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Santa Margherita abita a Venezia

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#unacuriositàvenezianapervolta 207 … Attenzione: prodotto ostico, pesante e noioso, non adatto a chi ha fretta e non ha tempo e voglia.

Santa Margherita abita a Venezia

Campo Santa Margheritaè luogo oggi da sballo, ma anche da nostalgia e memoria … Io ho vissuto lì per diversi anni: so dov’è, cos’è, com’è … e so anche come si è trasformato e che cosa è diventato oggi. Da campo iperattivo delle cose di tutti i giorni e del vivere spicciolo popolare di Contrada, campo politico e del lavoro, cassa di risonanza dei bisogni sociali … a parco dell’evasione traslucida alterata dell’affidamento al sapore dell’alcol e della droga, e del “qua qua qua & bla bla bla”fine a se stesso.

In mezzo al Campo qualche decennio fa c’era la sala giochi, ma succedeva anche la vita e il lavoro di ieri con “la pescaria”, i banchetti, i fiori, la panna con gli storti, la Merceria allo Stendardo, “el Capòn” e le Osterie, la macelleria “dei tòsi”all’angolo, le panche delle chiacchiere fra gli alberi e i pozzi, l’edicola e i concerti sul palco della musica e delle manifestazioni del Carnevale … Prima ancora c’erano i panni stesi ad asciugare allineati sulle corde delle “forcàe”a flottare al vento e nel sole.


Esiste un libro bellissimo che riassume in parte tutto quel mondo scomparso di ieri: “Santa Margherita: una Repubblica.” di Giovanni Sbordone… Me lo sono “bevuto e sciroppato” più volte, a leggerlo ti sembra d’essere ancora là a vivere quel tempo andato ... Sappiamo bene però che tutto quel mondo andato, passato e ormai consumato: non esiste né tornerà più.

Tuttavia voglio parlarne … Giorni fa una che mi legge saltuariamente vedendo una foto che ho pubblicato su Draghi e Leoni Veneziani mi la lasciato basito: “Sono foto che certificano la presenza di figure aliene in Laguna … Le abbiamo sempre avute sotto agli occhi, ma è come se non li vedessimo…”

“Mamma mia !” mi sono detto … e sono ancora qui a pensarci: “Incredibile !” ho aggiunto fra me e me: “Quelle sono semplicemente le statue che rappresentano il vecchio Mito-Leggenda delle Storie di Santa Marina e del Drago … Altro che alieni in vacanza a Venezia!”

Mi sono detto ancora: “E’ meglio se scrivo un po’ circa quei manufatti curiosi che ci trovano ancora oggi all’angolo di Campo Santa Margherita … Sono là sotto agli occhi di tutti, ma rischiamo di perdere il loro autentico significato.”

Sono consapevole che non esiste peggior sordo di chi non vuol sentire”, e che se uno si è messo in testa che quelle statue sono certificati e carte d’identità di alieni sarà difficile smuoverlo da quella sua certezza … Che fare ? … Ci provo lo stesso a dire come sono andate un po’ le cose in quella parte di Venezia.

Inizio col dire: c’è stato davvero un Ospedale in Campo Santa Margherita ? … Si: c’è stato … Sorgeva proprio accanto alla Corte dell’Aseo come riferisce una nota storica … Ed era un Ospizio-Ospedaèttoincorporato alla chiesa di cui era prolungamento e complemento avendo l’unica facciata sul Campo prima che la chiesa venisse “voltata” verso la Calle. L’Ospedale possedeva una sua vistosa insegna pubblica ben visibile ancora oggi: è quella grande statua di Santa Margheritainfissa in parete in alto all’edificio che chiude la quinta scenografica delCampo Santa Margherita. Altre sparute note storiche raccontano che dall’Ospedaletto si riusciva a passare direttamente in chiesa, e ci si affacciava al suo interno come se la chiesa fosse unica cosa e prolungamento dell’Ospizio-Pizzoccheraioe viceversa.

Probabilmente l’Ospedaletto ha seguito le vicende della chiesa e della Schola di Santa Margherita e viceversa ... La chiesa a un certo punto: nel 1687 precisamente, subito dopo la grande Pestilenza-Moria che affossò e martoriò Venezia, venne voltata e rifatta … Ci furono lasciti e finanziamenti, perciò i Preti del Capitolo di Santa Margherita provvidero a ingrandimenti e miglioramenti radicali dell’edificio della chiesa … Ne beneficiarono anche le “conviventi” attività assistenziali ? … Si: di certo, perché come dicevo poco fa: Chiesa-Schola-Ospizio erano un tutt’uno inscindibile … Santa Margherita era insomma un altro di quei “pacchetti sanitari urbano” tipici di Venezia: un’altra piccola cittadella assistenziale come quelle di San Giobbe o Sant’Anna di Castello, e diverse altre in città molto utili alla popolazione e a servizio efficace del territorio.

Sanità d’altri tempi a Venezia … In Laguna per secoli la Salute del Corpoè andata perfettamente a braccetto con la Salute dello Spirito in maniera inscindibile: era arduo distinguere il labile confine che c’era fra l’uno e l’altro. Di conseguenza in diverse Contrade Veneziane, e quindi anche in Campo Santa Margherita si confondevano e sovrapponevano Rimedi e Semplici con Litanie e Suppliche ai Santi e alle Madonne, e dove finiva la chiesa iniziava l’Ospizio-Ospedaletto, mentre dove terminava la Schola si andava ad affacciarsi nelle due attigue Spezierie del Campo, e dove finivano i Pretiincominciava e si prolungava l’opera della Serenissima.

Il complesso dell’Ospedalettodi Santa Margheritaavvolgeva e comprendeva quindi la chiesa estendendosi fino al Rio di San Pantalon o di Cà Foscari, e includeva la Spezieria dell’Ospedaletto che esiste tuttora trasformata in Farmacia ai piedi del Ponte dove un tempo sorgeva l’entrata principale dell’Ospedaletto:una specie di reception-caxetta ricoperta da ScacciaDiavoli… Il motto dell’Ospedaletto poteva essere: “Via ogni Male con la Patrona Santa Margherita !”… e di male, malattie e miseria ce n’era moltissimo sia in Contrada che in tutte quelle limitrofe.

Se andate a vedere nei Catasti Napoleonico e Austriaco vedrete che tutta la zona era ancora evidenziata come unico complesso inscindibile che includeva la chiesa ... Purtroppo rimangono scarsissime tracce di tutta la vicenda inerente la Schola-Ospizio-Ospedaletto.

L’Ospedal de Santa Margherita poi non va confuso con un altro Ospedalettoche sorgeva poco distante: l’Ospizio Contarini. Si trattava di 8 semplici caxette-cameracucina che s’affacciavano su una corte interna da un ballatoio ligneo visibile tuttora … Il piccolo complesso assistenziale fu voluto da un Nobile Contarini che lo fondò per ospitare meretrici pentite fin dal 1407: “… si qua peccatrix publica vel occulta vellet se reducere ad benefaciendum et dimittere peccata, dicta domus sit disposita ad recipiedus tales peccatrices et eas retinendum.” ... Una pàtera un tempo murata sulla facciata dell’Ospizietto è stata spostata nella vicina Calle del Magazen.  Raffigurava la Leggendaria Santa Maria Egiziaca: la famosa Peccatrixrifugiata fra le sabbie del Deserto insieme a San Zosimo(che non è Pope Zosimus: il Santo Ebreo, bensì il Santo Greco-Ortodosso Monaco e Anacoreta che assistette e alla fine seppellì Maria Egiziaca). L’Ospizio Contarini esiste ed è abitato ancora oggi come parte dell’Opera Pia Zuane Contarini gestita dall’I.R.E. di Venezia, ed è visibile in Calle Ramo Secondo Cappello al civico 3373/a ... E’ suggestivo riconoscerlo … Alla sua gestione un tempo la Serenissima delegò ben Sette Commissari.

Poco distante, sempre in Campo Santa Margherita, esistevano altri due Ospizi confinanti fra loro: lo Scrovegni e il Boccoentrambi prospicenti sul Rio della Scoazzera, cioè la discarica pubblica a cielo aperto sulla Secchera del Rio, oggi interrato, che nel 1700 lambiva la famosa Schola dei Varoteri…. Gli Ospizi sorgevano nella parte brutta e puzzolosa della Contrada: nella zona meno appetibile e adatta all’insediamento delle attività dei Mercantie per le residenze sontuose dei Nobili Veneziani.

L’Ospizio Scrovegni fu voluto col testamento del 1421 da Maddalena Scrovegni figlia di Ugolino(quello che commissionò la celebre Cappella Scrovegni di Padova). Donna ricca ed erudita, la Matrona Padovanaaveva casa e abitò a lungo in Contrada di Santa Margherita da noi a Venezia, e fu per l’affetto verso la gente della Contrada che destinò un cospicuo lascito-capitale per dare alloggio a donne povere del posto. Il suo lascito venne posto affidato alla tutela e giurisdizione dei Proveditori de San Marco de Citra.

Il contiguo Ospizio Bocco, invece, venne eretto “per testamento 18 novembre 1403” di Meneghina Relicta (Vedova)di Zane Bocco della Contrada di San Salvador. In quella Contrada limitrofa a San Marco i due coniugi avevano voluto fondare dodici caxette, cioè dodici posti letto (spesso monolocali con semplice angolo cottura e senza servizi) per altrettante povere donne: “bòne femmine” che avevano obbligo di residenza stabile e di non subaffittare il locale, né di ospitare altre persone. L’Ospizio di Campo Santa Margherita fu l’evoluzione e la sintesi di quell’iniziativa forse troppo costosa da mantenere, perciò si unificò tutto compattandolo in un unico edificio suddiviso in più piani destinato allo stesso scopo: fu l’Albergo Margherita detto poi Ospizio Bocco.

La stessa Madonna Bocco, inoltre, nominò Esecutori Testamentari i Proveditori de San Marco de Citrae le sue figlie con i generi. Legò argutamente per il mantenimento dell'Ospissio anche la rendita di una casa di sua proprietà sita in Campo San Salvador data in affitto. In morte la Bocco volle beneficiare lasciando ulteriori lasciti anche la Fraterna de le Preson e la Schola de la Concesiòn dei Orbi di Contrada San Moisè.

Lungo i secoli fu esemplare la gestione di quegli Ostelli-Ospizi, finchè finirono con l’essere trasformati come tanti altri in abitazioni private dopo vari passaggi di proprietà iniziati con l’arrivo a Venezia di napoleone. Ripudiando e non rispettando la vocazione primitiva di quei luoghi lasciati con un ben preciso motivo assistenziale-caritatevole, sia Chiesa che Civico, che Congregazione di Carità e I.R.E. si dedicarono a guadagnarci ampiamente sopra in barba ai principi che tanto acclamano e ostentano. Hanno venduto quasi tutto, affittando a conoscenti non bisognosi, trasformando, e riavviando come alberghi a scopo di lucro turistico … E’ la Storia di Venezia … Cosa che conosciamo bene ormai.

Torniamo però ora a Santa Margherita con la sua Chiesa e Campo dicendo due parole sul senso della Leggenda di Santa Margherita che i Veneziani di diversi secoli avevano ben chiare e presente in mente ... La faccio breve.

Come ho avuto modo di ricordare recentemente, Santa Margherita intanto non è mai esistita: era Santa Marina il cui nome e storia vennero sdoppiati tanto da farne due Sante distinte, parallele e dalle storie-leggende simili … Niente di strano ! … Cosa normalissima soprattutto a Venezia, dove con le Storie e Tradizioni Santeresche e Mariane si è fatto ben di più: da un Santo ne sono fatti venire fuori quattro e più, e circa la Madonna non si riuscirà mai a riassumere di quanti tipi era, e ancor meno sapere quale immenso guardaroba di singolarissime e santissime Reliquie possedeva … Se mettiamo insieme tutte le Reliquie dei Capelli della Madonna doveva avere una capigliatura cinque volte quella di Branduardi, mentre se contiamo le Reliquie degli Abiti della Madonna doveva possedere un emporio di abiti da far invidia a Ermani o Benetton … Lasciamo stare però questo dettaglio “per non stuzzicare il can che dorme”.

Santa Margherita insomma, al pari di molti altri Santi e Santi faceva parte della Categoria dei Santi Sauroctoni… cioè di quelli che hanno avuto a che fare col Dragoche rappresenta il Male del Mondo ... La lista è lunghissima anche a Venezia: in primis San Giorgio seguito a ruota da San Teodoro, Santa Giustina, San Silvestro e poi tutti gli altri … Il significato del Drago lo si conosce: era la Bestia Maligna e Demoniaca in cui si riassumeva e personificava ogni forma di Male Antico contro cui l’Umanità di sempre aveva dovuto scontrarsi, confrontarsi e combattere … I tanti Covid accaduti lungo i secoli per intenderci … Per Venezia poi: il Mareera anche il luogo dove abitava il Male perché insieme ai guadagni delle avventure mercantili della Serenissima, dava anche occasione di Morte, naufragi, perdite, disastri, piraterie e sconfitte ... Ne ho già parlato qualche giorno fa: non è stato un caso se in Piazza San Marco si è inalberato sulle colonne il Leone Draghiforme accanto e a un altro Drago posto sotto ai piedi del San Todaro: Venezialungo i secoli è sempre stata disposta a combattere contro ogni forma di Nemico e Male che in qualche modo si presentassero a limitare i suoi ideali e desideri soprattutto economici.

