Quantcast
Channel: #unacuriositàvenezianapervolta
Viewing all articles
Browse latest Browse all 357

“I Pelagini … anche a Venezia nel 1600”

$
0
0

“Una curiosità Veneziana per volta.” – n° 161.

“I Pelagini … anche a Venezia nel 1600”

Come vi accennavo nella precedente“Una curiosità Veneziana per volta” dedicata alla “Fava di Venezia” (http://stedrs.blogspot.it/2018/01/le-fave-della-fava-venezia-ma-ce-stato.html), quelle notizie mi sono servite per introdurre quest’ultimo post di oggi … che secondo me: “è Venezianissimo e singolare quanto curiosissimo”.

Si tratta dell’implicazione dei Pelaginicon Venezia.

Chi sono stati i Pelagini ?

Usando un po’ di sana quanto semplice ironia, inizio col dire che guardando al nome, non sono stati né dei formaggini, né delle pellicine delle unghie, né dei pescetti esotici … ma ben di più.
La sera del 5 luglio 1716 morì dopo sei anni di difficile prigionia nelle ristrettezze dei Piombi: il “Carcere di massima sicurezza" di Palazzo Ducale di Venezia, il Prete Giuseppe Beccarelli figlio di un Sarto Bresciano, condannato nel settembre 1710 “in prima istanza” a sette anni di galera dall’autorità Ecclesiastica del Tribunale dell’Inquisizionedi Brescia costituito dal Vescovo Cardinale Giovanni Alberto Badoer e dall'Inquisitore Tommaso Manganone, e condannato di nuovo “in seconda istanza” a: “carcere a vita” nel luglio 1711 dal Consiglio dei Dieci della Serenissima che gli negò tramite il Senatoil riesame solo civile del suo caso.

Con quell’ignorata morte a Venezia si concluse praticamente la stagione del Quietismo e dei Pelagini Veneto-Lombardi, anche se rimase in giro per l’Italia ancora “qualche coda e rigurgito” ... Per il disonore e l’umiliazione, Bernardino e Giambattista fratelli del Beccarelli, provvidero perfino a farsi cambiare il cognome diventando: Beltrami.



Quello del Beccarelliin fondo risultò essere uno dei tanti casi registrati, intrapresi e portati a compimento dall’Inquisizione Veneziana… Infatti in quello stesso anno il Santo Uffizio “Lagunare” s’interessò anche di Angela Carzan Bonaldi da Trevisoe di Gaetana Cona Peretti da Bassano accusate di “magia e sortilegi”, di Bernardo Baziali da Murano reo di “sortilegi con invocazioni dei Demoni”, nonchè di diversi altri e altre inquisiti … Sotto tortura Beccarelli ammise e confessò … e chi non l’avrebbe fatto ?

Disse: “d’esser colpevole soltanto di alcuni toccamenti disonesti di poca entità"… Dichiarò anche: "Che il Matrimonio è il Sacramento dei porci, che bisogna obbedir al direttore anco nelle cose repugnanti, che li bacci, tatti disonesti, pollutioni, adulteri, commerci carnali ed altre simili sensualità dishoneste con le persone dell'uno e dell'altro sesso non siino peccati."

Poco dopo Beccarelli si decise anche ad “abiurare” ammettendo tutto un lungo elenco d’“errori quietisti ed eretici” in cui era personalmente incorso ... In giro si spettegolava e commentava: “Avrebbe ammesso qualsiasi cosa pur di render salva la pelle”… ed era effettivamente così.
A Bresciasi parlava ancora di lui e della sua storia, anche se ormai tutti i suoi sostenitori s’erano dileguati o sottomettendosi alle scelte dell’Autorità Ecclesiastica dell’Inquisizione, o fuggendo dallo Stato Veneziano e dal suo Dominio “per salvar la pelle” ... Com’era costume in quell’epoca ma anche in ogni altra: “si gridò grandemente allo scandalo rendendo pubblici fin nei minimi dettagli gli episodi turpi di cui Beccarelli e Compagni s’erano macchiati” ... ma ora tutto era passato … e Venezia e lo Stato Serenissimo potevano ritornar tranquilli procedendo nella loro “solita normalità”.

Giuseppe Beccarelliinizialmente aveva pensato di "studiar da Prete per procurarsi congruo sostentamento per vivere”, poi aveva servito in qualche casa nobiliare “nel condurre teneri figlioli alle Scole ed insegnar loro da sé" ... Viste le propensioni e le notevoli doti umane e culturali, il Nobile Bresciano Cesare Martinengo finanziò l’apertura in Brescia di un Collegio per l'educazione dei giovani Nobili a imitazione delle Scuole dei Gesuiti, affidandolo proprio al Beccarelli la direzione e l’insegnamento ... Fu subito un successone: 70 studenti nel 1695, e più di 100 negli anni seguenti a cui s’associò anche la guida spirituale di molte Gentildonne Bresciane con tutto ciò che ne conseguiva in finanziamenti, appoggi, prestigio e risorse. Beccarelli ottenne anche il prezioso consenso dei Canonici del Duomo, e di tanti altri Preti Secolari della città di Brescia … Tutto sembrava procedere bene: si diceva addirittura che alcuni collegiali non volessero neanche rientrare in famiglia per le vacanze pur di rimanere accanto al loro Educatore e Confessore.

Beccarelli fu subissato di stima e riconoscimenti, ma con quelli venne insieme anche l’invidia, l’inimicizia e il sospetto prima del Vescovo Gradenigo di Bresciacon tutto il suo entourage (inizialmente schierati dalla sua parte), e poi dei Gesuiti che si vedevano diminuire “i clienti” dei loro prestigiosi collegi. Cambiato il Vescovo e giunto a Brescia il Cardinale D. M. Dolfin, il vento iniziò a soffiare contro il Beccarelli: Vescovo, Filippini e Gesuiti tornarono a insidiare il Collegio-Educandato Martinengo traendo dalla loro parte anche la Serenissima, e chiedendone con insistenza l’immediata chiusura.

Motivo ufficiale ?

Beccarellivenne accusato di “Quietismo” … anzi, di: "Beccarellismo", e le sue “idee malsane” vennero correlate con l’attività dei Pelagini della Valcamonicagià condannati e dispersi tra 1653 e 1657… Si rinvenne perfino una corrispondenza del Beccarelli con tale Prete Bresciano Bona, che a sua volta era in contatto col Parroco di Berzo-Demo e poi di Pisogne: Marcantonio Recaldini considerato il capo dei Pelagini Camuni.

Sorse un gran casino insomma ! … e la buona fama del Beccarelli e del suo Collegio andarono a precipizio.

Nel 1701, infine, i Gesuitiraggiunsero il loro scopo ottenendo dal Governo Veneziano tutto quanto volevano: il Collegio Bresciano venne chiuso … anche se Beccarelli godendo d’influenti appoggi e buone amicizie, riuscì a farlo riaprire presto facendolo affidare a un suo allievo e collaboratore ...  In fondo non era cambiato quasi niente ... e Beccarelli e Compagni continuarono nella loro proficua ascesa sociale e culturale.
Ai Gesuiti & C la “cosa rodeva”… Non poteva andar bene così per i detrattori di Beccarelli … che attivarono così l'Inquisizione di Padova: “gran brutta bestia, e gatta dura da pelare per chiunque”… Per di più e a complicare la faccenda, nel 1706 si cambiò di nuovo il titolare del Vescovado di Brescia affidandone la carica al neoCardinale Giovanni Alberto Badoer Patriarca di Venezia: “… altro pezzo grosso ! … Un castigamatti decisissimo e difficilissimo da trattare e imbrigliare”, si diceva in giro di lui … e i Gesuiti avevano con lui una buonissima intesa: era considerato l’uomo ideale per risanare: “l’agitata e inquieta Brescia minata dal Quietismo e dal Giansenismo largamente penetrati dalle vicine zone di confine”.

Giovanni Alberto Badoer era figlio di Francesco e di Elena Michiel, nonché nipote del Vescovo di Crema. Era un predestinato fin da bambino, in quanto lo zio l’iscrisse subito tra i Canonici della sua Cattedrale, e alla morte del zio Vescovo, a Giovanni Badoer fu chiesto di passare a Padova dove incontrò il Vescovo Cardinale Gregorio Barbarigo che lo fece subito Prete e poi Canonico Patavino ... Poco dopo, nel 1684, il Doge Luigi Contarini lo nominò Primicerio di San Marco in Venezia, e da lì il passo fu brevissimo: Papa Innocenzo XI lo nominò Patriarca di Venezia e Dalmazia ... e il successo della carriera era così ottenuto … mancava solo il Cardinalato: che arrivò insieme a Brescia.

Fintanto che era a Venezia, venne fuori la “forte indole Tridentina da Controriformista”del Badoer: si occupò della Predicazione di Frati e Preti; girò tutte le Contrade, le chiese e i Monasteri di Venezia e della Laguna … Consacrò tre chiese nuove in città: Sant’Agostin nel Sestiere di San Polo nel 1691, San Beneto l’anno seguente, e Santa Maria Zobenigo del Giglio nel 1700 nel Sestiere di San Marco; ridiede impulso al Culto, all’Orazione Comune e alla Pietà e Devozione popolare soprattutto verso San Lorenzo GiustinianiProtoPatriarca Nobile di Venezia… e forse “Papa mancato di un soffio”; incrementò la beneficenza e il soccorso a poveri e bisognosi di cui Venezia era piena; e riorganizzò i Seminari e le Scuole Religiose mettendo in piedi a sue spese un piccolo esercito di Missionari, Predicatori e Maestri di Dottrina.

Badoer era un uomo austero, severo, rigido di costumi con se stesso e soprattutto con gli altri … Se la prese non poco, ma senza successo, con i disastrati e indisciplinati Monasteri femminili Veneziani, i cui costumi, modi e convinzioni erano giusto il contrario dei suoi e di quel che dovevano essere … Giunto a Brescia, Badoer proseguì secondo il suo stile facendo subito “fuoco e fiamme”: visitò capillarmente tutta la città e l’intero territorio della Diocesi Bresciana; verificò la qualità del Culto e l’interpretazione puntuale delle Regole Ecclesiastiche …

A dir di tutti: Badoer era “un mastino della Cristianità”… Infatti: “dichiarò guerra” ad ogni forma di sregolatezza e perversione, e soprattutto all’eresia ... Dalle parole passò ai fatti: iniziò con l’incalzare e pressare da vicino in maniera decisissima Piccinino, che dalla Svizzera aveva introdotto alcuni libelli eretici in italiano, poi prese di mira il Prete Giuseppe Beccarelli, che s’era convinto essere: “causa, propugnatore e protagonista” della crescente Eresia Quietista che stava crescendo e affermandosi nel Bresciano.

Per Beccarellifu l’inizio della fine … perché Badoer iniziò col scomunicarlo: “insieme a chiunque avesse osato indire riunioni spirituali non autorizzate col pretesto d’esercitare Esercizi Spirituali o l’Orazione Mentale”… Con Beccarelli l’accusa era esplicita: “E’ un infame eretico Quietista, autore di finta Santità e di blasfemia”.

