#unacuriositàvenezianapervolta 216
NOTERELLA SIMPLEX: DUE SPICCIOLE CURIOSITA’ DI CRONACA VENEZIANA DELLA SECONDA META’ DEL 1600.
La prima curiosità …
Scriveva Francesco Sansovino nella sua “Venetia: Città Nobilissima et singolare …”:“Alli 9 agosto 1659, giorno di Sabbato e vigilia di San Lorenzo, intorno alle 16 hore si levò un turbine cosi impetuoso dalla parte di Ponente che gittò a terra molti cammini di case e Palazzi principali, distrusse qualche parte medesimamente di altre Cale, e Palazzi, spalancò le finestre di quali, levando e sedie e tavolini con altre simil cose da quelli portandole per aria, come fece di altri utensili in altre case minori. Forò diverse muraglie, portò via alcune terrazze di legname poste sopra i tetti chiamate: Altane ... Ruppe e scavezzò molte Gondole, che si ritrovavano in Canal grande. Trasportò di sbalzo persone da un luogo all'altro ... Levò il scudo con l'insegne del Pontefice dalla porta del Nuntio, e lo portò per aria fino all'Arsenale facendo l'istesso d'una gran finestra di vetri in forma di mezaluna levata dalla Cappella Maggiore della Chiesa della Celestia ... Disperse alcune bugate ch'erano distese (panni stesi ad asciugare) ... Con altri danni notabili, e maravigliosi. Fece Iddio, per sua bontà, che durasse per poco spaccio di hora, che se havesse continuato haverebbe disfatto gl'edifici intieri ...”
La seconda curiosità … Scriveva ancora lo stesso Sansovino nelle sue stesse memorie, stavolta circa l’anno 1663: “Viveva fra Turchi nella Dalmatia il Conte Voino Rinegato principale instigatore e seduttore de mali in quella Provincia. Il Proveditor Generale Bernardo procurò d’estirpare così infetta radice, e n'ottenne l'intento. Procurò adenque ch'un abitante delle Montagne Clementine fingesse certa Contesa con un Turco: onde riccorso l'abitante a Voino, lo pregò ad esser mediatore in questa differenza e di procurargli la pace accompagnando le preghiere con dorate promesse di maggior cose. Il fellone allettato da doni e dalle speranze si lasciò condurre nel luogo destinato alla mediatione, dove giunto, fu di subito atterrato da un colpo di mazza ferrata sulla testa, e gl'altri mandati colà a questo fine lo finirono con le moschettate. Troncatogli poi il capo, lo portorno davanti le Porte di Zara per consolare quella Città con la certezza della morte di cosi fieroe detestabile nemico; il quale sorti un fine condegno della sua perfidia e de suoi tradimenti contro la Religione e contro il suo Prencipe.”
L’episodio storico era già stato segnalato in precedenza da Girolamo Brusoni che riguardo l’“Historia dell'ultima guerra tra Veneziani e Turchi” relativa agli anni:1644-1671 precisò: “…E’ mancato a medesimi Turchi nella Dalmazia uno de’ principali stromenti delle loro machinazioni nella Provincia: il Rinegato Conte Voino, che per opera del medesimo General Bernardo ha sortito un fine condegno della sua viltà e de suoi tradimenti contra la Religione e’l Prencipe ...”
Sempre per la Cronaca Veneziana di quei tempi: nel 1659 il Nobile Antonio del Casato dei Bernardodi Sant’Agostin dopo quei fatti se ne andò in meritata pensione: “Col terminar la Campagna di quest'anno terminò anco gloriosamente la sua Carica il Proveditor Generale, e Procurator di San Marco Antonio Bernardo.”
Sapete perché vale la pena ricordare l’episodio di quel notabile Nobile Antonio Bernardo ?
Perché i Nobili Bernardo s’erano fatti in tutta Venezia durante il 1500 una cattivissima fama di spilorci, tirchi e avari incalliti per via di uno di loro: Pietro Bernardo.
Notava come sempre l’arguto Diarista Marin Sanudo nel 1512: “Piero Bernardo …vien di rado in Maggior Consiglio ... e vien per denari in Pregadi”… Aveva comprato la sua carica, e faceva ridere con suo atteggiamento l’intero Maggior Consiglio… Era incoerente nei suoi discorsi sulla guerra in corso ... Aveva promesso di pagare per inviare 20 Fanti a Liesna, ma poi non aveva tirato fuori i soldi: “… efo gran ridere al Consejo”,
A metà novembre di due anni dopo: la replica raccontata ancora dallo stesso Sanudo: “… a Gran Consejo achadete una cosa ridiculosa: che Sier Piero Bernardo fo di Sjer Hironimo, che va in Pregadi per danari et è richo, parla in renga ma di lui molti si traze sentando, li fò tajà un pezo di la vesta, ita che se n’accorse e fulminando andò zozo dicendo voler andar a l’Avogaria etc … et esser brute cosse far questo …”
Piero Bernardo insomma, veniva preso in giro e vilipeso dagli altri Nobili per via del suo atteggiamento.
