratti con elogi d’uomini illustri Fiorentini”,2 mappamondi di cartone provenienti dallo stesso posto, e varie centinaia di volumi presso altri venditori sparsi in giro per tutta Venezia.
Dopo la soppressione definitiva di San Michele, il Demanio distribuì 17.524 libri del patrimonio della Biblioteca dei Camaldolesi di San Micheledonando: 264 libri e 12 manoscritti alla Biblioteca Marciana, 250 libri all’Accademia delle Belle Arti di Venezia, 957 libri al Liceo Convitto Foscarini, 7 libri al Collegio della Marina di Venezia, 5 libri al Seminario di Concordia, 24 libri al Seminario di Chioggia, 8 libri a quello di Rovigo e altri 4 a quello di Ceneda… Infine, 16.000 libri considerati di volgare valore vennero alienati e venduti a peso e alla rinfusa.
Si disse e scrisse anche, che lo stesso Padre Zurla di San Michele di Muranorifugiato a Roma cercò di ricomprare in blocco i 16.000 volumi considerati “di scarto” di quella che era stata la sua stessa biblioteca, offrendo 2.000 lire per libri e scaffali insieme. Si trattava per la maggior parte di “libri Ecclesiastici e di Ascetica” ... Il Monte (N)napoleone di Venezia ordinò a più riprese, invece, un’asta pubblica durante le quali Padre Zurla riuscì a recuperare solo 565 volumi per lire 984,75, mentre il resto venne disperso vendendolo per lire 1.114,75 a privati: 17 libri andarono a GiovanBattista Cavalliniper 65 lire… e altri 59 libri in Francese insieme ad altri provenienti dalla Libraria dei Frari e da quella dalla Biblioteca Zanchi dei Somaschi della Salute finirono allo stesso Cavallini per altre 584,05 lire nel dicembre seguente.
Nel marzo 1811 si presentò nell’isola di San Michele l’Ingegnere Cesare Fustinelli in rappresentanza del Demanio per eseguire una “ricognizione estimatoria”dell’isola e valutare l’intero Complesso di San Michele di Murano. Accompagnato da un segretario-scrivano, stimò tutta l’isola per un valore complessivo di lire: 72.215,084, e misurò, valutò l’entità e l’ipotetico valore delle singole sue parti quantificando: il Convento in lire: 37.016, 786; l’Ortaglia Maggiore inlire: 3.649,860; l’Ortaglia Minore in lire: 1.388, 510; la Chiesa adiacente bisognosa di restauri e in parte cadente: lire 19.952,162; gli altari e i lastricati contenuti nella stessa: lire: 2.899;la Cappella Miani o Emiliani nel suo insieme: lire 5.077, 366, e i suoi singoli altari marmorei ed artistici: lire: 2.232.
Solo qualche anno dopo, l’intero perimetro delle due isole venne cinto con un muro interrotto da una Cappella ottagonale, e gran parte degli edifici monastici di San Cristoforo e San Michele vennero demoliti per adibire le isole a Cimitero. Si era nel 1813, e fu Stefano Bonsignori ex Vescovo di Faenza nominato Patriarca di Venezia da napoleone bonaparte a benedice l’isola dove da luglio iniziarono le tumulazioni dei Veneziani … Quattro anni dopo, anche il Collegio Educativo dei Camaldolesi di San Michele di Murano venne chiuso e soppresso del tutto, e i pochi Camaldolesi insegnanti rimasti furono indotti ad abbandonare l’isola che venne trasformata dagli Austriaci in Carcere Politico. Nelle: “Le mie prigioni” si legge che vennero “ospitati” in isola di San Michele anche i Carbonari Sediziosi: Silvio Pellico e Pietro Maroncelli prima d’essere trasferiti al carcere dello Spielberg.
Solo nel 1829 la custodia religiosa dell’Isola Cimitero venne affidata ai 70 Frati Minori Francescani Riformati attivi nella Laguna di Venezia, (distribuiti anche a San Francesco della Vigna a Castello e nell’Isola di San Francesco del Deserto)… Trascorsi diversi anni ancora, nel 1835, si approvò il progetto del Nuovo Cimitero che prevedeva la bonifica del canale divisorio delle due isole di San Michele e San Cristoforo di Murano e la sopraelevazione delle intere isole di due metri sul livello marino. I lavori su progetto dell’Architetto Giannantonio Selva(autore anche del Teatro La Fenice, del Verdi di Trieste, del Teatro Sena di Feltre, del Tempio del Canova di Possagno)terminarono solo verso il 1870.
