“Una curiosità Veneziana per volta.” – n° 180.
“La “tòsta” visita del Patriarca Ladislao Pirker alla maxiContrada di San Marcuola nel 1821.”
(parte quinta)
(parte quinta)
Quasi a risposta e come conseguenza della lettera segnalatoria e descrittiva di Don Rado circa il “quadro”della maxi Contrada allargata di San Marcuola inviata al Patriarca Ladislao Pirker nel 1820, l’anno seguente … quando si provvide a interrare il Rio dei Santi Ermagora e Fortunato che s’incontrava in zona col Rio dei Do Ponti “antica Comenzaria de Cannaregio”immettendo in due Fondamente distinte: Fondamenta Querini a destra, e Fondamenta San Leonardo a sinistra che portava all’omonima chiesa da dove tramite Fondamenta Barzizza ci si affacciava sul Rio di Cannaregio ... il Patriarca si presentò in Visita Pastorale.
Il 31 di luglio incontrò e interrogò Canonicamente lo stesso Piovano Don Rado, il giorno seguente interrogò il Vicario Don Milani e i due Preti Cooperatori; il 2 agosto incontrò e interrogò i Fabbricieri di San Marcuola: Don Grigato, il possidente Martinolli e il Nobile Venier; infine il 3 agosto incontrò, sentì e interrogò i laici: Giovanni Battista Manfrè di anni 41 di professione:“Cartèr” e Giovanni Battista Tonini di anni 38 di professione: “da merci”.
Il Patriarca volle sapere per filo e per segno la situazione della Parrocchia e della Contrada “allargata” di San Marcuola che riassunse in un apposito Quadro Ragionato della Parrocchia, controllò degli elenchi dei Preti e delle Schole fatti preventivamente stilare, verificò l’Archivio e gli Inventari, partecipò alle sedute della Dottrina Cristiana verificando e interrogando i presenti e richiamando gli assenti, lesse e considerò certe lettere dei Preti, e infine rilasciò delle disposizioni con un apposito Decreto Dispositivo PatriarcaleConclusivo.
Sono interessantissime e curiose (almeno per me) le considerazioni e le costatazioni del Patriarca e del suo staff contenute nella relazione finale circa San Marcuola. Da queste si può desumere un’ulteriore immagine dei Veneziani e di quel che è stata la zona di San Marcuola, Santa Fosca, la Maddalena e San Lunardo nel Sestiere di Cannaregio nel 1821.
Innanzitutto sono interessanti alcune note di circostanza circa lo stesso Piovano Don Rado(che non doveva essere molto simpatico al Patriarca … e non soltanto a lui): “Rado Don Giovanni di anni 58, Parroco-Piovano di San Marcuola, nativo di Cattaro in Dalmazia nel Dominio Veneto e residente a Venezia fin dal 1789, Canonico, Dottore in ambo le Leggi o Diritti, Patrizio di Ascoli, Cavaliere, ex Superiore dei Padri Somaschi … Gli manca un certo grado di moderazione per essere esimio, anche se possiede in special modo il talento di predicare in cui si esercita con genio ad ogni momento … Soccorre col suo i Preti ammalati … Secondo taluni è troppo facile nel rivelare le commissioni avute dalla Superiorità; secondo altri: “Non siamo degni d’averlo.”… Possiede come Rendita la Casa Canonica e una Congrua eccedente alquanto la normale … Vorrebbe imporre agli Ebrei, che dovrebbero essere costretti nel Ghetto, una tassa “pel pregiudizio che ne risente la Parrocchia”, e considera abuso il fatto che diversi domestici Cristiani prestano servizio nelle case degli Ebrei.”
In quegli anni la Colonia Ebraica Veneziana contava circa un migliaio di residenti, e in giro per Venezia la si considerava causa di molti disordini notabili e immoralità ... Don Rado Piovan di San Marcuola era noto per essere uno dei maggiori accusatori e denigratori dei Giudei, mentre in realtà gli Ebrei si dedicavano a una pacifica convivenza mista e al proficuo scambio commerciale spicciolo che li aveva caratterizzati da sempre.
