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“LA CITTADELLA SANITARIA DI SAN JOB O JOPPO A VENEZIA.”

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“Una curiosità veneziana per volta” – n° 51.

“LA CITTADELLA SANITARIA DI SAN JOB O JOPPO A VENEZIA.”

Si potrebbe denominare anche in altri modi: l’Hospeàl o l’Ospizio de San Giobbe, l’Opera Pia Zuane Contarini, o l’Ospizio Comissaria Da Ponte.

Era un vasto complesso, una cittadella sanitaria che si articolava in ben due ospedali: quello del Borghetto collocabile ai civici 570-613/A accanto all'Oratorio al Ponte della Saponella con giardino e vera da pozzo gotica interni, e stemma dei Contarini, e quello delle Case delle Vecchie dopo il ponte al civico 615 in Fondamenta San Agiopo verso la chiesa omonima. Il complesso continuava sparso in tante caxette in Corte dell’Ospedale della Crose oltre il Ponte de la Saponella ai civici 690 – 701, dove si legge ancora l’iscrizione: “Hospitale de San Job – MDXXVII”; e confinava con altre casette a schiera in Calle de le Beccarie ai civici 707-714 composte di camera e cucina su due piani, dove si legge l’iscrizione: “DOMUS HOSPITALIS SANCTI IOB VENETIARUM”.
Si devono aggiungere inoltre le caxette un tempo esistenti in Corte Ca' Moro, la caxetta al civico 619 già sede dell'antica “Schola de devozion de la Beata Verzene de la Pietà”; le caxette ai civici 619/ A, B, C, D sull'area dell’antico cimitero dei Francescani realizzate solo e ancora nel 1935; e infine le caxette in Calle de le Canne ai civici 643-648 pervenute all’Ospedale per permuta nel 1843.

Niente male come piccolo insieme ospedaliero … se consideriamo che si tratta di una realtà sorta nel lontanissimo 1300.

Non per nostalgia dei tempi andati, ma per il gusto di una serena analisi storica seppure un po’ artigianale, bisogna dire che i Veneziani di un tempo davvero ci sapevano fare in termini di sanità. Erano certamente migliori di noi oggi, che ci determiniamo nel costruire formidabili immensi ospedali poco funzionali e parzialmente utili impegnandoci per decenni futuri in faraoniche opere di manutenzione dalla spesa quasi incontrollabile che ingurgiterà fondi infiniti, e indurrà a tagliare ulteriormente su ciò che necessita ai disabili, ridurre e chiudere i servizi locali, e non concedere ausili e sussidi a chi ne ha e avrà davvero bisogno. Spiace considerare che si costruisce spesso, e si vuole continuare a costruire per il futuro, queste grandi “macchine assistenziali”, certamente polifunzionali e moderne, chissà forse anche all’avanguardia … ma pur sempre immense bocche mangiasoldi con scarsa capacità reale di produrre vera sanità ossia benessere psicofisico completo per chi sta male, e non profitto per le tasche di chi ama speculare.
Parentesi di opinioni personali … solo modeste opinioni …

Ma tornando alla Serenissima lagunare … Bisogna dire che Venezia oltre all’idea di costruire i funzionali Lazzaretti nelle isole per salvare dalla Peste e circoscrivere con quarantene ed espurghi la popolazione, le merci, le navi e i forestieri; ha istituito numerosi Ospizi e Hospedaletti sparsi ovunque per le Contrade della città per assistere in loco i suoi cittadini bisognosi meno economicamente dotati.
Come ben sapete, ricchi e nobili si sono sempre curati a pagamento a domicilio, salvo durante le pestilenze quando anche loro venivano buttati malamente nelle fosse comuni dai Pizzegamorti dopo essere stati accuratamente depredati di tutto. Per tutti gli altri, invece, Venezia costruì nei secoli anche una vera e propria cittadella sanitaria concentrata in fondo al Sestiere di Cannaregio capace di accogliere e soprattutto provvedere prontamente e senza tanta spesa ai bisogni di molti. Quel che è curioso e moderno già secoli fa, è che Venezia sapeva produrre sanità sfruttando al massimo le autonomie residue e l’autosufficienza dei singoli a domicilio. Quindi ospedale sì, col medico e gli Infermerarii … ma anche tante caxette singole dove continuare a vivere con la propria indipendenza seppure a breve distanza da chi può intervenire in maniera utile e competente.

Tutto questo accadeva nella Contrada periferica di San Job o di San Joppe o Giobbe come vogliate dire. Il complesso sparso sorgeva dove in seguito sorse anche il Macello pubblico oggi diventato Facoltà di Economia dell’Università di Ca’Foscari, e in tutta la zona adiacente e prossima alla chiesa di San Giobbe gestita un tempo dai Frati Francescani e in seguito dai Padri Canossiani fino ad oggi.