Beccarelli era di nuovo “segnato”… anche se quelle accuse gli erano già state rivolte in precedenza senza sortire grande effetto … Anzi: alla fine erano state anche rimosse !
Serviva qualcosa di più per sistemare del tutto quel Beccarelli, perché le accuse sollevate nei suoi riguardi: “… erano fin troppo benevole, generiche e leggere”, di natura prettamente intellettuale e solamente interiore … Si pensò così d’aggiungere “qualcos’altro di più pesante, significativo e piccante” … Perciò si richiamò l’attenzione di Brescia oltre che sulle solite accuse, anche sul fatto che Beccarelli: “… faceva un uso improprio della Confessione professando dottrine poco ortodosse”… Infine si completò l’opera riferendosi alla condotta personale del Beccarelli, che venne così considerato capace: “d’esercitar violenza carnale e sodomia nei confronti de sui studenti e studentesse.”

Il gioco era fatto ! ... e insieme col Beccarelli, già che si stava procedendo, si prese dentro anche Bartolomeo Capitanio Arciprete di Manerbio Insegnante nel Collegio del Beccarelli, che venne pure lui imputato e carcerato con la stessa accusa di: “Sollicitatio ad turpia”.

Stavolta le accuse fecero effetto, anche perché corredate da opportune testimonianze inoppugnabili allestite appositamente e con una certa furbizia. Gli atti processuali e le accuse dei testimoni contro Beccarelli, infatti, sono ancora oggi leggibili e chiarissimi: Francesco Bargnani, ad esempio, testimoniò davanti al Tribunale della Santa Inquisizione di Venezia: “Alcuni suoi discepoli ravveduti si condussero spontanei a confessare quanto sapevano... Uno dei figlioli di detto Signor Aldigieri ch'era in Collegio del detto Beccarelli, non voleva ritornar più in detto collegio adducendo per motivo la corruttela della disciplina con cui ivi si viveva, e raccontò che detto Beccarelli, chiamatolo un giorno a conferenza spirituale, gli comandò per prova d'ubidienza di soffrire attioni di peccato nefando, dicendogli che si sciogliesse e calasse le braghezze ... Al che il figliolo, ripugnando con dire che non voleva commettere tal peccato, soggionse il detto Beccarelli che tal'atto non era peccato, ma il figliolo repplicò, anche piangendo, che non voleva fare tali cose se prima non si consigliava col suo padre spirituale … Allora il Beccarelli gli dimandò chi fosse il suo padre spirituale et egli rispose: un Prete della Congregazione di San Filippo Neri, detto “della Pace”. Allora il detto Beccarelli, stato alquanto sopra di sé, disse al sudetto figliolo che non occorreva consigliarsi col Padre Spirituale, havendo a lui fatta questa dimanda solamente per provarlo".

I testimoni“andarono giù pesante”… Interrogato, un altro giovine “ch'è persona Nobile”, depose sotto giuramento: "Undici o dodici anni fa in circa, mentre io era di stanza a Salò un mio cugino che si chiama Domenico Aldigieri Bresciano, ch'era stato nel Collegio del medesimo Beccarelli ed adesso è Medico di professione, e non sò se stia in Brescia o sia condotto in alcuna di quelle terre del Bresciano, mi raccontò, non mi ricordo se in Brescia, in Salò o in quelle vicinanze, parmi da soli, che mentre stava alunno del detto Collegio andò una notte da lui il detto Beccarelli al di lui letto, e voleva o vederlo nudo o andar in letto seco, o altra cosa di male che precisamente non mi ricordo, e solo sò che il mottivo per il quale era andato non era buono, per quanto mi diceva detto signor Domenico ... E mentre esso haveva della repugnanza, detto Beccarelli li disse che si ricordasse di quel che si era letto di un santo, che si lasciava veder nudo, o andar nudo per le strade … Anche in campagna faceva tirar la buschetta alli giovani, per far toccar la sorte à chi doveva andar seco a dormire …”

Beccarelli stavolta non aveva scampo … e allo stesso tempo il Vescovo Badoer non perse l’occasione per esortare i Preti Bresciani “a una prudente brevità nelle Confessioni delle giovani”; proibì inoltre le visite degli Ecclesiastici nelle case private per impartire consigli spirituali e ricevere Confessioni; liberò i fedeli e i Preti dal vincolo del “segreto confessionale” in maniera da poter venire a conoscenza delle indicazioni suggerite ai penitenti durante la “Direzione Spirituale”; e ribadì l’importanza e il valore della “classica Orazione vocale e rituale” in contrapposizione alle indicazioni eretiche del “Beccarelli e compagni” che suggerivano “l’Orazione Mentale silenziosa e diretta con Dio”.

Le cronache Bresciane raccontano che quando Badoer passava per Brescia veniva preso in giro e satireggiato pesantemente dai Bresciani, soprattutto dai Nobili che minimizzavano e ironizzavano sui suoi obiettivi e sulle false accuse a Beccarelli ... Badoer non si scompose, anzi, punto nell’orgoglio, chiese alla Serenissimad’intervenire concretamente nei riguardi del Beccarelli tramite il Podestà di Brescia… Scriveva il Vescovo Badoer a un conoscente Bresciano: “Finalmente la perfidia e la pertinacia del Beccarelli si è tirata addosso l'odio di tutta Venezia. Non andrà gran tempo e si vedranno gran cose … Verrà punito come merita …"

Infatti nel maggio 1708 Beccarelli venne arrestato dal “Braccio Secolare” e condotto "in luogo segreto", sottoposto alla tortura della corda, e carcerato in un torrione del Castello di Brescia, dove venne custodito guardato a vista proibendogli anche di leggere e scrivere … Il Collegio Martinengo venne chiuso a tempo indeterminato ... e a Beccarelli fu chiesto di abiurare sulla pubblica piazza: “a monito e insegnamento di tutti”.

Riguardo quali cose e principi avrebbe dovuto abiurare ? … Non era chiaro quasi per nessuno … ma non aveva alcuna importanza … l’obiettivo dei Gesuiti e del Vescovo era raggiunto … Beccarelli, infatti, venne condannato a sette anni di voga al remo sulle Galee della Repubblica Serenissima… tramutati poi “in seconda istanza” in vent'anni di carcere, e poi dal Consiglio dei Dieci in “carcere a vita” dal 1711.

Addio Beccarelli ! … Per lui si aprirono e richiusero le porte dei “Piombi Veneziani”, che non si riaprirono più fino alla sua morte.

E con questo fu uno …

Altro “Complice”del Beccarelli venne considerato: Carlo Bargnani Nobile Bresciano e Arciprete del Duomo di Brescia ... Sostanzialmente pure lui venne considerato un fautore del "Beccarellismo" per via di certe sue originali “Pratiche di Pietà e Divozioni Nuove” considerate strampalate e altamente nocive. Negli atti della sua sentenza si può ancora leggere: “Approfittando imprudentemente nel 1704 della Sede Vescovile Bresciana vacante per la morte del Cardinale Marco Dolfin e disinteressandosi delle ammonizioni del Vicario Generale Soncini, fece chiudere con imposte e grate tutti i Confessionali mascherando al loro interno il Confessore così da non poter essere veduto; indusse le sue penitenti a Confessioni frequentissime: anche più volte al giorno, e prese a insegnare e consigliare “l'Orazione Mentale” a un gruppo di giovani donne ... Inoltre si dimostrò sfacciatamente favorevole al Beccarelli aiutandolo ad avviare e gestire “il Martinengo” di Brescia.”

In principio il Vescovo Badoer s’era scagliato addosso a Bargnani come e più che col Beccarelli: “ammonendolo ufficialmente e denunciandone errori e pratiche ambigue”… poi aveva fatto restaurare i Confessionali del Duomo; e aveva mandato via e disperso tutte le penitenti e le giovani donne seguaci di Bargnani e Beccarelli: “troppo zelanti e quasi fanatiche”.

L’Arciprete Bargnani inizialmente non s‘era preoccupato, e aveva risposto dicendo che: "… non si dovesse ponèr mente alle parole del Cardinale, perché parlava di passione, e per sussurro d'altri non informati."

Il Vescovo Badoer allora “punto sul vivo”, d’intesa con l’Inquisitore Generale il Domenicano Manganoni aveva fatto arrestare Beccarelli e minacciato pure il Bargnani ch’era fuggito da Brescia … Sentendosi però braccato, il Prete ripensò la sua scelta e tornò in città chiedendo perdono al Vescovo Badoer … che rimase nei suoi riguardi refrattario e passivo. Infatti, nell’estate seguente anche Bargnani venne arrestato, interrogato e rinchiuso prima in un torrione del Castello di Brescia, e poi nelle Carceri del Vescovado dove un paio di Medici e un Chirurgo lo dichiararono “inabile alla tortura” ... Le accuse, in ogni caso, erano già molteplici, pesanti, e più che sufficienti:“Abuso dei Sacramenti e ripetute Sollecitazio in Confessionale durante le quali insegnava alle penitenti che i contatti sessuali non costituivano peccato se vi si abbandonavano passivamente e senza consenso, cioè senza concorso della propria volontà.”

Alla fine del processo Prete Bargnani venne condannato dal Tribunale dell'Inquisizione di Brescia a cinque anni di prigione dichiarandolo inabile “in perpetuum” alla cura pastorale delle Anime … Solo nel 1715 venne rimesso in libertà malridotto ottenendo la grazia della riduzione di un anno di carcere.

E con questo: fanno due.

Veneziada parte sua non era affatto nuova a fatti e vicende del genere: già nel 1533 s’era fatto arrestare e si era processato “per eretico” un Antonio Mastro Falegname della Contrada di San Giacomo dell’Orio, e durante lo stesso processo risultarono “sospette e deleterie” anche alcune predicazioni di due Frati Domenicani: Fra Zaccaria e Fra Damiano tenute nelle chiese della Trinità in Campo della Salute, in San Zanipolo (Santi Giovanni e Paolo), e alla Fava in Contrada di San Lio nei pressi di Rialto.

Eccola qua che spunta la Fava di Venezia ! … un luogo “sospetto” usato come pulpito dagli “eretici cittadini o di passaggio in città”.

In quella stessa occasione, si processarono inoltre un Maestro di Scuola, un Forestier “gran luteràn” di 25 anni, e alcuni Tedeschi ed alcuni Toscani: tutti e sempre: “per eresia e possesso di scritti di Lutero, Bibbie in volgare e dei “Gravamina nationis germanicae”… Per l’opinione pubblica civico-religiosa Veneziana non si trattava di casi da niente: costoro discutevano di “temi caldissimi e delicatissimi” in comunità clandestine legate da grande solidarietà reciproca: “Parlavano di: Confessione, Purgatorio, Libero Arbitrio, Papa, Giustificazione, Quaresima, Culto della Madonna e dei Santi.” ... C’era poco da scherzare: il processo terminò con la condanna a carcere perpetuo del solo Mastro Falegname, mentre buona parte degli imputati  fuggì da Venezia e dalla Laguna, altri abiurarono, e il resto venne costantemente monitorato e controllato “a vita” dall’Inquisizione: perché non vi fossero recidive in città.

Sapete già che a Venezia si vivevano tempi per certi versi molto diversi e parecchio bui sia intellettualmente, che spiritualmente rispetto ad oggi ... Era come se “una caramella attirasse l’altra”… Bastava che si spargesse una voce in giro per calli, campielli e Contrade, che subito “il sospetto, la diffidenza e la denunzia” s’allargavano e diffondevano a catena: “Il Piovan di San Marcuola è quietista ! … Anche quello di Sant’Agostin ! … Pure quello di San Trovaso !”… e via così dicendo … Voci e accuse s’allargavano e incrementavano a macchia d’olio.

