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“Uno strano reduce della Battaglia di Lepanto.”

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“Una curiosità Veneziana per volta.” – n° 163.

“Uno strano reduce della Battaglia di Lepanto.”

Si sa … per i Veneziani quella di Lepanto nel Golfo Greco di Patrasso, il 07 ottobre 1571, per certi versi è stata un po’ “la Madre di tutte le Battaglie”. Soprattutto chi è Veneto, Veneziano e un po’ nostalgico non smette di vederla come un successo estremo, un fiore all’occhiello, e una sorta di piccolo capolavoro della supremazia della Serenissima di San Marco su tutti i popoli del Mediterraneo.

A dire il vero, non è andata proprio così … Lepantopur essendo stato uno scontro epico, non è stata proprio quella grande affermazione esaltante che si vorrebbe pensare, però Venezia con la Santa Lega in quell’occasione “hanno vinto”… e come nelle partite sportive: ciò che conta alla fine è “portare a casa il risultato”.

Ma andiamo per ordine, e iniziamo a parlare di Marco Garofalo fiòl de Matthio Marinaro Venesiàn

I Frati Mendicanti e Zoccolanti nel 1500 c’erano anche a San Giobbe e a San Francesco della Vigna di Venezia, ma non godevano tanto di buona fama in giro per le Contrade Veneziane e nella Laguna ... Tanto è vero che su di loro s’erano messe in giro truci dicerie e fiabe macabre che riempivano le bocche di tutte le categorie dei Veneziani diventando quasi leggenda … sebbene in fondo un filino di realtà ce l’avessero per davvero.

Fu forse per cercare “del meglio” e un’esperienza interiore più performante, ma potrebbe anche essere stato per seguire un suo innato spirito d’avventura, che Marchettoappena tredicenne migrò fuori dalla Laguna e s’addentrò nella Mistica Umbria d’allora a caccia d’esperienze e fortuna … e fu così che si fece Frate Clarino… cioè dei Frati Francescani Clarini.

Non si possiedono tante notizie circa i Frati Clarini della Becca diffusi un tempo nelle Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo. I Chiarini o Chiareni o Clareni Riformati erano “appellati Frati Bècchi dal popolo volgareper via del loro ruvido saio fatto proprio di bestia o becco di montagna”… Inizialmente erano dei “romiti” detti anche Heremiti Poveri Clarini che si chiamavano così o dal fiume Claro o Clarino che scorre nelle zone di Norcia e Ascoli, oppure molto di più perché fondati dal Beato Angelo Clareno detto Angelo da Cingoli di Fossombrone.



I Padri Clarini più che un vero e proprio Ordine deviato e derivato dai Frati Minori Francescani, furono una specie di Confraternita e Congregadi severa natura eremitica sorta sulla scia delle idee del mistico calabrese Gioacchino da Fiore… Erano insomma una “corrente spiritualista” dell'Ordine dei seguaci di San Francesco, e infatti, ottennero ben presto conferma e appoggio da Papa Celestino V che li favorì grandemente … almeno fino a quando le autorità ecclesiastiche intorno a lui non scovarono che fra i Frati Clarini … c’era un filetto d'eresia.

Ahia ! … e per i Clarini incominciarono i dolori …  Angelo Clareno venne subito “pizzicato” e condannato a carcere a vita … Poi si ricredettero e venne liberato, però inviandolo missionario in Armenia insieme a Tommaso e Angelo da Tolentino, Marco da Montelupone, e Pietro da Macerata ... Era meglio che stessero sufficientemente lontani dall’Italia.

Salito poi sul Soglio Papale Bonifacio VIII, che ce l’aveva davvero a morte con gli “Spirituali”, s’incominciò di nuovo a perseguitare Angelo Clareno & C che dovette andare a rifugiarsi per qualche anno in Grecia, dove si dedicò a tradurre in Latino la famosissima “Scala del Paradiso” di Giovanni Climaco: un testo mistico prezioso “che fece epoca” nell’intero mondo della Cristianità. 

Morto anche quel Papa, Fra Angelo Clareno rientrò ancora una volta in Italia … e si era ormai nel 1305 … e fu allora che si dedicò a fondare i Frati Clarini nelle Marche e in Umbria ... e fu un successone, almeno inizialmente.

Solo che sei anni dopo venne però convocato d’urgenza “con le buone maniere” dal Papa d’Avignone… Stavolta era per essere processato d’Eresianella quale per di più era considerato: “recidivo”… Stava scherzando con fuoco in ogni senso, ma fu fortunato anche stavolta, perchè venne scagionato da Clemente V in persona che “lo salvò per il rotto della cuffia”… Finito tutto ? … Macchè !

Fra Clarino “ispiritato” prese a incitare alla ribellione contro la Chiesa gli “Spirituali” di Narbona, perciò a Papa Giovanni XXII non rimase che scomunicarlo “di brutto”… visto che considerava gli Spirituali:“la perfetta impersonificazione dell'Anticristo”… E qui la cosa si fece dura per non dire disperata, perché nel 1318 i primi Spirituali vennero condannati al rogo a Marsiglia … Angelo Clareno scappò via dalla Francia trovando rifugio a Subiaco in Italia, dove potè godere della protezione del Cardinale Giacomo Colonna… e anche stavolta ebbe salva la pelle.

