#unacuriositàvenezianapervolta 210
“Perché fra le tante proprio la Contrada di Sant’Angelo ?” vi chiederete … Semplice.
Ricordate quando eravamo bambini “qualche secolo” fa ? Spinti dalle simpatie di sempre ci si dava appuntamento in strada, in Corte e nei Campi e Campielli di Venezia o delle isole, e dopo esserci rappacificati e ragguagliati sul nostro microcosmo, ci si metteva a giocare facendo la conta:“An … Ghin … Gò … Tre galline sul comò … che facevano all’amore con la figlia del dottore ... Il Dottore s’ammalò ? … Ambarabà ci – ci – co – co ! … Tocca a te !”… e si partiva per “mondi ludici lontanissimi” fatti di niente che ci coinvolgevano e prendevano fino al tramonto quando le mamme s’affacciavano a chiamarci sgolandosi inutilmente dalle finestre, o scendevano forzatamente in strada per riportarci finalmente a casa nonostante le nostre proteste … Non era mai troppo tardi, ed era sempre un peccato rientrare.
Ebbene ho fatto la stessa cosa ancora una volta:“Ambarabà ci-ci-co-co”… ed è toccato a caso alla Contrada di Sant’Angelo di Venezia. Tutto qua.
Non esisteva all’inizio “la collana” dei palazzi sontuosi che circondano oggi il Campo centrale della Contrada di Sant’Angelo: niente ristorantini, bancarelle e bar tenuti dai Cinesi attuali. Tutto intorno al Campo sorgevano basse caxette (spesso di legno), una miriade di piccole e basse botteghe e numerosi magazzini prospicenti il luogo comune. Lì dall’alba al tramonto ferveva l’attività delle Artiche lavoravano anche sulla strada sotto a grezze tende, e si ripeteva ogni giorno un formicolante andirivieni di merci, persone e “forèsti (stranieri)” di ogni genere che salivano e scendevano dalle barche e barchette che approdavano nei dintorni. La proverbiale iperattività commerciale dei Veneziani era già iniziata, anche se ogni tanto prendeva fuoco tutto inducendo ciascuno a ripartire un po’ da capo … Ma non era un gran problema: si faceva e basta.
I primi Nobili pomposi e “dalla borsa gonfia” s’affacciavano sul luogo comune carico d’affanni, attese e guadagni, insieme al nugolo immancabile dei Frati, Preti e Monache … che tanto per cambiare, erano arrivati sul posto quasi prima di tutti. A Venezia: Stato e Chiesa stavano insieme, giustapposti fin dall’inizio, sempre a braccetto … seppure non sempre volentieri, spesso polemizzando e litigando fra loro … ma sempre in maniera inscindibile e imprescindibile l’uno per l’altro.
Tutto accadeva fin da prima dell’anno 1000 d.C. sopra vie di terra battuta che diventavano fangose quando pioveva e putride e odorose più che spesso … Per fortuna, a differenza che altrove nella Terraferma, c’erano i rii, i rielli e i canali che fungevano da scolo per ogni liquido e residuo presente. Alcuni canalicoli erano davvero piccoli e angusti, spesso fangosi, intasati, e transitabili con difficoltà, mentre le rive erano scoscese e dirute, non contenute e segnate, solcate da pali, passarelle e approdi spesso improvvisati e approssimativi.
In mezzo a tutta quell’ingegnosa quanto assidua attivazione sorgeva un rustico chiesone di legno dedicato a San Mauro, che era punto di riferimento per tutti spiccando rozzo col suo portichetto davanti (forse) e in mezzo di un cimiterietto dove tutti andavano a collocarsi terminata la loro esistenza talvolta fugace e intensa.
Si dice che la primitiva chiesetta sia stata voluta, finanziata e costruita dalle prime Nobili Famiglie insediatesi sul neonato posto Veneziano: i Morosini, i Lupanies o Lupanizzi. Altri dicevano, invece, ch’erano stati fautori alcuni Monaci, oppure i Barbonici e Grandolini, o i Scevoli, o nel 1033 lo stesso Doge Domenico Contarini. Poco importa … si sa che ben presto la chiesetta venne ricostruita facendole assumere il titolo di San Michele Arcangelo e considerandola Piovaniae Collegiata di un Capitolo di Preti. L’assunzione del titolo di San Michele Arcangelo è la riprova che anche a Venezia si era sensibilissimi ai Culti e agli Itinerari Michaelici che segnavano e percorrevano l’intera Europa e tutta l’Italia. Anche Venezia è stata per secoli con Sant’Anzolo, l’isola di San Michele, e con San Michele al Tagliamento, e con lo stesso cognome nobile Michiel(ad esempio) parte integrante della più che famosa “Via dell’Angelo” che collegava fra loro come in lunga scia interconnessa: luoghi come Mont Saint Michael in Francia, San Michele di Pavia(solo per citarne alcuni) e giù giù fino al Gargano al Monte dell’Angelo di Puglia che è sempre “San Michele” oltre che “testa di ponte” per la Terrasanta… ma qui stiamo divagando dentro a un’altra storia.
La Collegiata dell’Anzolo dipendeva ed era affiliata fin dall’inizio alla “chiesa Matrice” diSanta Maria del Giglio ... che era considerata una vera e propria “potenza religiosa” aggregante e di riferimento. Pensate che Santa Maria Zobenigo ossia “Il Giglio” aveva giurisdizione oltre che sullo stesso Sant’Angelo anche su altre 12 “Parrocchie-Contrade Filiali”, cioè: Sant’Agnese, San Barnaba, San Beneto, San Fantin, San Trovaso, San Gregorio, San Maurizio, San Moisè, Anzolo Raffael, San Samuel, San Vidal e San Vio… ossia una buona fetta delle Parrocchie-Contrade di Venezia.
Non che l’Anzolo in se scherzasse quanto a numeri … perché si sa per certo che fin da subito le ruotavano attorno, la frequentavano assiduamente, e vi facevano capo di continuo ben 35 fra Sacerdoti e Chierici.
Sant’Angelo era una specie di centro nevralgico in mano ai Preti, una sorta di centro di controllo a cui facevano riferimento un po’ tutto e tutti nella zona. La Parrocchia col suo Collegio dei Preti era come un acutissimo osservatorio su tutto quanto accadeva fra le persone e nei dintorni … per non dire ovunque, perché esisteva un vero e proprio esercito, una piccola folla composita di Pizzocchere, devoti, uomini e donne iscritti alle Schole, e fàmuli e perpetue che aggiornavano puntualmente e di continuo la Congrega dei Preti guidata dal Piovano. Costoro, dati storici alla mano, erano spesso convinti di tenere in pugno la situazione del posto, ma era una sensazione illusoria perché in realtà era la nascente Serenissima con le sue temibili Magistrature, i Nobili, i Savi e i suoi spioni a fare realmente “alto e basso” e “chiaro e scuro” su Venezia e il suo lievitante Dominio. Non si “muoveva foglia” che Doge e Signoria non volessero … ed era così: punto e basta, con ognuno al proprio posto a recitare debitamente la propria parte.
Come spesso capitava a Venezia in gran parte costruita in legno, nel 1105 chiesona e grossa parte della Contrada vennero quasi distrutte da un grande incendio con danni ingentissimi. Venezia era simile a un gran pagliaio dove ardevano giorno e notte fiamme e fiammelle, cere, lanterne e cesendelli perpetui … Bastava un attimo di distrazione, un soffio di vento importuno e tutto ardeva.
Nel gennaio 1204 Tommaso Viaro del Confinio o Contrada di San Maurizio stipulò a Rialto con Matteo Marzulo del Confinio di Sant’Angelo una “colleganza”con la metà dell’utile per l’importo di lire 200 di denaro veneto sino alla “muda di Pasqua” per commerciare fino a Durazzo nella galea del Comito Giacomo Zaccaria. Sempre sotto ai portici di Rialto nell’agosto di due anni dopo, lo stesso Matteo Marzulo fece quietanza allo stesso Tommaso Viaro dei soldi investiti e dell’utile guadagnato avendo commerciato fino ad Alessandriae Creta.
Lo stesso Henricus de Lo Priolo Prete e Plebanus di Sant’Angelo fungeva da testimone negli accordi commerciali che si stipulavano a Rialto lavorando insieme a Dominicus Georgius Arciprete della Congregazione di San Silvestro e Piovan di San Zan Degolà che fungeva da Pubblico Notaio.
Qualche anno dopo, nel marzo 1224, Albertinus de Portu del Confinio di Sant’Angelo commerciava fichi diretti a Verona e trattava somme di denaro con Baxanus de Vicenza e con Paulo de Stefano da Verona.
Anche nell’agosto 1253 a Rialto c’era attivo come Notaio un Leonardus Prete di Sant’Angelo, e ancora nel maggio 1263, sempre a Rialto, il Notaio Paulus Blundo Prete e Piovano di Sant’Angelo provvide a redigere l’atto di vendita di una terra murata del valore di lire 50 di denari veneti sita a Torcello in prossimità di un canale e del Monastero, che passò così di proprietà da Marino Marin del Confinio di San Samuel a Pietro Istrico Procuratore di Santa Margherita di Torcello.
Già dalla metà del 1200 giù dal ponte privato che lo legava alla Contrada c’era il Conventone di Santo Stefano dei Frati Agostiniani: l’unico della zona, a differenza del resto della neonata città che si stava rivestendo di chiese, Piovanie, campanili e Monasteri ad ogni passo e oltre ogni canale. Il Convento degli Agostiniani col suo Studiume i suoi uomini prestigiosi era destinato a divenire uno dei più importanti e rinomati di tutta Venezia.
Circa negli stessi anni il Doge Pietro Ziani lasciò una “ruga di case” di sua proprietà in Confinio di San Giminiàn alle sette Congregazioni del Clero di Rialto (diverranno nove): San Luca, Santa Maria Formosa, Santa Maria Materdomini, San Silvestro, San Polo, San Marcuola e appunto Sant’Angelo… Forse per non essere da meno, o per le stesse convinzioni, nel 1283 davanti al Notaio Petrus Donusdeo Prete di San Polo, anche Pietro Viaro del Confinio di San Maurizio con la moglie Ziburgalasciarono oltre al resto attraverso i Procuratori di San Marco e i figli Nicola, Matteo e Giovanni: “ … lire 25 alla Congregazione di Sant’Angelo …e un lascito in denaro ad Albertino Frate di Sant’Angelo …”
La Congregazione del Clero di San Michele Arcangelo in Sant'Angelo di Venezia esiste ancora oggi ed è attiva come le altre Nove Congregazioni del Clero di Venezia. Secondo la tradizione sarebbe stata fondata prima fra tutte le altre fra 1105 e 1117. Di certo influenzata dalla vicina sensibilità dei Frati Agostiniani, la Congrega di soli Preti si preoccupava dell’assistenza dei Preti malati o poveri, e del suffragio di quelli morti. Come spesso accadeva in Venezia, la Congrega composta da trentasei Preti Confratelli(multiplo del numero dei dodici Apostoli) come prevedeva la Mariegola, si trovò ben presto al centro di un cospicuo numero di estimatori, con relativi lasciti e generose donazioni, per cui riuscì a costituire lungo i secoli un ingente patrimonio immobiliare ed economico che sopravvive ancora oggi quasi indenne. Gran parte dell’attività della Congregazione ruotava intono alla partecipazione a processioni e a solenni funzioni che seguivano un particolare calendario cittadino e liturgico.
