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“Santa Marta ancùo ... e ièri.”

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#unacuriositàvenezianapervolta 209

“Santa Marta ancùo ... e ièri.”

Oggi si tratta probabilmente … e senza probabilmente, di una di quelle cose Veneziane che non si vedono, di quelle di ieri a cui non diamo più alcuna importanza tanto da non degnarle neanche di una semplice occhiata … Noi Veneziani poi, con gli occhi foderati e pieni di mille cose belle come Piazza San Marco, certe cose piccole e modeste, scalcinate … proprio non le vediamo ... le ignoriamo per abitudine.

A chi, infatti, verrebbe voglia di chiedersi dov’era, cos’era e com’era la chiesa e il Monastero di Santa Martadi Venezia quando passando oggi col vaporetto vediamo distrattamente solo quella chiesa spoglia a capanna collocata di solito dietro al lussuosissimo yacht blu ormeggiato alla banchina sulla “Giràda della Scomenzera”, e al mare d’automobili del parcheggio che non ha proprio niente di bello da mostrarti ... Per chi non sa, quello sembra proprio un capannone del Porto abbandonato là, e anche la Caserma dei Pompieri che le sorge accanto non significa nulla nel vederla … ma altro non è se non quanto rimane dell’antico Monastero di Santa Marta di Dorsoduro.

Beh ? … Vedete quanto la nostra vista non vede ? … e quanto spesso non sappiamo e ricordiamo della nostra Venezia.

Non voglio star qui a dirvi noiosamente per filo e per segno la storia di quel posto dove un tempo i Veneziani … non esagero … correvano in flotta quasi tutti i giorni per vedere “i Miracoli della Màn de Santa Marta”.

Una màn ? … Si: una mano … Proprio così: “a màn Santa” che i Veneziani consideravano prodigiosa, un po’ come “el bràsso de Sant’Alban” dei miei compaesani Buranelli.

Molti di voi diranno: “Cose passate d’altri tempi ! … Ròbe vècie !”… Si: lo so … Ma secondo me: sempre belle da riscoprire e rispolverare almeno ogni tanto … Tanto per saperle e non dimenticarle del tutto.

Effettivamente esisteva nel Sestiere di Dorsoduro, proprio “sul limite della Spiaggia di Santa Marta dei Nicolotti Pescatori”, proprio dietro alle caxette dei miseri-disgraziati delle Contrade dell’Anzolo e di San Nicolò dei Mendicoli, il Monastero delle Monache Benedettine di Santa Marta. C’era proprio qua dietro, a due passi da “casa mia”… Un luogo ricco di Storia e di aneddoti che oggi non esiste quasi più perché inglobato, assorbito, quasi fagocitato dall’area del Porto di Venezia… Ne rimane solo il nome imposto al nostro Quartiere, e lo scheletro di quella che è stata la chiesa di Santa Marta: oggi quasi sempre chiusa, e ridotta a poco più di rudere restaurato saltuariamente usato come sala d’esposizione.

E’ ancora visibile, perché è stato trasposto nella chiesa di San Nicolò dei Mendicoli, quello che è stato l’altare principale della chiesa di Santa Marta. Lo si vede entrando in chiesa a destra, e si noterà raffigurata appunto una Santa Monacacon un mostriciattolo tondotto tenuto al guinzaglio … Sembra quasi un cagnolino, o meglio: un porcellino all’ingrasso … Ma tanto vale: la Leggenda di Santa Marta rimane sempre quella: i Veneziani d’un tempo di sicuro l’avevano ben presente e la consideravano importante e coinvolgente a differenza di noi di oggi che c’intriga poco o niente.

 

La chiesa-monastero di Santa Martaesisteva fin dal 1018 con orti, canali e rive alla fine (o all’inizio) di Venezia sulla Punta e Ponte dei Lòvi di Santa Marta giusto di fronte alla palude e al canneto di San Giorgio in Alga. Lì sulla quella punta estrema e periferica di Venezia la vollero edificata le Nobili famiglie Sanudo e Salomon al cui “primo uomo”(l’anziano del Casato) ogni anno la Badessa di Santa Marta offriva una rosa di seta ... Nel 1242 il Monastero, che in realtà doveva sorgere come “Ospizio per i poveri delle miserabonde Contradedell’Anzolo e di San Nicolò”(soliti tramacci degli Ecclesiastici), era già diventato ricco e prospero possedendo numerosi campi nel Distretto di Mestre… Nel Santa Marta vissero prima le cinquanta Monache Benedettine, e poi le ottanta Monache Agostiniane che tenevano diverse “Putte a spese”(educande). Durante i secoli le Monache Veneziane furono piuttosto turbolente e indisciplinate tanto da dover esser più volte riprese e riformate dai vari Papi e Vescovi di turno “per via del loro gran disturbo, scandalo, danno e corruzione nella gestione delle doti” ... Patriarca e Dogeerano “una tantum” concordi nel dire: “Le Mùneghe de Santa Marta ne far deventàr tutti matti  co i so strambessi … Quel Monastero xe un gran bordello …”