Non pago di quel che aveva fatto, pensò bene allora di fondare un altro Ordine di Fraticelli o “Fratelli della vita povera”, che la gente chiamava: "Barlozzàri"(per via del fatto che abitavano in comune dentro a un’antica e grande cisterna-caverna detta "Barlozzo".) … e fin qua: “niente di che” il mondo di allora era pieno di Frati, Preti e Monache vecchi e nuovi … Senonché in continuità con le idee degli Spirituali già mandati al rogo, Fra Clarino iniziò di nuovo a contestare l'autorità papale assumendo atteggiamenti sfacciatamente Apocalittici,provocatori e ostili verso la Chiesa ... La Santa Inquisizione non rimase a guardare, e iniziò a inseguirlo, e lui riprese a scappare di nuovo andando a rifugiarsi stavolta in Basilicata presso il Convento di Santa Maria dell'Aspro di Marsicovetere dove … finalmente, disse qualcuno … spirò nel 1337 dopo aver raccolto attorno a se numerosissimi seguaci.

L’Inquisizione, invece,non s’accontentò“del fondatore eretico morto”, e organizzò una sorta di piccola crociata militare per estirpare tutti gli Eretici di Basilicata ad uno ad uno. La “spedizione antiereticale”ovviamente ebbe successo, e culminò con la condanna a morte sul rogo a Fabrianonelle Marche di due fraticelli … e si era ormai ai primi anni del 1400.

Un bel casino !… I Frati Clarini comunque sopravvissero lo stesso anche a se stessi e al loro fondatore, e continuarono ad esistere nonostante tutte quelle inquisizioni e vicende fino al 1477, quando vennero inclusi e conglobati “d’ufficio” dal Papa con i Francescani Mendicanti-Cercanti e Zoccolanti.

E rieccoci quindi di nuovo al nostro giovanissimo Frate Marco da Venezia ... Padre-Frate dei Poveri Clarini.

Probabilmente era stata la sua indole entusiasta, ribelle, o perlomeno il desiderio d’esperienze forti che lo avevano spinto ad aggregarsi a quelli dell’Eremo di Stroncone dove il Beato Paoluccio Trinci da Folignoaveva dato vita al un altro nuovo movimento dell’Osservanza.

Lo so … è tutto un miscuglio, un gran casino e una sovrapposizione complessa di Fraterie… Storicamente, infatti, è stata molto contorta la “successione”del famoso Frate Francesco Poverello d’Assisi.

Se volete capirne e saperne di più leggete la parte qui sotto scritta in rosso … altrimenti tirate dritto fino al prossimo “nero”dove riprendo a dire di Frate Marco Venesiàn.

Sulla scia dell’esperienza e della vicenda di San Francesco d’Assisi morto nel 1226, il Capitolo dei Francescani qualche anno dopo comprendeva già 3.000 Frati, mentre 42 anni dopo la morte del Poverello l’Ordine contava ormai 8.000 conventi con 200.000 Francescani sparsi in giro per il mondo … Niente male !

(I Frati Minori di San Francesco si contrapposero ben presto ai Padri Domenicani dediti soprattutto alla lotta contro l’Eresia, e purtroppo entrambi gli Ordini in breve si alternarono nel divenire “longa manus e braccio destro e sinistro” dell’operato e delle mire del Papa di turno.)

Innocenzo IV interpretando come“troppo eccessivo”il concetto della “Povertà” concesse ai Frati Francescani di poter ricorrere al denaro non solo per le cose necessarie, ma anche per le utili e confortevoli … perciò iniziò la contrapposizione fra Frati più Osservanti e altri dai costumi “più rilassati e meno zelanti”.

L’Ordine dei Francescani divenne ricco e potente, diffuso ovunque sia nelle città che nelle campagne, e i Frati iniziarono anche a scalare le gerarchie ecclesiastiche divenendo ben presto: Vescovi, Legati, Cardinali e perfino Papi facendo proprio il solito metodo degli abusi, dei fanatismi, dei nepotismi e delle obbedienze comune alla realtà clericale ed ecclesiastica di quegli anni ... Fra Scismi, Guerre epocali e rivoluzioni culturali l’ideale e l’afflato mistico-religioso passò spesso in secondo piano, se non andò un po’ a farsi friggere del tutto …

Ci fu un prosperare e proliferare di Nuovi Ordini,“Spirituali” e “Fraticelli” frammisto a “Ritorni alle Origini”, assolutismi vari, dispute, correnti e schieramenti, conventicole e osservanze più o meno riconosciute e misconosciute, revocate e sanzionate dalla Chiesa con esenzioni, scomuniche e condanne che i Papi lanciarono a pioggia sopra tutti i così detti “Eretici” ... C’era, insomma, un’inverosimile confusione … che in ogni caso il Popolo Nobile e Plebeo dei comuni Fedeli e Devoti continuò a finanziare desideroso d’accaparrarsi un posto nell’Eternità fugando l’ossessione dell’Inferno.

La Povertà venne di continuo reinterpretata, soppesata e riformata: ogni tanto si proibiva l'uso del denaro, o si stabiliva la rinuncia ai beni almeno quelli immobili … che dovevano perciò essere alienati e tramutati in danaro contante “meno peccaminoso” e più riciclabile … poi tutto diventava lettera morta un’altra volta, e si ricominciava da capo … mentre Ordini, Monasteri, Canonicati e Fratarie s’impinguavano sempre di più.

Fra una cosa e l’altra alla fine del 1300 l'Ordine dei Francescani contava ormai 34 Province, oltre 1500 Conventi, circa 35.000 religiosi, e Fra Paoluccio Trinci dei Signori di Foligno nel 1386 provò ancora una volta a “recuperare il rigore dell’Osservanza della Regola Primitivadi San Francesco” inventandosi i “Frati Zoccolanti" presso l’Eremo di Brugliano in Umbria(per via delle calzature di grezzo legno che indossavano a causa dell'asperità del luogo sassoso in cui vivevano). 

