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“L’isola di San Clemente: da Santa Casa a Isola dei matti, a Hotel a cinque stelle.”

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“Una curiosità Veneziana per volta.” – n° 178.

“L’isola di San Clemente: da Santa Casa a Isola dei matti, a Hotel a cinque stelle.”

Non c’è molto altro da spiegare e da aggiungere: è tutto riassunto in questo titolo … E’ stato questo in sintesi il destino di un’altra delle perle della collana preziosa che è il nostro Isolario Veneziano.


Ad essere più preciso dovrei aggiungere: da Romitorio Lagunare della Madonna di Loreto dei Padri Camaldolesi di Monte Rua, a Prigione per Preti e Frati, reclusorio per Nobili malandati, soprattutto donne abbandonate dai mariti e internate per lasciar spazio a qualche aitante giovane amante … Poi Manicomio Pubblico fino alla Legge Basaglia del 1978 quando con un colpo di spugna si sono“cancellati i matti”… ma non per questo si è cancellata la malattia, né il disagio esistenziale vivo più che mai in questa nostra epoca: “Prima i Matti era evidente che erano quelli “dentro oltre il muro” … Oggi non si sa più dove sono e chi sono, o forse il mondo intero è diventato un grande Manicomio. Chiudendo i reclusori si è di fatto tolta un’attenzione, che pur nelle sua crudezza considerava il problema … Adesso si attende che accadano i disastri, e quando s’interviene spesso è già troppo tardi …”

Il Problema si sa, è delicatissimo … Ci sarebbero tante cose da dire … ma non è questo il luogo … San Clemente dopo la parentesi manicomiale ha vissuto una stagione di grande depressione e abbandono, poi è rinata come una “Fenice”dalle sue ceneri ed è tornata ad essere Paradiso Lagunare: il San Clemente Palace Kempinski isola di lusso per convegni d’importanza internazionale, scenari romantici, matrimoni da favola, e altro ancora … zanzare comprese, che ti assaltano nei vialetti e fin sul bordo della piscina azzurrissima … ma con eleganza e con un certo garbo, con un “savoir faire”: che è quasi un piacere lasciarsi pungere e “beccare”… Sembra un altro optional compreso nel prezzo del divertimento … L’isola è davvero bellissima: oggi non le manca proprio niente: forse non è mai stata così bella e curata lungo tutta la sua secolare storia.


Quando oggi vi approdi ogni angolo sprizza meraviglia, curiosità e senso estetico: vedute mozzafiato a 360° sulla Laguna Sud di Venezia: Sant’Angelo delle Polveri, Poveglia e il Lazzaretto Vecchio da una parte con Malamocco e gli Alberoni dietro … San Lazzaro degli Armeni dall’altra e ancora il Lido sullo sfondo … e poi l’isola di Sacca Sessola a ovest … San Servolo a est … e l’isola della Madonna delle Grazie(altro “paradiso perduto” lasciato nell’abbandono più assoluto) … Infine oltre la distesa scintillante delle acque in cui si specchia sfacciatamente il cielo, e sui cui galleggia un’effimera “città di Alghe”, e guizza un popolo recondito di Pesci e Molluschi di ogni sorta, si stende tutta Venezia con la GiudeccaSan Giorgio Maggiore… e lo Sky Line Veneziano cioè la folla dei campanili, le cupole ... e tutto ciò che conosciamo bene.


E questo è solo il contorno perché l’isola a vederla è tanto di più … Per chi ha le tasche giuste c’è tutto lo sfarzo possibile, la comodità e la raffinatezza, le rifiniture di lusso e i servizi: campo da Golf, piscina, il boschetto ricco di oasi, canneti, laghetti e tutto quanto t’immagini di poter trovare … Al posto delle vecchie casupole dei Monaci Eremiti di un tempo ci sono villini immersi e sprofondati nel verde: un verde bellissimo pure quello, pettinato e tirato a lucido dove oltre alla sapiente azione della forbice del Giardiniere vedi all’opera lo spettacolo tripudio sa offrire sempre Madre Natura ... Si può passeggiare nel silenzio fra Uccelli e Uccelletti che zufolano fra le fronte e ti zampettano attorno facendoti sentire davvero“beato fra le fresche frasche”… Quasi ti perdi nell’attraversare i solenni corridoi foderati di luminescenti vetrine ricche di lussuosi reperti e amenità … e ti sembra quasi di disturbare quando passi accanto alle suggestive suite dai nomi esotici … Colori, drappeggi, dettagli sistemati con gusto e fantasia … Ti pare di stare in un posto senza Tempo … o meglio: in un posto che riassume tutto un Tempo, una Storia e un modo d’essere e di vivere “fuori dal mondo”.