Fra 1676 e1683, infatti, “venne a galla” la vicenda del Prete Cicogna di Sant’Agostindetto il “Prete Quietista”, che venne intensamente perseguito e vagliato dal Santo Uffizio Veneziano subendo ben 5 condanne dal 1683 al 1711. L’Inquisizione colpì con forza gli 11 libricini illustrati da Suor Isabella Piccini e stampati a Venezia.


Molte delle opere di Prè Michele Cicogna contenevano al loro interno poesie di Pier MatteoPetrucci: altro personaggio legato ai PelaginiLombardo-Veneti e ai Quietistiin genere.
Petrucciera originario di Jesi, figlio di Giambattista d’antica Nobiltà Senese ... Ragazzino sveglio e precoce: già a sedici anni si era laureato “in utroque iure” all’Università di Macerata, poi aveva esercitato a Jesi come Pubblico Lettore di Giurisprudenza, e frequentato “le Musiche” realizzate secondo lo spirito dell’Oratorio di San Filippo Neri presente in città. Il Vescovo Alderano Cybo che l’aveva preso in simpatia, lo nominò prima suo segretario introducendolo negli ambienti della sua biblioteca, poi lo indirizzò a studi Teologici facendolo diventare Prete e Padre Filippino ... Più tardi ancora, Petrucci divenne Preposito della Casa Oratoriana di Jesi: studiò Greco, Francese, Spagnolo e Scrittura, Patristica e Scolastica nonché i testi della Spiritualità Carmelitana scrivendo molto, e diffondendone la spiritualità.

Prima del 1678 Petrucciapprodò a Venezia, andando a risiedere e operare proprio presso gli Oratoriani Filippini di Santa Maria della Consolazione della Fava.



Rieccola la Fava! … che oltre ad essere la Casa dei Preti Secolari di San Filippo Neri o Filippini, ospitava anche una Compagnia o Sacra Lega di San Filippo Neri… Alla Fava Petrucci scrisse otto Oratori e diverse Rappresentazioni in Musica che vennero musicati e messi in scena più volte nell’Oratorio di Santa Maria della Fava.


Secondo uno stile tipicamente Veneziano molto diffuso e radicato ormai da secoli in Laguna, quasi ogni anno in occasione di alcune feste (San Filippo Neri, Visitazione, Assunta), anche la Congregazione di San Filippo Neri della Fava organizzava quelle “Sacre Rappresentazioni in Musica”accolte sempre con favore e molto frequentati da tanti Veneziani. L’Oratorio della Fava capace di accogliere un elevato numero d’artisti, musicisti e cantori mostrava sulla parete di fondo un altarolo con un: “San Filippo Neri nell'atto di affidare a Maria i fanciulli Veneziani” realizzato da Giambettino Cignaroli, e si realizzarono appositamente per le “Recite” delle apposite lunghe cantorie lignee pensili (simili a quelle di San Rocco, ad esempio) decorato con scene della vita di San Filippo Neri. (Nella Biblioteca della Fava e  in quella Marciana si conservano ancora oggi i libretti, le partiture e le musiche che venivano eseguite in quelle occasioni nell’antico Oratorio della Fava).



Durante la parentesi Veneziana, Pier MatteoPetrucciconobbe e incontrò più volte il Prete Michele Cicogna di Sant’Agostinnel Sestiere di San Polo: “L’eretico Veneziano” a cui accennavamo prima, così come si recò più volte anche a Padova e Brescia dove incontrò ed ebbi prolungati contatti con i Pelagini Camuni e Lombardi… Fu allora che anche Petrucci venne accusato di Quietismo … Ebbe, tuttavia, miglior sorte a confronto del povero Prete Cicogna di Sant’Agostin di Venezia che venne abbastanza “strapazzato”, perché lasciata Venezia si portò a Jesi nel 1664; fece musicare alcuni suoi lavori dal Maestro Giuseppe Pacieri facendoli rappresentare ed eseguire nella Cappella del Santuario di Loreto nelle Marche; e le sue Poesie Sacre e Musiche Oratoriane stampate dall’editore veneziano Hertz che le pubblicò a Macerata, e da Claudio Perciminei Stampatore Vescovile di Jesi si diffusero in tutta Italia: Verona, Ferrara, Bologna, Modena, Crema e Napoli.

Petrucci finì col far carriera scrivendo Trattati Spirituali, Epistolari, “Mistici Enigmi” e altre Musiche: divenne illustre quanto rinomato predicatore distinguendosi per l’attività di Direttore Spirituale delle Monache Carmelitane Scalze di Santa Teresa di Fano e delle Suore Clarisse di Santa Chiara di Jesi ... Nel 1671 col Vescovo Cybo fondò il Carmelo femminile a Montecarotto di Jesi; e nel 1684 trasformò un gruppo di Terziarie Francescane in Monache Carmelitane dell’Osservanza, collocandole nel Monastero della Santissima Trinità da lui fatto appositamente fatto erigere.
Nel 1680, infine, Petruccidivenne Vescovo: fece Visite Pastorali e indisse Sinodi Diocesani, fu Visitatore Apostolico della Diocesi di San Severino Marche, e Innocenzo XI lo creò Cardinale soprattutto per proteggerlo, perché Petrucci finì di nuovo “sospettato”: impelagato e coinvolto con le teorie spirituali di Miguel de Molinos accusato di Quietismo, trascinato a processo dall’Inquisizione dei Gesuiti Romani guidati da Padre Paolo Segneri.

Petrucci si salvò per un soffio dalle mani dell’Inquisizione.

Il Teologo Spagnolo Miguel de Molinos, invece, venne considerato il maggior teorico del Quietismo. Nel 1675 aveva pubblicato un testo: “La Guja espiritual que desembaraza el alma y la conduce por el interior camino para alcanzar la perfecta contemplación y el rico tesoro de la interior paz”, poi aveva scritto: “Breve tratado de la Comunión Cotidiana”, che gli attirarono addosso le ire dei Gesuiti Romani.
Quasi candidamente, Miguel Molinos dissertava spiegando che per ascendere a Dio erano necessarie prima la Meditazione e poi la Contemplazione con le quali si poteva entrava in “quiete” ossia in uno stato di completo “abbandono in Dio”: affermazioni pericolosissime perché di un colpo solo escludevano tutta l’opera di “Mediazione Ecclesiastica” !

“Dio è presente e operante dentro ciascuno di noi con la sua Grazia ... Leggi, regole e sanzioni Ecclesiastiche, perciò risultavano essere solo un apparato del tutto superfluo.”

Immaginatevi la reazione della Santissima Inquisizione !

Il termine Quietismo sembra sia stato coniato da Innico Caracciolo Arcivescovo di Napoli scrivendo a Innocenzo XI nel 1682. Prima si parlava di “Devoti all’Orazione di Quiete o della Nuova Contemplazione"… E’ certo, piuttosto, che nei riguardi di quel “Fenomeno e Stato Spiritale” il Santo Uffizio dell’Inquisizionesi scagliò “di brutto” con processi e condanne lungo tutto il corso del 1600 e anche oltre. Qualche studioso ha provato a correlare e cercare le radici del Quietismo nell’esperienza degli Alumbrados o Aluminados spagnoli del 1500. L’Inquisizione Spagnola soprattutto di Toledo e Siviglia considerò il movimento Castigliano organizzatosi con la “Carta de Naturaleza” di Toledo del 1525, alla stregua di una temutissima “Setta mistica Protestante”… quindi condannò gli Alumbrados confondendoli e sovrapponendoli ai Conversos e ai Moriscos Giudei, e incarcerò, torturò, processò e mandò a morte un bel mucchio di gente ... Perfino la “Beata de Piedrahita de Salamanca”, ossia “la modestissima María de Santo Domingo che teneva colloqui spirituali continui con Gesù e la Vergine” fu sospettata di Quietismo dall’Inquisizione; così come: Isabella de la Cruz di Guadalajara, Francisca Hernandez di SalamancaMaria de Cazalla di Pastrana, e i Frati: Juan de Olmillo e Francisco de Ocaña… e, non posso crederci ! … anche i grandi mistici come Teresa d'Avila e Giovanni della Croce,Ignazio di Loyola e Giuseppe da Copertino: tutti sono stati a lungo sospettati d’essere “Illuminati”, o perlomeno simpatizzanti dei “Quietisti-Alumbrados”… Poi la Chiesa li ha fatti tutti Santi.

Valla a capire la Chiesa ?

Si considerava il Quietismocome un insieme d’ispirazioni e visioni di tipo Arabo-Giudaico e Gnosticoframmiste a influenze umanistiche Erasmiane. L’Inquisizione spiegava e accusava il Quietismo: “… Professa di rifugiarsi in sé stessi colloquiando con la propria Anima, e di rivolgersi direttamente all’essenza stessa di Dio attraverso l’impulso diretto dello Spirito Santo vivente nelle persone  … Si abbandonano nella Pace e Amore di Dio (il Dejamento) … Dio salva e giustifica direttamente l’Anima senza l’intervento sacramentale della Santa Chiesa ... Il Quietismo nega anche il valore del Matrimonio, e sostiene che i liberi rapporti sessuali non costituiscono Peccato alcuno, ma sono solo atti di purissima Carità ...”

La Chiesa, insomma, non serviva più a niente. Era ridotta solo ad apparato organizzativo, ed era solo capace di elaborazioni etico-dottrinali: una specie di guida insomma, un’autorevole ispiratrice e basta … L’Atto Liturgico diventava superfluo in quanto la Preghiera era un fatto privato e diretto con Dio ... e pure le elemosine erano insignificanti … fatto gravissimo ! … perché si riducevano ad essere solo un foraggiare inutile della Chiesa ... Perfino la pratica della Perfezione e delle Virtù, così come il Peccato, la Colpae la Confessioneerano private del loro significato: esistevano solo fatti personali da trattare direttamente con Dio …

Figurativi la Chiesa con la sua Inquisizione ! … Sentivano scricchiolare pesantemente “i fondamenti” della Chiesa.
Non era affatto vero che i Quietisti dicevano tutte quelle cose … alcune sì ispirandosi all’area Protestante, ma non tutte !
In quel contesto storico, polemico, pseudogiudiziario e indagatorio: “tutto faceva brodo” ed ogni tipo d’accusa poteva tornare utile … Poco importava se fosse stata frutto di un ragionamento fondato, di dati certi, o se non fosse stato vera del tutto ... L’Inquisizione faceva subito e in ogni caso “fuoco e fiamme” seguendo un suo filone logico e Dottrinale irrinunciabile ... e l’equazione finale fu semplice: chi non la pensa come me è fuori e dannato … punto e basta … Era un meccanismo paranoico, ossessivo e autoalimentante.