Al suo interno, la Congregazione di San Michele governata dall’Arciprete con incarico a vita, si distingueva curiosamente in tre categorie di Preti in base all'anzianità d’appartenenza al Sodalizio e alla valenza dei titoli acquisiti al suo interno ai quali era connessa l'assegnazione-spartizione dei proventi economici annuali del“partidòr”.Oltre all’Arciprete che percepiva il doppio dei venti Fratelli Preti a "parte intera", c’erano altri otto Preti a "mezza parte", e altri otto definiti d’"orazione", ossia che pregavano e basta senza percepire niente e rimanendo in attesa di un posto da “titolari pieni” per il quale potevano servire anche sei anni d’attesa. Inoltre esisteva anche un numero variabile di Chierici “in bona spe" al servizio della chiesa, cioè aspiranti anch’essi all'ammissione alla fortunata quanto ambita Congrega.
Uno dei Preti detto "Massaro"insieme a due “Decani” e un “Nunzio” si occupavano dell'amministrazione della Congrega antichissima, e appartenere al essa era considerato così altamente onorifico che alla Visita Apostolica del 1581 gli stessi “Controllori Papali” chiesero di poterne entrare a far parte.
Nei primi decenni del 1300 quando nella Contrada di Sant’Angelo risiedevano diversi Pellicciai, giunsero ad abitarvi anche i già Nobili Ferro che con Enrico Ferro comprarono da Uberto de Baldaria Consigliere del Marchese Azzo VIII di Ferrara (ascritto con i figli alla Nobiltà Veneziana) un feudo “in concessione marchionale personale”con 3 mansi di terra e una casa in località Ruina Copparo divenendo così con gli eredi: Vassalli del Marchese Azzo.
Giunto il tempo del Doge Andrea Contarini e delle Guerre contro i Genovesi che presero e misero a ferro e fuoco Chioggia, anche la Contrada di Sant’Angelo si dimostrò generosa nel contribuire e finanziare le imprese dello Stato ormai divenuto Serenissimo. La Contrada di Sant’Anzolo nel suo insieme offrì lire 183.700, e fra i suoi offerenti c’erano 38 fra Nobilhomeni e Nobildonne generosi e abbienti fra cui primeggiò Zuanne Trevisan che offrì 50.000 lire. Bertuzzi Pettenèr però non volle nel suo piccolo essere da meno, perciò offrì lire 500; Francesco dalle Masene diede 4.000 lire, Pasqualin dalla Mesetaria lire 2.000, e Piero e Marco sonador offrirono lire 300 come Zuanne murer ... Perfino dalle case del Piovan dell’Anzolosi raggranellarono lire 700.
Nel 1347 accadde anche a Venezia (corsi e ricorsi storici) lo sconquasso del terremoto che fra le altre cose fece cadere diversi campanili dopo che le campane s’erano messe a suonare da sole. Fra gli altri crollò proprio anche il campanile di Sant’Angelo ... ma poi la vita dei Veneziani riprese il suo normale corso … Nel novembre 1353 Nicoletto Trevisan Fustagnaio della Contrada di Sant’Angelo comprò da Stefano di Libiana: “… 27 dozzine di soàtti a grossi 24 la dozzina, 1 pelliccia di volpe per 3 ducati, e 2 guarnacche glirorum de squillatis per 10 lire di piccoli ”... erano gli anni in cui i fratelli Veneziani Nicolò e Antonio Zennavigatori e Mercanti attraversavano intrepidi l’intero oceano Atlantico giungevano a commerciare in America. (piaccia o no, è assodato ormai che Sior Cristoforo Colombo vi è giunto ben dopo).
La Piccola Contrada di Sant’Angelo occupa sostanzialmente tutt’ora circa una cinquina delle piccole isole che formano il numerosissimo arcipelago di Venezia. Sant’Angelo confina con le limitrofe Contrade di San Beneto, San Samuel, Santa Maria Zobenigo del Giglio e San Maurizio, e il Rio di Sant’Angelo provenendo dal Rio di San Maurizio attraversa tutta la Contrada uscendo poi nel Canal Grande tramite il Rio di Ca’ Garzoni dopo il Ponte del Pestrin e la Piscina di San Samuel. A metà del suo corso il Rio di Sant’Angelo si sdoppia nel Rio della Verona che porta nell’attuale zona del Rio della Fenice (che non esisteva). Dalla parte opposta, invece, lo stesso Rio di sant’Angelo subito dopo il Ponte dei Frati va e andava a passare sotto alla Chiesa di Santo Stefano rinominandosi come Rio del Santissimo e infine torna a buttarsi nel Canal Grande che è la “Strada delle Strade” di Venezia, la “Via d’acqua” più importante che di fatto circonda la Contrada. Anche per questa sua centralità strategica e per questa sua agibilità, la Contrada di Sant’Angelo è sempre stata considerata una delle Contrade più prestigiose di Venezia.
Prima della metà del 1400 approfittando di un pingue lascito del Piovano Michele Davanzo si provvide a rifabbricare ancora una volta la chiesa, anche se a metà secolo il campanile pendeva vistosamente minacciando di crollare, tanto che si chiamò l’“esperto in campanili” Bartolomeo FioravantiBolognese che provò a raddrizzarlo togliendovi la terra da una parte.
Risultato ?
Dopo un giorno e una notte “dall’operazione di ripristino e sostegno”, il campanile cadde finendo rovinosamente sopra al tetto del vicino Convento di Santo Stefano degli Agostiniani, sfondando un dormitorio e accoppando due poveri Frati ignari, e distruggendo e atterrando parte della stessa chiesa di Sant’Angelo. Qualche anno dopo, nel 1456, il campanile venne nuovamente innalzato da Marco de Furi… stavolta si raccomandò: “con maggiore cura e precisione possibile”.
Esattamente venti anni dopo, accadde in Contrada un fattaccio che fece spettegolare ma anche “gridare vendetta” a tutta Venezia: Giacomo Tintore condusse Bernardino degli Orsi sotto l'antico portico della chiesa di Sant’Angelo e lo brutalizzò violentemente scappando poi via da Venezia … Venne bandito in contumacia: se solo avesse osato rimettere piede a Venezia e nel suo territorio sarebbe stato fatto immediatamente in quattro pezzi ponendone a monito uno per ciascuno confine della Serenissima ... ed erano trascorsi altri dieci anni quando il campanile venne colpito e sconquassato altrettanto brutalmente da un fulmine tanto da doverlo quasi rifare del tutto. Chissà perché, il destino s’accaniva di continuo col campanile di Sant’Angelo … (qualche pseudoteologo attuale probabilmente spiegherebbe il fatto affermando che i Nobili e i popolani Veneziani che abitavano la Contrada di Sant’Angelo dovevano essere degli efferati quanto inveterati peccatori).
Ma chi erano i Nobili che vivevano nella Contrada di Sant’Angelo?
Si trattava soprattutto di abili e ricchi Mercanti, Senatori e Avvocatidi Casati prestigiosissimi che con i loro palazzi e case sempre più belle e grandi contornarono il Campo Sant’Anzolo da una parte e resero fastosa la parte della Contrada affacciata sul Canal Grande dall’altra.
Fra i tanti nomi di Nobili e Casati illustri, in Contrada di Sant’Angelo c’erano i Martinengo, i Marcelloe i Moroartefici della realizzazione delle Procuratie Moro: un particolare esempio d’Istituzione benefica ed edilizia esistente in Venezia. Le Procuratie, che si trovavano anche a San Geremia, Anzolo Raffael, Madonna del Giglio e altrove, non erano Ospizi, ma nuclei compatti “d’edificazione popolare” concessi in usufrutto “gratis et amore dei” o con modici affitti a chi ne fosse stato degno. Ce n’erano di metrature diverse, di solito raccolte intorno e prospicenti su di una corte comune con “vera da pozzo” al centro. Nel caso del Nobilomo Luca Moro residente in Sant’Angelo, costui dispose con testamento del 1410 d’affittare una delle case di sua proprietà in Contrada di Santa Maria Zobenigo, in modo che il ricavato fosse utilizzato per mantenere “in conzo e colmo” gli edifici che aveva fatto costruire e assegnare a poveri di Venezia. L'amministrazione delle Procuratie Moro venne affidata alla Magistratura dei “Procuratori de San Marco de Supra”, che ancora nel 1796 vendette sette caxette investendo in Zecca il capitale ricavato e distribuendo ai poveri i “prò” (gli interessi maturati annualmente) secondo la volontà dell’antico testante Luca Moro. Ovviamente l’avido quanto ottuso napoleon incamerò tutti i beni delle varie Procuratie nel famoso vorace Demanio che vendette ogni cosa a privati.
Oltre ai Moro, nella stessa Contrada vivevano i Nobili Paruta in palazzetto archiacuto con quadrifora del 1500, i Nobili di V classe Barbaro di Sant’Angelotrasferitesi in seguito in Contrada di San Gregorio, i Benzon, i Cappello di Sant’Anzolo, i Malatin (forse non Nobili), i Loredan anche loro di classe V, e i Curti poi Valmarana che occupavano un altro palazzo del 1600-1700 affacciato sul Canal Grande.
Sull’omonimo Rio di Ca’ Pesaro risiedeva un Ramo dei Nobilissimi Pesaro: in uno dei Registro degli “Affari di chiesa” si registrò la controversia fra il Capitolo di Sant'Angelo e il vicino Capitolo di San Beneto circa la divisione dei proventi ricavati dall'amministrazione dei Sacramenti nel “Palazzo dei Nobilhuomini Pesaro posto in campo di San Beneto con tutte le case et mezadi posti nel suo recinto” che per antica consuetudine veniva diviso equamente tra i due Capitoli.
Soldi erano soldi… e anche i Preti di Sant’Angelo dimostrarono sempre di non disdegnarli, né di temerne gli effetti.
