“Una curiosità Veneziana per volta.” – n° 171.
“Una cruda lettera su quelli di San Marcuola nel 1820.” (parte prima)
Questa che vi propongo è proprio una lettera dura, cruda per davvero, un documento che oggi farebbe inasprire gli animi, monterebbe un caso e farebbe sorgere mille conflittualità, diatribe e polemiche. Quella volta nel 1820, invece, no … perché le considerazioni che conteneva erano considerate “normali e ovvie” condivise da molti per non dire quasi da tutti … erano un “sentire comune” insomma, o perlomeno dei più ... Anzi: arrivo a dire che per gli “addetti ai lavori”, ossia “quelli di Chiesa” e del loro entourage di pensiero e convinzioni, le cose scritte in quella lettera erano “sacrosanta verità e aspirazioni legittime e benedette”, cioè oggettiva descrizione della situazione Veneziana di quell’epoca, e valutazioni sincere con sacrosante aspettative su come sarebbe potuto diventare ed essere.
Prima di offrirvi alla lettura il documento devo però per forza fare tre brevi precisazioni che secondo me aiutano a comprendere meglio se non appieno.
La prima:è la collocazione della lettera nel suo contesto, ossia spiegare un attimo a quale “spicchio” della Venezia ottocentesca si riferiva.
La seconda: segnalare che più che una semplice lettera si trattava di una relazione previa di Don Giovanni Rado Piovano di San Marcuola indirizzata al Patriarca di Venezia:Giovanni Ladislao Pirker von Oberwartper preparare la sua imminente Visita Pastorale alla Contradaillustrandone quelle che secondo lui erano le caratteristiche e le urgenti necessità da correggere ed emendare.
La terza e ultima nota: potrebbe essere utile dopo aver letto questa “lettera” dedicarsi un attimo a scoprire quale è stata, dov’era e com’era la realtà di quella particolare “Contrada allargata di San Marcuola”: una “piccola Venezia” in Venezia, e soprattutto chi erano e com’erano quei Veneziani che l’hanno abitata descritti da quel Prete.
Iniziamo allora con le brevi precisazioni …
La lettera-documento va collocata negli anni in cui era già passato per Venezia il “tornado devastante e distruttivo”di napoleone con la sua Rivoluzione concreta, pratica e dei pensieri. S’era chiuso “baracca e burattini” di tante realtà storiche, e di tante istituzioni, enti ed opere pie, ed era rimasto vivo e attivo poco o niente: solo “gli scheletri” o poco più di tante cose. “Certezze di sempre” come la Nobiltà, l’“autorevolezza Eterna proveniente dal Cielo” del Clero, e certi“Principi e regole del vivere”scricchiolavano parecchio, o avevano già perso buona parte dei contenuti storici del loro blasone … e anche il popolino “gregge sempre docile e obbediente”,il resto dei Veneziani di un tempo, s’era ormai infiltrato di una strana voglia di novità e cambiamento che nel giro di pochi decenni avrebbe portato tutti ai sommovimenti politici e sociali del 1848. Decisamente il mondo stava cambiando in quegli anni … Ma su tante cose, quasi su tutte, si era ancora “fermi e stabili lì”.
La seconda considerazione è legata alle intenzioni e propositi del Piovano di San Marcuola, capo del Capitolo dei Preti di San Marcuola e … cosa che spesso non si sa e si considera poco … vero e proprio “Boss” dell’intera Contrada Veneziana (molto più dei Nobili e dei Capi Cantrada). I Preti accanto e insieme e di più degli uomini della Serenissima erano un gruppo autorevole e ristretto di persone che determinava fattivamente, ispirava e controllava il destino di buona parte dei Veneziani di quella zona dell’Arcipelago Veneziano. “Non si muoveva foglia … che i Preti non volessero” nella vita della gente di allora, e tutto e tutti nascevano, crescevano, vivevano, lavoravano, amavano, socializzavano e morivano secondo le indicazioni e sotto l’egida attenta del ridotto numero dei Preti della Contrada, che erano dei veri e propri “controllori delle chiavi” dell’esistenza di ciascuno … Per chi si discostava ? … La pena era: Purgatorio e Inferno ! … o viceversa: il Paradiso Eterno in premio.