Santa Margherita aveva una sua curiosa Storia-Leggenda antica, che non vi racconto per non annoiarvi … Andatevela a vedere: fu l’ennesimo esempio di figura di SantaPatrona che erompeva dal cielo sopra Venezia per scendere a dare una mano al vivere di quelli della Contrada Veneziana con tutti i suoi problemi spiccioli quotidiani.

Andando alla Storia e alla Tradizione Veneziana, la chiesa di Santa Margherita risulterebbe fondata ed edificata, anno più anno meno, intorno al 837: al tempo del Doge Pietro Tradonico. Venne finanziata e fatta costruire da Geniano Busignacco padre di Mauro o Maurizio-Vincenzo, che come quinto Vescovo di Olivolo-Castello consacrò il nuovo edificio di Culto nel 853(morì dieci anni dopo quel gesto) dopo esserne stato uno dei primi Piovani. L’edificio originale di cui rimane la statua di Santa Margherita inclusa in alto nella facciata prospiciente il Campodopo la rifabbrica della chiesa nel 1034, era rinomato come racconta il Sabellico,perché aveva una cappella centrale cupolata, dorata e decorata da mosaici bizantini sostenuta da quattro grandi e grosse colonne di marmo orientale: “… aveva inizialmente abside tutta d’oro adorna di mosaici d’una meravigliosa antichità e da una grande cupola sostenuta da quattro splendide colonne di marmo orientale …”

Non a caso il Rio che attraversava il Campo prese quindi il nome di Rio Businiaco, come attestano documenti del 982 dove si accenna che lì sorgevano: “… aliis duobus aquimolis positis in Rivo Businaco” di proprietà di Tribuno Memmo ... C’erano cioè due mulini ad acqua funzionanti in Contrada … Provate un po’ a immaginarveli insieme alla Venezia e alla Contrada di allora  Nel 1013 si segnalava addirittura la presenza di un Lago e  Rio Businiaco: “… lacu de aquimolum desertum que est posito in Dorsoduro iuxta Rivo Businiaco...” passato in proprietà dai Memmo ai Monaci Benedettini del Monastero della Santa Trinità e San Michele di Brondolo di Chioggia allora molto potenti e ricchi.

Più di cento anni dopo, nel 1130, i documenti parlano di:“… pantano in capite Rivo Businiaco …” nella Contrada-Confinio di Santa Margherita, dove  abitava Pietro Malaza che andò ad attestare insieme a Pietro Venier e Vitale suo figlio dal Confinio di San Cassian presso Johannes Presbiter et Notarius a Rialto circa l’avvenuta esecuzione dell’obbligazione con cui Serzi dal Confinio di San Giovanni Confessore (Crisostomo) sposò sua figlia Englerada con Matteo Manolessodal Confinio di San Gervasio (San Trovaso) promettendo alla figlia lire 200 come “repromissa”, e lire 100 allo sposo “pro honoricentia” ... Che confusione di dati vero ? … Ma andò così.

 

Nel 1168 un violentissimo incendio storico avvolse quasi tutta Venezia facendo diventare un cumulo di cenere e macerie le chiese e Contrade dell’Anzolo, San Basilio e San Barnaba, e nell’OltreCanalequelle di San Samuel, San Luca e San Beneto. Si salvarono rimanendo quasi miracolosamente intatte le Contrade di San Vidal, Sant’Anzolo, San Maurizio, San Bartolomeo di Rialto, San Zulian e San Fantine nell’OltreCanale: Santa Margherita e San Trovaso.

Nel novembre 1195 Giovanni Barastro del Confinio di Santa Margheritaera Procuratore dei redditi e dei terreni in Costantinopolidel Comune di Venezia ... mentre nella seconda metà del 1200 Johannes Flabanico Chierico di Santa Margherita era uno dei Notai più famosi, ambiti e ricercati di tutta Venezia.

 


Correndo il Tempo … Nel 1314 si decretò l’interramento della zona paludosa, la così detta Piscina di Santa Margherita, determinando l’esistenza dell’attuale Campo e bonificando aree che divennero utili per successive edificazioni. In precedenza nella stessa zona s’erano create alcune Chiovere utilizzate dai Tintori di Panni, soprattutto da un certo Zanino de Lismano, che ottenuto il permesso d’estendersi e allargarsi di circa 26 passi e 3 piedi, creò un suo laboratorio sulla troppo molle Palude Businiaca che si crepò facendo crollare l’edificio.

 

Nel 1325 Marino Civran era Plebanus di Santa Margherita, e cinque anni dopo una certa Pizzocchera Bisina o Risina Vendramin iniziò a versare ai Preti di Santa Margherita un canone d’affitto annuo di otto grossi fabbricandosi nel campanile della chiesa una piccola celletta dove viveva solitaria da eremita. Ogni giorno la donnina attraversando un piccolo passaggio interno ricavato fra case e chiesa, s’arrampicava fino ad affacciarsi sulla sommità della cupola della chiesa, e da lì in alto assisteva agli Uffizi Divini, alle Funzioni e alle numerosissime Messe lette, cantate e celebrate dai Preti del Capitolo. Come unica libertà si riservava solo di recarsi ogni anno nella notte prima della Festa della Sensa fino alla Basilica di San Marcoper acquisire e lucrare le “favolose Indulgenze” che lì venivano concesse ai Fedeli Veneziani e ai Pellegrini di passaggio in partenza per le Vie di Terrasanta, Roma, Assisi, Loreto e San Michele del Gargano.        

 


Subito dopo, al tempo del Doge Andrea Contarini, accadde la Guerra contro i Genovesi che presero Chioggia. In quell’occasione quelli della Contrada di Santa Margherita non si tirarono affatto indietro, e concessero numerosi “imprestiti” allo Stato Veneziano quasi diventato Serenissimo. La Contrada mise insieme la bella cifra di 76.500 lire, e si distinsero nell’offrire i 19 NobilHomeniresidenti, soprattutto tre, e sopra tutti: Sier Nicolò Foscoloche sborsò 6.000 lire. Ci furono anche altre donazioni significative da parte di 18 contribuenti abbienti: il Fante Bortolamio De Bone Donado Campàzo diedero 800 lire ciascuno; gli eredi di Sier Maffio Dalla Stoppa offrirono 3.000 lire; MaDonna Seconda Da Pozzo: 500 lire come l’Orese Pier Fontana; Marco Zonazi e Mario Sapa sborsarono 300 lire ciascuno; Nicolò Dal Soldo: la bella cifra di 2.500 lire. Il migliore fra tutti fu un certo Zorzi Epa, che meravigliando l’intera Contrada di Santa Margherita offrì l’eclatante cifra di 20.000 lire ... Perché poi quella generosa beneficienza allo Stato non si trasformò in benemerenza facendolo diventare Nobile come molti altri: non si sa … Scomparve nel nulla.

 

Nel marzo 1377 il Maggior Consiglio autorizzò la neonata Schola de San Vettor e Santa Margarita acostruire la propria sede presso il campanile della chiesa di Santa Margherita occupando lo spazio rimasto libero a ridosso della navata destra ... Il primo di aprile seguente: la Schola stipulò il suo Atto di Fondazione iniziando a redigere la sua Mariegola.

 

Negli ultimissimi anni del 1300: Bellello Civran di Giacomo residente nel Confinio di Santa Margherita era Procuratoredi Andrea Civran Abate di San Cipriano di Murano. Come tale rilasciò a Rialto davanti a Victor de Mapheis Domini Ludovici Notarius Publicus Imperialis et Veneta Auctoritate: una quietanza a Lorenzo Dolfin di Martino del Confinio di San Salvador& Consorti.  La ricevuta riguardava il pagamento di un Livello dovuto al Monastero Muranese di lire 10 e grossi 23 d'oro annuali per la concessione dello sfruttamento delle acque della Valle Lagunare del Cornio, e dei Fondamenti Valier, Mare e Molino dove appunto sorgevano diversi molendini ad acqua.

Nell’ultimo anno del secolo: il 1399, a Justinopoli, cioè a Capodistria in Slovenia: Leazario Porcello da Venezia Vicedomino di Capodistria e SubProcuratore di Bellello Civran di Giacomo del Confinio di Santa Margherita di Venezia, Procuratore del Monastero di San Cipriano di Murano concesse in affitto per 29 anni a Mastro Andreolo dalla Fornace di Serravalle residente in Capodistria, un casale sito a Capodistria in Porta San Martinoper annuo canone in denaro ... Nello stesso tempo, e sempre là: Bernardo Foscarini Podestà e Capitano di Capodistria pronunciò, dopo debita perizia e ispezione, una sentenza con cui dichiarava Michel Sivez da Porta San Tommaso decaduto dalla concessione di una vigna “ad pastinandum”, avuta dallo stesso Leazar Ponzelo a cui accennavo poco fa, in quanto non l’aveva lavorata debitamente rovinandola e riducendola a “barèto”.

Giri d’affari dei Veneziani di Santa Margherita del lontanissimo 1300 ... curiosi secondo me.




All’inizio degli anni ’30 del 1400, Andrea Davanzago già Piovano di Santa Margherita e Procuratore della chiesa di Santa Maria Materdomininel Sestiere di Santa Croxe, venne nominato Sindacoin una sentenza arbitrale voluta dal Vescovo futuro Primo Patriarca Lorenzo Giustiniani ... Quattro anni dopo, Nicolò Corner quondam Marco, sempre di Santa Margherita, lasciò la sua proprietà di Tombelloin prima battuta ai Frati della Certosa di Sant’Andrea del Lido, e qualora fosse stata soppressa la Certosa: “ai povari e miseri della Parocia et Contrada de Sancta Margheritadel Sestier de Dossoduro in Venèsia”.

 

Nella terza parte del 1400 la rivendita di pane in Campo Santa Margherita era gestita da Andrea de Zano, e un Marin Garzoninotificò di abitare sopra la Savoneria di Calle dei Saonèri in Contrà de San Barnaba un tempo soggetta alla Parrocchia di Santa Margarita.

 

Nel 1408 il Consejo dei Diese autorizzò la Schola di Santa Margherita a inglobare nella sua sede anche l’ultima porzione di terreno rimasta disponibile in Campo "fin al cantòn del campaniel … per essere stimato meglio evitare l'inutile callesela cieca, nella quale finirebbe per accumularsi solo immondizia.”Quarant’anni dopo si stava ancora lavorando, e la Banca della Schola chiese ai Preti del Capitolo di Santa Margherita di allargare e innalzare ulteriormente la sede della Schola: “… avendo cura di non togliere luce alla chiesa retrostante” ... Al centro della nuova facciata si sarebbe posta in nicchia la statua di Santa Margarita, e si sarebbe abbellito il tutto con fregi alle finestre … Trent’anni dopo ancora la Giustizia Vecchiaobbligò i riottosi, spavaldi e cacciarosi Gondolieri-Barcaroli della Schola del Tragheto de Dentro de Santa Margarita (oggi non esiste più) a iscriversi obbligatoriamente, pena la “revoca del permesso di lavorare e traghettare”, alla Schola de Santa Margherita e Vetòr che stava alquanto prosperando, tanto che fece costruire un’Arca per seppellire i propri Cofrati e Cosorore nel portico della chiesa di Santa Margherita.

Ne derivò un contrasto e una lunga diatriba fra Schole e Gastaldi che durò decenni: i Gondolieri del Traghetto erano tenuti a pagare entro quindici giorni dalla Festa di San Vittore la Tassa di Luminaria della Schola che conferiva loro come ricevuta: “pan et candela”, altrimenti non sarebbero stati accompagnati dal Pennello (gonfalone) della Schola e dai Confratelli durante i loro Funerali ... Singolarissima quella Fraglia di Gondolieri Veneziani: avevano “Stàzio da barche” in Campo San Pantalon appena al di là del Ponte di Santa Margherita da dove traghettavano per ogni luogo di Venezia. La loro sede, invece, sorgeva in Campiello del Tragheto subito dopo la Calle de la Cièsa che costituiva il minuscolo sagrato di Santa Margarita, e possedevano un altro “Stàzio da Barche” anche in Campo San Barnaba dove offrivano barche a nolo verso qualunque punto della città intasando quasi sempre il Rio e bloccando il traffico verso Campo Santa Margherita ... Nello stesso anno, infatti, venne notificato loro: “de no sostare al cantòn de la Riva de Santa Margarita mentre attendevano il proprio turno di servizio, e de tenir in San Barnaba una sola barca ligàda a riva.”

 

A metà novembre 1529, un decreto dei Pregadi diede ordine di costruire due pozzi in Campo Santa Margarita (visibili tutt’oggi) che sarebbero stati pagati con le rendite dei Traghetti del Canal Grande ... In quegli anni in chiesa il Capitolo dei Preti di Santa Margheritapagava 10 ducati annui all’organista per rivedere e suonare l’organo, e ne spendeva altri 5 “per pagar Cantori e Sonadòri per la Festa della Titolare Sancta Margarita” che durava quattro giorni continuati. Lo stesso Capitolo dei Preti pagava ancora: “… quattro Cantori per la Settimana Santa che cantava li Passii alla Domenica dell’Olivo, le Lamentatiòn al Mercore Santo, il Zuoba et il Venere Santo, et cantava il Passio, l’Adoration del a Croxe, e par far la Procession il Venare Sancto attorno la Contrà: in tutto ducati cinque ...”