Tutto iniziò nella seconda metà del 1300, quando Venezia era impegnata in guerre contro Genova e Padova, e la città lagunare fu ripetutamente colpita da importanti epidemie di peste.
Giovanni Contarini, Patrizio Veneto dal 1354, fu l’ideatore e realizzatore del complesso di San Giobbe. Era figlio di Giovanni quarto nato del Doge Jacopo Contarini, e prima di abitare a San Giobbe abitava in Contrada di San Pantalon. Sposando Isabella o Betta ebbe un figlio Girolamo e 4 figlie: Lucia morta presto, Elisabetta che sposò un Bragadin, Cecilia che sposò un Bembo, e una quarta figlia che sposò un De Ubriachis, madre appunto del Giovanni Contarini che ci interessa.

Nel gennaio 1378 Giovanni Contarini comperò da Bertuccia moglie di Marco Benado o Bernardo della Contrada di San Samuele una prima casa con terreno scoperto sita in Parrocchia di San Geremia destinandola ad alloggio per indigenti e bisognosi dopo le pestilenze. Due anni dopo iniziò ad accogliervi i primi ospiti ampliando la casa nella stesso anno con una donazione fattagli da Caterina vedova di Pietro Emo. Vista la bontà dell’iniziativa, anche il Maggior Consiglio si fece avanti con diverse “grazie” nel 1382, 1384 e 1389 consentendo all’Ospedale di San Job di estendersi mediante acquisti di terreni e interramenti di paludi circostanti. Ovviamente ci si premurò di costruire subito anche un Oratorio dedicato a San Giobbe, il biblico malridotto, e da questo venne intitolato l’Ospiziochiamandolo dei “Poveri Gioppini”.

Fra 1386 e 1387 anche alcune proprietà terriere, e su valli e paludi dei Nobili Dolfin a Saccagnana di Treporti divennero proprietà dell’Ospedale di San Job in Venezia. Giovanni Contarini, intanto, ordinato Prete dopo la vedovanza, morì nel settembre1407 dopo aver fondato anche un Monastero in Contrada di San Girolamo sempre nel Sestiere di Canaregio.
Per testamento ordinò d’essere sepolto nella chiesetta dell’Ospizio di San Giobbe, ed elesse l’Ospedale di San Job erede di tutti i suoi beni, anche se sua figlia Lucia Dolfin Contarini riuscì a farsi assegnare dal Magistrato al Proprio la gestione dell’Ospedale e di tutti gli altri beni lasciati dal padre.

Nel 1410 il Collegio dei Commissari nominò il primo Priore dell’Ospedale, mentre nel 1422 Lucia Contarini nominò Priore il pio sacerdote Filippo assistito da 9 Governatori secondo le volontà del padre. Sei anni dopo, la stessa Lucia Contarini affidò l’assistenza spirituale dell’Ospizio ai Frati Minori Francescani Osservanti, che iniziarono a costruirsi accanto un Convento e una nuova chiesa dedicata a San Giobbe.

Morta a sua volta Lucia nel 1447, l’Ospedale riacquistò la gestione autonoma del suo patrimonio affidata a 7 Commissari, che i Zudesi dell’Ufficio di Petizion nel 1487 si premurarono di rinominare su istanza di “Piero Bon Procurator delle povere abitanti nello Spedal di San Job”, in quanto ne era rimasto in carica solamente uno.

Tassini racconta: “L’Ospizio di San Giobbe fin dalla sua origine venne diviso in due corpi separati, l’uno di qua del ponte della Saponella accanto all’Oratorio … l’altro di là del ponte … il primo riparto Ospital delle Vecchie … il secondo Ospital della Croce … che poi questa divisione fosse antica, se lo può dedurre dal testamento di Bartolomoe Bragadin 16 giu 1480, in cui egli fa menzione, allo scopo di beneficarli degli Hospedali de San Isopo qual son do, zoè duo Hospedali, l’uno arente la chiesa, l’altro in cavo del squero …”

Nel maggio 1512 si edificò l’attuale Oratorio di San Giobbe in sostituzione di quello primitivo (forse l’attuale sacrestia) e si stipulò una convenzione tra Priore dell’Ospedale e Capitolo della Parrocchia di San Geremia per la celebrazione di una Messa quotidiana “ … con facoltà di porre ed elevare campanella per convocare ai riti i poveri dell’Ospissio …”