A differenza di noi di oggi, che in buona parte facciamo il sorrisetto indifferente e distratto di fronte a certi contenuti, per la gente di allora certi principi erano fondamentali e basilari, irrinunciabili, tanto da giocarci e investirci il proprio quotidiano in ogni angolo e casa della Contrada … e pure oltre.
I tempi e le persone sono molto cambiati, si sa … ma allora era così.
Terzo e ultimo appunto: la zona “d’influenza” considerata dal Piovano di San Marcuola era quella parte ben precisa del Sestiere di Cannaregio che andava grossomodo dal Ponte delle Guglie fino al Ponte e Rio di Noale nei pressi della chiesa di San Felice della moderna Strada Nòva. Ci sarebbe molto da dire e sapere su questo “enclave Veneziano”.
Dovete sapere, ad esempio e tanto per incominciare, che San Marcuola in realtà coincideva con quattro chiese.
Quattro ?
Si … Perché per diversi secoli intorno al Capitolo dei Preti di San Marcuola si è coagulata la vita e l’attività dei Veneziani e dei Preti anche delle piccole Contrade limitrofe e confinanti di: Santa Fosca, Santa Maria Maddalena e San Leonardo o San Lunardo Eremita (la chiesa poco distante dal Ponte delle Guglie). Praticamente quell’ampia area ha formato “un unicum” inscindibile e fortemente interconnesso, che per secoli è vissuto sotto l’egida e il “controllo subliminale” diretto dei Preti di San Marcuola.
Subliminale ? … Non è troppo ?
Non esagero nel definirlo “subliminale”, l’ho fatto a posta … perché si potrà dire e scrivere più avanti fino a quale alto e profondo grado, e quasi totalità di controllo sociale sono stati capace di arrivare nella loro gestione i Preti di San Marcuola … I Veneziani, forse inconsapevoli, ignoranti o “rassegnati”da parte loro, sono andati loro dietro e li hanno assecondati per secoli … mica un giorno o un paio di mesi e anni.
Detto questo, eccovi buona parte dello scritto che ho ridotto brevemente nelle parti ripetitive togliendovi “i doppioni” e qualche parte accessoria superflua segnata come: […]. Non ho tolto nulla d’importante del contenuto originale, proprio per poter cogliere fino in fondo “lo spessore” di quel curioso quanto originale scritto che merita considerazione (almeno secondo me).
Come potrete leggere fra un paio di righe in questo documento-lettera che potremmo titolare:“Quadro della posizione morale di San Marcuola in occasione della Visita del Patriarca Giovanni Ladislao Pirker nel 1821.”, il Pre’ di San Marcuola ne ha avute un bel po’ per tutti, non ha risparmiato nessuno.
“… Il carattere morale della Parrocchia è meno impotente di quello ch’esser potrebbe: un numero di poveri, che forma oltre il quarto della Parrocchia, e di questa la maggior parte in situazione la più commovente, dovrebbe far vedere il quadro de’ vizii plebei marcato con tinte spaventevoli. Vi si aggiunga l’incuria colla quale per tant’anni è stata lasciata questa massa importante nell’ignoranza della Religione, si è guardata come la feccia parrocchiale e come il rifiuto della Natura, anzichè come una importante porzion dell’ovil della Chiesa … e si vedrà che l’immoralità non è assolutamente proporzionata al fermento che avrebbe potuto portarla agli eccessi.
