Quantcast
Channel: #unacuriositàvenezianapervolta
Viewing all articles
Browse latest Browse all 357

“CHE C’E’ SOTTO LO ZATTERON DEI PALI DELLA SALUTE A VENEZIA ?”

$
0
0

 


#unacuriositàvenezianapervolta 222

“CHE C’E’ SOTTO LO ZATTERONE DEI PALI DELLA SALUTE A VENEZIA ?”

(parte terza)

Poi sapete com’è quando si è giovani … C’è ben altro che ti frulla per la testa, e non solo le scadenze e gli obblighi di quel che era il mio “iter da futuro Prete” ... La faccenda del passaggio sotterraneo e dell’ipotetica Cripta un po’ si assopirono dentro di me tornando nel dimenticatoio di me stesso … per un bel pezzo a dir la verità ... Finchè un giorno dopo un po’ di anni, tornarono improvvisamente a riaccendersi tutti quei vecchi interrogativi, la simbologia mistica dei numeri, il significato delle Rose della Basilica della Salute, e perché no ? … anche il pensiero di quella cripta del Zatteròn dei Pali che poteva esserci o non esserci … Quelle domande le rispolverò e le riaccese una signora che ogni anno in prossimità del giorno della Festa della Salute si presentava, sole o pioggia, neve o nebbia, vento o acqua alta: ogni volta con in braccio un grosso mazzo di splendide rose rosa corrispondenti ai numeri e alle figure simboliche del chiesone. Non finiva mai di stupirmi ogni anno quella donna: “E’ da generazioni su generazioni che la mia famiglia offre ogni anno queste rose alla Salute … Si dovrebbero mettere in cima all’altare della Peste e nella cripta sotto all’altare.”

“Dove Signora ?”

“Sopra l’altare ho detto … e anche dietro … nella Cripta.”

“Ah ! Si … giusto: ho capito … Sarà fatto: altare e cripta … come dice lei.” non mi era sfuggito il dettaglio: “Ha ribadito: Cripta … Ma meglio se lascio stare … Intende probabilmente l’altarolo dietro l’Altar Maggiore … La Cripta è solo una suggestione da dimenticare” ho ripensato e mi sono detto più volte provando a rimuovere quell’input particolare.

E mentre ancora se ne andava via: “Mi raccomando giovane: una parte anche nella Cripta di sotto !”

“Non mancherò Signora … Grazie.” e al mio semplice grazie ogni anno s’aggiungeva quello ben più importante e “pesante” del Rettore della Basilica, che appena vedeva quella “donna dei fiori”mollava tutto, qualsiasi cosa stesse facendo, e le correva incontro “tuttodenti e grazioso” per salutarla e ringraziarla … finendo: udite udite … con un graziosissimo baciamano … Non lo vedevo mai rivolgersi a nessuna donna così … Con lei, invece: si … Insolito di sicuro.

Da novembre all’estate … mesi di mezzo … E quando mi ritrovai un’altra volta ad aprire e chiudere e a far la guardiania del chiesone, non ho potuto dentro l’afosissima estate se non continuare a vagheggiare quei pensieri … Finchè, come nelle fiabe, un giorno vidi un tipo strambo passeggiare sotto alle volte della chiesa facendo il “passo dell’oca” e con un largo foglio spalancato in mano.

“Che è ?  … Ma tutti qua devono capitare ? … Sarà un nostalgico Romano o Nazista … O che cosa mai ? In giro c’è sempre tutta sta gente stramba … Sembra che le chiese di Venezia abbiano la spiccata capacità di calamitarle tutte.” riflettei.

Perciò uscii dalla mia panca di guardiola in Sacrestia, e m’avvicinai al tipo dicendogli: “Scusi … Ma che va facendo ?”

“Ah niente di particolare ! … Stia tranquillo, non si preoccupi … Sono solo un ricercatore appassionato che sta misurando a passi questa chiesa … Sto facendo dei pacifici riscontri perché secondo me dentro a certe misure di questo edificio sono celati dei bei segreti.”