E veniamo ai singolari quanto interessanti Nobili Garzoni o De Garzoni. Costoro abitarono nel palazzone in stile tardogotico costruito verso la metà del 1400 con gran portale d’acqua sul piccolo Rio omonimo di Ca’ Garzoni detto anche del Traghetto. Un Zuane Garzoni giunse a Venezia da Bologna al tempo della guerra di Ferrara durante la quale pagò di sua tasca 24 soldati che combatterono a favore della Repubblica. I Garzoni entrarono quindi a far parte del Maggior Consiglio di Venezia fin dal 1289, e ottennero la Nobiltà Veneziana nel 1381 perchè Baldovino Garzoni si distinse particolarmente per il suo apporto e contributo durante la Guerra di Chioggia contro i Genovesi. Paradossalmente il Nobile morì proprio il giorno prima della sua approvazione nobiliare, che perciò venne ratificata e perpetuata nei figli Giovanni e Nicolò.
I Garzoni furono importantissimi Banchieriveneziani come i Soranzo e i Balbi, infatti a metà del 1400 furono i fondatori con Nicolò quondam Bernardo di uno dei dieci “Banchi di scritta” più efficienti e ricchi della Venezia di quell’epoca. Alla fine del secolo, le principali quattro banche in attività a Venezia: Lippomano, Garzoni, Agostini e Arimondo gestivano un capitale superiore a un 1 milione di ducati.
All’inizio del 1500, invece, a causa di una grave congiuntura politico-economica sfavorevole la Banca di Adrea Garzoni fallì con un’esposizione economica ufficiale di 85.000 ducati verso 518 creditori, ma con un debito reale complessivo di 250.000 ducati, mentre “i colleghi”Lippomanos’erano procurati un debito di “soli”: 119.000 ducati. Per farsi un’idea del “grave danno” economico in cui incapparono i Garzoni che prestavano soldi, acquistavano e vendevano argento, oro e gioielli avendo fra i propri clienti anche il Duca di Mantova, la normale paga di un operaio pubblico che faceva riparazioni per il Doge a Palazzo Ducale era negli stessi anni di 100 ducati annui.
Dopo Natale 1499, i Garzonidichiararono di aver già pagato: 128.000 ducati, ma non fu sufficiente per rimetterli in gioco economico. Dovettero svendere all’incanto tutte le loro proprietà immobiliari … che erano parecchie: ad Albaria, presso San Pietro in Valle, nel basso veronese, non lontano dal Tartaroe dal Po, e un esteso bosco di 182 ettari a Boschi Sant’Anna e di San Marco a sud di Legnago presso il Porto.
Come se niente fosse accaduto, nel 1507 il clan dei Garzoni composto da 10 individui si confrontò e si propose per l’elezione in Maggior Consiglioschierandosi contro i potentissimi Nobili Contarini il cui clan presentava ben 172 individui. Bisogna dire che ai Garzoni non mancava di certo l’intraprendenza e il coraggio ... non si arrendevano mai.
Infatti nel 1560, la Nobildonna Lucrezia Garzoni acquistò da Giulio Segato: “… una roda da molìn con sua mola et casa sopra el Sil loco Cao de Vigo nel Quintino di Treviso … per 250 ducati.” … e Frate Gabriele de’ Garzoniappartenente all’Ordine Gerosolimitano fece un notevole lascito nel 1571 a favore del Monastero di San Francesco della Croce in Venezia ... due anni dopo Costantino Garzoni esercitò a proprie spese da Ambasciatore di Venezia a Costantinopoli ... e Sandrus Lanza, Chierico di 22 anni, insegnava Grammatica a 3 alunni di Ca’ Garzoni: “… Al più grando ghe lèzo el Vives solamente, alli altri ghe fàzo far latino per neutri …”
Inizialmente i Garzoni abitavano nella più defilata Contrada di San Polo, fu infatti solo nel 1600 che acquistarono il palazzo sul Canal Grande in zona di Sant’Angelo... Significava che economicamente non se la passavano poi così male ... Pietro Garzoni possedeva una ricchissima biblioteca “laudatissima” e fu Storiografo Ufficiale della Repubblica… nel 1618 si realizzarono in Laguna i controversi “Tagli Garzoni” ideati dall’Esecutor alle Acque Zuanne Garzoni, per governare l’andamento dei fondali dell’estuario lagunare e favorire i flussi della marea … Il Senatore Girolamo Garzoni morì eroicamente nel 1688 continuando a combattere contro i Turchi nella difesa di Negroponte pur avendogli sparato una palla di moschetto in seno. Gli venne costruito un monumento sopra al portale principale del chiesone deiFrari in Venezia godibile tutt’ora ... All’inizio del 1700 si realizzò sul Brenta la “Roggia Mocenigo-Garzoni” diramazione della “Roggia Vica” voluta da Pietro Garzoni a partire da Rossanoper irrigare le terre dei Garzoni a Godego presso Castelfranco ... nell’aprile 1725 il Piovano di San Giovanni Elemosinario di Rialto era Claudio Garzoni che entrò in una lite giuridica senza fine contro il vicino Piovano di San Giacomo Angelo Bonolli che cercava di usurpargli le facoltà (e le rendite) parrocchiali … Infine, ancora nell’ottobre 1775, Elena Querini raccontava nelle sue lettere che Agostino Garzoni nei giorni passati al Casino del Ponte dell’Angelo, perdette più volte e con più persone somme non indifferenti in Carlini giocando al Rocombor ... L’equivoca dama diventatagli forse intima concludeva: “In ogni caso riuscì ugualmente a cavarsela … nè si sa il santolo che glieli diede … Voleva poi portarsi a dimorare in campagna … ma poi gli è svanita anche quella intenzione.”
I Nobili erano Nobili, e a Venezia lo erano più che mai e altrove … C’era poco da fare ...“Giravano” così.
E non è ancora tutto circa i Nobili di Sant’Angelo, perché in Contrada c’erano anche i Gritti-Morosini in un Palazzo del 1400. Nel 1310 il Nobile Cardinale Morosini di Casa Vecchiafu Plebanus della Collegiata di Sant’Angelo che veniva definita: “cièsa granda e ricca”. In seguito lo stesso Morosini intraprese una “felice carriera ecclesiastica” perché passò prima a Piovano dell’importante chiesa matrice di San Donato nell’isola di Murano, e poi venne perfino nominato da Giovanni XXII: Patriarca di Costantinopoli gestendo il ricco titolo e beneficio per cinquant’anni fino alla morte.
Poco distante in Campo Sant’Angelo abitavano anche i Nobili Duodo in palazzo archiacuto del 1400 fabbricato probabilmente da Giacomello Duodo figlio di Nicolòsul posto di un antico palazzo appartenete ai Nobili Zen. In seguito palazzo Duodo venne trasformato in albergo “All'insegna delle Tre Stelle”, dove morì il celebre protagonista della vita musicale e teatrale del settecento veneziano Domenico Cimarosa. In tempi ancora più recenti, lo stesso palazzo passò ai Nobili Balbi-Valier per via del matrimonio nel 1808 fra Marco Bertucci Balbi-Valier ed Elisabetta Maria Duodo quondam Marcantonio, e alla fine venne comprato dai Missana divenendo birreria al piano inferiore.
I Nobili di 2 classe Michiel di Sant’Anzolo vivevano, invece, in una serie di vicini palazzi del 1500 prospicenti un Rio privato ed esclusivo collegato direttamente col Canal Grande e non comunicante con nessun altro corso d’acqua pubblico … I Nobili Pisani di Sant’Anzolo di III classe, viceversa, risiedevano in un palazzo di quattro piani della seconda metà del 1600 dalla doppia facciata prospicente sul Campo e sul Rio di Sant’Angelo. Era un edificio molto ricco e ben arredato costruito inizialmente per i Nobili Trevisan, e nel 1740 Alvise quondam Benedetto Pisani,proprietario di una casa in Contrada dei Santi Apostoli, la affittava per 140 ducati annui per potersi pagare l’affitto di 130 ducati annui del palazzo in Contrada di Sant’Angelo in cui viveva.
In Campiello del Teatroavevano palazzo i Nobili Sandi di Sant’Anzolo(traslato in ultimo passaggio di proprietà ai Conti Porto di Vicenza e ai Cipollato). Anche i Sandinon erano affatto Nobili da poco: il loro palazzo era considerato fra le 15 case più riccamente arredate e decorate dell’intera Venezia. Infatti l’interno aveva affreschi di Tiepolo che dipinse mirabili vicende mitiche di Orfeo, Apollo e Marsia, Ulisse e Achille ed Ercole e Anteo. I Sandi erano Avvocati e Notai originari di Milano ma trasferitisi a Feltre per commercio. Vennero aggregati “tardi e per soldo” alla Nobiltà Veneziana nel maggio 1685 per aver contribuito alle spese di Stato per la Guerra di Morea. A Venezia erano conosciuti come più ricchi di quanto si potesse pensare: “… a loro interessava poco non essere conosciuti dalla Nobiltà per nobili … Forse per non essere troppo cogniti … venivano lasciati tranquilli negli Scrutini …”Insomma i Nobili più grandi e potenti cercavano di tenerli bassi, in disparte, e fuori dal gioco delle cariche di Stato che contavano per davvero.
Nel 1677 Vettor Sandi era il Guardian della Schola del Santissimo di Sant’Angelo, la Schola più prestigiosa della Contrada, dove a sue spese pagò: “l’adornamento di noghera attorno ai muri da una parte e dall’altra della porta maggiore della chiesa e sotto all’organo…”
Il palazzo dei Sandi venne costruito dall’architetto Domenico Rossi con preziosa biblioteca solo verso il 1721. Tuttavia i Sandi possedevano nei primi decenni del 1700 alcuni complessi di Ville prestigiose a Crocetta del Montello, e soprattutto a Moldoi di Sospirolo in Valbelluna sulla destra del Piave vicino a Maràs di Feltre dove trascorrevano favolose “Stagioni di Villa”.
“Il fatto che, con l'avvento degli Austriaci in Veneto, nessuna famiglia dal nome Sandi sia stata riportata tra gli appartenenti al Patriziato di Venezia a cui confermare il titolo, fa supporre che i Nobili Sandi si fossero già estinti.”
Quel che è certo, invece, è che ancora nel 1818 il Podestà di Venezia Bartolomeo Girolamo Gradenigo ospitò proprio a Palazzo Sandi il Vicerè Eugenio di Beauharnais ospite a Venezia offrendogli una festa memorabile. Così come è altrettanto certo che qualche anno dopo arredi e opere d’arte del palazzo vennero acquistati dalla Corte di Russia e andò dispersa allo stesso tempo tutta la preziosa biblioteca.