 

Santa Marta era famosissima a Venezia, oltre che per la Spiaggia dei Lùni di Santa Martaquando si andava a far bisboccia e sagra sull’arenile di Dorsoduro, anche per una sua Sacrosantissima Reliquia: “a màn de Santa Marta”pervenuta al Monastero dall’Oriente nel 1466 … Fu il Patrizio Ambrogio Contarini “grande viaggiatore” a regalarla alle Monache … Contarini si trovava a Costantinopoli quando scoppiò l’ennesima Guerra Turco-Veneta, e venne a sapere dal Vescovo della città di Metelino, cioè Lesbo, che nel bottino dei Turchi c’era anche quella stupenda Reliquia tanto unica quanto preziosa … L’unico posto adatto per ospitarla, secondo lui, doveva essere esclusivamente il Monastero delle Monache di Santa Marta di Venezia… Per cui, dettofatto, rientrato in Laguna, la regalò alle Monache del Monastero di Dorsoduro.

 

Qualche anno dopo, precisamente il 14 ottobre 1473, la “Reliquia della Màn de Madonna Sancta Marta” venne collocata in un altrettanto preziosissimo reliquiario: un capolavoro d’oreficeria commissionato “alla maniera d’Allemagna” dalla Badessa Orsa Zorzia un gioielliere-argentiere Tedesco: Giovanni Leon cioè Hans Löwe da Colonia… Era considerato il migliore Artigiano Argentiere: il più eccentrico, abile e raffinato fra tutti quelli attivi a Venezia in quell’epoca. Leonrealizzò il manufatto devozionale a partire da un disegno iniziale di Prete Bortolo Piovan de Sant’Eufemia de la Zuecha… Il Reliquiario doveva risultare: undici marche e mezzo di peso, e misurare 70 cm d’altezza: un bel oggetto sontuoso e pomposo insomma.

Furono garanti e testimoni del contratto di lavoro: Mistro Nicolò Todescho Intajador che abitava in Contrada di San Silvestronelle case di Cà Albosani, e Mistro Corado Sartòr “che stàva a San Thomado” ... Tutto poi venne regolarmente pagato dalle Monache in cinque rate distinte versate tra il novembre 1472 e luglio 1474.

Ne riuscì un capolavoro d’argento elegante, tutto traforato e pieno di fregi, cristalli, teste umane dorate e piccoli Draghi, medaglioni smaltati di azzurro su cui sono applicati i Simboli lavorati di Evangelisti e Martiri, e nicchie e pinnacoletti pieni di Angeli Musicanti, Santi e Sante fra cui Santa Marta e Sant’Elena ... La parte del Reliquiario che conteneva la “Màn de Santa Marta in Tabernaculu” era tutto decorata a sbalzo con foglie, pietre preziose incastonate e perle. In alto poi, come in una scena a calice che conteneva la preziosa Reliquia, c’era scolpita un’intera scena che comprendeva la Pietà con la Vergine e il Figlio deposto in braccio, e attorno San Giovanni e le Sante Marie su uno sfondo pieno di croci ... A chiudere e completare la sommità dell’oggetto, c’era in alto: un PadreEterno col Mondo in mano… Un bijoux insomma: una cosa raffinata, davvero originale, singolare e preziosissima che lasciava a bocca aperta i Veneziani devoti che accorrevano pazienti in fila a venerare e baciare quella preziosità miracolosa“scappata dal Cielo dei Santi” che solo Venezia possedeva.