 


L’8 giugno 1581 passò in Contrada la Visita Apostolica di Roma che voleva conoscere e sapere tutto di tutti: sia della Parrocchia, che della Collegiata dei Preti, delle Schole, che della Contrada. Nei verbali di resoconto di quell’insolita Visita si può ancora leggere: “La Contrada conta 2.089 abitanti con solo metà che fanno la Comunione … Il Capitolo dei Preti conta il Parroco-Piovano e altri due Preti, e un Diacono che percepiscono annualmente 111 ducati, l’uso della casa, e gli incerti di stola ... Ci sono inoltre un Suddiacono e tre Chierici che costano un ducato l’anno, mentre la Fabbriceria della chiesa movimenta 30 ducati ... La stessa chiesa possiede sette Mansionerie di Messe del valore di 142 ducati che vengono celebrate sui sei Altari di chiesa: Santa Margherita, San Leonardo, Santa Trinità, l’Altare di NostraDonna, San Vittore e il Santissimo di cui c’è anche la relativa Schola ...”

 

Verso la fine del 1500, il laico quarantenne da Udine Valentinus Odoritius con moglie e figli teneva Scuola da cinque anni a Venezia insegnando “Lezo de humanità” a venti alunni di Santa Margherita ...  Insegnava anche un Zago Maggiordella chiesa di Santa Margherita facendo “ripetitòr a de puti pizoli” fra cui un certo Battista. Tale Zago dichiarava: “… Lezo secondo el Concilio la Dottrina Cristiana del Prete Canisio Jesuita … e po di Vergilio, Oratio, Ciceron la Rethorica ad Rhenium. A quei più piccoli La Bucolica de Virgilio et la grammatica del Guerin ... Sei o sette fanno epistole, li altri latinano per tutte le regule.”Sandrus Lanza Chierico ventiduenne, invece, insegnava Grammatica da un anno a tre alunni in casa di Giovanni Garzoni a Santa Margheritaspiegando:“… Al più grando ghe lezo el Vives solamente, alli altri ghe fazo far Latin per neutri.”Negli stessi anni l’Abate Stefano di San Tommaso dei Borgognoni di Torcello intendeva trasferire i suoi Frati in un nuovo Monastero impiantato nella più salubre Venezia: possibilmente in Contrada di Santa Margherita… Il progetto non si concretizzò.

Negli ultimissimi anni del secolo scoppiarono dei litigi fra i Sodales(gli iscritti) della Schola di Santa Margherita e il Capitolo dei Preti della stessa chiesa … Motivo del contenzioso ? …. Sempre i soldi da ricevere, riscuotere e spartirsi … Quelli della Schola minacciarono di trasferirsi dai Frati Agostiniani di Santo Stefano pronti ad accoglierli … Alla fine intervennero i Provveditori da Comun della Serenissima che costrinsero tutti a trovare un accordo … La Schola rimase quindi in Santa Margherita rinnovando la propria MariegolaLe spese per la Festa del Titolare sarebbero state a carico della Banca della Schola nei cui Capitoli Generali avrebbero votato solo quelli della BancaI Preti del Capitolo di Santa Margheritaascritti gratuitamente alla Schola avrebbero celebrato in chiesa il giorno della Festa della Patrona-Titolare appositamente per quelli della Schola, e avrebbero partecipato alla Solenne Processione per il Campo ... I nuovi iscritti con candela accesa in mano sarebbero stati accettati in ginocchio davanti all’Altare della Schola nella chiesa di Santa Margherita, dove doveva ardere “un cesendello perpetuo giorno e notte senza interruzione”... I Barcaroli-Gondolieri del Traghetto… sempre loro … dovevano versare una Tassa di Benintrada di 3 lire a testa …



I Gondolieri del Traghettostanchi di quel trattamento si dissociarono dalla Schola aprendosene una per conto proprio.

Qualche anno dopo gli anni funesti della Peste della Madonna della Salute, cioè nell’aprile 1633, il Pistor Mattio Rizzo di Santa Margheritavenne decapitato per ordine del Consiglio dei Dieci A fine 1670 nella Pistoria de Santa Margarita si consumavano 4.461 staia di farina, mentre in Contrada si contavano 46 botteghe … Cinquant’anni dopo se ne contavano: 59 con due Forni… e trent’anni dopo ancora: le botteghe erano diventate 70 ... la Contrada prosperava.


Nel marzo 1659 il Capitolo de la Scholade San Vetòr e Margharita alzò la voce ancora una volta contro i cocciuti, ticchignosi ed esosi Preti di Santa Margherita:“… non sarà impedito al Piovano Pre Domenico Rapacino di fare per sua devozione il nuovo Altare a San Domenico sull’area della Schola … Viceversa: non s’impedirà che siano rimessi a muro i quadri della Schola con i “Miracoli de San Vetòr apena restaurài” ... Il nuovo Altare non dovrà mai essere concesso ad altri privati e Schole senza l’espressa autorizzazione della Schola stessa di Santa Margherita.”

 

Quelli che vediamo attualmente in Campo sono i resti della ricostruzione della chiesa di Santa Margherita del 1687 realizzata dall’architetto e pittore Giambattista Lambranzi su commissione del Piovano Prè Maria Moro“col generoso concorso dei parrocchiani”, che voltò la chiesa spostando l’ingresso principale dal Campo sulla Calle: “… il Campanile viene rivestito di bugnato nella parte inferiore, l’arco della porta incorniciato da un mostro ... si fa corrispondere un esterno dimesso ad un interno sontuoso.” L’operato del Maestro, le misure dell’edificio e la qualità dei materiali della “cjesa de Santa Margharita in salizàda”vennero valutati nel 1694 dai Giudici del Piovego tramite i Periti Mattio Rendello e Alessandro Ventura ... Sul soffitto è visibile ancora oggi un affresco col “Martirio di Santa Margherita d’Antiochia” realizzato da Antonio Zanchi che probabilmente decorò buona parte dell’interno della chiesa. Di fuori si notava l'edificio della chiesa in buona parte inglobato con le abitazioni sorte attorno quasi ad amplificarne e integrarne l’opera-attività caritativa … Oggi è visibile il caratteristico campanile mozzo” realizzato nel 1305, la cui cella campanaria e cupola sommitale sono stati ribassati di 14 metri nel 1808 per problemi statici dopo un furioso incendio del 1800 ... In quell’occasione il campanile mozzo divenne abitazione ... e lo è tuttora.

In occasione di quella stessa ricostruzione di chiesa, la Schola di Santa Margherita e dell’Ospedalettosi trasformò in Sovegno assumendo un taglio più assistenziale, previdenziale e sociale: si stabilirono nuove Tasse di Benintrada e nuove “quote mensili”da pagare da parte dei Confratelli e delle Consorelle della Contrada ... Si stabilì “l’entità dell'obolo” che ogni Confratello era tenuto a versare durante le Messe Funebri in caso di morte di ogni Confratello-Consorella … “In sepoltura” si doveva celebrare un Esequialee tante “Messe lette” quanti erano gli iscritti dell’intera Schola ... “L'assistenza e il sussidio per malattia” sarebbero stati disponibili per i soli iscritti soltanto a sei mesi dall'atto dell’iscrizione e solo dopo i relativi versamenti ... Gli iscritti che s’ammalavano “fuori dalla Dominante” potevano percepire il sussidio soltanto al ritorno in Patria ... Non era previsto sussidio in caso di ferite apportate, “Morbo Gallico”(Sifilide) e mali incurabili ... Per le“spese di sepoltura” si riconosceva il contributo di un ducato agli eredi se la tumulazione avveniva nell'Arca della Schola davanti alla chiesa, o di due ducati se venivano seppelliti da un’altra parte. 

Nel 1691 il Capitolo dei Preti comunicò al Capitolo della Scholache avevano bisogno di spazio per realizzare una nuova Sacrestia... Se la Schola cedeva l'area di loro pertinenza a pianoterra col locale sovrastante l'Altare dell'Annunziata, avrebbero ricevuto in cambio l'uso in chiesa del prestigioso Altare del Cristo collocato giusto a fianco dell'Altar Maggiore ... La Schola in stagione di difficoltà economiche ci pensò … poi accettò provando a rimpolpare il suo prestigio:“trovarse in cjesia più vicini a Dio xè mègio” ... Nella stessa occasione restituì ai Preti il "Solèr de San Vettor" (grande simulacro processionale in legno decorato da portare a spalla) che non sapeva più dove collocare, e si rassegnò a tenere le sue consuete riunioni sulle panche della chiesa.

Nel marzo dello stesso anno, cioè un pugno d’anni dopo la fatidica Peste che falcidiò Venezia ancora una volta, iniziò in Chiesa e Contrada una nuova Devozione, cioè si fondò la Schola-Sovegno della Beata Vergine del Santissimo Rosario… Il meccanismo era sempre lo stesso: Registri di Cassa, Libri di Messe da pagare e celebrare, Registri d’Iscritti, Versamenti e Multe dei 60 “Associati”, Registri con i verbali delle Riunioni Capitolari, e liste infinite dei gesti di elemosina e Carità rigorosamente denunciati per esteso fin nei minimi particolari ... Sette anni dopo, nel 1698, alla Visita del Patriarca Giovanni Alberto Badoer risultava esserci in chiesa il simulacro di una preziosissima Madonna del Rosario Vestita fornitissima di abiti e ori. Secondo gli Inventari dell’epoca “la MaDonna” possedeva un ricchissimo guardaroba consistente in biancherie, 29 abiti, 13 veli, 2 stellari di rose e 48 gioielli con cui veniva di continuo “cambiata”seguendo le scadenze del Calendario Liturgico ... Due anni dopo ancora, come indice della “buona stagione Devozionale” che stavano vivendo la Contrada e Chiesa di Santa Margherita, si stipulò un contratto con Antonio e Alberto Bettamelli che realizzarono “entro la Pasqua dell’anno successivo” un nuovo Altare in chiesa “ricco di figure sulla cima” in tutto simile a quello Maggiore dedicato a Santa Margherita ... In realtà l’Altare divenne “agibile” solo dopo l’estate: per la Festa del Rosario di ottobre quando si teneva una grande Processione per il Campo e tutta la Contrada, e venne del tutto completato e rifinito nei dettagli per Natale quando si designarono dei Giudici-Arbitri per valutare il lavoro fatto, e stimare i marmi del vecchio altare dismesso dalla cui vendita si ricavarono 90 ducati.

A Venezia e in Contrada in quell’epoca si viveva anche di quelle cose.

E’ curioso notare come la Chiesa-Parrocchia-Contrada di Santa Margherita fu gestita per secoli da un’insolita piccolissima Collegiatae Capitolo ridottissimo di soli due Preti titolati, che però furono quasi sempre capacissimi nel “far alto e basso della popolarissima zona Veneziana” ... La Parrocchia-Contrada era affiliata “per necessità di cose” alla chiesaMatrice di San Silvestrodi Rialto dove risiedeva l’ex Patriarca di Grado era discretamente fornita di“Buone Reliquie”capaci d’accattivarsi Veneziani e Pellegrini di passaggio. Sopra a tutte c’era: la Santa Mascella di Santa Margherita, poi c’era: il Santo Grasso di San Lorenzobruciatoe martirizzato sulla graticola, le Venerabili Ossa dei Santi Severino e Fortunato Martiri, e molto altro ancoraCuriosissimi in se, e “sempre capaci d’attrar l’atensiòn de Venesiani e Forèsti” furono le opere in pietra poste a cintura della chiesa fin verso il ponte di San Pantalon, cioè i rilievi marmorei e in Pietra d’Istria incassati in parete dei Scacciadiavoli, e del Drago-Tarasca della Leggenda di Santa Margherita: “ … anche Venezia aveva i suoi mali, che come Serpe Malefica grampàva in ogni epoca anche i Veneziani di Campo Santa Margherita ... La Santa però stava lì apposta a vigilare in compagnia de San Vetòr, e insieme provvedevano al benessere de Corpi et Anime.”

Quelle opere di pietra stavano insomma a ricordare a chiunque quell’ineludibile lotta incipiente quotidiana fra Bene e Male che coinvolge l’esistenza di ciascuno “grande e piccolo, ricco o povero” in ogni epoca ... Le donne Veneziane portavano i figli e i bimbi a vederle, ed erano occasione per inscenare chissà quali discorsi.

Nella sempre più vispa e attiva Contrada di Santa Margherita non mancarono di andare ad abitare anche i Nobili: Foscarini, Dolfin, Gabrieli, Marcorà, Scudo, Surian, Vendramin, Angaràn poi trasferitisi a San Lorenzo di Castello, Foscolo-Corner, i Berlendis dettisi appunto di Santa Margherita: Nobili di seconda classe, e iMinio, Piovene, Renier e Giustinian: una bella concentrazione insomma di uomini e famiglie prestigiose.