“Ah benòn … Ci mancava pure questa.” ho pensato.

“Ha mai senti parlare del “p greco” e dei numeri perfetti ? … della simbologia e dei significati nascosti dentro all’edificazione di certi monumenti ? … Questi ambienti sono degli edifici cosmici misteriosi !” mi disse spalancando gli occhi carichi di un qualcosa che mi pareva eccessivo per non dire strano.

“Ma devono capitare proprio tutti qua ?” mi sono ripetuto in silenzio e sconsolato.

“La vedo un po’ perplessa … E’ normale ... Accade sempre così a chi non è introdotto abbastanza in certe questioni … Venezia è tutto un numero, una simbologia, una ripetizione e accentuazione continua di misteri e segreti … Ce ne sono ovunque … Ha letto per caso il saggio su San Francesco della Vigna e la sua costruzione, disfacimento e ricostruzione secondo certi canoni mistici ben precisi ? … Non ha studiato per caso i numeri di San Marco ? … O quelli di San Giorgio, o quelli racchiusi nella Scala del Bovolo, o nella Cripta di San Simeon Piccolo ? … Venezia è una miniera inesauribile di queste cose.”

“Già …”

“Manca solo che mi parli della Cripta sotterranea qui sotto.” pensai fra me e me ... Per fortuna non lo fece, ma si accontentò di precisare: “Ad esempio … Vede su in alto nella Cupola Grande, le statue in legno dei Profeti ? ... Hanno tutti in mano un cartiglio … che non è affatto solo esplicativo e simbolico, né è stato costruito e messo lì per caso … Leggendo le lettere dei cartigli in un certo modo ne uscirà una frase misteriosa … che fa riferimento a un antico luogo significativo e di fondazione di questa chiesa.”

“Bum ! … Ecco che ci risiamo … Eccone sparata un’altra di grossa.” mi sono detto.

“Da quanto so io, i cartigli non sono più quelli originali che sono andati usurati dal tempo … Non so quindi se si è conservata quella strana storia delle lettere e della parola … So che sono stati ritoccati durante il 1800.”

“Ritoccati o rifatti ?” mi chiese cupo lo strano ometto visibilmente innervosito.

“Non saprei … mi sembra rifatti.”

“Ecco ! Lo sapevo ! … I soliti disgraziati ignoranti ! … Volete vedere che è andata persa la chiave di lettura e l’interpretazione originaria ? … Non si deve mai toccare nulla di quanto è originale ! … Nulla ! Si rischia di perdere significati preziosissimi … Possibile che nessuno lo capisca ? … E ora se non le dispiace avrei da fare.”

Dovetti lasciarlo fare, e lo vidi riprendere le sue indagini visibilmente irritato … Nel frattempo i turisti avevano approfittato della mia distrazione, e s’erano intrufolati a frotte nella Sacrestia rimasta incustodita senza pagare alcun biglietto d’ingresso: “El Retòr me còppa se lo vien a savèr ...”

Tornai allora alla mia postazione “di guardia”, e trascorsi il resto della giornata a ripensare a cartigli, Rose Mistiche, Zatteròn dei Pali, e Cripta ovviamente … e a tutta quella serie dei numeri simbolici e cabalistici volutamente nascosti dentro ai monumenti.

Qualche giorno dopo, infuriò un temporalone, una burrasca estiva su Venezia e sulla Basilica della Salute, una folata più energica di vento aveva strappato e rotto alcuni catenacci e ganci antichi e consumati, perciò in alto dentro al tamburo della Cupola Grande si era spalancato uno degli enormi finestroni posti sul tamburo dell’immane cupola. Accorremmo in molti volonterosi in alto, cercando come meglio ci riusciva di richiudere e fermare quella grande finestra che sventolava nella tempesta come fosse una grande bandiera … Ci mettemmo in diversi con l’aiuto di corde e cordini a tirare la finestra scricchiolante che fremeva tutta … In ogni momento sembrava che il vento volesse portarsela via e trasportarla oltre il Bacino di San Marco fino a consegnarla in omaggio al Doge di Palazzo Ducale… Solo l’intervento tempestivo, provvido ed efficace dei Pompieri riuscì a sistemare e contenere gli effetti deleteri di quella gran “Buriana”.

