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“la Dextera Domini … anche a Venezia.”

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“Una curiosità veneziana per volta.” – n° 156.

“la Dextera Domini … anche a Venezia.”

Si diceva spesso un tempo:“Dio vede … e provvede.”Così come il romanzo Manzoniano dei famosi “Promessi Sposi”è tutto punteggiato d’esclamazioni come: “la c’è la Provvidenza”, come a dire di una specie di sapienza e consapevolezza popolare costante, un mantra molto comune e condiviso un tempo.

Accanto ad esclamazioni del genere, secoli fa si usava molto considerare alcune immagini come: “l’Ombra di Dio”, o l’ “Impronta degli Dei”. Quelli di ieri erano molto più immaginifici rispetto a noi di oggi, e utilizzavano diverse simbologie rivelando e indicando contenuti a cavallo fra Fede, Fantasia, Mito e Opportunità che per loro erano molto significati e importanti ... mentre a noi di oggi dicono pochetto o quasi niente.

Fra tutte, la famosa “Arca dell’Alleanza”è stata forse l’immagine più potente e ricca di significati e misteri a cui si faceva spesso riferimento nell’Antichità, quasi come a un sogno e a un desiderio appetibilissimo.L’Arca Santa in realtà era piena e occupata da “Niente”, era vuota, se non con pochi oggetti rituali, ma era però densa di una “Presenza Mistica” che induceva tanti a pensare, sperare, credere e fidarsi oltre che ad attivarsi mettendosi in viaggio e per strada. Era un Simbolo fortissimo insomma, un rimando potente all’Oltre, al Mistero e all’Aldilà.

Accanto all’Arca però, c’erano anche altri “segni”molti considerati, ritenuti: “Buoni e Santi”. Quello della “Mano di Dio”, ad esempio, ossia la: “Destra di Dio”, la “Dextera Domini”.

E’ esistita una lunga stagione storica in cui si preferiva non rappresentare Dio, o farlo in maniera sintetica, riassuntiva: solo con un simbolo totipotente e significativo. Dio per diverse Religioni, non solo l’Islam, era ed è “l’Irrapresentabile”, “l’Indicibile”, quello che non si riesce mai a dire ed effigiare a sufficienza e decentemente. Era meglio non dipingerlo, non mostrarlo per non farlo impunemente o in maniera troppo banale e riduttiva. Certi luoghi di culto, infatti, erano totalmente spogli, senza alcuna iconografia. Perciò ci si affidava al Simbolo che aveva un’immensa valenza.

I segni, come i Logo moderni, indicavano e rinviavano a “qualcosa” d’impalpabile e ulteriore, che era difficilmente descrivibile. Si provava perciò a dirlo in maniera plastica e sintetica, lasciando intendere che si trattava di un Mistero interiore ed esistenziale, un Enigma, un Riferimento molto grande a cui valeva la pena di rivolgersi di continuo.

Fra quei segni si potrebbero annoverare: la tonda Aureola, le Raggereche indicavano l’Aura Celeste, la famosa Mandorla Arcobaleno che circondava Imperatori, Ree le Divinità o il Signore: simbolo di Maestà e di Potere, l’Occhio di Dio, ilRespiro ossia il “sospiro di Dio” capace di “Creare dal Niente”, e la Voce invisibile di Dio capace di dire: “Effatà” cioè: “Apriti !”, e cambiare così le sorti e “lo status” a volte precario dell’Umanità … Infine c’era: anche la “Dextera Domini”: la potentissima “Mano destra di Dio” capace di tutto in ogni istante dell’intera Storia dell’Umanità, oltre che “prima e dopo”.

La mano benedicente di Preti, Vescovi, Papi e affini è, o dovrebbe essere in un certo modo il prolungamento tangibile di quei singolari quanto curiosi contenuti.

Col tempo però il significato di certi Simboli si è ulteriormente arricchito e amplificato giungendo ad assumere significati diversi da quello prettamente originale. Il simbolo della “Dextera Domini”, ad esempio assunse anche il significato della Carità fattiva, che poteva tradursi anche nell’ospitalità. Si “dava una Mano”, una “Mano in nome di Dio” che era Lui in persona “la Mano Caritatevole e Amorosa” per eccellenza, soprattutto in caso di bisogno. Si “dava una mano” ad imitazione del “Dio Provvidente che dava una mano”alla comunità umana: si aiutava “Amore Dei” (per Amor di Dio).