Nel 1681 il “sospetto eretico” Pier MatteoPetrucci, l’”Oratorista” proveniente da Venezia si avventurò a scrivereimprudentemente: La contemplazione mistica acquistata” facendolo pubblicare a Jesi e stampare a Venezia … L’Inquisizione mise subito tutta la sua opera, eccetto le poesie, nell’Indice dei Libri Proibiti dalla Chiesa … e Petrucci venne denunciato e accusato presso il Santo Uffizio finendo a processo per ben tre volte a partire dal 1687, venendo sottoposto al giudizio dei Cardinali dell’Inquisizione e a una Commissione Papale appositamente allestita per lui, che gli fece ritrattare “54 proposizioni incriminate”presenti nei suoi scritti, e lo fece infine abiurare privatamente davanti al Domenicano TommasoMazza.
Morto InnocenzoXIprotettore del Petrucci, salì sul Soglio Pontificio: Alessandro VIII cioè Pietro Ottoboni ferocissimo oppositore dei Quietisti. Fece riprendere allora le accuse e le ostilità verso Petrucci facendolo dimettere da Vescovo di Iesi e richiamandolo a Roma dove venne tenuto sotto stretta osservazione fino alla morte dello stesso Papa. Solo l’elezione del più moderato e meno ostico Antonio Pignatelli divenuto Innocenzo XII, permise a Petrucci di poter tornare a respirare: venne, infatti, riabilitato e sottratto dalle spire dirette dell’Inquisizione, pur continuando sempre e comunque ad essere sospettato d’eresia … Morì avvilitissimo nel 1701 per Insufficienza Acuta Renale mentre si recava alla festa di Santa Chiara a Montefalco…  Con lui si spense la più alta pagina dell’Oratorismo Musicale del 1600 Veneziano realizzato proprio alla Fava in Contrada di San Lio poco lontano da Rialto.

Nel frattempo Miguel Molinos già arrestato e torturato nel 1685, venne processato nello stesso 1687 ... Come“reo confesso” fu condannato e costretto alla pubblica abiura in Piazza Santa Maria sopra Minerva a Roma (sede dell’Inquisizione Romana)nelle mani del Domenicano TommasoMazza(ancora lui ?)e poi condannato a “carcere perpetuo”. Il Papa scrisse perfino un’apposita bolla Caelestis Pastor” che elencava e anatemizzava minuziosamente tutte le 68 proposizioni ereticali enunciate dal Molinos … che finì col morire nove anni dopo nel carcere dell’Inquisizione Romana.

Fu un bel tipino quel Domenicano Inquisitore di Roma TommasoMazza!  … sempre in mezzo con l’Inquisizione. Era praticamente il capo e il massimo referente ufficiale della speciale “Congregazione Antimistica” promossa dal Santo Uffizio e dal Papa, deputata al giudizio sull’operato e gli scritti degli eretici indagati. Era lui che ne riceveva le abiure e ritrattazioni, oppure che ne pronunciava le sentenze condannandoli al carcere o a morte. Il suo nome compare in gran parte dei numerosissimi e voluminosi fascicoli dei processi Inquisitoriali dell’epoca volti contro Religiosi e Religiose considerati Eretici, Calvinisti e Luterani, ma anche contro semplici Laici rei di bestemmie e fornicazione.
Morì settantasettenne nel luglio 1688a Roma dopo lunga malattia, nelle stanze della Santissima Inquisizione in Santa Maria sopra Minerva.
Era stato un Domenicano Predicatore e Inquisitoreproveniente da San Giacomo diForlì. Prima di farsi Frate aveva seguito nella città natale le lezioni di Umanità tenute da Andrea Lazzari Gesuita Ferrarese, ed era stato amico di Francesco Scannelli Medico Forlivese appassionato d’arte ... Poi s’era recato a Bologna dove era stato Primo Lettore di Filosofia nello Studium Domenicano, e membro dell’Accademia cittadina dei Filergiti ... Nel 1650 il Capitolo Generale dell’Ordine Domenicano lo promosse a Magister in Teologia, così che pellegrinò per quindici anni nelle Scuole dell’Ordine Domenicano spostandosi tra Bologna, Piacenza, Mantova, Genova e Bosco Marengo ... Fu quindi Priore a Imola dove fece costruire un nuovo refettorio e un atrio; poi a Forlì dove rinnovò il chiostro, e collocò una cisterna marmorea sormontata da una statua bronzo-dorata di San Domenico; e a San Domenico di Ferrara dove incontrò il Cardinale Carlo Rossetti e si propose come Inquisitore di Ferrara e Contado in quanto possedeva già l’esperienza acquisita come Consultore e Vicario dell’Inquisizione esercitata a Piacenza, Mantova e Ferrara.

Visti e considerati perciò i suoi requisiti, divenne Inquisitore a Crema, poi a Vicenza, e quindi a Verona nei territori della Repubblica di Venezia(considerate sempre sedi minori e periferiche del Santo Uffizio, anche se negli anni ’50 del 1600 nel Lombardo-Veneto avvenne l’ondata delle condanne con la dispersione del Pelagini Bresciani e Bergamaschi). Il Dominio Veneto come i territori della Serenissima erano zone considerate “sospette e da eretici” per via dei frequenti e pericolosissimi movimenti, incontri e scambi culturali che vi avvenivano.

Più tardi, “per i meriti acquisiti sul campo”, e soprattutto su raccomandazione del Cardinale Francesco Albizzi, che ne aveva apprezzava “Prudenza, Stile, Moderazione, Industriosità e Dottrina”, Padre Tommaso Mazza venne promosso a Inquisitore nella sede più importante di Genova dove si avventurò in pubblicazioni letterarie, apologetiche ed erudite cercando d’accaparrarsi protezioni, collaborazioni e sovvenzioni, ma anche analizzando tempi arcani antichi come quelli delle migrazioni Barbariche e Longobarde. S’interessò di scoperte geografiche, e di autori classi ... Da Genova, dopo aver processato Maurizio Scarampi Signore di Cortemiglia denunciato dall’Inquisizione d’Alessandria come “protettore e sostenitore delle Nuove Eresie”, e aver fatto fronte ad alcune proteste contro l’Inquisizione Romana sorte a Finale e a Spigno nel Savonese, non mancò di riferire a Roma  del progressivo dilagare dalla Francia e dalla Germania nei territori Liguri e Piemontesi del fenomeno delle “Devozioni e Conventicole contemplative sospette dell’Orazione di quiete e del silenzio”col relativo giro di personaggi e la propagazione di scritti e stampe che la veicolavano.

Quell’uomo divenne un vero e proprio occhio, orecchio e “campanello d’allarme”per il Papa e l’Inquisizione di Roma.

Nel 1677 venne trasferito come Commissario del Sant’Uffizio presso l’Inquisizione di Bologna, e infine venne chiamato e approdò a Roma come vero e proprio “esperto in materiacirca le nuove e dilaganti deviazioni eretiche del Quietismo e dei Pelagini”… e a Roma s’impegnò a combattere gli eretici finendo con l’inquisire, incarcerare, processare e condannare lo stesso suo Confratello e Prete: Miguel de Molinos.

Ma tornando nel Veneto e a Venezia, i Pelagini Lombardo-Veneti erano considerati una emanazione del Quietismo… così come tutte le esperienze vissute in alcuni centri della Liguria; le vicende del Sacerdote Marchigiano Lombardi condannato dopo morto nel 1675; e quelle di Suor Giulia di Napoli; Ricasoli e Fantoni di Firenze ... e Leoni, Lacombe, Madame Guyon e Fénelon ... e diversi altri ancora … La lista sarebbe lunghissima.
Gli Inquisitori Veneziani erano parecchio attivi in Laguna: “La Giustizia e la Difesa della Fede facevano il loro corso nella Laguna Veneziana. Nel 1707, ad esempio, s’erano interessati di un certo Fra Vincenzo Davanzo da Capodistriache seduceva in Confessionale, poi di Pietro Crescifida nel 1710 che“si dava a proposizioni ereticali”… e ancora di: Laura Diana che “compiva atti disonesti”…. L’Inquisitore Giovanni Ludovico Sechiario da Ravenna Domenicano Predicatore s’era interessato del Prete Cicogna de Sant’Agostin, poi avevano continuato la sua opera gli Inquisitori: Paolo Canaveri da Gabiano, e Silvestro Ugoletto da Castiglioneentrambi Domenicani.

L’ultimo pronunciamento del Santo Uffizio Veneziano contro Prete Cicogna da Sant’Agostinvenne fatto quando era Inquisitore: Tommaso Maria Gennari da Chioggia… poi lo stesso Inquisitore preferì interessarsi d’altro: di Don Agostino Ciceri, ad esempio, nel 1713, accusato di “Dogmi ereticali in materia venerea”; e di Cuzzanetti Prè Vincenzo originario di Messina inquisito “per abusi di Messa e sortilegi qualificati”… Più tardi l’Inquisizione di Venezia s’interessò di Capozzo Francesco da Vicenza e di Bartolomeo Dalmaina… poi fu la volta della Veneziana Antonia Cristofoli inquisita “per proposizioni ereticali”… e di Caprioli Elisabetta da Venezia e Casotto Caterina da Padova accusate entrambe di “Sortilegi Qualificati”… Furono inquisite più volte anche la Trevigiana Angela Carzan Bonaldi e la Bassanese Gaetana Cona Peretti che non intendevano smettere di compiere “magie e sortilegi”.

Non era insolito in Laguna che la Santissima Inquisizione venisse a bussare alla porta di casa … La Serenissima poi più di qualche volta l’assecondava “seppure con prudenza”, ed era abituata a dare subito “un sano tiro di corda preventivo” facendo accedere gli interessati alla tortura … Non si sapeva mai: era meglio non perdere tempo e far subito sul serio, senza non rischiare nulla … Ci avrebbero poi pensato gli stessi inquisiti a spiegare “il perché” avevano dato modo di venir strapazzati … Se non c’era niente in ballo, la questione“poteva morire là” e si lasciava andare l’interessato ammonendolo … Se, invece, saltava fuori qualcosa, qualche ammissione e colpevolezza, allora tutto era diverso: si era costretti “a parlarne”, e a mettere in moto la macchina della Giustizia: c’erano delle Leggi da rispettare, e delle Pene da applicare, e a Venezia era sempre in opera un esercito di Avvocati, Magistrati, Giudici e Tribunali … Tutto veniva e procedeva da se … Venezia sapeva il fatto suo, la sapeva lunga ed era ben organizzata … Pronta ad ogni evenienza e capace di affrontare e risolvere ogni avversità … comprese le scomode eresie.

Venezia e la Serenissima andavano “un po’ così”… Il dubbio e il sospetto c’erano, aleggiavano nell’aria … e qualcuno che era un po’ “tagjatabàri”e facile ad accusare buttava addosso fango e arrivava a insinuare di tutto un po’ … A volte bastava non essere simpatici a qualcuno, o non essergli andati incontro nella maniera che s’aspettava, e accadeva di tutto … Anche se Venezia vigilava, controllava e provava a discernere“buono dal falso”.
Si dovevano forse considerare “Pelagini eretici” anche i Preti Filippini degli Oratori Veneziani del Divino Amore ? … A un certo punto non era tanto facile discernere chi era e chi non era, nè chi stava dalla parte giusta … Eppure i Filippini Veneziani s’erano fatti benvolere in Laguna, e s’erano spesi per molto tempo e in molte occasioni a favore dei giovani di strada, degli sbandati, e dei bisognosi … Quei Preti degli Oratori non erano solo preghierine, canti e meditazioni, ma aiutavano ed esercitavano la Carità per davvero a favore dei Veneziani malridotti (sembra che durante il 1700 più di un terzo dell’intera popolazione di Venezia vivesse in condizione “miserrima”).