Nel Campo sempre pieno di lavori, scambi, mercati e interazioni quotidiane si teneva ogni anno la spettacolare Caccia ai Tori come avveniva anche in Campo San Geremia, nel Campo della Bragora, in quello di Santa Maria Formosa a Castello, a San Giacomo dell'Orio, San Polo e Santo Stefano, e perfino in Piazza San Marco. Esiste una curiosissima descrizione dell’evento fatta daEdmondo Lundy che soggiornò a Venezia appunto in Contrada di Santa Margheritanel 1854. Lundy paragonò la Corsa dei Tori Veneziana a cui assistette a quella famosissima di Pamplona in Spagna: “In Venezia vi sono varii locali destinati per dette caccie. Il migliore giudicasi il Campo di Santa Margherita, e ciò per essere questo il più lungo tratto che possano i buoi correre in questa città, cioè dal Ponte di San Pantalon fino al Ponte Lungo alle Zattere. Sono stato sempre contrarissimo a questo spettacolo; ma un giorno non potei esentarmi dall’intervenire ad uno. Il Patrizio Zenobio, che circa a mezzo l’indicata via sulla Fondamenta del Carmine tiene un vasto palagio, mi fece invito, atteso una grandiosa colà stabilita Caccia dei Tori. Era un dopo pranzo di estate ed io andai a quel palagio in gondola. Volendovi oltre un’ora al principio della festa, mi posi, in unione a taluno della Patrizia Famiglia Zenobio e ad altri invitati al paro di me, a girare per quelle strade. Il popolo che vi moveva era numerosissimo, e vi rimarcai che molti più erano le donne e i ragazzi pedestri che gli uomini. Tutto questi, però di bassa classe, vestivano all’uso loro proprio, ma pure con qualche ricercatezza. Le femmine, pressochè coperte il collo di smaniglie, portavano enormi orecchini, e nelle dita grandi e molte anella. Nel Campo di Santa Margherita si ergeva una specie di anfiteatro di legno per quelli che mirar vogliono comodamente il cruento spettacolo. Le finestre ed i poggiuoli delle abitazioni erano pieni di gente in gran parte di Classe Nobile e Cittadina e quindi vestita bellamente e con tutta moda. Non descrivo questa Caccia, perché quasi ogni paese Europeo ne fa spesso di simili, dove anco talvolta riescono meglio per ampi e più adatti locali. Ordinariamente queste feste sono divise in due parti. La prima è di buoi legati e la seconda di buoi sciolti. I buoi legati lo sono per mezzo di grossa corda attaccata alle corna e lunga alcune braccia. Un uomo, detto perciò tiratore, la tiene nella estremità; e mentre l’animale corre, deve pur esso correre. Ma però sta nella sua forza e destrezza il frenare all’uopo il corso della spaventata ed infierita bestia ed anche fermar questa tutto ad un tratto allorchè muove con l’impeto maggiore. Ma non dee credersi che detto sollazzo di tiratore sia tutto proprio o dei Beccati o della gente bassa. Vi sono fra Cittadini e fra Patrizi medesimi degli appassionatissimi per tale esercizio, che però soddisfanno in privati recinti. Tornai a palazzo prima che la Caccia cominciasse. Appoggiato al grande poggiuolo di quello vidi prima passare non pochi buoi legati col tiratore. Ma qui sta forse il particolare di Venezia, vale a dire, che in quelle violenti corse che fanno i buoi per togliersi a cani che furenti li perseguono, tu vedi donne e fanciulli che corrono dietro alla fuggente bestia; e bene spesso, con sommo coraggio, chi di quelli si attacca alle orecchie, chi alle corna e chi alla coda, per cui l’animale malgrado a suoi furiosi dibattimenti oppresso dalla forza di tanti è costretto a fermarsi e spesso cadere a terra. Allora il grido di gioia, le sghignazzate e le urla sono assordanti ed infinite.  Successe poi la Corsa de’ Buoi Sciolti, seguiti da veloci e forti mastini. Qui i cacciati animali non era interposti da spettatori; pure si vedeva qualche ardito che se ne stava indifferente al passaggio rasente della furiosa bestia e schivar di questa le cornate con ammirabile destrezza.  Ma vidi però alcuni atterriti gettarsi dalla fondamenta o rivo o balzare in qualche barca. Ma il terribile fu, che qualcuno di que’ buoi, veggendosi assalito da’ cani e d’innanzi e di dietro, si lanciò all’improvviso nel canale. Quale scompiglio ! … Qual confusione ! … Quel rivo era pieno di barchette con entrovi a spettatori uomini, donne e fanciulli. Qualche barchetta si rovesciò e caddero non poche persone in acqua. Grida, ululati orrendi. Parte dei barcaiuoli soccorre i naufragati e parte percuote il nuotante bue co’ remi; altri lo pigliano pelle corna e cercano annodarvi una corda. I cani inviperiti ed aizzati si gettano in acqua e cercano prendere l’orecchia del bue fuggente. Ciò non ostante due o tre di que’ buoi approdano alla fondamenta opposta; e qui nuovi spaventi e disordine grande nel popolo spettatore e tale inattesa comparsa. Ma ciò che pare incredibile, niuna disgrazia accadde; e dopo frenati gli animali scappati, e il riso ed il bordello si fece maggiore. Terminata sulla sera la festa, ringraziata la cortesissima nobile famiglia ne uscii e pensai recarmi alle Zattere per godervi un poco di fresco. Le strade erano piene di gente allegrissima, che discorreva dei casi parziali della festa, cioè della fuga dei buoi, della destrezza del tal tiratore, della bravura di que’ tali cani, e della uccisione di non poche di queste bestie fatta dai Tori più forti …”

Interessantissimo quadretto di un secolo e mezzo fa !

L’interno della chiesa di Santa Margherita era quello un po’ tipico delle chiese Veneziane: tutte paragonabili a ricchi scrigni pieni di preziosi bijoux. C’erano: otto altari collocati attorno riccamente decorati e abbelliti conuna: “Santa Maria del Rosario col Bambino, San Domenico e due Angeli”realizzata da Pietro Negri. C’erano poi: tre Tintoretto: un “Cristo che lava i piedi”, un’”Ultima Cena con gli Apostoli” e un “Cristo nell’Orto del Getzemani”commissionati dalla Schola del Santissimo e piazzati ai lati dell’Altar Maggiore dominato dalla “Trinità con Santa Margherita e Angeli”realizzato dal Petrelli, autore anche dei Dodici Apostoli collocati in tutti gli angoli interni alla chiesa.

E non era tutto … C’era ancora una “Crocefissione”diAntonio Zanchi, una “Vergine con Santo armato” e un “Crocifisso e Santi” dipinto forse da Domenico Pasquale collocati sparsi e appesi alle pareti della chiesa.Appeso solitario in un angolo stava un Ciclo di Figure appartenenti alla Schola del Varoteri, e si poteva infine ammirare: la “Cattura di Gesù” e “Gesù inchiodato in croce” di Giuseppe Enzo, e la “Moltiplicazione dei pani e dei pesci” e “Mosè che fa scaturire le acque”dipinti daAndrea Vicentino.

Santa Margherita, insomma, era una specie di piccola e fornitissima Pinacoteca di preziosissime Opere d’Arte Sacra.

Sempre perché Contrada molto attiva e in posizione strategica rispetto a “dove si arrivava e partiva da Venezia”(cioè dalla vicina Contrada dell’Anzolo Raffael), la Contrada finì con l’ospitare oltre ai Nobili anche molte famiglie di Artieri e Lavoratori, che si valevano ampiamente del supporto dei numerosi Pescatori e Fadiganti-Bracciantiche vivevano e prolificavano ampiamente in zona.

In Calle e Corte dell'Asèo (Aceto) prospicente su Campo Santa Margherita e affacciata sul Rio di Cà Foscari e San Pantalon ancora nel 1740 abitava Antonio Aseo in una casa presa in affitto fin dal 1715 dalle Monache della Celestia che ne erano proprietarie. Nelle anagrafi dei Provveditori alla Sanità del 1761 si ricorda un Isepo Aseo Bollador, mentre nel Libro dei Morti di Santa Margherita si dichiara che morì in Contrada il 7 luglio 1775: la settantenne Caterina del quondam Zuane Aseo.

In una lateraleCorte de le Carozze di Campo Santa Margheritanel 1661 esisteva una casa locata dal NobilHomo Pietro Badoer fu Sebastian a Misier Visiu Carrozzer. I Carrozzeri erano inaspettatamente diffusi nell’insulare Venezia … Uniti in Arte con i Selleri, erano “Colonnello”, cioè subordinati, all’Arte dei Tappezzieri e Bolzeri cioè i Valigiai. Una legge dell’8 ottobre 1562 decretava: “Li cocchi, cocchiesse, et carrette non si possino usar con oro, ovver argento in alcuna parte, salvo che netti pomoli, restando del tutto prohibiti li stramazzi, coperte da carretta, collari, coperte da cavalli di seda, o di seda fodrate, ovver ricamate, et medesimamente li pennacchi, et li cocchieri sieno atta medesima condition del suo vestir che sono li famegli de barca … sotto pena a quelli che contrafaranno in questo proposito de cocchi, cocchiesse, et carrette de ducati vinti per cadauna cosa … et cadauna volta che contrafaranno.”… Nota curiosa di una Venezia che non ci si aspetta.

Ancora nel Sottoportico e Corte del Fontego a Santa Margherita esisteva nel 1713 la bottega serve per fontego di farina affidata alli Fontegheri” gestita da ina certa Laura relicta (vedova) di Antonio Badoer. Oltre ai due principali Fonteghi da Farinadi San Marco e Rialto c’erano attivati in altre parti della città altri quattro piccoli Fonteghi che provvedevano i Veneziani di farina a prezzo calmierato. InPregadi si decise il 07 giugno 1704: “Siano aperti quattro Fontici sparsi per la città a comodo del popolo, cioè: Zuecca, Castello, Santa Margherita e Rio Terrà” ... Fin dal 1731 si aggiunse anche un ulteriore Fonteghetto da Farina al Ponte e Calle del Fontego in Contrada di Santa Giustina nel Sestiere di Castello, che venne dato in gestione nel 1740 a Padron Vincenzo da Rica.

Nel Sottoportico dell'Uvapresso la Contrada di Santa Margherita si coltivava una piccola vigna, mentre in un’altra piccola Corte dell’Orese con Sottoportico lavorava l'Orese del Malcanton. Nello stesso posto abitava nel 1582 Cattarina di Stefani q.m M. Francesco Orese“che possedeva colà varie case, una delle quali era “pro indiviso” colla Magnifica Maria Basadonna e colla Commissaria del quondam Mastro Bartolomeo Orese all'Ancora … Essa Catterina di Stefani dava pure in quell'anno una di tali case a pigione ad un altro Mastro Francesco Orese”.

In Calle Renier o del Pistor in Santa Margherita abitava ovviamente la Nobile Famiglia RenierNel 1726: Bernardino Renier di Federico era Senatoredella Serenissima e marito di Caterina Querini. In qualità di Provveditore da Comun fece costruire il pozzo al centro di Campo Santa Margherita facendo incidere il suo nome sulla vera da pozzo ... Fu anche proprietario del Teatro Sant’Angelo dove Carlo Goldoni gli dedicò il dramma in musica "Amore e caricatura"…  Nel 1740 abitava nello stesso posto in Contrada il NobilHomo Daniel Renier.

Nel settembre 1545 nacque proprio in Calle de Cà Renieruna speciale Devozione per la Madonna Assunta… Nel giro di un anno “la cosa” venne subito adocchiata e subodorata dai Preti di Santa Margherita, e si diffuse, ampliò ed organizzò al punto tale da trasferirsi in chiesa divenendo una nuova Schola-Sovegno dell’Assunta che s’aggregò al Suffragio dei Morti già attivo e presente in chiesa. All’atto della fondazione si iniziò a redigere un’apposita Matricola-Mariegola approvata dai Provveditori da Comun, per la quale 25 sottoscrittori spesero 230 lire e soldi 9 ... Dopo un inizio e una convivenza piuttosto travagliata con “quelli di chiesa”, i Preti del Capitolo garantirono a “quelli della Schola” in procinto d’andarsene che tutto sarebbe andato per il meglio. Assicurarono che la Schola non sarebbe stata mai più molestata circa l’uso dell’Altare da lei eretto a proprie spese, sul quale sarebbe stata celebrata puntualmente una Messa Settimanale, una Messa Ordinaria Mensile, una Messa Solennissima il giorno della Festività Patronale del 25 marzo. Si sarebbe poi predicato ogni lunedì sul suo Altare dove si sarebbe recitata anche “una corona del Rosario”, il Patriarca inoltre avrebbe permesso di esporvi il Santissimo nell’Ottava dei Morti, e la Schola avrebbe infine ottenuto anche una speciale Indulgenza Plenariadal Papa di Roma (cosa che avvenne però solo 100 anni dopo).

La Schola accettò la proposta, e gli Iscritti pagatori di una Tassa di Benintrada di soldi 8 e di altri 4 successivi ad ogni mese, salirono a cento incamerando anche le aderenti a una Compagnia di Buone Donne già presenti in chiesa. In cambio: alla morte di ogni Confratello o Consorella sarebbero state celebrate tante Messe di Suffragio quanto era il numero degli iscritti, per le quali ciascuno doveva versare 32 soldi supplementari, e recitare una “intera Corona dei quindici Misteri del Rosario” ... Gli stessi Preti di Santa Margherita avrebbero celebrato una Messa speciale sotto forma di Esequiale il terzo giorno successivo la Festa dell’Assunta, e un altro Esequiale Annuale nell’Ottava dei Morti.