Spinti poi da forti personalità come Fra Bernardino da SienaFra Giovanni da Capestrano suo assistente, e Giacomo della Marca, i Frati si urbanizzarono dedicandosi allo studio e alla predicazione abbandonando di conseguenza quella componente eremico-contemplativa che li caratterizzava ... Conventuali, Osservanti e altri Ordini si contrapponevano spesso fra loro avvalendosi anche del “potere secolare”, poi si capovolgevano le parti: e subentravano altri arrivando anche ad occupare con violenza i Conventi … A volte i movimenti nuovi finivano con coincidere anche con un solo convento entusiasta in tutto.

Papa Leone X nel maggio 1517 in Santa Maria in Aracoeli di Roma provò a rimettere un po’ d’ordine con la bolla Ite vos”detta anche Bolla Separationis”seguita poco dopo da un’altra bolla detta “Bolla di Concordia”. In quel modoseparò di nuovo Conventuali Minoriti dagli Osservanti Francescani dal saio marrone con i quali confluirono anche i Padri Minori Zoccolanti, i Colettani della Clarissa Coletta di Corbie (che avevano di regola quattro Frati per convento: due sacerdoti per la predicazione e le confessioni e due laici per la questua); i Frati Guadalupensi, i Frati Clareni(quelli di Fra Marco da Venezia) e i Frati Amadeiti (sorti nel 1464 a opera di Amedeo da Silva presso il Convento di Santa Maria in Bressanoro a Castelleone nel Cremonese Lombardo voluto e fatto costruire dalla Duchessa di Milano Bianca Maria Visconti per la miracolosa guarigione della figlia, e dichiarati estinti da Paolo II, con la bolla Inter caeteradesiderabilia” del maggio 1470, e rianimati dal successore Sisto IV che li chiamò a Roma concedendo loro il Convento di San Pietro in Montorio).

Subito dopo, quasi a risposta “all’opera di Concordia” del Papa, i Frati Osservantisi divisero in due gruppi indipendenti: i "Frati Cismontani" (che riunivano Frati d’Italia, Balcani, Austria, Germania, Paesi Bassi, Ungheria, Boemia, Polonia e Medio Oriente) e i "Frati Ultramontani"(ossia i Frati come i Turoni OsservantiFrancesi, o come i Romiti Spagnoli di Gonzalo Marino).

Come non bastasse, subito dopo partirono fra i Francescani altri nuovi tentativi di“Frati Secessionisti”: nacquero così i Riformatinel 1518 a opera di Stefano da Molina con Bernardino d'Asti e Francesco da Jesi; poi iniziarono ad esserci gli Scalzi detti in origine: “Pasqualiti” dal fondatore Galiziano Giovanni Pasqual, e chiamati poi Alcantarini da Fra Pietro d'Alcántara cofondatore. Questi qua passarono dai Conventuali agli Osservanti … Ci furono poi gli “Ultramontani” Recolletti chiamati così dalle “case di recollezione”, cioè di ritiro e contemplazione che abitavano; e infine, nel 1526, nacquero anche i Francescani Eremiti Cappuccini di Fra Matteo da Bascio:“amici del Popolo e  Predicatori e Propagatori della Fede Cristiana” che ottennero in breve una larghissima stima e diffusione ... anche a Venezia.

Il nostro Frate Marco Veneziano, che non aveva affatto assunto e pronunciato voti di alcun tipo (perciò niente: Castità, Povertà e Obbedienza), si ritrovò impelagato negli esiti delle decisioni del Papa che aveva ordinato di unificare una volta per tutte: Chiarini e Zoccolanti… Ne derivò un’altra gran confusione: il Papa incamerò le rendite che gli servivano per finanziare la lotta contro il Turco nemico Civico dell’Europa e della Fede Cristiana”(almeno così diceva), e lasciò che il resto si risistemasse da se …Frati compresi … Frate Marco perciò, insieme ad atri venne scambiato erroneamente per Frate Professo (cioè con i Voti Solenni Perpetui già pronunciati) anche se non aveva emesso alcuna Promessaspontanea … Lui in realtà era solo una specie d’incerto Novizio in prova, ma di questo non si tenne conto … Alla fine quegli ex Frati Clarini non sapevano neanche più dove stare, né con chi andare, né che tipo d’abiti indossare, né quale Regola seguire … Fra Marco venne trasferito provvisoriamente per un anno nel Convento di Santa Maria delle Grazie a Terni… C’era caos insomma.

Serve aggiungere poi, che Frate Marcoda Venèssia era in se più degli altri allergico al vivere irregimentato e “secondo Regola”, chiuso dentro a un Convento … Lui fin da ragazzino amava osare, ed essere “uno spirito libero all’avventura”… Non capiva niente di tutto quel continuo e confusionario aggregare e sciogliere gli Ordini che faceva il Papa … Perciò decise di venirne fuori a modo suo: fuoriuscì dagli Zoccolanti procurandosi delle false licenze per poter vivere all’esterno di quell’ossessiva Clausura, e con quelle iniziò a vagare per la Toscana e l’Umbria accasandovi dove poteva e riusciva, e procurandosi di volta in volta ciascuno degli Ordini Minori Ecclesiastici: “… Pigliai il Suddiaconato in una cittadella di Roma, il Diaconato a Camerino, il Presbiterato lo pigliai a Rezzo di Toscana già sono quattordici anni e più …” raccontò a processo alla fine della sua esperienza.