Il Parroco attuale non si rifiuta di trovarsi al letto de’ miseri personalmente nell’alta notte, e volendo che le tumulazioni dei più pezzenti abbian gli onori funebri, somministrando del proprio le cere occorrenti, al che esemplarmente è secondato da tutto il Clero, che di buona voglia concorre al funeral di ogni povero, ha svegliata la sensibilità di questa classe infelice: la cura di profittar d’ogni occasione per istruirla, la fermezza di rifiutar gli appoggi della carità al povero che non frequenta la chiesa, ha dato al Ministero Parrocchiale un ascendente sui miseri che va a farsi decisamente vantaggioso alla generale loro moralità. Se i fondi parrocchiali potessero supplire a vacui che necessariamente ci sono, ad onta de’ vistosi soccorsi della Beneficenza, i ruinosi consigli della fame farebbero men luttuosa impressione in questa classe alle imperiose esigenze dell’inopia talora calamitosamente sacrificata. Quello che scema ognidì più i mezzi, coi quali un Pastor cordiale potrebbe accorrere ai bisogni per lo meno i più urgenti, è la infezione inevitabile dipendente dalla libertà data agli Ebrei di abitare fuori del loro Ghetto.
Nella Parrocchia di San Marcuola si combina il loro genio d’emanciparsi dall’antica servitù, e la loro ostinazione di bere nelle loro scuole le follie carnali della proscritta loro credenza; così quelli tra gl’Israeliti, che Atei non sono ancora […] affettano di tenersi nelle vicinanze alle lor Sinagoghe. Di qua l’invasione della Parrocchia: ventotto delle migliori abitazioni Parrocchiali sono appigionate ad Ebrei. Queste, che abitate da Cristiani, sarebbero un fondo utile ai pesi che gravitan necessariamente sul Parroco, sono invece un fondo non solo sterile per Parroco, ma contagioso per la Parrocchia. L’area occupata da’ Poveri resta la stessa; fassi anzi maggiore ognidì: quella che avrebbe potuto fruttar soccorsi, è invasa dai nemici del Vangelo, né può quindi sperar il Pastore non solo gli straordinari, ma neppure gli ordinarii soccorsi, coì quali far fronte agl’imperiosi pericoli dell’indigente suo ovile.
Questo è ancor poco. Oltre alle ventotto case migliori da’ Giudei occupate, avvenne di costoro che viziosi, sdruciti e sfrontati, prendono a pigione appartamenti, stanze, catapecchie in cui abitano insiem co’ Cristiani: e dove si dee passar pella stanza dell’Ebreo a visitar il Cattolico moriente: dove si sorprende l’Ebreo che dorme nella stanza istessa, in cui dimora insieme coll’avara appigionatrice, e tiensi con essa, e colle figlie, e co’ figli di lei in infame contatto. I sarcasmi sacrileghi sulla nostra Religione Santissima, le lezioni d’incredulità, le tentazioni alla turpitudine, le violazioni di ogni legge e di ogni diritto debbono esserne e il son purtroppo le conseguenze.Di qua i riflessibili abusi.
Primo che col pretesto di società si mantengono concubinati sfrontatamente tra Ebrei e Cattoliche, da’ quali nascendo figli, le prostitute si sgravano fuor di Parrocchia, e i figli poscia all’Ebraismo, benchè usciti da battezzata donna, clandestinamente sono educati.
Secondo che i più ricchi da’ matrimoni loro avendo prole, la vogliono allattata da nodrici Cristiane, e a conviver seco loro le allettano colla vistosità degli stipendi. In conseguenza non contenti di veder che di latte battezzato si nutran bamboli, che cresceranno all’odio della Croce, sforzan la vile Cristiana che le mammelle sue appigionò, a pascersi de’ loro cibi, a vivere alla lor foggia, a trascurar Sacramenti, a conculcar digiuni ed astinenze , insomma a Giudaizzare per necessità fin che allatta, e finita la nodritura, ad esser senza religion per sistema.