“Altro che misteri ! … Qui viene giù tutto !” mi trovai a pensare: “Invece di nascondere Zatteròn e segreti dentro alle interiora di questo chiesone, non sarebbe stato meglio se Longhena avesse pensato a chiudere e ancorare meglio questi immani finestroni ?” dissi a un mio compagno di studi che mi stava accanto inzuppato di pioggia quanto me.

“Zatteròn ?” mi chiese incuriosito. “Che sarebbe ?”

“No … No … Niente … Lasciamo stare, che è meglio … Come non detto.”

Ancora a Cripte e Zatteroni pensai molte altre volte quando salivo in alto fino in cima alla Cupola Grande, proprio sotto ai piedi della Madonna bronzea. Mi piaceva un sacco salire lassù in alto, facendolo spesso all’insaputa quasi di tutti. Mi andava a distendere a leggere e studiare al sole sdraiato accanto piombi bollenti del rivestimento della cupola … Dall’alto mi piaceva osservare Venezia splendida distesa sotto ai miei piedi, ma anche la chiesa, quell’oggetto davvero strano, quella forma insolita e rotonda, unica a Venezia, che si precipitava tonda di sotto a me con tutte quelle sue volute laterali, quei riccioli sinuosi creati a posta per il gioco delle spinte e controspinte statiche ... Sembravano quasi sensuali, come somiglianti alle forme di una donna seduta, appollaiata ad osservare il Canal Grande, o distesa insieme a me a prendere il sole davanti al Bacino di San Marco.

Che belle sensazioni che ho provato lassù … e quanto ho studiato e imparato “da Prete” appollaiato là in alto !

Ogni tanto mi piaceva scendere e calarmi dentro alle intercapedini buie di legno della Cupola Grande, rotonda di fuori e ottaedro di dentro … Altro numero simbolico … Mi fermavo a scrutare con la torcia gli antichi disegni dipinti sui muri col carbone dagli operai che avevano costruito quella meraviglia … Avevano fatto gli schizzi del lavoro da intraprendere, segnato le misure delle linee da seguire, e il disegno della planimetria dell’intera chiesa … compresa quella dello “Zoccolòn di sotto dei Pali.”

Quante volte mi sono fermato a scrutare quelle croste, quei segni quasi scomparsi del tutto consumati dal tempo. Li guardavo e riguardavo stretto dentro alle travi che sapevano di muffa, polvere e segatura. Dentro a un caldo torrido, grondando di sudore per il caldo come un ombrello sotto alla pioggia, provavo a decifrare quei disegni per capire nella mia ignoranza se ci fosse segnato qualcosa di particolare … magari di una Cripta ?

Guarda e riguarda … C’era forse sì: un segno di porta, d’entrata centrale sul retro … Ma forse soltanto, proprio appena accennato … e neanche chiaramente ... Se ci pensate: era logico che vi fosse … A volte, però, mi pareva di finire col vedere tutto quello che avevo voglia di vedere ... A pensarci bene erano solo scarabocchi, cenni, appunti e indicazioni di servizio per quelli che lavoravano in alto in cima alla cupola: cioè proprio dalla parte opposta rispetto a quell’ambiente che stava forse dimenticato sotto di tutto, proprio dentro alle fondamenta del chiesone ... Che poi ? … Non è che i Mureri, i Tagjapiera, gli Artieri e i Mastri di allora rimanessero lì preoccupati di lasciar traccia ai posteri dei dettagli di quanto stavano facendo … Lavoravano e basta.