E’ quasi un’emozione indugiare in giro per l’isola di San Clemente … Passa quasi in secondo piano l’idea che è stata a lungo il reclusorio mentale … anche se sei costretto a pensarlo quando intravedi i cortili cinti di robuste sbarre … o la cinta invalicabile delle mura … San Clemente deve essere stata proprio una prigione: “dello Spirito” per qualcuno,“della Mente e del Corpo”per altri … Un luogo di privazione in ogni caso, sia dei bisogni primari, che delle sensazioni dell’esistenza.

Chissà come avranno vissuto in isola tanti Veneziani e Veneziane … Chissà che cosa avranno provato, pensato, patito, avvertito e sentito sia i Matti, ma anche i Monaci della Santa Casa… E’ un po’ da brivido (secondo me ovviamente) entrare in quel che rimane dell’antica chiesa di San Clemente col suo adiacente chiostrino … E’ da brivido immaginare chi ha popolato per anni quel posto … Da brivido ripensare le sensazioni fortissime interiori, gli apici spirituali che hanno saputo raggiungere lì dentro certe persone … Da brivido ripensare ai tanti fatti di cronaca accaduti e riassunti fra quelle anguste e cupe mura … Da brivido pensare a chi è finito col morire e finire “in fossa Comune” in quel luogo cinto dall’acqua marina della nostra magica Laguna, che ieri come questa sera si distende sotto lunghi e silenziosissimi tramonti impastati di un’esplosione di luci e colori … Non mancano Storie e Poesia in San Clemente … anche se fa un po’ anacronistico vedere chiesa e Sacrestia ridotti a dorata romantica location in cui intrattenersi a cenare al lume di mille candele mosse dalla brezza lagunare …“de gustibus …”


L’isola di San Clemente in sintesi è meno di 7 ettari emersi dalle acque … e la più antica notizia storica che la riguarda racconta di Pietro Gattilesso o Getalesso o Gatilosoricco Mercante che nel 1131 volle realizzare in quella selvatica terra emersa un Ospizio cioè un luogo d’ospitalità, “uno Spedàle” con chiesetta per Pellegrini e Soldati diretti o di ritorno dalla Terrasanta … Più di vent’anni dopo, l’isola venne ceduta in perpetuo dal Vescovo di Castello Giovanni III° Polanoal Patriarca Enrico di Grado che prima forse si recò a remi a consacrare quella primitiva Cappelletta Lagunare, e dieci anni dopo ancora v’insediò un gruppetto di Canonici Regolari di Sant’Agostino il cui Priore all’atto della nomina doveva offrire al Patriarca un letto nuovo ! … Proprio così: un letto ! … Solo nel 1337 si pensò di cambiare quella strana abitudine tramutandola in quattro ben più pratici ducati d’oro.

Comunque la presenza dei Monaci in isola non era abbastanza per valorizzare quel posto fuori mano che rimaneva fin troppo anonimo. Si pensò allora di provvedere alla solita maniera in cui si agiva in quell’epoca: cioè portando dall’Oriente nel 1288 delle “Buone e Sacre Reliquie”. Erano quelle di Sant’Aniano d’Alessandria:“amico-compagno-discepolo dell’Evangelista San Marco”… quindi “ròba di casa, giusto da Veneziani”… Perciò Sant’Aniano divenne immediatamente Patrono dei Caleghèri (calzolai)Veneziani... e non solo.


Narrava la leggenda che San Marco viaggiando dalla Cirenaica giunse fino ad Alessandria in Egitto dove fu costretto a cercare un calzolaio perchè gli si era rotto un sandalo. Trovata la bottega entrò da Aniano che si punse un dito con un grosso ago mentre stava lavorando, e se ne venne fuori con una bella esclamazione, cioè (non essendo ancora diventato Santo) tirò una bella “saràcca” (un bestemmione): Heis ho Theos !”(Dio è uno !) ... San Marco capì subito che quell’uomo aveva bisogno di lui, e non perse l’occasione per annunciargli la novità del Vangelo Cristiano… e già che c’era gli guarì prodigiosamente la mano bucata.

“Adesso si che si comincia a ragionare !”avranno detto di certo i Veneziani sempre entusiasti e devoti di allora (ma anche altrettanto determinati, interessati e furbi, non creduloni quindi) quando videro arrivare in Laguna quell’ennesimo carico di preziose Sante Reliquie … e l’isola da Ospiziodivenne soprattutto Monastero.