Ancora poco distante, e sempre nella stessa Contrada sorgeva il prestigioso palazzo rinascimentale dei Nobili Corner affacciato sul Canal Grande nel Campiello del Teatro. Venne costruito nel 1480 presso la Corte dell’Alboro e comprato dal Doge Pietro Lando già Arcivescovo di Candia. Zuane Corner lo abitava fin dal gennaio 1542 quando si spostò da San Polo dove s’era incendiato il suo palazzo. Lo stesso Corner lo fece arredare il palazzo da dipinti di GiorgioVasariche racconta nel suo “Libro delle Ricordanze” di aver eseguito ben 9 quadri ad olio per il “sofittato della magnifica camera”di Giovanni Corner tutta di legnami intagliati ricamati d’oro prima di andarsene da Venezia dove “avea poca voglia di stare” perché “… a Venezia non si tenèa conto né del disegno né dei pittori”. Il soffitto “favoloso” venne ben presto smembrato e venduto, e il palazzo venne affittato per 460 ducati annui e 12 libbre di zucchero agli Spinelli Mercanti di Seta e Nobili aggregati di III classe provenienti da Castelfranco e già residenti nella Contrada più periferica di San Felice.
In seguito il palazzo passò ancora di proprietà andando ai Carnoldi nel 1810, e finendo nel 1850 alla danzatrice Maria Taglioni che aggiunse le balaustre laterali prelevandole dalla Ca’ d’Oro che le apparteneva come Ca’ Barzizza(infine il palazzo giunse ai Salom). I NobiliSpinelli erano una famiglia di Mercanti d’oro e abili Notai, e un casato Nobile emergente in quanto con Paolo e Girolamo avevano comprato il titolo nobiliare pagandolo allo Stato 100.000 ducati nel 1718 al tempo della Guerra di Morea. Nel 1764 ebbero a che fare con gli Inquisitori di Stato per via di Paolo Spinelli che era in procinto di trasferirsi “alla reggenza di Bergamo a nome della Serenissima”. Paolo s’era innamorato di Barbara Labia a causa delle “seduzioni e le male arti” di Fernandino e Stefano Nardi, perciò gli Inquisitori di Stato convocarono la donna e “gli amici” richiamandoli e ammonendoli di non andare a disturbare il Nobile fino a Bergamo, e imponendo loro perfino di consegnare la posta che Spinelli avrebbe eventualmente loro inviato. Tre anni dopo, infatti, Spinelli finì col sposare la Nobile Cecilia Berlendis ... il capriccio transitorio con la Labiaera passato ... almeno ufficialmente. Ancora nel 1838: Dionisio Moretti disegnò la facciata di Palazzo Spinelli a Sant’Angelo sul Canal Grande: “… facendola a bugne di pietra rozza...”
I Nobili Pasqualigo abitavano in Calle della Madonna: nel maggio 1777 il Nobile Marcantonio Pasqualigo si oppose ufficialmente consegnando “un impedimento formale alla Curia del Patriarca” circa il matrimonio di suo figlio Zuanne con una vedova Marina Garbi da Spilimbergo con cui conviveva già nella vicina Contrada di San Samuel. Un matrimonio del genere sarebbe stato un disonore e uno scandalo per il casato … perciò alla fine venne loro concesso di celebrare il matrimonio in casa in gran segreto per salvare la pubblica immagine del blasone nobiliare.
Infine, un Ramo dei Caotorta Cittadini Originari abitava in Contrada di Sant’Angelo dentro a una Calle che portava il loro stesso nome. La casa l’avevano comprata Alvise Caotorta quondam Alessandro dai Nobili Cappello nel 1759, e gli stessi Caotorta avevano tombe di famiglia in chiesa di Sant’Angelo. A differenza di tanti altri illustri Nobili Veneziani tanto famosi quanto finiti in disgrazia e decaduti, i Caotorta vennero aggregati ancora nel 1802 al Consiglio dei Nobili di Treviso, e addirittura il Governo Austriaco confermò il loro “status nobiliare” nel 1819 quando il valore dei titoli Nobiliari Veneti era divenuto lo zimbello comico di tutta Europa per il loro inutile significato.
E questo è quanto circa i Nobili della Contrada di Sant’Angelo, anche se non è affatto tutto in quanto ci sarebbe da perdersi nel raccontare (ma perderei anche voi come coraggiosi lettori). Lericche Famiglie Nobili di Sant’Angelo erano fornite come tutte le altre del loro stesso lignaggio di ogni tipo di agi e servizi: barcaroli, domestici, maggiordomi e massere … e provvedevano ad allestirsi vicino a casa anche i luoghi del divertimento e dell’evasione, come, ad esempio: la Caccia all’Orso in Campo Sant’Angelo, e il Teatro Sant’Angelo ... senza contare i numerosi Ridotti e Casini da Gioco che si trovavano a due passi, e le altrettanto numerose prostitute che stavano nelle limitrofe Contrade di San Samuele e San Beneto ... e molto altro ancora.
Il Teatro di Sant’Angeloaffacciato sul Canal Grande è stato attivo dal 1677 al 1894 seppure subendo diverse trasformazioni e molti cambi di gestione. Non era un gran teatro, anzi, era formato solo da una serie di 136 bassi palchetti, ma sorgendo in una collocazione ottimale sul Canal Grande era raggiungibilissimo da chiunque possedesse barca o gondola ... il che non guastava per tanti motivi, compresi quelli di privacy e discrezione ... Perciò ebbe una sorte fortunata.
Inizialmente la proprietà apparteneva a una società fra Nobili Capello e Marcello, e il Teatro venne attivato dall'architetto, scenografo e impresario Francesco Santurini, passando in seguito di mano in mano fino ai Nobili Renier. Uno che dominò a lungo le scene di Teatro Sant’Angelo fin quasi dall’inizio del 1700 fu Antonio Vivaldi coinvolto non solo musicalmente nella gestione del teatro dove si davano sempre “prime opere in Musica” accaparrandosi il pubblico Veneziano e “non” che accorreva sempre numerosissimo. Il primo spettacolo ad andare in scena fu la “Helena rapita da Paride” con testi dell’Aureli e musiche del Freschi. I drammi in musica di solito organizzati in tre atti e con 6-7 cantanti ballerini continuarono fino al 1759 quando per opera soprattutto di Gasparo Gozzi(che abitava nel 1779 in Calle della Madonna a Sant’Angelo in casa dello stampatore Modesto Fenzo)il teatro prese la via della prosa ospitando i comici del Teatro San Samuel andato a fuoco, e soprattutto molte commedie di un certo Carlo Goldoni ! … Nel 1780 perfino Giacomo Casanova fece venire al Sant’Angelo una compagnia di comici Francesi.
Scriveva nell’ottobre 1760 il Gradenigonei suoi “Notatori”: “… al Teatro Sant’Angelo, del presente autunno e seguente Carnevale si rappresentano 3 opere buffe. Li drammi sono di nuova composizione del celebre dottore Carlo Goldoni … il senario nuovo venne dipinto da Francesco Costa architetto e pittore Veneto compreso tra i soci della rinomata Accademia Parmense …”
Il Nuovo Teatro “La Fenice” nel maggio 1792 prenderà il posto del vecchio Teatro Sant’Angelo occupando terreni acquistati in Contrada di San Fantin dai Presidenti del Teatro Sant’Angelo che presentarono nel 1789 una supplica al riguardo al Senato della Serenissima chiedendo di aprire un nuovo canale apposito per collegare direttamente il nuovo teatro col Canal Grande. I Provveditori da Comun, competenti in materia, comunicarono al Senato che il nuovo canale: “… avrà buoni effetti, e tornerà utile per minorare le cattive esalazioni dell’aria, e impedire la maggior copia di sedimenti aggravanti il Pubblico per li frequenti escavi, e di accordare una più breve e comoda via per acqua verso ogni situazione della città … oltre che un più facile accesso e per acqua e per terra al nuovo Teatro permesso dall’eccelso Consiglio dei Dieci.”
Nel 1800 sul Canal Grande sulla stessa fondamenta dove sorgeva il Teatro Sant’Angelo si costruì Casa Barocci, e per ultimo nel recente 1954 si realizzò sull’angolo del Rio di Sant’Angelo all’incrocio col Canal Grande, sull’area di una caxetta anonima, il Palazzo Tito di quattro piani a cui si accede attraverso la Corte Lucatello con antica vera da pozzo.
Dovete immaginare il Campo Sant’Anzolo impegnato in un sovente processionare per mille motivi e ricorrenze … Ogni occasione era buona per i Veneziani per uscire fuori e mettersi per strada e girare in tondo a cantare, suonare, orare, sfilare e mettere in mostra le loro convinzioni e le loro aggregazioni … I Gastaldi delle Schole con i Nonsoli andavano in giro portando di casa in casa “pan e candela” ai Confratelli che non avevano partecipato alle funzioni in chiesa, e riscuotevano tasse e multe, questuando per ogni angolo della Contrada “a fin di bene”.
A Venezia non mancava ovviamente la Spadaria con infisso sul suo muro d'ingresso: “uno stemma e scudo col leone di San Marco e sotto tre spade scolpite”.
Fin dal 1297 le Arti degli Spadai, dei Corteleri o Coltellinai e dei Vagineri o Vaginai (che non erano affatto dei maniaci perversi ma semplicemente i fabbricanti delle guaine e delle custodie per le spade) s’aggregarono insieme in un’unica Schola sotto la protezione di San Nicolò di Bari. In precedenza s’erano già fatti ospitare senza soddisfazione a San Francesco della Vigna e a San Gimignan, ma in Sant’Angelonel 1515 finirono col mettere definitivamente le radici perché utilizzando l'altare di Sant’Orsola posero la loro pala col San Nicola dipinto, promisero d’abbellirne ulteriormente la Cappella, e organizzarono ogni anno la festa patronale con una solenne processione tutto intorno alla Contrada (un’altra !).
Le cronache antiche di Venezia raccontano che nel 1574 gli Spadai della Serenissima vestiti di roso e verde accompagnarono con una barca addobbata a “cuori d'oro”Enrico III di Francia e Polonia da Murano fino a Venezia sfoggiando tutte le loro armi antiche, i trofei e i loro gonfaloni ... Fu uno spettacolo indimenticabile !
Ancora nel 1773 l’Arte degli Spadai era viva e vegeta in Venezia lavorando in 19 botteghe e contando: 26 Mastri Spadai coadiuvati da 14 lavoranti e 6 garzoni.
All’inizio del 1500 nella Contrada di Sant’Angelo cessò di vivere morendo per “morbo gallico”Marcantonio Sabellico, lettore pubblico, letterato e autore di varie opere stimatissime dai Veneziani e non solo … e qualche anno dopo vi morì anche Raffaello Reggio, altro pubblico lettore, lasciando la propria “libraria”ai Frati di San Giorgio Maggiore ... Quelli dello Studium di Santo Stefanonon la presero bene ... Secondo le cronache e le statistiche dell’epoca in Contrada di Sant’Angelo risiedevano e lavoravano abitualmente: 1.787 persone … in chiesa: Prete Gregorio Dolfin già Canonico prebendato di San Pietro di Castello e Prete titolato della Collegiata di Sant’Angelovenne eletto Piovan chiedendo però di usufruire anche del titolo e delle rendite di Suddiacono titolare di Sant’Angelo… Ma quante cariche e soldi voleva possedere costui ? … però: “Gli venne concesso … senza che alcuno protestasse qualcosa ...”