“Che io sappia, non esiste alcuna porta d’ingresso tutto intorno allo zoccolo di base della Salute ... Neanche a pagarla oro ... Non è assolutamente possibile entrare sotto e dentro allo Zoccolòn dei Pali.” mi spiegò in un’altra occasione un altro dei Preti Studiosi e ricercatori sempre in concorrenza fraterna e spietata con gli altri suoi simili: “Hanno fatto una palizàda massiccia ... Appunto: un zateròn chiuso ermetico: una fondamenta omogenea … e basta … Non avrebbe avuto senso lasciare corridoio, buchi e sale aperte … a che prò ? … Per le fantasie future ?”… Avete mai sentito nominare Don Gastone Vio ? … Beh: era lui ... altro pezzo da novanta dei Preti Ricercatori e studiosi: lupi indefessi d’Archivio ... Pozzi di conoscenza senza fine su Venezia e la sua Storia.

Giunse poi il tempo in cui si dovette per forza procedere con alcuni piccoli restauri obbligati. Nella Sacrestia Vecchia della Salute s’era creata un’infiltrazione dal soffitto, e pioveva dentro abbondantemente ... Niente di che: normale routine per un vecchio edificio possente come il nostro chiesone. Di certo “chi di dovere” avrebbe provveduto il più presto possibile con un intervento adatto e risolutore … Ma sapete com’è: ieri come oggi si muore di burocrazie e di competenze … e nel frattempo va in malora tutto ... A Venezia poi, anche solo per guardare qualcosa servono cento permessi e chissà quante domande … I finanziamenti poi … Non ne parliamo.

Insomma, nell’attesa intanto c’era bisogno di: “tamponàr la falla e tacconàr el soffitto alla bòna” per ridurre e contenere il danno il più possibile ... Si fa sempre così a Venezia: “se mètte un tacòn, che spesso xe un petòn pèso del buso.”

Arrivarono quindi: “casiòla, mastèla e malta”, scala e corde in spalla, i soliti due operai muratori di fiducia della Basilica e del Seminario: gli intramontabili “Foratòn e Mattonèa” che lavoravano lì praticamente da sempre ripristinando pezzo dopo pezzo, estate dopo estate, il grande complesso simbiotico del Seminario & Basilicasempre incerottato come malato cronico oppresso dagli anni … Anzi: dai secoli.

Andarono loro due a “butàr l’ocio … e mèterghe e man”… Me li ricordo arrivare come ieri: baschetto “sguincio e bisunto”uno, cappello di carta di giornale l’altro … Rimasero entrambi col naso all’insù a parlottare per un bel po’ con le loro magiche “massètta e scarpèo”appoggiati accanto e pronte all’uso ... Sarebbe bastato un ordine secco di Matonèa, e avrebbero sventrato un muro con pochi colpi decisi ... Il Mestiere era il Mestiere: “Bisogna vèrser par capire … Vedèr cossa che ghe l’è dentro ... E dopo se farà.” amavano ripetere, e quando aprivano … vi garantisco che aprivano.

Rimasero quindi lì con la loro scaletta che non arrivava da nessuna parte … Ne sarebbe servita una lunga almeno il triplo se non di più.

Qualche anno fa la sicurezza sul lavoro era più che mai un optional … Perciò fecero il giro della chiesa, raccattarono altre vecchie scale, le legarono sovrapposte fra loro come un grosso insolito salame ... e:“tira … pàra … molla … la vègna … àlsa e sbàssa”… raggiunsero il soffitto in alto come ragni adesi al muro ... Non erano stupidi e rompicollo però … Giunti lì in alto: ficcarono due grossi chiodi nel muro a cui si ancorarono come barche a un palo nel canale: “Bòn … Da qua no se movèmo ... andèmo de e bòne.”  disse Foratòn … e attaccò il soffitto: pin pon, pin pon … una raffica di mazzoccate fitte fitte … Caddero calcinacci a iosa … Un polverone appunto “della Madonna”… per forza in quel luogo.