Dopo qualche secolo, nel 1432, quando nei pressi dell’isola di San Clemente funzionava il Mulino delle Bèbbe  e gli addetti alla pesatura forse abitavano nell’isola, Papa Eugenio IV cioè il Nobile Veneziano Gabriele Condulmer, visto che erano calate le rendite e i lasciti per San Clemente tanto da indurre gli Agostiniani ad andarsene, diede in usufrutto l’isola ai Canonici Lateranensi della Carità, che forniti di ricchezze e lasciti proprio provvidero subito ad ampliare il Convento costruendovi il chiostro e a restaurare la chiesa rifacendogli la facciata servendosi dei Tagiapiera e degli Scalpellini della bottega dei Lombardo ... L’isola divenne così bella e accogliente che la Serenissima la utilizzò come luogo di prestigio dove ospitare i suoi ospiti più illustri … anche se in verità un po’ languiva visto che i Canonici vi celebravano solo una “Messetta domenicale”.

Forse fu in quella stessa epoca che San Clemente divenne adatta ad ospitare Veneziani affetti da malattie infettive … e non solo. L’isola più che un Lazzaretto vero e proprio divenne come un nosocomio di lusso, un luogo riservato dove andate a rinserrare pagando ai Monaci qualche buon vitalizio qualche persona squilibrata, o magari soltanto scomoda … Si dice, infatti, che anche in San Clemente alcuni Nobili Veneziani abbiano “scaricato e alienato a pagamento”qualche figlio o familiare, o parente e conoscente affetto da disagio mentale o handicap, o talvolta qualche moglie scomoda e magari “un po’ passata” ... Non mancherebbero le storie da raccontare al riguardo.



Giunse più tardi il 1629-1630, che fu un’annata terribile per Venezia in quanto non solo infuriava ancora una volta la Peste(quella del Voto della Madonna della Salute), ma si aggirava in continuità per tutto l’Arcipelago Veneziano una massa montante e incontrollabile di poveri e miseri ... Inutilmente il Patriarca di Veneziaesortò tutti i Religiosi a soccorrere quella folla di bisognosi, e a poco servirono i 4.000 ducati e successivi 2.000 stanziati dai Provveditori alla Sanitàdella Serenissima: i miserabili divennero sempre di più … prima almeno 5.000 ...  e si tirarono fuori ulteriori 5.000 ducati per nutrirli … Risultato ? … I poveri divennero 5.350 … Venezia e la Laguna attiravano i miseri come le Alpi sul miele … Si provò a sistemarli e distribuirli in luoghi diversi, anche nell’isola di San Clemente ... Nell’aprile 1629 fra l’Ospizio di San Clemente e gli altri ricoveri e Lazzaretti Lagunari si ospitavano quasi 6.000 contadini soprattutto di provenienza Friulana e Trevigiana… Il mese dopo divennero: 7.000 in condizioni igienico-sanitarie sempre più pietose. Il Senato allora designò tre Nobili Provveditori perchè gestissero la situazione … Si acquistarono ancora altre 6.000 staia di miglio e grano, e si raccomandò di nutrire al meglio tutta quella gente provando poi a rispedirla il più presto possibile a casa loro per accudire i terreni lasciati nel frattempo incolti e improduttivi ... Una storiaccia insomma !

Poi tutto sembrò acquietarsi … Nell’ottobre 1631 al Lido erano rimasti attivi a seppellire cadaveri solo sei funesti Pizzegamorti col loro tremendissimo capo … Nei Lazzaretti Vecchio e Nuovo e nell’isola di San Clemente si ospitavano ancora 585 persone fra ammalati e convalescenti, compresi altri 12 Pizzegamorti in contumacia ... A metà novembre si riprese a seppellire i morti nelle chiese Veneziane di Contrada, e a fine mese “un po’ forzando la mano” secondo le Cronache, la Serenissima dichiarò finalmente terminata quell’ennesima ondata di terribile Pestilenza.

Dopo la potente “buriàna” della Pestilenza, l’isola di San Clemente era ridotta a rovine, a “un cesso”, perciò la SignoriaVeneziana autorizzò i Canonici Lateranensi della Carità ad andarsene e a vendere tutto ... L’isola così passò di nuovo di mano e iniziò una nuova gestione: stavolta venne acquisita dagli Eremiti Camaldolesi di Monte Corona provenienti dal Monastero di Monte Rua sui Colli Euganei(esiste ancora oggi più vivo e vispo che mai: attenti però ! … che l’accesso è precluso ancora oggi alle donne.) ... Accadde proprio in quell’epoca che spinti da “nuovo impulso interiore” si provvide a costruire all’interno della chiesa di San Clemente la Cappella della Santa Casa a imitazione di quella del Santuario Marchigiano di Loreto ... Fu un voto propiziatorio o qualcosa del genere.