Il “Santo della Gioia, il Buffone di Dio” ossia San Filippo Neri con i suoi Preti dell’Oratorio s’era ben insediato e aveva avuto un successone a Venezia come in buona parte d’Italia. Nel 1612 il Papa aveva approvato l’opera dei Filippini con apposito Breve, tre anni dopo Paolo V aveva proclamato Filippo Neri: “Beato” , e Gregorio XV nel 1622 l’aveva addirittura dichiarato“Santo”… Quel personaggio e quella sua idea erano una “certezza”, perciò l’istituzione s’era diffusa rapidamente in tutta Europa, Spagna, Fiandre, America Latina e India, oltre che capillarmente in tutta l’Italia raggruppandosi in ben 150 Congregazioni.

Nel 1662 i Filippini sbarcarono e si stabilirono a Venezia, anche se le prime esperienze Oratoriane Lagunari e cittadine si possono far risalire già al 1598 … In Contrada dei Santi Apostoli esisteva una Pia Confraternita dei Devoti dell’Oratorio; a San Canciano poco distante ce n’era un’altra, e a Sant’Aponal nel Sestiere di San Polo esistevano ben due Sovegni di Sacerdoti di San Filippo Neri. Una Devozione e Pia Unione di San Filippo Neri agiva ai Santi Giovanni e Paolo(San Zanipolo); e alla Favaoltre all’Oratorio principale dei Padri Filippini, c’era anche una Compagnia o Sacra Lega di San Filippo Neri… E non era ancora tutto !

A San Martino di Castello funzionava un altro Sovegno di San Filippo Neri; e pure nella Contrada del Vescovo: a San Pietro di Castello c’era un altro Oratorio dedicato a San Filippo Neri… Ai Carmini nel Sestiere di Dorsoduro al di là del Canal Grande, c’era un’altra Pia Unione di San Filippo Neri; una Compagnia e Oratorio del Divino Amore sorgeva nell’Ospedale degli Incurabili sulle Zattere; a San Gregorio verso la Punta della Dogana da Mar c’era perfino una Schola-Compagnia-Suffragio dedicata a San Filippo Neri; e nelle poverissime quanto disastrate Contrade dell’Anzolo Raffael e di San Nicolò dei Mendicoli, in fondo a Venezia, sorgeva (esiste ancora oggi)un altro Oratorio di San Filippo Neri e San Girolamo frequentatissimo e attivissimo: uno dei più significativi di tutta Venezia.


La Cronaca Veneta di Padre Antonio Pacifico lo descriveva così nel 1697: “… Oratorio attaccato alla chiesa con più di 200 buoni fratelli che qui posto vi recitano l’Ufficio della Beata Vergine con altri esercizi di cristiana pietà … Lì si tengono Divoti Esercizii necessari alle Anime Cristiane da praticarsi fra l´anno, Lodi cantate, Meditazioni sopra gli Evangelj, e Conferenze, e Duadenari di San Filippo Neri ad imitazione dei Confratelli della Congregazione della Pugna Spirituale di Roma.

Infine nel Sestiere di Santa Croce sorgeva un altro Oratorio di San Filippo Neri presso le “tremebonde” Monache di Sant’Andrea della Zirada(presso l’attuale People Mover di Piazzale Roma), un altro Oratorio di San Filippo Neric’era in San Giacomo dell’Orio… e forse un altro ancora: nella vicina San Zàn Degolà.

Niente male come “presenza Veneziana degli Oratoriani di San Filippo Neri”: la città era disseminata delle loro funzionali realtà … e c’è da aggiungere, che esisteva ed è documentata anche una certa invidia e contrapposizione in Laguna fra questi diversi tipi di Enti Religiosi Assistenziali”, perchè i Preti dell’Oratorio“s’accaparravano Anime”… il che significava anche: donazioni, elemosine, lasciti e denari in quantità …  e questo piaceva poco, o proprio non andava bene ai Piovani delle Contrade, né agli Istituiti di Religiosi e Religiose, nè alle numerosissime Scholed’Arte, Mestiere e Devozione cittadine che vivevano di lasciti, contribuzioni e rendite … I Filippini Oratoriani quindi erano considerati “una presenza scomoda oltre che sospetta” a Venezia … Non fu quindi un caso, che gli Oratori venissero considerati “vicini e simili”, almeno nell’ispirazione, ai Pelagini Lombardo-Veneti ... “covi eretici”.

Fra parentesi bisogna ricordare e precisare che quella degli Oratori fu una stagione storica Italiana e Europea “felice, florida, ricca e intensa”, che ha segnato positivamente buona parte del 1600 e 1700. Non se ne parla molto, ma accanto a una “Chiesa Alta” indubitabilmente tutta gerarchica e dottrinale, ma inadempiente e spesso abulica, nepotista e corrotta, è esistita anche una “Chiesa Bassa” composta da un mare di persone spesso qualsiasi che hanno onorato generosamente la loro missione, e incarnato la loro identità e compito in maniera significativa e coerente. Le cronache veneziane di sempre ricordano che nella prolungata esperienza degli Oratori si sono visti all’opera uomini e donne generosi che hanno punteggiato a lungo la Storia Veneziana di una presenza sana, genuina e fattiva volgendosi a favore dei tanti che vivevano nel bisogno.

Gli Oratori Veneziani quindi, nonostante ciò che qualcuno ha detto e scritto, non sono stati affatto “covi d’Eresia”, ma spesso aggregazioni di gente buona e onesta, che meritano d’essere ricordati.

Oggi il discorso “eresia”in genere ci fa un po’ sorridere lasciandoci indifferenti, talvolta increduli e meravigliati, oppure solo incuriositi … La Serenissima, invece, al pari de “Grandi”dei secoli trascorsi, sorrideva poco parlando d’eresia: considerò i Pelaginiuna minaccia maledettamente seria, pericolosissima, e da non sottovalutare … Per questo ci si sentì in obbligo d’“andarci giù di brutto” nei loro riguardi ... Era necessario che tutti vedessero, capissero … e temessero quel “pericolo ereticale” capace di minare alle basi l’intero tessuto e  organizzazione sociale.

Ma chi sono stati in realtà quei benedetti Pelagini ?

Come dicevo qualche riga sopra, si trattava di una congrega di persone desiderose di far del bene ai bisognosi, ma ispirati forse da sensazioni di diretta accondiscendenza con l’Amore di Dio contattato direttamente e personalmente … senza cioè le regole e l’intermediazione obbligata della Chiesa, che veniva messa da parte e scalzata via come inutile ... Anzi: la realtà gerarchica della Chiesa per via dei suoi inciuci e dei suoi sfacciati desideri di potere, e soprattutto d’interesse economico era considerata dannosissima.

Figuratevi se la Chiesa ci stava con questi discorsi ! … Se avrebbe mai ammesso contestazioni e discorsi del genere !

Venendo finalmente ai fatti di fondo, era capitato nel 1652 nella Valcamonica Bresciana, ossia dentro al Dominio Veneto della Serenissima, che il Milanese Giacomo Filippo Casòlo(Filippo era un nome aggiunto in onore di San Filippo Neri suo ispiratore) fondasse alcuni Oratori dedicati a San Filippo Neri, simili in tutto a quello di Santa Pelagia presente a Milano.

Ecco da dove derivava quindi il nome di “Pelagini”: da Santa Pelagia“la ballerina penitente” secondo il Leggendario Santorale.

La Valcamonicaè stata a lungo considerata nel territorio Milanese come terra di pervertiti, stregoni ed eretici, e come tale trattata e citata nelle sentenze e perfino negli Statuti Camuni di diverse epoche. Già nel 1510 in quella Valle erano stati giustiziate ben 60 streghe e numerosi stregoni … e otto anni dopo, nuovi procedimenti con numerosi processi portarono al rogo altre così dette “Streghe della Valcamonica” ... Le cronache parlavano con insistenza di “Sabba al Monte Tonale”: luogo di riunione preferito dalle streghe del Nord Italia in quegli anni ... Si susseguono numerosi processi in tutta la Lombardia almeno fino alla peste del 1524: nei Diari di Marin Sanudo il Giovane, ad esempio, si fa memoria riportando stralci del processo, del caso della celebre Benvegnuda detta la Pincinella da Nave nel Bresciano.

Giacomo Filippo Casòlofu fin da subito considerato un personaggio a dir poco discusso e discutibile … Da giovanissimo voleva dedicarsi all’attività missionaria nelle Indie, ed era stato dissuaso dall’entrare nella Compagnia di Gesù dei Gesuiti. Rimasto a Milano, dal 1641 s’era dedicato per sei anni ad assistere infermi, ragazzi di strada e bisognosi nell'Ospedale di Milano... L'Arcivescovo di Milano Cesare Monti  era rimasto impressionato da lui, perciò gli voleva assegnare una pensione di 100 scudi per i suoi meriti e per continuare la sua opera … ma Casòlo la rifiutò.


Pur essendo analfabeta (secondo quanto affermò il suo Confessore nelle mani del quale aveva promesso e pronunciato  i voti di povertà, castità e obbedienza rinunciando anche alla cospicua eredità patema … S’era estraniato anche dai familiari, faceva penitenza, digiunava di frequente, e portava cilici imponendosi discipline) aveva fondato un Oratorio per giovani nella chiesa di Santa Pelagia di Milano (Il Cardinale Monti aveva istituito nel 1640 la Casa di Santa Pelagia Penitente in una casa nella contrada del Lauro, dove un tempo c’era l'Ospedale di San Simpliciano ormai abbandonato, conferendole anche un regolamento interno... Si trovava sull'attuale Corso Garibaldi di Milano in via Delio Tessa ... Di fatto si trattava di un Ricovero-Asilo per “Convertite e ragazze nobili, appartenenti a famiglie decadute e moralmente in pericolo” assistite da volontari, fra cui Giacomo Filippo Casòlo, Giovanni Pietro Calusco, Melchion Chiesa, e Tomaso Zerbo. L’Oratorio di Santa Pelagia fu soppresso nel settembre 1784 e unificato all'Orfanotrofio delle Stelline). Lì i giovani si dedicavano a vita comune e alla famosa “Orazione Mentale” ricevendo l’aiuto e la simpatia dei Preti della Pace di Brescia che si occupavano degli stessi bisogni sociali e spirituali seguendo le loro stesse ispirazioni ... Da qui il sospetto di Quietismo pure per loro.

Nel luglio 1647 infatti, Casòlo raggiunse i Preti della Pace di Bresciaincontrando soprattutto Alessandro Pavoni e Maurizio Lazzari, e avviando in Valcamonica un’attività parallela a quella Milanese … Inizialmente Casòlo godeva dell'approvazione anche del Vescovo di Brescia Marco Morosini, che riteneva interessante l’esperienza degli Oratori proposta da Casòlo, e mezzo utile per elevare il livello della Pietà nel “basso popolo” ... Due anni dopo, invece, quando ormai i seguaci del Casòlo erano giunti ad essere più di 600, lo stesso Vescovo ordinò senza successo la soppressione dei nuovi Oratori Camuni. Visto però che Casòlo e i suoi perseveravano nella loro opera in Valcamonica,  dal 1653 venne affibbiato loro il “sospetto d’Eresia”, e fu Carlo Carafa Nunzio a Venezia a scrivere due anni dopo direttamente alla Congregazione del Sant’Uffizio di Romaesponendo le sue preoccupazioni per le pratiche “non ortodosse e scomode”a cui si dedicavano i seguaci del Casòlo nelle zone della Val Camonica e del Monte Tonale:“… hanno dato luogo, data la rozzezza di quella popolazione, a forme di Superstizione e d'Eresia.”