Solo nel dicembre di altri due anni dopo ancora, lo stesso Piero Bernardo provò a riabilitarsi agli occhi di tutti prestando 200 ducati alla Repubblica … Tutti ne furono favorevolmente meravigliati, e lo stesso Gran Consiglio sempre tenero e bendisposto con i Nobili non mancò di elogiarlo: “... ateso a quanto l’ha promesso, cerca el mandar de homeni a Padoa et Treviso, et più presto ha oferto di più che manco, et però merita esser laudato da vostre Signorie…”.
Piero Bernardo però rispose subito dopo con un’altra gaffe: chiese in cambio del prestito fatto alla Serenissima una sovvenzione di 25 ducati per rifarsi del fallimento di un suo debitore ... E di nuovo: “sopra questo tuto el Consejo rise”.
A poco valse che un altro paio di Nobili dello stesso Casato: Matteo e Alvise Bernardo: e Alvise Bernardo mostrassero all’intera Città Lagunare il prestigio e il valore soprattutto economico del clan familiare. Matteo era “Grande Mercante ad Alessandria come Antonio Priuli”, mentre Alvise era diventato Procuratore di San Marco sborsando un’imponente cifra di denaro nelle casse dello Stato come avevano fatto anche Marco Grimani e Francesco Corner. I Bernardo inoltre avevano fondato uno dei dieci “Banchi di scritta” più solidi dell’epoca. Quando nel 1524: la Banca Bernardo fu costretta a chiudere per la crisi economica come tutte le altre Banche di Venezia, i Bernardo furono gli unici a liquidare tutti con pagamenti completi ... I Nobili Bernardo insomma: ci sapevano fare … Trattavano perfino direttamente col Papa che impegnava con loro i suoi gioielli in cambio di liquidità e prestiti. I banchieri Antonio Priuli e Matteo Bernardo figuravano fra i 4 maggiori mercanti di Alessandria... Nel 1533 i Bernardo vennero perfino accusati di voler monopolizzare l’esportazione a Venezia della lana inglese.
Piero Bernardo divenne, invece: la macchietta cittadina che faceva sorridere tutta Venezia.
Siccome ancora a fine 1521 Piero continuava con quel suo modo, la Signoria si stancò del suo atteggiamento: “fu fatta una terminazione e notada in notatorio” per impedirgli di molestare Doge e Signoria a proposito dei suoi affari privati.
Due anni dopo ancora, nel gennaio 1523, i Nobili risero divertiti ancora una volta di Piero Bernardo coprendolo di ridicolo: non volevano neanche sedersi accanto a lui. Quando andò a sedersi in Gran Consiglio in mezzo agli Auditori Vecchi col pretesto di sentire meglio “la renga” (la relazione):“Sjer Nicolò Dolfin Auditor Vechio con gran sua vergogna et riso del Consejo lo fece levar de lì e partirsene, e andar a sentar atrove.”
Solo nel 1526 la Serenissima gli propose di diventare Procuratore di San Marco a pagamento come era capitato ad Alvise Pasqualigo e ad altri cinque Nobili illustri. Pietro Bernardo rifiutò scocciato, schifato che gli fosse chiesto ancora di pagare per onorare la Repubblica dei Veneziani … Da quel momento si disinteressò della Politica e della sua apparizione pubblica … Anche quando gli altri Nobili Bernardo riavviarono la Banca di Famiglia nel 1529, Piero rifiutò di partecipare all’impresa e di contribuire: “aveva Sagramento de non prestar mai più danaro a la Signoria.”… I Veneziani non apprezzarono molto quel suo gesto.
I Nobili Bernardo in realtà ebbero nuovamente fortuna economica: furono nominati perfino Conti dal Re di Polonia pur senza giurisdizione su alcun territorio, e poi furono confermati tali nel 1695 anche dal Senato Veneto… Sulla scia di quel successo economico di Famiglia, nel 1677 il Nobile Antonio Bernardo andò a comprarsi anche 8 campi dalle Monache Benedettine del Monastero di Sant’Eufemia di Mazzorbo posti a Marcon fuori Mestre.
Era anche ambiziosissimo Piero Bernardo… soffriva di certo di “smania o mania di gloria”,ed era ossessionato come molti della sua epoca dal proprio post-mortem e dalla propria memoria. A fine febbraio 1524 ottenne dai Frati Minori della Cà Granda dei Frari il permesso di farsi erigere un monumento nella controfacciata della chiesa: “luogo sul muro fra la porta e l’altare di Sant’Antonio”che aveva già acquistato nel 1517 ... Poi subito dopo fece un’altra “Bernardàta”, cioè: vendette in permuta quel suo spazio in chiesa al Nobile Alvise Pasqualigo perché se ne facesse a sua volta un proprio monumento.