In quel significativo ripristino della chiesa di San Clemente ci mise lo zampino e soprattutto i soldi anche Prè Francesco Lazzaroni Piovano della Contrada di Sant’Angelo nel Sestiere di San Marco di Venezia: si prolungò l'abside della chiesetta ingrandendone il transetto seguendo la sapiente regia e il gusto di Baldassare Longhena e di Giusto le Court(lo stesso progettista e costruttore, e lo stesso scultore dell’Altare Maggiore del Tempio della Madonna della Salute a Dorsoduro sulla Punta della Dogana da Mar) ... Nel luglio di quasi vent’anni dopo si stava ancora lavorando e rivestendo la facciata della chiesa: si collocarono un paio di statue di San Romualdo e San Benedetto con due Angeli, e una“Santa Casa con la Beata Vergine”nel timpano superiore. Stavolta furono i Nobili Morosini del Ramo della Sbarra di Santa Maria Formosa a pagare tutti quei lavori ... La facciata divenne come una specie di “album delle memorie di famiglia”, perché vennero collocate oltre allo stemma del Casato, anche delle iscrizioni e dei rilievi che ricordavano le imprese del Senatore e Capitano di Galea Francesco Morosini, e del figlio Tommaso Morosini Capitano di Galeone morti (1618 e 1647) durante la Guerra di Candia e sepolti proprio in chiesa di San Clemente. Il complesso progetto dei lavori venne commissionato ad Andrea Comminelli Tagiapiera e Architetto con bottega in Calle dei Cerchieri in Contrada di San Barnaba ... La spesa prevista fu di 840 ducati pagabili per metà in contanti e per metà in farina o vino buono, con un anticipo di 100 ducati e successive rate mensili di 30 ducati ciascuna.



Nel 1670 i lavori interni alla chiesa stavano ancora proseguendo guidati dal Tagiapiera Antonio Moreschi e dal Murèr Francesco di Majno Sardifratello di Antonio e padre del famoso Giuseppe Sardi … e intanto altri soldi continuarono a fluire a favore dell’isola. Un esempio fra i tanti: nell’ottobre 1678 il Nobile Antonio Barbaro che si era già fatto rappresentare con tutta la famiglia nella facciata di Santa Maria Zobenigo (la Madonna del Giglio) poco distante da Piazza San Marco spendendo più di 30.000 ducati, lasciò “pro Anima sòa” un ingente somma di denaro per celebrare 200 Messe nella stessa chiesa e una Messa quotidiana perpetua, altre 150 Messe alla Madonna del Rosario,150 Messe dai Frati Minori di San Francesco della Vigna, 150 Messe dai Carmelitani dei Carmini, e 150 Messe dai Padri Camaldolesi di San Clemente in isola ... costava indubbiamente caro “il visto-salvacondotto” per accedere all’Eternità.



Più di trent’anni dopo, nel luglio 1716 e poi ancora nel settembre 1729, si stava ancora costruendo e ricostruendo in isola e nella chiesa, visto che il Proto Andrea Tirali rilasciò una“scrittura per 169 ducati” per la rifabbrica dei muri perimetrali del Monastero, e un’altra per la costruzione di una lavanderia e di una libreria per una spesa di 1.040 ducati ... Nel 1740 il Monastero di San Clemente possedeva una rendita annuale di 50 ducati provenienti dall’affitto di alcuni immobili siti in Venezia ... Tre anni dopo secondo una scrittura rilasciata dal Proto Giovanni Scalfarotto si restaurò la Santa Casa di Loreto dell’Isola di San Clemente mangiata dall’umidità e dalla salsedine spendendo 1.000 ducati, e si provvide poi a una pomposa inaugurazione e riconsacrazione da parte del Patriarca Alvise Foscari… Da quel momento l'isola divenne anche Penitenziario per Preti Reclusicolpiti da gravi sanzioni e pene Canoniche (nel gennaio 1769, ad esempio, si provvide a processare e carcerare proprio un Padre Eremita Camaldolese di San Clemente accusato “per mal costume”), mentre una parte dell'isola venne adibita a Casello Militare di Polveri della Serenissima (la Polveriera rimase in servizio fino a metà 1800).