Nonostante tutto questo, nel marzo 1614 la Scuola-Sovvegno dell’Assunta e dei Morti, il cui Guardiano in persona questuava per la Contrada almeno due volte al mese a favore della Schola e della Chiesa, si ritrovò in disaccordo col solito Capitolo dei Preti di Santa Margherita, e non si riuscì più a trovare un’intesa nonostante i Confratelli avessero offerto al Piovano 20 ducati per rifare una campana … Molla tira, e tira e molla: alla fine la Schola rimase ancora una volta in Parrocchia-Contrada, e a fine secolo dopo la ricostruzione della chiesa ottenne dal solito Capitolo dei Preti l’uso di una Cappella della chiesa dove gli iscritti finanziarono la costruzione di un nuovo altare bandendo un apposito concorso a cui parteciparono: Marco Torresini, Antonio Temanza, Alvise Rossi e Antonio Viviani di cui venne scelto e approvato il progetto: “Dovrà consegnare l’altare per la Pasqua successiva … e sui “remenati” ci saranno 5 Angeli di cirmolo fatti da buon scultore, e dipinti che sembrino di pietra…”

Nell’aprile 1708 la Schola, che per gestire la Cassa Contante si serviva dell’Avvocato Paolo Boniotto di Santi Apostoli: uno “abile e di prestigio” che aveva gestito per anni i denari delle grosse Comissarie dei Derelitti nel Sestiere di Castello, pagò lire 600 ad Antonio Zanchi perché dipingesse la pala per il nuovo Altare.

Nel novembre 1729 la Schola manifestò i primi segni di crisi finanziaria: il Capitolo degli Iscritti decise che il sussidio giornaliero di 30 soldi per i Confratelli e Consorelle Infermi sarebbe stato portato a 40 soldi a favore di chi si fosse arrangiato a procurarsi e acquistare le medicine per conto proprio ... La Schola non riusciva più a pagarle di tasca propria alleSpeziarie con cui era affiliata.

Nel settembre di trent’anni dopo: esattamente nel 1759, i Provveditori da Comun avviarono le pratiche per la soppressione della Schola dell’Assunta-Suffragio dei Mortidi Santa Margherita affidandone i beni, la Mariegola ricoperta d’argento, e le 510 once d’argento che possedeva alla Schola del Santissimo della stessa chiesa ... In barba ai decreti tuttavia, nel giugno 1780 esistevano ancora 62 iscritti alla stessa Schola-Sovegno dei Morti dell’Assunta: 34 erano residenti e vivevano in città, soprattutto in Contrada di Santa Margherita, mentre altri 28 abitavano e provenivano dalla Giudecca.

In Sottoportico e Corte San Lorenzo sempre della stessa Contrada di Santa Margarita, esistevano alcune case di proprietà del Monastero delle ricche e famose Monache Benedettine di San Lorenzo di Castello che possedevano altre case insieme a un terreno vacuo e una bottega da Barbier nella vicina Contrada dell’Anzolo Raffael verso San Nicolò dei Mendicoli. Si legge, infatti, in un Catastico del Monastero di San Lorenzo del 1685:Possede il Monasterio in questa Contrà di Sancta Margaritasopra la Calle va a San Barnaba, e riferisce nella Corte contigua, case n. 5, compresa una bottega sopra la Calle... Erano prima più caxette, quali essendo marze et cadenti, l'anno 1674, Abbadessa la NobilDonna Elena Foscari, furono rifabbricate, et redotte in grando nel n° delle 5 sudette, et nel muro sopra la strada vi fu posta una Pietra viva con l'infrascritta inscrittione: Ruentes Aediculas Ampliori Formae Restituit R.ma D. Elena Foscari Abbatissa. Anno 1674”.Le caxette erano state donate alle Monache con testamento 3 giugno 1248 del NobilHomo Pietro Premarin tramite gli atti di Prè Donato Pievano de San Stin e Veneto Notajo.

In Contrada, come vi dicevo, ferveva attività e vita notte e giorno un po’ come oggi, anche se attualmente si tratta soprattutto di evasiva movida Veneziana. Fra l’altro si suonava, ballava e cantava la “Furlana Veneziana”ricordata ancora nei giochi dei bambini di fine 1800 e fin dopo le Guerre Mondiali quando ancora si cantava: “… le pute de Santa Màlgarita le la ga che ghe spissa … Co' ze 'tempo del butiro tuti i fianchi ghe va in delirio.”... Piccolezzastorica.

Nell’aprile 1710 i Provveditori da Comun sollecitati dal Consiglio dei Dieci costrinsero ancora una volta a trovare accordo fra loro i 55Iscritti-Confratelli-Consorelle della Schola-Sovegno di Santa Marghiritae i Preti del Capitolo della stessa chiesa … Il Clero avrebbe celebrato una Messa Solenne all’Altare della Scholaogni terza domenica del mese e nel giorno della Festa dei Patroni Margherita & Vittor, ma le spese per le cere, le ostie, il vino e i Cantori delle Messe sarebbero state a carico della Schola E ancora: “… gli argenti della Schola non doveva andare dispersi e prestati ... In attesa di rifare l’Arca delle sepolture di quelli della Schola ormai piena, i Confratelli dovevano essere ospitati e sepolti nelle Arche private del Capitolo dentro in chiesa ... Il Cappellano della Schola doveva essere uno dei Preti Capitolari di Santa Margherita, che doveva celebrare un Esequie Annuale per tutti i Defunti e per ogni Confratello della Schola.”… Sarebbero state chieste ulteriori nuove Sacre Indulgenze a Roma, e dalla Curia Patriarcale sarebbe giunta l'approvazione e i giorni scelti per lucrarle in Santa Margherita come Indulgenza Plenaria: cioè nella Festa di San Vitòre nella domenica seguente, nel giorno dell’Invenzione della Croce, e nella Festa di Ognissanti ... In segno di nuova riappacificazione e intesa con i Preti, la Schola s’impegnò a realizzare un nuovo Altare per il quale Sindaco e Guardiano della stessa Schola donarono una “pala” pagata a proprie spese.

Nel giugno 1765 si pubblicò un libretto a stampa: “Benefici che ricevono li Confratelli descritti nel Sovegno di San Vittore.”

Testimonianza forte, invece, di quel modo d’essere e vivere popolare a volte difficile, fu un fattaccio che accadde nel 1740 in Calle Brochetta detta poi “del Sangue” proprio a metà del Campo Santa Margherita. La Calle si denominava in origine così per via dei fratelli Giulio e Domenico Contariniche nel 1740 erano proprietari in quella zona del Campo diuna bottega “da brochèta” cioè da venditore di chiodi data in conduzione a Veronica Artuzzi. Sempre gli stessi Contarini lasciarono in affitto per testamento le stesse case e botteghe: “le quali erano aSanta Margarita sopra il Campo”,a Giacomo Sangue da cui il posto prese il nome. La calle tuttavia già nel 1640 portava il nome “del Sangue”perché lì era accaduto un episodio che aveva spaventato l’intera Contrada. In una piccola Malvasia che sorgeva a metà della calle, giocavano a dadi quattro Pescatori di San Nicolò fra i quali c’era anche il violento e robusto Doro Rana. Durante le partite a dadi Rana aveva perso quasi mezzo ducato, per cui la tensione salita alle stelle fece scoppiare una lite dopo l’ennesimo colpo sbagliato. Dalle parole si passò ai fatti: Doro buttò tutto per aria, e iniziò a menàr pugni contro i compagni uscendo poi dal locale nella calle. Lì continuò la lotta, e spuntarono fuori i coltelli davanti alla solita folla dei curiosi che subito accorsero per guardare lo spettacolo: Doro era scatenato … Uno rimase subito morto sulla strada, e poco dopo altri tre restarono a terra agonizzanti. Ovviamente Rana venne subito arrestato, e il 28 giugno seguente la Quarantia al Criminal emise la sentenza per l’accusa di triplice assassinio. A Doro venne tagliata la mano destra proprio davanti alla piccola Malvasia dov’era accaduto il fattaccio, poi lo stesso Rana venne condotto in Campo Santa Margarita, e lì venne giustiziato in mezzo ai due pozzi a colpi di mazza, poi squartato per essere appeso alle solite forche a monito per tutti: Veneziani e Foresti ... Così funzionava la Giustizia di quei tempi a Venezia.   

Cinque anni dopo alla fine del gennaio 1745, il Consiglio dei Quaranta sentenziò il bando perpetuo per Marco Pellizèr reo d’aver ucciso con una coltellata alla gola Girolamo Mastella in Calle del Cristo a Santa Margheritadurante un’altra rissa. In seguito, siccome il Mastella era a sua volta “un poco di buono e un ricercato”, al Pellizervenne fatto lo sconto sulla pena riducendola a sette anni d’incatenamento al remo di una Galea con i ferri ai piedi ... Gli era andata bene tutto compreso.

Nel febbraio 1761, invece, secondo quanto raccontano i Notatori del Gradenigo: “Giuseppe Fadiga Tagjapiera a Santa Margherita, fu posto sotto i piombi delle Carceri Superiori per una certa molto disdicente corrispondenza con uno o due de suoi figlioli esistenti nelle città del Littorale Austriaco.” … Nel 1777 Nicolò Bortolatti Prete di Santa Margherita laureato Dottore a Padova, e 4 volte Vicario Generale di Venezia sotto diversi Patriarchi, divenne Arcidiacono del Capitolo di San Pietro di Castello ... una specie di“numero due e VicePatriarca” dell’intera Diocesi di Venezia.

E giungiamo a metà gennaio 1780, quando Veneranda Porta da Sacil di anni 43 e Stefano Fantini da Udine di anni 32 vennero entrambi decapitati per ordine del Consiglio dei Quaranta. L’uomo venne pubblicamente squartato per aver ucciso a colpi di maglio insieme alla donna nella notte del 12 giugno 1779 il marito di lei: Porto Francesco Centenari che se la dormiva tranquillo nel suo letto. Non contenti d’averlo ucciso, lo tagliarono a pezzi buttando i macabri resti nei pozzi del Campo di San Trovaso e in uno di quelli di Campo Santa Margherita. La testa dello sfortunato venne trovata a galleggiare insieme ad altre interiora nel Canale di Santa Chiara vicino alla Zattera del Tintor ... Una cosa crudele insomma, eccessiva, che non meritò alcuna pietà da parte della Serenissima.


Come ogni Parrocchia-Contrada Veneziana, anche la chiesa dei Santi Margarita & Vetòr non mancò d’essere riferimento ed ospitare le Schole e Sovegni d’Arte, Mestiere e Devozione della zona. Innanzitutto e sopra tutti fin dal lontanissimo 1377 trovò spazio e attività in Santa Margherita la Schola poi Sovegno dei Santi Vetòr (Vittore) & Margherita. C’era poi la Scholadei sempre “bellicosi” Gondolieri-Barcaroli del Traghetto di Santa Margherita e San Barnaba, che dal 1477 facevano riferimento alla chiesa del Campo, e c’era la pomposa Schola del Santissimo Sacramentodal 1530.

Accanto al campanile adesso "mozzo" di Santa Margarita, è ancora visibile su una di quelle che sono state le porte d'entrata della Schola di San Vettor e Santa Margarita un rilievo raffigurante un Calice Eucaristico. Si tratta di un simbolo tipico delle Schole del SantissimoSacramento ... Venezia ne è piena. Le Associazioni del Santissimo o del Venerabile, dette anche: Compagnie del Corpo del Signore o del Corpus Domini, nacquero praticamente tutte in epoca Boromaica e post Tridentina con lo scopo d’incrementare ulteriormente la partecipazione alla vita della Chiesa subordinati ai Misteri celebrati dal Clero … Alla “gente comune del popolino basso”, che comprendeva tutti ricchi e poveri eccetto gli Ecclesiastici, toccava sempre di pregare, fare elemosine, pagare per tenere la lampada accesa giorno e notte, rispettare i numerosi precetti che ti dicevano che fare e non fare fin dentro al letto con la moglie, e accompagnare il Prete in giro per la Contrada a portare la Comunione agli Infermi inforcando candelotti e suonando un campanaccio … Ovviamente doveva essere per forza così, anzi: per la maggior parte era ovvio che la Storia funzionasse anche a Venezia in quel modo … A ciascuno il suo: ai Preti, Frati e Monache toccava di pascere, guidare e governare … e intascare … e al Popolo di Dio di farsi carico obbediente di ogni necessità esistenziale e di ogni fragilità assistenziale di chi era più fragile … In cambio: piovevano dal Cielo specifiche Indulgenze ... a pagamento s’intende, e la promessa meritoria di Salvezza nell’OltreVita… che per tutti: poco non era.

Dal 1500 le Schole di Devozione del Santissimo divennero le protagoniste fra le Schole in ogni Parrocchia-Contrada, quindi anche le più ricche e solide finanziariamente, anche se non le più frequentate e seguite, pur essendo a differenza delle altre Schole: “residenziali” e non “ospitate o di passaggio” come buona parte di quelle delle Arti e Mestiere... Quelle del Santissimo erano Schole governate e indirizzate dottrinalmente quasi sempre dal Piovano di ogni singola Parrocchia-Contrada, ed erano una specie di “prolungamento e ampliamento locale” di forma laicale di quanto era la chiesa stessa … Praticamente esisteva una Schola del Santissimo in ogni chiesa di Venezia … In seguito, proprio per quel loro stile e taglio specifico, furono le uniche Schole ad essere risparmiate da napoleone.

