“Una curiosità Veneziana per volta.” – n° 173.
“Inverno 1709 … Laguna gelata … ghiacciava anche la pipì.”
Si parla ancora a Venezia del memorabile ghiaccio del 1929 quando la gente camminava sulle acque della Laguna ghiacciate … Ci sono ancora alcune sbiadite foto che lo testimoniano … E’ sempre curioso vedere le persone “camminare sulle acque”… Ha un sapore di miracolo e di eccezionale … anche se in realtà si tratta solo di una delle tante cose insolite che possono capitare.
Infatti capitò diverse volte nel lungo corso della Storia di Venezia … E fra le tante, esiste una vecchia Cronaca, “campagnola” in verità quindi non tanto nostrana Veneziana, che racconta di una mirabile e singolare “ghiacciata”accaduta nel lontano gennaio 1709. Quell’anno e quell’inverno nevicò tantissimo: in certi posti del Dominio Veneto non molto lontani da Venezia la neve era salita alta fin quasi a due metri, tanto che non si era più potuto neanche aprire Forni, mercati e botteghe.
In poco tempo ghiacciò tutto prendendo molti alla sprovvista, e gelò anche la Laguna di Venezia di un ghiaccio così spesso e solido che ci si poteva camminare sopra tranquillamente anche portando un sacco pieno in spalla ... Faceva un “freddo cane” ovunque, anzi: “un freddo bècco” come diceva la Cronaca … La gente e i vecchi fragili morivano per il gran freddo nelle case, e si trovavano i miseri morti sotto ai portici, o sotto la prua di qualche barca dove andavano in cerca di un ultimo riparo per sfuggire alla Morte che andava a ghermirli fin là sotto … “Morirono anche dei Nobili che contro gelo e peste non sanno trovare scampo neppure loro sebbene possiedano la borsa forte appesa.”… Si diceva che perfino la pipì urinando si ghiacciasse appena toccava terra per strada, e che perfino lo sputo si coagulasse in aria appena usciva fuori dalla bocca … Se ne dicevano tante in giro in quei giorni: più del solito … e Venezia dopo un po’ di giorni si ritrovò nelle ristrettezze perché non potendo transitare e navigare le barche vennero a mancare anche i rifornimenti.
Si raccontava che per chi andava o stava a Venezia la spesa principale era quella di riscaldarsi e trovare e pagare legna da ardere ... Era andata a ruba del tutto, e la poca rimasta era diventata così preziosa che ci fu anche chi s’arricchì vendendo quattro legnami scadenti … “Quattro stizzetti striminziti di legno costavano un soldo … roba da ricchi !”… In giro per le Contrade Veneziane si sentirono raccontare storie insolite: c’era chi bruciava nel camino le tavole staccate dalle soffitte, chi il manico della scopa di casa, o ogni altra cosa considerata inutile … perfino le “zampe dei letti” ... e c’era perfino chi vagava nottetempo per la Laguna ghiacciata andando a rubare i legni dei capanni lagunari, e perfino i pali delle “Palàde di confine della Serenissima”… che essendo marce e quasi distrutte dal tempo, non ci misero nulla a finire arse scoppiettanti nel fuoco facendo felice qualcuno … Era tanto il disagio, che chiunque pur di non soffrirne era disposto a inventarsi qualcosa.