La minuscola Parrocchia della Contrada di Sant’Angelo pur vivendo un po’ all’ombra del maiuscolo Convento degli Agostiniani possedeva tutte le doti caratteristiche delle tipiche Plebanie Collegiate di Venezia.
L’Istituzione parrocchiale di Sant’Angelo se la passava bene economicamente, tanto che fra un restauro e l’altro della chiesa (la cui facciata si fece sormontare da timpano “all’antica”), si provvide a far costruire anche un organo nuovo per una spesa di 220 ducati pagati in 4 rate, si spesero 12 ducati per la Festa Patronale dell’Arcangelopagando cantori e strumentisti, altri 4 ducati dei soldi della Fabbriceria per pagare un Maestro di Cantoper Chierici e Zaghi di Sant’Anzolo, e 22 ducati annui per un organista ... Il Piovano era consueto dividere in “decima” per il Collegiata le rendite del “beneficio della chiesa e della Contrada”comprese le elemosine del giorno della Festa di San Michele Arcangelo, assegnando al Sacrestano le offerte raccolte in chiesa nel “giorno della Sagra di San Michiel” eccettuate le elemosine donate dai fedeli Veneziani durante le Messe.
Dentro alle mura della chiesa oltre agli Spadai si ospitava una quindicina di Schole Piccole Veneziane, fra le quali alcune per davvero significative, rinomate, e per noi molto interessanti.
Gli iscritti all’Arte e Schola dei Verieri erano pochissimi (solo 18 di media) ma molto agguerriti e decisi, tanto che avevano una discreta capacità economica lavorando in collaborazione con molte altre Arti cittadine come Muschieri, Marzerie Fruttaroli a cui vendevano o da cui compravano vuoti a perdere.
Nel 1592, avendo il Patriarca con apposito decreto proibito l’uso in Venezia di ogni altare di legno, la Schola approvò la spesa di 150 ducati per costruirne uno nuovo in marmo. Il Piovano di Sant’Angelo nell’occasione donò alla Schola due colonne di marmo … e allora, già che c’erano, i Verieri chiesero al Capitolo di Sant’Angelo anche la possibilità di avere delle nuove tombe in chiesa, e di collocare sull’altare una pala dipinta col loro Santo Patrono: San Bastiàn. Per un certo numero di anni i Verieri organizzarono la Festa del Patrono in Campo e Chiesa de Sant’Anzolo, partecipando a tutte le funzioni in chiesa, e organizzando anche una solenne processione tutto intorno alla Contrada dell’Anzolo (un’altra !). Tuttavia nonostante tutta quella partecipazione e quell’entusiasmo, nel 1666 l’Altare dei Verieri non era ancora terminato, e anzi: ancora incompleto la Schola lo vendette alla Schola di Sant’Antonio da Padova in cambio di 225 ducati. L’Arte dei Verieri stava piano piano involvendosi e spegnendosi finchè venne soppressa quando si riorganizzò l’intera Arte Vetraria Veneziana dopo il 1713.
Oltre alle Schole dei Verieri e degli Spadai nel 1513 ai aggiunse in chiesa anche la Schola del Santissimo Sacramento… e nel 1531: la Fraterna dei Sacerdoti dell'Assunta che aveva cento iscritti. La Schola de Preti era approdata a Sant’Angelo dopo aver pellegrinato a lungo per le chiese di San Basso e Santa Maria del Giglio, e utilizzava un proprio calice d’argento del peso di 12 once, possedendo un capitale di 4.657 ducati investiti in Zecca con l’interesse di 117 ducati annui. Ogni anno la Fraterna dava 24 ducati al Capitolo di Sant’Anzolo e 2 ducati e 1 grosso al Capitolo di San Mauriziospartendosi il resto degli interessi fra i componenti della Fraterna secondo la presenza più o meno assidua agli appuntamenti e alle scadenze della Schola stessa.
Accanto a queste, ci fu un’altra Fraterna singolare e diversa dalle altre (secondo me curiosissima) che venne ospitata a lungo nella Contrada e chiesa e Oratorietto di Sant’Angelo(ancora esistente nel Campo): era la Schola e Confraternita dell’Annunziata dei Zoti e Zonfi Mendicanti ossia degli Zoppi e Monchi Desposenti della Madonna.
Iniziò così il 1 novembre 1392 la Mariegola della Schola dei Poveri Zoti Despossenti Reduci e Mendicantiche vivevano elemosinando in giro per Venezia. Indicativo del loro “stato patriotico” fu che i Zoti stabilirono di tenere la loro Festa il giorno dell’Annunciazione: ossia lo stesso giorno in cui Venezia festeggiava la sua nascita.
La Schola s’impegnava ad assistere i fratelli bisognosi, non gli “zompi per natura”, rimborsando fino a 6 grossi per le spese mediche, e dando a chi era infermo in casa fino a 4 soldi al giorno … Viceversa la Mariegola dei Zoti decretava:“…chi farà ingiuria verso questo nostro Comun, o verrà trovato a giocare d’azzardo e non per sollievo verrà radiato dalla Schola … come chi osasse mancare de man, o de crochola, o de bastòn, o trar arma contro il Gastaldo … e oltre ad essere radiato pagherà anche un ducato.”… e continuava a comandare: “Il Guardian della Schola dovrà essere sufficientemente sòto, over shanchàdo, mendicante o meno, e nè de alcun’altra conditione: né sonfo, né orbo, né di altra infermità … Passerà per le case a distribuir il pan benedeto ai confratelli e consorelle iscritti … Per ogni Confratello Defunto si dovrà recitar: 25Pater-Ave et Requiem e s’accompagnerà il Morto al funerale fin dentro alla ciesa.”
Sfogliando ancora la stessa Mariegola dei Zoti tutta decorata a vegetali con tulipani di colore verde, arancione e rosso e da belle miniature con una “Crocefissione” e una “Madonna su leggìo con Angelo annunziante davanti”, si può ancora leggere l’annotazione tratta dal Capitolo XV scritta tra dicembre 1392 e agosto 1464: “… podranno essere eletti ala carica de Gastaldo e Banca della Schola solo Zoppi e Schancadi …” e un’altra annotazione recita: “… la Festa sia celebrada il di dell’Annunciazione … in marzo … et in quello dì se debia sentar al canchello della Schola e dèbiase dar el pan e la chandella. E cussi’ ordenemo che similmente in el dì dell’Anzolo Gabriel la qual Solennità et Festa viene il 6 luglio … volemo se debia far pan e candhela per suplir e contentar quelle persone che per la Festa della Madonna de marzo non l’abbiano avuto e per quelle che per devozione e riverenza lo desiderino due volte l’anno … El gastaldo, pena 20 soldi per volta, debbia tor per le 2 feste trombe e piffari … i qual debbia venir a sonar la Vigilia al Vespro e la mattina alle Messe infina fata la Procession e levado il Corpo de Crhisto a la Messa granda. E poi farghe el debito suo secondo usanza …”
Nel 1492 si è scritto: “… tutti gli iscritti devono partecipare obbligatoriamente “per magnificenza et trionfo” ai Vespri e alle Processione della Schola pena multa di 10 soldi … anche chi bestemmia verrà soggetto alla stessa penalità ...” e nel dicembre 1596: “le figlie degli Zompi dopo due anni d’iscrizione dei loro padri alla Schola avranno in grazia 5 ducati per maritarsi …”
Ancora nel 1527 i fratelli Francesco e Leonardo Morosiniconfermarono alla Schola la donazione dell’Oratorietto effettuata dai loro antenati, a patto che i Zotti li riconoscessero come loro unici e perpetui protettori. In quell’occasione si ricostruì l’edificio come ricorda l'iscrizione posta sopra la porta d'ingresso:
“IN TEMPO DE GREGORIO DE LUBIANA e COMPAGNI MDXXVIII
Col trascorrere degli anni, la Schola dei Povari Zotti entrò in possesso di otto caxette in Salizada di San Samuel dove costruì un suo Ospissio per ospitare "gratis et amori dei"i Zotti malati o in povertà. Ancora oggi in parete del civico 3154 si può notare fra secondo e terzo piano l’altorilievo del 1683 che raffigura “L’Annunciazione dei Zotti”con la soggiacente scritta:
“CASE DELLA SCOLA DE SAN[cta] ANV[nciata] DE POVERI ZOTTI A S ANGIELO RESTAV[rate] L’ANO MDCLXXXIII DEI BENI DI SCOLA”.
Edmondo Lundy Mercante Svizzero di Berna innamorato di Venezia descriveva sorpresissimo la Schola dei Zotti nel suo “Soggiorno a Venezia” del 1854: “… era il giorno 25 marzo, ed a caso di mattina passando per il Campo di Sant’Angelo onde recarmi a Santo Stefano dal Segretario Gratarol, vidi cosa che a prima giunta mi recò grande sorpresa. In quel campo stavano adunati più centinaia di zoppi, dei quali andavano molti girando su E giù per il campo, e molti sedevano sul terren o su seggiole. Il loro numero e le strane loro varietà non poterono fare a meno di eccitare il mio riso. Rimasi come incantato per qualche istante, non sapendo il perché di tale singolare adunanza. Ne cercai informazione e mi fu risposto che i Zoppi tutti fanno una Confraternita, e che in quel giorno 25 marzo questa si raccoglie in una piccola chiesetta intitolata all’Annunciazione posta in detto Campo ed in cui si fa solenne funzione. Ma siccome detto locale è troppo ristretto alla loro quantità, così i più sono forzati di rimanere sulla via. Mi fu poi aggiunto che in un dì del venturo mese, ciè in aprile, tutti i zoppi miserabili sono invitati a pranzo in Casa Contarini alla Carità, dove a tavola sono serviti dai Nobili Patrizi di quella famiglia …”
I Veneziani chiamavano confidenzialmente la Schola: “la ‘Nonsiàda dei Sòti” oppure “la Schola de’ Zoppètti”…
E venne un’altra stagione terribile di Peste che interessò tutta Venezia e l’intera Laguna. Era quella che portò alla costruzione del Tempio del Redentore alla Giudecca, si era nel 1576. Nel Libro dei Morti della Contrada di Sant’Angelo si leggeva: “… Prima morte sospetta il 21 agosto e morti frequenti il 24-25-26 … l’Eccelenza Misser Hieronimo Summaripa, amalato de febre ed un tumor sotto la cerchia zanca et petecchie ... In notte, 27 ditto ... il die 29: … Andrea, fiol di Madonna Marietta santona, d’anni 26 in circa, amalato de febbe. In notta hieri … Virginia de Missier Piero de Grandi, d’anni 28 in circa, amalata da febre et un tumore sopra la cossa … Il die 30 dello stesso mese: … Perotto bastaso, amalato da febre et carboni (bubboni), de anni 40 in circa, et tumori… Sospetti: Isabetta Paliceria vedoa, d’anni 50 in circa, amalata de febre et petecchie negre …”
I numeri calarono nei mesi seguenti, ma ripresero a salire nei primi mesi dell’anno successivo quando a febbraio si andava a morire al Lazzaretto. Solo dall’aprile 1577 non si annotarono più altri casi di morte per Peste.