Il Patriarca a proposito dell’ipotetica “tassa sugli Ebrei” gli rispose:“Non sarà mai che la Chiesa con i suoi Ministri debbano abbisognare di tali sussidi … Sarebbe imporre ai nemici di Gesù Cristo di concorrere col proprio alla Gloria di Gesù Cristo.”… e circa i domestici accasati presso gli Ebrei: “… generalmente gli Ebrei sono molto tolleranti nel permettere l’osservanza delle pratiche religiose ai Cristiani, e che d’altronde l’Autorità Politica non riuscirebbe ad abolire intieramente quell’abuso.”
Ancora su Don Rado alla fine dell’analitica Visita del Patriarca su San Marcuola si precisò e osservò nell’ottobre 1821: “… [Don Rado] Giustifica la non frequente amministrazione della Comunione fuori Messa per una più seria e rispettosa Devozione Eucaristica: biasima i Devoti più della Pisside che del Sacramento, e certe impudenti “Sacerdotesse” che si fanno gioco dei Sacramenti: le definisce “Sante senza licenza del Paradiso” perché fanno poca preparazione … Difende tuttavia il suo Clero dalle accuse mosse da qualcuno durante la Visita … Per quanto riguarda i rapporti con gli Ebrei: esclude che Preti della sua Parrocchia (Don Beggio in particolare) si rechino in Ghetto a far da Maestri … Ammette però che da tutte le plaghe van Preti in Ghetto a far da Maestri, e in particolare un forestiero singolarmente scandaloso che va a far scuola tutte le domeniche e si fa vedere a rispettare il loro Sabato … [Don Rado] nota il contrasto tra la Legge Civile che obbliga il Ghetto ad andar dai Preti (accogliendo gli Ebrei nelle pubbliche scuole), e quella Canonica che proibisce ai Preti dall’andare in Ghetto come Maestri.”
Ma non è solo del Piovano Don Rado che si occupò il Patriarca Pirker in quella circostanza … Sono interessanti le specifiche seppure sintetiche annotazioni che sintetizzò sulla Contrada Veneziana di San Marcuola: “Gli abitanti sono circa 4.000, in maggioranza della classe dei Macellai e Venditori di Carnami, non mancano alcune famiglie Nobili ed Agiate … è sparsa di famiglie Israelitiche essendo situata vicino al Ghetto … In Contrada operano 2 o 3 levatrici, eci sono Scuole Pubbliche e alcuni “Maestruzzi” privati … Alcuni muoiono senza ricevere i Sacramenti: uno ad esempio ha ricevuto solo il Sacramento della Penitenza, ma non il Viatico né l’Estrema Unzione … In Contrada ci sono alcuni bestemmiatori e alcuni diffusori di massime irreligiose … Ci sono alcuni concubinati: soprattutto tre fra un Ebreo e una Cristiana, e frequenti relazioni illecite tra Ebrei e Cristiane i cui figli sono educati all’Ebraismo … Alcuni Matrimoni sono andati separati … A volte accadono gravi inconvenienti morali in chiesa a causa del protrarsi delle Funzioni fino a tarda serata: bisognerebbe chiudere la chiesa al tramonto del sole … Due Osterie vicine alla chiesa in particolare sono occasione di scandali e tumulti: bisognerebbe chiuderle nelle ore in cui s’impartisce la Dottrina Cristiana.”
In San Marcuola si teneva la Scuola della Dottrina o Istruzione Cristiana specificatamente finalizzata e ordinata "per i 300 putti-alunni"ma anche per gli adulti che erano tenuti alla frequenza continuativa almeno settimanale. La Scuola della Dottrina era “sotto l’egida” di un Prete-Capo detto Priore della Dottrina coadiuvato da due Assistenti o Correttori, da un Segretario-Scrivano, da due Sacrestani, due Portinai, e perfino da un Infermiere …. nonché da un SottoPriore laico alla testa di 50 “Persone Devote” che fungevano da Maestri … Alla fine di ogni anno oltre alle valutazioni di presenza e merito segnate in apposita “pagella”, si tenevano delle vere e proprie "dispute o discussioni pubbliche, o esibizioni sulla Dottrina e sulle conoscenze perfette dei sani principi della Chiesa” che fungevano anche da spettacolo per quelli della Contrada che correvano ad assistere e applaudire in gran numero. Ai più meritevoli era abitudine attribuire encomi solenni, diplomi e medaglie di riconoscimento … Tutte le Scuole locali e Contradariali di Dottrina Cristiana sono state soppresse dai decreti napoleonici del 1807, che hanno introdotto l'uso di un unico Catechismo Nazionale Unificato. Nel 1818 il Patriarca Francesco Maria Milesi tentò flebilmente di riattivarle, e il suo successore appunto il Patriarca Giovanni Ladislao Pirker ribadì nel 1821 che la Scuola di Dottrina Parrocchiale doveva essere: "assidua e opportuna … oltre che numerosa come frequenza e ben regolata.”