Terzo che tutti coloro che sono in grado di mantener fantesca, la voglion Cristiana, la cercan giovane, e senza riguardo la si tengono in casa la notte. Satanasso sa ben quel che succede. Noi lo vediamo allora, che il delitto si è fatto pubblico, e siam costretti a fremere, vedendolo, baldanzoso e impunito. Ne’ tempi dell’antico Governo gli Ebrei, comechè imprigionati nel Ghetto loro, eran tenuti a pagar un canone alle Parrocchie ne’ confini delle quali esso è posto, onde supplire alla sterilità di quel fondo che la lor dimora rendea infecondo a’ parrocchiali bisogni. Quanto non sarebbe equo ora, che non abitano il fondo Ebraico, ma invadono senza freno il Cattolico, che l’Ebraica Università compensasse i Parrochi del danno che porta alla Parrocchia il loro domicilio, e questo in ragione de’ fondi, che voglionsi da loro occupati ?
I Parrochi non sarebbero dell’intutto sacrificati, ed avrebbon con che accorrere a que’ bisognosi, che depositati all’orecchio del Pastore né debbono, né ponno esser portati alla conoscenza delle Fraterne ed assoggettati a’ provvedimenti della Beneficenza. Questo provvedimento però non sarebbe che estrinseco, né porterebbe vitalmente riparo al disordine.
I definitivamente utili rimedi sarebbero:
Primo a salvar le Parrocchie di San Marcuola, di San Geremia e di San Marziale invase a trabocco da questi ospiti contagiosi, e il fissar il numero delle case che possono essere appigionate agli Ebrei.
Secondo: il divieto che possan costoro prender a locazione porzion di casa abitata da Cristiani.
Terzo: la proibizione d’aver in casa nodrici Cattoliche. E finalmente il divieto di tenersi a pernottar fantesche e servi battezzati. Sarebbero queste Parrocchie […] salvate allora, e si potrebbe veder tolto il maggior de’ pericoli a quella classe di popolazione che dalle ristrettezze dello stato suo suol essere più facilmente vittima della seduzione.
A questo scoglio che fa abortire una parte delle parrocchiali sollecitudini, si aggiunge il secondo, ed è quello della libertà indisciplinata delle popolari osterie dette Magazzeni. Questi covili d’intemperanza e di fornicazione sono il teatro scandaloso ove ogni giorno s’insulta alla decenza e alla legge, ma nel dì festivo a spese della Religion si tripudia pubblicamente. La Polizia con una sapientissima prescrizione avea limitato il libertinaggio alle 10 ore della sera; ma hanno ben costoro trovato il modo di render inoperosa la sanzione religiosissima rivendicando al turbine petulante la libertà dell’intiera notte. Poco sarebbe s’ei sepellisse nelle tenebre l’obbrobrio di plebei stravizii: il peggio è che nell’ore delle Sagre Funzioni, in quelle della Cristiana Dottrina sono aperti a chiunque sì fatti luoghi né quali alla vigilanza Parrocchial si sottraggono quelli, che più degli altri abbisognano d’istruzione.
Perché non si puniscono coll’arresto i ritrovati in questi luoghi nelle ore della Dottrina Cristiana ? Il si fa pur nel territorio Padovano, il si fa pure a Chioggia ... E perché non si carica d’una multa gravosa il Magazziniere irremissibile ?
Pur si potrebbe applicarla agl’imperiosi bisogni delle Parrocchiale Fraterna convertendo la pena del delitto a sovvenimento degli esposti a commetterne. La Municipalità ha caricata la mano su qualche Macellaio e su qualche Artista (iscritto a Schole di Arte e Mestiere) che le feste non rispettò: e come non ispiega il suo carattere e lo smentì con costoro che profanano, e cagion sono che da tanti sien profanate ?
Più ruinoso ancora dell’accennato è un secondo Magazzino aperto precisamente rimpetto alla succursale di Santa Fosca. Di questo può dirsi che l’effumazione del tempio di Satana imbarazzano, controbilanciano, soffocano i timomi (le produzioni, i doni) del vero Iddio. Lo speculator senza fede ha estorto il permesso della Politica Autorità promettendo che nel suo negozio non avrebbe dato diritto di fermarsi ed annegarsi nel vino agl’intemperanti. Ad onta degli ossequiosi reclami del Parroco che prevedeva l’insidia di quel ricorso; ad onta dell’interesse de’ Nobilhomeni Giuseppe ed Antonio Giovannelli per impedire lo scandalo, l’onnipotenza del ricorrente trionfò.