Nel giugno 1769 un Decreto del Senato della Serenissima applicato dal Nobile Alessandro Duodo realizzò la riduzione dei 16 Ordini dei Regolari del Veneto e la soppressione di 127 Conventi ... I Monaci da 5.799 vennero ridotti a 3.380 in 295 Conventi, di cui 108 fra Veneto e Friuli ...Anche i Camaldolesi di Monte Corona vennero colpiti da quelle riduzioni, subendo una riduzione della popolazione Monastica da 110 a 76 membri. I Monasteri Venetifurono costretti a diventare autonomi interrompendo i contatti e le collaborazioni anche economiche con quelli esteri, e l’Isola di San Clemente divenne la sede principale dei Camaldolesi dove si teneva il consueto Capitolo Generale dell’Ordine ogni tre anni.

Poi … come sapete meglio di me, con la caduta della Repubblica arrivarono i “liberatori”francesi, e tutto venne soppresso, annientato e brutalmente saccheggiato, incamerato e indemaniato: 4 libri pregiati dei 3.115 del patrimonio librario della Biblioteca dei Camaldolesi Eremiti di San Clemente vennero concessi alla Biblioteca Marciana, mentre altri 3.111 insieme ad altri 14.000 della Biblioteca dei Somaschi della Salute, e ai 3.500 dei Frarilibri stimati lire 9.745 in tutto, furono venduti come scarti l’8 aprile 1814 a un certo Vianello che li pagò maggiorati, ossia: 13.000 lire.



I dieci Monaci Camaldolesi Eremiti rimasti nell’isola di San Clemente, “… pur dichiarando l’impossibilità di deporre l’abito da Monaci non per ragioni di principio ma in quanto mancanza di mezzi economici per provvedersi abiti civili.”vennero ugualmente mandati via “quasi in mutande”… Ne rimasero solamente due “per prestare soccorso in caso di burrasca ai naviganti e ai bastimenti d’acqua dolce che transitavano per la Laguna di Venezia”.

Con l’arrivo degli Austriaci, invece, l’isola di San Clemente divenne Caserma e Presidio Militare ... Venne accordata “dalla sovrana munificenza con apposito aulico dispaccio” al Rettore della chiesa dell’isola di San Clemente che abitava a Venezia una somma lire 600 ... e si provvide anche a un piccolo aumento della quota “dovendo lo stesso assoldare ogni volta un gondoliere che lo trasbordasse dall’isola a Venezia e viceversa per celebrare in isola 144 Messe Perpetue e 6 Anniversari” si pagò poi un’altra sovvenzione di 400 Franchi annui a un Sacrestano-Custode ... e l’isola venne infine affidata ai Frati Cappuccini del Redentore rimanendo ugualmente un “Ritiro e Reclusorio per Sacerdoti” gestito fino al 1855 da un Rettore con apposito Regolamento ... Nel solo 1834 vi furono reclusi “per cause politiche” 12 Sacerdoti“sospesi dalla Messa” provenienti da varie Diocesi Venete ... Risalgono al 1810-58 alcuni documenti e pratiche relative alla fondazione e all’amministrazione della Casa di Ricovero del Clero di San Clemente: “Regolamento interno … Rendiconti economici periodici … Finalità della Casa … Progetto di rifondazione o temporanea sospensione o definitiva soppressione dell’Istituto.” così citano i titoli dei faldoni dell’Archivio di San Clemente… Del 1826-56 sono, invece, alcune carte sciolte di San Clemente con fascicoli disposti in ordine alfabetico relativi ai “Reclusi di San Clemente”.



Dal 1855 lo stesso Governo Austriaco decise di destinare l’isola di San Clemente a Manicomio Centrale Femminile delle Provincie Venete, e per far questo tre anni più tardi s’imbonì una parte della Laguna circostante ottenendo nuovi spazi coltivabili utili all’autonomia dell’isola, si demolirono tutti gli edifici compreso il Casello da Polvere ad eccezione della chiesa e del chiostrino, e si ricostruì tutto realizzando “un moderno Frenocomio” ... Dal 1873 si trasferirono in isola tutte le donne “malate di mente” promiscuamente ospitate nella vicina isola di San Servolo… pure lei Isola Manicomiale… Le chiamavano: le Isole Dolorose”: “San Clemente è un luogo vasto, arioso e pulito: gli scienziati ci studiano e le pazze ci stanno in buona salute. Alle loro grida rispondono, oltre l’acqua, quelle dei pazzi di San Servolo, lugubre riscontro. Che cosa sentono i poveri maniaci nella quiete radiosa della laguna? Tra i sussulti, gli stordimenti, le inquietudini delle povere menti sconvolte, che azione ha quello spettacolo che rapisce gli spiriti sani? Da lungi il sole illumina i palazzi di Venezia e le belle navi che salpano verso l’immenso mare libero e le gondole in cui la gente libera, passa, senza badare a qualche viso sbiancato dalla reclusione, contratto nella fissità di un pensiero schiacciante…”



Nel 1880-1881 giunsero a Venezia 76 Suore di San Vincenzo de’ Paolidelle quali 18 sbarcarono andando a risiedere stabilmente a San Clemente per gestire il Frenocomio Femminile Veneto … Sarebbe tristissimo raccontare la lunghissima sequenza di storie vissute da tante donne Veneziane e Venete sopravvissute a se stesse, e “non vissute” nel Manicomio dell’isola.