Comunque nonostante tutte quelle buone intenzioni, ormai quel particolare “Ente Dottrinale” aveva di fatto concluso la sua stagione e fatto il suo tempo ... rimasero nelle Parrocchie delle Contrade Veneziane alcuni di quei luoghi angusti, asfittici e cadenti riciclati come Patronati in cui i fanciulli continuarono ad assieparsi andandovi più che altro a giocare.
Erano tempi molto diversi dai nostri: i cui alla “Scuola e all’insegnamento dei Santi Principi, Valori e Dottrine” si associava tutto un mondo fatto d’infinite storie, giaculatorie, fervorini, e aneddoti di Santi e Madonne … Ho personalmente fatto a tempo durante la mia prima infanzia nella mia recondita isoletta di Buranoa partecipare anch’io alle ultime edizioni di quelle “manifestazioni Dottrinali”, e conservo ancora gelosamente il Diploma con la Medaglia dorata che mi è stata assegnata “al merito” in San Basso di Venezia da un pomposo Monsignorone del Capitolo dei Canonici di San Marco.
Tornando ancora sulla Visita Pastorale a San Marcuola, Don Rado spiegò ancora al Patriarca: “I poveri della Contrada sono un quarto dell’intera Parrocchia … Data l’incuria colla quale per tanti anni è stata lasciata questa massa importante nell’ignoranza della Religione, e si è guardata come la feccia Parrocchiale e come il rifiuto della Natura, anzi che come un’importante porzione dell’ovile della Chiesa … L’immoralità non è proporzionata al fermento, che avrebbe potuto portarla ad ulteriori eccessi …”
L’Istituzione Parrocchiale messa a dura prova dai fatti napoleonici del 1808 si trovava a presentare un bilancio economico passivo nonostante le entrate del Fondo Pubblico, le Questue, le offerte raccolte in chiesa durante le Funzioni, e le offerte per i Funerali: la “macchina”della Chiesa-Parrocchia-Contrada non girava più come una volta, e a fatica si riusciva a coprire le spese basilari per il Culto.
Quel che più sorprende però nella lettura della relazione del Patriarca sulla Contrada di San Marcuola (sempre a mio giudizio ovviamente), è la descrizione dello “Status” dei Preti e del Clero di San Marcuola e dintorni. E’ un’analisi tanto cruda ed esplicita quanto quella della lettera iniziale di Don Rado da cui siamo partiti.
Lo stesso Don Rado precisava circa i “suoi” Preti: “In complesso mentre il Popolo dei Veneziani è religiosissimo, il Clero all’incontro è tutt’altro … che divoto: cerimonie storpiate, riti ignorati, uffiziatura non curata, dottrine dai più abbandonate, sono i più piccoli disordini che si veggono … Causa di tale generale depressione Sacerdotale sarebbe la facilità con cui si effettuano le Ordinazioni Sacre, e il carattere Collettizio del Clero.”
La relazione del Patriarca circa i singoli Preti di San Marcuola iniziava col riassumerne innanzitutto la quantità: erano sorprendentemente ben 47 i Sacerdoti che in qualche maniera facevano capo, “ronzavano”, gravitavano o perlomeno si definivano e catalogavano come “ascritti” alla chiesa Veneziana di San Marcuola.Si trattava di un numero elevato di Preti (non dissimile in realtà da quello di altre realtà Veneziane), anche se si precisava che non tutti risiedevano per davvero nelle case, Calli e Corti dei Preti della Contrada, ma vi facevano solo riferimento tornandovi più che spesso come alla “casa d’origine o abase di partenza, quasi fossero una figliolanza andata altrove in trasferta dalla Contrada di San Marcuola” con la quale in qualche maniera continuavano a dipendere, surrogare, interagire … e anche guadagnare.
