“Una curiosità Veneziana per volta.” – n° 170.
“Scherzetto ai Preti ... nel 1714 a Venezia”
Si va a Pasqua anche quest’anno … “Pasqua con chi vuoi” si dice ancora, anche se sotto sotto la Pasqua rimane una cosa che sentiamo un po’ “da Preti e da Chiesa” ... Per questo allora metto ancora un paio di Preti come “cacio sui maccheroni” rispolverando degli episodi, che qualcuno forse conoscerà già, in cui sono stati coprotagonisti loro malgrado nella Venezia del 1714.
Sempre di mezzo Venezia ! … e quando mai non lo è ? … e sempre in maniera curiosa.
I Preti coinvolti furono quelli della chiesa di San Mattio di Rialto e di San Giovanni o San Zuàn Novo nei pressi di San Marco. Il primo Prete ci cascò in pieno e un po’ da sprovveduto nello “sherzetto”, mentre il secondo si dimostrò un po’ più scaltro e avveduto, e dopo essere passati entrambi attraverso le maglie strette del vaglio attentissimo della Serenissima, finirono entrambi seppure in maniera diversa per spuntarla e vincerla uscendo dalla loro incresciosa situazione … un po’ a caro prezzo magari.
Quella di San Mattio di Rialto, come sapete meglio di me, è stata una Contrada piena di vita proprio nel cuore dell’Emporio Realtino. Lì c’era sempre un gran via vai giorno e notte di Mercanti, Lavoranti, Forèsti e Veneziani di ogni sorta, e non mancavano affatto Taverne, Bèttole, Locande e postriboli … visto che a soli due passi sorgeva l’enclave un po’ “esotica”delle Carampàne, e tre passi oltre ancora c’erano i famosi Ponte e Corte delle Tette dove alcune Veneziane mettevano in mostra e offerta la loro “preziosa mercanzia”. Non era di certo il posto migliore adatto a un Prete quindi … Ma si sa, in certe epoche a Venezia tutto si mescolava, girava e s’amalgamava in una certa maniera, e quindi anche i Preti sapevano cavarsela, frammischiarsi, confondersi, galleggiare e destreggiarsi in ambienti di ogni sorta.
La Contrada di San Giovanni Novo, invece, era più centrale e verso Piazza San Marco. Si trovava proprio nella prima periferia, appena fuori dei grandi scenari pubblici che contavano della Piazza. Oggi esiste ancora quella chiesetta, sebbene sia chiusa “da notte” ormai da un bel pezzo, si trattava comunque di una chiesetta popolare, un po’ “di seconda categoria”, al pari di San Mattio di Rialto che, invece, oggi non esiste più. D’interessante c’era in San Zuane Novo, che proprio lì fra il Campo omonimo e i sottoportici limitrofi sorgevano le temibilissime carceri del Santo Uffizio dell’Inquisizione Veneziana ... Il Prete quindi doveva essere un po’ più sveglio e smaliziato dell’altro.
Il vero autore e protagonista dei fatti, anzi: di un doppio imbroglio, fu, invece, un Veronese che da diversi anni viveva ormai stabilmente a Venezia. Era un vero e proprio imbroglione, un truffatore nato che aveva fatto di quel modo d’essere un vero e proprio mestiere: aveva indotto nella sua lunga carriera diversi Chierici e Preti a subire prigione, condanne e perfino la Morte ... Era un impenitente quindi, un gran bastardo e figlio di buonadonna … Si recò per primo dal Prete-Piovano di San Mattiochiedendogli la Confessione, e durante questa si dichiarò particolarmente povero e bisognoso riuscendo a strappare al Prete la concessione di una “patente scritta d’indigenza” che lo autorizzava ad elemosinare in giro per tutta Venezia. L’imbroglio vero e proprio però scattò in seguito. Non si seppe mai bene né perché, nè per quale causa o chissà quale rivalsa, o se fosse stato soltanto per il gusto di nuocere e abbindolare, il Veronese prese allora la Patente rilasciata dal Prete, e copiandone la scrittura e grafia mise in scena un falso atto in cui simulava che il Prete aveva scritto al Re di Francia rivelando segreti di Stato della Serenissima …
Fatto questo, il meschinello si recò a denunciare il Prete alla Magistratura Veneziana esibendo tanto di prove … Figuriamoci Venezia ! … che era sempre stata gelosissima dei suoi segreti e dei sui suoi affari: le bastava un niente per accendersi come un pagliaio su cui si buttava un fiammifero. Agli Inquisitori di Stato Veneziani pareva spesso di vedere e riscontrare spioni e ipotetici nemici anche dove forse proprio non ce n’erano … Comunque andarono così i fatti: la Serenissima saltò addosso all’ignaro e innocente Prete, lo incartò per benino, e lo cacciò in fondo a una prigione di Palazzo Ducale buttando via la chiave … Giustizia sembrava fatta … e di certo il Veronese se la rise soddisfatto non poco, mentre il Prete sventurato rimase a languire per anni nella prigione che divenne per lui un incubo non proprio comodo.