Alla Visita Apostolica del maggio 1581, la Contrada s’era ripresa bene: c’erano 2.397 abitanti. In chiesa c’erano: “… il Piovano, un Primo Prete e un Diacono titolati che percepivano 300 ducati annui più l’uso di una casa. Gravitavano inoltre intorno alla chiesa anche un Suddiacono e altri 19 Chierici che celebravano 17 Mansionerie percependo 287 ducati, e rimanendone altre 2 vacanti del valore di 30 ducati in attesa d’essere celebrate ... Nella stessa chiesa con 6 altari è ospitata e attiva la Schola di San Nicolò degli Spadari che esercita il mestiere nella vicina Spadaria ... Nell’Oratorio ci sono i Zotti Mendicanti dell’Annunziata e un’altra Compagnia di San Giuseppe deputata ad accompagnar giustiziati al patibolo ...” Il Visitatore Apostolico trovò da ridire perché quelli della Collegiata di Sant’Angelo tenevano in chiesa Reliquiepresunte “Sante” ma d’origine improbabile e non troppo documentata e sicura.
L’elenco ufficiale delle 11 Preziose Reliquie di Sant’Angelo recitava: “Pezzo della Colonna su cui fu torturato il Salvatore”, “Legno della Vera Croce”, “Parte delle funi che strinsero i Santi Martiri”, “Corpo di San Clemente Martire”, “Santo Osso di Sant’Andrea Apostolo, di San Verecondo e San Vittorio Martiri”, “Catena della prigionia dell’Apostolo”, “Teste di San Fedele, San Gordiano e San Restituto Martiri”… Anche Sant’Angelo era inserita nel “Circuito” che procurava ai Pellegrini di passaggio per Venezia di che occuparsi e celebrare circa la “Passio Cristi”… se fosse stato il caso anche senza doversi recare per forza fino a Roma, o giù a San Michele nel Gargano di Puglia, o oltremare fino in Terrasanta. A Venezia c’era di tutto circa Reliquie e Indulgenze… volendo ci si poteva fermare anche lì ottemperando al “Voto del Viaggio Santo” per poi tornarsene a casa propria “in Santa Pace”.
Nel 1587, il laico trentaduenne da Treviso: Johannse Brochinus quondam Hieronimi insegnava a “Lezer, scriver et abbaco” a 50 alunni tenendo da 2 anni Scuola Pubblica in Contrada di Sant’Angelo: “… insegno el “Salterio”, el “Donado”, “Fior de Virtù”, la “Dottrina Cristiana”, il “Marco Aurelio”, le “Epistole” et “Evangelii vulgari” ... Per contentar i humori dei padri ghe ne sono anche che portano a schuola libri de batagia, el Furioso et simil libri: io ghe insegno a satisfation dei padri …”.
Anche Francescus De Rubeis, Chierico di 43 anni, insegnava ormai da 20 anni a 4 alunni per volta: “… El “Donado”, la “Vita Cristiana” e “Fior de Virtù” et le “Epistole” et “Vangelii Vulgarii” …” nella sua consueta Scuola di Grammatica di Sant’Angelo.
La Collegiata dei Preti inoltre registrava un’infinità di Scritture attinenti “alli testamenti di Zuanne Ferrante, e di Angela Ferrante Cortese” del 1587-1663, “della famiglia Dolfin, e cioè Pangrazio, Gerolamo, Giacomo e reverendissimo don Zorzi” del 1523-1895, oppure “Punti di testamenti”, Comissariecome quella di Pietro Beltrame drapier del 1603-1665, di Paola da Lezze del 1604-1778, o del Reverendissimo Don Andrea Nicolini del 1679-1777 e del Reverendo Don Nicolò Pizzonidel1600, “Scritture relative all'eredità di Giacomo Santo” del 1423-1781, di Bortolo Bon, di Smeralda Pellizzer da Udine del 1583, “de Ser Alvise Dandolo”, o “de Ser Domenico Duodo”, delle “Nobildonne Laura Memo Marcellini” del sec. XVII, e della “Nobildonna Elisabetta Tiepolo Duodo” del 1678, “de Ser Piero Morosini” del 1453-1627, della “Nobildonna Morosina Zustinian” del 1452-1604, e di “Elisabetta Pellegrini Filippi” ancora nel 1873.
In altre parole la chiesa di Sant’Angelo possedeva la cartina tornasole di gran parte della vita e degli affari delle persone della Contrada e di molti Veneziani ... I Preti tenevano perfino il “Cathalogus Mansionariarum perpetuarum, seu obligationum Missarum in ecclesia Parochiali et Collegiata Sancti Angeli venetiarum, quarum habetur memoria ex cathasticis ecclesiae ...”
Dal 1604 al 1689 si litigò non poco a parole ma soprattutto con i fatti e in tribunale fra le Monache del Monastero di San Girolamo e i fratelli Luca, GioBatta e Antonio De Gasperi per la proprietà di “un forno con caxette site in Contrada di Sant’Angelo” proveniente dai beni del Monastero di Sant’Andrea dell’isola di Ammiana dietro Torcello (già scomparso e soppresso fin da metà 1400) le cui rendite furono concesse al San Girolamo che aveva subito i danni di un violento incendio.
Arrivò poi l’anno 1629 che fu memorabile in senso negativo, per non dire schifoso. In Contrada vivevano 2.099 persone, e a causa delle campagne militari rovinose della Serenissima lo Stato continuava ad imporre sempre nuove tasse, proclama dopo proclama: i Veneziani erano asfissiati e oppressi da sempre ulteriori balzelli e tributi.
In febbraio s’iniziò a chiedere: “1 soldo per lira a tutti Dazi esclusa la Gabella del Sale e a tutte le gravezze a vantaggio dell’Erario da pagarsi a cura di tutti gli abitanti del Dominio compreso quello da Mar” ... a marzo si ribadì di nuovo l’urgenza di aumentare le tasse: “per bisogni importantissimi, gravissimi e urgentissimi della Serenissima Repubblica”. Il Senato impose altre “2 decime” su tutta Venezia e il Dogado da pagarsi: “… una da patroni sopra livelli perpetui, stati, inviamenti de pistorie, magazeni, forni, poste da vin, banche di beccaria, traghetti, poste, palade, passi, molini, foli, sieghe, instrumenti da ferro, battirame. Moggi da carta ed altri, dadie, varchi che si affittano e si pesano, decime di biave, vini ed altre robbe, fornari, hosterie et ogn’altra entrata simile niuna eccentuata.” …La seconda “tansa-decima” fu posta: “… sopra tutti i “livelli francabili” fondati su case, campi o altri beni in qual si voglia luoco, fati con chi si sia”.
Chi pagava entro aprile riceveva un abbuono del 10%, chi pagava più tardi un uguale aggravio.
E non fu tutto, perché 8 giorni dopo si aggiunse un ulteriore “prestito obbligatorio alla Repubblica” sotto forma di altre 2 decime e 2 tanse: “… da pagarsi in buona valuta o moneta corrente con il quinto de più, senza sconti né esenzioni, in agosto e febbraio da tutti coloro che a Venezia erano soggetti a gravezze.” (ossia: praticamente tutti).
Fu un’annata terribile, davvero tremenda, perché a fine giugno sempre lo stesso Senatofissò un termine perentorio di 15 giorni per denunciare ai 10 Savi alle Decime tutti i “livelli perpetui e francabili” ed ogni altra fonte di reddito e commetteva a Commissari Straordinari di reperire entro un mese in ogni modo denaro ricavandolo in tutto lo Stato apponendo decime alle campagne, testatico o simili seguendo la via più facile e veloce e proporzionata alle persone che dovevano pagare … Si stava, insomma, cercando di grattare il “fondo del barile di Venezia” già grattato, e di “mungere la vacca” ormai diventata magrissima da tempo. Venezia e i Veneziani: erano allo stremo.
In agosto lo Stato decise per l’esenzione dei poveri dall’imposta straordinaria e per chi a Venezia e nel Dogado pagava un affitto di casa fino a 20 ducati o affitto fra casa e bottega fino a 30 ducati in quanto il contributo sarebbe stato trascurabile per l’erario ma troppo gravoso per il debitore … In ottobre si prorogò fino al 10 novembre il termine per il pagamento delle decime, pena la consegna il 1 dicembre dei Libri Fiscali al Collegio che avrebbe provveduto ad imporre d’ufficio la tassa obbligatoria.
Non c’era scampo per nessuno … Tutta la gente di ogni ceto sociale della Contrada di Sant’Angelo, come l’intera schiera dei Veneziani non tiravano più il fiato, e non sapeva più a quale Santo rivolgersi e votarsi. Ovunque fremeva l’insoddisfazione, e premeva quell’onerosa e mai terminata pressione fiscale insostenibile. Venezia Serenissima esigeva … anzi: esigeva fortemente, senza risparmiare nessuno … neanche i soliti raccomandati che anche in Laguna non mancavano mai.
A poco valse che in Contrada per stemperare e rallegrare gli animi la Schola del Santissimo in maggio regalasse delle “Grazie”alle donzelle per maritarsi. Sapete come andò a finire, e quale fu la “risposta” a tutte queste scadenze oberanti, che azzerò ogni preoccupazione e dirottò ogni urgenza ? … L’anno seguente giunse l’immane Peste che decimò l’intera popolazione di Venezia portandola al Voto del Tempio della Madonna della Salute.
Durante la Pestilenza la Serenissima decretò che ogni Piovano dovesse avere “il privilegio” di poter assistere gli appestati in mancanza di medici ... Figuratevi che contenti dovevano essere stati i Piovani !
Era accaduto che alla fine di ottobre, proprio in Contrada dell’Anzolo, era apparsa la prima notizia della peste nella diagnosi del Medico Alberto Cerchiari: “Ho visitato io Alberto Cerchiari nel giorno di heri Madonna Anna, moglie di Misser Rodolfo detto Pestrinèr, inferma di febre acutissima, con lingua arida et alienationi di mente, onde ho giudicato che sia del numero delle pestilenti, se ben non ho veduto apparer alcuna cosa nell’estrinseco et, essendo morta questa notte, tanto più mi confermo in questo parere. Ho veduto anco nella stessa casa Simon figlio del detto Missier Rodolfo, con un tumor in una spalla, che li riferiva ancor sotto il brazzo, et un brusco nel petto, grame come un grossetto, ma di cattivo colore. L’ho stimato male contaggioso et così giudico che sia con mio giuramento.”