Oggi quel che rimane del Convento e della chiesa di San Michele di Murano è desolato e vuoto quasi del tutto. L’Isola dei Dormienti, dove “riposano” gran parte dei Veneziani è sorvolata dai Gabbiani affamati, sgraziati e candidi in un certo senso veri padroni dell’isola che neanche i dissuasori elettronici riescono ad allontanare. L’isola è completamente disseminata e ricoperta da una prateria infinita di tetre e macabre tombe di Morti silenziosi e interrogativi. Sopra di loro fra la fine di ottobre e i primi giorni di novembre: “i giorni dei Morti”, fiorisce un altrettanto insolita Primavera di fiori e colori che si ripete ogni anno. Esiste sempre qualche “Anima anonima” che in questi giorni s’aggira fra le schiere delle tombe e cappelle funerarie collocando fiori sulle fosse più dimenticate e abbandonate. Alla fine l’intero Cimitero diventa un enorme prato fiorito simile a quelli di Montagna, così come di notte l’insieme dei lumini trapunta flebile ogni angolo dell’isola.
Sembra proprio che si dia inizio a una stranissima e insolita stagione macabra i cui tratti e presenze sono del tutto invisibili: pare che dentro al Cimitero stia accadendo una grande sagra e festa, solo che ai vivi non è dato di parteciparvi se non alimentando quelle Lampade Votive Perpetue a pagamento pure loro, o omaggiando tutti con un mare di fiori.
Avranno mai bisogno i Morti del supporto di tutta quella luce continua e di quell’infiorata ? Ma queste sono opinioni …
Fra le stesse tombe s’aggira qualche Veneziano e qualche fraticello Francescano “semplice e cordiale” col cappuccio e la povera cotta logora distribuendo orazioni e benedizioni dal suo secchiello opaco dell’acqua santa … Ovviamente in cambio di una qualche elemosina. Non c’è altro nell’Isola di San Michele, se non muri cadenti, infradiciati e scalcinati mangiati dall’umidità e dalle acque della Laguna che continuano a gridare storie silenziose e passate ... Qualche comitiva di turisti Giapponesi si reca in “gita turistica fra i Morti” bardata di tutto punto per immortalare le tombe insigni del Russo Igor' Stravinskij o dell’Americano Ezra Pound… Stupisce scoprire che gli stessi Giapponesi hanno realizzato una scenografica copia perfetta del Cimitero Veneziano ambientandolo su una Neo Venezia collocata su Marte dove vivono le Anime Giapponesi.
Incredibile ! … ma è proprio così: siamo figli di quest’epoca digitale e onirica.
Dall’altra parte, invece, sull’isola si realizza il solito grande business funerario che ruota ovunque attorno alla Morte coinvolgendoci obbligatoriamente tutti a turno. Siamo talmente assuefatti a quest’aspetto, che neanche lo “vediamo” più apprezzandone soprattutto la pratica utilità. Anche questo è parte dell’oggi … C’è poco da dire, e soprattutto niente da fare: si vive così.
Dell’isola di un tempo: luogo di Cultura ad altissimo livello non rimane praticamente niente. Accanto al luogo frenetico di Palazzo Ducalein Piazza a San Marcodove si legiferava e muoveva i destini economico-politici della Serenissima, per secoli sono esistiti luoghi quieti e ameni come l’isola di San Michele dove si sperimentava, si disquisiva, si produceva Arte, e si raccoglievano e scambiavano notizie ed esperienze provenienti da ogni parte del Mondo di allora. A San Micèl(come a San Giorgio Maggiore, nei Palazzi Veneziani, e altrove a Venezia) convergevano in massa Nobili arguti e intelligenti, ricchi e acculturati, e si radunavano Mercanti, Ambasciatori, uomini di Mare e viaggiatori portando i resoconti delle loro spedizioni e viaggi in ogni angolo del Mediterraneo, dell’Atlantico e dell’Oriente. In San Michele in Isola si ricapitolarono e raccolsero dati cartografici, di navigazione ed esplorazione, e valutazioni commerciali di ogni sorta. Senza la pressione e l’urgenza politica in isola si trattava di tutto, si discuteva e promuoveva letteratura, liberi anche dalle ingerenze asfissianti dello Stato Veneziano che tuttavia vigilava sempre su tutto e tutti finanziando ogni tanto quell’utile movimento. Gli stessi Monaci Camaldolesi di San Michele, che spesso erano Nobili pure loro, fecero a gara fra loro e con gli altri Nobili di Venezia e del Veneto “per primeggiare in cultura, scienza e sapienza”… e perché no ? Anche in prestigio.