Quei finti permessi li faceva risalire e concessi da autorità fittizie o storiche come Giovanni Vici da StronconePredicatore e Commissario degliOsservanti della Tuscia che aveva fatto salire a trentaquattro i Conventi e i Frati a duecento … Insomma Frate Marco Venesiàn era autorizzato a vivere in quel modo da un personaggio ecclesiastico e frateresco autorevole … e la cosa funzionò per un bel pezzo.

Finchè stanco di vagare, e divenuto finalmente anche Frate-Prete, con un’altra patente “impropria” ottenne … chissà in che modo … di riuscire a tornare alla sua Venezia: al capezzale della madre ammalata. Vero o no che fosse il permesso, giunto in Laguna non si aggregò a nessuna comunità dei Frati Veneziani, ma si decise a vivere per conto proprio a casa di sua madre dedicandosi a una vita “sui generis”, e indossando secondo opportunità l’abito da Frate che di volta in volta più gli confaceva: “… vestiva da Osservante, da Conventuale, da Zoccolante ... e ho sempre celebrato Messa stando fuori con le fedi false come ho detto …” testimoniò alla fine.

E fu così che qualche tempo dopo, spinto dall’impeto dell’epoca, e dal quel suo “andàr alla ventura”, finì coinvolto dal Sopra Comito Aloysio Zorzi, e si trovò aggregato ai Veneziani che si stavano imbarcando per la grande impresa contro il Turco. Divenne quindi Cappellano Militare di bordo imbarcandosi nella Galea di Guglielmo Zorzi diretta a Messina e poi nel Mare Greco per affrontare gli Ottomani.



Immaginatevi per un attimo il clima e l’atmosfera che doveva esserci in quei giorni sui Moli di San Marco, in Piazza e nei pressi dell’Arsenaledi Venezia quando erano attraccate le Galee armate della Serenissima in procinto di partire per la guerra della Santa LegaCristiana… Doveva essere proprio uno spettacolo passare in rassegna ormeggiate sulle rive o alla fonda nel Bacino di San Marco le Galee dell’Invincibile Armata Cristiana… Forse anche Fra Marco le avrà indicate e riconosciute col dito: “Quella è la “Capitana Lanterna di Venezia” di Agostino Barbarigo Provveditore Generale della Flotta della Serenissima Repubblica … mentre quella è la “Capitana di Venezia” di Sebastiano Venier Capitano Generale dell'Armata Veneta … Ecco là in fondo la “Fortuna di Venezia” di Andrea Barbarigo, e “le Tre Mani di Venezia” di Giorgio Barbarigo … i “Due Delfini” di Francesco Zen, la “Cristo di Candia” di Andrea Corner, e la “Piramide” di Francesco Bon, la “Cristo Risorto” di Federico Renier; la “Madonna” di Filippo Polani, e la “Dama a cavallo” di Antonio Eudomeniani, il “Cavallo Marino” di Antonio De Cavalli … il “Braccio di Venezia” ormeggiato là in fondo da Nicolò Lippomano, e la “Nostra Signora di Venezia” guidata da Marcantonio Pisani … verso Malamocco c’è la “Santa Dorotea” condotta da Polo Nani, e con lei c’è anche la “Croce di Cefalonia” di Marco Cimera … Quelle là in fondo sono: la “San Giovanni” di  Pietro Badoaro, la“San Girolamo” di Gasparo Malipiero … la“Passaro” di Nicolò Tiepolo, e il “Leone di Venezia” comandata da Pietro Pisani … “

Solo per citarne alcune… Chi mai avrebbe potuto raccontare ai posteri quel magnifico spettacolo ? … Navi, Marinai, Soldati, Popolani, Nobili, Artieri e anche Frati come Fra Marco … La Flotta si stendeva a perdita d’occhio davanti allo sguardo estasiato, voglioso e speranzoso dei Veneziani ... E c’era ormeggiata anche l’Aquila di Candia, ossia la Galea di Girolamo Zorzi, quella su cui era imbarcato Fra Marco… Infine … Pesantissime, rimorchiate, e tratte fuori a fatica dall’Arsenale, c’erano anche le Galeazze di Jacopo Guoro,Francesco Duodo, Andrea da Cesare, Pietro Pisani… e le altre: vere e proprie “mostri da guerra”, la sorpresa che la Santa Lega aveva preparato per i Turchi.

L’esercito della Lega Santa sembrava davvero mirabile … i Turchi Musulmanisarebbero stati fatti a pezzi, annientati …

Fra Marco quindi salpò con tutti gli altri della possente Armada delle Galee e Galeazze della Serenissima… e si recò all’appuntamento storico della Battaglia di Lepanto.



Come sapete benissimo, la “mitica” flotta della Santa Lega schierata a 30 miglia dalla costa Greca, fu comandata da Giovanni d’Austria fratellastro di Filippo II° intransigente difensore del Cattolicesimo, e contava 205 Galee + 6 Galeazze, mentre quella Ottomana di Selim II° schierava: 216 Galee Barbaresche-Algerine e da Tripoli, Galee Turche da Costantinopoli, Negroponte di Gallipoli, Rodiote, Greche, dal Mar Nero cioè Bulgare e Bitiniche, Anatoliche, Siriane, ed Egiziane da Alessandria+ 56 Galeotte Albanesi, Anatoliche  ed Egiziane da Alessandria e fuste e brigantini corsarisui quali erano imbarcati 25.000 uomini guidati dal cinquantenne Ammiraglio Alì Mehemet Pascià considerato “l’invincibile” per via di un “dente di Maometto” che portava al collo in battaglia …(morì comunque nello scontro, e il collo gli venne tagliato).