Nei giorni seguenti si fecero più frequenti le diagnosi per Morte dovuta a petecchie, così che nei Libri dei Morti s’iniziò da novembre e fino al marzo 1631 seguente, a segnare anche i “sospetti”, e i “sequestrati in contumacia casa”.
Sulla scia di quanto avvenne a livello pubblico e cittadino, l’anno stesso il nuovo Piovano Francesco Lazzaroni, dotto teologo e giurista, fece scolpire e apporre nella chiesa di Sant’Angelo un simulacro della Madonna della Salute dedicando la chiesa alla Vergine Lauretana della Salute oltre che al solito San Michele Arcangelo di sempre.
Ma compiuto questo “devoto e meritevole gesto” il Prete finì forse col “montarsi la testa” perché nel settembre 1640 la Signoria Serenissima dovette intervenire in quanto l’ex Piovano di Sant’Angelo divenuto Vicario Patriarcale pretendeva dopo aver impetrato e ottenuto dal Papa di Roma un apposito “Breve d’Indulgenza” di far cantare a tutti ogni sabato le Litanie davanti al nuovo altare della Vergine fatto edificare da lui stesso ... E quel che era peggio, aveva escluso dal “Lucràr Indulgenza” tutti i Preti che non la pensavano come lui, e lo ostacolavano in quella sua “nuova devozione imposta” giungendo fino a sospenderne qualcuno compreso un Chierico di San Marco, Basilica privata del Doge Serenissimo.
Nello stesso mese perfino gli altri Preti del Capitolo di Sant’Angelo e i Procuratori della Fabbrica di Sant’Angelo si dissociarono da quell’insano proposito, e presentarono una denuncia alla Signoria contro l’ex Piovano. Aveva introdotto quell’altare in chiesa con quelle devozioni e altre alterazioni contro la loro volontà e senza consultarli adeguatamente. E come sempre, dietro ogni forma di culto e devozione … c’erano anche dei significativi guadagni di mezzo.
Il Prete Lazzaroni ex Piovano di Sant’Angelo diventato nel frattempo Autorità Ecclesiastica, minimizzò la cosa e volle continuare per la sua “fortunata strada” imponendo ulteriormente le sue decisioni: “Sono solo indisciplinati disobbedienti …” spiegò, “invidiosi del successo di questa innovazione di cui dovranno farsene una ragione.” replicò ancora provocante.
La Signoria della Serenissimatuonò ! … “Il Patriarca con i suoi Canonici non devono permettersi di sospendere i Chierici della Basilica Ducale di San Marco appartenente al Doge !”… Non si doveva dimenticare chi comandava per davvero a Venezia … Venne perciò sospeso il decreto contro il Chierico di San Marco, e come effetto secondario avvenne anche che il Prete ex Piovano di sant’Angelo dovette caricare in barca il suo Simulacro della Vergine della Salute e trasportarlo con l’annessa Devozione e tutte le Indulgenze nella discosta isola di San Clemente dietro il Bacino di San Marco, e oltre l’Isola di San Giorgio Maggiore ... ossia ben fuori dal centro nevralgico di Venezia.
Per la devozione verso la Madonna della Salute Liberatrice di ogni Peste di Venezia c’era il nuovo Tempio del Voto appena voluto dalla Serenissima … Quello doveva più che bastare … Fosse chiaro per tutti !
Nel 1661 in Contrada di Sant’Angelo c’erano 16 botteghe (che crebbero progressivamente di numero fino a 28 nel 1712 e divenendo 77 nel 1740), fra cui la Pistoria di Sant’Anzolo che consumava: stara 5.030 di farina. (nel 1740 Zambattista Chiodettiera ancora Pistor a Sant’Angelo gestendo una casa-bottega con forno per la quale pagava 530 ducati annui d’affitto).
Nella stessa Contrada erano inoltre attive due Spezierie da Medicine molto rinomate: “La Montagna” in Campo Sant’Angelo, e la “San Vidal” in Calle Sant’Angelo ... In una laterale di Calle del Spezier esiste ancora oggi il Ramo e Corte dei Santi dove sembra ci sia stata un’antica fabbrica di immagini di Santi. Infatti nel 1514 abitava nella Contrada di Sant’Angelo: “Margarita relicta Cosmo de Modena la qual stampa sancti”, e il 10 dicembre 1621 morì nella stessa Parrocchia e Contrada un “Luca vendi Santi”.
Giunto il 1685 … e dagli con i lumini, i cesendelli, le lampade perpetue e le candele accesi giorno e notte in ogni angolo e sopra a mille tombe ! … La chiesa di Sant’Angelo prese fuoco ancora una volta nottetempo, e si dovette perciò restaurarla del tutto.
Arrivato il 1700 sempre nella chiesa di Sant’Angelo s’inaugurò il Sovvegno della Santissima Croce che coinvolgeva 100 uomini e 50 donne dando loro dopo 6 mesi di contribuzione: assistenza medica e medicine in caso di malattia con 6 lire settimanali per l’assistenza ... Era l’INPS della Contrada di allora … Si pagava una Benintrada d’iscrizione di lire 16 e 4 soldi versando in seguito una quota mensile di 1 lira, e altri 20 soldi ad “ogni Corpo” ossia alla Morte di ogni Confratello che si meritava tante Messe quante erano gli iscritti in quel momento. Non si riceveva assistenza in caso di “Morbo Gallico”(Sifilide) e di malattia senza febbre che doveva essere almeno “quartana”(ricorrente ogni quattro giorni) e riconosciuta dai Medici del Sovvegno con apposito certificato … Volendo si poteva ottenere a parte pagandola 2 ducati ai Frati di San Francesco della Vigna una speciale Indulgenza Plenaria di Assisiapplicabile anche a favore dei Morti ... (e ti pareva che dovesse mancare un supplemento del genere ? … ma i tempi funzionavano così).
In Calle della Madonnavicino al Ponte del Carmine a Sant’Angelo nel gennaio 1712 alle 4 ore di notte, venne ferito a morte Bartolomeo Dotti, mentre tornava a casa nella vicina Contrada di San Vidal da Ca' Fontana dove s’era recato a trascorrere la serata. Dotti era un Bresciano della Valcamonica famoso perché aveva continuato a satireggiare contro i Giudici nel Castello di Tortona mentre gli bruciavano le poesie ingiuriose e offensive. Condannato al carcere, trovò la maniera di fuggire attraversando a nuoto un torrente, e andò a rifugiarsi a Venezia dove militò sulle galee della Repubblica divenendo Cavaliere e ottenendo anche l’incarico di Nunzio o Console di Brescia a Venezia. Senonché, trascorsi altri vent’anni, i suoi stessi exploit satirici lo portarono di nuovo a cadere sotto i colpi dei suoi avversari ... e stavolta definitivamente e senza rimedio.
Il 7 giugno 1716 si ritrovò il cadavere di Regina Maggiotto vedova di Girolamo Carrara infilato dentro a uno dei due pozzi che c’erano in Campo Sant’Angelo. Era stata uccisa e poi gettata lì dentro dal Fiorentino Angelo Fiacchi che l’aveva derubata scappandosene poi via da Venezia e dintorni. Venne ovviamente condannato in contumacia al bando perpetuo da Venezia e da tutti suoi territori … Esattamente nel maggio di dieci anni dopo, il Nobile e Abate Scipione Varanoavendo redarguito dentro alla chiesa di Santo Stefano i fratelli Nobili Marcantonio e Alvise Badoer figli di Ser Marino perché scherzavano indecentemente in chiesa con una prostituta, venne assalito il giorno seguente dagli stessi individui nel vicino Campo Sant’Angelo ferendolo alla testa con armi e pietre. Va bene che erano Nobili e degni di rispetto … ma anche quello era pure lui Nobile, e per di più anche Abate. Era Nobile più Nobile degli altri … Perciò la Serenissima intervenne, e mise in carcere entrambi i fratelli Badoertenendoli dentro “in fresca e a sbollir idee e propositi” fino al 1729.
Cinque anni dopo, Agata Morelli cantante Romana e il Conte di Ferrara Carlo Bottazzi con uno stratagemma si “dichiararono sposi” contro la volontà del padre del Conte che a Ferrara negava di stilare la necessaria “Fede di libertà” indispensabile per maritarsi. I due attirarono il Piovano di Sant’Angelo una prima volta in casa della donna chiedendogli di andare a visitare un’inferma, ma prospettandogli quando comparve la loro volontà di sposarsi. Al rifiuto del Piovano, i due lo convocarono di nuovo con urgenza dichiarando che la donna incinta stava molto male e rischiava d’abortire e morire. Il Piovano allora accorse di nuovo, i due espressero il loro consenso davanti a validi testimoni presenti, e si ritrovarono perciò validamente maritati … Piovano consenziente.
Forse memori dell’ormai antico successo della coppia, di nuovo nel settembre 1758, Pietro Chiavellati figlio del Causidico Antonio e Cecilia Lazari di Michiel entrambi della Parrocchia di Sant’Angelo andarono non poco a inquietare il Piovano della Contrada perché si presentarono improvvisamente davanti a lui dichiarandosi “marito e moglie” in aperta opposizione al volere del padre della donna. Fu un gran casino … ma i due espressero una volontà giuridicamente valida che ebbe il suo peso.
Ancora nel 1754 si poteva leggere nei documenti della Fraterna dei Poveri di Sant’Angelo: “… i pro e le rendite dipendenti dai Legati Montano e Piolotti, lasciati alla Fraterna dei Poveri in Sant’Angelo, siano riscossi dal Piovano, consegnati ai Cassieri pro tempore, e dispensati dai Presidenti della stessa.”… Sempre nella stessa chiesa e Contrada, nel 1760 la Compagnia di Sant'Adriano dei Morti presente in Sant’Angelo aveva i suoi 33 iscritti regolari (come gli anni di Cristo) ... Venne soppressa nel 1785 insieme a tutte le altre omonime sparse in giro per Venezia.
Nell’aprile 1761, secondo lo “Specchio d'ordine delle Magistrature di Venezia”, in Calle degli Avvocatinella Contrada di Sant’Angelo risiedevano ben 5 Avvocati del Foro Veneto e Veneziano, e altri 20 abitavano ed esercitavano stabilmente nella stessa Contrada. Nella stessa Calle degli Avvocati rimase attiva fino al 1821 (seppure trasposta a Padova nelle attività) la sede dell'Accademia dei Sibillonisti, istituita dal Notaio Ruggero Mondini, e composta da Accademici di varia natura che produceva sonetti “Sibilloni”, ossia ingegnosi e contestatari durante “giulive adunanze” in occasione dell’assedio di Venezia.