In quel contesto va collocata la preziosa esperienza di Fra Mauro che fu uno degli esempi più significativi di quell’esperienza insulare Veneziana. Il Priore Camaldolese Fra Mauro fu come l’apice di quel movimento e di tutta quell’intenso interscambio culturale. Fu lui a realizzare a metà del 1400 insieme col Cartografo Andrea Bianco, poco prima della così detta “Scoperta dell’America”, il famoso Mappamondodi Fra Mauro ... Potremmo dire che quel Planisferoè stato una specie di: “Google Earth” dell’epoca (oggi conservato nella Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia). Oltre a non mettere più Gerusalemme al centro dell’immagine del Mondo come voleva da sempre la Cristianità, Fra Mauro dipinse la Via dell’Africa circumnavigabile, cinquant’anni prima che i Portoghesi la navigassero concretamente, e cartografò il MondoVecchio e Nuovo qualche anno prima che si spalancassero quegli orizzonti che avrebbero cambiato, allargato e spalancato irreversibilmente tutto il Mondo, la Storie e l’Economia di allora.
Sul suo planisfero oltre alle solite indicazioni della Geografia Tolemaica, Fra Mauro rappresentò i tre “Classici Continenti”: l’Europa, l’Africa con l'isola di Diab (forse il Madagascar), e l’enorme Asia circondata da un’infinità di isole grandi e piccole, capace di occupare più di metà mappamondo. Le grandi terre emerse risultavano solcate dalle “Vie Terracquee” riassunte nei Portolani dei Navigatori Arabi, Ragusei, Genovesi e Veneziani e negli Itinerari dei Mercanti e dei Pellegrini Medioevali. Iniziarono a scomparire dai Mappamondi una dopo l‘altra le zone occupate solitamente da figure fantastiche, da disegno di Venti sbuffanti, dai nomi di Popoli, e da scritte simboliche come: “Hic sunt leones”, che mascheravano in realtà l’ignoranza circa quei luoghi e quelle genti un po’ da indovinare. Era giunto anche il tempo di svelare i “Segreti della Natura”, perciò pure nell’isola di San Michele si viveva un’epoca di grandi entusiasmi e d’intraprendenze con le quali si cercava di colmare vuoti lasciati per secoli dalle antiche e classiche scienze e navigazioni.
In realtà, come ben sapete, dietro alla facciata di tutto quel gran movimento entusiasta e quella gran voglia di Scienza e Conoscenza, c’erano i desideri delle Grandi Corone dei Potenti di allora che avevano bisogno di nuove risorse e ulteriori soldi per continuare soprattutto a mettere in piedi le loro guerre spadroneggiando più che potevano sui territori “messi a loro disposizione da Dio in persona”.
Dai resoconti delle spese del Monastero di San Michele per comprare: colori, oro battuto, pergamene e altro, si può dedurre che il Priore Fra Mauro iniziò a lavorare al suo Mappamondosu tavole di legno e pergamena dal 1448, e che l’opera con tutte le sue 4.000 iscrizioni didascaliche in Veneziano fu completata soltanto un anno dopo la sua morte: nel 1460.