L’espansionismo Ottomano preoccupava l’Europa e il Papa, e gli Spagnoli erano già a conoscenza del progetto navale dei Turchi d’invadere la penisola Iberica … Perciò Pio V fu scaltro a rispolverare e alimentare l’antico spirito della Crociata provando a riunire fra loro e intorno a lui le forze Cristiane … La Lega Santa riunì e confederò sotto le insegne Pontificie le forze navali di Venezia (109 Galee + 6 Galeazze), Spagna (14 Galee)Regni di Napoli (30 Galee) e Sicilia (10 Galee), le Repubbliche di Genova (27 Galee di cui 11 appartenenti a Gianandrea Doria) e Lucca, i Cavalieri di Malta (4 Galee), il Granducato di Toscana(finanziò l’allestimento e l’equipaggiamento delle 12 Galee Pontificie), e Ducati di Savoia (3 Galee), Ferrara, Mantova e Urbino (più di 2.000 soldati volontari al comando del Capitano Generale Francesco Maria II della Rovere).

In verità le cronache raccontano che il Papa contribuì pochetto alle spese di guerra e all’allestimento della flotta antiOttomana. Il finanziamento generale della “Nuova Crociata” venne, infatti, diviso per quattro, e della quarta parte pertinente al Papa ... visto che le sue finanze erano ridotte e scadenti (possibile ?), si pensò bene di dividerle ancora una volta fra quelli della Cristianità.  In più si aggiunse anche l’estrema inesperienza dello Stato Pontificio in “cose d’armamento di Galee e Comiti di nave”: gli uomini del Papa fecero una gran confusione arruolando rematori prima ancora che venissero costruite le navi, e pretendendo che fossero altri a pagare per l’equipaggiamento e il completamento delle stesse Galee“da dare a prestito al Signore”.

Il Papa viveva proprio in un altro mondo … Figuratevi se i Veneziani intendevano rimetterci anche in questo regalando le navi al Papa !

Il Romano Pontefice dovette firmare un normale capitolato di fornitura e allestimento delle Galee per avere le sue navi … e per far questo si giunse anche ad altercare fra il Doge e i rappresentanti Papali inviati a Venezia … Alla fine ci pensò “la devota Firenze” a pagare tutte le spese dell’allestimento ed equipaggiamento delle Galee Papali… e la spedizione armata partì.



La Flotta Cristiana era armata da 350 pezzi di grosso calibro, e da altri 2.750 di piccolo calibro, e trasportava non meno di 50.000 tra Marinai, Rematori galeotti sferrati disposti a battersi sulle navi, e combattenti Pontifici,Veneziani, e pagati dal Re di Spagna, tra cui 400 Archibugieri del Tercio de Cerdeña, nonché un nutrito gruppo di avventurieri. L’immane spedizione si mosse in settembre verso Cefalonia e la Grecia dove giunse col maltempo nel golfo di Patrasso apprendendo della caduta di Famagostaultima roccaforte del Mediterraneo Orientale rimasta in mano agli Europei.

Di certo quella notizia con la crudeltà dei suoi dettagli fu un potente incentivo ad andare, proseguire subito … per ardire finalmente contro l’Ottomano … La fortezza di Famagosta di Ciproex città bizantina assediata dai Turchi era difesa da 7.000 soldati guidati dal Senatore Marcantonio Bragadin. Per Famagosta Venezia pagava ai Turchi un tributo annuale di 8.000 ducati fin dal 1480 ... e nonostante questo, quelli di Famagosta avevano invocato l’intervento Ottomano per via dell'eccessiva pesantezza che esercitava il Governo Veneziano su di loro sfruttando l’intera isola ... La verità era un’altra: Famagosta era uno dei maggiori punti strategici per il controllo dell’intero Mediterraneo.

I Turchi s’erano quindi presentati in 20.000 guidati da Mustafà Pascià, e avevano sparato qualcosa come 170.000 colpi di cannone e piazzato innumerevoli mine sotto alle mura della città per convincere i Veneziani alla resa ... I Veneziani le pensarono tutte resistendo per 72 giorni, e il Capitano Roberto Malvezzisi fece perfino saltare in aria insieme a qualche migliaio di Turchi dentro a un deposito sotterraneo nel vano tentativo di salvarsi. Alla fine Marcantonio Bragadin rimasto con soli 700 uomini provati e stanchi, trattò un’onorevole resa cercando di salvare il salvabile ... Ma contrattempi, fraintendimenti, malintesi, vendette e sotterfugi, e soprattutto la “logica di guerra” fecero poi “saltare”i patti fra Turchi e Veneziani: ci scapparono uccisioni da una parte e dall’altra, e si finì con l’impiccare fuori dalla fortezza l'Intendente Tiepolo e il Generale Astorre IIBaglioni, mentre tutti i civili furono venduti come schiavi a Costantinopoli ... Come ricordate bene: il Governatore Bragadin venne scuoiato vivo.