Fra le tante ci fu una storia clamorosa che si provò in ogni maniera a nascondere e insabbiare: fu quella di Ida Irene Dalser e di suo figlio Benito Albino nato nel 1915. Erano rispettivamente l’amante fin dal 1913 (e poi sposa segreta a cui il Comune di Milano rilasciò un sussidio di guerra riconoscendola come moglie legittima), e figlio di Benito Mussolini(riconosciuto dal padre che gli diede il cognome e s’impegnò a partecipare alle spese per il suo mantenimento). Inizialmente la donna sostenne l’ascesa politica di Benito Mussolini finanziando a proprie spese la fondazione del giornale “Il Popolo d’Italia” di cui lui era direttore … Mussolini intanto ebbe altre donne, e venuto a conoscenza mentre era al fronte che Ida Dalser era incinta di lui, preferì sposare civilmente Rachele Guidi a sua volta incinta di una sua figlia.

I ritardi nel pagamento dell’assegno per il figlio, e la rabbia per l’abbandono e la perdita del patrimonio economico investito indussero la donna a intraprendere scenate e richieste pubbliche d’aiuto allo Stato. IdaDalser non ebbe paura: fece nomi, date e cifre sia personali che del Fascismo, e rivelò perfino certi finanziamenti occulti forniti dalla Francia al giornale gestito da Mussolini. Vennero avviate anche indagini su Mussolini, che lui, visti i tempi, eclissò abilmente, mentre la donna venne screditata, dichiarata dalla stessa Polizia: “delirante, esaltata e vendicativa”, e piantonata in casa col figlio a Sopramonte di Trento.

Ad un certo punto fu Arnaldo il fratello del Duce a fare il gesto definitivo di “dichiararla incapace d’intendere e volere”… Quando nel 1926 Ida Dalser cercò d’incontrare il Ministro della Pubblica Istruzione in visita a Trento, su ordine del Prefetto Guadagnini venne arrestata e soggetta a urgente ricovero manicomiale in gran segreto senza far trapelare la notizia in pubblico. La richiesta del ricovero coatto rilasciata da un Otorinolaringoiatra e da un Medico Generico membri entrambi del Direttivo del Partito Fascista di Trento certificava: “donna pericolosa per sé e per gli altri” (dopo alcuni giorni ricusarono inutilmente la diagnosi, il danno ormai era stato fatto). Qualche giorno dopo lo stesso Arnando Mussolini andò a recuperare il figlio di Ida Dalser e Mussolini nella sua casa di Sopramonte, e il figlio non rivide più sua madre … e qui la storia della donna scomodissima al Fascismo si fece avventurosa e trista: racconta di ripetute degenze e fughe nel Manicomio di Pergine Valsugana di Trentodove rimase per nove anni, alternate da altre nell’Isola di San Clemente da dove non era affatto facile fuggire. Lì, infatti, Ida Dalser finì per morire ed esservi sepolta in “Fossa Comune” nel 1937.

Quando venne trasferita a San Clemente la diagnosi recitava: “Sindrome paranoidea in soggetto nevropatico”… In più occasioni la donna scrisse e ricordò di come l’internamento in San Clemente l’angosciasse incutendole orrore e spavento … Le scarne cronache ricordano come pregasse di continuo chiunque incontrava d’essere portata via da lì: “… il 19 luglio mi hanno trascinata a Venezia nell’isola dei matti, dove gemo tuttora sottoposta a tutti i supplizi … Quale arbitrio poliziesco è questo? Dichiarare pazza la madre per rapire il figlio? Ed infliggere pure alla creatura innocente orrori inauditi ! … L’internamento mio si spiega con la necessità di lasciare la verità in fondo al pozzo della dimenticanza …”

Infatti così accadde … Nel 1935 dopo la morte dello zio Arnaldo Mussolini, Benito Albino figlio di Mussolini venne prima affidato al Fascista Giulio Bernaldidi cui assunse anche il cognome, poi venne internato pure lui nel manicomio di Mombello di Milano dove morì nel 1942 a soli 26 anni.