Quella della Cartografia, dei Portolani e delle Mappe di Fra Mauro non è stata affatto una stagione e un’iniziativa isolata a Venezia. Fin dal Medioevo, infatti, si era usi dipingere sotto ai portici dei Mercati e delle chiese Mappe dei Mondi Lontanissimi e Itinerari di Pellegrinaggi su cui navigare, cavalcare e camminare, magari allestendo qualche buona spedizione commerciale. Anche il Mappamondo di Fra Mauro probabilmente era destinato ad essere esposto nella Chiesa di San Michele in isola, tappa come dicevamo della famosa Via Michaelica dell’Angelo. Esistevano Mappe simili dipinte sotto ai Portici di San Giacometto dell’Emporio Realtino, e probabilmente anche nella zona della Securtà Marittima di Rialtodove si pensavano, allestivano e assicuravano le spedizioni marittime della Serenissima. Altre Mappe di viaggio potevano trovarsi anche dove ci s’imbarcava per i Pellegrinaggi oltre mare: a San Domenico di Castello, ad esempio, dove venivano benedetti i Pellegrini in partenza ed esposti i souvenir, gli ex-voto e i ricordi dei viaggi insidiosi e delle traversie vissute lungo i tragitti Orientali ed Europei.
James Cowan(nel suo “Il sogno di disegnare il mondo”)scriveva e faceva dire nel 1999 a Fra Mauro di San Michele di Murano Cosmologo e Cartografo della Serenissima:“Nella mia qualità di Cartografo al servizio dell’Ordine dei Camaldolesi di San Michele di Murano, anch’io ho eletto a scopo della mia vita il tracciare sulla carta la rotta di coloro che percorrono le vie nascoste della terra … Non c’è racconto di navigante tanto banale da non meritare ascolto, né diario di viaggiatore così pedestre che non valga la pena di essere letto […] Dacché mi ricordi, infatti, ho sempre voluto viaggiare. Mi chiamo Fra Mauro ... Sono Monaco, in età matura e piuttosto in carne. A certuni posso persino apparire – be’ ammettiamolo – un po’ pigro. Il mio problema è che ho sempre avuto paura di affrontare un tale viaggio probabilmente perché le mie ossa mi avrebbero rivelato come un impostore! E’ come se, ogni volta che il caso mi porta da quelle parti, l’orizzonte che contemplo in mare al largo del Lido e di Sottomarina fosse una muraglia inespugnabile, una barriera ... Talvolta mi prende in forte desiderio di scalarla, ma mi resta ancora la paura di ciò che vi è al di là. Ed ecco che di conseguenza faccio vivere altri al mio posto, alla scoperta di genti e regni che io posso solo sognare. […] Anche chiuso nel mio convento, ho tutto il mondo sulla punta delle mie dita: arriva a me attraverso le impressioni degli altri uomini. Come un re nella sala del trono, aspetto le visite dei miei messaggeri, i loro mantelli ancora impolverati dal disappunto o dalla delizia: essi arrivano e scaricano loro stessi […] Alla fine il mondo che offrivano che era filtrato dalla loro visione. Ero lasciato nel dubbio se stavo acquisendo la giusta immagine. Forse il mondo era veramente differente da quello che avevo cominciato a percepire. Ogni uomo, ha contribuito all’evoluzione della Terra, dato che le sue osservazioni sono state parte della sua crescita. Il mondo era perciò un posto interamente costruito dal pensiero, sempre in trasformazione, costantemente rinnovando se stesso attraverso il processo dell’umana interpretazione della realtà. Tutto ciò mi portò l’idea della costruzione di una mappa che avrebbe sfidato ogni categoria e genere. Una mappa che li avrebbe contenuti tutti, difficile a definirsi per mancanze di termini, ma comunque non destinata a sposare una particolare politica o persuasione. Piuttosto volevo che la mia mappa mostrasse la terra in cielo ed il cielo in terra: una mappa che fungesse da prototipo per tutte le mappe sparse nello spazio e nel tempo. Sarebbe stata uno strumento per mezzo del quale il mondo avrebbe potuto arrendersi in frammenti allo sguardo aperto, inquisitivo di ognuno. E speravo ardentemente che tale mappa avesse presieduto alla nascita di un’altra mappa, e ancora di un’altra, e di un'altra ... ancora."