Oggi si lupaneggia a man salva ... Si è appigionata una corte contigua in cui nessun freno ha la licenza. I vicini che doveano esser interpellati, e nol furono, fremono sulla sfrontatezza, con cui s’insulta alla loro pace, ed assediano il Parroco perché ponga riparo alla seduzione delle lor vergini, fino alle quali giunge purtroppo il fremito corrompitore della avvinazzata dissolutezza.
Che può fare il Parroco ? In confronto della prostituzione purtroppo la voce del Parroco ci va a perdere, ed è tutto quello che puossi sperar da’ Comissariati Politici è una officiosa esortazione ad avere pazienza. Una interposizione potente della Patriarcale venerata autorità potrebbe sola porr’argine a quest’obbrobrio, volendo disciplinato il Magazzino alle Campane, e chiuso definitivamente quello di Santa Fosca.
A questa potente interposizione la Polizia non rifiuterebbe la espulsione della Parrocchia di certe Scanferla madre e figlia, che abitano una casipola attaccata al campanile di detta chiesa appigionata loro dall’imbecille Don Carlo Panà Primo Beneficiato della medesima Succursale. Fanno costoro della lor catapecchia mercato laido a cui esca è la giovane.
Il Parroco ch’espulse le volle fu minacciato bruscamente dal figlio della vecchia, di professione satellite, ed avendo portata la cosa alla conoscenza superiore n’ebbe per conforto l’insinuazione d’aver pazienza e lasciar correre. Perché tuttociò che all’occhio Patriarcale vogliono aperto i Canoni, si faccia noto, due scandalosi concubinati nella Parrocchia ci sono. Uno è di certo Brambilla venditor di frutti nel confine del circondario della Maddalena. Costui cacciata la moglie legittima vive cola coadultera, e si beffa delle insinuazioni del Parroco, sicuro che più là dell’ “argue”, “obsecra”, e rare volte “increpa” la voce parrocchial non procede.
L’altro è di certo Giacomo Mazzuccato detto Cristo (denominazione che in lui è bestemmia) venditor di carnami. Questi convive sì colla moglie, e talor si frena per riguardo al Parroco del caricarla di percosse e strapazzi, ma senza riguardo veruno mantiene la tresca adultera cui fa abitar presso al magazzino rimpetto alla Succursale di Santa Fosca.
Son queste le gangrene della Parrocchia delle quali la massima è il concubinato di certa giovine Faccio coll’Ebreo Sulam già più volte (ed anche recentemente) madre clandestina, come sopra fu detto.
Altre ci sono piaghe, ma non contagiose tanto e le più contingenti. Conforta intanto che nella feccia plebea son tutte.
Le case di qualche entità sono tutte morali: alcune di esse luminosamente esemplari. Le Famiglie Nobili poi: Giovannelli, Correr, Grimani, Sughi, Martinengo, Gritti, Contarini, Quirini, Vendramin, Marcello ecc … sono la consolazione del Governo, l’edificazione della Parrocchia, e l’onor della Religione.
Non è del mio genio che il guardo Patriarcale discenda fino ad occuparsi del poco che ha potuto vantaggiar in fatto di culto e di disciplina la chiesa mia […]
Venezia presenta a chi si fa a considerarla in argomento di Religione un’opposizione che di primo aspetto sorprende. Il popolo è religiosissimo: lo provano tanti tempii eretti, tante solennità istituite, tanta frequenza che si vede nelle chiese ne’ dì solenni. Il Clero all’incontro è tutt’altro in pien che devoto: ceremonie storpiate, riti ignorati, uffiziatura non curata, dottrine dai più abbandonate, sono i più piccoli de disordini che si veggono. In nessuna delle Venete Città il Clero è in Coro sì irriverente come a Venezia. Anche dove il Coro è in Presbiterio si veggono i Preti parlar a vicenda la maggior parte del tempo che dura l’uffiziatura, abbandonar il Coro a mezza la Messa ed il Vespro, venirci al fine alcuni, i più non intervenir che ad uffiziatura avanzata. Nel tempo della Predica sono pochissime le chiese nelle quali si vegga il Clero unito a coronar il pulpito. Sta ad oziar nelle Sagristie, alterca intanto, parla di tutti e di tutto, e per di più su gli occhi de’ secolari, de quali esser dovrebbe Maestro, e fassi spettacolo per lo meno.