Domenica 7 ottobre 1571 Don Giovanni d'AustriaComandante in Capo dello Schieramento Cristiano, fece schierare le proprie navi in “formazione serrata”: non più di 150 metri separavano le galee fra di loro ... La flotta era divisa in 4 parti: una “Riserva di Soccorso”composta da30 Galee di retroguardia; un Corno destroformato da53 Galee e 2 Galeazze al comando del Genovese Gianandrea Doria; un Corno sinistrodi 53 Galee e 2 Galeazze al comando del Provveditore Generale Veneziano Agostino Barbarigo; e una Parte centrale o di Battaglia comprendente: 62 Galee comprese le Capitane dei vari stati, e altre 2 Galeazze Veneziane realizzate con 32-46 banchi di rematori a scalaccio, e armate da 36 grossi cannoni con altri di minori dimensioni. Le galeazze anche se avevano l’apparente immagine di innocue navi da carico dalle alte murate, erano in realtà a dire dei Turchi:castelli in mare da non essere da umana forza vinti”.Avevano il compito di aprire lo scontro e di "disordinare"le linee avversarie con le loro artiglierie bersagliando le navi Ottomane da una distanza dalla quale era difficile rispondere. La potenza di fuoco delle Galeazze si dimostrò devastante riuscendo ad affondare e danneggiare in poco tempo più di 70 navi distruggendo lo schieramento iniziale Ottomano: fu di certo una mossa a sorpresa vincente … mentre sembrava che la flotta Turca non fosse proprio “In salute” in quanto non allestita benissimo. Infine davanti allo “schieramento di Battaglia” c’era anche un’Avanguardia formata da 8 Galee che dovevano fungere da esca per il nemico costringendolo ad arrivare a tiro delle temibili Galeazze.

La flotta Turca viceversa si schierò in direzione nord-sud per una lunghezza di circa sette chilometri ... e s’incominciò.

Alle quattro del pomeriggio dopo quasi cinque ore di battaglia, e mentre stava arrivando una tempesta, il cadavere dell'Ammiraglio Ottomano Alì Pascià venne decapitato e la testa esposta sull'albero maestro dell'Ammiraglia Spagnola ... Fu un segnale determinate … le 80 navi Ottomane rimaste abbandonarono il campo, ritirandosi definitivamente.



Fra Marco era là in quel giorno, in prima fila, nel cuore dello scontro fra Turchi e Alleati della Santa Lega… Chissà che cosa provò … che pensò ? … A quali scene dovette assistere ? …. Salvò comunque la vita, e vide quello scenario apocalittico: relitti in fiamme, galee ricoperte di sangue, morti o uomini agonizzanti di entrambe le fazioni sparsi dappertutto … ma i Cristiani avevano vinto “la gran Giornata”.

Non esiste guerra che sia in realtà spettacolare, perché oggi come ieri lo scontro, il massacro, lo spargimento di sangue e la mattanza inutile di gente sono oltre che uno spreco immenso di risorse e vite, anche la conferma che non esiste ideale Etico-Religioso-Politico-Economico, che meriti di portare a tanto … Nelle guerre si perde sempre tutti.

A conti fatti, sembrò che i Cristiani avessero perso 7.500 uomini e 15 navi, mentre ai Turchivennero affondate 80 Galee e 27 Galeotte, 130 delle une e delle altre vennero catturate, e ci furono 30.000 Turchi morti e feriti ... Si fecero anche 8.000 prigionieri, e se ne liberarono 15.000 dai banchi dei remi avversari sbarcandoli in seguito a Porto Recanati perchè potessero salire in processione fino alla Santa Casa di Loreto, dove con le loro catene vennero realizzate le cancellate davanti agli altari delle Cappelle del Santuario ... Alcuni di loro durante la battaglia s’erano liberati dalle catene assalendo i propri aguzzini Turchi, mentre altri avevano sparso sego sui ponti delle navi per far scivolare i Turchi al momento dell’arrembaggio alle navi Cristiane … La Flotta CristianaVincitrice, infine, rientrò a Napoli … e si festeggiò la Madonna delle Vittorie… mentre a Pisa i Cavalieri di Santo Stefano esposero nella loro chiesa la bandiera strappata dalla loro Galea “Grifona" alla nave ammiraglia di Alì Pascià… L'annuncio della vittoria giunse a Roma soltanto ventitré giorni dopo.



Fu davvero una grande “Giornàda” Lepanto ?

Chissà ?

Nel 1573 firmando la sfavorevole pace il Gran Visir Sokollu disse ai Veneziani che sarebbe stato meglio per loro cedere al volere del Sultano che fidarsi degli altri Stati Europei, e che in fondo: “… la differenza tra la nostra e la vostra sconfitta sta nel fatto che: noi vi abbiamo privato del Regno di Cipro, tagliandovi un braccio. Voi sconfiggendo la nostra flotta, ci avete tagliato la barba ... Il braccio non crescerà mai più, mentre la barba crescerà più folta di prima.”

Arguti i Turchi !

Marcantonio ColonnaComandante in Capo dell’Esercito Pontificio, avrebbe commentato a Roma a chi intendeva replicare ancora contro i Turchi:... Andate Monsignore !  … Non è tempo di altri affari: ringraziatene piuttosto Iddio che l'armata nostra, affrontatasi con la nemica, ha guadagnato la vittoria ...”

La Porta, infatti, ricostruì in fretta la sua flotta, anche se l'Ambasciatore Veneziano diceva in giro che sarebbero bastate 70 Galee ben armate ed equipaggiate per distruggerla tutta perché costruita con legname marcio e cannoni mal fusi … I Veneziani, invece, persero lo stesso l’isola di Cipro, così come ai Genovesi venne strappata l’isola di Chio… Nel 1574 gli stessi Ottomani rioccuparono Tunisi: uno dei maggiori porti e presidi Spagnoli sulla costa Africana … per cui buona parte del Mediterraneo rimase saldamente in mano e sotto il loro controllo … Più di un secolo dopo, nel 1683, gli stessi Turchi-Ottomanierano ancora sotto alle mura di Vienna, e Venezia dovette combattere contro di loro altre lunghissime e costosissime guerre perdendo gran parte delle isole e dei porti che possedevano nell’Egeo … Ancora all’inizio del 1700 gli Ottomani sconfissero i Veneziani a Capo Matapan ... ma questa è un’altra storia.