Da quale “iniquo pulpito” e personaggio “ambiguo e losco” veniva quella richiesta di persecuzione da parte dell’Inquisizione Romana !

Vergognoso Carlo Carafa !

In gioventù era stato paggio del Cardinale Pompeo Colonna, e nel 1534 Paolo III lo fece Cavaliere dell'Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, e poi Priore a Napoli… Carlo Carafa fu un uomo sinistro, crudele, avaro, intrigante, licenzioso e sregolatissimo … Fece prima una dubbia carriera da soldato mercenario in Italia e Germania passando dagli Imperiali ai Francesi … Poi finì in esilio da Napoli: “per omicidio e brigantaggio … accusato anche d’aver provocato il massacro di alcuni soldati Spagnoli in un ospedale della Corsica.”… Venne comunque nominato Cardinal Nepote da suo zio Paolo IV di cui divenne anche incompetente Segretario di Stato durante la “Guerra del sale” in cui il Papato subì un'umiliante sconfitta … Carafa venne accusato anche d’omosessualità, tanto che Paolo IV lo sollevò dalla carica di Cardinale sostituendolo col pronipote Alfonso Carafa.

Nel giugno 1560 Pio IV fece arrestare mezza famiglia Carafa per gli abusi e le malefatte perpetrate e a Roma e altrove, e li fece strangolare nelle galere Papali nella primavera seguente … Carlo compreso, considerato il regista di tutto. Venne risparmiato solo Alfonso Carafa rispedito a Napoli dopo aver pagato una multa salata di 100.000 scudi, e Innocenzo del Monte relegato dai Gesuiti di Pisa “per essere redento” ... Fra le altre cose a Carlo Carafa vennero contestate anche “colpe ereticali”, come quella: “… di atti osceni durante una processione Eucaristica a Venezia dov’era Nunzio Apostolico, avendo fatto le corna al passaggio di un Crocifisso … e per aver pronunciato in un’altra occasione a Roma la frase: "Pazzo chi ci crede!"

Infine: ritrovata l’alleanza con la Spagna nel 1567 (persa forse proprio per colpa dei Carafa), Pio V riaprì il processo ai Carafa assolvendoli e riabilitandoli tutti … Carlo Carafa compreso … ma ormai tutti morti e sepolti.

Chissà perché, quelle zone di confine della Serenissima col mondo Teutonico, erano sempre state tradizionalmente considerate: “terre infestate da Streghe ed eretici” … In ogni caso erano:“Pane per i denti dell'Inquisizione”.

Il Governo Veneziano di Brescia inviò perciò in Valcamonica dei Commissari, che però dovettero esprimere giudizi positivi sull’operato sia del Casòlo, che degli Oratori dei Filippini ... Il nuovo Vescovo di Brescia successore del Morosini: il Veneziano Pietro Ottoboni, assunse ugualmente un deciso atteggiamento negativo contro quelli che iniziò a considerare lo stesso: “gli Eretici Pelagini della Valcamonica”. … Nel 1657 il Vescovo richiese l'intervento dell'Autorità Secolare della Serenissima, e gli riuscì nel giro di due anni di arrestare e processare diversi Pelagini portandoli all’abiura ufficiale, di confinarne altri in vari luoghi di detenzione del territorio della Repubblica Veneta, e di disperderne diversi altri ancora ... Nell'aprile dell’anno seguente l'Arciprete Marcantonio Recaldini Piovano di Berzo-Demo e poi diPisogne in Valcamonica venne relegato in perpetuo a Udinedove morì nel 1678 ... Si precisò che i Pelagini della Val Camonica erano: “una conventicola spirituale vicina alle istanze dei Quietisti che svolgeva intensa azione di proselitismo nella Diocesi Bresciana”.



Si legge ancora nel Tomo quarto dell’“Historia di tutte le Heresie descritte da Domenico Bernino” edito a Venezia 1717 nella Stamperia Baglioni: “Innocenzo Undecimo suefatto alla pugna con la terribil Bestia de Quietisti, sin quando in posto di Cardinale sedeva nel trono Episcopale di Brescia, ne venne a Roma prattico combattente … Mentre sotto li Pontificati d'Innocenzo X e di Alessandro VII combattevansi da Roma li Jansenisti, sursero alcuni torbidi, che scoppiarono ben presto in aperta Heresia in quella parte della Diocesi di Brescia che dicesi Val Camonica: largo tratto di Paese, che circondato dalle balze delle Alpi racchiude in se le Terre di Breno, Niardo, Nadro, Cervio, Cimbergo, Saviore, e Pisogne. In esse ebbe origine l'Heresia quando per istruzione e profitto di quelle genti con ottima intenzione, ma con pessimo effetto furono istituiti da Marco Morosini Vescovo di Brescia alcuni Oratorii o Congregazioni alla cui erezione e proseguimento diedero eccitamento e stimolo le calde persuasioni di Giacomo Filippo di Santa Pelagia, huomo laico Milanese, che viveva allora in quelle parti con esemplarità di vita tutta devota … a lui fu facile, come avvenne, di spinger l'animo del Vescovo alla risoluzione di quell'opera a similitudine di Oratorii di Santa Pelagia di Milano. Non sì tosto però diessi principio, avviamento, che gravissimi disordini il Morosini ritrovossi obligato a soffocar nelle fascie il suo parto, prohibendone il proseguimento e supprimendone la erezione ogni qualunque volta non si osservassero da fratelli quelle regole ch'egli a tal effetto haveva loro prescritte ... Ma nè osservandosi le regole prescritte, nè castigandosi li rei de motivati disordini, anzi prendendo vigore, e pabulo il fuoco dalla impotenza del Vescovo aggravato da lunga e penosa infermità di cui poscia morì, viddesi in un subito più tosto cresciuta che nata un'Heresia quale da quel Giacomo Filippo di Santa Pelagia di sopra nominato si disse l'Heresia de Pelagini.
Ella in sostanza era un mostro nato e composto da diverse Heresie, o de' Quietisti moderni, o degli antichi Oranti … Predicavano eglino, anche Laici e donne, publicamente nelle Chiese, come gli Hussiti: si adunavano insieme l'uno sesso e l'altro in notturne, esecrete conventicole a porte chiuse, si flagellavano come i Flagellanti; e commettevano laidezze enormi come gli Gnostici: si animavano a togliersi il giogo della ubidienza a Parochi, e della suggezzione a Vescovi come i Luterani: oravano stupidi sette e otto hore per volta, come i Quietisti : sfuggiva il commercio degli altri Cattolici come i Donatisti, credendosi essi li Santi e la vera Chiesa di Dio: asserivano necessaria alla salute la Orazione mentale come li Messaliani: si confessavano publicamente negli Oratorii: e nelle confessioni vantavano fatti osceni, e dishonesti ad incitamento, esempio di lussuria come i Turlupini. Come che il male s'invigorisce presto, al contrario del bene che tardi s’avvanza, questa muova peste stranamente dilatosi in tutti gli Oratorii di Val Camonica, con pericolo prossimo di subitanea infezione anche nelle vicine Provincie, se Dio, che vigila sopra la sua Chiesa, non havesse a tempo proveduta quella Diocesi di zelantissimo Pastore ... E questi fu Pietro Ottoboni Cardinale allora di San Salvadore in Lauro, destinato Vescovo di Brescia da Innocenzo X Pontefice d’alto intendimento, e che ben prevedeva a quella Chiesa agitata da straordinarie procelle il bisogno di un Piloro di straordinario valore …
Stava egli in appoggiato un giorno alla fenestra, quando per la via viddesi passarso devangli infilza atraverso delle spalle sin alla cintola, con una cassetta a lato, che alla superficie sembrava ripiena di esse, e che in passando invitava col solito grido le genti alla compra della sua mercanzia. Adocchiollo dissinvoltamente il Vescovo, ed egli trapassò. Quando ne sopraggiunse un altro agli occhi: un vile artista venditor di chiavi, quali giù scenda il suo camino. Viddelo parimente il Vescovo, e come a cosa non nuova, appena degnollo di una semplice occhiata. Ma al secondo succedendo il terzo, al terzo il quarto, e successivamente in poco divario di tempo uno all'altro, e sin al quinto il sesto, egli mosso da un interno stimolo, che parer poteva curiosità, ma era alto, e secreto intendimento di Dio, ordinò ad un suo famiglio, che sopra conducesse nelle sue stanze quel venditor di chiavi, nè pur esso ancora certo il Vescovo, è che volesse, o che ricercasse da lui. Ma (oh adorabile disposizione del divini secreti ! ) giunto il chiavaro avanti il Vescovo, e dimandandogli il Vescovo disparatamente cose nullamente concernenti al fine … rivolgendo il gran Ministro di Dio con le sacre mani li ruginosi ferri di quella piccola cassa, sotto la copertura di poche chiavi, rinvenne una quantità non ordinaria di Catechismi di Calvino, e molti libretti di notanti la prattica della nuova Heresia de' Pelagini, della quale facevano incetta, e vendita que neri Araldi dell'Heresia. Stupì il santo Vescovo al disvelamento inopinato di sì rea mercanzia, e fattine sollecitamente rinserrare nelle carceri li colpevoli, nel medesimo tempo alzò gli occhi e le mani al Cielo, e benedì Dio, che sotto quelle materiali chiavi havesse a lui consegnate “claves Mortis di Infermi”, con cui aprir'esso potesse quel “puteum abyssi” prenunciato già da San Giovanni nella sua Apocalisse …”

Giacomo Filippo Casòlo, considerato il capo dei Pelagini, venne arrestato e sottoposto a processo, e finì col morire prima ancora della conclusione del procedimento Inquisitoriale, che portò a una durissima condanna del movimento dei Pelagini nel 1657 ... anche questa è Storia.
Alberto Alberti, biografo, “aiutante”oltre che Confessore del Casòlo, giunse ad affermare: “Giacomo Filippo è stato avvelenato in carcere da persone intolleranti: le stesse che l’hanno tacciato d’eresia.” … Ai funerali di Casòlo ci fu grande concorso di popolo e Nobili Bresciani e Camuni ... e ci fu anche chi dopo la sua morte iniziò a raccontare e dire: “… Casòlo è finito in Paradiso … Intorno a lui si sarebbero verificati fatti miracolosi messi sotto silenzio dal processo che gli è stato intestato ...”

AlbertoAlbertida Pergine di Valsugana nel Trentino, figlio di Patrizio Goriziano non era affatto “uno stupidino”… Era Dottore in Filosofia a Padova, Gesuita fin dal 1615, Insegnante di Latino, Retorica, Matematica ed Esegesi al Collegio Brera e alla Casa Professa di San Fedele nel Milanese … Coinvolto nel processo contro i Pelagini e Casòlo, venne privato della Direzione della Congregazione dei Secolari, ricevette l’ordine di consegnare tutti i suoi scritti e manuali destinati a Predicatori e Confessori che vennero così ostacolati e non editi in Italia (ma pubblicati in Germania), di non scrivere apologie o confutazioni, e di presentarsi a Sant’Uffizio di Roma dove si recò nel 1657 rimanendo “ingabbiato a vita” nella Casa Professa del Gesù fino alla morte nel 1676 … e qualcuno commentò: “ … e gli andò pure bene, perché poteva finire bruciato come Eretico.”