Assiduo alle funzioni di lucro, per quelle di rito è indifferentissimo, né raro è che veggasi una chiesa che conterà venti alunni (Preti da Coro), non averne che cinque o sei in Coro ne’ dì festivi. Vien da ciò che le funzioni da Canoni prescritte, quelle che son volute da fondazioni, delle quali o non si esigono o son depreziati i Capitali che le han fondate, ad onta degli obblighi assunti si lasciano nella più indecorosa dimenticanza.
A cercare la origine di questo disordine, per cui tanti che secolari sarebbero fervosissimi, sono scioperatissimi Preti, non saprei vederne altra più vera, della facilità che ci fu a quest’ultimi tempi d’essere Ordinati a titolo di servitù. La porta del Santuario divenne speculazione delle famiglie, rifugio che assicura l’ignorante, allo scioperato, all’uom insomma del più basso popoletto, una via sicura e facile di onore e di lucro. Che spirito può esserci in chi si è senza spirito votato agli altari ?
A questa fatalmente troppo vera causa si aggiunge la seconda, ed è: che il Clero delle chiese attualmente è Clero Collettizio formato degli alunni di Parrocchie soppresse che la necessità ha costretti ad aggregarsi alle sussistenti. Son questi tanti figliastri che trovano matrigna o difettosa, o non interessante, ed ordinariamente anzichè d’aiuto servono d’imbarazzo alla chiesa che li raccolse. La mia Parrocchia per un tempo risentissi ella pur del miasma desolator che il culto minaccia. Ormai tolto è deì suoi mali il più. Ma alcuni ne restano, ch’io non posso non destramente attaccarli, né spero di vincerli se non con guerra e lunga ed incerta.
Primo male. Un tempo si cantava la Messa Conventuale ogni giorno, e doveano tutti assistervi Beneficiati ed Alunni: a questa Messa si fea preghiera particolar quotidiana per una testatrice che ha beneficiato i Titolati ed il Parroco. Dopo di questa Messa si cantavano le Litanie della Santissima Vergine. Tutto questo da qualch’anno arbitrariamente si trascura, perché i Sacerdoti ed i Beneficiati in principalità ricusarono d’intervenirvi, e i Parroci antecessori forza non ispiegarono per obbligarveli. Questa stessa loro indolenza ha lasciata e la mia e molt’altre Sagrestie alla balia di un solo Sagrestano. Un tempo eran due, e gl’incovenienti eran minori. In mano d’un solo sta adesso tutta la sostanza della chiesa, un solo tiene i fondi pella celebrazione delle Messe, un solo riceve le Messe Avventizie. Giuda trovò la sua tentazione nella Cassa, ed era Apostolo, perché non potrebbe trovarvela il Sagrestan d’una chiesa, il quale per lo più non ha verun degli Apostolici numeri ?
S’ei manca intanto, restano chiesa e Sagristia in custodia dei Nonzoli: chi può garantir che se, finchè son soli, vengon limosine per Messe, non vadano a naufragar nella saccoccia di costoro ?
Il Parroco che intende che allo scrigno della chiesa ci vorrebbe tre chiavi, che due potrebbero esser in man de’ due Sagrestani, la terza in man sua, dove i due Sagrestani ci sono, può facilmente mantenerli: ma dove han cessato d’esser due non può introdurre il secondo senza far nascere de’ scismi, qualor il comando del Superiore non degni egli stesso di prescriverlo.