Secondo le consuetudini di quell’epoca, bastava a volte essere solamente delle ragazze o donne taciturne, fin troppo riservate, depresse o chiuse, magari riluttanti al sesso e a sposarsi facilmente, o ragazze esuberanti, troppo solari e irrispettose, disobbedienti e poco inquadrabili, “dallo strano o ridotto contegno”… che si finiva recluse in isola insieme ad alcoliste, donne violente, disadattate, vecchie mendiche da strada, prostitute sfatte, o donne disperate che cercavano di suicidarsi: “ ... Vivendo recluse a San Clemente se non eri pazza lo diventavi, e molto spesso le donne rimanevano costrette a vita nell’isola fino alla morte.”… Se si va a spulciare gli scenari e le storie descritte nelle Cartelle Cliniche del Frenocomio Femminile si scoprirà che sono sempre quelle, molto simili fra loro: mal di testa, “melanconia”, dolori sparsi per il corpo, “imbecillità morale”, “furore” con convulsioni e crisi epilettiche che a volte giungevano a ripetersi anche più volte al giorno … ma si troverà anche: “Pellagra, Mania e Nevrastenia, Isterismo e Acciacchi Neurogeni”… Di certo si faceva “di tutto un brodo” anche mettendo insieme Autismo ed Handicap facendo trovare facilmente spazio in isola a tutte quelle donne la cui cura fu spesso l’isolamento, l’estraneazione e la preclusione dalla “normale vita familiare e sociale” verso la quale erano considerate: “peso e pericolo”.

C’erano poi le cure, cioè le terapie tipiche dell’epoca: Idroterapia nelle dodici vasche d’acqua calda a 35° o fredda in cui si veniva tenuti forzatamente immersi anche per dodici ore nel Reparto Idroterapico, Contenzione con cinture e catene, Elettroterapia con la corrente elettrica soprattutto contro la Schizzofrenia, Terapie Convulsivanti, Farmacoterapia, Shock Insulinici ... e nei casi più composti e tranquilli: Ergoterapia cioè attività lavorativa nelle sale da lavoro, e più raramente negli orti e giardini, o al massimo nella lavanderia dell’isola.


Nell’isola di San Clemente c’erano oltre ai Refettori, le case degli ortolani, i numerosi alloggi del Direttore, del Cappellano, dei Primari, dei Medici Aggiunti, i dormitori del Personale Sanitario e degli Inservienti, le Sale Adunanze, quelle della Musica, le Sale da Lavoro e da Ricreazione, l’Ufficio Sanitario, quello della Direzione, l’Economato, Guardaroba, Ghiacciaia, Lavanderia, Forno-Panificio … e poi ovviamente le Infermerie con i Reparti di Degenza: “Reparto per le Suicide”, “Reparto Convalescenti”, “Reparto Dozzinanti”, “Reparto Agitate” con 14 stanzette d’isolamento, “Reparto Clamorose”… e le “Sale Anatomiche con la Cella Mortuariadove dopo aver cercato inutilmente dentro alle teste le alterazioni dovute alla malattia, si passava di certo a migliore e più serena vita”.

Nel 1930 la Provincia di Venezia provvide a restaurare arredi e dipinti della chiesa ... e circa trent’anni dopo l’isola ospitava 580 donne ossia la metà circa dei degenti manicomiali gestiti insieme a San Servolo. Intorno a queste due isole “ronzava” quotidianamente una folla assistenziale composta da 24 medici, 2 farmacisti, 372 infermieri e 71 addetti ai servizi, mentre più di altre 100 persone di Venezia provvedevano ogni giorno a rifornire e alla manutenzione delle due isole, che erano:“le due piccole cittadelle Lagunari dei Matti”.


La “Legge Basaglia” n°180 del 1978 chiuse di fatto le porte dei Manicomi d’Italia, ma solo nel 1992 l'Ospedale-Istituto di San Clemente diretto da Domenico Casagrande venne chiuso del tutto prospettando già un vago riutilizzo turistico dell’isola. In realtà da allora tutto venne lasciato a se stesso, e cadde in preda a vandalismi e ruberie di ogni sorta ... Si traslocò l’Archivio e Biblioteca di San Clemente in quella di San Servolo, e il Comune di Venezia diede in concessione l’isola all’Associazione Dingo come “Ricovero per gatti randagi”.



E avvenne così il fattaccio … Nell’indifferenza più assoluta, dei ladri esperti si sono su commissione letteralmente accampati e accomodati in isola prelevando chirurgicamente e asportando ogni cosa di valore esistente: la chiesa di San Clemente soprattutto, piccola miniera d’opere d’Arte e Storia venne saccheggiata brutalmente ... Pensate che per lavorare più comodamente a quell’asportazione i ladri si costruirono perfino un apposito impianto elettrico con tanto di generatore per poter lavorare più comodamente.

