UNA CURIOSITA’ VENEZIANA PER VOLTA – n° 36.
“UNA CHIESA INVISIBILE, NASCOSTA … A RIALTO.”
La chiesa di San Giovanni Elemosinario a Rialto sembra una chiesa invisibile, nascosta. Una chiesa che non c’è. Non solo perché una grossa parte dei Veneziani non sa neanche che esista, ma anche perché è davvero mimetizzata dentro le case della contrada che porta il suo nome.
A sedici anni, da “buon veneziano”, mi sono riproposto di visitare tutti i monumenti, i musei, i palazzi importanti e le chiese di Venezia. Mi sono pure fatto una lista in un quadernino, che spuntavo meticolosamente. Dopo quaranta anni quella lista non è stata ancora evasa del tutto, perché certi luoghi, soprattutto certe chiese e monasteri, sono stati chiusi e abbandonati per sempre.
Durante i miei vagabondaggi per Venezia, della chiesa di San Giovanni Elemosinario vedevo solo il tozzo e severo campanile che spuntava sopra le case, ma non vedevo né trovavo la facciata e l’entrata, nonostante m’infilassi in tutte le callette intorno. La prima volta non sono proprio riuscito ad entrarci, anche perché non c’erano i cartelli per i turisti come ci sono oggi.
La seconda volta ce l’ho fatta, e sono finalmente entrato dentro alla chiesa. Era un pomeriggio d’inverno verso Natale. La chiesetta era buia, “vestita a festa”, come si usava fino a qualche tempo fa parare le chiese veneziane ricoprendole di velluti, drappi, soprarrizzi e mille altre cose, che conferivano un senso di festa agli edifici di devozione e di culto.
Sono rimasto subito colpito dalle pareti avvolte nella penombra totalmente tappezzate di quadri. Era un gioiellino di chiesa nascosto, seppure immerso proprio nel bel mezzo del vivissimo emporio di Rialto. Un’oasi di tranquillità infilata dentro alla kasbah del mercato.
A riprova di questo, c’era dentro alla chiesa una sola vecchietta minuta, avvolta in un grosso scialle di lana nero, che “rosariava” a voce alta da sola, seduta su una delle panche antiche intarsiate. L’unica luce flebile era quella di uno sparuto gruppo di mozziconi di candela accesi accanto all’altare.
Un’altra cosa che ricordo chiaramente è lo sguardo davvero torvo, inquietante dell’anziano Parroco, immobile sullo stipite della porta della minuscola sacrestia dentro al piccolo presbiterio dell’altare maggiore. Avvolto anche lui nell’ombra, non mi ha perso di vista un solo istante. Nel buio i suoi occhi brillavano dietro ai suoi pesanti occhiali … Non l’ho più dimenticato. Mi pare ancora di rivederlo nell’angolo …
Negli anni seguenti ci sono passato e ripassato più volte. Poi la chiesa è rimasta chiusa per decenni quasi dimenticata.
Ora da qualche anno è stata restaurata e riaperta. Si può entrare a visitarla pagando regolare biglietto, eccetto per i Veneziani (documento di riconoscimento valido alla mano) che entrano gratuitamente. Ma non è più quella di un tempo, è pulita e luminosissima … Non sembra neanche più lei, perché ha perso tutto “il vissuto” di allora.
Direte: “La solita chiesuola !”
A Venezia quasi nulla è banale, anche le cose più piccole. Figuriamoci un posto così.
San Giovanni Elemosinario o San Zuane de Rialto si trovava nell’antica Ruga Vecchia o Ruga degli Oresi, edera una delle chiese dei Dogiche ne eleggevano Pievano e preti titolati.
Nel 1071 e verso la fine del 1300 cadde il campanile dove c’era la campana chiamata “rialtina”, che suonava fino al1848 da ottobre a pasqua alla terza ora di notte dando il segnale di spegnere tutti i fuochi dell’emporio di Rialto per la chiusura notturna.
1326 gli Ufficiali sopra Rialto chiesero l’allontanamento dei Bastazi ossia dei Facchini delle aree del mercato di Rialto prossime alla chiesa di San Giovanni, per evitare l’eccessivo disordine, gli improperi e gli schiamazzi durante il lavoro.
Dal 1341, il Notaio di Venezia Omobon divenne pievano di S.Giovanni Elemosinarlo, e in seguito divenne Arciprete del Capitolo Vescovile di San Pietro di Castello: il massimo per un prete di Venezia.
1379 nella lista dei prestiti volontari per la guerra dei Veneziani contro i Genovesi, la cifra raccolta nella contrada di San Giovanni Elemosinario fu molto alta: lire 141.853. Il denaro proveniva soprattutto dalle persone del mercato: commercianti, spezieri, callegheri, orefici, beccheri, naviganti e notai. Ma c’era anche qualsiasi della contrada che offri’ i contributi assieme a 21 Nobil Homeni e 1 Nobil Donna, con 7 contribuenti abbienti.
Fra 1398 e 1410 si costruì l’attuale campanile quadrato in stile gotico, che conteneva un famoso orologio a congegno creato da Mastro Gasparo Ubaldini degli Orologi da Siena.
“… sona le ore, et vene fora uno galo, el qual canta tre volte per ora”.