Quattro anni dopo, la Fraterna dei Sacerdoti di San Pietro residente in chiesa di Sant’Angelo, formata all’inizio da una trentina di Preti quasi tutti della cerchia della stessa Parrocchia, andò sempre più allargandosi raggiungendo più di 100 Preti iscritti. Ciascun Sacerdote versava 6 lire l’anno accettando di “curare” la festa dell’Apostolo loro Patrono ... Solo che alla fine pur raggranellando 200 lire l’anno, le spese delle uscite della Fraterna furono di 5.240 lire e 14 soldi superando quelle delle entrate di 4.401 lire e 17 soldi … perciò si chiuse bottega: “C’erano state troppe spese pagate ai Preti per Messe Solenni e Vespri in Musica senza tener debito conto dei bilanci ...”
Più modesta, meno interessata, e chissà ? … forse più sincera, era nel 1782 la Compagnia di San Luigi che era una Scholetta ad offerta libera ospitata in chiesa di Sant’Angelo con un bilancio annuale di sole 100 lire ... Stavolta con attento occhio ai bilanci, due anni dopo i Provveditori da Comun ordinarono ai Preti di Sant’Angelo d’unificare le Schole della Purificazione della Beata Vergine Maria detta "delle Candele"(fondata nel 1627) donandone gli argenti pesanti 55 marche alla Schola del Santissimo, con la Schola della Beata Vergine del Santo Rosario(fondata nel 1792) che possedeva una Mariegola di 26 pagine rilegata in velluto verde con decorazioni d’argento, e anche con la Schola di Sant’Antonioda Padova … tutte presenti e attive nella chiesa di Sant’Angelo … ma con pochi iscritti, debiti e scadenti bilanci.
L’origine della Schola di Sant’Antonio da Padova in Sant’Anzolo era stata curiosissima nel lontano aprile 1657.
Nell’agosto 1645 era accaduto proprio nella Contrada dell’Anzolo che un bambino cadesse in acqua annegandovi due ore prima del tramonto senza che nessuno se ne accorgesse. L’Avvocato Zaccaria Pontin saputa da una donna la notizia e senza conoscerne l’esito aveva promesso un dono a chi avesse riportato il bimbo sano e salvo a terra. Non immaginava minimamente che quel bimbo fosse suo figlio. Essendo rimasto in acqua da più di due ore, il fanciullo era ormai gonfio e privo di vita, perciò fu in quella circostanza che si supplicò Sant’Antonio da Padova perché riportasse in vita il bambino … cosa che avvenne poco dopo. L’Avvocato allora donò alla chiesa di Sant’Angelo un dipinto ex voto con Sant’Antonio che salvava miracolosamente suo figlio … e da lì nacque la devozione al Santo la cui organizzazione in Schola venne inizialmente respinta nel 1655 dal Consiglio dei Dieci perchè c’erano in Venezia già fin troppe Schole dedicate a quel Santo ... In realtà c’era stata l’opposizione esplicita della ben più famosa Schola di Sant’Antonio da Padova presente, attiva e ben avviata da molto tempo nella chiesa dei Frari.
Due anni dopo però, un Barbiere, unLibrer e due Marzeri della Contrada di Sant’Anzolo tornarono alla carica per lo stesso motivo con la Serenissima, e stavolta il Consiglio dei Dieci cedette autorizzando la nuova Schola che prese accordi tramite il Notaio Gregorio Bianconi col Capitolo di Sant’Anzolo ... La nuova Schola di Sant’Antonio da Padova perciò partì con le solite devozioni, la Mariegola, le Messe, le Esequie per i Morti, un nuovo altare, e l’immancabile Festa Patronale con la processione annuale il 13 giugno tutto intorno al Campo di Sant’Anzolo (un’altra ?). Il Nonzolo insieme a uno della “Banca”della stessa Schola passava instancabile a setaccio ogni martedì, bello o brutto tempo che fosse, tutta la Contrada chiedendo elemosine per la “Schola de San Toni” … anche perché il 25% di tutto quanto raccoglieva, come da Mariegola, gli spettava per diritto. Alla fine, nel 1783, la Schola possedeva un capitale di 1.200 ducati e parecchi argenti del peso complessivo di oltre 106 marche … (e il Nonzolo era diventato ricco ?) … Non era stato un caso se il Consiglio dei Dieci da un po’ di tempo aveva proibito esplicitamente che la Schola esercitasse in Contrada quelle sue questue così puntuali, insistenti e troppo invadenti.
E siamo verso la fine … Allo “scader della Repubblica”, in Contrada di Sant’Angelo vivevano 2.338 persone, e si contavano 937 persone abili al lavoro fra 14 e 60 anni, esclusi i Nobili che rappresentavano il 40% dei residenti in Contrada.
Nel novembre 1795, il Piovano Don Bortolo Fiorese andò a rivelare ai Magistrati che si era presentato nella casa-canonica uno strano “Abate forèsto” a raccontargli il caso dello sfratto di una giovane ballerina incinta amata da un Nobile Patrizio forse Pizzamano che voleva sposarla. L’Abate gli aveva proposto “pagandolo” di farli sposare segretamente contro la volontà paterna. Gli Inquisitori dopo essersi doverosamente informati … soprassedettero al caso: semplicemente tacendo senza pronunciarsi ... Ormai non era più affar loro perché i tempi, e non solo quelli, stavano cambiando del tutto … c’erano i Francesi “alle porte della Laguna”.
Infatti, giunto napoleòn a Venezia, anche il Piovan di Sant’Angelo venne associato agli “ostaggi-complici contrari al nuovo Regime” che vennero segregati nel Forte-Isola di San Giorgio Maggiore con l’accusa di congiura contro i Francesi.
Scorrendo i verbali della Visita del Patriarca Flangini alla chiesa Parrocchiale di Sant’Angelo e all’Oratorio privato in Casa Gabrieli del settembre 1803 si può ancora leggere: “In Contrada risultano vivere 4.000 abitanti aiutati da 3 levatrici. Risiedono lì anche diverse “pubbliche peccatrici” per le quali però non è necessaria l’assistenza del braccio secolare (?) ... La Fabbrica della chiesa possiede rendite in entrata per 1,214 ducati da affitto di 10 case e 10 botteghe, e in uscita per 9.093,12 lire di cui 217 pagate all’Organista,186 al Sacrestano, 200 spese per acquistare carbone, olio per le lampade, ostie e vino da Messa ... La stessa Fabbrica produce un debito di 2.479,13 lire che paga a rate a causa della morosità degli affittuari delle case che sono debitori di affitti per 8.000 lire … Il Piovano Don Luigi Angeli, possiede rendite per 746,5 ducati provenienti da affitti di 13 case, 1 bottega, e 1 magazzino. Spende per garantire il Culto, e per pagare la celebrazione di 3 Esequiali annui ed alcune Messe.
I 5 Preti titolati della Collegiata percepiscono: il 1 Prete: 165,5 ducati annui; il 2 Prete: 171,4 ducati annui; il 3 Prete 140,4 ducati annui; il Diacono: 123 ducati e il Suddiacono: 66,3 ducati annui.
In chiesa si celebrano: 4.374 Messe perpetue, 100 Esequiali, e 500 Messe Avventizie restando 2.370 Messe ordinate e pagate ma ancora da celebrare. Esistono inoltre 13 Mansionerie di Messe da celebrare con relative rendite, e ci sono 17 Sacerdoti ascritti alla Parrocchia fra cui alcuni Mansionari. Inoltre ci sono alcuni Chierici: “Boni putelli … seppur vivi, ma disciplinati” ... Nella stessa chiesa di Sant’Angelo si celebra Messa cantata ogni giorno e si predica a tutte le feste; si attua l’Esposizione del Santissimo con i Vespri solenni a tutte le domeniche e feste; durante la Settimana Santa ci celebrano le “Quarantore”; si praticano molte novene; l’illuminazione dell’altare di San Sebastiano nelle domeniche e nelle feste; si accendono ceri durante l’agonia dei parrocchiani; si passa per le elemosine con una “Cassella dei Morti” durante le Esequie e le Messe; si coltiva la Devozione alla Madonna e a San Luigi Gonzaga, e la Dottrina Cristiana per tutte le putte della Contrada …”
Quel verbale indirettamente segnava la fine di un’epoca … Nel dicembre 1807 la Parrocchia e Contrada di San Michele Arcangelo venne unificata con quella vicina di San Benetto… Alla fine del 1810 la chiesa di Sant’Angelo venne chiusa al culto e trasformata in magazzino ... Nell’ottobre 1816 si costituì la nuova Parrocchiale di Santo Stefano Protomartire affidata a Don Luigi Angeli(ex Piovano di Sant’Angelo) che annoverava e riuniva oltre alle sue 4.800 Anime, anche le 1.000 della Contrada e chiesa di San Vidal qualificata come: Succursale, le 750 e 1.900 delle Contrade e chiese di San Maurizio e San Samuel dichiarate: Oratori Sacramentali, e le 2.700 di San Michiel Arcangelo che stava per non esistere più.
L’anziano ex Piovano di Sant’Angelo si portò dietro “il salvabile”: ossia il vecchio Altare del Santissimo della chiesa di Sant’Angelo con le statue di Giulio Del Moro che andò a collocare sull’altare di Sant’Agostino in chiesa di Santo Stefano. Salvò anche dalla distruzione il prezioso Battistero anch’esso con una statua di Giulio Del Moro che pose nella Cappella Contarini sempre in Santo Stefano portato via per sempre ai Frati Agostiniani che erano stati cacciati.
L’antica Contrada di Sant’Anzolo di Venezia aveva cessato d’esistere: la chiesa venne demolita nel 1837 lasciando sul posto in cui sorgeva solo una lapide a memoria sul Campo spazioso coperto dai masègni oggi calpestati dai pochi Veneziani rimasti e dalla folla sempre straripante dei turisti spesso ignari e col naso all’insù ... In mezzo al Campo, pallido riflesso di quel che era stato un tempo, venne posto per un certo periodo il monumento all’Ingegnere Idraulico Pietro Paleocapa(Ministro della Repubblica nel 1848-1849) scolpito da Ferrari, ora collocato nei giardinetti Papadopoli accanto a Piazzale Roma.
Come in un ultimo squillo storico, nel 1870 si trasferirono in Corte dell’Alboro nella Contrada di Sant’Angelo le Orsoline(dal Doge Orseolo) che stavano in Campo San Gallo nei pressi di Piazza San Marco. Si attivarono 5 caxette per ospitare 6 vecchie poverepiù una sesta caxetta riservata al Priore.
Alla fine della fine … e stavolta termino per davvero … la vita dei Veneziani nella Contrada di Sant’Angelo continuò ugualmente e nella più normale delle quotidianità. In fondo, oltre ogni vicenda, persona e accadimento storico tutto continua ad accadere e procedere e “girare” ... Gira la “giostra del vivere” anche in quelle che sono state le antiche Contrade di Venezia, compresa quella di Sant’Angelo.