Nel 1571 la pingue Schola del Santissimo di Santa Margherita fece restaurare i quadri che possedeva in chiesa, e commissionò a Jacopo Tintoretto tre grandi teleri scenografici ad effetto da porre ai lati dell’Altar Maggiore dedicato a Santa Margherita. Si trattava dell’"Ultima Cena” e dell’"Orazione nell'Orto", mentre il terzo telero con la “Lavanda dei piedi" venne collocato accanto all’Altare della Madonna(oggi le tre preziosissime quanto splendide opere possono essere ammirate nella Sacrestia della chiesa di Santo Stefano dove sono state trasposte in epoca napoleonica).

Trent’anni dopo gli stessi della Schola del Santissimo con 35 voti favorevoli e 7 contrari finanziarono e approvarono la riedificazione dell’intero Altar Maggiore di Santa Margheritarealizzando il progetto di Giulio Dal Moro al quale furono offerti 100 ducati … Si diedero anche altre 62 lire per “pietre vive e altri pagamenti” a Melchisedech Tagjapiera marmista di fiducia di Baldassarre Longhena ... Secoli dopo: nel settembre 1702, si fece notare che quell’Altare non era mai stato completato del tutto.

Fatto singolare e curiosissimo legato alle vicende di quella stessa Schola del Santissimo di Santa Margherita: esistono scritti e segnati in un Registro della Schola dove si teneva conto dei pagamenti della Tassa di Luminaria fatta dai Confratelli e Consorelle, anche i pagamenti effettuati da quelli che erano già Morti… Già Morti ? … Si … si. Non si trattava ovviamente di “fantasmi pagadòri”, ma erano i familiari e parenti dei Defunti che continuavano a pagare la Tassa “a nome loro” come estremo e ulteriore gesto di Suffragio e Memoria. Era come se certi Confratelli e Consorelle continuassero ancora a vivere e partecipare in qualche modo alle attività della Schola … Ingegnoso ! … Astuto anche: le pensavano tutte pur di racimolare soldi … Lo chiamavano: “Il Libro della Carittà che si ricava dai Morti”.

E non era tutto … Il Capitolo della Schola non mancò mai di finanziare e pagare al Capitolo dei Preti di Santa Margherita su espressa licenza del temibilissimo Consiglio dei Dieci: una Solenne Messa Cantata ogni seconda domenica del mese, e una Messa di Suffragio con preci ogni giovedì (una ventina di Messe annue per la precisione: a due lire ciascuna)... Inoltre: due questuanti della Scholagiravano ogni lunedì per tutte le strade della Contrada chiedendo soldi per realizzare un nuovo Tabernacolo in chiesa ... Quando il Patriarca Flangini si recò a visitare la chiesa nel 1803, costatò sui registri dell’Archiviodella Schola del Santissimo che si pagavano ancora ai Preti: 32 Messe annue e un Esequiale per tutti i Morti della Schola ...Piccola curiosità: il vecchio bancone degli arredi, degli argenti, e delle “robbe de la Schola del Santissimo di Santa Margherita” si conserva ancora oggi nella chiesa dei Carmini in fondo alla navata di destradove venne trasferito insieme all'Archivio, al “Segnàl” (specie di “logo” della Schola in legno intagliato e dorato infisso su un’asta), al“Penèlo”(gonfalone) e alle suppellettili della stessa Schola.

Ancora in Santa Margheritaesisteva fin dal 1546 la Schola divenuta poi Sovegno dell'Assunta, e dal 1650 una curiosissima e singolare Compagnia delle Nobildonne della Beata Vergine e Santa Margherita, che passò abusivamente qualche anno dopo nella vicina chiesa dei Carminicon progetti e ambizioni diversiIn chiesa c’erano poi presenti le tardive Schole di Sant’Antonio da Padova dell’Arte dei Fioreri dal 1716.

La Schola dei Fioreri di Santa Margherita riuniva nel 1773: 32 Capimastri Artigiani Fiorai e Giardinieri con 4 Garzoni tutti attivi in 17 botteghe e 10 "posti all’aperto” sparsi in giro per Venezia. Curiosa è pure, a mio dire, la storia dei Fioreri Veneziani. SI trattava di lavoratori e gente Veneziana semplice, che non riuscivano neanche ad onorare e assolvere al fatto d’essere associazione … Nel 1716 erano gravemente debitori di oltre 3.905 ducativerso la Serenissima abituata a tassare ogni tipo di Schola d’Arte, Mestiere e Devozione di Venezia e dintorni ... La Schola dei Fioreri di Santa Margherita fu poverissima: riuscì appena a mettere insieme i soldi per tenere due Capitoli nella chiesa di San Zuane dei Furlania Castello: furono gli unici due della sua storia. Non avevano neanche i soldi per mandare in giro un Nonzoloa recapitare agli iscritti gli inviti per partecipare alla convocazione … La Serenissima inflessibile, non vide altra soluzione che sopprimere la Schola dei Fioreri.

C’era poi referente sempre alla stessa chiesa di Santa Margherita fin dal 1723, la famosa quanto vispissima Schola di Santa Maria Elisabetta dell’Arte dei Varoteri, che dava indirettamente lavoro a molti (ne ho parlato di recente in una delle mie precedenti “curiosità”). C’era ancora il Sovegno della Beata Vergine del Rosario, il Sovegno non autorizzato dalla Serenissima dei Sacerdoti di Sant’Osvaldo, e l’altrettanto abusiva Devozione dei Morti sorta nel 1785 quando ormai la stessa Serenissima stava storicamente agonizzando a sua volta.

C’è da ricordare che in un angolo del Campo gravitando fin da subito e sempre sulla chiesa-Convento dei Carmini nacque e lievitò grandemente la Schola della Madonna dei Scapolari dei Carmini che divenne in seguito una della Sette Schole Grandi di Venezia coinvolgendo moltissimi Veneziani ... Altra storia che meriterebbe di dire molto a parte.

Nel 1783: ultimi squilli storici di Santa Margherita: chiesa restaurata, rifatte le campane per le quali si istituì un’apposita Cassa Spese per Campane, e si scelse “il meglio” per gestire le economie della Fabbrica-Chiesa, cioè il Capitolo dei Preti si rivolse al NobilHomo Francesco Lippomano che venne eletto Procuratoredi Santa Margherita dopo aver ricoperto in precedenza la stessa carica a San Basilio, alle Eremite di San Trovaso, dalle Monache di San Giacomo di Murano, e a San Barnaba.

Quasi contemporaneamente: nel marzo 1769, i soliti Proveditori de Comun iniziano ad istruire le pratiche necessarie alla soppressione della Schola-Sovegno di Santa Margherita e Vitòr ... I tempi erano magri e tristi … e i debiti incombevano.

Nel settembre 1781 si stese un ultimo inventario dei beni della Schola, che possedeva tra l’altro:“… un altar de piera co la so pala … e i locali della Schola sopra il Campo vicino al campaniel contornadi attorno di quadri con la vita di detto Santo …”

Il 31 agosto 1781 giunse l’abrogazione ufficiale della Sovegno di San Vitòr tramite un’apposita Terminazione, mentre il mese seguente fu il turno della soppressione della storica Schola di Santa Margherita con l’omonimo Ospedaletto. Tutti i beni rimanenti sarebbero passati in custodia alla Schola del Rosariopresente nella stessa chiesa di Santa Margherita.

E giungiamo finalmente al 23 ottobre 1810, quando la Collegiata dei Preti di Santa Margherita smise d’esistere e di registrare puntualmente quasi in modo maniacale tutto quanto accadeva di significativo nei meandri dell’omonima Contrada Veneziana.

Spendo le ultime parole di questo scritto per dire come tutto in Contrada era meticolosamente segnato giorno dopo giorno in appositi: "Liber Battezzatti Paròcia et Collegiatae Ecclesiae Sancte Margaritae”"Libri de Morti della Parochial et Collegiata chiesa di Sancta Margarita.” e in mille altre carte e registri dell’Archivio Parrocchiale ... Il Capitolo dei Preti sapeva tutto di tutti: chi nasceva, s’innamorava e maritava e magari poi “contrastava” fra loro, chi lavorava o stentava economicamente, e chi s’ammalava e moriva ... I Preti iniziarono a registrare tutto quanto riguardava “Anime e Sacramentalia” fin dal 1500: “1541 adì primo marzo. Al nome de la S.ma Trinità ed de tuta la corte celestial comenzo mi pre Hieronimo Zuchoniano piovan dela chiesia de madona S. Margarita, dar principio et notar sopra questo presente libro con bona ventura tuti li fioli mascoli che de tempo in tempo nascerà in questa nostra parochia, li quali sarano nobeli et che sun tenuto dar in notta alla Vogaria iuxta il comandamento et le leze dela terra”.

Il Capitolodei Preti considerava i gesti esistenziali di ciascuna persona che abitava in Contrada insieme a quelli esercitati in chiesa come unitari segni-gesti di Salvezza “in fieri”, cioè in divenire:“Tutto associato a una buona dose di orazioni ed elemosine può diventare fautore di un “Buon Destino nell’Aldilà”… Batti e ribatti, quelle divennero le convinzioni di tutti, e la Religione continuò ad essere anche un pingue e grande affare da saper gestire con acutezza ... e i Preti erano “acuti” nel saper gestire quel genere di cose.

C’è poco poi da giustificare, nicchiare, sminuire, compatire, spiegare e girarci attorno: quello delle Messe, Mansionerie, Esequi, Anniversari e affini fu un tema, anzi “un commercio” singolarissimo che ha accompagnato per secoli l’intera storia della Chiesa e Capitolo dei Preti di Santa Margherita (al pari di tutte le altre realtà religiose Veneziane) ma anche di tutta la gente Veneziana e non che ha abitato la Contrada.

Siamo sempre là con i discorsi: le Messe corrispondevano a un considerevole patrimonio che produceva a sua volta ulteriori cespiti, Legati, entrate e soldi, che il Capitolo dei Preti di Santa Margherita per obbligo di Diritto Ecclesialegestiva e registrava accuratamente in appositi Giornali delle Messe”, "Liber Missarum Ecclesie Sancte Margarite”, "Libro delle messe delli Devoti e Devote” e altro ancora.

Non ve lo nascondo … Io stesso ancora nel 1982-1987 ho continuato a registrare su “Liber”simili le stesse cose, sebbene i tempi fossero cambiati, e le “entrate dal giro delle Messe” fosse diventato minimo e ridottissimo … Non paragonabile a quello avvenuto un tempo a Venezia ... e in Santa Margherita.

Sempre secondo me, sono interessantissimi e curiosi, sebbene noiosissimi da leggere, gli “Elenchi delle Mansionerie” e il “Libro dei Riceveri di dette Mansonerie” di Santa Margherita … Basti dire che ad ogni Mansioneria corrispondeva un pagamento immediato o esigibile a precise scadenze annuali ... Ovviamente: chi più aveva, più poteva permettersi, e quindi erano i soliti Nobili Veneziani a far da protagonisti ordinando un’infinità di Messe come “buon passaporto utile per garantirsi l’Eternità”. La Nobildonna Paola Lando Civranistituì una Mansioneria di Messe con testamento del 1403 che venne celebrata e pagata puntualmente ai Preti di Santa Margheritadalla Famiglia fino al 1503, cioè per cento anni ! … La Nobilissima Cristina Lando non volle essere da meno, e pagò dal 1510 fino al 1795 !!! … Che si sia salvata in Cielo a quel prezzo ?

E poi ancora la lunghissima lista dei “Nobili pagadòri di Messe”: Andrianna Tron; Michiel Bon; Andrianna Renier; Marietta Lando; Pietro e Marietta  Corner; Andrea Bosello e Catterina Giacomazzivedova Bosello che raddoppiò le sue richieste di Messe rinnovando il testamento; Nicolò Corner dal 1435 fino al 1554; Giacomo, Francesco, Girolamo Consado e Giovan Francesco Venier; Prè Ambrogio Baffo Pievano di San Polo; Isabella Valier; Perla vedova Alvise Barovier: dal 1555 con seguiti fino al 1725 … Altra botta di soldi per il Capitolo dei Preti !

Alcuni, come Giovanni Sandri nel 1586, si potevano permettere ieri come oggi “il meglio del meglio”, cioè una specie di “fuoriserie per l’Eternità” costituita dalla celebrazione di Messe Trisettimanali, o di sei Messe la settimana, o addirittura: una Mansioneria di Messe Perpetue ... “ab Aeternum”: come la Salvezza.

Poi c’erano i Cittadini Veneziani, sottocategoria dei Nobili, e quella dei non sempre benestanti che ugualmente furono capaci di sborsare cifre consistenti per anni e anni. I Preti gestivano un vero e proprio capitale, un investimento continuo, una specie di “mutuo per il Paradiso”: Stefano di Cortesi Tagliapietra; Vesca consorte di Marco Pietro Cortelèr che pagò dal 1472 al 1476; Marco Scudelin; Costantino dal Brolo; Antonio Tintor che fece celebrare Messe “pro Anema sàa”dal 1485 al 1689: duecento anni ! … Lo stesso Reverendo Prè Nicolò Saggia Bianca Piovano di Santa Margherita nel 1389 istituì per se stesso due Mansionerie Perpetue di Messe in sua Memoria che vennero celebrate ininterrottamente fino al 1692: trecento anni di preghiere e soldi … Saranno valsi la Salvezza di quel Reverendo ?