Poi scesero giù dalla scala nel tardo pomeriggio entrambi incipriati: per quel giorno il loro turno di lavoro era terminato: “Che nessun tòca niente eh ! … Che nessun entra: xe pericoloso.” dissero a me ... Poi al Rettore sciarpa sul volto venuto a controllare e sentire, preoccupato più che altro per l’agibilità del locale nell’ormai imminente nuova Festa della Salute, Matonèa spiegò cappello in mano sussiegoso e competente: “Come disèvo Bonsignòr … Bisognava vèrsare par saver el danno … E gavèmo verto … e el danno ghe xe … Ghe l’è una bèa filtrasiòn che gha marsio el travò del cantòn … e bisogna intanto taconàr e rinforsàr, netàr e metter una piera sùta che tegna, per evitar intanto el peso …  Poi i lavori veri se farà … Cosa dìseo Bonsignòr ?”

“Che vuole che dica ? … Taconèmo … Metteno almanco in sicurezza … Che non ci crolli il soffitto in testa.”

“Ma no Bonsignòr ! … No stèmo strasàrla … Xe solo una filtrasiòn … un fià de acqua … Demo do bòte e taconèmo … e intanto se tira avanti … Cossa dìseo ? … Fasèmo domàn ? … Cusì sèmo a posto par a festa ?”

“Facciamolo domani … se proprio bisogna … Poi faremo tutto un conto.”

“Eh ? … Par quello nol se preoccupa: ghe xe sempre tempo par pagàr … Doman ghe dàgo un colpetto de telefono al Giòmetra, e el ve darà che faremo tutto un conto alla fine … El sarà contento … E intanto sistemèmo … Buona sera Bonsignòr … Lo riverisco …”

Il giorno dopo giunse a sorgere puntuale, e con lui tornarono puntuali al lavoro i due muratori. Per un bel po’ trafficarono avanti e indietro a portare i pezzi di un’impalcatura che avrebbero tirato su in fretta. Appena spostato un vecchio armadio per issarla fino al soffitto … ne venne fuori da dietro un’inaspettata porta murata: “E questa coxa xela ?”disse Foratòn.

“Boh ? … Sarà stàda una porta del Monastero ? … Mah ?”

“De a cantina magari … Dove i Frati metteva el Grintòn … Saria da dar do bòtte e vèrsare anca qua …”

“Magari trovèmo e botti … Ti sa che bevùe che se fèmo ?”

Era uno spettacolo vederli all’opera e ascoltarli … Sembravano una commedia reale di Carlo Goldoni ... Quando potevo non li perdevo di vista.

“Che ci sia lì l’antica entrata della Cripta ?” se ne venne fuori il RettoreBertoli … e il cielo mi cadde in testa.

Sì … No … Sì … No ... Non toccate nulla per carità ! … O ci metteranno tutti in galera ! … Provate a sondare piano, leggermente … Perché potrebbe anche esserci ? … O potrebbe non esserci …

“va ben Bonsignòr … Ghe pensèmo noàatri … Adesso: dèmo do botte … e vedemo cosa vien fòra … Semo sempre là coi discorsi: bisogna tiràr so, spaccàr e vèrser: cusì se capisse …”

Infatti: Pìn e pòn ! … e Pìn Pòn ! … i due operai dopo aver issato l’impalcatura fino al soffitto, andarono avanti per tutta la giornata ad accanirsi su quella porta murata … Ogni tanto scostandosi i capelli arruffati impiastricciati di polvere e sudore, da dentro i denti scuri dicevano: “Ti vedarà che drio sta porta intivèmo a caneva dei Frati co e botti segrete de quel bòn.”

“Gigiòtta mia per carità !” cantilenò Foratòn stonato come una campana fessa.

E la porta finalmente la passarono: non c’era nulla … Solo un immenso muro di marmo invalicabile. Probabilmente era solo la traccia di una porta d’entrata di qualche antica Cappella precedente alla chiesa ... o qualcosa del genere.