Provate ad osservare attentamente le vecchie foto: vedrete ancora le lampade e i fili volanti rimasti istallati dentro alla chiesa …


In quell’occasione si fece “man bassa” di tutto. Scomparvero: “Cristo fra Marta e Maria” del Diziani;“Riposo dalla Fuga d’Egitto,“Visita dei Re Magi” e “Tentazioni di Cristo” di Gregorio Lazzarini; “San Romualdo accoglie nella regola un Patrizio Veneto” e “San Romualdo e l’Imperatore Ottone”, “San Romualdo e l’Imperatore Enrico II”,“San Romualdo e Papa Sergio IV” di Giustino Merescaldi; “Cristo in Gloria con San Tommaso, San Francesco Saverio e San Bernardo di Pietro Ricchi o Ricci; “Ultima Cena” di Giambattista Pittoni; “Madonna di Loreto e Santi Romualdo, Agostino, Benedetto e San Giovanni Evangelista di Francesco Ruschi; una “Madonna di Loreto” in legno, un “San Pietro”, “San Paolo”, una “Fuga d’Egitto”, “Deposizione”, “Annunciazione”, “Presentazione al Tempio”, un “Incontro con la Cananea” di Scuola Veneta del 1600-1700; un “San Michele Arcangelo sconfigge il Demonio con la Vergine e il Bambino in Gloria di Antonio Zanchi; un “Transito di San Giuseppe” di Giovanni Segalla della Scuola di Pietro Vecchia; un “Cristo caccia i Mercanti con Vergine e Santi” e “Sposalizio della Vergine”della Scuola del Malombra; “Sacrificio di Abramo” di Domenico Tintoretto; “Madonna con i Santi Giovanni, Giuseppe e Antonio” del Licino; “San Romualdo veste dell’abito San Pietro Orseolo con un altro Senatore” del Padovanino ossia Alessandro Varotari; “Traslazione dalla chiesa della Carità a quella di San Clemente” di Giuseppe Enzo; “Adorazione dei pastori”alla maniera del Bassano; e un “San Giovanni Battista” di Maffeo da Verona.



Che ve ne pare ? … La chiesa di San Clemente era un vero e proprio Museo d’Arte ... abbandonato a se stesso. 


Per fortuna che buona parte di quelle opere in seguito vennero in un modo o nell’altro recuperate, e risultano, infatti, restaurate a spese dello Stato fra il 1967 e il 1987... Molte risultano oggi depositate in gran parte alle Gallerie dell’Accademia … altre, invece: Puff ! … Svampate nel nulla !



Il resto da dire sul San Clemente è praticamente storia attuale: il recupero e i possenti restauri da parte delle varie cordate imprenditoriali che si sono alternate nella gestione dell’isola: nel 1999 la Compagnia Finanziaria d'Investimento S.p.a. di Gilberto Benetton che comprò l’isola per poco più di venti miliardi di lire … Poi fu il turno nel 2000 dell’acquisto per trentuno miliardi da parte della Società Beni Stabili e del Gruppo Alberghiero Turin Hotels International… e fra un restauro e una riqualificazione e l’altra si giunse al 2003 con la sistemazione definitiva e attuale del San Clemente Palace Hotel e Resort Kempinski a cinque stelle con duecentocinque camere e suite che ho intravisto qualche giorno fa attraversando in punta di piedi la Laguna spingendomi a godere ancora una volta della bellezza significativa di San Clemente in Isola.



Qualche ora più tardi ho lasciato l’isola, ammaliato, quasi frastornato da tanta suggestiva bellezza ritrovata … Siamo stati riportati dondolati e cullati sulle acque fin sull’antico Molo di San Marco dove ci siamo immersi di nuovo nella solita esplosione da bazar e da kasbah della nostra Venezia invasa dall’ondata ossessiva dei turisti. Il silenzio ovattato e rappacificante di San Clemente è rimasto là in fondo, oltre la distesa delle acque della Laguna … Per qualche istante ho provato già nostalgia di quella visione quasi onirica e inebriante provata a San Clemente… L’ho preferita di molto al ritmo caotico e pressante di Venezia … Ma è stato solo un attimo … e mi sono subito ributtato sui soliti passi a cavallo della quotidianità ... Mi è rimasta però la solita voglia immutata di continuare alla prossima occasione ad andare, “volare”, cercare, vedere e curiosare dentro alla nostra inesauribile Venezia Serenissima e Lagunare ... trapuntata anche di isole.



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