Storia analoga accadde durante tutto il 1600 e durante tutto il 1700, anche se venne definito “secolo illuminato” cioè disincantato e capace di maggiore lungimiranza. I Nobili: Andrianna Condulmer; Giustina e Lucietta Dolce che fece un “ordine di Messe” celebrato dal 1691 al 1720; Cecilia Riva; Teddea Revere Molin… Non veli dico tutti: ne ho contati a decine su decine … Bartolo Coi: pagamenti 1659-1729 … Pietro Busetti quondam Giacomo Nonzolo della Madonna del Carmine con donazione del 1695 e seguiti fino al 1742; Giacomo Tassan dal 1696 con seguiti di pagamenti fino al 1753 … Veronica Diotiguardi Mistrandal 1721 al 1789; Mansioneria-Legato Perpetuo nel giorno del Santissimo Natale e Anniversario Perpetuo istituiti da Lorenzo Bortoletti quondam Zuanne con testamento del 4 febbraro 1754 ... e avanti così.

C’era poi chi usava formule alternativa di lascito ai Preti sempre “a favore della propria Salvezza Eterna”, esisteva cioè la formula dei Legati: Legato di una casa a San Trovaso data al Capitolo dei Preti di Santa Margherita in cambio della celebrazione di Messe disposto da Don Andrea Sonador con testamento del 12 marzo 1642 ... Legato Perpetuo di ducati 50 annui da dispensarsi ai poveri disposto da Morosina Bollani con testamento del 17 novembre 1614 ... E poi: Lattanzio Zucconi nel lontanissimo 1308; Francesco Lando nel 1450; Don Giovanni Pietro di Fara nel 1502; Lorenzo Morosini nel 1590; Girolamo Grimani quondam Antonio nel 1626 pagatore puntualissimo fino al 1727 … e tanti altri: affitti e introiti trasformati in Messe da celebrare.

Anche in questo caso ci furono “le fuoriserie”, ossia i PluriLegati Perpetui disposti, ad esempio, da Cristoforo Filacanevodal luglio 1348 al 1470 … da Nicolò Giovanni nel 1425; da Francesco Sonador quondam Stefano nel 1464; dall’Illustrissimo e Reverendissimo Monsignore Giulio Ruggeri Parroco di Santa Maria di Vedor con testamento nuncupativo del 27 febbraro 1644 … e fu di certo un Legato SuperPlus quello del Legato Anniversario Perpetuo disposto da Mario de Simon con testamento 12 agosto 1273 che venne celebrato e riscosso ancora una volta per diversi secoli in Santa Margherita.

Tramite Punti di testamenti risalenti addirittura al 1300, si distingueva fra Legati Precari, Legati Perpetui e Legati ad Anniversari Annuali a cui venivano fatte corrispondere le celebrazioni di una o più Messe pagate dagli eredi, dalle famiglie, dai Procuratori di San Marco che fungevano da affidatari, o da apposite Comissarie costituite appositamente per concretizzare le specifiche volontà testamentarie.

Si giunse addirittura ad acquistare appositamente qualche casa affittandola, come fece il Nobile Costantin Renier fu Girolamo, che ne acquistò una in Contrada di San Stàe nell’aprile 1721, e la lasciò come rendita alla chiesa di Santa Margherita in cambio di Messe da celebrare: “l’Eternità non ha prezzo” disse il Nobile Renier: “per conseguirla bisogna essere disposti a tutto.”… Oppure con i soldi di un Lascitosi acquistò e restaurò una casa rovinosa come fece il Piovano di Santa Margherita il 6 febbraro 1612. Poi la diede in affitto, e ne utilizzò l’utile traducendo in Messe… Tutto un lungo giro che faceva in ogni caso alla fine convergere i soldi nel “partidòr” dei Capitolo dei Preti di Santa Margherita.

La Parrocchia insomma era una “ben oliata macchina da guerra”, cioè un “Beneficio”capace di autofinanziarsi e mantenersi “alla grande”… Cerco di essere obiettivo dai ! … Qualche volta qualche briciola finì anche a favore della Carità e dei Poveridella Contrada… Solo qualche volta però: siatene certi … Andate e vedere gli atti e i documenti se volete: i Preti furono sempre abilissimi a tradurre tutto “quel ben di Dio di Messe offerto da Devoti e Morenti” in: “Bòne Intrade”, “Giri di deposito e Partite di Capital nella Zecca di San Marco”, oppure in acquisizioni di immobili e terreni: a Noal e Lietoledi Terraferma, ad esempio, o a Piove di Sacco nella Saccisica Padovana, che poi davano in affitto “a livello” ai contadini del luogo per poi spartirsene le Rendite insieme alle Regaliee gli Omaggi scanditi e previsti dalle scadenze del Calendario: Natale, Pasqua, l’Assunta, San MartinLa Chiesa-Capitolo-Fabbrica di Santa Margheritafu per secoli un vero e proprio ente-azienda efficentissimo dotato di un’infinità di appositi Registri di cassa”, "Cassa Fabbrica”, "Conti e spese", "Libri della Fabbrica di Santa Margherita” (1615-1726), “Conto in dar et haver de Capitolari, Fabrica e Chierici al Rev.do Clero di Sancta Margherita" con "Polizze di spese colli per conto Fabrica e Chiesa", "Cassa Fabbrica donzelle e paramenti”, "Libro delle Gratie delle Donzelle"(1680-1770), "Mensuale delle Rendite, Spese et Obblighi Capitolari, delle Casse della Fabrica vecchia, Messe, Partidòri, Arche, Dongielle et paramenti della chiesa di S. Margherita, così anco registro di cose spettanti alla chiesa suddetta maneggiate dal Reverendo Procurator del Capitolo.”, "Cassa Economica, Riceveri d’Economia"… “Libro che dimostra l’Entrata ed Uscita del soldo esistente nello Scrigno della chiesa di Santa Margherita"… "Libro dell’affitanze di case di ragion del Capitolo di Santa Margherita"… "Scossi per l’Altar del Christo"… "Bilanzi dello scosso e speso per il ristauro della Parochiale e Collegiata chiesa di Santa Margarita …” e "Fondamenti per mezzo dei quali si anno ritratto delle ellemosine, impiegate nel ristauro della chiesa di Santa Margarita” … "Ellezione de’ Presidenti e Cassieri sopra la Fabrica della chiesa di Santa Margarita e rinunzie”  … "Quaderni di Conti, Spese,  Riscossioni d’affitto, Scosso e Dato, Inventari e Affrancazioni".

Che ve ne pare ? … Puà bastare ?

Interessantissimo e curioso ancora una volta il "Libro dei Partidòri del Venerando Capitolo di Santa Margherita." che copre l’epoca dall’inizio 1724 fino alla fine di settembre 1837 ! … Perché curioso ? … Perché incredibilmente i Preti di Santa Margherita continuarono ad annotare e a spartirsi entrate e soldi anche dopo che la chiesa-Parrocchia non esisteva più perché soppressa, e tutti i beni … o quasi tutti … erano stati avocati e Indemaniati dallo Stato

Così com’è altrettanto curioso notare che mentre i Francesi stavano incamerando ogni cosa a Venezia e nell’intero Dominio della Serenissima, i Preti di Santa Margherita in fretta e furia, e riducendo il prezzo di vendita al massimo, riuscirono a vendere i campi con casa colonica a Cerva di Noaledi loro proprietà a Don GiovanBattista Rossi Piovano di Santo Stefano di Treviso con l’intento palese “di salvare il salvabile”, e di provare almeno un’ultima volta a racimolare “qualcosa” dal loro patrimonio: “che gli invasori, maledetti da Dio, stavano impunemente alienando”.

A tal proposito, come tutte le chiese, Conventi e Monasteri Veneziani, anche la storia dei Preti del Capitolo di Santa Margheritaè costellata da un’infinità di Processi, Contrasti, Questioni e Sentenze“per diritti parrocchiali, spettanze, eredità e similari”… I soldi erano soldi … e se si trattava poi di pingui rendite, terreni e immobili:“non ce n’era per nessuno”. I Preti sapevano diventare feroci come belve, s’accaparravano i migliori Avvocati e Notai, e diventavano capaci di mettere in piedi cause che durarono diversi secoli: “I Preti-Frati e Mùneghe son coriacei: non mollano mai facilmente l’osso, anzi: lo spolpano accuratamente fino all’ultimo e alle midolla, e se possono continuano a rosicarlo finchè ne avranno … Non si stancano nel farlo.” recitava un’arguta vignetta che girava per Venezia che i Preti si affrettarono a dichiarare: “immorale, indecente e impudente”.

Nell’abbondantissima serie degli “Scartafazzi, Carte, Ricevute, Sommari, Stampe, Lettere e Conti” dell’Archivio di Santa Margarita & Vetòr esiste perfino un processo intentato dal Piovano della stessa chiesa contro gli stessi suoi confratelli Preti del Capitolo di Santa Margherita che si trascinò per 73 anni (1600-1673).

La lista dei casi è lunghissima ed esemplare, ne cito solo alcuni: "Piovano di Santa Margarita contro P. Antonio Santi, Girolamo Barbieri, et Francesco Colli"(1534- 1666); “Capitolo di Santa Margherita contro il Capitolo dell’Anzolo Raffael per diritti parrocchiali sul confinante Palazzo Vendramin” (1700); "Chiesa di Santa Margerita contro Garzoni sive Scudelino"(1472-1626); “Contro la Parrocchia di San Martino di Venezia e il Capitolo di San Gervasio e Protasio, e Don Lazaro Zorzi Sagrestano della chiesa dei soppressi Canonici Lateranensi di Santa Maria della Carità.”(1600-1800); “Contro i Padri Domenicani”; "Capitolo de Preti di Santa Margarita contro Don Valentin de Boma."; “Pendenza istituita dal Capitolo di chiesa contro Pisani per Legato istituito da Paolina Pisani consorte Bragadin"

Interessantissima la baruffa durata un secolo e mezzo: 1602 al 1757, fra il Capitolo dei Preti e i Poveri di Santa Margarita e il Convento delle Monache del Santo Sepolcro in Riva degli Schiavoni unite ad Antonia e Margarita Boneri per l’Eredità Ongaro… Esiste un curioso Repertorio di scritture e mazzi di carte che vanno dal 1206 al 1742 relative “alli processi et cause contro i Reverendi Padri Carmelitani del Monastero del Taglio al Laudo.”… Ma chi erano, dove si trovavano quei Padri ???

Alle porte del 1800, cioè poco prima della soppressione di Santa Margherita: “… Se porta avanti ancora in chiesa la Tradizion Religiosa d’esporre solennemente il Santissimo Venerabile ogni Venerdì Grasso: in reparaziòn de li eccessi e de peccadi fati nel Carneval, mentre i tori impàzan nei Campi de Venetia ... V’intervengono più di 200 Confratelli del Crocefisso, mentre in tutti gli altri Venerdì di Quaresima si compie in chiesa il Pio Esercizio di Preparazione alla Buona Morte … La Prima Domenica di ottobre si esce in Processione per tutto il Campo, le Fondamente, le Corti e le Calli della Contrada portando fuori in giro “tutto” quanto sta in chiesa in occasion de la Festa della Madonna del Rosario.”

Curiosissima l’immagine della Contrada dettata il 16 settembre 1803 dall’altrettanto curiosissimo personaggio che fu il Patriarca Ludovico Flangini: fu l’ultima Visita storica di un Patriarca alla chiesa-Parrocchia di Santa Margherita che poi non esistette più.

Noterella doverosa … Ludovico Flangini oltre ad essere stato CardinalPatriarca di Venezia fu soprattutto un ossessionato Filologo e Grecistadi grande valore. Era quello il suo principale interesse più che la Cura Pastorale delle Anime ... Patrizio d’origine, della Nobiltà importata Cipriota, venne educato ovviamente secondo i crismi classici dell’Aristocrazia Veneziano-Veneta, e finì col sposarsi nel 1759 con la Nobile Maria Laura Donà da cui ebbe una figlia: Cecilia. Morta la moglie si ritirò ad Asolo dove ricoprì più volte per la Serenissima prima la carica d’Avogador da Comun e poi quella di Correttore delle Leggi ... Austerissimo nei costumi e nelle convinzioni, praticamente bigotto fino alle midolla: propose e ottenne di chiudere il Ridotto di San Moisèa Venezia diventato di fatto un postribolo pubblico. Sull’ala di quel successo e con un buon patrimonio in tasca, provò nel 1776 a diventare senza successo Procuratore di San Marco. Non riuscendovi si buttò allora nella carriera Ecclesiastica: l’altra faccia della medaglia del potere, e fu così che scalò “la causa”divenendo Auditore della Sacra Rota di Roma tre anni dopo, poi Cardinale Diacono prima dei Santi Cosma e Damiano e poi di Sant’Agata dei Goti (che valeva di più in quanto a introiti) ... Divenne poi membro delle onnipotenti Sacre Congregazioni Romane per il Concilio, per i Riti, per l'Esame dei Vescovi, per l'Immunità Ecclesiastica e per i Disciplini e i Regolari. Nell’ultimo anno del 1770 proprio a Venezia divenne Preteentrando nel Conclave dell’Isola di San Giorgio Maggiore di fronte a Piazza San Marco dove concorse ad eleggere Pio VII, cioè il chiacchieratissimo e timido Barnaba Niccolò Maria Luigi Chiaramonti, che divenne Papa di Roma privato però della sua naturale sede invasa e occupata dai Francesi.  