Le fonti ricordano che nella stessa chiesa di Santa Marta di Venezia venivano custodite e venerate anche altre Reliquie Plus, cioè degne di notevole interesse e venerazione non solo da parte dei Veneziani, ma anche dai Pellegrini Europei, e un po’ da tutti,

Insomma: la chiesa di Santa Marta era come una potente calamita che attraeva di continuo: curiosi, devoti e bisognosi di ogni sorta ... Veneziani, Foresti e non …

A Santa Marta si conservava, ad esempio, tutta una serie di Sante Teste e Reliquieprovenienti dai Cimiteri Romani Catacombali: quella di San Celso e Santa Trienia, poi un “Santo Osso del Martire San Damiano”, e un altro “Santo Osso dei fanciulli Martiri di Betlemme” cioè dei leggendari Santi Innocenti uccisi da Re Erode; una “Santa Mascella di Santa Sabina Martire”.  C’era inoltre l’intero Corpo di Sant’Agapito o Agapio Martire … Non ho la minima idea di quale Sant’Agapio fosse visto che esistono almeno dodici Sant’Agapio diversi raccontati da almeno tre Passio-Racconti, dai Sacramentali e Acta Sanctorum della vita del Santo diverse, e ci sono corpi, ossa, frammenti e reliquie sparse un po’ ovunque ... Il nome poi significa: Amabile, che è già tutto dire ... Quale sarà stato il Sant’Agapio Veneziano ? … ma poco importa.

Al Monastero-chiesa di Santa Marta i Veneziani lasciarono un intero corredo e concentrato di donazioni e Reliquie … quasi tutte racchiuse poi in preziosi Reliquiari: singolari opere d’Arte e Oreficeria ... Nel 1492 Perenzina quondam Bartolomeo Bernardo lasciò, infatti, per testamento al Monastero di Santa Marta un’immagine di Santa Maria Maddalenaricoperta di perle, argento e altri preziosi ornamenti da esporre nei giorni di festa solenne … Il 24 novembre 1624 Raffaele Inviziati Vescovo di Zacinto e Cefalonia considerato da tutti Prete Illustre lasciò e donò alla nipote Cristina Monaca a Santa Marta di Venezia, numerosissime quanto preziose argenterie, e calici d’argento dorato, e un“anello Episcopale grando d’oro e d’argento”, e una Croce Pastorale pettorale piena di Reliquie, e la Reliquia in puro cristallo del Piede d’oro di San Saba(l’intero Corpo o quasi era venerato a Venezia nella chiesa di Sant’Antonin di Castello) per abbellire la Sacrestia del Monastero della stessa Santa Marta ... L’erudito Veneziano Emmanuele Antonio Cicogna ricorda poi che anche Giammaria Pitteri nel 1633 (circa negli anni in cui a Venezia infuriavano le ondate di Peste) lasciò “un gran bel Cristo d’oro” alla Abbatissa Pro Tempore del Monastier de Santa Marta con l’obbligo di farlo comparire almeno quattro volte l’anno nel Capitolo delle Monache perché potessero vedere e dire in comune quanto bello fosse.

Il preziosissimo Reliquiario-custodiacon la Reliquia di Santa Marta venne poi salvato dalla devastazione saccheggiatrice dei Francesi d’inizio 1800 dalla Badessa Marina Falier: ultima Badessa di Santa Marta che se lo portò via nell’Oratorio di Famiglia nel Palazzo Falier in Contrada di Santi Apostoli. Me la immagino la Monaca scappare via di notte dal Monastero provando a salvare il salvabile … Pareva avesse infagottata di stracci fra le braccia una comune padella da cucina … S’infilò dentro e sotto al felz di una nera gongola da casada ormeggiava sulla riva … Si trattava, invece, non di una padella ma del prezioso Reliquiario con la Màn de Santa Marta ... Gli ex Nobili Falier tennero lì a lungo la Reliquia protetta, e Monsignore-Canonico Francesco Falier loro discendente decise di lasciare la preziosa Reliquia al Tesoro della Basilica di San Marco. I suoi nipoti eredi però furono più furbi, interessati e scaltri: diedero alla Basilica la nuda Reliquia di Santa Marta, e vendettero“per un prezzo favoloso” il favoloso Reliquiario dorato alla Baronessa De Rothschild. Ora il prezioso Reliquiario vuoto si trova al Museo del Louvredi Parigi come parte delle preziosissime Collezioni Rothschild, mentre la Reliquia sembra trovarsi ancora nel Tesoro della Basilica Marciana ... forse ?


Ma tanto … che interessa a noi Veneziani di oggi ?

 

 

 


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