Nel 1443 quando il futuro “San”Bernardino da Siena giunse a Venezia, volle essere ospitato per curarsi presso l'Ospeal de San Jobe, e incontrò Cristoforo Moro, che in quegli anni era il rappresentante più in vista dell'importante famiglia patrizia veneziana molto attiva nella Contrada di San Agiopo o San Giobbe dove perseguiva insieme progetti di sviluppo urbano civile e di carattere benefico-religioso.
Nel 1458 Zuane Dolfin, nipote di Zuane Contarini donò all’Ospizio un terreno limitrofa zona "dove vengono conservate le canne degli squeri”, mentre Cristoforo Moro divenne Doge di Venezia dal 1462 al 1471 al tempo della caduta di Costantinopoli e delle numerose pestilenze del 1456-57, del 1460-62, e del 1464 e 1468.
Per testamento lasciò anche lui in Commissaria una cospicua somma da destinare alla fabbrica dell’Ospissio che s’allargò verso un terreno donatogli vicino a uno "squero in capo di Canaregio". L'Ospissio in quell’epoca era composto da 16-20 caxette assegnate, "gratis et amori dei" a poveri marineri che avessero età superiore a 50 anni e svolto servizio navigando effettivamente per mare.

Giunti al 1512, i Governatori dell'Ospizio edificarono un nuovo Oratorio dedicato alla Beata Vergine Maria dove trasportarono le spoglie del fondatore Contarini. I Frati Francescani vicini, intanto, erano “vispi”
Nei famosi Diari del Sanudo del febbraio 1516 si legge:
“E’ da saper: domenega di notte, seguite un caso, che apresso Santo Job è una chiesuola con uno Hospedal da Cha’Contarini, et era uno campaniel; et perché feva nocumento a li Frati, parse al Guardian di farlo ruinar armato mano, et cussì la note andati più di 20 Frati, lo ruinono fino su le fondamenta. Et inteso questo la Signoria, a di 19, il Principe fato venir dito Guardian e Frati in Colegio, li fece grandissimo rebufo, et ordinò lo dovessero refar come l’era prima a tutte loro spese, et poi agitaseno quello volesseno, perché niun in questa terra se dia far razon loro medemi …”

Nello stesso anno e in quello seguente il Patriarca di Venezia intimò ad alcuni Commissari illegittimi di non ingerirsi nella gestione dell’Ospedale e di restituire immediatamente denari e scritture sottratte all’Ospeal.

Nel luglio 1540, invece, i Commissari dell’Ospeal de San Job firmarono una “parte”:

“…perché sia fatta una chiesola nuova per riverenza di missier  San Job e perché non s’ha avuto modo di coprirla sino al presente, pero’ sia preso che delli primi danari che si ricaverà dalla vigna si debbano impiegar a coverser detta giexia…”

L’anno dopo, siccome risultarono proprietà dell’Ospizio di San Job: 428 campi in fondi rustici a Motta e Oderzo mentre ne erano stati dichiarati dagli abitanti del posto solo 145 a danno dell’Ospedale, i Rettori deliberarono di inventariare tutto e di cambiare le affittanze aumentandole di prezzo. Gli affittuali, inoltre, furono obbligati a fornire annualmente all’Ospizio: 50 stara di frumento e 111 conci di vino, un maialino a Natale, buoni prosciutti il giorno prima del Mercoledì delle Ceneri dopo Carnevale; 1 gallina con le uova o 1 cappone a Pasqua; 1 buon pollastro per San Pietro in giugno; e un paio d’anitre ad Ognissanti all’inizio di novembre.

Secondo le dichiarazioni fiscali per la Redecima del 1582 presentate dai Commissari dell’Ospedal de San Job, l’Ospedale possedeva:
“In San Gieremia: una vignala qual si afitta a ser Batista q ser Marco Ametian da Padenghe, d’afito al anno ducati 54; una casa continente a quella del Prior del detto Ospedal, la qual casa si dà a medico per bisogno di tutti li poveri et povare del detto Ospedal, per suo salario, per la qual si trasse ducati 14 al anno; un locho in cappo di Canaregio sotto nome di squero, il quale possiede li eredi del q ser Zorzi di Rossi, paga de fitto al anno ducati 3, ma sono molti anni che non si scuodono niente; caxette 120 computtando quella che si da al Prior di detto Ospedal et la casa che si da al vigner che tiene la vigna ad affitto et il resto delle case che si danno a poveri, la mazo parte sono celle, come si vedono; furono decimatte tutte dette case per VS.Ecc.me Clar,mi Sigg Dieci Savi per ducati 120.”

La vigna ricordata nei pressi della Corte Santa Maria de la Pazienza, si trovava prospettante la laguna e la Sacca di Santa Chiara prima della costruzione della Stazione Ferroviaria.Nel corso del 1500 s’innalzò un muro per proteggere la vigna dai furti d'uva. Sul muro è ancora visibile l’iscrizione rovinata: “Muro proprio de l'Ospedal di San Jobe fatto per serrar la sua vigna”. 
La vigna fu venduta nel marzo 1846 al francese Gabriele Grimaud de Caux.