Visto il successo della sua prima impresa, il Veronese Venezianizzato si recò allora davanti al Prete di San Giovanni Novo per ripetere il suo abile e fortunato giochetto. Si Confessò anche stavolta, fece la solita richiesta della Patente, copiò la grafia del Prete e mise in piedi la solita lettera fasulla che indicava il Prete come rivelatori di segreti di Stato a qualche nemico della Patria … Poi forse non soddisfatto, mise in piedi la seconda parte del suo arcigno piano: mostrò al Prete la lettera falsa e provò a ricattarlo iniziando a chiedergli 100 Zecchini: 50 subito, e altri 50 a distanza di otto giorni … Ovviamente minacciò il Prete di denunciarlo alla Repubblica Serenissima se non avesse accettato la sua proposta … Insomma il Veronese mise in piedi un vero e proprio subdolo ricatto.
Però stavolta il Prete non si arrese, e dopo un breve consulto con un suo amico Cavaliere, decise di passare da gabbato a gabbatore dando al Veronese quel che si meritava … Si presentò in gran segreto dai Magistrati dell’Inquisizione della Serenissima, e raccontò tutta la storia per filo e per segno professandosi innocente … e già che c’era chiese aiuto per uscire da quella pesante frode che gli sarebbe potuto costare parecchio cara.
La Serenissima per non dimostrarsi un po’ troppo credulona e facilona nei suoi interventi, prese innanzitutto il Prete e lo strapazzò un pochetto … Così … tanto per fargli saggiare di quanto la Serenissima sarebbe stata capace … Poi, visto che quello non desisteva dai suoi propositi e dalle sue rimostranze, finì per credergli sul serio … Si decise allora d’indagare e perseguire il Veronese “furbetto” prestandosi inizialmente al gioco-truffa che aveva imbastito invischiando il Prete, e al momento della consegna della seconda trance del ricatto, i Fanti della Serenissima travestiti da Preti, stavolta saltarono addosso all’imbroglione cacciandolo anch’esso come si meritava nella più buia delle prigioni di Palazzo Ducale … Giustizia fu fatta per davvero stavolta.
E il primo Prete sfortunato ? … Erano trascorsi ormai ben tre anni da quando era stato dimenticato in prigione reo d’aver rivelato quei benedetti preziosi Segreti di Stato a Potenza Straniera … La Serenissima in quell’occasione “fece uno più uno fa due”, e provò a mettere insieme i due casi attribuendoli allo stesso autore … Tortura qua, e smanaccia e minaccia là … alla fine il Veronese finì col confessare tutto scagionando il povero Prete di San Mattio ormai ridotto all’osso dopo tutto quel tempo trascorso nell’incubo della Prigione.
Come pena per le sue insolenze e i suoi misfatti il Veronese venne condannato ad essere strangolato in carcere, e poi a venire impiccato e messo a penzolare pubblicamente “fra le due colonne” di Piazza San Marco … Lì lo “spettacolo” scabroso fece scatenare il ludibrio dei Veneziani, che poco o niente sapevano dei retroscena di tutta quella storia contorta.
Quando il Prete innocente venne liberato e riabilitato se ne venne a sapere un po’ di più … e si disse anche che in quel giorno ci fu una grande festa a Venezia con grande partecipazione e solidarietà dei Veneziani verso quel povero Prete imbrogliato … e si disse e scrisse anche, che si finì persino con i fuochi artificiali … Povero Prete di San Mattio però ! … Tre anni di vita persi … Se ne tornò di nuovo e forse un po’ provato e pesto a recitare il suo vecchio Breviario nello stesso malfamatissimo posto accanto a Rialto … dove che fosse Pasqua o Natale … poco importava a molti, anzi: forse faceva lo stesso … La vita quotidiana era una faccenda fin troppo pratica e diversa, e l’importante per molti era “vivere e tirare a campà”.
Anche questo quindi accadde a Venezia, insieme a tutto quell’imponente e mai abbastanza raccontato contenuto Storico che ha riempito per secoli la nostra Laguna … ed è ancora con questa scusa e occasione che finisco con l’augurare: Buona Pasqua a tutti quelli che pazientemente mi leggono !