Figlio di questo è un altro disordine, che ho trovato e desidero tolto nella mia Sagrestia.Come il Sagrestano non può essere per tutto e far tutto, se se può, non vuol sempre, così usa del Ministero di qualche secolare addetto alla Sagrestia. A San Marcuola il privilegiato è un sudicio beccamorti il quale a premio della sua fedeltà ha il diritto di trattar Reliquie, di maneggiar calici, cose che a Chierici di permettono dalla sola Curia.
Secondo male: che non ci sia nelle Sagrestie un registro formale per le Messe Avventizie. E’ vero che per queste si rlascian le ricevute; ma di questa cauzione non riguarda che quello che portò la elemosina. Un amministratore non delicato può violar la Giustizia: primo registrando le Messa senza indicar l’oblazione, e quindi trattenersi il più; secondo: indicar l’offerta ordinaria semplicemente; terzo: senza registrarle celebrar egli stesso le Messe delle quali le offerte sono lusinghiere.
Queste violazioni e della Giustizia e dell’Ordine sottraggono alla conoscenza del Parroco l’amministrazione della Sagristia, fanno del Sagrestano un despota, e lo espongono a concentrare a vantaggio proprio quelle vantaggiose eventualità che la Giustizia vorrebbe ripartite dalla Parrocchiale sorveglianza. Si torrebbe il pericolo qualora nelle Sagrestie tolte le ricevute volanti, fosse tenuto un Libro dove ci fossero ricevute come suol dirsi: madre e figlia. Il registro dovrebbe farsi in tutte due: la figlia sottoscritta dal Sagrestano dovrebbe essere passata all’Offerente, e la madre sottoscritta dall’Offerente, o non sapendo egli scrivere, da un Sacerdote qualunque di Chiesa, restando in Libro, sarebbon tolti gli abusi.
La mia Parrocchia avrebbe un monumento prezioso della Visita di Vostra Eccellenza Reverendissima se la sua sapienza trovasse di presidiar i buoni miei desiderii, adottando un piano di Provvidenze relative ai suindicati bisogno. Il materiale della Parrocchia legittimato, il Moral presidiato, il Canonico sistemato, ed il disciplinare regolato, cospirerebbero ad attirar prosperamente il sistema del Culto, a ravvivar il genio del Clero, ed a felicitar un uomo di buona volontà il cui solo voto è che su base solida cresca sempre più florido il Regno di Gesù Cristo, e frutti benedizione al Pastor insigne, che dato gli avesse ad incrementare il felicissimo impulso…”
Lo stesso Patriarca profondamente filoImperiale non mancò nell’occasione della sua Visita Pastorale su ogni Parrocchia e Contrada di Venezia di relazionare all’Imperatore “sullo status e la condizione della città un tempo Serenissima”. Ne venne fuori una specie di radiografia, un’immagine sintetica, un volto, che rendeva di certo l’idea di come quella ex Repubblica ormai trapassata e più che decadente fosse diventata solo l’immagine sbiadita di quel che era stata un tempo.