Terminarono così le storie e le vicende dei PelaginiVeneto-Lombardi con la morte a Venezia del Beccarelli nei Piombi, e la morte del Casòlo a Brescia.
Finito proprio tutto ? … In un certo sì … anche se le vicende dei Pelagini ebbero una specie di “coda non meno curiosa”.

Fu il Nobile Milanese Francesco Giuseppe Borri a prendere in mano l’eredità, il destino, il posto e l’attività del Beccarelli, di Casòlo, e dei Pelagini della Valcamonica Bresciana continuandone in un certo senso la loro esperienza singolare.
Francesco Giuseppe Borri fu di certo un altro personaggio singolarissimo … Era Medico, Guaritore, Alchimista, considerato “simulatore di santità e e pseudoprofeta messianico” … Faceva risalire il suo casato ad Afronio Burro: Prefetto del Pretorio sotto Claudio, morto avvelenato da Nerone … e diceva d’essere Burrus da urus, che in latino volgare stava per il: “bue selvatico” rappresentato nello stemma di famiglia.

L'Inquisizione Romana lo spedì ben presto a processo, e lo condannò “severamente al Rogo in contumacia” nel gennaio 1661. Curioso un dettaglio della sua storia: il giorno dopo alla sua condanna, si portò un’effige di Borri in processione fino al Campo dei Fiori a Roma dove 60 anni prima era stato giustiziato Giordano Bruno ...  poi la si impiccò a delle forche, e infine la si bruciò insieme agli scritti dell’eretico in fuga.
I “complici di Borri”, quelli che lui chiamava i suoi “12 Apostoli” vennero arrestati già dal 1658, e condannati a pene detentive da scontare nei vari carceri del Veneto: Treviso, Padova, e Venezia… Quasi tutti erano “gente del Basso Clero” che venne fatta pubblicamente abiurare nel Duomo di Milano: B. Gabrieli era Chierico Regolare di Paruzano di Novara; Carlo Mangino era un Chierico di Voghera (“che negò e con alta voce ciò che aveva di già confessato", perciò venne imbavagliato, ammanettato, e trascinato via per ordine dell'inquisitore);A. Brusati era Sacerdote di Assola; L. F. Pontio era Sacerdote Secolare; A. Bonardo Chierico; P. Schilizino era Cercante del Monastero di Santa Pelagia, e infine c’era un laico F.Pirola.

Erano tutti Milanesi, più un’unica donna: la Monaca Cappuccina Suor Maria Domitilla Galluzzidel Monastero del Santissimo Sacramento.

Inizialmente, nel 1641, Borri era approdato col fratello a Roma “a caccia di fortuna” e per studiare presso i Gesuiti dove insegnava tra gli altri anche Athanasius Kircher considerato grande cabalista ermetico … Dal Collegio dei Gesuiti Borri venne espulso per indisciplina nel marzo di otto anni dopo quando con Paolo Negri(divenuto in seguito Ministro Piemontese a Roma), e col Conte Bartolomeo Canali e un’altra trentina d’alunni si ribellarono ai modi autoritari del Rettore del Collegio occupandolo per tre giorni. Erano dovuti accorrere “i birri armati” per liberare i Gesuiti di Casa Professa sequestrati dagli studenti riottosi ... In quell’occasione venne rimosso il Rettore, ed espulso Borri ...  che entrò così come Medico e Alchimista al servizio del Marchese Miroli rappresentante a Roma dell'Arciduca Ferdinando Carlo d'Asburgo Conte di Tirolo, interessato pure lui di Medicina, Alchimia e "Arcana Naturae”. Altri protettori e amici del Borri  erano il Cavalier Cassiano Dal Pozzo, il Marchese Alchimista Massimiliano Palombara, la Regina Cristina di Svezia, e Paolo II Giordano Orsini Duca di Bracciano… Borri insomma, sembrava trovarsi al sicuro … come in una botte di ferro … Perciò iniziò a occuparsi come Medico e “Chemiàtra”dei numerosissimi pellegrini accorsi a Roma per l’Anno Santo.

Una leggenda racconta di un misterioso Pellegrino sconosciuto che visitò un mattino del 1656 il giardino della villa del Marchese Palombara. Trovato dai servi intento a raccogliere erbe, e condotto dal Marchese, oltre a dichiarare d’essere Alchimista e a conoscenza delle sue ricerche, si offrì di dimostrare al Marchese “un’opera trasmutatoria” senza pretendere nulla in cambio. Il Palombara estaistao e stupefatto acconsentì … e richiesta ospitalità per la notte insieme alla possibilità di usufruire del suo fornito laboratorio per allestire l’esperimento, il misterioso Pellegrino si mise ad armeggiare ... Quando all’alba del mattino seguente il Palombara andò a bussare alle porte chiuse del laboratorio e della stanza del Pellegrino, scoprì che era fuggito da una finestra nottetempo lasciando nel laboratorio tutte le sue carte e appunti ermetici, e soprattutto un crogiolo rovesciato sul pavimento da cui usciva una striscia d’oro puro.
Palombarain seguito si premurò di far scolpire nella sua villa la famosa “Porta Ermetica” anche a ricordo di quella strana esperienza“preziosa”… Secondo la tradizione: era Francesco Giuseppe Borri il misterioso Alchimista-Pellegrino.

Tornando alla realtà dei fatti, nel 1654 dopo una rissa e tafferugli con le Guardie Pontificie che lo portarono a cercare rifugio e asilo in Santa Maria Maggiore di Roma, Borri venne colto da crisi mistiche: “Preceduti da un terremoto San Paolo e l'Arcangelo Michele accanto a una palma circondata da lumi, si mostrarono a lui e gli annunziarono sia il suo “spirito profetico”, sia che nella Chiesa ci sarebbero stati grandi turbamenti: "multa dissonantia venient, omnia tamen ad maiorem Dei gloriam" ... e dopo la “visione Messianica” Borri cominciò a raccogliere seguaci intorno a se facendosi chiamare: "Prochristus" ossia: “Difensore del Cristo e Annunciatore del Regno di Dio”… e “Sanatore della Cristianità corrotta”.

L’Inquisizione Romana entrò ovviamente in ebollizione … anche perché su Borri iniziarono a girare voci inquietanti. Si andava dicendo che avesse detto: “Se fosse il caso sterminerei e mozzerei la testa ai peccatori, compreso lo stesso Sommo Pontefice ... Unificati tutti, il mondo godrà di mille anni di Pace perfetta, con una Chiesa dei Puri ritornata alla primitiva Semplicità Evangelica …”
Dalle prime indagini dell’Inquisizione si venne a sapere: “Borri impone le mani per infondere la Sapienza Divina e ricevere Doni e Rivelazioni Celesti … Indossa una pelle di candido agnello l'estate, due l'inverno; un cappuccio con una croce e un collare ferreo con la scritta: "Ovis mancipium pastoris agni"… Utilizza utensili e vasi sacri di terra e paglia.”

Molti lo consideravano un impostore e un invasato, altri un ingannato suggestionato ... anche se Francesco Giuseppe Borri aveva in mente “un bel programmino”… Un anno dopo, infatti, dovette fuggire in fretta e furia a Milano(anche perché a Roma stava giungendo la Peste da Napoli e dalla Sardegna … ma soprattutto perché Papa Alessandro VII era poco incline ad ascoltare Alchemici Visionari e Messianici)… Giunto a Milano contattò i pochi “inquieti Pelagini” rimasti, divenendo figura centrale del movimento milanese. Finì con l’andare a manifestare e predicare pubblicamente in Piazza Duomo nel 1658, istigando ad assaltare l'Arcivescovado per liberare i compagni già imprigionati, e a prendere Palazzo Ducale per abbattere il Governo Spagnolo.

Risultato ?

Venne arrestato e interrogato guadagnandosi una prima denuncia dal Cardinale Alfonso Litta Arcivescovo di Milano ... poi venne rilasciato. Quindi fu di nuovo fuga inseguito e citato dall’Inquisizione, perciò andò a rifugiarsi all’estero recandosi nei Grigioni, in Engandina, e poi ad Innsbruck presso l’Arciduca Ferdinando Carlo dove riprese ad esercitare da Medico … e dove pare abbia abiurato una prima volta.

Tutto tranquillo e finito ? … Affatto ! … Non finì tutto così.

Borricompì delle "proiezioni"davanti alla Duchessa trasmutando metalli in oro, o meglio: “oro potabile”, uno strano miscuglio d’olio, oro e talco ... In quella sua nuova veste e immagine di “abile Guaritore e Alchimista”, si spostò poi nella città protestante di Strasburgo, dove riscosse grande successo soprattutto per via di un suo “Unguento di Talete”… Fu poi a Francoforte e Dresda dove si disse che l'Elettore gli avesse donato oltre 3.000 talleri ... Giuseppe Francesco Borri diceva: "Non si è mai dato corpo che non sia materiale, e se i chimici avessero trovato il segreto di trarre ed estrarre tutta la materia dal corpo, ne sarebbero più pregiati che d’ogni altro segreto …"



Si spostò di nuovo in Olanda per sei anni dove visse agiato ad Amsterdam in una casa del valore di 15.000 scudi … il Senato di Amsterdam gli offrì la cittadinanza onoraria … Lì smanacciava metalli, impiantava giardini e attivata laboratori scambiando segreti chimici di cui si considerava depositario, cercava la “Pietra Filosofale”… Veniva considerato "Libero Filosofo"da visitare, e personaggio a cui chiedere consigli di ogni sorta … Scriveva epigrammi; professava da medico con discepoli e assistenti “ottenendo guarigioni straordinarie”; si occupava di magia, cosmesi e ingegneria, sperimentò sopra gli animali una sua tecnica per la rigenerazione degli umori oculari … Si recavano da lui in cerca di “rimedi antipestilenziali” quando scoppiò la Peste a Londra nell’agosto 1665 … Borri dirimeva contese fra gentiluomini duellanti; vestiva alla francese e si faceva dipingere in ritratti; offriva colazioni alle Dame; e dispensava larghe elemosine ai poveri della città pur non essendo ricchissimo come si diceva in giro su di lui ... I suoi denigratori dicevano: “Borri è un uomo tristo, abile a dare ad intendere cose stranissime, e bravo a mungere le borse dei ricchi”… e si sparse così la voce e il sospetto che raggirasse vecchi più o meno facoltosi e incapaci come G. Demmer Direttore della Compagnia delle Indie e Condirettore della Colonia della Guiana i cui eredi gli fecero causa; oppure P.Messert “Stampatore di carte da gioco” verso i cui eredi Borri fu condannato a pagare 5.000 fiorini con l’accusa d’averne ricevuti 100.000 ... Tutto compreso però, Borri era diventato un uomo di successo, oltre che un bel furbone opportunista.

Un altro bel tipino insomma !

Tuttavia iniziò la sua parabola discendente inimicandosi il vecchio Simon Paulli e i Medici di Corte sconsigliando loro di salassare l'ultrasessantenne sovrano Cristiano V, che lo congedò graziosamente … Avvertendo allora che la sua figura stava divenendo scomoda, Borri se ne andò via vagando per mezza Europa: Wolfenbüttel,Amburgo dov’era sovvenzionato dall’ex regina Cristina, e di nuovo Copenaghendove viveva da Alchimista alla Corte di Federico III ... A Colonia si pubblicarono alcuni suoi scritti dedicati all’olandese Olaus Borrichius, gli: “Specimina Quinque Chymiae Hyppocraticae” ... mentre a Copenhagen scrisse e pubblicò: “Epistolae duae ad Bartholinum” riguardanti studi sugli occhi e sul cervello ... Nel Castello di Rosenborg a Copenhagen si conserva ancora oggi un pezzetto d'oro che tradizione vuole sia stato prodotto da Giuseppe Borri in maniera alchemica.