Lepanto se volete quindi, fu sì una grande pagina storica, ma non di certo l’atto che dichiarò la supremazia Cristiana sul Bacino Mediterraneo… anzi, forse accadde proprio il contrario: si sancì la fine del predominio mercantile e politico degli Stati Italiani sullo scenario Mediterraneo e Orientale.

E’ dopo Lepanto, che fece Frate MarcoGarofalo ? … Questo sì che m’incuriosiva saperlo … Continuò per tre anni a far parte dell’equipaggio della Galea seguendola dovunque andava, finchè gli venne ordinato per scritto dal Capitano Sabatelli de Rosa e dal Cavaliere Francisco Torre di sbarcare e di seguire il suo destino tornando alla sua Religione, in quanto non c’era più bisogno di lui ... Diverse Galee sarebbero state ritirate e tratte a terra per sempre, e sciolti alcuni equipaggi.

In realtà forse anche quella lettera era un falso, perché Fra Marco raccontò in seguito d’averla ricevuta l’anno seguente alla “Giornata”(quella della Battaglia di Lepanto), mentre sulla stessa lettera c’era segnata una data di due anni dopo … In realtà durante quei tre anni Frate Marco condusse “bella vita” da marinaio frequentando tutti i porti della Dalmazia, dell’Istria e approdando anche a Corfù … Faceva il marinaio-soldato come tutti gli altri della nave, “l’aggregato”, frequentando bettole e prostitute, e mangiando, giocando e bevendo in compagnia …

“… però digiunavo dalla mezzanotte prima di celebrare la Messa …” ci tenne a precisare davanti al Giudice dopo molti anni da quei lontani momenti.

A Venezia “sua Patria” tornò a ritirarsi come “eroe e reduce di Lepanto”, e anche come“vecchio malato di Sifilide con le mani piene di croste e impiagate” … Fra Marco andò a far parte di quella numerosa folla di reduci, feriti, mutilati, acciaccati, abbacchiati, miseri e fuori di testa spesso laceri e ridotti male …“vèci marinèri capotèri”… che andavano a riempire i tanti oscuri e bassi ospizi cittadini messi a loro disposizione nelle Contrade Veneziane.

Anche Frate Marco: “era impiagato … settantenne … messo male in arnese … e con le carte non in regola”
Rimase quindi a vivere in Laguna per altri cinque anni, probabilmente ancora a casa della sua vecchissima madre: “... et finalmente se ne ritornassimo a Venetia, dove son stato cinque anni amalato in casa de mia madre, et poi fui ambasciato da certi homeni Bergamaschi del luogo di Cornalita a ciò volesse venir a servirli per Cappellano a quella chiesa …”

Alla fine quindi decise che era meglio allontanarsi di nuovo da Venezia dove probabilmente nella sua condizione non si sentiva tranquillo e al sicuro. Perciò seguì e accettò la proposta di alcuni Bergamaschi che lo invitarono a portarsi nelle loro terre per vivere da “Cappellano in cura d’Anime”… Ci poteva essere migliore occasione per tornare a scomparire e risistemarsi lontano dagli occhi e orecchi indagatori della Serenissima e dell’Inquisizione  con i loro Tribunali ? … E poi avrebbe potuto ancora una volta tornare a vivere liberamente … come piaceva a lui.
Perciò nella primavera del 1581 partì alla volta del Bergamasco, dove ovviamente andò a presentarsi al Vescovo del posto fornendo documenti e licenze da Frate falsi fornitegli: “… da un Prete Antonio Bolognese in grado di corroborare e contraffare remissorie co lo sigillo piccolo de San Francesco”, e con altre lettere di presentazione di Placido e Girolamo Regazzoni che lo raccomandavano come “Religioso per bene”.

Il Vescovo di Bergamo inizialmente ci cascò in pieno … e gli concesse l’esercizio della Capellania di Cornalita in Val Brembana.

In realtà l’unica licenza autentica di cui Fra Marco era in possesso era quella rilasciatagli dieci anni prima nel Convento di San Bernardino di Montefalcoda Fra Cristoforo de Cheffontaines Generale dei Francescani Osservanti che lo autorizzava a raggiungere e visitare sua madre malata a Venezia facendo subito ritorno al suo Convento … Non era più tornato.



Nel Bergamasco sulle colline della Val Brembana c’era e c’è un paesetto che possedeva poche centinaia di abitanti: Cornelita in San Giovanni in Bianco.  Su una piana nascosta sopra al fiume Bremboai piedi dei monti Sornadello e Molinasco, sorgeva dal 1116 l’antica chiesetta affrescata forse Chiesa-Matrice di Cornalita riconsacrata e dedicata al “Corporis Cristi” dal Vescovo Polidoro Foscarini nell’aprile del 1447. Lì in quella zona perduta di tagliaboschi, legnaioli, piccoli scambi, malgari e pastori si portavano i defunti da tutta la Valle fin dall’antichità, e i Frati provvedevano a seppellirli e a pregare per loro nel portico esterno della chiesetta ... Nel 1575 era stata riordinata per la Visita di San Carlo Borromeo che aveva ordinato di celebrarvi 4 Messe settimanali, e sempre da antica tradizione si affidava la cura del luogo a un Cappellano nominato con vero e proprio contratto a scadenza dai capifamiglia del posto. Al Cappellano spettava un’abitazione con giardino e cortile, e gli veniva conferito uno stipendio di 16 ducati offerti da Antonio Borghetto, 135 lire donati dai vicini, e le offerte dei fedeli … Fu lì che Frate Marco Venesiànstette per un anno e mezzo tornando a gozzovigliare, giocare, e a intrattenersi nelle taverne fino alle cinque di notte … col miraggio poi di farsi anche promuovere alla vicina Curazia di San Gallo ... e fu sempre lì a Cornalitaappena fuori Bergamo, che dopo diciotto mesi venne arrestato … perché viveva troppo miseramente e in maniera fin troppo sconveniente incorrendo col suo comportamento nelle Scomuniche Maggiori… e perché privo di licenza dei suoi Superiori che interrogati avevano detto che: “stava fuori della Religione, e che doveva rientrare in Monastero.”