Relazionò il Patriarca Giovanni Ladislao Pirker all’Imperatore Austriaco: “Dal 1797 ad oggi (1824) lo status e l’entità della popolazione Veneziana sono cambiati: i Nobili da 3.477 sono diventati 2.164, i Cittadini da 5.099 sono scesi a 3.339 ... Il numero dei plebei popolani è preponderante, anche se sono decresciuti sensibilmente da 122.530 a 84.827 a causa del decremento demografico e dell’esodo della popolazione, mentre il numero dei Religiosi e delle Monache è rimasto più o meno lo stesso perdendo la categoria solamente 250 unità circa. (I Religiosi e le Monache abitano in più di 3.000 nei Monasteri e Conventi Lagunari, e quasi tutti percepiscono una valida pensione ad personam) ... Per qualche Contrada e Parrocchia di Venezia non esiste altro che poveraglia di vago mestiere e disoccupati colti da estrema indigenza che necessitano urgentemente ogni giorno della Pubblica Assistenza … Esistono 40.764 poveri Veneziani aiutati dalla Commissione Generale di Pubblica Assistenza, e il numero degli “aspiranti in attesa di una piazza” è infinito … I ricoverati negli ancora numerosissimi Ospizi, Ospedali e Ospedaletti di Contrada sono saliti da 1.446 a 4.919, mentre quelli che godono di una “pensione vitalizia” sono 2.909 ... 14.599 persone vengono assistite dalle 92 Fraterne Parrocchiali che possiedono ancora un capitale in Zecca di 407.777 lire (di cui 159.441 gestite direttamente dalla Fraterna Grande di Sant’Antonin) … In città sono attivi: Magistrati che da 3.477 che erano prima del “grande storico ribaltone”, ora assommano a 2.397 unità … Una sola terza parte dell’infelice e buona popolazione che a primo aspetto potrebbe sembrare neghittosa e creduta infingarda potrà calcolarsi non dirò doviziosa, ma provveduta … Questa eterogenea folla è composta di Marinai e Lavoranti nell’Arsenale di Marina(Gli Arsenalotti sono scesi a 773 (300 tra Ufficiali, Militari e Impiegati e 400 Maestranze) dai 3.302 che erano (compresi Ufficiali e Impiegati), i Gondolieri dei Traghetti si sono ridotti a 607 da 1.088 che erano, mentre i Barcaroli de Casàda sono 297 invece che 2.854 (nel 1797 si contavano a Venezia: 3.000 gondole di cui 1.000 destinate all’uso pubblico dei Traghetti che davano lavoro a 4.000 Veneziani, mentre altre 2.000 gondole era a servizio delle Casàde private), Macellai e venditori di carnami, poveri Artisti e Fabbricatori, Squeraioli e Battellanti, Pescatori e Guardie di Finanza appartenenti al Corpo degli Zappatori ... Ci sono agiati negozianti il cui commercio va declinando e scemando: Banchieri, Padroni di Navi, Orefici e Commercianti di Sete sono diventati 3.628 da 10.884 che erano, gli Artigiani sono 2.442 da 6.200 ... e alcuni Capitani Mercantili si querelano del loro ozio … Nelle Parrocchie sono in gran voga le Separazioni matrimoniali o “unioni coniugali rotte”, e il concubinato è sempre più diffuso segnando un notevole degrado morale ... Gli Ebrei in città sono cresciuti di numero: da 1.642 a 1.980 ...”
Infine ancora un dettaglio sul Piovan di San Marcuola… A differenza di altri Piovani Veneziani, come quello dell’Anzolo Raffael, dei Santi Giovanni e Paolo, Santo Stefano, Burano, San Pietro di Murano, Caorlee l’Economo Spirituale di Treporti e dell’Arciprete di San Marco, non venne segnalato all’Imperatore fra le persone “distinte per zelo, attività ed intelligenza con cui sostengono le loro incombenze a vantaggio della Chiesa e dello Stato”... In quella stessa occasione si proclamarono anche “degni d’elogio” anche il Rettore del Seminario, il Direttore degli Orfanelli, le Priore degli Esposti di Sant’Alvise e delle Zitelle, la Marchesa di Canossa, il Provveditore del Liceo (Santa Caterina ossia l’attuale Foscarini delle Fondamente Nove), l’Ispettore Capo delle “scuole triviali” e il Direttore della Scuola Normale… ma non ci fu neanche una seppur minima menzione per il Piovan di San Marcuola: niente di niente … Forse perché nella sua cruda missiva oltre aver detto cose anche assurde, rabbiose, acerbe e fin troppo di parte, aveva però messo anche il dito su alcune piaghe, “gangrene” ha scritto lui precisamente, che c’erano nel mirabile secolare meccanismo dei Preti del Capitolo di San Marcuola… Qualcosa stava scricchiolando del sofisticatissimo e secolare apparato Ecclesiastico Veneziano ... già da allora.
Che cosa ? …………. (fine della prima parte/continua)