Tutto questo valeva, ad esempio, per Don Giovanni Bossato di anni 55 ex Canonico di Piove che risultava “ascritto” a San Marcuola ma era domiciliato e risiedeva fuori Diocesi a Bovolenta nel Padovano. C’erano poi: Don Domenico Busato di anni 56, Don Carlo Gaggini di anni 57 e Don Pietro Predenzon di anni 40 che vivevano a San Marcuola ma andavano a risiedere saltuariamente ed esercitare come Preti Altaristi e Mansionariincaricati di celebrare una lunga serie di Messe a pagamento rispettivamente a Maerne di Treviso, a San Vito di Concordia e a Peseggia. Don Giampaolo Cappelli di anni 42, invece, e Don Paolo Giosan di anni 42 erano entrambi Cappellani a Quinto di Treviso; Don Clemente Carnera di anni 36 era Piovano a Toppo di Udine; Don Giovanni Durello di anni 68 era Parroco a Spineda sotto Treviso; Don Giuseppe Manfrin di anni 53 era Cappellano a Muson di Trevignano sotto Treviso; Don Giuseppe Rizzi di anni 60 era Parroco a Mogliano; Don Giacomo Rosa di anni 48 era Piovano a Sant’Urbano di Monselice presso Padova; Don Paolo Rossi di anni 54 era Parroco a Veternigo di Treviso; Don Antonio Zane di anni 34 era Economo a Santa Maria di Sala di Treviso… Infine c’era anche Don Pietro Cristoforetti che apparteneva alla Diocesi di Trento ma abitava ed era presente in continuità a San Marcuola (era sprovvisto, probabilmente per ignoranza, delle necessarie autorizzazioni da Prete: il Celebret o il Discessitrilasciati dalla Curia di Trento). Alla Visita comunque Don Cristoforetti venne ritenuto: “Prete di condotta irreprensibile”.
Esisteva quindi questa schiera di Preti Pendolari che facevano la spola fra le loro “residenze pastorali di Terraferma”e la loro “Sede Matrice di San Marcuola”.
C’erano poi i Preti che per davvero risiedevano stabilmente nella maxi Contrada allargata di San Marcuola.Oltre all’ormai risaputo e più che citato Piovano Don Rado, c’erano il suo Vicario ossia il Secondo Prete del Capitolo di San Marcuola, che era Don Felice Milani di anni 53;Cooperatori-Confessori cioè Terzo e Quarto Prete del Capitolo di San Marcuola erano: Don Pietro Grigato di anni 49 e Don Pietro Zanatti di anni 50 … Erano costoro ad occuparsi “in primis” della Contrada. Erano cioè i Preti che esercitavano quella specie di “azione e influsso sublimnale” tramite gli strumenti dell’Archivio, delle Consuetudini e dello Schedario a cui accennavamo nei post precedenti ... Anche se dall’ispezione del Patriarca risultò che il famoso Archivio in quel momento era ridotto “in fasci e rovine”, e la maggior parte dei Registri dei Morti, deiBattesimi e dei Matrimoni erano: “da regolarizzare perché incompleti e privi d’indicazioni e opportune firme” ... In chiesa inoltre operava “il giovane” Don Filippo Salvaregodi 36 anni che aveva l’incarico di Prete-Sacrista ... Il giudizio del Patriarca sui PretiCooperatori di San Marcuola fu parecchio severo: “Sono tanto di ottima condotta altrettanto di mediocre idoneità” … e fu duro anche nei riguardi di Don Salvarego il Sacrista: “è accusato da alcuni di scarsa diligenza nel suo Ufficio di Sacrista: abbandona anche le persone che si vogliono Comunicare.”