Nel secolo in cui Fra Mauro il Cartografo fu Priore di San Michele, in isola si edificò anche il chiostro piccolo del Convento che venne ricostruito sotto la direzione deiLombardo. Nello stesso tempo, Mauro Condussidetto Moro o MorettoBergamasco della Val Brembana (autore della facciata di San Zaccaria di Venezia, dellaScuola Grande di San Marco, San Giovanni Crisostomo,Santa Maria Formosa, Palazzo Vendramin Calergi, della Torre dell’Orologio e delle Procuratie Vecchie in Piazza San Marco)rifece la facciata della chiesain pietra d’Istria fra il 1469 e il 1479 … Dopo il 1499, quando il Nobile Leonardo Loredanfinanziò la decorazione pittorica del soffitto a cassettoni della chiesa, si pensò a ricostruire anche la cupola di San Michele in Isola … Nel 1523-1526 venne aggiunta al Convento una nuova ala adibita a Foresteria, Giovanni D’Asola dipinse le portelle che coprivano l’organo di San Michele con all’interno: una “Madonna Assunta” e “San Michele”, e all’esterno:“San Romualdo che veste San Pietro Orseolo” e “San Benedetto che benedice due Monaci.”(oggi si trovano al Museo Correr di Piazza San Marco), e il BergamascoGiglielmo dei Grigi edificò tra 1530 e 1543 la sontuosa Cappella Emiliani su disposizioni testamentarie della nobildonna Margherita Vitturi che lasciò ai Procuratori di San Marco una cospicua somma di denaro perché si costruisse “un Tempietto dell’Annunciazione” in memoria di suo marito Giovanni Battista Emiliani(già vent’anni dopo la sua costruzione la Cappella ebbe bisogno dei primi interventi di restauro realizzati da Jacopo Sansovino).
A completamento dell’edificazione del grande complesso isolano, l'Abate Gerardo Maffeo fece innalzare anche il campanile alto 40 metri, e si diede mandato ad Alessandro Bigno di realizzare, intagliare e intarsiare il Barco del Corosopraelevato dedicato a San Michele Arcangelo inserendovi pure un grosso “badalone” a carrucola (grande leggio) per issare, esporre e voltare i pesanti Codici Miniatidel Canto Gregoriano… Ancora negli stessi anni, dopo un accurato consulto con la Signoria di Venezia, il Padre Generale di tutti i Camaldolesi d’Italia ordinò all’Abate di San Michele di Murano di espellere dalla sua Religione togliendogli l’abito da Monaco, un tale che s’era vestito così comprandosi il titolo di Religioso: “… trattasi di palese atto di pura Simonia da doversi assolutamente correggere.”
Nel 1564 nel Monastero di San Michele in Isola risiedevano 27 Monaci Camaldolesi: si spendevano 18 ducati annui per pagare l’organista per le cerimonie, e altri 260 ducati annui per le spese ordinarie del vitto dei Monaci comprando: “ovi, pèse, mandorle, uva passa, risi, farro et altri legumi, e carne di capra …”, per gestire la Foresteria, tenere accordato l’organo della chiesa, e adornarla per la Festa di San Micièl… Circa dieci anni dopo il complesso Conventuale di San Michele era di fatto ultimato, e dall'avancorpo sul lato occidentale del sagrato della chiesa si costruì una spaziosa cavana per le barche e i barcaroli dei Padri Camaldolesi.
“Tutto intorno all’Isola di San Michele risplendeva la Laguna di Venezia, l’aria limpida sapeva di salmastro e alghe, e perfino le Pestilenze mortifere sembravano incapaci d’intaccare quel felice connubio umano e interiore … La Serenissima con i suoi Nobili, il Doge, la Signoria, i suoi Preti e Monaci, e fin all’ultimo uomo e donna delle Contrade sentivano che decisamente: Dio, i Santi e la Madonna erano di certo dalla loro parte … E la Storia così scorreva sopra e infra le acque ...” scriveva sul suo diario un Monaco Camaldolese di San Michele di Murano.
Oggi infine, capita anche a me come a tanti altri Veneziani di rifuggire un poco dall’Isola di San Michele, soprattutto perché lì sono sepolti i miei cari. San Michele in Isola induce a pensieri mesti e tristi facendo pesare l’assenza di chi non c’è più … Per questo fatico a ritornarci … Comunque, da buon Veneziano, quando vi sbarco provo “una tantum” ad aggirarmi nell’isola osservando come in trasparenza oltre le tombe e i ricordi, e mi piace riconsiderare “il tanto” che è accaduto in quell’angolo della Laguna Veneziana … Ne vale sempre la pena.