E siamo al 1650  … quando i Governadori de l'Intrada vendettero una prima caxetta del blocco edilizio originario.
Durante il 1700, invece, l'Ospeal de San Job fu chiamato Ospissio Da Ponteper il fatto che nel 1784 tre fratelli patrizi Da Ponte: Lorenzo Zuanne, Lorenzo Nicolo’ e Lorenzo Antonio furono Commissari dell’Ospizio e considerati proprietari dai popolani veneziani. In realtà il casato Da Ponte partecipava alla gestione dell’Ospizio di San Joppe fin dal 1400 quando Nicolò Da Ponte uno dei Commissari rinunciò alla carica nel 1578 per diventare Doge facendo nominare al suo posto Missier Vincenzo Gussoni fu Jacomo.
Nel 1750-1751 Marchi Vincenzo di professione: “pozzer”,fece vertenza e processo con i Commissari dell’Ospizio Eugenio Formenti e Daniel Moro a causa del restauro di un pozzo in “Casa Contarini presso le Penitenti di San Giobbe” saldato a debito solo nel 1753.

All’inizio del 1800 accadde la devastazione Napoleonica di Venezia …con tutte le sue squallide conseguenze.

Le cronache del 1834 ricordano che nella Parrocchia di San Geremia a cui si era accorpata tutta la Contrada di San Giobbe, esisteva oltre a un capitale di lire 10 da spendere per finanziare Matrimoni di ragazze indigenti e popolane, anche un Ricovero con assistenza medica e lire 27,45 mensili ciascuna per 24 povere vecchie, e altri due nuclei di 24 e 42 abitazioni per poveri collocati “ …in fondo a San Job”.

Nel 1843, quando l’imprenditore Giusto Robustello di Padova comperò in contanti dalla Commissaria Contarini, gestita dalla Procuratia di San Marco de Supra, le 16 casette in Corte di Ca’ Moro per demolirle e costruire il nuovo Macello di Venezia, pervennero in permuta all’Istituzione altri 6 alloggi distinti in Calle delle Canne a San Giobbe, che appartenevano al patrizio Bernardino Renier di Alvise del ramo di San Pantalon.
Nel giugno di tre anni dopo, durante il dominio Austriaco su Venezia, si riaprì e riattivò l’Ospedale di San Giobbe mutandone la forma giuridica in Opera Pia.

Con Decreto Reale del 2 dicembre 1883, dopo l’unione del Veneto al Regno d’Italia, si approvò il nuovo Statuto dell’Istituzione che divenne parte della Congregazione di Carità pur continuando a godere di una certa sua autonomia; mentre all’inizio del 1916: l’Opera Pia incorporò l’antico Ospedale della Croce costituito da 17 alloggi per povere famiglie.

Nel 1936, Anna Scarpa per lascito testamentario dispose che si vendesse una sua casa a Castello in Via Garibaldi per costruire una casa in Fondamenta e Campo di San Giobbe presso l’antica sede della Scuola della Beata Vergine della Pietà, dove un tempo sorgeva l’area del cimitero della chiesa di San Giobbe. Dal 1939 gli alloggi furono assegnati e sono tutt’ora abitati ... non so se da “vecchie donne di buona famiglia bisognose per rovesci di fortuna”, come voleva il testamento di Anna Scarpa.

Ancora nel 1962 l’antico “Ospizio di San Job”ospitava 80 femmine.

Bisogna infine aggiungere che attraverso i vari lasciti e donazioni la realtà assistenziale del complesso dell’Ospizio di San Job si è allargata nei secoli a “macchia d’olio” e a “pelle di leopardo”, se vi piace il modo di dire, un po’ per tutte le Contrade della città assommandosi agli altri Ospedaletti già presenti realizzati da altre Associazioni, Scuole di Devozione e Arti e Mestieri, o volontà benefiche cittadine.

L’Ospedale di San Job, infatti, risultava proprietario anche di:
·      10 caxette in Ramo Cappello nella Contrada di Santa Margherita nel Sestiere di Dorsoduro.
·      22 o 24 caxette in Corte della Vida nella Contrada di San Francesco della Vigna, 7 caxette in Secco Marina nella Contrada di San Giuseppe, e 10 caxette in Calle del Cimitero e Corte Da Ponte a Santa Ternita nel Sestiere di Castello.
·      12 caxette in Fondamenta del Forner nella Contrada di San Tomà nel Sestiere di San Polo.


Concludo, finalmente, ricordando che oggi rimangono solo poche tracce, qualche formella in muro, qualche toponimo, e poche memorie di quel complesso sparso e curioso che era attivo un tempo nella Contrada popolare di San Giobbe. E’ bello però ricordare, qualora vi capitasse di bighellonare accanto a quelle casupole periferiche che guardano ancora sulla distesa aperta della laguna, che lì Venezia Serenissima sapeva produrre sanità autentica.


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