Accanto e insieme a questo gruppetto ristretto dei Preti del Capitolo presenziavano ed erano attivi in Contrada anche: Don Antonio Bariletto di 47 anni che era uno degli undici Confessori di San Marcuola ma fungeva soprattutto da Rettore dell’Abbazia della Misericordia (che era di fatto già chiusa); Don Cesare Strel di anni 60 Rettore del Cimitero Comunale, e altri Preti residenti che esercitavano ufficialmente come Confessori Incaricati della Parrocchia: Don Carlo Gidini di anni 40 ad esempio, e Don Pietro Giannelli di anni 49: “di “ottima condotta e idoneità opportuna”… Costui era anche un distinto studioso di Musica, autore di una “Grammatica ragionata della Musica”, e di un “Dizionario di Musica Sacra e Profana”, e delle “Biografie degli Uomini Illustri della Musica”. Era inoltre considerato: “eloquente predicatore e valente autore di opuscoli spirituali”. Scrisse infatti: “Divoti esercizi da praticarsi tutti i giorni dell’anno in onore dei Sacratissimi Cuori di Gesù e Maria”, e: “Regole Cristiane per ben vivere in ogni stato con alcuni affetti al Santissimo Sacramento”, “Dialogo tra un Missionario e un Peccatore sul modo di ben confessarsi, comunicarsi ed ascoltare la Santa Messa”… e fu pure autore di un opuscolo sull’isola di San Tommaso dei Borgnoni di Torcello pubblicato a Venezia nel 1812, e di un altro inedito su Torcello … Un uomo-Prete estroso insomma, ma famoso soprattutto in Contrada “per le sue dicerie e le sue numerose mormorazioni”.
Qualche altro Prete che abitava poco distante dalla chiesa di San Marcuola era disposto a celebrarvi saltuariamente qualche Messetta (In San Marcuola si celebravano solitamente circa 1.583 Messe Perpetue Annuali di cui 730 erano di Pubblica Sovvenzione e 503 Messe Avventizie.), altre volte partecipavano alla recita dell’Ufficio inCoro, o a qualche Processione o Funerale… a pagamento s’intende ovviamente. Erano: Don Antonio Beggio di anni 61; Don Valentino Gusato di anni 54; Don Antonio Milani di anni 66, e Don Giorgio Tornielli di anni 51.
Don Rado relazionava ancora al Patriarca: “Ogni domenica e nei giorni Festivi i Maestri impartiscono l’Istruzione, mentre i Preti provvedevano a confessàr e a salìr sul pulpito dove tengono conciòni e prediche a volte anche dialogate con i presenti, dando soprattutto direttive esistenziali a tutti quelli della Contrada ... Un tempo si cantava la Messa anche nei giorni feriali, la si è sospesa per scarsezza di Religiosi e molteplicità d’impieghi …”
Alcuni di quei uomini-Preti aggregati alla Contrada erano giovani o giovanissimi: Don Alessandro Piegadi aveva solo 27 anni; Don Federico Giannelli ne aveva 35; Don Marcantonio Serafini aveva 37 anni, e Don Francesco Molin ne contava 48.
Altri Preti erano, invece, anziani come: Don Valentino Bedin che aveva 73 anni; e Don Valentino Raspolo che ne aveva 70. Qualche volta c’era qualche Prete un po’ “còtto” come Don Carlo Panà di anni 76: “che è vecchio cadente …e non ha mai saputo leggere, né è mai stato capace di cantare una Messa … Ha appigionato una casipola a donne equivoche.”
Alcuni Preti erano impegnati e dediti all’Insegnamento nella Pubblica Scuola di San Marcuola: Don Annibale Bozzoli di anni 46 oltre ad essere Confessore in San Marcuola era anche Segretario dell’Ispettorato Generale delle Scuole Elementari tenute in Contrada; Don Matteo Guadagnin di anni 37 era Pubblico Maestro delle Elementari Minoricome Don Andrea Casatutta di anni 38, e Don Giovanni Antonio Zampieri di anni 50, mentre Don Angelo Rizzi di anni 28 era Insegnante nel Imperial Regio Liceo; e Don Salvatore Dal Negro di anni 55 era Professore e Insegnante di Fisica Sperimentale all’Università di Padova.