Il vecchio Fra Marco stava provvedendo a farsi spedire da Venezia altri documenti e licenze false … Inizialmente finse di non capire, né di sapere il perché del suo arresto … Poi carcerato e processato, dovette comparire in giudizio a più riprese ... e così iniziò a ricordare facendo emergere la sua storia e le sue vicende … che vennero segnate a verbale.

“Sono desdotto mesi staccio in detto luogo di Cornelita et celebrava Messa nella detta chiesa come Cappellano … Monstrai a Sua Signoria Reverendissima la licenza del mio Superiore et mediante quelle Sua Signoria me admise al luogo suddetto …”

Le accuse circa i sui abusi commessi erano molteplici: “… Per aver contravvenuto alle disposizioni dei suoi Superiori … per aver celebrato Messa fuori residenza per mezzo di false licenze … per aver prodotto false licenze … per aver giocato a carte e a dadi con laici in taverne scommettendo denaro di giorno e di notte, dandosi alla gozzoviglia … per aver mutato abito clericale … e non aver recitato quotidianamente gli Uffici Divini …”

E Fra Marchetto non si fece scrupoli di confermare durante gli interrogatori dell’Inquisizione:  “Monsignor si che ho giocato nel luogo del Commello una volta sola alle carte, a Zizole, et al gioco de sette carte, chi fa più perde et poi alla bassetta, et giocai con Messer Bernardo Baruchello, et giocassemo dei danari, non racordandomi la quantità, et fu nell’Hosteria … Ho giocato nel luogo di Santo Zuan Bianco molte volte et diversi lausi de danari alle carte, et la quantità de trei lire alla volta … Signorsì che ho giocato anco in Cornalita … Ho giocato quanto alla bassetta quando al 30 et 40 et quanto al cento … Non ho mai giocato tutta la notte, ma si bene alle quatro et cinque di notte ... e mentre giocavamo facevamo colatione et bevevamo … e ho prestato danari a un prete Francese … ma ho digiunato prima di celebrare la Messa …”

Interrogato sugli abiti da Frate diversi che aveva portato e indossato rispose: “Io porto questo habito che Vostra Signoria mi vede perché avea caro esser riconosciuto per Frate Conventuale e non Osservante o Zoccolante … Perché avea paura me dessero fastidio …Perché gli Zoccolanti prendono un puoco più strettamente quelli che stanno fuori della Religione …”

Interrogato se possedeva licenze e autorizzazioni recenti del Gonzaga Generale dei Francescaniin carica, rispose: “Monsignor non, che non ho avuta alcuna licenza da detto Generale …”

E interrogato ancora se sapeva che le licenza che portava con se composte dal Prete Bolognese fossero false, rispose: “Signor si che lo so.”

Chissà come mai erano così convincenti e abili a sciogliergli la lingua quelli del Tribunale che lo interrogavano ? … Che lo avessero minacciato di qualcosa ? … di tortura forse ?
Interrogato ancora se fosse affetto da qualche malattia rispose: “Ho il mal Francese e per questo mi faccio medicare … Non so dove l’habbia preso … ho avuto commercio carnale con donne in Dalmatia, con una creddo fusse meretrice, et così a Corfù hebbi comercio con una Greca, donna da partito …”

Interrogato su da quanto tempo aveva omesso di celebrare il Divino Sacrificio della Messarispose: “Io lo dico quando posso, et lo lascio de dire quando non possa maneggiare le mani per adoperarle tutte, quali ho piene di croste et impiagate come si può vedere …”

Alla fine venne condannato dal Giudice Giovanni da Bergamo alla voga in ceppi per tre anni sulle triremi della Serenissima, salvo che la salute non glielo avesse permesso … settant’anni suonati non erano pochi … in quegli anni poi … In alternativa se fosse stato riscontrato inabile alla voga, sarebbe stato condannato a cinque anni di carcere, con un giorno di digiuno settimanale “a pane e acqua”, e l’obbligo di recitare in ginocchio e a voce alta i Sette Salmi Penitenziali… Al termine della carcerazione, se fosse sopravvissuto, sarebbe stato bandito in perpetuo da Bergamo.

Come ultima spiaggia, Fra Marco da Venezia decise di far ricorso al Tribunale della Nunziatura Apostolica Veneziana che stava a San Francesco della Vigna di Castello a Venezia … Allora il Nunzio e Legato Papale per Venezia era Lorenzo Campeggi… che lo fece comparire ancora una volta in giudizio nel 1583, e lo interrogò personalmente prima di portarlo alla sentenza finale che confermava la precedente.

Nell’Archivio Segreto Vaticano sono depositati ancora oggi tutti gli atti inerenti al processo: “Contra Fratrem Marcum Venetum”… Era il 1583, e il carcerato Fra Marco Garofalo da Venezia aveva ormai settantacinque anni ...

Alla fine della fine, come sarà secondo voi terminato quel Marco Frate Marineroreduce di Lepanto ?



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