Era sempre uguale Piero Bernardo: ormai non cambiava mai … Al suo funerale parteciparono più di 200 Chierici e Zaghi: “ciascuno col suo tòrzo acceso in mano”, un gran numero di Marinai, e di Confratelli della Schola Granda di San Giovanni Evangelistacon 466 candelotti accesi, di cui era iscritto-confratello … Il Diarista Sanudo, che forse era anche un po’ invidioso oltre che oppositore e non simpatizzante del Bernardo che considerava personaggio ridicolo e bizzarro, ricordò che il suo corpo rimase a lungo abbandonato su una barca in strada in attesa di sepoltura: “… in secho in la piàta fin hore di note, e da tutti abbandonato o quasi”.
Piero non fu di certo un grande Patrizio Veneziano e Veneto… ma riuscì di certo nel suo intento d’essere ricordato.
Nel suo curioso testamento del 1515 redatto e corretto più volte diede disposizioni precise: La sua Commisaria incaricata d’applicare le due disposizioni testamentarie doveva essere gestita e governata in maniera esemplare funzionando al massimo, e concretizzando quanto lui proponeva. Doveva riunirsi almeno 3 volte l’anno preoccupandosi di sostituire eventuali assenti ... Piero Bernardo istituì addirittura una Commissaria Supplementare di 12 parenti per poter vigilare e giudicare i Commissari sulle loro azioni e su quelle degli eredi.
Voleva che il suo corpo: “… in qual sempre gli aveva servito ben in tutti i suoi bisogni e in tutti i suoi desideri e in tutta la sua volontà…”fosse conservato in eterno … Doveva essere lavato e unto con oli preziosi, imbalsamato con: “… aloe bonissimo e finissimo da 42 ducati in suso et in altre cosse bone e fine tutte aptissime a conservare dito suo corpo… si che mai per alcun tempo el si vegia a corrompere…”alla presenza di due chirurghi e di un medico da pagare 9 ducati.
Il corpo in seguito doveva essere rinchiuso in 3 casse: la prima di piombo riempita di Aloe finissimo e cose conservatrici e saldata in modo da non poter venire mai aperta ... La seconda cassa doveva essere “d’arzipresso o cipresso di grossezza straordinaria … e bien impegolada acciò mai il suo corpo si possa guastare”… La terza cassa doveva essere di marmo: del valore di 600 ducati aumentati a 650.
Sull’arca doveva essere scolpito un bassorilievo rappresentante il Padre Eternoe lui inginocchiato davanti: “in forma da apparire più grande di quel che era stato in vita” … Vi dovevano essere poi 8 esametri in suo onore scolpiti leggibili da distanza (dal 1523 al 1529 Gianmaria Mosca eseguì le statue per il cenotafio dei Bernardo sulla controfacciata dei Frari).
Ancora con lo stesso testamento del 1517 Piero istituì un’ulteriore apposita Commissariacomposta da tre studenti Frati della Cà Granda dei Frari estratti a sorte secondo una meticolosa procedura. Costoro dovevano godere di una rendita annuale anche in opposizione degli eredi, e dovevano scrivere un libro:“una composition di versi” che con 800 versi esaltasse le glorie della Nobile Famiglia Bernardo. Si dovevano comporre sette Salmi sul modello di quelli Biblici di Davide, che 20 Frati avrebbero dovuto cantare ogni prima domenica del mese all’alba davanti al sepolcro implorando: “Perdono per l’Anima di lui e per i membri ascendenti e discendenti della sua famiglia, oltre che per tuti li zentilomeni e zitadini e populo Venetian … e la Cristianità tutta … Si che la casa de Otomani over Turchi non perseverano più in ruinar, danisar questa misera e povera Cristianità meza meza consumà e distruta per la longa e crudel vera…”
E non finiva lì … Quelle composizioni-orazioni: almeno una “in versi eroici”, dovevano essere ogni anno analizzate e valutate da un’apposita commissione-giuria composta da Maestri Teologi e Predicatori della Cà Granda dei Frari con la facoltà di attribuire 3 ducati al primo meritevole, due al secondo e un ducato al terzo. I versi dovevano essere: “di bona bella e facille latinità da intender la latinità tenendo sempre la prexa il più potrà l’ordine di sette salmi imitandoli il più sarà possibile.”
Voleva inoltre affidare a un qualche “homo famoxissimo … una belissima opera in verso eroico” in sette libri sempre in “reverenzia deli sette Salmi”di mille versi ciascuno, sempre “in gloria et onor dela Divina Magiestà che abi misericordia di l’Anema mia mentoando el mio nome et Caxa.”L’autore del poema doveva essere retribuito con un primo versamento di 21 ducati e un saldo che poteva arrivare fino a 50 ducati ... Infine tutte quelle memorie dovevano essere trascritte in un libro di pergamena con rilegatura di “anzipresso coperta di rame over laòn (ottone)” così da perpetuarle il più possibile.
Piero Bernardo morì nel 1538.
Tutte quelle disposizioni probabilmente non furono mai eseguite eccetto la tomba Lombardesca realizzata quand’era ancora in vita insieme alle iscrizioni fiancheggiate da due bassorilievi con Adamo ed Eva e la Medusa. La statua principale del monumento raffigurò il “Redentore” invece che “Dio Padre”come s’era previsto ... ma si era in tempi di Peste, e “il Redentore”andava di moda.