L’orologio col gallo ritmava le attività del mercato, e segnalava le fasi dell’apertura e chiusura delle botteghe con l’inizio della sorveglianza notturna, la chiusura ed apertura di chiavi e cancelli, il tempo in cui occorreva limitare lumi e candele. Il campanaro era anche il responsabile dei fuochi dell’area del mercato, e la campana che“… dava il segno delle veglie” venne sostituita più volte perché a forza di suonarla si “spezzava ” spesso.
Proprio nel luogo centrale del grande emporio mediterraneo di Rialto, nel cuore di Venezia secondo solo a San Marco, c’era perciò quella chiesetta strategica e significativa. Lì sorgeva fin dal 1397 grazie ad un lascito testamentario di Tommaso Talenti il Gimnasium Rivoaltinum che esprimeva un Umanesimo detto Mercantile con un peso anche politico in città. Era la famosa Scuola di Rialto che il pievano Paolo della Pergola, amante d’Aristotele, cerco perfino di trasformare in Università lottando contro il volere sospettoso della Serenissima. Era una scuola di filosofia, logica, rettorica, teologia, matematica e letteratura davvero prestigiosa. Si insegnava anche la mistica dei numeri, geometria, astronomia e la pratica delle arti.
Poco distante sorgevano i luoghi delle Magistrature dello Stato, che controllavano Arti e Mestieri, e si architettavano i viaggi per il Levante e i posti più remoti dell’Asia, dell’Africa e dell’Oriente.
Non era una caso che esistesse un luogo del genere a Rialto, perché lì convergevano mercanti provenienti da mezzo mondo. E assieme a l’oro, le sete, i manufatti e le spezie portavano da posti lontani: idee, pensieri, modi e visioni del mondo e del vivere diversi. In questo Venezia è sempre stata non solo tollerante, ma aperta e curiosa di conoscere, sapere e capire tutto ciò che era diverso, potente e nuovo.
Il 10 gennaio 1514 accadde un grande incendio a Rialto descritto nei famosi Diari di Marin Sanudo, e la chiesa fu completamente distrutta avendo anche il tetto in legno.
“ … tenendo una olla con fuoco in bottega, cadde una faliva che incendiò delle tele. Le guardie di Rialto non furono velocissime ad intervenire, per cui cominciarono ad ardere delle botteghe alle due di notte. Le botteghe di tele e di cordaruoli appiccicarono il fuoco l’un l’altra, per cui ci fu un grandissimo fuoco sostenuto da potente vento da grieco e tramonatana, con un freddo intollerabile … Il fuoco crebbe, e in poche ore si bruciò tutta Rialto dalla parte del Canal Grande, le volte e gli uffici dei Camerlenghi, et di qua dove c’erano le scale che andavano di sopra … Campana a martello suonava a San Zuanne (San Giovanni Elemosinario). E’ una grandissima compassione a veder, né mai credo per foco sia stà visto tanta orribilità et però fo sì grande incendio, restò in piè il campaniel di San Zuane ...”
In seguito, fra 1527 e 1539, la chiesa fu rinnovata con ben 7 altari dall'architetto Antonio Abbondi, detto lo Scarpagnino, sotto il governo del parroco Nicolò Martini, e riconsacrata il 28 settembre 1572 per mano di Daniel Vocazio vescovo della Dalmazia.
Nel 1633 si costruì un nuovo altar maggiore rialzato con una cripta sottostante. I parrocchiani erano in tutto solo 150 perché il territorio della parrocchia era quasi tutto costituito da botteghe, magazzini, stazioni e volte di Rialto. Fra 1661 e 1740 in contrada si contavano fra 549 e 682 botteghe.
Il 28 aprile 1773, un grave incendio arse in “Ruga Vecchia di San Giovanni di Rialto” la bottega d'uno speziale, di cui erano proprietari i frati di San Nicolò del Lido.
Alla fine della storia della Serenissima, nel luglio 1796, la contrada misurava 3.596 passi, ed aveva 289 abili fra 14 e 60 anni con 234 padroni in 682 botteghe.
Nel dicembre 1807 con lo sconquasso portato a Venezia da un certo Napoleone Bonaparte la parrocchia con 2.000 persone venne abolita e unita a quella di San Aponal. Terminò così in maniera squallida la storia di quella chiesuola coccola nascosta agli occhi di tutti, fuorchè degli antichi Veneziani.
San Giovanni Elemosinario, in definitiva e a mio parere, è un bijoux, un gioiellino letteralmente foderato di pitture e affreschi, un tesoretto nascosto con ogni tela e ogni pietra che racchiude una storia. Perfino il pavimento che si calpesta avrebbe mille cose da dire. Provate ad andare a vedere per capire e vedere quel che vi dico e racconto.
Vi sembrerà infine stupido, ma ancora oggi, ogni tanto e raramente, mi vado a ficcare dentro a quella chiesina perduta e nascosta. Rimango lì dentro dieci minuti, non di più. Me ne sto immobile, a godermi quella devastante quiete fuori dal tempo. Solo in lontananza si odono le eco del mercato di fuori, e i soliti rumori dei turisti e della vita di sempre … Però in quell’angolo accanto all’altare mi sembra ancora di individuare quello sguardo torvo e inquietante di un tempo ...