Borridiceva di se stesso: “Sono amato dal re di Danimarca, stimato da Grandi, riverito da piccoli e mi trovo in autorità, e quello che è meglio co’ molti contanti in saccoccia”.

E ancora … Borri partì e viaggiò per la Svezia, Ungheria e Turchia… finchè nel 1669 venne arrestato da una pattuglia imperiale nei Carpazi della Moraviacon l’accusa di “veneficio ed eresia”, nonché col sospetto d’aver congiurato contro l’Imperatore  … Borri non ci pensò su due volte: sparò un colpo di pistola al Capitano delle Guardie Imperiali mancandolo ... poi provò ad avvelenarsi in carcere senza successo … Venne infine trasferito a Vienna in un quartiere "dove si trovano fornelli ed altre commodità" con la speranza ultima che riuscisse a produrre “qualcosa di buono” per arricchire qualcuno o salvargli e allungargli la vita ... Siccome tutto questo non accadeva, si preferì allora estradarlo finalmente a Romatramite il Nunzio Piagnatelli che lo scortò con trenta soldati fin dall’InquisizioneRomanae alla Corte di Clemente X… Due servitori fidatissimi vennero incaricati di provvedere che arrivasse vivo nelle mani degli Inquisitori di Roma, perché da prigioniero si rifiutava ostinatamente di bere e nutrirsi ... Siccome strada facendo “si andava intristendo”, a Fano accorse il Vicelegato Pontificio Bentivoglio che provò a fargli assumere qualcosa con mille lusinghe … A Terni, invece, “il desinare fu servito a Borri già trinciato e su piatti d'argento dal Governatore in persona … mentre da tutta la città accorrevano Gentiluomini, Dame e Gesuiti a visitarlo.”

Ma perché tanto timore di finire presso l’Inquisizione Romana ?

A Roma di solito si finiva: “per poter meglio venire in cognitione della Verità, e fare più comodamente la sua causa.”

Per via del processo forse ? … o delle torture e restrizioni successive ?

Più probabile … perché, infatti, la Santa Inquisizione aveva di solito due modi di procedere a Roma: se ti andava bene finivi carcerato per un periodo o “a vita” in Castel Sant’Angelo… Se ti andava male, invece, e come “Eretico” venivi considerato: “stultus e spiritado” si finiva piuttosto internati e segregati “sub clave” in un apposito ospedale dell’Inquisizione.

Ospedale dell’Inquisizione ?

Proprio così … “Hospitale Stultorum” si trovava a Santa Maria della Pietà di Roma, ed era capace di ospitare fino a 80 persone circa.
Era una delle tante “Pazzerie” esistenti in giro per l’Italia ed Europa, ma quella di Roma era di certo particolare. Esistevano ospedali simili anche a Milano, Firenze, Bologna (in Santa Maria della Morte si ricoveravano i “sospetti d’eresia”) e Napoli… così come esistevano a Valenza, Siviglia, Valladolid: le “casas de los locos” di utilizzo simile, e l’Hospital di Sant’Hipòlitoa Città del Messico appartenente all’Inquisizione Messicana.



Fra 1566 e i primi decenni del 1700S è ben documentata una presenza costante di ricoveri pagati due volte l’anno dalle casse dei Cardinali del Tribunale e della Congregazione del Santo Uffizio ossia l’Inquisizione Romana, che “mandava assai persone all’Hospitale Dementium” dopo l’interrogatorio e la tortura. Di solito il Santo Uffizio pagava per circa 79 internati di media una rata di 10 scudi verso Natale ... Dal 1600 al 1707, invece, gli scudi della rata ammontavano a 20-25, e furono 30 dal 1707 in poi. Lo speciale nosocomio per il funzionamento e l’organizzazione del quale erano previste precise “Regole” volute dal Cardinale Protettore Francesco Barberininel 1635, era gestito da una particolare Confraternita, e periodicamente l’Inquisizione inviava presso l’Ospedale un proprio Assessore o Commissario che visitava gli internati e valutava se si fossero ricreduti, o fossero guariti conferendo sul loro “status” col Medico apposito che li “seguiva”.

Nei testi-manuali dell’Inquisizione come il “Directorium Inquisitorum” c’era scritto: “Si Hereticus vere incidat in insaniam, qui agendum …”, il che significava che il caso era largamente previsto e descritto. Il “furore dell’Eresia” era considerato un crimine, un travaglio interiore gravissimo, oltre che “una malattia e alterathione de l’humore corrotto e infetto, e immaginativa offesa” che non doveva rimanere impunito … il “Disturbo-malattia dell’Eresia” si curava con la segregazione, qualche cura medica spesso empirica a base di “siròpi, medicine & altri beveraggi”, e soprattutto con le orazioni, gli scongiuri, le applicazioni di Reliquie e con l’Esorcismo: “medicina spirituale capace di rimediare all’infermità”… L’Eresia andava trattata al pari di un Indemoniato posseduto, di una Strega, o di un autore di Fatture e Malefici: “Gli Eretici vanno ben custoditi, tenuti a pane ed acqua affinchè ritrattino le sue opinioni e illusioni … e se impenitente, avesse perseverato nelle sue stoltezze e asserzioni erronee doveva allora essere frustato …”

In alcune testimonianze documentali si possono ritrovare i Confratelli che interrogano i Cardinali dell’Inquisizione“sopra il modo che si ha da tenere nel mandare li pazzi al suddetto hospitale.”o sull’eventualità di liberarne finalmente qualcuno … Nella Visita Apostolica all’Ospedale di Santa Maria della Pietà del 1630 risultavano internati a spese dell’Inquisizione Romana: 9 uomini (due erano lì da circa 30 anni, e uno da 14, gli altri da 4 anni), mentre 23 erano le donne inviate dalla stessa Inquisizione, di cui una reclusa ormai da 15 anni “ad istantiam Sancti Officij”... L’Inquisizione rinchiudeva dentro da cinque a undici persone di media l’anno … Sempre per la Storia: l’“eretico”Tommaso Campanellacondannato a 30 anni di carcere, ad esempio, fu uno degli “ospiti illustri” dell’Hospitale Stultorum inviato lì “more furiosorum” dall’Inquisizione nei primi mesi del 1600 “perché aveva simulato stupidità, melanconia, mania e pazzia” dando fuoco al pagliericcio in cella, e urlando dalle finestre del carcere per evitare la tortura, di rispondere alle domande degli Inquisitori, e per non essere consegnati al Braccio Secolare. Alcuni Medici Napoletani inviati a visitarlo dopo le 36 ore della “Tortura della Veglia” quando era rimasto appeso per i polsi a una corda, non riscontrarono alcun segno e sintomo riferibile alla pazzia, eccetto prolungati vaneggiamenti da cui si tradì in extremis contraddicendosi e rivelandosi per quel che era veramente: cioè sano di mente … Tommaso Campanella fu ugualmente inviato all’Ospedale “donec ad sanam mentem revertatur … et pro curanda eius stultitia”.

Serviva “resettarlo”insomma, rinsavire dall’Eresia … Vi lascio quindi immaginare come si veniva trattati lì dentro: se non eri pazzo, facevi presto a diventarlo ... Ecco spiegato quindi perché esisteva tanto timore di finire nelle braccia dell’Inquisizione Romana … A volte sarebbe stato meglio lasciarsi morire “strada facendo” prima di arrivare a Roma … cosa che Borri, infatti, tentò di fare.

Più di qualche volta succedeva che qualche eretico non arrivasse vivo a Roma a causa degli “incidenti di percorso” che potevano capitare “strada facendo”… Capitò, ad esempio, al Tedesco di Munster Assuero Bisbeach mai arrivato al Tribunale dell’Inquisizione di Roma perché impiccato a un palo nella Piazza del Mercato di Bologna “come Luteràn” e poi bruciato ... “per sbaglio” forse ?

Giunto infine nella Città Eterna dei Papi, Borri venne assolto dalla Scomunica Maggiore e scappò alla morte in virtù di alcune altolocate protezioni di Nobili e di Curia Romana che possedeva: il Principe Borghese, il Cardinal Borromeo, il Cardinal Altieri… Borri finì “carcerato a vita” a Castel Sant'Angelo … In un’occasione Clemente X gli concesse di uscire dal carcere per visitare a Palazzo Farnese il Duca d'Estréesdiplomatico francese ammalato … Anche il Cardinale Nerli ricorse a lui, come il Cardinale Orsini, ma troppo tardi, perché lo trovò: “… quando ormai il Borri era già stato abbrugiato dentro dai medicamenti che gli erano stati somministrati”.

Ed ecco ancora ricomparire quei strani quanto misteriosi “Medicamenti che abbrugiavano dentro”.

Infine l’ex Nunzio Pignatelli divenuto Innocenzo XII lo privò del tutto della libertà confinandolo definitivamente in Castel Sant’Angelo fino a quando nel 1695 morì sessantottenne affetto da febbri nonostante avesse prescritto per sé stesso “corteccia di china” ... Inutilmente l'Inquisitore di Milano cercò d'impadronirsi dei beni di Borri … In definitiva Francesco Giuseppe Borri fu un Eretico e un Pelagino un po’ “sui generis”, forse un po’ eccentrico, qualcuno lo definì: “pazzoide e fanatico”… In ogni caso fu degno “figlio del suo tempo”, in quanto il suo modo d’essere non aveva a che fare con lo spirito caritatevole primitivo che avevano dimostrato i Pelagini Lombardo-Veneti ai quali diceva d’ispirarsi.

Dei Pelagininon era rimasto più niente in Borri… E a Venezia e in Laguna ?

Anche lì non accadde più niente di speciale, tutto continuò a procedere come il solito. Negli anni seguenti ai fatti dei Pelagini, dei Quietisti, del Prete di Sant’Agostin e degli Oratoriani della Fava, toccò a Don Giobatta Carrera da Belluno, a Silvio Cremonesi da Mantova e al Veneziano Domenico Caenazzo rendere conto di troppe “proposizioni ereticali”… Al Veneziano Stefano Celesti venne chiesto di certi “sortilegi”, come a Caterina Colombo da Zara nel 1721 … Alla Veneziane Barbara e Marta Colombo fu chiesto di rispondere “de strigarie”, e a Don Giovanni Dudoni di comparire “per seduzione”… e avanti così.

“La tanto temuta, decantata ed esorcizzata Eresia s’era infiltrata e aveva girato a lungo anche per Venezia, seppure non in maniera spettacolare, ma come nascosta negli interstizi cittadini … Fu comunque puntualmente riconosciuta e sradicata dall’Inquisizione Veneziana con l’aiuto fattivo della Serenissima, che per questo non ha esitato ad aprire e utilizzare i suoi Carceri dei Piombi a Palazzo Ducale ...”

La Storia “nel bene e nel male” continua ancora a raccontare … curiosamente.



Viewing all articles
Browse latest Browse all 357

Trending Articles