Esiste un interessantissimo Diario del Flangini che descrive “minuto per minuto e dall’interno” quel singolarissimo evento storico del Conclave e del Papa eletto a San Giorgio di Venezia.

“Passata la Festa”, Flangini assunse l’ancor più remunerativo Titolo Cardinalizio Presbiterale di San Marco, e con quello si recò alla Corte di Vienna mettendosi a disposizione della Corona Imperiale Austriaca che lo considerò a tal punto da nominarlo Conte e Consigliere Privato dell’Imperatore ... il che gli garantì la bella pensione annuale di 10.000 ducati.

Fu proprio l'Imperatore Francesco II a sceglierlo come Patriarca di Venezia e Primate del Veneto nominandolo come tale ... Nell’occasione divenne per forza Vescovo, e fu rimanendo a Vienna che iniziò a governare la Diocesi di Venezia “a distanza”.

A suo dire raggiunse la Laguna a malincuore solo un anno dopo, preoccupato dell’ignoranza del “grigio e molle Clero Veneziano”, e soprattutto per “… l’ignoranza Civico-Dottrinale dell’intero Popolo Veneziano obnubilato da false massime di pseudoFilosofi".

Per favorire un qualche recupero della Devotio dei Veneziani ridusse il prezzo delle Messe, provò con scarso successo a far sorgere nuove Confraternite e Schole, s’inventò la Devozione Eucaristica delle Quarantoreimponendola in tutte le chiese Veneziane, ma soprattutto rifinanziò i Pretie aprì nuovi Seminari provando a rimotivarli a suo modo ... Su suggerimento dello stesso Imperatore Austriaco provò anche a riavviare, ma senza successo, l’antico Tribunale del Sant'Uffizio-Inquisizione per combattere soprattutto le Società Segrete e Massoniche, così come provò ugualmente senza successo a riformare i coriacei e riluttanti Frati e Monache, e a ricostituire la mitica Compagnia dei Gesuiti sinonimo della massima Ortodossia, Obbedienza e Dedizione alla causa Cristiano-Imperiale.

Subito dopo essere stato decorato con la Gran Croce dell'Ordine Reale di Santo Stefano d'Ungheria che non si toglieva mai dal collo, iniziò finalmente la Visita Pastorale della Diocesi di Venezia, che venne però ben preso interrotta a causa della sua morte.

Quella di Santa Margheritafu una delle poche Chiese-Parrocchie-Contrade Veneziane che gli riuscì di visitare.

Secondo la “Relatio”della Visita alla Contrada di Santa Margherita e all’Oratorio privato di Casa Arnaldi, si osservò in Parrocchia-Contrada la presenza di 2.200 abitanti-Anime adiuvati da una Levatrice di Contrada“esiste in Contrada anche una Spezieria da Medicine: “Santa Margherita” […] Le rendite della Fabbrica di Santa Margherita non sono molto consistenti: ogni settimana gira per la Contrada una cassella della Fabbrica, che possiede come entrate: 1.196 lire dall’affitto di due case e una bottega, e i cespiti di Legati e Lasciti vari ... Come uscite la Fabbrica di Santa Margherita spende: 480 lire annue, di cui 37,4 per l’organista, 130 lire per le cere della Festa della Purificazione, e 30 lire per quelle utilizzate nella Festa della Dedicazione ... Il Piovano come rendite ed entrate possiede: 735,15 ducati annui dall’affitto di quattro case, una bottega e di 39 campi in Terraferma dai quali riceve anche le regalie da parte dei coltivatori. Il Piovano spende in uscita: 641,2 ducati di cui 90 nelle sue funzioni di Titolare (??? … sono scomparse alcune carte dell’Archivio), 20 ducati per le spese della Festa della Dedicazione della chiesa, 60 ducati per l’affitto della sua casa di residenza che non è la Casa Canonica ma una più agiata, 32 ducati per il “Vin da Messa”, e 117 Ducati per finanziare una Mansioneria di Messe da celebrare secondo le sue intenzioni ... Gli altri Titolati di Santa Margherita possiedono la Casa Canonica di Residenza e la rendita di 48 ducati annui dall’affitto di due case ... […] … I Sacerdoti che frequentano la Parrocchia-Chiesa di Santa Margherita sono 24 nell’insieme, di cui uno è infermo, ed alcuni vanno celebrando altrove cercando elemosine più consistenti spingendosi fino alle chiese di Santa Croce, San Sebastiano, San Barnaba, San Nicolò, le Eremite di San Trovaso, San Silvestro o la Casa Araldi.”

Testualmente si legge il commento: “Quei Preti sono dei Pagliacci ! ... Ci sono inoltre altri due Chierici che andrebbero obbligati alla recita quotidiana dell’Ufficio della Madonna e allo studio assiduo nelle Scuole loro assegnate dal Vicario Capitolare ... Il Piovano Don Savoldello Bartolomio veste in abiti corti e di colori vari col cappello di campagna ... gioca e beve nei Magazzini della Contrada, e il vino lo rende cattivo … frequenta una certa femmina vedova di poca buona fama detta da tutti: “la puttana del nipote del Piovano”… la porta anche in Canonica fornendo occasione di dicerie … Assistendo un moribondo anziché confortare i familiari sarebbe uscito nella frase: i Preti hanno il privilegio sopra i Secolari di far Becchi senza poter esser fatti …Verrà sottoposto a processo … Don Bagnadega Francesco va a giocare con Don Savoldello nei Magazzini, ed è ubriaco tutte le sere. Talvolta deve essere trasportato quando viene chiamato dai moribondi in quello stato … il Sensale Fanzago afferma di tutte e due: posso dire cose che se fossimo in altri tempi avrei fatto ricorso … […] … Oltre a questo in Santa Margherita si celebrano 5.297 Messe Perpetue, e ne rimangono da celebrare altre 1.751. Ne sono state celebrate senza elemosina: 1.075; 37 fra Esequie e Anniversari Funebri, e 527 altre Messe Avventizie ... ... Si celebrano due Esequie per i Benefattori Defunti; Messe ed Esequie in Suffragio dei Defunti con offerte dei fedeli che si celebrano oltre il 2 novembre anche nell’Ottavario, nella Festa dei Santi, a Capodanno e a Pasqua … Esiste in chiesa un Legato per la Messa Solenne di Natale “in aurora”; un altro Legato per la Messa Cantata nella Festa della Madonna Addolorata; un Legato pagato per la Messa Cantata della festa di San Camillo; una Funzione Speciale in onore di San Luigi  per la quale si è istituita un’apposita cassella per le elemosine dalla quale si raccolgono 25 ducati spendendone per la Festa: 18,5 per il Cassador, Fiorista, cere, Esposizione, Predicatore, immaginette, offerte e regalie ai Capitolari, ai Chierici e al Nonzolo …[…] … Sempre nella stessa chiesa si alimentano Devozioni particolari a San Pietro Apostolo, a San Paolo, San Giuseppe, San Giovanni Evangelista, San Camillo de Lellis, San Filippo Neri e San Benigno … Esiste la Predicazione annuale con spiegazione del Vangelo nelle Feste, si predica nel Mese del Rosario, e si tiene la Dottrina per le Putte benissimo diretta, ma poco seguita dai Preti che se ne vanno a San Polo, San Nicolò e San Barnaba ...”

Poi“a Venezia cascò il mondo”, e non solo a Venezia ma anche un po’ ovunque in giro per l’Italia: capitò il fatidico passaggio azzerante dei Francesi di napoleone ... Nel maggio 1796 si ospitò per qualche tempo proprio in Contrada di Santa Margherita Ercole III Duca di Modena in fuga da napoleone con un misero seguito. Venne sistemato alla buona in attesa di tempi migliori in una casetta già occupata in precedenza da Mario Savorgnan con la facciata che dava sul Rio di Cà Foscari quasi dirimpetto a Palazzo Paruta. Li con grande fatica i Bastazi (Facchini)Venezianiriuscirono a trasportare spostandoli a stento 5 grossi cassoni ricoperti di ferro che si diceva contenessero tutte le ricchezze accumulate dal Duca a Modena. Le Cronache Veneziane ricordano: “… lo si vedeva girare sgangherato per Venezia, parlando con chiunque con la grassa seconda moglie, e con poco seguito: due Ciambellani e un gondoliere, ma tutti in male arnese.”

L’anno seguente il Piovano di Santa Margherita venne segregato fra gli ostaggi-complici nella prigione “Forte” di San Giorgio Maggiore per la presunta congiura contro i Francesi … Nel 1806 quando Don Carlo Savoldellofu ultimo Piovano di Santa Margherita, la popolazione della Contrada contava 3.500 Anime, e i proprietari degli stabili della zona erano ancora i Juspatroni della chiesa, cioè continuavano a godere dell’antica prerogativa di potersi scegliere ed eleggere come loro Prete-Parrocochi volevano e gradivano maggiormente.

In quegli anni a Venezia avvenne il tracollo un po’ di tutto: nel 1810 la Parrocchia-Chiesa di Santa Margherita venne sconsacrata: l’organo Callido trasferito a San Pietro di Murano, e la popolazione dei fedeli ridotta a 1800 Anime annessa alla neonata Parrocchia dei Carmini che inglobò anche i 2000 fedeli della soppressa Contrada di San Barnaba diventata Succursale … L’ex Piovano di San Barnaba venne dirottato a Santa Maria del Giglio nell’OltreCanalGrande verso San Marco, mentre Don Savoldello espropriato e sfrattato da Santa Margherita, divenne primo Parroco dei Carmini andando ad abitare in una piccola porzione esterna dell’ex Convento dei Carmelitani sfrattati pure loro per trasformare il Convento in caserma ... Per l’uso di quella casupola affacciata sul Campo dei Carmini, Don Savoldello dovette pagare un affitto annuo di 190 lire: “... Morì poco dopo ... poveretto … forse di crepacuore: troppe novità destabilizzanti in un colpo solo per un tranquillo Piovano Veneziano.”

Nel dicembre 1813 venne rimosso e venduto il pavimento in marmo di Santa Margherita, che venne comprato da Giacomo Florian e Pietro Rigaglia insieme ai pavimenti di Santa Marta e San Severo per pavimentare la chiesa di Montereale ... Le tre tele di Jacopo Tintoretto passarono nella chiesa di Santo Stefano oltre il Canal Grande, e tutto l’arredo della chiesa scomparve andando predato e disperso: una statua di Santa Margherita del 1400 appartenente alla stessa chiesa Veneziana è spuntata fuori qualche anno fa a Parigi … Chissà perché ?

 

Due anni dopo ancora, il locale della chiesa con tutti gli annessi venne inserito nella “Lista delle vigne, orti, beni da affittarsi dalla Direzione del Demanio di Venezianei giorni d’asta del 12 e 16 febbraio seguenti” ... L’aula della chiesa venne quindi concessa in uso alla Manifattura dei Tabacchi fino al 1839 quando cambiò utilizzo diventando uno dei depositi di marmi e opere d’Arte provenienti da altre chiese soppressedestinati a prendere la via di Padova, Milano e Francia… oppure sparire predati da qualche ignoto ladrone.

Nel 1861 l’ex Santa Margherita divenne Studio dello scultore Luigi Borro fino al 1882 quando venne adattata per breve tempo a Tempio Evangelico: c’è ancora leggibile sull’architrave del posto la titolazione-insegna di allora … E siamo all’inizio del 1900: quando la ex Santa Margherita divenne prima sede della Camera Del Lavoro, e poi dal 1921 fino al 1977: Cinema Santa Margherita conosciuto come “Cinema vècio”(me lo ricordo ancora benissimo in attività: con le locandine degli spettacoli appesi fuori).

L’aula della ex chiesa per l’occasione venne ridotta di un quinto in lunghezza, si crearono tre ordini di logge, e palchi, barcacce-gallerie dalle sei cappelle laterali della chiesa preesistente decorandoli con imitazione pseudoseicentesche: Si trasformò il Presbiterio in palcoscenico ridimensionandolo in altezza ed eliminandone la volta, si tinteggiarono gli elementi originari in pietra d’Istria, si oscurò l’affresco di Zanchi sul soffitto con un telo, e la navata centrale venne ridotta creando un piccolo foyer-ingresso per la biglietteria.

Infine nel 1987: tutto l’ambiente venne acquistato dall’Università di Cà Foscariche ne fece Aula Magna restaurando l’edificio in stato di avanzato degrado ... Venne rifatto il selciato del pavimento, consolidato e messo in sicurezza l’intero edificio rivedendo le travature del tetto, si crearono uscite d’emergenza, si riportarono alla luce la strutture esterne seicentesche ripristinando le componenti oscurate, gli elementi in pietra d’Istria tinteggiati, e liberando e restaurando l’affresco di Zanchidel soffitto ... Il foyer-biglietteria è diventato ingresso dell’Auditorium, i vani sono stati adattati alla funzione di sala, e gli spazi che ospitavano le macchine da proiezione sono stati trasformati in sale per la traduzione simultanea.

Santa Margheritaè rinata … anzi: direi proprio di no.



 


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