Soprattutto diversi Ordini Cavallereschi, Ospitalieri e Religiosi fecero propria quella simbologia e quel linguaggio così denso ed efficace. Ad esempio i Cavalieri Teutonici che effigiavano i loro Ostelli con la “Dextera Domini”, quasi come garanzia di serietà d’intenti.Chi vedeva una “Dextera Domini” incisa o rappresentata, sapeva che lì si esercitava la Carità di Dio, e poteva essere amorevolmente e adeguatamente aiutato ed ospitato.


La presenza dell’immagine della “Dextera Domini” molto usata nel Medioevo e durante tutto il tempo dei Viaggi e dei Pellegrinaggi, “marchiava”come segnale tutta una diffusa rete di appoggi sparsi sul territorio capaci di fornire ospitalità. Ce n’erano per tutti i gusti e le situazioni: dalle Foresterie Monastiche e Clericali sia maschili che femminili, agli Ospizi e Ostellipubblici o Comunali, oppure riservati a specifiche Nazionalità. Ne esistevano di adatti a particolari Categorie di persone: Cavalieri, Artieri, Lebbrosi, Marinai e Pellegrini, e quasi sempre la loro caratteristica principale consisteva nella gratuità: ossia l’ospitalità data “Amore Dei”(per Amore di Dio). Una “Dextera Domini” su di un arcosoglio o incassata in un muro poteva indicare un posto del genere, il più delle volte: un semplice ricovero spesso molto spartano, una Cappelletta, un capanno o una stanzetta anche persa nel nulla, sempre aperto, poco sotto a un valico, o nel bel mezzo di un bosco o di una “Via”.


Accanto a questi ovviamente esisteva tutta la serie delle offerte di ospitalità a pagamento di varia natura: Locande, Osterie, Taverne e cose simili, che sorgevano ugualmente ovunque, ed erano capaci a volte di offrire “un po’ di più”, non tanto per comodità e igiene, ma in quanto offrivano: gioco, donne, possibilità di cambio e di mettere in piedi piccoli affari trovando anche manovalanza se serviva.


La “Dextera Domini” la si può ritrovare e riconoscere effigiata e utilizzata in tutta Europa, nell’intero Bacino Mediterraneo, e fin in tutto il Vicino Oriente. Ci sono dei bei esempi di “Dextera Domini” nel Bacino Absidale di Sant’Apollinare in Classe a Ravenna, o negli affreschi di San Vitale della stessa città, come ce ne sono altre in diverse Basiliche Spagnole e Romane… Anche a Venezianon potevano mancare, e anche qui da noi si è utilizzato molto quella simbologia così incisiva.In città sono rimasti ancora oggi alcuni esempi di “Dextera Domini” davvero belli e curiosi.


Provate ad andare nell’atrio della Basilica di San Marco, e osservate l’Annunciazione mosaicata che effigia l’Evangelista Marco: vedrete che sopra alla sua testa è disegnata una bella “Dextera Domini” ... Così come non è difficile rinvenire sparse in giro per tutta Venezia diverse altre rappresentazioni della “Dextera Domini” infisse su case, colonne e mura di luoghi dove un tempo si praticava l’ospitalità. Ce ne sono alcune a Rialto, in Corte Barozzi nella Contrada di San Moisè vicino a Piazza San Marco, a Sant’Aponal, ma anche a Cannaregio ... Senza contare altre raffigurazione di “bellissime Manine sbucanti dal Cielo” realizzate e affrescate in Cappelle, chiese e Monasteri della nostra città Lagunare. Serve un po' cercare e osservare per vedere e trovare conferma … Venezia è Venezia.


Di recente accanto a un “Dextera Domini Veneziana”, mi è capitato di sentire raccontare da “un’erudita” Guida Turistica col suo bel fascio di sudate carte in mano, che quello era un simbolo araldico di qualche famiglia-Casato Nobile Veneziano. Allo stesso modo ho letto che le“Dextera Domini Veneziane” sono uno dei simboli delle Consorterie, delle Schole dei Mercanti Veneziani. Non è proprio esatto: le “Dextera Domini” significano un po’ di più.


Purtroppo anche noi Veneziani stiamo perdendo un po’ la chiave d’interpretazione e lettura di una certa simbologia antica. A volte “Facciamo di ogni erba un fascio” arraffazzonando spiegazioni alla buona. A volte è meglio avere il coraggio di dire: “non so”, senza avventurarsi in spiegazioni strampalate “dalle gambe corte” che possono farci meritare qualche figuraccia. In fondo è la verità, che c’è di male a professarsi ignoranti ? … C’è sempre tanto da scoprire, imparare e conoscere ... Volendo non si finisce mai di curiosare ... e Venezia in questo aiuta e insegna parecchio.





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