Arrivarono a Venezia anche alcuni echi di storie della Terraferma, da dove giungevano più che spesso discorsi di cose strane e strampalate: si raccontava che era tutto bianco ghiacciato come in preda a “una stregonica e deleteria magia”, che erano andate a male tutte le coltivazioni, e che erano morti orti, giardini, coltivazioni, campi e tutti gli agrumi … e che gli animali gemevano nelle stalle per la mancanza d’acqua e di giusto fieno … Un giorno giunse anche la storia di una giovane donna che vinta dal freddo e dalla miseria accese un fuoco di braci sotto al letto del suo pargolo prima di uscire alla ricerca di qualcosa da mangiare … Il letto prese fuoco, e al suo ritorno trovò l’intera casa carbonizzata compresa la sua creatura … Una storiaccia … purtroppo … E ci fu anche chi, sempre nelle aspre lande desolate della Terraferma, pensò bene di sfidare la sorte e cercare qualche buon affare recandosi “sacco in spalla” fino a Venezia attraversando la Laguna ghiacciata … S’era sparsa voce nelle campagne che a Venezia dove il gelo spaccava tubi e bottiglie nottetempo: “se moriva de fame e freddo pur avendo i denari”… Perciò qualche logoro e polveroso contadino munito di pesanti “sgàlmare chiodate” prese più di qualche volta un paio di polli, delle uova, e una gallina dal pollaio, un’altra prese un sacco di farina dal granaio, un agnellino o un porcellino dalla stalla, o dei salami preziosi dalla dispensa, e si avviarono alla volta di Venezia biancovestita pregustando il lauto guadagno e spingendo il loro carretto o traballante biroccio fino sull’orlo della Terraferma dove iniziava la Laguna paralizzata ...
Arrivavano a Venezia arruffati e col cappellaccio storto in testa al mattino presto dopo aver attraversato lo specchio ghiacciato nelle prime ore dell’alba, e se ne andavano soddisfatti prima della campana del mezzogiorno “sacco vuoto”, ma sorridenti dei loro denti marci e ingialliti. Prima di calcare di nuovo lo specchio pallido della Laguna, s’infilavano dentro a qualche lurida bettola “per bagnarse el bècco alla Salute dei Veneziani” che in quei giorni erano diventati la loro fortuna … Poi scomparivano nelle luci lunghe e basse dell’imminente tramonto “camminando sulle acque come Santi del Cielo e improvvisati Angeli della Provvidenza”, e se ne tornavano per notte ai loro improvvidi covili.
A Venezia tutto quanto era commestibile era divenuto carissimo … Bottegai, becchèri e salsamentari erano considerati come orefici: il manzo si vendeva a 30 soldi la libbra, il vitello a due lire, un paio di capponi costava 24 lire, e tutto il resto costava: “un eccesso”.
Il fenomeno, fortunato e fruttuoso per qualcuno, durò quasi un mese … Non si poteva neanche pescare in Laguna, serviva spingersi fino in Mare aperto per prendere qualche pesce … Ma arrivarci al Mare ! … con tutta quella distesa gelata era praticamente impossibile … Le Pescherie di Rialto e San Marco, ma anche delle isole, languivano pure loro con i banchi quasi vuoti e senza acquirenti salvo qualche Nobile o benestante: “che avido e sospettoso apriva la saccoccia guardandosi attentamente intorno” ... Era singolare vedere le barche sempre libere di andare ovunque, imprigionate nella morsa candida del ghiaccio che le stringeva fino a farle scricchiolare … Dalle campagne giunse anche notizia che perfino i “fiumi grandi” s’erano temporaneamente ghiacciati, e che le ruote dei mulini erano imbrigliate dal gelo, e che nella primavera prossima tutto sarebbe costato di più perché non si riusciva a macinar farina.
Quell’insolita stagione fu proprio un guaio per Venezia, i Veneziani e tutti quelli delle Lagune.
E ci fu anche chi, nonostante la disgrazia di quei giorni, non perse la voglia di divertirsi ulteriormente approfittando dell’occasione … Spuntarono scivolose slitte di provvisoria e artigiana fattura, e improvvidi cassonetti rotanti adatti a scivolare sopra la Laguna pietrificata … e ci fu anche chi, uomo e donna, finì gambe all’aria pagando salata quella ludica caduta rovinosa, che gli rimase nella memoria insieme a quella “storica ghiacciata”.
Infine il gelo allentò finalmente la sua drammatica stretta, e tutto ciò che doveva essere fluido tornò ad esserlo … Tornò la normalità di sempre, svanirono tante paure, e si spensero tante predizioni apocalittiche e drammatiche che il tepore dell’imminente primavera pensò a stemperare portando il buon tempo e la promessa del solito normale raccolto.
Rimase la Storia con la memoria di quel gelido evento invernale.