Altri Preti ancora pur risiedendo e presenziando in Contrada di San Marcuola coprivano incarichi altrove in giro per Venezia: Don Pietro Pianton di anni 46 era Confessore ma anche Canonico di Torcello e Imperial Regio Censore; Don Giovanni Piloni di 66 anni era Prefetto (cioè Direttore) del Ginnasio di San Giovanni in Laterano … In Contrada risiedevano diversi Sacerdoti che in realtà erano ex Religiosi-Monaci-Frati cacciati via dai loro Conventi e Monasteri durante le epurazioni e le soppressioni napoleoniche realizzate a Venezia: Don Angelo Palazzi era un ex Frate Minore Francescano Riformato: “anch’esso segnalato per i pettegolezzi e le mormorazioni soprattutto fuori del Confessionario a cui serve … Come e il perché lo sa Dio … Di Chiesa non vuol saperne … è imbarazzato da traffici, da litigi, e logora le scale del Foro, ma non tocca gli stalli del Coro…”; Don Pasquale Cressoni di anni 43 era un ex Padre Carmelitano Scalzo; Don Luigi Cimarosti era un ex Frate Cappuccino; Don Luigi Scattagliadi anni 70 era un ex Monaco Camaldolese.
Ad essere “tasto dolens” dell’intera situazione della maxiContrada era però il Cavaliere Prè Giovanni Guarana di anni 51 Rettore della Succursale Santa Fosca … Si era dovuto scrivere alla Curiauna lettera che denunciava un suo abuso amministrativo arbitrario con una spesa di lire 2.336 non opportunamente giustificata: “Don Guarana è un vero e proprio caso di malcostume clericale.”… Il giudizio della Visita Patriarcale su di lui fu molto pesante: “Abusa delle insegne Canonicali di Torcello … si fa ridicolo per la Parrocchia …Veste talora anche in modo secolaresco … Crea un muro di divisione tra chiesa Parrocchiale e Succursale sparlando del Parroco e dei Fabbriceri … E’ una lingua d’Inferno: dice parole ingiuriose e bestemmia …”
Il Piovano Rado fu severissimo nei riguardi di Don Guarana davanti al Patriarca: “E’ scandaloso nel vestire … violento di carattere, fa arbitri nell’amministrazione … è sfrontato nel suo bestemmiare continuamente … è destro in commercio, atto a far denaro per ogni via ... Andrebbe ammonito giuridicamente.”
Mamma mia che brutti giudizi ! … Quel Don Gaurana sembrava proprio un vero Prete bandito ottocentesco ! … Per il buon andamento di San Marcuola Don Rado propose al Patriarca di proibire ogni Funzione nella Succursale Santa Fosca, eccetto Funerali, Battesimi ed Esequiali, e chiese di affidare l’amministrazione alla Fabbriceria di San Marcuola togliendola a Don Guarana.
Nella Succursale di Santa Fosca “dove si celebravano tutte le Novene della Madonna, si predicava il Quaresimale, e c’era una delle due sezioni femminili di 180 fanciulle della Dottrina Cristiana “in cui le fanciulle venivano educate alla Fede da 40 Pie Donne Maestre Delegate” (l’altra sezione aveva sede nell’Oratorio dei Morti di San Marcuola)”, c’era come Confessore anche Don Giovanni Palazzi di anni 45 che era anche Cappellano del Re delle due Sicilie (diverrà Piovano di San Marcuola nel 1832).
Infine era Confessore alla Maddalena Don Antonio Ciscotto di anni 70.
Di molti di questi Preti la Storia ha lasciato detto quasi niente, a volte soltanto un nome o un incarico: sono stati personaggi fluttuati via passando e presenziando e vivendo fra le pieghe e gli eventi della maxiContrada Veneziana senza lasciare grandi tracce. Il Patriarca comunque sottolineò nella sua relazione che esisteva una vistosa quanto importante conflittualità in quella folla di Preti residenti in San Marcuola: “… manca l’armonia tra il Clero per il permanere dei tre Capitoli nelle rispettive chiese, e l’autonomia perseguita dalla Succursale che è fiaccola di scisma perpetuo, vero flagello dell’intera Parrocchia …”
Nell’insieme i Preti di San Marcuola non hanno fatto una gran bella figura alla Visita Ispettiva del Patriarca Pirker ... Forse hanno meglio figurato le persone Veneziane qualsiasi che abitavano nella Contrada.
Continua nella sesta parte.
Continua nella sesta parte.