Così anche quella volta sfumò la sensazione e la possibilità, quasi la voglia, di aver finalmente recuperato l’ingresso di quella fantomatica “Cripta del Zatteròn dei Pali”.

E trascorse ancora altro tempo, sempre come nelle fiabe … Cammina e cammina … e cammina e cammina … Qualche anno dopo se ne venne fuori una ragazza, nipote di un certo Prete e Monsignore importante, che stava facendo la sua tesi di laurea … Era riuscita a mettere le mani sopra il testamento di uno degli antichi Senatori della Serenissima… Un Nobile Bragadin mi pare … o forse no ?

Dopo aver scritto e rifatto, e modificato il testamento infinite volte, aveva lasciato detto nelle sue ultimissime volontà che desiderava essere sepolto dentro “alla Cripta di Santa Maria della Salute”: “in Criptae S.ta Mariae Salu …” mezzo cancellato e consumato.

Di nuovo quella benedetta Cripta della Salute ? … o si trattava solo di una tomba, un arca, un deposito sepolcrale comune qualsiasi nel camposanto nei pressi del chiesone dove un tempo c’erano stati perfino i Templari ? … Voleva dire proprio proprio “Cripta della Salute”? o intendeva indicare una qualche Santa Maria di altro tipo ? … La Laguna e Venezia sono stracolme di Sante Marie … e ce ne sono molte altre sparse in tutto il Veneto … Perciò …

“E allora c’era la Cripta ?”

“La dizione era troppo incerta e generica ... Poteva voler dire di tutto, ma soprattutto niente, perché si poteva riferire a una Madonna qualsiasi protettrice di ogni cosa e di chiunque ... Quante Madonne delle Grazie e della salute esistevano in giro per Venezia ?  … E ancora nel Veneto: quante Cripte di Santa Maria ci saranno ? … Di certo non una sola … E penso di sicuro: non proprio questa … Magari poteva essere Santa Maria Graziosa dei Frari … o quella del Giglio appena al di là del Canal Grande … o quella dell’Assunzione in “bòca de Piàssa San Marco” … Non se ne andrà mai fuori con questi discorsi…”

Insomma: c’è o non c’è … c‘è o non c’è … Cripta sì e Cripta no … Nel dubbio Curia e Patriarca sguinzagliarono ancora una volta per un po’ tutti i segugi Preti ricercatori della Diocesi che per un lungo tempo s’impegnarono di nuovo a frugare dappertutto negli Archivi della Serenissima, in quelli dei Nobili Patrizi, dei Monasteri, delle Istituzioni e Schole, e della Diocesi o Patriarcato di Venezia cercando “qualcosa” che fosse almeno inerente con l’argomento: Cripta.

Era come cercare il famoso ago nel pagliaio … che forse neanche c’era.

Risultato ?

Ancora niente di niente … solo qualche flebile traccia che storicamente si perse subito quando accadde il putiferio Napoleonico che svuotò, mise a soqquadro, e devastò ogni cosa a Venezia scoperchiando e buttando via perfino le tombe dei Dogi … A un certo punto di arche e sepolcri si fece tutto un fascio, e si scaricò tutta quella montagna d’ossa nell’isola di Sant’Arian in fondo alla Laguna … e si vendettero ovviamente tutte le “pietre buone”al miglior offerente.

Figurarsi quindi che poteva rimanere di tombe, cripte e sepolcri: “Se c’era una qualche traccia … Probabilmente è andata di sicuro perduta.” conclusero i Monsignori Segugi e studiosi ... E tutto finì ancora lì un’altra volta.

E non è per tirarla lunga o per cattiveria … ma per non soffocarvi sotto a questo immane polpettone di racconti, che mi tocca farvi aspettare ancora un po’ fino alla prossima volta.

Presto ...




Viewing all articles
Browse latest Browse all 357

Trending Articles